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dal 17 Aprile al 24 Aprile 2011

10a SETTIMANA MONDIALE della Diffusione in Rete Internet nel MONDO de

" i Quattro VANGELI " della CHIESA CATTOLICA , Matteo, Marco, Luca, Giovanni, testi a lettura affiancata scarica i file clicca sopra

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Il mio pensiero e la mia professionalità nei miei Siti Web

 

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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-05-19 ad oggi 2010-08-20 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

5000 Nomine da effettuare in Società ed Enti Pubblici.

2010-07-11 Spesa pensioni stabilizzata. Una stabilizzazione della spesa previdenziale che, a ben vedere, alla fine dei lavori della commissione Bilancio del Senato veste i panni di una vera e propria riforma. Al netto del "refuso" che ha costretto alla retromarcia il governo sull'abolizione del requisito dei 40 anni di contributi per lasciare il lavoro, il mix di interventi sulle pensioni è a un passo dal traguardo definitivo senza avere incontrato troppa resistenza dell'opposizione o un'alzata di scudi dei sindacati, che in altri momenti sarebbe stata automatica. Una riforma che, senza andare ad intaccare i pilastri del sistema pensionistico italiano come l'età anagrafica e quella contributiva, fa sì che il sistema ora previsto sia destinato di fatto ad allungare i tempi di uscita dal lavoro. Da una parte la manovra ha introdotto la cosiddetta finestra mobile di 12 mesi per i lavoratori dipendenti e di 18 per gli autonomi. Il tutto con un risparmio nel 2013 stimato in circa 3,5 miliardi.

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

41° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

 

2010-07-10 Dalla stretta sulle micro-invalidità alle deroghe pro-Abruzzo sul patto di stabilità: ecco le ultime novità della manovra La manovra 2011-2012 è pronta per l'aula. La commissione Bilancio del Senato ha approvato ieri il decreto con la correzione dei conti che sarà all'esame dell'assemblea a partire da martedì. Passa il rinvio per il pagamento delle multe per le quote latte e il pacchetto fiscale e di semplificazione per le imprese. Il taglio dei compensi per amministratori e revisori non si applicherà poi alle società. Mentre per le fondazioni bancarie sale da 10 al 15% la percentuale di possesso di beni immobiliari.

Gli aiuti al fotovoltaico ridotti del 18% nel 2011

Il nuovo conto energia per le centrali fotovoltaiche rimane fermo nella sospensione delle sedute della conferenza stato-regioni ma le indicazioni sulla bozza concordata sono ormai definite. L'incentivo italiano all'energia prodotta dai raggi del sole – oggi l'aiuto più appetitoso al mondo, dopo che Germania e Spagna hanno ridotto il loro sussidio all'energia fotovoltaica – scenderà l'anno prossimo del 6% ogni quattro mesi, per arrivare alla fine del 2011 a una sforbiciata complessiva del 18% rispetto a oggi.

Negli anni della crisi galoppa il microcredito

Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2010 alle ore 17:37.

Cresce a ritmi esponenziali il microcredito in Italia. Dal 2007 al 2009 il volume dei prestiti bonsai nel nostro paese è passato da 3 milioni e 600mila a oltre 12 milioni e 700mila euro. Tra i beneficiari, il 53% sono donne, mentre il 47% sono cittadini stranieri. I dati emergono da una ricerca europea, condotta su circa 170 istituzioni finanziarie attive in 21 paesi dall'European Microfinance Network e presentata dalla Rete italiana di microfinanza (Ritmi) e dalla Fondazione Giordano dell'Amore.

Il numero dei finanziamenti concessi, proprio nel triennio segnato dalla crisi finanziaria ed economica più pesante del dopoguerra, è aumentato di cinque volte, passando nel periodo considerato da 392 a circa 1.909. Tuttavia, nonostante il trend crescente degli ultimi anni, il nostro paese occupa soltanto il nono posto in Europa per numero di microcrediti. In testa c'è la Francia con 28.863 prestiti a fine 2009, seguita dalla Polonia (17.760) e dalla Romania (11.265). In totale nel Vecchio Continente il numero dei microfinanziamenti lo scorso anno è stato pari a 84.533, il 20% in meno rispetto al 2007, per un valore economico di 828 milioni, inferiore del 6% a quello registrato nel 2007.

2010-05-17 SARKOZY: "VOLONTA' CONDIVISA DEI 27 PER QUESTE DUE PROPOSTE"

Consiglio Ue, tassa su banche e finanza Merkel: chi ha provocato la crisi paghi

Trovato l'accordo tra i governi dell'Unione: si fa strada un'imposta mondiale sulle transazioni finanziarie

BRUXELLES - Una tassa sulle transazioni finanziarie. E una sulle banche. L'Europa reagisce così in modo comune all'attacco della speculazione e alla crisi finanziaria. Una risposta attesa e già indicata nelle anticipazioni dei giorni scorsi. Ma che oggi diventa ufficiale, con l'annuncio dell'accordo al vertice Ue a Bruxelles tra i capi di Stato e di governo. I 27 hanno deciso di introdurre una tassa sulle banche nei propri Paesi e di promuovere l’idea di una tassa mondiale sulle transazioni finanziarie, durante il prossimo vertice del G20 a Toronto, in Canada2010-06-16 Bersani: liberalizzazioni sposterebbero 10 miliardi di euro dalle rendite e dalle posizioni dominanti alle imprese e ai cittadini

Manovra, sei proposte dai democratici saranno trasformate in altrettanti emendamenti

La prima proposta riguarda la benzina. Prevede che il gestore della pompa non sia più vincolato a comprare il cento per cento della benzina del suo marchio, bensì solo il cinquanta per cento, con la possibilità di rivolgersi al libero mercato per il restante.

FARMACIE - Il Pd chiede di dare la facoltà alle parafarmacie e ai corner dei supermercati di vendere anche i farmaci di fascia C, e quindi tutti i medicinali non dispensati dal Sistema sanitario nazionale. In questo modo, oltretutto, si favorirebbe il lavoro di giovani laureati.

ORDINI PROFESSIONALI - Modernizzare il ruolo degli ordini professionali. Inoltre il Pd cerca di garantire pari opportunità alle giovani generazioni attraverso l'accorciamento fra le fasi di studio, tirocinio (retribuito e di dodici mesi al massimo) e accesso all'esercizio effettivo della professione. Il Pd chiede di riconoscere le libere associazioni costituite su base volontaria tra professionisti che svolgono attività non regolamentate in ordini, attribuendo ad esse anche compiti di qualificazione professionale.

MASSIMO SCOPERTO - La quarta proposta prevede la nullità della clausola di massimo scoperto, indipendentemente dalla denominazione utilizzata dalle singole banche, e affida alla Banca d'Italia il controllo sul rispetto delle nuove norme.

AUTOCERTIFICAZIONE - L'emendamento consente all'imprenditore, attraverso la semplice autocertificazione sulla base della sussistenza dei requisiti attestati da un professionista, di ottenere immediatamente dal Comune una ricevuta che abilita all'avvio dell'attività o dei lavori di realizzazione degli impianti. Al Comune spetta poi l'onere di provare la sussistenza dei requisiti attraverso controlli ex post.

RETE GAS - La sesta e ultima proposta chiede la separazione proprietaria della rete di trasporto del gas, fissata dall'emendamento al 31 marzo 2011.

Il mio pensiero: 100 Miliardi di Euro solamente rubando dalle prossime Pensioni, oltre i 19 Mld che il governo prende solamente ai Poveri per rimpinguare le tasche di Malvagi e Speculatori.

2010-06-01 "confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche"

Napolitano: "Serve un grande sforzo per risollevare le sorti dell'economia"

Il messaggio del presidente della Repubblica per la Festa del 2 giugno: "L'Italia deve crescere dal Nord al Sud"

2010-05-30 Pensioni, per l’età del ritiro varrà l’aspettativa di vita

Scuola e magistrati, spunta il recupero degli scatti congelati dalla manovra

Liquidazioni a rate per gli statali soltanto oltre 90 mila euro

Pensioni, per l’età del ritiro varrà l’aspettativa di vita

Scuola e magistrati, spunta il recupero degli scatti congelati dalla manovra

Liquidazioni a rate per gli statali soltanto oltre 90 mila euro

donadi (idv): "Mancano idee per il rilancio dell'economia e interventi strutturali"

Manovra, Pdl diviso sui tagli L'ira di Bondi: "Esautorato"

Bocchino: "E' grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza non fosse stato avvertito"

Le "gabbie fiscali" nel redditometro Calcoli diversi tra Nord e Sud

Studi di settore, verso lo stop per i professionisti. Subito al fisco le fatture elettroniche oltre 3 mila euro

Varato lo yacht di Pier Silvio Berlusconi il natante è stato realizzato dai cantieri del gruppo ferretti

La nuova imbarcazione un "Custom line 124" è lunga 37 metri ed è costata circa 18 milioni di euro

Il Papa: governi deboli contro le speculazioni

"L'interazione etica delle coscienze", necessaria per affrontare la crisi economica, appare "troppo debole presso quei governanti che, a fronte di rinnovati episodi di speculazioni irresponsabili nei confronti dei Paesi più deboli, non reagiscono con adeguate decisioni di governo della finanza".

Lo ha detto Papa Benedetto XVI ricevendo in udienza i partecipanti a un convegno promosso dalla Fondazione Centesimus Annus-Pro Pontifice.

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto,

pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio.

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Per conoscer le mie idee Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF

Il mio commento sull'argomento di Oggi è :

Leggi la risposta del Presidente Fini al mio appello.

Il Mio secondo Pensiero 2010-06-18

Agg. Il Vangelo di oggi contro i Ricchi - CLASS-ACTION contro la Finanziaria Rapina da 100Mld a Futuri Pensionati INPS, senza alcuno Sviluppo

c.a.

Presidente della Repubblica NAPOLITANO,

Pres. Camera dei Depuitati On.le Fini

c.a. Presidenti e Segretari Partiti

c.a PARLAMENTARI Nazionali e Regionali in indirizzo

c.a. DIRETTORI e REDAZIONI STAMPA, TV

Ill.mi

Innanzi tutto è giusto dire esattamente agli ITALIANI quale è il reale Costo della MANOVRA, pena la legittima invalidazione per omessa verità dei conti e destinazione delle spese.

Dai dati dell'INPS risulta che nel 2006 sono andati in pensione 1.163.493 .

Se si fa slittare di 9 mesi la finestra ai prossimi pensionamenti, così come indicato dai giornali, si ottiene che se costoro mediamente prendono 1500,00 Euro lordi mensili, subiranno un danno economico di 13500,00 euro, per un importo complessivo pari a 15,707Mld di Euro.

Alla luce di quanto sopra detto risulta che nella attuale finanziaria il danno solamente per i lavoratori prossimi al pensionamento è di 15,707Mld su 25,000Mld , che rappresenta il 62,8% dell'intera manovra.

Se il conto si riporta per ulteriori 5 anni, non essendo stabilito in alcun modo il termine di suddetto slittamento delle finestre pensionistiche, si hanno ulteriori 78,536Mld di Euro.

Nei futuri 5 anni quindi il governo gestirà altri 78,536Mld di Euro senza alcun impegno di spesa!

E' Aberrante.

Inoltre i carichi sociali sono solo e sempre imputati all'INPS, mentre, essendo nei fatti una tassa, i costi andrebbero estesi con equità a tutte le Previdenze, Pubbliche e Private, perché è incostituzionale tassare solo la Previdenza INPS.

Pertanto va intrapresa una Class-Action.

Forse è ancora una coincidenza, ma il Vangelo di oggi è proprio contro chi difende le proprie ricchezze, a danno dei poveri:

Mt 6,19-23

Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

"Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.

La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!".

Parola del Signore

Oggi io compio 64 anni, ma, pur avendo 33 anni di contributi da dipendente e oltre 15 da libero professionista non riesco ad andare in pensione, inoltre sono in mobilità del 9 ottobre 2009, dopo aver inoltre 1 anno precedente di cassa integrazione.

Fra l'altro sono al top professionale, con 33 anni di dipendente ddi aziende private ( di 7° Livello del CCNL Metalmeccanici Aziende Private, il massimo livello ), 10 anni da Imprenditore di una soc. di Ingegneria che ha avuto al top 22 tecnici nel 1992, Libero Professionista per oltre 30 anni, dal 19679, Abilitato alla Prevenzione Incendi dal 1986, Coordinatore della Commissione Elettrotecnica del Collegio dei Periti Industriali di Taranto dal 2008, curo gratuitamente e sono il relatore della Formazione Continua da 3 anni 2008-2009-2010, attualmente frequento un corso di aggiornamento professionale di 300 ore per Consulente Ambientale (negli ultimi 5 anni ho lavorato nel settore ingegneria degli impianti di Depurazione Acque ed Ambientale), ecc. per ulteriori informazioni vedi mio curriculum scaticabile dal mio sito internet http://www.engineering-online.eu , ma pur essendo capace di trovare lavoro come libero professionista ho paura di farlo per non perdere la mobilità, che mi consente di andare in pensione fra 1 anno.

Però il Governo mi premia con lo slittamento di altri 9 mesi della finestra di pensionamento per il prossimo anno:

Tutto ciò è una beffa, ed è un incentivo al lavoro nero, che non voglio fare per principio fin tanto che posso resistere consumando tutta la liquidazione avuta, ma non mi basterà che per alcuni altri mesi.

Altro che sacrifici equi per tutti, tutto ciò è fatto in pieno dispregio alla Costituzione, perché il governo si appropria indebitamente delle pensioni di chi ha lavorato per oltre 40 anni, versando ininterrottamente i contributi, fra l'altro anche per 4 anni fino al massimo consentito.

Poi invece si millanta alla libertà della Privacy (ignorando il diritto al lavoro, alla pensione, alla vita dignitosa ed onesta), ma la privacy da salvaguardare non degli onesti, che non hanno alcuna paura di essere intercettati, ma si cerca di salvagardare chi delinque:

- Giustamente ieri il Pres. Montezemolo ha detto che lui non si sente affatto spiato, nonostante l'attuale legislazione.

Colgo l'occasione per fare inoltre altre osservazioni:

  • Il concetto di Privacy è come quello della Libertà, che non può essere inteso come legittimazione dell'anarchia, perché la Libertà ha le sue regole e leggi, e la privacy non può essere intesa come libertà di commettere delitti senza il rischio di essere intercettati, perché i delinquenti non sono scemi, e non cercano di farsi scoprire facilmente, pertanto le intercettazioni sono indispensabili, eventualmente basta non utilizzare quelle di innocenti non correi con i delinquenti che commettono delitti contro le persona e le cose.

- I voti non espressi dagli astensionisti alle elezioni non possono essere appannaggio dei votanti e dei loro partiti, vanno eletti solo quelli che raggiungono i quorum con i propri voti, senza ridistribuire i seggi relativi anche ai voti non espressi o nulli per favorire quelli del proprio partito. Così facendo si risparmierebbe oltre il 45% del costo del sistema politico, compreso il sostegno ai partiti, per un importo complessivo di almeno 450Mln di euro. Inoltre si responsabilizzerebbe realmente gli elettori, che in questo modo si rendono conto di non avere rappresentanti in parlamento, mentre gli altri fanno i propri interessi e di quelli che li hanno eletti regolarmente, e pertanto nella successiva tornata elettorale ci penseranno di più se convenga non avere propri rappresentati.

  • L' 8 per mille alla Chiesa ed Onlus va dato solo in base alla reale espressione di volontà, non in proporzione al totale generale (attalmente si ripartisce anche comprendendo la quota di chi non esprime volontà di delegare ad alcuno). Se si cambia si risparmierebbe oltre 3-5 Mld
  • Il 2-4% del contributo integrativo dei liberi professionisti deve essere computato ai fini della pensione e non a beneficio degli ordini, così facendo si accrescerebbero i contributi previdenziali di oltre il 3-5% senza gravare di ulteriori costi il sistema
  • Va realizzato il tempo pieno negli ITIS con docenti provenienti dall'Ingegneria e mondo dell'industria, professionisti con oltre 30 anni di back-ground, per trasferire know-how ai giovani, dando agli studenti per questo impegno la valenza di stage in conto praticantato. Utilizzando personale in mobilità o cassa integrazione il costo di tale formazione altamente professionalizzata e reale sarebbe di 10,00 euro ora anziché gli oltre 100 della formazione ufficiale, consentendo inoltre ai cassintegrati ed al personale in mobilità di raggiungere un reddito dignitoso per vivere
  • Gli ordini professionali devono garantire direttamente la Formazione online a costi bassissimi (i costi della formazione attuale privata si potrebbe ridurre del 70-90% di quelli in essere con la gestione online nazionale, diretta, da parte degli Ordini Professionali , garantendo la qualità e la professionalità dei professionisti al top, nonchè consentendo l'autofinanziando degli Ordini dai sudetti ricavi, da allargare fornendo la Formazione anche ai non iscritti ( comunque Periti Industriali, Geometri, Ingegneri, ecc.) , dipendenti da industrie o aziende Pubbliche o Private.
  • L'Ente Acquedotto Pugliese, AQP, deve diventare, in consorzio con pari Enti di altre regioni, Società di Sviluppo nel Settore Acqua, Depurazione, Energie Alternative, Rifiuti, Trasporti, proponendosi a livello internazionale come Ente Ingegneria e Costruzione all'avanguardia internazionale, avendo a disposizione un grandissimo bacino naturale di utenza, collaudata da rapporti e scambi commerciali e culturaLI millenari di storia risalente all'Impero Romano, quale sono i paesi del Mediterraneo, dell'Africa, del Medio Oriente, dei Paesi Arabi e Paesi in Via di Sviluppo
  • Sviluppare metropolitane di superficie a costo zero con incremento di fatturato (p.e. Bari-Martina-Taranto, ecc. ) dimezzando le fermate, alternandole nelle corse, incrementando le corse (perchè chi va a Bari per lavoro o studio, se vede dimezzati i suoi tempi, preferirebbe per comodità e costo il treno all'auto
  • Gli Studenti degli ITIS devono realizzare Centri Servizi per la Gestione ed il controllo online degli ENTI e degli Appalti ( nel solo ITIS di Martina F. ci sono oltre 400 giovani di informatica che rivoluzionerebbero il mondo con le loro energie e voglia di fare se lo si consentisse )
  • Risparmiamo nella Sanità, no a 250Mld alla Sanità Privata a Taranto, raddoppiamo e ristrutturiamo invece il Sant..ma Annunziata con soli 50 Mln , ampliandolo con l'ex P.zza Marconi e terreni limitrofi, ed altrettanto facciamo con l'Ospedale Nord, mentre investiamo gli altri 150 nella prevenzione, disinquinamento di Taranto. Così facendo evitiamo disagi alla cittadinanza, che ha un ospedale centralissimo e ne avrebbe un'altro all'avanguardia efficientissimo, risparmiamo in manutenzioni, viabilità e servizi che andrebbero invece fatti per un altro ospedale decentrato, e soprattutto per le eventuali spese per le strutture esistenti da demolire in caso di abbandono verso la nuova cattedrale nel deserto
  • Si alla tassa di chi inquina, da spendere immediatamente e personalmente dalla cittadinanza che è rimasta succube per decenni, cominciando ad operare per disinquinare immediatamente sotto il medesimo controllo diretto della comunità
  • No agli 800 Mln da sperperare per l'interramento dei Binari a Bari, ma da destinare invece al collegamento di Bari, dell'intera Puglia e della Basilicata all'alta Velocità, da cui oggi è escluusa con gravissimo danno economico
  • Si agli investimenti nell'Eolico e nelle Energie Alternative, principalmente nel settore pubblico, no al nucleare, si alla ricerca, ecc…

Il mio pensiero e la mia professionalità la trovate sui miei siti internet

http://www.cristo-re.eu ( S. Messa Quotidiana, Rassegna Stampa, ecc.)

http://www.engineering-online.eu (Ingegneria e Convegni)

http://www.consulenteambientale.eu di prossima apertura

Distinti Saluti

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

 

Il Mio primo Pensiero 2010-06-01

100 Miliardi di Euro solamente rubando dalle prossime Pensioni, oltre i 19 Mld che il governo prende solamente ai Poveri per rimpinguare le tasche di Malvagi e Speculatori.

c.a. Presidenti, Parlamentari in indirizzo

c.a. Direzioni, Radazioni di Stampa, Giornali, TV

c.a. Rappresentanti Sindacali

c.a. Religiosi

Gent.mi

Svegliate il Paese dal torpore delle falsità ovattate e non distoglietelo con altre roboanti notizie, anche se degne di tutto rispetto.

E' IN GIOCO IL FUTURO DELL'ITALIA, GIOVANI, LAVORATORI, FAMIGLIE, PENSIONATI, AZIENDE !

Alro che 25 Mld, la Finanziaria costa 100 Miliardi di Euro solamente rubando denaro dalle prossime Pensioni di lavoratori onesti, oltre i 19 Mld che il governo prende solamente ai Poveri per rimpinguare le tasche di Malvagi e Speculatori.

A casa Governo Incapace e Mentitore che non hai il coraggio di dire che hai fallito negando per mesi una crisi, continuando a vantarti di non aumentare le tasse !

Le mie tasse, e quelle di altre centinaia di migliaia di persone umili, aumenteranno in un anno di oltre il 150% , e per altri 40 milioni di persone aumenteranno mediamente di 475 euro a testa.

 

 

Questo è il vero costo di una politica incapace, di falsi benefattori, del governo dell'amore per il denaro dei Poveri da trasferire a Corruttori, Corrotti, Finanziarie e speculatori), del Falso Buon Padre di Famiglia, del falso Cattolico. Perché Voi che dite di essere credenti non fate come Zaccheo (Vangelo Luca 19.1 :

Ma Zaccheo, alzatosi, disse al SIGNORE: << Ecco, SIGNORE, io do la metà dei miei beni ai poveri; se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto >> .

Io dovrei andar in pensione a giugno del 2010, ma come mi spiega il Sole 24 Ore di ieri, il mio pensionamento slitterà di 9 Mesi come dipendente, e 12 mesi come libero professionista, perché io sono stato sia l'uno che l'altro.

Oggi, nel corso del 41° anno di lavoro, di contributi versati sistematicamente per 40 anni, 41 anni di lavoro ininterrotto e di esperienza al top professionale, sono in mobilità con un netto di circa 880,00 euro mensili, mentre il mio stipendio prima era di oltre 1900,00 euro.

Ancora oggi a 64 anni non posso andare in pensione nonostante 33 anni + 35 settimane di contributi versati da Dipendente, ed oltre 13 anni da Libero Professionista.

Mi viene imposto di rinunciare ad andare in pensione anche a giugno del 2011 , facendo slittare le mie due pensioni :

  • di 9 mesi quella di dipendente da circa 1650,00 euro lordi mensili
  • di 12 mesi quella di Lavoratore autonomo da 150,00 lordi mensili

Il danno per me sarà pertanto di oltre 7200,00 euro, non percependo per 9 mesi la pensione da dipendente di 5400,00 euro ( differenza di 600,00 euro fra circa 1480,00 nette di pensione e 880,00 euro di mobilità), e di 1800,00 euro da libero professionista ( 150,00 euro per 12 mesi) .

Per 1 milione di lavoratori nelle mie condizioni, che perderà come me 7200,00 euro, lo stato incasserà circa 7,2 Miliardi ( pertanto la manovra per gli altri interventi recupererà circa 17,7 miliardi di euro).

Per circa 5 milioni di lavoratori dipendenti che andranno in pensione successivamente, e che non godranno della mobilità, il danno sarà mediamente di circa 15300,00 euro ciascuno (1700,00 euro mensili per 9 mesi) per un importo pari a 76,5 Miliardi di euro.

Pertanto il contributo chiesto ai lavoratori prossimi alla pensione è di circa (7,2+76,5) 82,2 Miliardi di euro, oltre il resto.

Pertanto la manovra al minimo costa in sacrifici oltre 101,2 miliardi, a parte le ulteriori tasse delle regioni: mediamente 1686,67 Euro a cittadino.

Pertanto l'importo della manovra è superiore a 100 Mld. di euro se si considera tutto il resto che non è visibile platealmente.

Tutto ciò si fa in assenza di qualsiasi tentativo di rilancio dell'Economia.

Si nasconde la richiesta di innalzare l'età per andare in pensione, e non si attua alcuna riforma.

Questo governo è incapace, abbia il buon senso di dimettersi e rimandi il paese alle urne !!!

Io posso anche accettare a ritardare di andare in pensione se mi si consente di continuare a lavorare invece di prendere la mobilità senza fare nulla, magari trasferendo la mia ricca esperienza professionale di 41 anni al top dell'Ingegneria alle giovani leve degli ITIS Istituti Tecnici Industriali :

  • Con il tempo pieno pomeridiano nelle scuole si farebbe vera formazione utilizzando gli anziani esperti del mercarto del lavoro, trasferendo vera professionalità a costo ridotto ( da 10,00 euro ora, tenendo conto del costo della mobilità o cassa integrazione anziché gli oltre 100,00 euro ora di una falsa formazione ) legando la scuola al mondo del Lavoro, alle Aziende Sane, al Territorio, alle Istituzioni
  • Ci sarebbe un ritorno immediato di energie giovanili immense, capaci di trasformare il mondo con la freschezza, volontà, forza, e gioventù, soprattutto utilizzandole per mettere "tutto online" a costo zero, con un ritorno immenso per la collettività, scoffiggendo la mafia dagli appalti, la corruzione, controllando le spese degli enti, della sanità, facendo funzionare la giustizia, rilanciando l'onestà, facendo rivivere le città ai pensionati giovani, indifesi, riscoprendo la Costituzione, la Democrazia, la Partecipazione, la Giustizia, la Fiducia nelle Istituzioni, nell'ITALIA UNITA, nate dal sacrificio di Milioni di persone, dei ns. padri nonni dei giovani, ai quali dare il futuro che habbiamo costruito insieme in 60 anni post guerra, in 150 dall'UNITA' d'ITALIA, in oltre due Millenni di Storia del Popolo Italiano.

Viva IL 2 Giugno.

Se il Governo non opera, lo facciano le regioni operando per:

  • Unità delle Istituzioni, Aiutando la Giustizia e le forze dell'ordine con personale a tempo parziale (30000 lavoratori almeno)
  • Utilizzando il Demanio a favore del territorio ma non disperdendolo con cessioni alle singole regioni essendo patrimonio dell'Intera Italia
  • Operando nella ricerca, innovazione, energie alternative, recupero energetico, trasporto collettivo, convertendo a costo zero in metropolitane di superfice le ferrovie ( p.e. Sud-Est Bari-Martina), evitando sprechi (Interramento Binari Bari 750 Mnl ) a favore del collegamento con l'alta velocità
  • Controllando la Sanità pubblica (evitare spertperi di ospedali doppioni inutili (p.e. Taranto 250 Mln di Euro), adottando i prezzi std. Regionali senza fare il tremendo spreco del federalismo fiscale
  • Facciamo in modo che Enti come l'Aqcedotto Pugliese diventino trainanti nello sviluppo anche nell'energia, consorziandosi con altri enti regionali, proiettandosi anche a livello internazionale nel Mediterraneo, in Africa, Medio Oriente, Pesei Arabi, Est, ecc.
  • Dimezzando i Parlamentare, semplicemente dichiarando eletti solo quelli che hanno il vero suffragio degli elettori e non appropriandosi dei voti degli astenuti ( 50% di votanti, 50% di parlamentari in tutti gli enti), riducendo realmente i costi alla normalità degli stipendi dei cittadini che lavorano onestamente
  • Chiamando i cittadini al referendum contro il Nucleare, la Privatizzazione dell'Acqua, la legge contro le intercettazioni (gli onesti non temono le intercettazioni, al limite si limiti la diffusione di notizie riguardante la sfera familiare e gli amori personali, salvo corruzione o comportamenti immorali con il divere di amministratori del bene Pubblico )
  • Ridiamo spazio a tutti i cittadini eleggendo rappresentati di studenti, lavoratori, casalinghe, pensionati in programmi che dichiarano già le basi delle Leggi da approvare in prima seduta, salvo poi adottare i decreti attuativi
  • Ecc.

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

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http://www.massimodonadi.it/blog/la-contromanovra-degli-italiani-onesti

LA CONTROMANOVRA DEGLI ITALIANI ONESTI

Tag: Cnel , contromanovra Idv , Lotta all’evasione fiscale , manovra , taglio costi della politica , Tremonti

Antonio Di PietroAntonio Di Pietro

Risanamento, equità, crescita. Parte da qui la contromanovra dell’Italia dei Valori che abbiamo presentato oggi alla stampa. E’ la contromanovra degli italiani onesti, per un valore complessivo di 65 miliardi di euro in due anni, per metà indirizzati alla riduzione del deficit e per l’altra metà allo sviluppo. Il nostro obiettivo è esattamente l’opposto di quello del governo. Vogliamo rimettere i soldi nelle tasche degli italiani onesti e toglierli da quelle degli italiani disonesti, speculatori ed evasori fiscali. Lotta all’evasione fiscale, taglio ai costi della politica e alla spesa pubblica: 65 miliardi in due anni, di cui 33 dedicati alla riduzione del deficit e 32 allo sviluppo. Come? Una seria lotta all'evasione fiscale, taglio ai costi della politica e alla spesa pubblica. Italia dei Valori propone una tassa addizionale del 7,5% sui capitali regolarizzati con lo scudo fiscale e l'aumento delle tassazione sulle speculazioni finanziarie dal 12,5 al 20%. L'eliminazione del vitalizio di parlamentari e consiglieri regionali, il blocco immediato delle auto blu, la soppressione del ponte di Messina e l'inizio della riduzione delle spese militari. Vogliamo anche la reintroduzione dell'Ici sulle case di lusso. Nel capitolo dei risparmi dell'amministrazione Italia dei Valori prevede anche la soppressione parziale delle province. Vogliamo l'abolizione di tutte le province, tranne quelle dei capoluoghi di regione, ma per farlo serve una legge costituzionale, quindi iniziamo con legge ordinaria a cancellarne alcune. Poi, l'abolizione del Cnel che costa 20 milioni l'anno, una vecchia camera dei fasci e delle corporazioni che fa parte di quel Ventennio che vorremmo dimenticare. Oggi, con tutti i centri studi e le associazioni di categoria che ci sono non ha più senso di esistere. La nostra contromanovra sarà depositata un attimo dopo quella dell’Esecutivo. Ci confronteremo e dialogheremo con tutti, sindacati ed associazioni di categoria. Ci auguriamo che questa proposta diventi il punto di riferimento per il governo che vorremmo e che gli italiani possono sperare. Il nostro obiettivo, in Parlamento, sarà quella di rivoltare come un calzino la manovra del Governo. Ora si toglie alle persone oneste per dare ai disonesti. E’ ora di fare l’esatto contrario.

 

DAL Sito Internet di Repubblica

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2010-08-03 CEDOLARE SECCA

DAL Sito Internet de il SOLE 24 ORE

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2010-05-16

Le misure allo studio

Misure di austerity in Europa a confronto

 

 

 

 

 

 

 

 

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-05-19 ad oggi 2010-08-20

AVVENIRE

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2010-08-18

18 Agosto 2010

I CONTI DEL PAESE

Federalismo: per le Regioni

una miscela di Iva e di Irap

Compleanno con federalismo. È quello che si celebrerà oggi a Lorenzago di Cadore dove, come negli ultimi anni, Giulio Tremonti festeggerà il compleanno (sono 63) assieme al tandem leghista formato da Umberto Bossi e Roberto Calderoli. Già ieri sera il leader lumbard si è trasferito dalla "sua" Ponte di Legno. Brindisi e torta per il ministro dell’Economia sono d’obbligo. Ma le pratiche di governo incombono. Fra le montagne del Cadore potrebbe decidersi come saranno finanziate le Regioni nell’era post-federalista: l’ipotesi che filtra è che sia loro destinato un mix di Iva e Irap (quest’ultima, che già oggi va alle Regioni, "cambierà, ma non dico come", ha detto ieri Calderoli a Calalzo), più incerto è invece se destinare una quota di Irpef.

Già il giorno di Ferragosto il ministro della Semplificazione ha portato a Bossi gli ultimi due decreti attuativi della delega sul federalismo, quelli che riguardano appunto le Regioni e le Province. Noncuranti delle avvisaglie di crisi che offuscano il futuro della maggioranza, dunque, i leghisti e il loro "tutore" Tremonti procedono come niente fosse sulla strada della riforma federalista. È un ottimismo contagiato, dalla Sardegna, dal premier Berlusconi che confida ai suoi di ritenere possibile, dopo gli ultimi dati, che la crescita dell’economia possa anche arrivare quest’anno "fino all’1,2-1,5%", contro quell’1,1% indicato nelle ultime stime governative.

Alla vigilia dell’incontro odierno, è stato Calderoli a fare il punto della situazione, in attesa della ripresa parlamentare di metà settembre. "I Comuni hanno capito – ha spiegato – che dall’emersione degli "immobili-fantasma" e dalla cedolare secca sugli affitti trarranno lo strumento per superare quello che perdono con la manovra". Adesso bisogna completare quel progetto: "Abbiamo cercato di accelerare il cammino dei decreti legislativi e abbiamo rispettato i tempi per i Comuni – ha proseguito il ministro –, ora dobbiamo rispettarli anche per le Province e per le Regioni anche perché rappresentano uno strumento rispetto alle situazioni di difficoltà che vengono dalla crisi".

Per i principali tributi si attende pertanto un sostanziale ridisegno. Calderoli ha osservato al riguardo che l’Iva "è una tassa "fredda", oggi stabilita dall’Istat, in futuro potrebbero incassarla direttamente i territori". Mentre l’Irap "è l’odioso balzello inventato dai comunisti" e che "continua a essere odioso e comunista". Infine una rassicurazione per chi continua ad accusare la Lega di nutrire propositi divisori del Paese: "Abbiamo scelto il federalismo anziché la secessione", ha chiuso Calderoli.

A "guastare" la festa di compleanno del ministro Tremonti interviene però, a nome del Pd, il responsabile economico Stefano Fassina. "Sarebbe utile – ha dichiarato – che Bossi e il ministro dell’Economia si decidessero a inquadrare gli interventi per l’autonomia fiscale degli enti territoriale in un disegno coerente di riforma fiscale generale, per ridurre le tasse sui lavoratori e le piccole imprese. Altrimenti, per le Regioni si ripeterà lo sgangherato e penalizzante intervento realizzato per i Comuni".

Eugenio Fatigante

 

 

 

2010-08-17

 

17 agosto 2010

Corre la spesa pensionistica:

più 4,3% nel 2009

Corre ancora la spesa pensionistica. Non è bastato l'inasprimento dei requisiti d'accesso al pensionamento: nel 2009 la spesa è infatti aumentata del 4,3%, quando nell'anno precedente era aumentata del 3,9%. Sale l'esborso dello Stato, un punto percentuale in rapporto al prodotto interno lordo, ma gli assegni restano "mini". Un pensionato su due in Italia porta a casa, infatti, meno di mille euro al mese. A fotografare la situazione del sistema previdenziale è il ministero dell'Economia nella consueta "Relazione generale sulla situazione economica del Paese" diffusa nelle scorse settimane e aggiornata al 2009.

Nel 2009 la spesa per pensioni e rendite è risultata dunque pari a 234.025 milioni di euro, mantenendosi costante come quota del complesso delle erogazioni per prestazioni sociali a carico delle amministrazioni pubbliche (58,2%) e aumentando di circa un punto percentuale in rapporto al Pil (15,4%). Rispetto al 2008 la spesa è cresciuta del 4,3%, mentre l'incremento fra il 2007 e il 2008 era stato del 3,9%.

"La dinamica della spesa per pensioni è spiegata - rileva il Tesoro nel documento - in parte dall'adeguamento dei trattamenti in essere ai prezzi, pari per il 2009 al 3,4% (1,6% nel 2008), di cui 0,1% come conguaglio per lo scostamento tra valore accertato e valore erogato per il 2007. Continua, inoltre, ad essere operativa la disposizione che stabilisce, per il triennio 2008-2010, l'applicazione della rivalutazione nella misura del 100% (e non del 75%) alle fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo".

Per quanto riguarda l'importo degli assegni, il 21,4% risulta inferiore ai 500 euro, il 27,7% tra i 500 e i 999,99 euro, il 23,5% tra i 1.000 e i 1.499,99 euro, il 13,7% tra i 1.500 e i 1.999,99 euro. I trattamenti pensionistici con importi più cospicui costituiscono solo il 13,7% del totale (il 7,7% se si considerano le sole pensionate donne) ma in crescita rispetto al 12,4% dell'anno precedente.

Per quanto riguarda gli importi dei redditi pensionistici per ripartizione geografica, si conferma, anche per la previdenza, un'Italia a due velocità: considerato 100 per la media nazionale, al Nord i redditi pensionistici sono infatti pari al 105%, al Centro al 106,6% mentre al Sud valgono l'88,1%.

Infine, per quanto riguarda la suddivisione dei tipi di pensione, il gruppo più numeroso (11,4 milioni) è quello dei titolari di pensioni di vecchiaia. I meno numerosi quelli che invece percepiscono un assegno sociale (334.000) e i pensionati di guerra (293.000).

 

 

 

 

 

2010-08-06

6 agosto 2010

FINANZA PUBBLICA

Corte dei Conti: Comuni in rosso

Debiti per 62 miliardi di euro

Il debito dei Comuni ha superato nel 2009 i 62 miliardi di euro e la sua sostenibilità risulta critica, dice la Corte dei Conti nella relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali. "Il debito finanziario dei comuni supera i 62 miliardi di euro e cresce limitatamente rispetto al precedente esercizio. Più spinta è la crescita del debito delle province che raggiunge quasi 11,5 milardi", dice la Corte dei Conti.

"La sostenibilità del debito, considerando sia il peso degli interessi che quello delle quote capitale risulta nel complesso dei comuni critica, in quanto parte dell'onere è coperto con risorse di natura straordinaria", aggiungono i magistrati contabili.

La Corte dei Conti accende un faro inoltre sui debiti fuori bilancio, che rischiano di diventare "un evento fisiologico, anche se la recente normativa ha posto limitazioni all'uso dello strumento e l'obbligo di denuncia alle procure della Corte dei Conti".

"Per gli enti locali, pur rilevandosi taluni andamenti non conformi al quadro programmatico, si evidenzia una difficile situazione complessiva, con maggiori difficoltà rispetto all'esercizio precedente anche a fronte di un apporto ridotto delle entrate correnti proprie che continuano a decrescere. Resta sempre arduo lo stretto controllo della spesa corrente, ma l'assenza dei rinnovi dei contratti del personale contribuisce al contenimento", sintetizza la Corte dei Conti.

Notizie tutto sommato positive, invece, sul fronte delle Regioni. "Dal conto consolidato delle pubbliche amministrazioni il risultato delle amministrazioni regionali con riferimento all'indebitamento netto rispetto al Pil è risultato positivo, infatti tale indicatore scende dallo 0,3% del 2008 allo 0,15% del 2009".

Le spese complessive (al netto di una operazione contabile tra Stato e Regioni) sono cresciute nell'anno dello 0,8% (contro il 7% dell'esercizio 2008). "Le spese correnti permangono in crescita (+2,6%), ma con una dinamica più contenuta rispetto al biennio precedente. Nell'ambito della spesa corrente la maggior crescita si registra nella spesa per consumi intermedi (+4,7), mentre diminuisce la spesa per interessi", dice la Corte dei Conti.

Diminuisce la spesa in conto capitale, con una flessione di poco meno del 10% per il venir meno di alcune poste straordinarie. Le entrate regionali (sempre al netto della regolazione contabile Stato-Regioni) aumentano del 2,3%, ma il risultato è in gran parte riconducibile al significativo aumento dei trasferimenti, poiché le altre voci di entrata sono, invece, in decremento rispetto al 2008.

La sanità pubblica è il settore che incide maggiormente sulla finanza regionale assorbendo circa il 73% delle risorse. "La dinamica di crescita della spesa corrente per il Ssn che nel periodo 2000-2005 è risultata molto spinta, subisce un rallentamento nel 2009 (+0,4%)", dice la relazione.

 

 

 

 

 

2010-08-05

5 agosto 2010

FISCO E COMUNI

Cedolare secca, scende al 20%

Effetto a sorpresa finale per la cedolare secca sugli affitti, introdotta del decreto attuativo del federalismo fiscale municipale. Dopo un’altalena tra il 22% ed il 20% delle prime dichiarazioni al termine del Consiglio dei ministri, Roberto Calderoli parla di una limatura finale dell’aliquota al 20%, mentre in partenza era del 25. Ma in serata arriva la precisazione che, nonostante a Palazzo Chigi si sia deciso di abbassare l’aliquota rispetto al livello iniziale, al ministero dell’Economia si stava ancora conteggiando il livello possibile. Conclusione: oggi Giulio Tremonti, in conferenza stampa, comunicherà la decisione finale.

È l’ultimo ritocco al provvedimento varato ieri dal Consiglio dei ministri, che contiene anche l’imposta unica sugli immobili (Imu). Mentre la cedolare secca partirà dall’inizio del prossimo anno, per l’Imu bisognerà attendere il 2014.

Optare per la cedolare sarà una scelta del locatore dell’appartamento, che nel caso sarà esentato dal riportare l’affitto nell’Irpef e dal conseguente effetto sull’imposta (variabile in relazione alle sue aliquote). Gli saranno risparmiate anche imposta di registro e di bollo. Dure sanzioni sono previste per gli evasori e per chi dichiara importi inferiori.

Di Imu, poi, ve ne saranno due: la "propria" e la "secondaria" che è facoltativa. La prima si applicherà solo sulle seconde case e su quelle di lusso. L’aliquota verrà fissata da un decreto del presidente del Consiglio, su indicazioni del ministro dell’Economia, entro il prossimo 30 novembre. Saranno poi i comuni ad aumentare o diminuire il prelievo dello 0,3%. L’Imu sostituisce, per la componente immobiliare, l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria, l’imposta catastale, l’imposta di bollo, l’imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipotecarie, i tributi speciali catastali e l’imposta comunale sugli immobili. Sarà versata in quattro rate di pari importo con scadenze al 31 marzo, al 16 giugno, al 30 settembre e al 16 dicembre. Il contribuente potrà anche decidere di versarla in un’unica soluzione annuale da corrispondere entro il 16 giugno.

L’Imu facoltativa non riguarderà gli immobili a uso abitativo. Sarà decisa sulla base di un referendum e potrà sostituire la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari, l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.

L’aliquota sulla compravendita degli immobili sarà dell’8% sulle seconde case e del 2-3% sulle prime case. Il provvedimento approvato ieri a Palazzo Chigi passerà adesso in Conferenza Stato-regioni e in Parlamento per ottenere, poi, l’ok definitivo dal Consiglio dei ministri.

Moltiplici e variegati i commenti dei sindaci, ma in una nota l’Anci, "senza dare troppa enfasi", sottolinea che il provvedimento rimette i municipi "in carreggiata". Tuttavia, si osserva, "non siamo ancora nel federalismo, perché la legge Calderoli ha ancora tanti pezzi che devono essere incastrati". "Si pianta l’albero storto dell’autonomia finanziaria dei comuni", lamenta però Stefano Fassina, responsabile Economia del Pd, per il quale le soluzioni individuate "in particolare la super-patrimoniale per imprese e famiglie, sono inaffidabili, inique e molto poco autonomiste".

Pier Luigi Fornari

 

 

 

 

5 agosto 2010

POLITICA E CORRUZIONE

Roma, aperto un fascicolo

sulla casa di An a Montecarlo

La Procura di Roma ha aperto un'inchiesta sulla cessione da parte di An di un appartamento a Montecarlo in cui abiterebbe il cognato del presidente della Camera Gianfranco Fini. Lo riferiscono fonti giudiziarie.

Nei giorni scorsi alcuni giornali, tra cui "Il Giornale" - di proprietà della famiglia Berlusconi - hanno pubblicato la notizia che l'immobile sarebbe stato ceduto da An a Fini per un prezzo molto inferiore a quello di mercato, e che nella casa abita attualmente il fratello della compagna dell'esponente politico.

Fini ha smentito le notizie di stampa e ha annunciato di voler querelare "Il Giornale". L'apertura del fascicolo, anticipata da "Il Giornale" e da "Libero", fa seguito alla denuncia presentata nei giorni scorsi dai due esponenti locali de "La Destra".

 

 

 

 

5 agosto 2010

ERARIO

Fisco: +9% incassi da lotta all'evasione

La guerra agli evasori fiscali ha portato al recupero, nei primi sette mesi del 2010, di 4,9 miliardi di euro. Un nuovo traguardo che fa registrare, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, un aumento degli incassi del 9%. I dati sono stati presentati dal direttore dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, nel corso di una conferenza stampa.

Il direttore ha quindi ricordato l'obiettivo fissato per l'anno in corso e sottolineato l'intenzione di superarlo: "L'obiettivo è di fare almeno otto miliardi, contiamo ovviamente di superarlo". Le entrate complessive, erariali e non erariali, arrivano dai ruoli e dai versamenti diretti. In particolare gli incassi da ruoli si confermano a 1,8 miliardi di euro. Un dato, spiega Befera, non aggiornato a causa dei tempi tecnici di trasmissione dei dati da parte di Equitalia, ma che in pratica ha già superato i due miliardi di euro.

Mentre è la voce versamenti diretti che fa registrare il boom di incassi con un gettito di 3,1 miliardi in aumento del 15% rispetto al 2009. Il direttore dell'accertamento, Luigi Magistro, ricorda che, rispetto allo scorso anno, sono venute meno le entrate legate al recupero degli aiuti di Stato.

 

 

 

 

 

2010-08-04

4 agosto 2010

RIFORMA FEDERALE

Affitti, arriva la cedolare secca al 25%

In arrivo nel Consiglio dei ministri di oggi una cedolare secca sugli affitti del 25% all’interno del quarto decreto attuativo del federalismo fiscale relativo ai comuni. L’imposta, che assorbirà anche quelle di bollo e di registro, scatterà dal primo gennaio dal 2011, e sarà su base volontaria, nel senso che il proprietario avrà la scelta di puntare sulla cedolare o di mantenere la vecchia tassazione Irpef. Per i contratti a canone agevolato nei centri ad alta densità abitativa il prelievo sarà del 20%.

Nel 2014, poi, scatterà la nuova imposta municipale unica (Imu), che sarà pagata sul possesso degli immobili (si applicherà solo sulle seconde case e su quelle di lusso) e l’aliquota sarà decisa con un decreto dal presidente del Consiglio, su indicazione del ministro dell’Economia, entro il prossimo 30 novembre. I comuni avranno la possibilità di aumentare o diminuire il prelievo di 0,3 punti percentuali (in pratica fino al 3 per mille). Oltre al prelievo sul possesso i comuni incasseranno anche un tributo sulle compravendite che sarà del 3% sulle prime case e del 7% sulle seconde. I municipi, secondo l’ultima bozza del federalismo comunale, che oggi sarà all’esame del Consiglio dei ministri, potranno modificare le aliquote dal 2017. A ciò si aggiungerà un tributo municipale facoltativo, deciso cioè per via referendaria, ad esempio sull’occupazione di aree pubbliche o le affissioni.

L’arrivo delle nuove imposte sugli affitti dovrebbe essere accompagnato da un inasprimento delle sanzioni nei casi di omessa dichiarazione, che potrebbero aggirasi fino ad un massimo di 2mila euro e al 400% dell’incremento dell’imposta, quando gli affitti sono dichiarati in misura inferiore. Tutto il maggior gettito incassato per l’iscrizione al catasto degli "immobili fantasma" andrà ai Comuni, mentre sale dal 33 al 50% la percentuale di "compartecipazione" sugli incassi della lotta all’evasione.

Il ministro per i Rapporti con le regioni, Raffaele Fitto, ha spiegato che il provvedimento rientra nell’accordo definito con i comuni recentemente, e segue il federalismo demaniale e quello sui fabbisogni standard dei comuni, anticipando "la definizione dei costi standard sulla sanità e la definizione del rapporto con le regioni", che avverrà a settembre. Dunque si tratta di "un’architrave importante", "un avanzamento" nel processo di attuazione del federalismo. "Con questo decreto diamo una forte autonomia in questo ambito ai comuni – ha aggiunto –. Abbiamo lavorato insieme ai comuni e con l’Anci e quindi il testo del decreto dovrebbe essere sostanzialmente condiviso. Rispetto a questa riforma è preoccupato solo chi non vuole essere responsabilizzato. Bisogna sapere che questa riforma punta a responsabilizzare i pubblici amministratori".

È critico, invece, il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, per il quale, se le anticipazioni si mostreranno fondate, "è in arrivo una mega-patrimoniale sugli investimenti immobiliari".

Pier Luigi Fornari

 

 

 

 

4 Agosto 2010

LAVORO

Telecom, 3900 esuberi:

accordo per mobilità volontaria

Fumata bianca alla Telecom: il negoziato, partito a metà luglio, è stato molto serrato all'indomani dell'annuncio dell'azienda di 6.800 licenziamenti nei prossimi due anni (3.700 dei quali entro giugno 2011). E stanotte, dopo 24 ore di confronto al ministero dello Sviluppo Economico, è stata trovata l'intesa: tra le novità la formazione e la mobilità volontaria. Per 3.900 dipendenti si prevede l'attivazione di una mobilità ordinaria su base volontaria nel biennio 2010-2012. Per altri 2.220 invece si ricorrerà a percorsi di formazione con contratti di solidarietà per consentire il reinserimento in settori strategici dell'azienda, in particolare la rete. Si tratta di 1.300 dipendenti non coperti da tutela e saranno reinseriti in Telecom, di 470 dipendenti del '1254' e 450 di SSC.

Per i lavoratori già posti in mobilità, che si sono visti slittare in avanti la data utile a percepire la pensione a seguito delle modifiche normative sopraggiunte, si è ottenuta la copertura del 90% della retribuzione per i periodi eventualmente scoperti. L'attivazione di mobilità ordinaria su base volontaria per circa 3.900 lavoratori sarà volta, principalmente, a coloro che così potranno raggiungere i requisiti pensionistici previsti dalla legge. I lavoratori del '1254' avranno una proroga dei contratti di solidarietà per ulteriori due anni e un piano formativo di riqualificazione nonchè un ulteriore riutilizzo del telelavoro. Per Ssc è prevista l'attivazione di circa 470 contratti di solidarietà anche questi associati ad un piano formativo e che reintegri i lavoratori in altri settori di Telecom, oltre a prevederne l'internalizzazione dei processi di attività informatiche. Per 1.300 lavoratori che non hanno protezioni sociali ed erano, per l'azienda, esuberi strutturali è previsto un importante piano formativo al termine del quale porterà ad una riqualificazione completa dei lavoratori per un loro utilizzo in altri settori strategici per l'azienda.

Per i lavoratori ex Tils, attualmente non impiegati, grazie anche ai percorsi formativi previsti per i colleghi di altri settori/aziende, c'è l'impegno di riassunzione in Hr Service. Soddisfatte le parti. L'ad di Telecom, Franco Bernabè, ha sottolineato come l'intesa garantisca "il rispetto e la tutela dei lavoratori". Per il Governo l'accordo è un "segnale di maturità da parte di tutti, del sindacato, dell'azienda e per certi versi anche del Governo", afferma il vice ministro allo Sviluppo economico, Paolo Romani. "Certamente la notizia è buona, fino a poche settimane fa il quadro era diverso con licenziamenti unilaterali", dice invece il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Anche i sindacati mostrano apprezzamento: per Enrico Miceli della Slc Cgil l'accordo è un modello possibile.

2010-07-30

2 agosto 2010

MERCATO AUTO

Federauto, flop immatricolazioni

A luglio calo del 26%

Ancora un flop del mercato dell'auto che a luglio "consuntiverà un altro -26%". Lo anticipa Federauto, l'associazione dei concessionari d'auto, alla vigilia dei dati ufficiali che saranno resi noti oggi. Per il presidente Filippo Pavan Bernacchi, che chiede un intervento del governo, si tratta di "un vero disastro per tutti. Questo dato si avvicina molto alla realtà perchè - dice - sembra che i principali costruttori abbiamo finalmente tolto il piede dalle kilometri zero. Questo perchè non si può continuare all'infinito ad autoimmatricolarsi vetture per dimostrare dati di quota non veritieri. E infatti il mercato a privati, quello non inquinabile da autoimmatricolazioni, vede una flessione attorno al -30%. E si continua così oramai da qualche mese nell'indifferenza del Governo".

Negli Usa - commenta ancora Federauto - Obama visita lo stabilimento Chrysler ed elogia Sergio Marchionne che riceve, nel contempo, consensi dagli operai. Obama si spinge a rivendicare di aver varato la legge sulla rottamazione "che ha salvato almeno 100mila posti di lavoro, permettendo nel contempo di realizzare auto e camion che consumando meno ci porteranno verso un futuro di indipendenza energetica. In Italia è il contrario".

Per Pavan Bernacchi "servirebbe che il presidente del Consiglio prendesse in mano la situazione". Come? "Da un lato rinnovando dei bonus pluriennali per svecchiare il parco auto e incentivare le vetture a basso impatto ambientale; in primis quelle alimentate a Gpl e a Metano. Dall'altro, varando una politica seria per riallineare la tassazione delle vetture aziendali agli altri paesi europei. C'è una differenza enorme a nostro sfavore e le poche aziende che potrebbero acquistare auto, veicoli commerciali e industriali, sono costrette a mantenere i propri parchi, anche obsoleti, non sicuri e inquinanti".

Federauto chiede allo Stato "di prendere subito in considerazione misure a supporto del mercato auto. Sarebbero a costo zero, perchè si pagherebbero, sia con le imposte sulle auto aggiuntive, sia con riduzione delle spese mediche legate alla cattiva qualità dell'aria e la diminuzioni di morti e feriti per gli incidenti stradali. Inoltre ci sarebbe un minor ricorso agli ammortizzatori sociali che stanno drenando molte risorse statali. Questo si otterrebbe incentivando l'acquisto di auto che consumano e inquinano meno, e sono molto più sicure con dotazioni moderne come le scocche a deformazione progressiva, l'Abs, l'Esp e gli airbag".

Quanto alla questione della produzione delle auto in Italia, per Federauto "è importante che Fiat resti a produrre nella Penisola. Per questo serve un atteggiamento totalmente diverso di certi sindacati. In questo momento produrre in Europa non conviene più e tutti stanno smobilitando gli stabilimenti italiani per delocalizzare. Prendiamo esempio dai lavoratori targati Usa".

 

 

 

 

 

2010-07-29

29 luglio 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra, dalla Camera

arriva il sì definitivo

Via libera definitivo della Camera alla manovra correttiva dei conti pubblici da 25 miliardi per il biennio 2011-2012. I voti a favore sono stati 321, quelli contrari 270, le astensioni quattro. Il provvedimento è quindi legge. La manovra, secondo le intenzioni del governo, consentirà di riportare il deficit sotto il 3% alla fine del 2012, esattamente al 2,7%, mentre oggi marcia al 5%.

Della manovra ha parlato, durante la cerimonia del Ventaglio, anche il presidente del Senato Renato Schifani: "La manovra - ha detto - è dolorosa ma evita il default come è successo per la Grecia. L'entità della manovra ci mette al riparo da speculazioni finanziarie". "C'è un clima di difficoltà economica - ha aggiunto il presidente del Senato - che nasce da Oltreoceano e per sopperire all'esigenza della riduzione del debito si è fatta una manovra in cui si chiedono sacrifici ai cittadini italiani. L'esigenza primaria è la tenuta dei conti".

 

 

 

 

29 luglio 2010

MANOVRA

Quote latte la Ue richiama l'Italia

La Commissione europea è "insoddisfatta" dell'emendamento sulle quote latte contenuto nella manovra approvata oggi dal Parlamento. Come ricorda il commissario per l'Agricoltura Dacian Ciolos, "l'Italia ha

votato una misura che va contro le regole Ue sul pagamento delle sanzioni per aver superato i limiti delle quote latte". La Commissione ribadisce che "come indicato in precedenza, esaminerà il testo che è stato votato e non esiterà a procedere contro l'Italia con l'azione necessaria se le misure sono contro le norme Ue".

 

 

 

 

2010-07-27

27 luglio 2010

I COSTI DELLA POLITICA

Manovra, il governo pone la fiducia

Il governo, tramite l'intervento nell'Aula di Montecitorio del ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha posto la questione di fiducia sulla manovra economica, la cui discussione era iniziata questa mattina. "Il governo attribuisce particolare importanza per il Paese alla definitiva approvazione di questo provvedimento che è in scadenza", ha spiegato Vito. La questione di fiducia è stata posta sul testo uscito dalla commissione che è identico a quello già approvato dal Senato.

Il Pd aveva tentato di far slittare il momento della fiducia tentando di far valere il regolamento della Camera in base al quale, nelle 24 successive alla richiesta, non si possono svolgere attività d'aula. Secondo Roberto Giachetti, non si sarebbe potuto riunire il parlamento in seduta comune per l'elezione dei membri laici del Csm.

Il presidente Gianfranco Fini è però intervenuto per chiarire che "il parlamento in seduta comune è un organo diverso rispetto alla Camera dei deputati; si applica il regolamento della Camera, ma è organo di altra natura". È la 36ma volta che il governo ricorre alla fiducia.

DEPUTATI, TAGLIO AGLI STIPENDI

Si annuncia il taglio di mille euro agli stipendi dei parlamentari e, contemporaneamente si approntano meccanismi che sembrano aprire la strada alla mitigazione del rigore invocato dai presidenti Fini e Schifani, sulle buste paga di deputati e senatori. È in arrivo insomma il "taglio con il gettone": accanto alla riduzione di 500 euro netta stabilita per la diaria di soggiorno, si preparano i meccanismi per introdurre un meccanismo di "gettoni di presenza" per la partecipazione ai lavori di commissione.

È quanto emerge dal comunicato ufficiale della Camera al termine dell'ufficio di presidenza che ha varato i tagli. La "riduzione di 500 euro della diaria di soggiorno" per il triennio 2011-2013 è decisa "nella prospettiva di definire una disciplina per la rilevazione delle presenze in Commissione, secondo quanto preannunciato nella riunione dell'Ufficio di Presidenza dell'8 giugno scorso".

L'ipotesi sul tappeto da tempo, quello che bisogna mettere a punto ora sono i meccanismi tecnici dell'operazione: alcune commissioni ad esempio si riuniscono più assiduamente di altre (la Bilancio molto più spesso della Politiche Ue) e impongono una "perequazione" per poter assicurare potenzialmente lo stesso beneficio a fine mese a tutti i parlamentari. La formula del rimborso spese aggira l'ostacolo posto dal fatto che la retribuzione dei parlamentari per legge è "omnicomprensiva".

Per quanto riguarda i deputati il taglio andrà a colpire "gli emolumenti strumentalmente connessi" all'esercizio del mandato e non lo "stipendio". Saranno infatti ridotte di 500 euro la diaria di soggiorno e di altri 500 euro "le spese per il rapporto eletto/elettori", quelle solitamente previste per i portaborse.

Tagli sono previsti anche per i dipendenti: ci saranno riduzioni del 5% per i redditi sopra i 90.000 euro e del 10% per quelli sopra i 150.000 euro, sempre nel triennio 2011-2013. Nel complesso la Camera conta di risparmiare, tra queste e altre misure, 60 milioni di euro nel triennio, come dice il comunicato. Anche il Senato dovrebbe muoversi sulla falsariga di Montecitorio, come ha spiegato l'ufficio stampa di Palazzo Madama.

NAPOLITANO, NO A TAGLI INDIFFERENZIATI

"È un imperativo cui nessuno può sfuggire quello del contenimento e di una sostanziale riduzione del nostro debito pubblico". Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intervenendo alla settima Conferenza degli ambasciatori alla Farnesina.

Il rigore necessario per abbattere il debito pubblico "comporterà inevitabili sacrifici diffusi" ma "non può vedere penalizzati in modo indifferenziato tutti i comparti, tutte le voci di spesa dello Stato", ha aggiunto Napolitano e soprattutto "non deve mortificare funzioni e strutture portanti dello Stato nazionale", tra le quali la politica estera e la diplomazia.

La manovra "rischia di minare l'efficacia della nostra azione", ha aggiunto il decano degli ambasciatori, l'ambasciatore Vittorio Claudio Surdo, sulla preoccupazione dei diplomatici italiani per gli effetti di alcune misure previste dalla manovra economica. "C'è profonda preoccupazione per alcuni dei provvedimenti previsti" spiega, sottolineando che ci sono dei punti come quello delle diarie che "ledono in modo sistematico la nostra professione, mortificandola".

 

 

 

 

 

2010-07-26

26 luglio 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra in discussione alla Camera

Buttute finali per la manovra correttiva. Stamani in Aula alla Camera è iniziata la discussione generale sul provvedimento. Il voto sulle tre pregiudiziali di costituzionalità, presentate dal Pd, dall'Idv e dall'Udc, è previsto per domani alle 10,30. Subito dopo, a quanto riferiscono fonti parlamentari, è probabile che il governo chieda di mettere ai voti la richiesta di sospensione della discussione generale per poter poi annunciare il ricorso alla fiducia sullo stesso testo licenziato dal Senato.

La votazione per chiamata nominale si terrà mercoledì (i tempi nel dettaglio saranno decisi dalla conferenza dei capigruppo). Seguirà l'esame degli ordini del giorno e il voto finale sul provvedimento che dovrebbe tenersi giovedì. Ma la maggioranza è intenzionata a stringere i tempi ed è anche possibile il voto finale nella serata di mercoledì.

L'opposizione non demorde. Nonostante il governo abbia preannunciato la fiducia sulla manovra anche alla Camera, Pd e Idv hanno deciso di tentare comunque di rallentare il passaggio del decreto in aula. Gli iscritti a parlare nella discussione generale sul testo sono 243, praticamente tutti i deputati del Pd e dell'Idv più sette dell'Udc, quattro del Pdl, uno della Lega e due del gruppo misto.

È probabile che domani sarà decisa l'interruzione della discussione. Sempre domani, alle 13.30, è in programma la conferenza dei capigruppo che deciderà il calendario degli ultimi giorni di attività prima della pausa estiva. Oltre al via libera alla manovra pende l'esame del disegno di legge sulle intercettazioni. Il ddl sarà in aula il 29 luglio, ma non è detto che riesca a uscire da Montecitorio prima della chiusura.

 

 

 

 

 

26 luglio 2010

FEDERALISMO

Irpef e Iva ai Comuni

La Lega smentisce

"La solita tempesta in un bicchiere d'acqua. Poco fa, chiacchierando con Umberto Bossi, abbiamo riso insieme della sciocchezza sul federalismo fiscale riportata oggi da un quotidiano locale, e ripresa poi dalle agenzie di stampa, secondo cui, l'Irpef e l'Iva sarebbero state destinate ai Comuni, quando invece, nel nostro progetto, questi tributi saranno parzialmente ad appannaggio delle Regioni".

Così il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli ha commentato le notizie di stampa sulla posizione della Lega e del suo leader Bossi in tema di federalismo fiscale. "I tributi destinati ai Comuni - ha aggiunto il ministro Calderoli - saranno quelli relativi agli immobili, con l'esclusione della prima casa, come già anticipato dal ministro Tremonti nella sua relazione al Parlamento".

QUOTE LATTE E COBAS

"Sto dalla vostra parte, chiederò a Zaia di scendere in campo. L'ho detto anche a Berlusconi: non puoi far chiudere le fattorie del Nord, la gente non capirebbe". Alla festa della Lega Nord di Soncino (Cremona) Umberto Bossi ieri sera si è rivolto così ai Cobas sulla vicenda delle quote latte. "Vi ricordate quando coi trattori volevate entrare a Milano e io vi dissi che il sindaco, che era leghista, avrebbe dovuto per forza far intervenire la polizia? - ha proseguito Bossi - Vi dissi: facciamo un patto, voi non marciate su Milano e io risolvo il problema: avete fatto bene a fidarvi allora e adesso. Galan, io non posso cacciarlo, ma chiederò a Zaia di scendere in campo: sta facendo bene in Veneto, ma lui ha a cuore come me la vostra situazione. È uno che fa, non come Galan che parla e basta". E al vice presidente della Regione Lombardia, il leghista Andrea Gibelli, ha detto: "Devi dire al tuo capo Formigoni che non può manifestare con gli allevatori che non stanno dalla nostra parte: patti chiari e amicizia lunga".

 

 

 

 

2010-07-22

22 Luglio 2010

POLITICA & INFORMAZIONE

Berlusconi: contro di me campagna mediatica

Il Tg1 anticipa il messaggio, è polemica

"In questi giorni sono riprese contro il governo e contro il Popolo della libertà furibonde campagne mediatiche". Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi lancia "l'operazione memoria" con un messaggio inviato a tutto il popolo del Pdl e ai simpatizzanti, invitandoli alla mobilitazione. Un messaggio parzialmente anticipato dal sito del Tg1. Quanto basta a scatenare una polemica interna all'opposizione, l'Idv in primis che annuncia iniziative a San Macuto e "in ogni sede competente" contro le scelte del direttore del Tg1 Augusto Minzolini: il messaggio infatti è stato annunciato e in parte anticipato in apertura della homepage.

Il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti, dal canto suo, osserva che "è quanto meno singolare che il sito internet del principale tg del servizio pubblico dia spazio in apertura ad una lettera di propaganda, pubblicitaria, di partito del presidente del Consiglio".

Immediata la replica del tg della rete ammiraglia di Viale Mazzini proprio dal sito: "A chi ha criticato la tempestività con cui abbiamo dato la notizia del messaggio di Berlusconi, rispondiamo che il nostro sito è abituato a dare le notizie. Possibilmente prima degli altri. Cosa che succede spesso. Oggi – prosegue il Tg1 – è capitato con un messaggio di Berlusconi. Che, per inciso, subito dopo è diventato l'apertura dei maggiori siti d'informazione italiani. Domani speriamo che capiti con un messaggio o una qualunque altra iniziativa di Pier Luigi Bersani o Antonio Di Pietro. Questo è quello che dovrebbe fare ogni organo di informazione, cominciando da quello che è investito del compito di fare servizio pubblico. Tutto qui".

 

 

 

 

22 luglio 2010

RIFORME

Manovra, le Regioni dicono no

Tremonti: "Tratteranno"

"Sono i numeri stessi della manovra del ministro Tremonti a dimostrare quanto essa pesi in modo oggettivamente sproporzionato sulle Regioni rispetto, in particolare, ai Ministeri, con un taglio strutturale superiore del 57% a quello delle Amministrazioni centrali". Lo ha dichiarato il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani. La proposta delle Regioni al governo è quella di "riequilibrare i pesi della manovra. Ciascun livello tagli in proporzione a quanto spende", conclude il presidente Errani.

"Nonostante l'opposizione alla manovra, le Regioni alla fine si siederanno al tavolo del governo per trattare sul federalismo fiscale", ne è convinto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, dopo che oggi la conferenza delle Regioni ha ribadito il parere negativo sulla manovra correttiva, che "considera insostenibile per le ricadute sui bilanci regionali". Il ministro non intende però cedere e dice: "Alla fine scenderanno dai grattacieli e torneranno al tavolo".

"Anche il sindaco di Torino (e presidente dell'Anci) Sergio Chiamparino ha detto che la manovra era negativa, ma poi si è seduto al tavolo per discutere. Mica possiamo pensare che il giudizio diventi positivo. Il parere delle Regioni resterà negativo, ma poi pensiamo che verranno al tavolo e parleremo", ha detto Tremonti in conferenza stampa a Palazzo Chigi.

Le Regioni contestano la manovra perché viene finanziata con forti tagli agli enti locali. In totale i minori trasferimenti pesano per 6,3 miliardi nel 2011, 8,5 nel 2012 e 8,5 nel 2013. Il grosso dei tagli viene dalle Regioni, che dovranno sostenere minori risorse per quattro miliardi nel 2011 e 4,5 miliardi a partire dal 2012. Il governo vuole compensare i tagli in manovra con la maggiore autonomia impositiva che il federalismo porta alle Regioni. Il percorso però è ancora lungo, come riconosce lo stesso Tremonti. "La questione delle province è di risoluzione abbastanza semplice. Sulle Regioni invece ci sarà da discutere per non fare sbagli", spiega il ministro.

VIA A SECONDO DECRETO SU FEDERALISMO FISCALE

Come previsto, oggi il Consiglio dei ministri ha varato in via preliminare il secondo decreto sul Federalismo fiscale. Il decreto, che ora andrà all'esame delle Camere prima di tornare in Consiglio dei ministri per il varo definitivo, indica il percorso per la determinazione dei fabbisogni standard di comuni e province sulla base di spesa storica, abitanti e un insieme di variabili territoriali. Saranno la Sose (Società per gli studi di settore) e l'Ifel (l'Istituto per la finanza e l'economia locale dell'Anci) a fissare i livelli di spesa efficiente.

"Entro l'estate ci saranno anche i costi standard per la sanità, che rappresentano il motivo di maggior preoccupazione", assicura il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli aggiungendo che "è impensabile che ci sia il 50% delle Regioni sotto osservazione, e molte commissariate. L'intervento sulla sanità è urgente e necessario".

DECRETO SU FEDERALISMO MUNICIPALE ENTRO FINE MESE

Per i comuni, il governo vuole presentare il decreto attuativo entro fine mese e comunque prima della pausa estiva. L'idea, ha ribadito Tremonti, consiste nel devolvere i gettiti provenienti "dai tributi che insistono sugli immobili ubicati nell'area di competenza, come le tasse di registro, le tasse ipotecarie, catastali e l'Irpef".

"Lo schema del federalismo municipale lo abbiamo scritto nella relazione presentata dal governo al Parlamento. In quello schema ci sono due ipotesi. La fase uno prevede la devoluzione ai comuni del gettito che insiste sugli immobili. Poi, c'è anche la fase due, che pensiamo di articolare nel tempo e che prevede di semplificare e unificare tutti i tributi o in un solo tributo o in pochi tributi", ha ribadito Tremonti. Con il federalismo municipale potrebbe vedere la luce anche la cedolare secca sugli affitti, che secondo Tremonti può "dare un grande recupero di gettito ai comuni".

 

 

 

2010-07-20

20 luglio 2010

DELITTO MEDIATICO

Aumenti delle tariffe,

il Palazzo fa una mossa

Anche parte del mondo politico, da destra a sinistra, non ci sta a veder boccheggiare quelle testate radicate nei territori, ma anche aperte al mondo, come i settimanali cattolici – la maggior parte dei quali diocesani –, i periodici dell’associazionismo laicale, la stampa missionaria oppure quella che fa riferimento a ordini religiosi, santuari celebri, sigle varie, anche non legate al mondo ecclesiale. Un settore editoriale minore nelle proporzioni, non nella passione informativa.

Messo a forte rischio – come Avvenire ha sottolineato domenica – dai tagli scattati il 1° aprile alle agevolazioni previste per le spedizioni postali. Ossigeno che è stato improvvisamente troncato, costringendo a forti ridimensionamenti in corso d’opera, visti gli aggravi fino al 120% delle spese per far arrivare il giornale agli abbonati.

È categorico Roberto Rao, capogruppo Udc in Commissione vigilanza Rai: "Sulla vicenda registriamo da parte del governo solo annunci di "buona volontà", ma nessuna azione concreta riparatrice dell’errore commesso". Per Rao più che usare l’accetta dei tagli, che "lasciano indenni le testate fantasma", occorrerebbe individuare – nel confronto con Poste italiane – criteri selettivi che evitino sprechi e creino i risparmi necessari a sostenere "un settore importante che conta nel nostro Paese una presenza significativa nella piccola editoria, cattolica e laica, nelle case editrici minori e in quelle indipendenti". Chiede un "dietrofront su questa scelta, sbagliata e gravissima" anche la senatrice Pd Emanuela Baio Dossi. In aprile aveva presentato, con colleghi del suo partito e dell’Udc, un’interrogazione urgente. "A tutt’oggi non abbiamo avuto risposta, la solleciterò nuovamente". Più che un paragone con le intercettazioni ("un problema di libertà in termini generali") la senatrice ne azzarda uno con i tagli – poi rientrati – sull’invalidità. "In tutti e due i casi si tocca un principio fondamentale della nostra civiltà. Colpire l’informazione associativa, che arriva a tante persone semplici e rappresenta la parte più sana e vitale della nostra società, qualsiasi governo che si dica liberale non può permetterselo". La senatrice ricorda, infine, che le risorse in ballo non sono ingenti e si possono reperire in tanti modi. Una proposta la formula Giuseppe Fioroni, anche lui Pd. "Se i canali del digitale terrestre inutilizzati venissero rapidamente messi all’asta produrrebbero quei cinque-sei miliardi di euro che sono molto più dei risparmi che si ottengono dall’eliminazione delle tariffe postali agevolate". La cosa "si può fare per semplice atto amministrativo, senza modifiche di legge: basterebbe la volontà politica, accompagnata da norme amministrative che destinino le agevolazioni solo a chi fa veramente informazione locale". La preoccupazione di Fioroni è che diversamente tali testate, diocesane e non solo, rischino la chiusura o la messa in vendita.

Anche nelle file del centrodestra c’è consapevolezza della perdita che ciò costituirebbe per il Paese. "Si tratta di portare a un esito positivo il negoziato con le Poste per avere tariffe agevolate che, anche se non più al livello di quelle precedenti, possano venire incontro ad attività editoriali che, non avendo scopo di lucro ma grande rilevanza morale e sociale, hanno diritto a un trattamento di riguardo", incalza dalla file della maggioranza il capogruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri. Anche in questo caso, come per i tagli – evitati – ai disabili, Gasparri promette impegno diretto e personale. "Un appello specifico andrebbe rivolto al ministro dell’Economia, azionista di Poste, affinché coniughi gli aspetti di economicità con un valore sociale. Come vanno combattuti i falsi invalidi, così occorre smascherare i furbi che usano le tariffe agevolate per operazioni commerciali". Sul versante dello stimolo al governo anche il Carroccio intende muoversi. Il deputato leghista Massimo Polledri annuncia infatti che oggi, nella sua dichiarazione di voto, porterà la questione in aula alla Camera in occasione del passaggio del ddl di assestamento di bilancio. "Ricorderemo al governo la necessità di distinguere tra le tariffe postali dei grandi giornali e le riviste diocesane, che non possono essere messe sullo stesso piano, anche dal punto di vista delle finalità sociali"..

Gianni Santamaria

 

 

 

 

2010-07-17

 

17 luglio 2010

INTERVISTA

"Appalti, centrale unica per bloccare le mafie"

"In questo nostro Paese, purtroppo, dove ci sono i soldi, ci sono le mafie. È necessario prenderne atto. Non importa più che sia in Calabria, in Sicilia, a Milano o a Pordenone. Dove ci sono i soldi, ci sono le imprese che le mafie negli ultimi due decenni hanno messo in piedi. Abbiamo scoperto tardi il contrasto patrimoniale delle cosche: i risultati sono buoni, ma sono ancora insufficienti…". Il magistrato calabrese Alberto Cisterna si è occupato di ’ndrangheta sin dai primi anni novanta, in una squadra di pm che a Reggio Calabria coordinò fior di inchieste e catture di pericolosi latitanti. Oggi è sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia e, insieme ad altri colleghi, è stato incaricato di vigilare sul rischio di infiltrazioni criminali nella ricostruzione post - terremoto in Abruzzo. Perché laddove ci sono denari pubblici in ballo, ripete Cisterna, le mafie arrivano subito.

E la maxi-operazione anti ’ndrangheta tra Lombardia e Calabria, coi suoi 300 arresti (ieri è stato confermato il carcere per il presunto super capo, Oppedisano), ne è solo l’ennesima conferma.

"Bisogna intendersi su una cosa – spiega Cisterna –. La mafia al nord si rende invisibile, non percepibile. Se vogliamo guardare agli omicidi, alle estorsioni, qualcuno potrebbe anche dire che lì se ne registra un numero minore. Ma c’è un aspetto della ’ndrangheta e delle mafie in generale, quello delle infiltrazioni nell’economia, che pochi sembrano vedere. O, peggio, che molti non vogliono vedere…".

Perché, dottor Cisterna?

Perché i soldi non puzzano. Di questi tempi il denaro necessita alle imprese in crisi. E, perfino se arriva fuori dai circuiti bancari, è bene accetto. Ai soggetti che formalmente si presentano come investitori non si domanda dove abbiano preso i milioni di euro. Si accettano bonifici o finanziamenti estero su estero, si accetta tutto. È un problema grave, che dovrebbe pesare sulla coscienza del sistema bancario e finanziario del nostro paese, che non concedendo fidi o prestiti ragionevoli, lascia le imprese in balia dei riciclatori mafiosi.

Di solito le inchieste arrivano dopo, quando gli appalti sono stati assegnati e i soldi sporchi ripuliti. Cosa si può fare per arrivare prima?

I magistrati hanno ovviamente l’esigenza che i reati siano commessi, non possono perseguire solo la mera intenzione di compierli. Il fatto è che l’esigenza di prevenire, che dovrebbe appartenere ad altre amministrazioni, ancora oggi fa i conti con difficoltà organizzative e norme inadeguate.

Può fare un esempio?

Uno per tutti è la certificazione antimafia richiesta alle imprese. Uno sbarramento aggirabile e per questo ormai palesemente inefficace. Bisogna rimodularlo per renderlo più ostico, più aggressivo nei confronti delle imprese in odore di mafia. Oppure buttarlo a mare.

Ci sono altri strumenti pratici che possono essere adottati?

Guardi, in Italia ci sono 80 miliardi di euro in opere pubbliche aggiudicate ogni anno, tra forniture, servizi e appalti veri e propri. È il settore principale da monitorare, con soluzioni che già ci sono. Ad esempio, la stazione unica appaltante creata in Calabria è uno strumento che, attraverso il nuovo piano straordinario antimafia, il governo intende estendere all’intero Paese. Non è però l’unico strumento. La verità è che il settore degli appalti è un settore delicatissimo, nel quale quotidianamente molti operatori segnalano anomalie di tutti i generi. Perciò, bisogna fare uno sforzo in più

Vincenzo R. Spagnolo

 

 

 

16 luglio 2010

SPORT INQUINATO

Le mani della mafia sul calcio

Sono più di 30 i club coinvolti

Partite truccate, scommesse clandestine, presidenti prestanome: le mafie hanno messo le mani sul mondo del calcio, perchè, come spiega Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera "si garantiscono visibilità e presidio nel territorio e opportunità di riciclare denaro e arruolare nuove leve".

In Lombardia, in Campania, Basilicata, Calabria, sono più di trenta i clan contati da Libera direttamente coinvolti o contigui al potere della criminalità organizzata e censiti per inchieste giudiziarie per infiltrazioni malavitose. "È uno spaccato inquietante - ha sottolineato Don Ciotti - ma non c'è da stupirsi".

È la denuncia dell'associazione Libera, che ha presentato il dossier "Le mafie nel pallone - Storie di criminalità e corruzione nel gioco più truccato al mondo. Potenza Calcio: il caso limite", un'anticipazione del libro "Le mafie nelPallone", di Daniele Poto, in uscita a settembre.

Già tre anni fa Libera aveva denunciato che nella piana di Gioia Tauro i clan sono entrati nei piccoli club, in quell'occasione "il mondo del calcio si è indignato, ma è una realtà che le mafie siano "nel pallone"". I collaboratori di giustizia, ha ricordato il fondatore di Libera, da anni "dichiarano che i presidenti dei club hanno offerto loro posti di lavoro, che hanno scoperto solo dopo essere manovalanza per le organizzazioni criminali".

Il caso di Giorgio Chinaglia, tutt'ora latitante per la tentata scalata alla Lazio, quello dei giocatori del Potenza che non gioiscono per il gol dei propri compagni di squadra perchè sui risultati delle partite erano stati scommessi migliaia di euro in collusione con la 'ndrangheta, sono solo episodi limite. Il dossier, preparato da Libera, e che verrà pubblicato in settembre, ne cita altri.

 

 

 

2010-07-16

16 luglio 2010

Limita i danni della crisi, patiti dai giovani, ma rischia di logorarsi

Urgente rafforzare la famiglia ammortizzatore essenziale

Già prima della crisi economica le nuove generazioni non se la passavano molto bene in questo Paese. Bassi tassi di attività e lunga permanenza entro le protettive e rassicuranti mura della famiglia di origine, sono da molti anni un tratto caratterizzante dei giovani italiani rispetto ai coetanei del resto d’Europa.

Alla base ci sono anche motivi culturali, legati all’importanza della famiglia e alla forza delle relazioni affettive e di disponibilità al reciproco sostegno tra genitori e figli. Quella che, però, era una scelta è diventata nel tempo sempre più una necessità. Tanto che, come documenta l’Istat, tra i motivi della non uscita dalla casa paterna sono cresciuti negli ultimi anni soprattutto quelli riconducibili a difficoltà oggettive. Aumenta, dicono le varie ricerche, la voglia di autonomia dei giovani, ma non cresce la loro capacità di liberarsi dalla dipendenza dei genitori. I problemi maggiori arrivano soprattutto dal lavoro, che non c’è o, quando c’è, prevede spesso remunerazioni basse e discontinue.

Negli altri Paesi i giovani con contratto a termine sono pagati di più e aiutati maggiormente con politiche attive, che coprono il passaggio da un’occupazione all’altra. In Italia, come ben noto, la riforma del mercato del lavoro non è stata accompagnata da una concomitante ristrutturazione del sistema di welfare pubblico in grado di fornire strumenti di protezione verso i nuovi rischi. Così la flessibilità è scivolata verso la precarietà, quasi completamente addossata sui giovani, ovvero sui nuovi entranti. A loro volta le nuove generazioni hanno risposto appoggiandosi ancora di più sulla famiglia di origine, il loro unico vero ammortizzatore sociale. Ma così abbiamo creato un sistema che incentiva la dipendenza anziché promuovere l’autonomia e le scelte di responsabilità adulta, quali formare una propria famiglia.

A preoccupare è soprattutto l’incapacità di valorizzare il capitale umano delle nuove generazioni mettendolo al servizio della crescita del benessere comune. Siamo, nel complesso, uno dei Paesi più lontani da quella promozione di una piena partecipazione dei giovani nella società e nel mondo del lavoro auspicata dalla Commissione Europea.

La crisi ha accentuato, evidentemente, ancor più questo stato di cose. Il ricorso alla cassa integrazione riguarda maggiormente i lavoratori maturi, le mancate assunzioni e il mancato rinnovo di contratti a tempo determinato colpisce invece maggiormente le nuove generazioni. Ed infatti l’80% della riduzione dell’occupazione riguarda i giovani. A mitigare gli effetti di un impatto così rilevante e potenzialmente drammatico è stata ancora una volta la famiglia di origine. Ma ciò solleva varie questioni preoccupanti. L’assenza di un welfare pubblico adeguato rende essenziale il ruolo dei genitori, ma crea forti disuguaglianze. Reggerà meglio chi ha alle spalle genitori benestanti, indipendentemente dal suo valore e dalle proprie capacità. Ma più in generale, ci si può chiedere fino a che punto le famiglia media riuscirà a tenere.

Quella che è stata finora la risorsa più importante per la crescita e il benessere sociale, potrebbe uscire dalla crisi molto provata e impoverita, rischiando di compromettere le possibilità di ripresa e rilancio. Abbandonare i giovani e le famiglie a se stesse può consentire di limitare i costi della crisi nel breve termine, ma provocare conseguenze negative durature nel tempo.

Alessandro Rosina

 

 

 

 

2010-07-15

15 luglio 2010

IL VOTO

Manovra, il Senato

vota la fiducia

Sì dal Senato alla fiducia chiesta dal governo sul maxiemendamento alla manovra correttiva. I sì sono stati 170, i no 136. Il testo, che deve essere convertito in legge entro fine luglio, passa ora all'esame della Camera. Il maxiemendamento del governo recepisce tutte le modifiche della Commissione bilancio: dilazionamento delle tasse per le popolazioni colpite dal terremoto in Abruzzo, blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, novità sulle pensioni per le donne del pubblico impiego, riduzione degli stipendi dei manager e dei budget a disposizione dei ministeri, taglio dei costi della politica. Entrano in vigore anche le nuove norme per la libertà d'impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per le case non accatastate. Tra i tagli, spiccano quelli per Regioni, Province e Comuni.

LE REAZIONI

I governatori, in particolare, minacciano - con l'eccezione dei presidenti leghisti di Veneto e Piemonte - di restituire al governo le loro deleghe in materia di servizi e incentivi economici. Torneranno a riunirsi nei prossimi giorni per esaminare la situazione. Per ora hanno deciso di accantonare la riconsegna delle deleghe, iniziativa annunciata nelle scorse settimane come protesta ai tagli da 13 miliardi tra 2011 e 2013. "Al fine di confermare l'unità piena della conferenza la decisione della riconsegna delle deleghe viene accantonata fiduciosi che il percorso di confronto con il governo abbia un esito pienamente positivo", dice il documento approvato al termine della conferenza odierna. Le Regioni ribadiscono in ogni caso "che alle deleghe trasferite debbano corrispondere le relative risorse".

La manovra colpisce le Regioni con tagli per 4 miliardi nel 2011 e 4,5 miliardi a partire dal 2012. La decisione di oggi segue lo sfilarsi dal fronte di protesta contro il governo di Lazio, Molise, Abruzzo, Campania e Calabria.

Giulio Tremonti, ministro dell'Economia, è tornato ieri a difendere la manovra nel corso dell'assemblea di Confcooperative: "Siamo a un tornante della storia. Non solo per noi ma per tutti i paesi. Non so se sia una ideologia. L'austerità certamente è una necessità che significa solidarietà e responsabilità".

 

 

 

15 luglio 2010

MANOVRA AL VOTO

Oggi la fiducia. E Tremonti

predica austerità

La manovra va oggi al giro di boa, con il voto di fiducia in Senato (alle 11,30), e Giulio Tremonti torna a predicare austerità e rigore. "Non so se sia un’ideologia, ma oggi l’austerità è certamente una necessità e una responsabilità", ha dichiarato il ministro dell’Economia all’assemblea di Confcooperative. Quasi in simultanea il governo "blindava" il decreto a Palazzo Madama, sul testo di un maxi-emendamento che conferma i tagli alle Regioni, la proroga per le multe sulle "quote-latte" che "sconcerta" il ministro dell’Agricoltura Galan e l’uso del 30% dei risparmi nella scuola per pagare gli scatti d’anzianità agli insegnanti.

Poche le novità, rispetto a quanto già circolato: si rafforza la stangata sulle assicurazioni (30 milioni in più, da 234 a 264) e - con un nuovo contrordine - rimane il limite dei 20 alunni nelle classi con disabili. Cambiano i tagli ai patronati: sono diluiti in 3 anni, ma salgono a 90 milioni. Hanno trovato spazio poi 61,3 milioni, in 4 anni, per le assunzioni di giovani magistrati. E sono saltate le norme, introdotte in commissione, che prolungavano il periodo in servizio per i docenti delle università private e limitavano (era una proposta leghista) a mille euro, dagli attuali 2mila, i trasferimenti di denaro contante tramite i money transfer.

Già da domani il testo sarà alla Camera, dove è atteso da un’altra fiducia. Per il governo è già ora di voltare pagina, come ha testimoniato Silvio Berlusconi nell’ormai consueto comunicato di giornata: "Non possiamo limitarci a piangere sui danni causati dalla crisi, dobbiamo invece ricercare tutte le strade possibili per consolidare la ripresa e il governo sta facendo proprio questo", scrive il premier (che fa poi un preciso riferimento alle esigenze dei costruttori, che hanno tenuto ieri la loro assemblea).

Da parte sua Tremonti ha elogiato "quanti, nel disegno della manovra, hanno condiviso il senso e la logica di quel cambiamento": è grazie a loro, ha rimarcato, che non c’è stata "rottura della coesione sociale" e "il Paese ha tenuto, tiene e terrà". Ma un nome su tutti ha voluto farlo, dando un pubblico riconoscimento a Raffaele Bonanni, il leader della Cisl seduto in prima fila davanti a lui nell’auditorium Conciliazione: "In questi mesi ho visto un uomo di Stato, che ha un senso profondo di responsabilità politica".

Accanto a questo, restano anche gli strappi operati dalla manovra. A partire da quello con le Regioni che però hanno aggiornato a oggi la loro Conferenza, messa in crisi dal dissenso ormai pubblico dei governatori leghisti Cota e Zaia, che "non hanno alcuna intenzione" di riconsegnare le deleghe sui servizi gravati dai tagli. Restano anche i "no" del Pd, che annuncia una mobilitazione nazionale venerdì e sabato, e della Cgil: per il segretario Guglielmo Epifani il "maxi-emendamento" "conferma le ragioni dello sciopero" fatto dalla Cgil, la manovra "è iniqua e pagano solo i lavoratori".

E una polemica "interna" si è materializzata pure in Senato, nell’intervento di Mario Baldassarri, presidente della commissione Finanze e senatore finiano, il quale ha ricordato che la sua proposta, già a dicembre scorso, di una manovra da 35 miliardi "fu considerata cervellotica, fui chiamato "dottor Stranamore""; con il risultato invece che da allora "ne abbiamo fatta una da 43 miliardi" tra Finanziaria 2010, "mille-proroghe" più l’attuale intervento. Per Baldassarri il problema è che "tutte le manovre tagliano la spesa tendenziale degli anni futuri" più che quella in corso d’anno, che continua a salire.

Eugenio Fatigante

 

 

 

 

 

14 luglio 2010

MANOVRA FINANZIARIA

Manovra, il governo

pone la fiducia al Senato

Il governo ha posto la questione di fiducia in Senato sul maxiemendamento alla manovra correttiva. Lo ha comunicato in aula il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito. Il Senato voterà la fiducia al più tardi giovedì, poi la manovra passerà alla Camera per la seconda lettura. L'approdo in aula a Montecitorio è previsto al momento il 26 luglio, il via libera entro il 29. Il decreto legge decade il 30 luglio, è difficile quindi che la Camera possa introdurre modifiche e rendere necessario un terzo passaggio in Senato.

LE NOVITA'

Stop ai rinnovi contrattuali e agli stipendi degli statali, tagli ai costi della politica ma anche alle Regioni, nuove norme sulle pensioni e novità per i cittadini abruzzesi colpiti dal terremoto: ecco le misure principali contenute nella manovra correttiva aggiornata con il maxiemendamento presentato mercoledì dal governo in Senato e sul quale domani sarà votata la fiducia.

STOP CONTRATTI E BLOCCO STIPENDI P.A.

Stop al rinnovo dei contratti, agli aumenti degli stipendi degli statali e al turn-over. Limitazioni per i contratti a termine. Fanno eccezione poliziotti, vigili del fuoco e enti di ricerca.

PROFESSORI E MAGISTRATI - Bloccati gli automatismi stipendiali per il personale non contrattualizzato, tra cui i professori universitari. Per i diplomatici proroga dei trattamenti in servizio. Per le toghe il taglio tocca le indennità. Sì a 61,3 milioni per assunzioni di giovani magistrati.

MINI-AUMENTI BALZELLI PROCESSI - Arrivano una serie di mini-aumenti delle tasse processuali.

TAGLI AI MINISTERI E AUTO BLU - La sforbiciata è del 10%. Arriva anche un giro di vite sulle auto blu.

COSTI POLITICA - Riduzioni di spesa per Palazzo Chigi. Taglio del 10% alle buste paghe dei ministri e sottosegretari che non siano membri del Parlamento. Sforbiciata anche per la politica locale e economie in vista per gli organi costituzionali.

TAGLI A PARTITI - Si riducono i rimborsi elettorali.

MANAGER P.A.- La quota di stipendio che supera i 90.000 è

ridotta del 5%, quella che supera i 150mila il 10%.

PENSIONI - Donne della p.a. in pensione a 65 anni dal 2012. Dal 2015 età anagrafica collegata all'aspettativa di vita. Previste le cosiddette "finestre mobili", che ritardano la possibilità di lasciare il lavoro.

PIÙ CONTROLLI SU INVALIDI - Torna al 74% la soglia per gli assegni di invalidità. Salgono a 250 mila le verifiche Inps.

TAGLI FAI-DA-TE REGIONI - La sforbiciata resta di 8,5 miliardi ma sarà la Conferenza Stato-regioni a decidere come ripartirli seguendo criteri di 'virtuosità. Tagli anche a Comuni (4 miliardi) e Province (800 milioni).

COMUNI E LOTTA EVASIONE - I comuni che collaboreranno incasseranno il 33% dei tributi statali incassati.

ROMA CAPITALE - Oltre ai 300 mln del Tesoro, 200 mln arrivano tramite un aumento delle tasse di imbarco e un incremento dell'addizionale comunale all'Irpef. A queste risorse si sommano 50 mln per i comuni commissariati. Roma ha maggiore flessibilità sul patto di stabilità interno e può introdurre

una tassa di soggiorno per i turisti.

TASSE ABRUZZO - Proroga della sospensione delle tasse per le imprese fino al 20 dicembre. I cittadini avranno 10 anni per la restituzione dei tributi. Il pagamento scatterà dal 2011.

CASE FANTASMA - Entro il 31 dicembre 2010 chi ha un fabbricato non censito dovrà denunciarlo e farlo accatastare.

CATASTO - Accesso dei comuni alle banche dati del Territorio. Nelle compravendite immobiliari per assicurare la conformità delle planimetrie basta un attestato di un tecnico.

SILENZIO-ASSENSO ANCHE SU PAESAGGIO - Esteso all'autorizzazione paesaggistico-territoriale il silenzio-assenso della conferenza dei servizi.

REDDITOMETRO - Entrano nuovi indicatori per risalire dal tenore di vita al reddito guadagnato.

TRACCIABILITÀ - Tetto a 5.000 euro per i pagamenti in contanti. Obbligo di fattura telematica oltre i 3.000 euro.

LIBERTÀ IMPRESA - D'ora in poi basterà una segnalazione per avviare un'attività. I controlli solo ex-post. Dalle nuove regole sono esclusi i documenti relativi all'immigrazione e al patrimonio culturale e paesaggistico .

FISCO E IMPRESE - L'accertamento fiscale sarà esecutivo nei due mesi successivi all'atto della notifica. Possibile compensare i crediti nei confronti della p.a. con debiti verso il fisco. Stretta sulle imprese "apri e chiudi". L'azzera-compensi non si applica alle società.

IRPEF - Slitta il versamento dell'acconto dell'imposta per il 2011 e per il 2012. Previste minori entrate per 2,9 miliardi.

STANGATA ASSICURAZIONI - Resta la tassa sulle assicurazioni. Il governo attende un incremento di gettito di 264 milioni l'anno.

FORZE DELL'ORDINE, FONDI E FESTE "SALVE" - Arrivano 160 milioni in due anni. Salve dai tagli le feste nazionali.

MINI-NAJA - Stage di tre settimane per giovani volontari nelle forze armate. La divisa si paga.

SCUOLA - Il 30% dei risparmi potranno essere destinati anche agli scatti di anzianità e di carriera dei professpri. Resta il tetto dei 20 alunni previsto per le classi con alunni disabili.

FARMACI - I tagli saranno spalmati su tutta la filiera. Dal 2011 il prezzo degli equivalenti è adeguato alla media Ue.

QUOTE LATTE - Proroga al 31 dicembre il pagamento della rata delle multe "latte".

FONDAZIONI BANCARIE - Non dovranno effettuare svalutazioni dei titoli tossici.

FONDI IMMOBILIARI CHIUSI - Chi non si adegua alla nuove misure avrà cinque anni per chiudere la liquidazione.

CERTIFICATI VERDI - Il Gse dovrà riacquistare quelli in scadenza, ma la spesa andrà ridotta del 30%.

AUTOTRASPORTO - Salta il pacchetto di misure per il settore.

PEDAGGI - Già scattati i pedaggi su alcune tratte Anas.

TAGLIA-ENTI - Soppressi tra gli altri l'Ente teatrale italiano e quello per la Montagna, l'Isae.

 

 

 

 

 

14 Luglio 2010

LOTTA ALL'EVASIONE

Sommerso, l'Inps recupera

2,6 miliardi di euro in sei mesi

Continua con successo la lotta all'evasione contributiva da parte dell'Inps. Nei primi sei mesi dell'anno sono stati recuperati 2,6 miliardi di euro. Il dato si riferisce al periodo gennaio-giugno e mostra una performance assai positiva: +13,5% rispetto al risultato pur eccezionale (+66% sul 2008) dello stesso periodo del 2009. "È una conferma del grande lavoro di recupero crediti che l'Inps ha messo in atto in questi mesi - commenta il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua - per contrastare il fenomeno dell'evasione contributiva. Con questo trend l'ambizioso obiettivo di arrivare a sei miliardi di euro entro la fine dell'anno diventa realisticamente raggiungibile. Un altro segnale di efficienza nel recupero di risorse indebitamente sottratte alla collettività".

La performance segnalata per il recupero crediti, si unisce a un andamento positivo nella riscossione ordinaria: nei primi sei mesi, al netto della lotta all'evasione, sono stati riscossi 58,5 miliardi di euro di contributi: oltre un punto percentuale in più (+1,2%) rispetto al preventivo e anche leggermente superiore allo stesso periodo dello scorso anno (+0,3%).

"La lotta all'evasione contributiva si associa all'azione di vigilanza che l'Inps continua a svolgere con efficacia sul mercato del lavoro - conclude Mastrapasqua - nei primi sei mesi dell'anno, nel corso di 44mila ispezioni, sono stati denunciati 34mila rapporti di lavoro in nero, oltre il 15% in più rispetto al piano preventivo della vigilanza definito per quest'anno".

 

 

 

14 Luglio 2010

CAPO DELLO STATO

Napolitano: Costituzione

testo lungimirante

Giorgio Napolitano, rivolgendosi al sindaco di Udine, Furio Honsell, e ai consiglieri comunali di Udine,

ha riaffermato la "lungimiranza" della Costituzione vigente, approvata a dicembre del 1947, sul tema delle autonomie. "Sono saldate nello stesso articolo la inscindibilità della nazione italiana e la promozione delle autonomie". Due principi, ha detto il presidente della Repubblica a Udine, profondamente attuali sviluppati con le Regioni a Statuto speciale, nate con la stessa Costituzione, e le Regioni a statuto ordinario del 1970.

Oggi, ha aggiunto Napolitano, si deve proseguire sulla strada tracciata perchè "una Italia unita senza la coesione nazionale si perderebbe nel grande e tumultuoso fiume della globalizzazione. L'unità nazionale si può promuovere facendo conoscere la Costituzione e promuovendo le autonomie. Io sono profondamente impegnato nella difesa dei valori costituzionali. Ma piuttosto che usare l'espressione "difendere la Costituzione" amo dire che è necessario far vivere e attuare la Costituzione, attuare anche il nuovo Titolo V che ha segnato la strada per uno sviluppo anche in senso federalistico del principio autonomistico che trovò già forma felice nella prima formulazione della Costituzione".

"Si riveda ciò che è necessario, si garantisca il massimo di semplificazione nell'articolazione del nostro Stato", ha detto Napolitano raccomandando di salvare i vari livelli di autonomia regionale e locale e di riconoscere "l'importanza decisiva dei Comuni che sono le istituzioni più vicine ai cittadini e ai loro bisogni".

A proposito della crisi economica, il capo dello Stato ha affermato che "nessuna parte politica può sottrarsi alla responsabilità collettiva di alleggerire in modo decisivo e di consolidare il bilancio pubblico riducendo il debito che noi abbiamo accumulato e che è un pesante fardello sulle nostre spalle".

 

 

 

 

2010-07-12

12 Luglio 2010

UNIONE EUROPEA

Quote latte, Galan: si dimetta

chi causa sanzioni

Per la soluzione "europea" del problema degli allevatori italiani che chiedono l'ulteriore proroga del pagamento delle sanzioni per il superamento delle quote latte, supportati dalla Lega Nord, il ministro delle Politiche agricole Giancarlo Galan ha "massima fiducia in Tremonti". Infatti, come ha spiegato a Bruxelles, in occasione della sua partecipazione al Consiglio Agricoltura, Galan non crede che il collega dell'Economia, che oggi è a Bruxelles per l'Eurogruppo, "voglia giocarsi la reputazione" su questa vicenda.

Diversamente da quanto anticipato prima del voto parlamentare sull'emendamento che consentiva la proroga per quegli allevatori, Galan non si dimetterà: "Prima di tutto per non dare soddisfazione a chi lo vorrebbe - ha spiegato - poi perchè nel ministero ci sono ancora tante cose da rimettere a posto, e la questione delle quote latte è una di queste: vorrei almeno provarci".

Infine, Galan sarebbe "andato a casa se Berlusconi mi avesse chiesto di lasciare perdere, di pensare agli equilibri e alle alleanze. Non me l'ha detto", anzi, ha aggiunto "mi ha detto di fare quello che ho fatto e ci ho rivisto il Berlusconi del 1994, quello che ha cambiato la vita di molti di noi e ha incarnato i sogni di tanti italiani".

Galan ha sottolineato che l'Italia ha già pagato, sottoforma di mancati contributi Ue, 1,708 miliardi fra il 1995/96 e il 2001/02 per il mancato rispetto delle quote latte da parte degli allevatori italiani: "Dobbiamo ancora commettere infrazioni sapendo di commetterle? Per difendere chi?", si è chiesto ancora il ministro. Anche sui costi di un'eventuale procedura di infrazione, Galan non è d'accordo con le stime dei sostenitori della proroga: "Se anche fosse vero che ci costerebbe solo fra i 5 e i 7 milioni, ovvero il costo della proroga di sei mesi, ma i miei calcoli sono molto diversi, perchè dovremmo farlo? Non è un atteggiamento da paese civile, e oltretutto ci troviamo in un periodo in cui si chiedono sacrifici e rigore a tutt". E poi, ha aggiunto, "il 95% dei 40mila allevatori italiani", ovvero tutti quelli che sono in regola con le quote latte oppure hanno pagato le sanzioni per averle superate, "un pò di rispetto lo meritano".

Secondo Galan, "è stupefacente" la battaglia della Lega a difesa "dei 67 che hanno aderito alla legge Zaia", ma c'è anche una parte degli allevatori, "fra i quali un parlamentare della Repubblica, l'onorevole Rainieri, che non solo superano le quote ma le mettono sul mercato".

"In un momento in cui pretendono sacrifici dagli italiani - ha concluso Galan - ci sono cose che non si possono chiedere".

 

 

 

 

12 luglio 2010

FORUM EURO MEDITERRANEO

Berlusconi: nel Mediterraneo,

grande potenziale

Il rapporto tra i Paesi del Mediterraneo "può avere ancora una volta, un ruolo centrale per il futuro" e "in questo incontro fra il Nord e il Sud del Mediterraneo, Milano fa da perno sia geograficamente che economicamente". Lo ha detto Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio di Milano, aprendo i lavori del Forum Euromed. Sul Mediterraneo, ha detto Sangalli, "si affacciano da una parte un esperimento unico al mondo, l'Unione economica europea, e dall'altra, i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo che per risorse demografiche, minerarie, energetiche, naturali, hanno le potenzialità di diventare i nuovi Bric (Brasile, Russia, India e Cina, ndr). Una combinazione che è davvero la scommessa sul futuro".

Basti pensare che siamo di fronte a un mercato potenziale di 600 milioni di consumatori ed un interscambio che ha raggiunto, nel 2009, quota 250 miliardi di euro e che Milano "ha prodotto un volume d'affari con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo pari a 3 miliardi di euro, cioé un terzo del volume d'affari italiano in quest'area".

E se i dati dello scorso anno "ci fanno davvero preoccupare", ha aggiunto Sangalli, i numeri del primo trimestre 2010 sono incoraggianti. "L'interscambio commerciale - ha proseguito - rispetto al primo trimestre 2009 verso i Paesi mediterranei è per l'Italia cresciuto del 25%. Per Milano e Provincia è cresciuto più del 34%".

Anche il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ha sottolineato che "Milano ha la vocazione di essere il ponte economico e culturale tra l'area del Mediterraneo e l'Europa continentale". Per il primo cittadino, il capoluogo lombardo non solo rappresenta "la provincia più mediterranea" di tutto il continente europeo, grazie al 2% dell'interscambio commerciale con la sponda meridionale del Mediterraneo, ma è anche un "hub naturale" per tutto il bacino euromediterraneo.

Tra la sponda Sud e la sponda Nord del Mediterraneo c'è "la possibilità di realizzare relazioni straordinarie". È quanto ha affermato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un passaggio del suo intervento al Forum sul Mediterraneo di Milano. Secondo la percezione del capo del governo, dal convegno di Milano emergono "buone prospettive" e una "volontà coerente di procedere".

Berlusconi ha ricordato che l'Italia ha sempre lavorato per un forte dialogo euro-mediterraneo e, rivolgendosi agli imprenditori presenti in sala, ha affermato che il governo "è direttamente a disposizione per risolvere i problemi di ogni singolo imprenditore" che volesse investire nell'area euromediterranea, che vogliono crescere ed espandersi su nuovi mercati.

Sottolineando di parlare con "anche l'interim per il ministero dello Sviluppo Economico", il premier ha così spiegato che "tutti quelli che hanno un problema sanno di avere il governo disponibile ad aiutarli".

"Ho un rapporto di amicizia personale molto profonda con tutti i leader dei Paesi del Mediterraneo - ha aggiunto Berlusconi -. È un fatto importante perchè permette di risolvere tutti i problemi con una telefonata, come del resto è avvenuto di recente. Naturalmente continueremo in questa direzione perchè serve a superare i problemi politici e le barriere burocratiche".

LA POLITICA DEL "CUCU"

Dalla "politica del cucù" all'autodefinizione di "playold" più che di "playboy". Un Silvio Berlusconi autoironico alterna accenti faceti a quelli più seri del sostegno alle imprese, nel corso del suo intervento al Forum Mediterraneo.

Il presidente del Consiglio prende spunto dalle parole di Emma Marcegaglia circa il dialogo con i Paesi a Sud e a Est del Mediterraneo e osserva che "ho inaugurato una famosa politica, la politica del cucù... Una politica molto particolare". Un riferimento all'ormai famosa gag con Angela Merkel, a Trieste, che Berlusconi completa spiegando l'importanza del metodo di governo "basato sull'essere aperti agli interessi degli altri e all'amicizia".

Decisamente più leggera la chiusa, rivolta ai rappresentanti diplomatici dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: "Qualche volta portatevi anche qualche bella ragazza, signori ambasciatori, perchè so che anche questo è un merito che tutti quanti siete molto orgogliosi di portare. E noi lo apprezzeremmo molto, perchè siamo latini...".

A questo proposito, Berlusconi aggiunge un altrettanto scherzoso inciso personale: "Io non sono più un playboy, ma, come si dice... un "playold" ma ci teniamo ad avere la possibilità di manifestare il nostro senso estetico".

 

 

 

 

 

2010-07-10

10 Luglio 2010

MESSAGGIO

Berlusconi: "La ripresa

è già una realtà"

Il governo "ha fatto molte cose positive per fare uscire l'Italia dalla crisi economica senza lasciare indietro nessuno e con i conti pubblici in regola che era la premessa indispensabile per avere una ripresa vera, solida e duratura". Lo ha detto in un messaggio ai Promotori della Libertà il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. "La ripresa economica è una realtà confermata da tutte le rivelazioni statistiche", ha continuato Berlusconi, invitando a diffondere "nei gazebo un messaggio di fiducia e ottimismo". Il premier ha fatto presente come i dati economici indichino che "le cose stanno cominciando a funzionare" citando "l'aumento della produzione industriale, la crescita delle esportazioni e l'aumento del Pil dello 0,5% che è il più elevato rispetto agli altri Paesi europei".

La manovra economica "è necessaria" e coniuga "il rigore dei conti alla crescita". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi,in un messaggio audio ai promotori della Libertà chiedendo loro di informare la gente di questo. La manovra, ha quindi continuato, "è in linea con quanto chiesto dell'Ue in merito alla riduzione della spesa pubblica che ormai da anni supera il nostro prodotto interno nazionale".

Berlusconi torna all'attacco anche sulle intercettazioni all'indomani dello sciopero dei giornalisti contro il ddl. "Dovete togliere il bavaglio alla verità - dice in un messaggio ai Promotori della libertà - quel bavaglio imposto dalla stampa schierata con la sinistra, pregiudizialmente ostile al governo, che disinforma, distorce la realtà e calpesta in modo sistematico il diritto sacrosanto della privacy dei cittadini".

Secondo il premier la libertà di stampa, come tutte le libertà costituzionali, incontra il limite di altri diritti meritevoli di tutela, come quello alla privacy.

 

 

 

 

10 luglio 2010

TAGLI ALLA SPESA

Manovra, si intensifica

il pressing delle Regioni

Dopo l'incontro di ieri con il premier Silvio Berlusconi, dove non c'è stata nessuna apertura su una diversa distribuzione dei tagli, prosegue il pressing delle Regioni che chiedono di modificare la manovra finanziaria. I governatori torneranno a riunirsi mercoledì prossimo, nel pomeriggio, alla vigilia del voto di fiducia sul provvedimento, previsto per giovedì al Senato.Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, oggi ha parlato telefonicamente con il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per informarlo della preoccupazione dei governatori per il peso che la sforbiciata prevista dalla manovra avrà sui servizi a cittadini, famiglie e imprese.

E anche la prossima sarà una settimana "calda" per i governatori. Dopo il vertice di Palazzo Chigi, secondo indiscrezioni, i presidenti avrebbero concordato di riunire le rispettive giunte nello stesso giorno, mercoledì mattina, per mettere a punto nero su bianco un documento che fotografi gli effetti dei tagli della manovra nella propria Regione e i servizi a rischio.

I governatori continuano a sperare di poter ottenere correttivi in extremis. E così sempre mercoledì, nel pomeriggio, in vista del voto di fiducia a Palazzo Madama, si svolgerà una nuova riunione della Conferenza delle Regioni, dove si farà il punto sull'incontro di ieri con l'esecutivo e si decideranno le iniziative da assumere.

Come ribadito da Errani, le Regioni continuano a chiedere al ministro dei Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto di iscrivere all'ordine del giorno della prossima Conferenza Stato-Regioni il punto sulle procedure per restituire allo Stato le funzioni trasferite dalla legge Bassanini: i governatori ritengono di non avere più le risorse per esercitarle proprio a causa dei sacrifici richiesti dalla manovra. Si tratta delle competenze su: trasporto pubblico locale, mercato del lavoro, polizia amministrativa, incentivi alle imprese, Protezione civile, servizio maregrafico, demanio idrico, energia e miniere, trasporti, invalidi civili, salute umana, opere pubbliche, agricoltura, viabilità e ambiente

Una posizione, quella sulla restituzione delle competenze, votata il 26 giugno scorso all'unanimità dalla Conferenza delle Regioni, anche se oggi i governatori leghisti del Veneto Luca Zaia e del Piemonte Roberto Cota sembrano prenderne le distanze: "Da parte mia di restituzione di competenze non se ne parla. Noi chiediamo autonomia, chiediamo federalismo, non siamo della partita di chi vuol restituire le competenze", ha affermato Zaia. "Per quanto mi riguarda punto ad avere nuove competenze, non certo a restituire le deleghe", ha sottolineato Cota.

Molto probabilmente mercoledì i governatori discuteranno anche della "Commissione straordinaria" per la riqualificazione della spesa pubblica e per la lotta agli sprechi, la cui istituzione è stata chiesta al governo. E non è escluso, che i lavori proseguano anche il giorno successivo, giovedì mattina.

Proprio giovedì la manovra tornerà anche sul tavolo dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani, che insieme all'Unione delle Province d'Italia ieri ha invece siglato un accordo con il governo. Il Consiglio nazionale dell'Associazione è stato infatti convocato per il 15 luglio alle 11 nella sala delle Conferenze in piazza Monte Citorio e tra i punti all'ordine del giorno ci sono anche le comunicazioni del presidente sullo stato delle relazioni con il Governo.

 

 

10 luglio 2010

TAGLI ALLA SPESA

Manovra, si intensifica

il pressing delle Regioni

Dopo l'incontro di ieri con il premier Silvio Berlusconi, dove non c'è stata nessuna apertura su una diversa distribuzione dei tagli, prosegue il pressing delle Regioni che chiedono di modificare la manovra finanziaria. I governatori torneranno a riunirsi mercoledì prossimo, nel pomeriggio, alla vigilia del voto di fiducia sul provvedimento, previsto per giovedì al Senato.Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, oggi ha parlato telefonicamente con il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per informarlo della preoccupazione dei governatori per il peso che la sforbiciata prevista dalla manovra avrà sui servizi a cittadini, famiglie e imprese.

E anche la prossima sarà una settimana "calda" per i governatori. Dopo il vertice di Palazzo Chigi, secondo indiscrezioni, i presidenti avrebbero concordato di riunire le rispettive giunte nello stesso giorno, mercoledì mattina, per mettere a punto nero su bianco un documento che fotografi gli effetti dei tagli della manovra nella propria Regione e i servizi a rischio.

I governatori continuano a sperare di poter ottenere correttivi in extremis. E così sempre mercoledì, nel pomeriggio, in vista del voto di fiducia a Palazzo Madama, si svolgerà una nuova riunione della Conferenza delle Regioni, dove si farà il punto sull'incontro di ieri con l'esecutivo e si decideranno le iniziative da assumere.

Come ribadito da Errani, le Regioni continuano a chiedere al ministro dei Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto di iscrivere all'ordine del giorno della prossima Conferenza Stato-Regioni il punto sulle procedure per restituire allo Stato le funzioni trasferite dalla legge Bassanini: i governatori ritengono di non avere più le risorse per esercitarle proprio a causa dei sacrifici richiesti dalla manovra. Si tratta delle competenze su: trasporto pubblico locale, mercato del lavoro, polizia amministrativa, incentivi alle imprese, Protezione civile, servizio maregrafico, demanio idrico, energia e miniere, trasporti, invalidi civili, salute umana, opere pubbliche, agricoltura, viabilità e ambiente

Una posizione, quella sulla restituzione delle competenze, votata il 26 giugno scorso all'unanimità dalla Conferenza delle Regioni, anche se oggi i governatori leghisti del Veneto Luca Zaia e del Piemonte Roberto Cota sembrano prenderne le distanze: "Da parte mia di restituzione di competenze non se ne parla. Noi chiediamo autonomia, chiediamo federalismo, non siamo della partita di chi vuol restituire le competenze", ha affermato Zaia. "Per quanto mi riguarda punto ad avere nuove competenze, non certo a restituire le deleghe", ha sottolineato Cota.

Molto probabilmente mercoledì i governatori discuteranno anche della "Commissione straordinaria" per la riqualificazione della spesa pubblica e per la lotta agli sprechi, la cui istituzione è stata chiesta al governo. E non è escluso, che i lavori proseguano anche il giorno successivo, giovedì mattina.

Proprio giovedì la manovra tornerà anche sul tavolo dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani, che insieme all'Unione delle Province d'Italia ieri ha invece siglato un accordo con il governo. Il Consiglio nazionale dell'Associazione è stato infatti convocato per il 15 luglio alle 11 nella sala delle Conferenze in piazza Monte Citorio e tra i punti all'ordine del giorno ci sono anche le comunicazioni del presidente sullo stato delle relazioni con il Governo.

 

 

 

10 luglio 2010

MANOVRA

Le Regioni a muso duro:

"Manovra inaccettabile"

Nessuno spazio a modifiche sui tagli nella manovra, aveva detto Berlusconi accettando l’incontro. Ed è stato di parola. Malgrado ciò, la torrida mattinata di ieri a Palazzo Chigi ha avuto un esito double face, col governo che spacca così il fronte delle autonomie locali: "molto negativo" per le Regioni, che ora intendono restituire davvero le deleghe su una serie di servizi e avvisano che riferiranno al capo dello Stato, Giorgio Napolitano; "collaborativo" invece per Comuni e Province che, pur mantenendo il giudizio negativo sul maxi-decreto, hanno portato a casa l’impegno del governo a mandare in Parlamento entro il 31 luglio il decreto delegato sul federalismo municipale, che dovrà fissare l’autonomia loro concessa in tema di imposte (il decreto per le Province arriverà invece a settembre).

Sono sembrati due film totalmente diversi quelli "girati" ieri nella sala stampa di Palazzo Chigi. Per primi sono scesi i rappresentanti delle Regioni, quasi al gran completo (mancavano però i leghisti Cota e Zaia, pur presenti all’incontro, mentre c’erano quelli del Pdl). I volti tirati, hanno riferito dell’impatto con un "muro", quello rappresentato dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, vero protagonista della riunione.

Più di Silvio Berlusconi, che ha provato a fare una concessione temporale, di "3-4 giorni", per cercare una soluzione alternativa; ma è stato stoppato dal custode dei conti pubblici, il quale ha fatto notare che dare ai mercati "l’impressione che si riaprisse la manovra avrebbe potuto dare spazio da lunedì alla speculazione finanziaria", a danno dell’Italia. Discorso chiuso, quindi. L’unica concessione passata è l’assenso del governo (c’era pure Gianni Letta) a mettere in piedi in tempi rapidi una commissione mista "a costo zero" con le varie autonomie locali, per studiare insieme la spesa della pubblica amministrazione e dove si annidano i maggiori sprechi.

No a raffica sono venuti invece sulla proposta di riequilibrare i tagli fra Stato centrale ed amministrazioni locali. Le Regioni sostengono che, anche sommando i tagli disposti dalla Finanziaria triennale del 2009, la bilancia è "totalmente squilibrata", come certificato anche da "Istat e Corte dei Conti". "Ci sembra che ci sia un’impuntatura che non fa bene al Paese – ha detto Vasco Errani, il presidente della Conferenza delle Regioni –. La scelta del conflitto istituzionale non è nostra. Siamo molto preoccupati: non si può parlare ogni giorno di federalismo, prendendo poi la strada opposta del pieno centralismo".

Il fronte è compatto nell’affermare che ora, in Conferenza unificata, chiederà al governo di rimettere le deleghe: un passaggio per cui serve una legge, ma che secondo i governatori si può attuare anche con un emendamento alla manovra da martedì in aula, al Senato. Il governatore lombardo, Roberto Formigoni, ha sottolineato che "non è una ripicca, ma una presa d’atto". E per Nichi Vendola (Puglia) "a questo punto faranno il federalismo con il morto". Una minaccia che non spaventa Tremonti: "Vedrete che, a manovra chiusa, anche le Regioni torneranno al tavolo con noi".

Anche perché, ha fatto notare Tremonti che si è presentato invece (e con lui Calderoli) al fianco di Sergio Chiamparino e Giuseppe Castiglione nella successiva conferenza stampa di Anci e Upi, sono le Regioni che "hanno preferito una discussione diversa", rispetto a quel "metodo di lavoro comune" accettato invece da Comuni e Province. Nel documento da essi sottoscritto ci sono pure, ha spiegato Chiamparino, "il pieno trasferimento ai Comuni delle funzioni del Catasto, l’attivazione di un tavolo per valutare entro ottobre il possibile sblocco dei residui passivi e per rimodulare il Patto di stabilità assorbendo i tagli ai trasferimenti".

Eugenio Fatigante

 

 

10 luglio 2010

MANOVRA

Contro i tagli scioperano anche i diplomatici

Il 26 luglio prossimo, per protestare contro la manovra finanziaria, anche i diplomatici incrociano le braccia. Ad annunciarlo in una nota è il Sindacato nazionale dipendenti del ministero degli Esteri (Sndmae) che rappresenta gran parte delle feluche. "I diplomatici italiani non possono accettare quei tagli, alle risorse e al funzionamento della loro carriera di servitori del Paese, che di fatto preludono allo smantellamento della Farnesina", si legge nel comunicato.

Il Sndmae ha sottolineato che tante commesse all'estero e accordi internazionali come quelli che ultimamente ha firmato in America latina il premier Silvio Berlusconi (il quale ha parlato di un guadagno per il Paese pari a un punto di Pil) non sarebbero stati mai raccolti "senza il lavoro assiduo, determinato, spesso testardo, senza il lavoro da professionisti dei nostri diplomatici".

"I diplomatici e tutti i lavoratori della Farnesina sono impegnati a promuovere l'internazionalizzazione delle nostre imprese e ad appoggiarle quando investono e quando partecipano a gare e commesse", ha spiegato il Sndmae. "Senza l'impegno dei diplomatici, ci sarebbero meno posti di lavoro in Italia e meno ricchezza per il nostro Paese, le cui aziende hanno ormai - e devono avere, per vivere e prosperare - come orizzonte i mercati mondiali", ha ricordato il sindacato.

Il ministero degli Esteri, ha assicurato il Sndmae, "produce molto più di quanto costi al Paese. Ha ragione il presidente Berlusconi quando ricorda che il bene comune non è fatto dalla somma dei pur legittimi interessi particolari e i diplomatici italiani chiedono di continuare a esistere come carriera di una Farnesina vitale, proprio per poter continuare a servire il bene comune", ha concluso la nota.

2010-07-08

8 Luglio 2010

DISAGI

Da stasera stop ai treni

Domani fermi bus, metro e tram

Scatta da stasera alle 21 lo sciopero di 24 ore del personale ferroviario, ma il giorno nero sarà domani, quando a incrociare le braccia saranno anche i lavoratori del trasporto pubblico locale: a fermarsi bus, metro e tram. La mobilitazione è stata indetta dalla Filt-Cgil, dalla Fit-Cisl, dalla Uilt, dall'Ugl, dall'Orsa, dalla Faisa e dalla Fast a sostegno della vertenza per il nuovo contratto unico della mobilità.

È stato invece differito dal ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, lo stop del personale Enav del centro di Padova che era stato previsto sempre per il 9 luglio. Non solo: per sabato è previsto anche uno sciopero dei lavoratori pubblici indetto dalla Uil Pubblica amministrazione.

STOP TRENI DALLE 21 DI OGGI

Il fermo dei treni si concluderà alle 21 di domani. Trenitalia ha attivato un numero verde (800.89.20.21) operativo fino alla fine dello sciopero. Informazioni si potranno trovare anche sul web (www.ferroviedellostato.it), al call center 892021 e ai punti informativi, le biglietterie e gli uffici assistenza delle stazioni. Sarà assicurato il collegamento tra Roma Termini e l'aeroporto di Fiumicino attraverso il 'Leonardo Express' o il ricorso a servizi autobus sostitutivi. Per i treni regionali saranno garantiti i servizi essenziali nelle fasce orarie 6-9 e 18-21.

VENERDÌ NERO: FERMI TRENI MA ANCHE BUS E METRO

Domani non solo proseguirà lo sciopero dei treni, ma sarà fermo anche il trasporto pubblico locale (bus, metro e tram), secondo modalità decise a livello locale. A Roma lo sciopero sarà dalle 8,30 alle 17,30 e dalle 20 a fine turno; a Milano dalle 8,45 alle 15 e dalle 18 a fine turno; a Firenze dalle 9,15 alle 11,45 e dalle 15,45 a fine turno; a Napoli dalle 8,30 alle 17 e dalle 20 a fine turno; a Cagliari dalle 9,30 alle 12,45, dalle 14,45 alle 18,30 e dalle 20 a fine turno; a Palermo dalle 8,30 alle 17,30; a Torino dalle 9 alle 12 e dalle 15 a fine turno.

 

 

8 Luglio 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra, slitta la discussione:

dal 23 al 26 luglio

La discussione generale sulla manovra economica alla Camera slitta dal 23 luglio al 26 luglio. È quanto ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. A riferirlo è il presidente dei deputati del Pd, Dario Franceschini, al termine della riunione. L'esponente democratico ha inoltre ribadito le critiche alla decisione del governo di annunciare la fiducia al provvedimento: "L'annuncio da parte di Tremonti e Berlusconi quando la manovra non è ancora all'esame dell'aula del Senato è un fatto grave, irrituale e che non ha precedenti e svuota ancora di più il ruolo del Parlamento".

Slitta tutto di una settimana, di fatto, il calendario dei lavori dell'Aula della Camera. In sostanza la manovra che arriverà dal Senato il 15 luglio (l'approvazione a Palazzo Madama è programmata per il 14), dopo l'esame in commissione approderà in Aula alla Camera il 26 luglio con la discussione generale.

Calcolando che il provvedimento decade il 30 luglio, i tempi si fanno quindi molto stretti. Di qui il ricorso alla fiducia che porterebbe ad una approvazione sul filo di lana il 29 con eventuale immediato ritorno al Senato in terza lettura. Il tutto senza contare una richiesta di iscrizioni in massa delle opposizioni nella discussione generale, cosa che complicherebbe ancor più la ristrettezza dei tempi.

Per quanto riguarda il ddl intercettazioni, la conferenza dei capigruppo si è limitata a stabilire che andrà "a seguire" l'esame e l'approvazione della manovra. Inizialmente il ddl intercettazioni era previsto in aula per il 29 luglio. Ecco quindi lo slittamento della settimana che porta il ddl intercettazioni alla prima di agosto e il suo sempre più probabile salto a settembre.

Un iter che comunque si gioca tutto sulla duplice fiducia che il governo porrà sulla manovra al Senato e poi alla Camera.

 

 

 

7 Luglio 2010

MANIFESTAZIONE

La protesta dei terremotati

Il governo: tasse in 120 rate

Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, d'intesa con il Ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in serata ha annunciato che il recupero dei tributi e dei contributi non versati per effetto della sospensione disposta a causa del terremoto che ha colpito la provincia dell'Aquila nell'aprile 2009, sarà effettuato in 120 rate mensili a decorrere dal gennaio 2011. A tal fine, il governo presenterà in aula al Senato un apposito emendamento al decreto legge sulla manovra, per ripartire il pagamento su 10 anni anziché su 5, come attualmente dispone la norma approvata in Commissione.

CINQUEMILA A ROMA

Si è conclusa così una giornata convulsa, iniziata con l'arrivo a Roma di 5000 terremotati con i pullman e le auto private. La maggior parte esibiva bandiere nere e verdi, nero per il lutto, verde per la speranza. È la bandiera de L'Aquila. Il senso della protesta a Roma lo ha spiegato il sindaco del capoluogo abruzzese colpito dal terremoto il 6 aprile 2009. "Dal primo luglio – ha detto – stiamo ripagando le tasse. Quelle che ci erano state sospese lo scorso anno le dobbiamo pagare in 60 mesi, questo vuol dire che gli abitanti del "cratere" pagheranno allo Stato italiano 250 milioni di tasse. È un omicidio premeditato e per questo siamo venuti a protestare. Inoltre la ricostruzione è bloccata perché i soldi non ci sono".

I manifestanti hanno esibito inoltre cartelli contro il Governo e i suoi principali esponenti. "Onna distrutta e tassata", si leggeva su uno striscione, "Chiodi, non pazzia", si leggeva su un altro. Ma fin dall'inizio la tensione era percepibile. Infatti pochi minuti dopo l'arrivo del grosso della manifestazione, un gruppo di manifestanti ha tentato di sfondare il posto di blocco delle forze di polizia tra piazza Venezia e via del Corso. Qui un ragazzo è rimasto ferito da una manganellata. Il lungo "muso a muso" tra manifestanti e polizia è proseguito poi all'incrocio tra via del Corso e via di Pietra, dove le forze dell'ordine hanno allestito un altro blocco. In tarda mattinata, finalmente, anche questo posto di blocco è stato rimosso e i manifestanti sono arrivati davanti a palazzo Chigi.

IL SINDACO: BILANCIO AMARO

Bilancio amaro per il sindaco de L'Aquila, Massimo Cialente. "Di botte – ha detto Cialente in piazza Navona dove si è conclusa la manifestazione – ce ne sono state abbastanza. Risultati concreti pochi. Ho parlato poco fa con il sottosegretario Letta e mi ha detto che Berlusconi è possibilista sulla possibilità che gli aquilani inizino a pagare le tasse dal primo gennaio 2011, restituendo quello che non hanno pagato solo per il 40% e in dieci anni. Ora la parola spetta a Tremonti. Se ci sarà un suo via libera questa ipotesi diventerà realtà".

POLEMICHE PER GLI SCONTRI, IL VIMINALE "VERIFICA"

"Sto andando al ministero per fare una riunione su quanto accaduto". Lo ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, rispondendo a una domanda sugli scontri che in giornata hanno coinvolto i manifestanti aquilani e le forze dell'ordine a Roma. Per ora, ha spiegato il ministro, "ho solo notizie frammentarie, al ministero mi farò raccontare come sono andati i fatti. Io verifico i fatti non le opinioni riportate da qualcuno". Maroni ha quindi riferito di "essere favorevole alle manifestazioni quando si svolgono pacificamente, senza violenze e voglio capire perché questa non si è svolta in questo modo, voglio capire se ci sono responsabilità e da che parte".

 

 

 

2010-07-04

3 Luglio 2010

MANOVRA ECONOMICA

Tredicesime, Berlusconi:

"Non ci saranno tagli"

"Ho letto che nella manovra sarà prevista una riduzione della tredicesima per le forze dell'ordine. Smentisco questa notizia nella maniera più assoluta. Nella manovra non ci sarà alcuna riduzione della tredicesima per nessuno". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, intervistato dal Tg4, a proposito dell'emendamento del relatore alla manovra che taglia le tredicesime ad alcune categorie.

In giornata c'erano state anche le rassicurazioni del ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Pure dal Viminale si fa sapere che non ci sarà alcun taglio delle tredicesime del comparto Sicurezza. Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, si è sentito telefonicamente con il collega La Russa e la linea di entrambi - si sottolinea in ambienti del Viminale - è che la tredicesima degli uomini delle forze dell'ordine non si tocca.

Intorno a mezzogiorno, il ministro La Russa aveva precisato: "Il punto di cui si discute con Tremonti è il blocco degli aumenti in caso di promozione che per il comparto sicurezza è assai più pesante e punitivo rispetto altri comparti perchè da noi le promozioni sono più frequenti". Nell'ambito di questa discussione, ha aggiunto La Russa, il ministero dell'Economia "ha proposto di dare la facoltà, ma non l'obbligo, a ogni comparto di optare per un taglio generalizzato fra il 10 e il 20% della tredicesima al posto del taglio sulle promozioni".

Una possibilità che però né il ministro della Difesa, né il ministro dell'Interno, Roberto Maroni hanno preso in considerazione. "L'abbiamo notificato pubblicamente - conclude La Russa - e io ho appena finito di parlare con Tremonti che ne ha preso atto. In parole povere, sia da me che da Maroni è stato specificato che anche ove la norma che dà la facoltà di optare per il taglio delle tredicesime venisse inserita, noi fin da ora dichiariamo che non intendiamo avvalercene in nessun caso".

"LE TREDICESIME POSSONO ESSERE RIDOTTE"

di Gianni Santamaria

Ma mentre quello in materia pensionistica è una riformulazione di quello contestato l’altroieri (il "refuso", che per la Cgil è diventato una "retromarcia"), a spuntare dal cilindro è il taglio alla mensilità aggiuntiva. "Le tredicesime possono essere ridotte" al fine di assicurare "un risparmio di spesa". L’entità dei tagli verrà definita con appositi decreti del presidente del Consiglio. Per i magistrati il decreto sarà emanato "su conforme delibera degli organi di autogoverno". Potranno essere emanati distinti decreti per tutte le altre categorie. La misura va a copertura di una nuova norma che prevede di escludere promozioni, straordinari e arretrati dai tagli della pubblica amministrazione. Ma si scontra con il no del Pd: "Ci opporremo con tutta la nostra forza istituzionale a questo ennesimo atto di arroganza della maggioranza", annuncia Emanuele Fiano, responsabile del forum sicurezza. Parla di iniziativa "sconcertante" il leader Udc Pier Ferdinando Casini. E ironizza: "Spero sia solo un nuovo clamoroso refuso".

La novità della proposta di modifica in materia di pensioni, invece, è che il secondo adeguamento dei requisiti alla speranza di vita (previsto ogni tre anni) scatterà dal 1° gennaio 2016, cioè solo un anno dopo rispetto al primo gennaio del 2015. È stato invece tolto lo stop al requisito dei 40 anni di contributi, che aveva sollevato un vespaio di polemiche. "Il testo è stato ripulito. Non c’è problema, è tutto risolto", ha tranquillizzato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi.

Per effetto delle numerose questioni aperte, il via libera alla manovra della Commissione Bilancio del Senato è, dunque, slittato a lunedì. Il provvedimento potrebbe essere approvato in quella stessa data con una seduta no-stop, ha riferito Maurizio Saia (Pdl). Potrebbero entrare nella manovra anche la cosiddetta mini-naja. Infatti, è possibile che in un emendamento venga inserito quanto già previsto in un ddl governativo attualmente in discussione in Senato, che prevede per i ragazzi e le ragazze tra 18 e 30 anni, la possibilità di partecipare volontariamente a corsi di formazione teorico-pratici, non superiori a tre settimane nelle Forze armate. Pronto anche il testo che sarà presentato lunedì e prevede possibili tagli all’intero settore farmaceutico, comprese quindi le aziende, così come chiedevano i titolari di farmacie. "In attesa dell’adozione di una nuova metodologia di remunerazione delle farmacie per i farmaci erogati in regime di Ssn", le quote di spettanza a grossisti e farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico dei medicinali di fascia A vengono rideterminate nella misura del 3% per i primi (era il 6,65%) e del 30,35% per i secondi (era il 26,7%) "come quota minima spettante".

Infine, il 30% dei risparmi previsti dal settore scuola e reinvestiti nel comparto verranno accantonati - nonostante il congelamento triennale 2011-2013 - e potranno in seguito essere destinati a scatti di anzianità e progressioni del corpo docente.

 

 

 

 

2 Luglio 2010

IL PALAZZO E IL PAESE

Il ritorno di Berlusconi

"Da lunedì ci penso io"

La politica italiana "è in ebollizione? Ghe pensi mi". Il premier, sbarcato in Italia da una lunga trasferta internazionale, si concede a raffica a tv e radio quasi unificate per avvisare tutti che la festa è finita. "Da lunedì", promette Silvio Berlusconi, "mi metterò al lavoro", "prenderò in mano la situazione" – definita "non tranquilla" e "in ebollizione" – e "mi occuperò di con grande determinazione e con risultati concreti" di "manovra, intercettazioni e giustizia".

Un’agenda, quella spiegata in tv, che non comprende altri temi, dei quali però si è parlato lungamente in un vertice con i fedelissimi, convocato a Palazzo Grazioli nel pomeriggio di ieri. E potrebbe comprendere la soluzione traumatica del caso Brancher, ovvero le dimissioni del neo ministro (il quale però assicura di non saperne nulla) prima della mozione di sfiducia alle Camere. Un gesto che, nelle intenzioni del Cavaliere, dovrebbe servire a riprendere i nodi del rapporto con il capo dello Stato, sfilacciatosi notevolmente dopo la vicenda Brancher e quella delle intercettazioni. Ed evitare una conta in Parlamento che, con l’annunciata convergenza di Pd, Idv, Udc e finiani, potrebbe di questi tempi riservare sgraditissime sorprese.

Il pendolo, all’interno dello Stato maggiore del Pdl, oscilla notevolmente tra lo scontro frontale e la mediazione. C’è chi come Ghedini, avvocato del premier e consigliere privilegiato in materia di giustizia, propende per lo show down con il Quirinale. E ieri mattina, con una intervista al "Corsera", ha dato fuoco alle polveri, facendo una (in apparenza cortese) lezione di diritto costituzionale a Napolitano, ma ricordandogli nella sostanza che qualora non firmasse la legge sulle intercettazioni, il Parlamento (ovvero la maggioranza) potrebbe rimandargliela così com’è, costringendolo alla firma. Una vera e propria sfida, stigmatizzata duramente dalle opposizioni. Difficile pensare che Ghedini abbia potuto fare un attacco così mirato al capo dello Stato, senza prima essersi consultato con il suo capo. Ma è anche vero che nel gioco della comunicazione politica di cui il Pdl è maestro, spesso si fanno lanciare da altri attacchi duri, per poi presentarsi come i pacificatori.

Da quello che raccontano i partecipanti al vertice, la guerra a Napolitano (i cui interventi non sono piaciuti al premier) sarebbe, in questo momento, l’ultimo dei pensieri di Berlusconi. Preoccupato della situazione interna al Pdl – il Cavaliere detesta che si litighi in pubblico, come hanno fatto l’altro giorno Fini e Bondi – ma anche da un certo movimentismo della Lega, che nei giorni scorsi si è esposta fin troppo nel rivendicare il suo ruolo di mediazione politica: con il Quirinale, nella vicenda Brancher; con Fini e lo stesso capo dello Stato per la questione della legge sulle intercettazioni; con le Regione per i tagli contenuti nella manovra. Movimentismo che, in certi passaggi, ha rischiato di appannare l’immagine del premier. Il presidente sono io, è stato dunque il messaggio che Berlusconi ha voluto dare agli elettori del centrodestra un po’ frastornati. Ma anche ai suoi alleati-competitori, ai quali il Cavaliere fa sapere che non accetta di essere scavalcato. E, da quello che è emerso dal vertice, il Pdl tenderà una mano sulle intercettazioni ("Non impicchiamoci a questo testo, che non è nemmeno quello che volevo", avrebbe sostenuto il presidente del Consiglio) accettando anche il rinvio a settembre. Piuttosto, meglio lavorare sulla costituzionalizzazione del Lodo Alfano, per il quale però il consenso dell’opposizione se non obbligatorio è consigliabile, per evitare il ricorso al referendum. Ma probabilmente si arriverà al più presto (o si tenterà di farlo) alla resa dei conti con il presidente della Camera, che è ormai accusato di "tradimento". "O dentro alle nostre condizioni o fuori", ammoniva ancora ieri Fabrizio Cicchitto.

Giovanni Grasso

 

 

 

 

3 Luglio 2010

CONTI PUBBLICI

Tremonti attacca le Regioni

"Cialtroneria sui fondi Ue"

Nuova puntata dell’ormai difficile rapporto fra il governo, nella persona di Giulio Tremonti, e le Regioni. Il ministro dell’Economia attacca pubblicamente le amministrazioni regionali del Sud, colpevoli di lamentarsi tanto ma di saper utilizzare finora solo una minima parte dei quasi 44 miliardi di euro di fondi europei (per il periodo 2007/13). E chiede di smetterla con la "cialtroneria di chi prende i soldi e non li spende".

Parole pronunciate da un Tremonti in camicia davanti alla foltissima assemblea della Coldiretti e che provocano la replica "in diretta" di Vasco Errani, il presidente della Conferenza delle Regioni, che esorta allora il ministro a "fare una commissione a costo zero sugli sprechi della pubblica amministrazione, che guardi voce per voce". La nuova polemica alimenta un clima reso già incandescente, oltre che dalla manovra, dalla conferma (arrivata dall’Agenzia delle Entrate) che l’Irap sarà più salata dello 0,15% per le aziende già dall’acconto di novembre prossimo, mentre la mini-stangata dell’Irpef, legata all’aumento dell’addizionale nelle 4 regioni in deficit sanitario (Lazio, Calabria, Campania e Molise), scatterà solo a partire dal 2011, con un anticipo al 2010 solo per i dipendenti che finiscono di lavorare. Un conto che solo per l’Irpef, che riguarda tutti i contribuenti, varrà in media 60-70 euro a testa. L’aggravio di tasse innesca la reazione di Confindustria, che in una nota parla di "una fiscalità di svantaggio" per il Sud e annuncia che "non intende tollerare più a lungo comportamenti irresponsabili da parte delle Regioni".

La nuova polemica tremontiana sortisce però il suo effetto. Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, la definisce un "intollerabile diversivo" per "non dare risposte". Replica per le rime il governatore pugliese Nichi Vendola, che accusa il ministro di voler "avvelenare i rapporti fra governo e Regioni". Per di più proprio nel momento in cui una delegazione di governatori, in attesa dell’incontro promesso da Berlusconi, aveva trovato udienza ieri dal presidente del Senato, Renato Schifani, il quale ha detto che farà arrivare "le loro preoccupazioni" a Palazzo Chigi. Sono timori palesati dalle parole di Roberto Formigoni, governatore lombardo: "Siamo pronti a farci carico di spiegare alcuni tagli ai cittadini, ma non vogliamo dover essere costretti a tagliar loro la testa". Proprio per l’impegno a Palazzo Madama, Errani e Polverini sono arrivati in lieve ritardo all’assemblea Coldiretti. In tempo, però, per sentire Tremonti scagliarsi contro lo "scandaloso percorso" nella gestione delle risorse Ue al Sud: "Dei fondi sul programma 2007/13 – ha spiegato – questi signori hanno speso solo 3,6 miliardi. Mentre cresceva la protesta contro i tagli, aumentavano i capitali non usati. Più il Sud declinava, più i fondi salivano. Questa cosa è di una gravità inaccettabile". E lo sarà ancor di più valutando che "siccome i soldi per il Sud saranno di più e non di meno nei prossimi anni, non si può continuare con questa gente che sa solo protestare e non sa dare servizi". Sul tema è intervenuto anche il ministro per i Rapporti regionali, Raffaele Fitto, che propone una "nuova agenda per il Sud" sostenendo che Tremonti "mette a nudo una dura realtà". Controversa però, a sentire Vendola, per il quale "è evidente che la "cialtroneria" delle Regioni meridionali ha prodotto comunque performance migliori, come capacità di spesa, rispetto ai responsabili delle misure gestite direttamente dai ministeri". E anche Raffaele Lombardo, presidente della Sicilia, ha risposto, piccato, che "i cialtroni vanno cercati altrove". Ed Errani ha ricordato il "necessario rispetto fra le istituzioni".

Eugenio Fatigante

 

 

2010-07-02

2 Luglio 2010

POLITICA ECONOMICA

Fondi Ue al Sud, Tremonti:

"Basta cialtronerie"

Dura requisitoria del ministro dell'Economia Giulio Temonti contro la classe politica delle Regioni meridionali che non sa spendere i soldi messi a disposizione dall'Unione europea. "Ieri ho incontrato il commissario europeo per i Fondi regionali - ha raccontato Tremonti all'assemblea della Coldiretti - È uno scandalo pauroso quello prodotto dalle Regioni meridionali. Lo stanziamento sul programma comunitario 2007-2013 era di 44 miliardi di euro. Questi signori ne hanno speso solo 3,6, solo 1/12".

"E mentre cresceva la protesta per i tagli subiti aumentava l'accumulazione dei capitale non usati e questa è una cosa di una gravità inacettabile. La colpa non è dell'Europa non è dei governi nazionali di destra o di sinistra, ma della cialtronaggine di chi ha i soldi e non li spende. E siccome i soldi per il Mezzogiorno saranno di più e non di meno nei prossimi anni non si può continuare con questa gente che sa protestrare, ma non sa fare il servizio pubblico per i cittadini".

Anche il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, intervenendo dopo il ministro dell'Economia, ha puntato il dito sulla scarsa trasparenza nel Mezzogiorno: nel Sud, "in agricoltura, l'occupazione cresceva malgrado la crisi. È un segnale di qualche cosa che non va", ha detto Sacconi sollecitando le associazioni del settore ad aiutare il governo "a portare maggiore trasparenza".

Non è tardata la risposta di del presidente delle Regioni Vasco Errani che ha sottolineato come se si "guarda alle Regioni che non stanno spendendo bene, bisogna anche guardare il perché. Hanno responsabilità loro così come hanno responsabilità serie gli enti dello Stato pagatori dei progetti delle regioni meridionali".

Dopo il botta e risposta tra il ministro Tremonti e il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani durante l'assemblea nazionale della Coldiretti, anche il ministro delle Politiche agricole Giancarlo Galan è intervenuto sui fondi europei stanziati per il Sud Italia. "Quando si parla di agricoltura italiana - ha spiegato - va detto che ci sono 1.114 milioni di euro che mancano all'appello e che rischiano di essere restituiti all'Unione europea". E rivolgendosi a Vasco Errani: "Questo non va bene, si può giustificare tutto, ma non l'incapacità, l'incompetenza, l'impreparazione di chi non è in grado di spendere i soldi e li restituisce a Bruxelles". Secondo Galan, chi non ha saputo utilizzare i fondi europei "ha fatto un triplice misfatto: buttare via dei soldi, azzerare la credibilità dell'Italia in caso di richiesta di fondi all'Ue e, qualcosa di ancora peggio, perchè nei nuovi criteri della Pac c'è la capacità della spesa storica e come posso andare a chiedere dei soldi se non ho speso quelli che già mi sono stati dati?".

Tremonti nelle ultime settimane ha avuto forti polemiche con le Regioni italiane soprattutto a causa dei tagli ai trasferimenti previsti dalla manovra 2011-12. Dopo gli attacchi del presidente e del governatore della Lombardia Roberto Formigoni, i governatori di cinque Regioni del Centro-Sud amministrate dal centrodestra hanno scritto una lettera a Tremonti per chiedere una trattativa sulla revisione dei tagli ai trasferimenti previsti dalla manovra.

LA NOTA CONGIUNTA DEI VICEPRESIDENTI UDC

"I toni usati dal ministro Tremonti contro le classi dirigenti del sud appaiono eccessivi e fuori luogo, specialmente in un momento in cui le nuove Giunte regionali del centro-sud muovono i primi passi. Non è con le polemiche e con gli insulti che si risolverà un problema, quello del corretto utilizzo dei fondi Ue, che va invece trattato con la massima serietà e coesione nazionale". È quanto affermano, in una nota congiunta, i vicepresidenti Udc delle Regioni Lazio, Campania, Basilicata, Luciano Ciocchetti, Giuseppe De Mita, Agatino Mancusi e il presidente del Consiglio regionale Calabria, Francesco Talarico. "È indubbio infatti - aggiungono i quattro vicepresidenti centristi- che sia i fondi gestiti al centro che quelli in periferia siano spesso amministrati male o non diretti affatto, e che la loro gestione venga comunque portata avanti in accordo tra i ministeri e le Regioni: si tratta quindi di un problema nazionale e non certo riconducibile al nord, al centro o al sud".

"L'Udc - si legge nella nota- vuole dare il suo contributo nelle amministrazioni regionali per eliminare sprechi e disservizi e per sfruttare a pieno le grandi opportunità che concede l'Europa. Le generalizzazioni del ministro Tremonti - concludono - non solo non servono a nulla, ma alimentano solo sfiducia da parte dei cittadini nei confronti di una classe politica che è stata eletta per riscattare il centro-sud da anni di amministrazioni disastrose".

 

 

 

 

2 Luglio 2010

TAGLI

Manovra, Regioni preoccupate

"ma disponibili al confronto"

Si è svolto questa mattina l'incontro tra il presidente del Senato, Renato Schifani, e una delegazione dei presidenti delle Regioni, guidata dal presidente della Conferenza Vasco Errani accompagnato dai presidenti della Lombardia, Roberto Formigoni, e del Lazio, Renata Polverini. I governatori hanno rappresentato al presidente del Senato le loro preoccupazioni insieme "alla loro disponibilità al confronto sulla riduzione della spesa a condizione che essa sia proporzionale alla riduzione della spesa statale".

"Trasmetterò alla presidenza del Consiglio queste preoccupazioni. Ma non rientra nel mio ruolo una valutazione politica di merito - ha detto Schifani -. Garantirò ampio dibattito in commissione e in aula perchè ci siano tempi e spazi per gli approfondimenti opportuni".

"Abbiamo espresso al presidente Schifani una fortissima preoccupazione e allarme - ha spiegato il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani -. Noi siamo pronti a fare la nostra parte. Riteniamo la manovra necessaria ma nel rispetto dei saldi riteniamo che sia bene che ciascun livello istituzionale faccia la sua parte mentre ora la manovra è squilibrata verso gli enti locali di cui si taglia l'80% dei servizi".

"Siamo pronti a farci carico di spiegare la necessità di alcuni tagli ai cittadini, ma non vogliamo dover essere costretti a tagliare la testa ai cittadini" perchè se la manovra resta invariata "potremmo essere costretti a tagliare alcuni servizi essenziali come il trasporto pubblico o l'assistenza alle famiglie". Lo ha detto il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, al termine dell'incontro con il presidente del Senato, Schifani.

Parlando del federalismo fiscale, il presidente della Regione Lombardia ha aggiunto che "noi governatori ci siamo sempre battuti per il federalismo fiscale che riteniamo essenziale" ma "crediamo vada realizzato seguendo la legge 42 (la legge delega sul federalismo fiscale ndr) altrimenti temo non si vada sulla strada giusta".

Della delegazione faceva parte anche la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. "Abbiamo rappresentato al presidente Schifani una posizione condivisa da tutti i governatori" sulla manovra "a cui io ho voluto aggiungere altre osservazioni in particolare sulla relazione del Tesoro sul federalismo fiscale, sulla questione dei piani di rientro e del patto di stabilità", ha detto Polverini. Questi elementi che, ha sottolineato la Polverini, "rischiano di mettere in ginocchio le regioni", per questo "serve un colloquio istituzionale per permettere alle regioni di compiere il loro ruolo".

 

 

 

 

1 Luglio 2010

PREVIDENZA

Pensioni, riforma-choc

Poi il governo corregge

Per andare in pensione, dal 2016, non basteranno più i 40 anni di contributi. È quanto prevede l'emendamento del relatore alla manovra e che fra l'altro innalza l'età pensionabile delle donne nella pubblica amministrazione. Ma sulla questione il governo ha subito corretto il tiro. "E' stato solo un refuso, lo cancelleremo", ha detto il ministro del Lavoro Maurizio Saconi. La novità era una conseguenza delle misure che prevedono che dal primo gennaio 2016 scatti l'adeguamento fra l'età pensionabile e la speranza di vita calcolata dall'Istat e si "somma" agli effetti analoghi prodotti dall'introduzione della cosiddetta "finestra mobile" prevista dalla manovra.

In attuazione - si legge nell'emendamento - del decreto legge dello scorso anno che già interveniva sul fronte previdenziale si stabilisce che "a decorrere dal primo gennaio 2016 i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva e il requisito contributivo di 40 anni ai fini del conseguimento del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica sono aggiornati a cadenza triennale con decreto direttoriale del ministero del lavoro di concerto con il ministero dell'economia da emanarsi almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento".

Sull'emendamento del relatore della manovra, Antonio Azzolini, sia la Cgil con Vera Lamonica segreterio confederale sia la Cisl con il leader Raffaele Bonanni avevano espresso un giudizio "molto negativo". IL governo ha però poi smentito l'intenzione di modificare il requisito dei 40 anni, promettendo di correggere l'emendamento.

 

 

 

 

2010-07-01

1 Luglio 2010

PREVIDENZA

Pensioni: non basteranno

più 40 anni di contributi

Per andare in pensione, dal 2016, non basteranno più i 40 anni di contributi. È quanto prevede l'emendamento del relatore alla manovra e che fra l'altro innalza l'età pensionabile delle donne nella pubblica amministrazione. La novità è una conseguenza delle misure che prevedono che dal primo gennaio 2016 scatti l'adeguamento fra l'età pensionabile e la speranza di vita calcolata dall'Istat e si "somma" agli effetti analoghi prodotti dall'introduzione della cosiddetta "finestra mobile" prevista dalla manovra.

In attuazione - si legge nell'emendamento - del decreto legge dello scorso anno che già interveniva sul fronte previdenziale si stabilisce che "a decorrere dal primo gennaio 2016 i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva e il requisito contributivo di 40 anni ai fini del conseguimento del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica sono aggiornati a cadenza triennale con decreto direttoriale del ministero del lavoro di concerto con il ministero dell'economia da emanarsi almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento".

Sull'emendamento del relatore della manovra, Antonio Azzolini, Vera Lamonica segreterio confederale della Cgil esprime un giudizio "molto negativo"; in particolare sulla parte che sottopone all'adeguamento alle aspettative di vita anche il requisito dei 40 anni di contributi. "L'emendamento - spiega Lamonica - peggiora la situazione perchè un lavoratore con 40 anni di contributi incappa non solo nella finestra mobile, che significa l'allungamento di un anno, ma anche nell'applicazione dei coefficienti sull'attesa di vita. Nel mentre dal lavoro oltre i 40 anni non ricevono nessun beneficio contributivo cioè vanno in pensione dopo ma i contributi non producono nulla".

 

 

 

 

2010-06-23

23 Giugno 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra, il ministro Tremonti

apre a modifica Patto di stabilità

Disponibilità a rivedere i criteri del Patto di stabilità, possibilità di una maggiore liquidità sui residui passivi per il 2010, nonchè di rivedere la distribuzione dei tagli previsti sulla manovra. E poi la service tax, o Imu, una tassa unica sugli immobili che non dovrebbe riguardare le prime case e potrebbe scattare nel 2012.

La manifestazione di protesta degli amministratori locali (sindaci in prima linea, ma anche le Province e le Comunità montane) in piazza Navona a Roma, gli incontri con il ministro Maroni prima, poi con il presidente del Senato Schifani e infine - quello decisivo - con il ministro Tremonti hanno prodotto i primi effetti facendo intravvedere la possibilità di un alleggerimento della manovra tanto contrastata dagli enti locali ai quali verrebbero chiesti sacrifici insostenibili.

"Con la giornata di oggi - afferma Chiamparino, sindaco di Torino e presidente dell'Anci (l'Associazione dei Comuni italiani) - possiamo dire di aver smosso le acque". Sul federalismo, innanzitutto, i cui decreti attuativi sarebbero in dirittura d'arrivo. "Aspettiamo di essere convocati entro breve per conoscere il testo del decreto che dovrebbe restituire autonomia impositiva ai Comuni".

Proprio facendo camminare insieme manovra e federalismo fiscale, spiega Chiamparino, "potrebbe essere possibile ottenere un alleggerimento della manovra per i Comuni". C'è disponibilità, anche a tentare una via per sbloccare dopo l'estate il 4% dei residui passivi che i Comuni hanno in cassa". Sulla manovra in sè, avverte però Chiamparino, "siamo ancora su posizioni interlocutorie: abbiamo cercato di impostare un percorso che porti ad una redistribuzione del peso dei sacrifici".

C'è poi l'Imu o service tax, proposta a suo tempo proprio dall'Anci, allo studio del governo: "Credo di poter dire che si tratti di quello che avevamo proposto. L'obiettivo - ha precisato - è di farla entrare in vigore realisticamente entro il 2012. C'é una disponibilità a lavorare in pochissimi giorni al decreto legislativo". L'ipotesi fin qui emersa sarebbe quella di accorpare molte altre tassazioni nazionali che vengono pagate intorno agli immobili e fare un'unica imposta locale le cui aliquote dovrebbero essere determinate dai Comuni "con la possibilità di aggregare anche altre imposte locali - ha concluso Chiamparino - per semplificare la vita ai cittadini".

Prime "importanti aperture" anche alle richieste delle Province: "Il ministro Tremonti - ha detto il presidente dell'Upi (Unione Province d'Italia) Giuseppe Castiglione - ci ha assicurato che saranno riviste le modalità del taglio dei trasferimenti. Inoltre ha accolto la richiesta di modificare il Patto di stabilità, introducendo meccanismi di premio per le amministrazioni che si sono dimostrate virtuose rispetto alla riduzione dell'indebitamento o all'incidenza delle spese di personale.Il ministro ha accettato poi di rivedere, in autunno, i vincoli del Patto di stabilità, per liberare parte di quei 2,6 miliardi di residui passivi che oggi sono bloccati nelle casse e che invece devono essere destinati agli investimenti. Il ministro Calderoli - ha concluso Castiglione - ci ha assicurato che il decreti attuativi del federalismo fiscale, in particolare quello che assegna autonomia tributaria a Province e Comuni, sono in dirittura d'arrivo".

 

 

2010-06-22

22 Giugno 2010

POLITICA ECONOMICA

Tassa sugli introiti bancari

Germania, Gran Bretagna e Francia introducono insieme una tassa sugli introiti delle banche, sia per fare fronte ai loro problemi di bilancio, che per meglio affrontare eventuali future nuove crisi del sistema finanziario, e sollecitano gli altri Paesi del G20 a fare altrettanto. "I governi di Francia, Gran Bretagna e Germania propongono di introdurre tasse bancarie basate sui bilanci delle banche", si legge in un comunicato congiunto.

Tasse che "avranno lo scopo di assicurare che le banche contribuiscano in modo onesto in funzione del rischio che pongono al sistema finanziario e all'economia più ampia, e per incoraggiare le banche ad aggiustare i loro bilanci in modo da ridurre tale rischio", si legge inoltre.

Il cancelliere dello Scacchiere britannico, George Osborne, ha annunciato l'introduzione di tali imposte a partire dal primo gennaio del 2011. La Francia introdurrà una misura simile nel suo prossimo bilancio il prossimo autunno, la stessa cosa la Germania, quest'estate.

 

 

 

 

21 GIUGNO

MANOVRA

Condoni, il Pdl ci prova

ma il governo stoppa

Durano il tempo d’un temporale estivo i tentativi di riaprire i termini per il condono edilizio e per quello fiscale e tombale. Ma torna anche, sotto forma di emendamento, il decreto del governo che propone di sospendere la demolizione di edifici abusivi in Campania stoppato alla Camera due settimane fa.

In proclami e voci i condoni su casa e tasse entrano ed escono a ripetizione dall’impianto della manovra correttiva. Ma nella pioggia di emendamenti ne spunta uno del Pdl che, nero su bianco, addirittura prevede l’estensione della sanatoria alle aree protette da vincoli paesaggistici. Fino al 31 marzo 2010. Anche in presenza di un "no" delle amministrazioni a precedenti richieste.

Alzano un muro le opposizioni. Ma anche dalla maggioranza arriva più di un mugugno, con il finiano Fabio Granata. Il governo è costretto a smentire categoricamente. Dribbla i giornalisti il ministro dell’economia Giulio Tremonti, che si trincera dietro la posizione espressa dal suo sottosegretario Luigi Casero. Il quale nega un’approvazione delle iniziative su entrambi i fronti. Soprattutto sul tema degli abusi edilizi interviene il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti. Il portavoce di Silvio Berlusconi parla di "trovata propagandistica" dell’opposizione, che fa passare per legge un semplice emendamento. Del quale il gruppo al Senato chiede subito il ritiro. "Non vi saranno condoni di alcun genere", assicurano i vertici pidiellini a Palazzo Madama.

A combinare il patatrac su ambedue i fronti i senatori Paolo Tancredi, Cosimo Latronico e Gilberto Pichetto Fratin. Il primo fa mea culpa. E ammette di aver firmato molti emendamenti in gran fretta. Uno, ad esempio, stabilisce che in caso di confisca di edifici abusivi, il responsabile possa avere diritto di prelazione nelle aste. Proposte che è stato possibile presentare, spiega Gaetano Quagliariello vicecapogruppo, perché lo screening è stato rimandato a una seconda fase, con un’apposita commissione. Ne resterà in piedi un "numero estremamente limitato". E "nessun condono fiscale e edilizio resisterà al controllo", promette.

Durissime le opposizioni. Ermete Realacci (Pd) parla di "attrazione fatale del Pdl per l’abusivismo e l’illegalità". Un condono "non manca mai", aggiungono i colleghi di partito Roberto Della Seta e Francesco Ferrante. Stesse parole usate da Felice Belisario (Idv). "Atto criminale", attacca il verde Angelo Bonelli. "Morirebbe sul nascere la nostra disponibilità" a sostenere la manovra, minacciano i rutelliani. "I cittadini non potrebbero tollerare una nuova sanatoria a favore dei disonesti", osserva Pier Ferdinando Casini leader dell’Udc.

"I condoni edilizi non servono", sottolinea Emma Marcegeglia, presidente di Confindustria. Sul piede di guerra, infine, le associazioni ambientaliste. "La banda del mattone selvaggio colpisce ancora", il commento di Legambiente. Di "vera scelleratezza" parlano Wwf e Fai.

Gianni Santamaria

 

 

 

2010-06-18

18 Giugno 2010

POLITICA ECONOMICA

Draghi: "Troppe regole

un ostacolo per le imprese"

Le regolamentazioni eccessive costituiscono un ostacolo per le imprese, per la concorrenza e per la crescita. Lo ha spiegato il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nella lectio magistralis pronunciata al Cuoa per il conferimento di un master honoris causa in Business Administration. "Una regolamentazione eccessiva o di cattiva qualità per le imprese costituisce un fattore di ostacolo alla concorrenza e alla crescita economica", ha spiegato.

La maggior parte degli indicatori diffusi dall'indagine Doing Business della Banca Mondiale sul peso degli oneri burocratici per le imprese, ha aggiunto Draghi, "mostra come non sia facile fare impresa in Italia", perchè emerge "un quadro di debolezza rispetto alle città straniere" frutto di una regolamentazione nazionale inefficiente e costosa.

Sulla redditività delle imprese italiane pesa un carico fiscale più elevato di quello internazionale, e questa situazione è aggravata dal peso dell'economia sommersa rispetto al Pil, ha detto ancora Draghi. "Pesa sulla redditività delle imprese italiane e quindi anche su quelle del Nord Est un carico fiscale elevato nel confronto internazionale - ha spiegato Draghi -. Nel 2008 per le imprese dell'industria manifatturiera del Nord Est l'incidenza del prelievo sugli utili lordi si collocava attorno al 43%, livello superiore di circa 15 punti rispetto a quelli di regioni come la Catalogna, il Rodano-Alpi e le Fiandre", ovvero di quelle regioni d'eccellenza a livello europeo con cui, secondo il Governatore, il Nord Est si deve confrontare.

Questa situazione, ha aggiunto l'inquilino di Palazzo Koch, è aggravata dalla "diffusione dell'economia sommersa", che rende più pesante "il fardello della fiscalità per i contribuenti onesti". "Nel Nord Est il peso dell'economia sommersa in rapporto al Pil, pur più contenuto rispetto alla media nazionale, è superiore a quelli di Francia, Germania e Regno Unito", ha illustrato Draghi.

 

 

 

18 Giugno 2010

FIAT

Marchionne: piano Pomigliano

senza uguali in Europa

Nelle trattative sindacali occorre un interlocutore unico e non una decina come accade in Italia, dove la Fiat è impegnata in una trattativa con le associazioni dei lavoratori "sballata", fuori dal tempo e dalla realtà.

Lo ha detto l'ad di Fiat Sergio Marchionne a margine di un evento organizzato dal Cuoa, a pochi giorni dal referendum del 22 giugno dello stabilimento di Pomigliano dove la casa automobilistica vorrebbe trasferire la produzione della nuova Panda a patto però che le organizzazioni sindacali e i lavoratori accettino pienamente l'accordo.

"Noi abbiamo bisogno come in America di un solo interlocutore con cui parlare e non di 12. Anche il fatto che i nostri operai si siano divisi in gruppetti ci costringe a parlare (con tutti), dà fastidio e non è la cosa più efficiente", ha detto il manager italo-canadese. "Non si può andare avanti così, se per portare una macchina in Italia bisogna parlare con dieci persone. È una cosa incredibile, mai vista", ha detto Marchionne.

Il manager ha voluto mettere in evidenza la decisione di Fiat, fatto unico nel panorama europeo, di riportare la produzione dai Paesi dell'Est al proprio. "Il problema è che stiamo cercando di portare avanti un progetto industriale italiano che non ha equivalenti nella storia dell'Europa: non conosco nessuna azienda in Europa che è stata disposta e capace e ha avuto il coraggio di spostare la produzione da un Paese dell'Est di nuovo in Italia", ha aggiunto, evidenziando il rischio che l'industria manifatturiera italiana scompaia.

"Se la vogliamo ammazzare me lo dite. Lo facciamo, sono disposto a fare quello che vogliono gli altri. Stiamo facendo discussioni sui giornali, televisioni eccetera, su principi di ideologia che ormai non hanno più corrispondenza con la realtà. Parliamo di storia vecchia di 30, 40, 50 anni fa. Parliamo del padrone contro il lavoratore, cose che non esistono più! Non mi riconosco come industriale nei discorsi fatti dalla Fiom: questa non è la Fiat che gestiamo noi, non è la Fiat che esiste. Parliamo di mondi diversi. È proprio un discorso completamente sballato".

"Se la Fiat non avesse voluto bene a questo Paese non avrebbe mai fatto una mossa simile, 20 miliardi di investimento, un raddoppio della produzione in Italia, stiamo discutendo un discorso teorico su un affronto alla Costituzione italiana, stiamo scherzando".

A chi chiedeva del rischio cassa integrazione a luglio, Marchionne ha risposto: "Non lo so, stiamo valutando, tutto dipende dal mercato. Stiamo cercando di fare del nostro meglio, ma il mercato è quello che è".

 

 

 

18 Giugno 2010

ECONOMIA E POLITICA

Manovra, sindaci sul piede di guerra

Il 23 giugno protesta davanti al Senato

Potrebbe essere Gianni Alemanno a guidare la "marcia su Roma" dei sindaci italiani. Il primo cittadino della Capitale è tra gli oltre ottomila scontenti pronti a mobilitarsi il 23 giugno davanti al Senato, in coincidenza con la Conferenza Stato-città che deve discutere delle proposte di emendamenti avanzate dall’Anci. Ieri una rappresentanza è salita al Colle per spiegare al presidente della Repubblica gli effetti della manovra sugli enti locali e le conseguenze per i cittadini. La richiesta al governo è di una nuova convocazione per riaprire il confronto.

Giornata intensa, dunque, quella di ieri, iniziata con un direttivo dell’Anci sulla manovra e chiusa dall’incontro con Napolitano, che – racconta il presidente dell’Associazione Sergio Chiamparino – "si è dimostrato estremamente attento e particolarmente sensibile alle esigenze dei Comuni. Mi pare di potere dire che le nostre richieste siano state recepite dal presidente". Una speranza in cui confida l’Anci, visto che, ricorda lo stesso sindaco di Torino, il capo dello Stato "ha nella sua normale attività colloqui con il governo e le rappresentanze politiche". E tra le parole di conforto già spese dall’inquilino del Quirinale, racconta Chiamparino, "il presidente ci ha rafforzato nella nostra convinzione che i Comuni sono l’anello indispensabile alla catena che collega rappresentanze della politica, istituzioni e cittadini e ci ha sollecitato a spiegare bene al governo quali potrebbero essere le conseguenze della manovra sui Comuni".

I sindaci non si faranno pregare. Piuttosto chiamano in supporto anche Regioni e Province nonché tutte le associazioni, categorie sociali ed economiche ed altre istituzioni che "nei territori hanno avvertito e avvertono ogni giorno le conseguenze di un ruolo dei comuni sempre più mortificato e penalizzato dalle decisioni del governo". Con la manovra – è in sintesi l’allarme dell’Anci – c’è il pericolo di produrre "un effetto depressivo sul sistema economico e sociale, con riduzione degli stessi livelli occupazionali".

Anche i comuni sono disposti a rivedere i punti che li riguardano tenendo fermo il saldo fissato da Tremonti. Le ipotesi fatte dai sindaci sono un riequilibrio dei tagli di spesa fra i livelli di governo, con una maggiore riduzione delle spese di funzionamento dei ministeri. Una significativa riduzione del peso finanziario a carico della manovra a partire dal 2010. L’attribuzione di una quota certa delle risorse che saranno recuperate dal contrasto dell’evasione fiscale.

Quello che è certo, concordano Alemanno e Chiamparino, è che tra tutte le realtà locali i Comuni sono i più colpiti. Per contro, secondo il sindaco di Torno, a fronte del peggioramento della spesa pubblica, negli ultimi cinque anni "i Comuni hanno portato un miglioramento dei saldi di 2,5 miliardi di euro". Complessivamente, comunque, è del 90 per cento il peso calcolato dall’Anci sugli enti locali, con tanto di rischio per il decantato federalismo.

E tagliare proprio questo capitolo, significa, per Alemanno, andare a toccare una realtà già fortemente penalizzata, finendo per cumulare i tagli "con altri già operati".

Roberta D'Angelo

 

 

2010-06-17

17 Giugno 2010

CRISI

Ue: tassare le banche

e nuovi tagli se necessario

Tutti gli Stati dell'Unione Europea sono pronti, se necessario, a prendere misure aggiuntive per accelerare il risanamento di bilancio. È quanto si legge nel progetto di conclusioni del Consiglio Ue, discusso oggi dai capi di Stato e Governo dei 27. I Paesi dell'Unione, inoltre, dovrebbero introdurre un prelievo sugli istituti finanziari per far sì che contribuiscano al costo della crisi. Essi dovranno disporre di regole di bilancio e quadri di bilancio a medio termine in linea con il Patto di stabilità. Attenzione alla sostenibilità del debito, una delle raccomandazioni. E il taglio dei bilanci, ha detto il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, non deve soffocare la crescita. Merkel, tassare chi ha messo a rischio mercato

Nella bozza si legge ancora come nel mettere a punto nuove manovre "la priorità dovrebbe essere data a strategie di risanamento dei conti pubblici favorevoli alla crescita e imperniate soprattutto sul contenimento della spesa. Il miglioramento del potenziale di crescita dovrebbe essere considerato fondamentale per agevolare il risanamento dei conti pubblici nel lungo termine".

Nell'ambito delle procedure di sorveglianza sui bilanci pubblici deve essere data "un'importanza di gran lunga maggiore ai livelli di indebitamento e alla sostenibilità" come previsto inizialmente dal Patto di stabilità e di crescita. Trova così conferma l'apertura alla richiesta italiana di tenere conto, nella valutazione della dinamica dei conti pubblici, non solo del debito pubblico, ma anche di quello privato e in ogni caso di un dato aggregato che tenga conto di entrambi i fattori.

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE UE BARROSO

"Il taglio dei bilanci non deve soffocare la crescita": lo ha detto il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, sottolineando come "la crescita deve essere la nostra principale preoccupazione e la nostra priorità". Barroso - parlando al termine dell'incontro avuto col premier britannico, David Cameron prima dell'inizio del Consiglio Ue - ha quindi sottolineato gli sforzi compiuti dal Regno Unito per consolidare le proprie finanze pubbliche: "Credo che Londra - ha detto - stia prendendo la giusta medicina per l'attuale situazione".

IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRATTINI

"Sarebbe un buon segnale" quello di "introdurre una tassazione sulle transazioni finanziarie" perché sono state spesso "veicolo di speculazioni". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, nel corso di una replica durante un'audizione parlamentare in vista del Consiglio europeo che si terrà oggi a Bruxelles. Oltre al prelievo sulle banche, quindi, "sarebbe bene pensare a breve alle transazioni finanziarie", ha aggiunto Frattini.

LA CANCELLIERA MERKEL

"La Germania e anche la Francia sono molto favorevoli a tassare quelli che hanno provocato la crisi". Lo ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel giungendo al palazzo Justus Lipsius a Bruxelles dove si svolge il summit Ue. Secondo la leader tedesca, si dovranno mettere tasse "sulle banche e sulle transazioni finanziarie", perché, ha spiegato, "bisogna rendere i mercati finanziariamente più responsabili".

 

 

 

Home Page Avvenire > Economia > Bce: riforme strutturali cruciali per crescita e occupazione

Economia

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17 Giugno 2010

POLITICA ECONOMICA EUROPEA

Bce: riforme strutturali cruciali

per crescita e occupazione

La Bce invita ancora i governi a procedere nelle riforme strutturali per garantire una ripresa della crescita e dell'occupazione. La Banca centrale europea nel suo bollettino mensile avverte inoltre che "i Paesi che presentano problemi di competitività nonchè squilibri interni devono intervenire con urgenza". A tal fine, osserva l'Eurotower, le contrattazioni salariali dovrebbero consentire un opportuno aggiustamento dei salari alle condizioni di competitività e di disoccupazione. Altrettanto essenziali sono le misure tese a incrementare la flessibilità dei prezzi e la competitività non di prezzo.

Tra le riforme strutturali invocate dalla Bce per la ripresa della crescita e dell'occupazione l'istituto di Francoforte reputa "importante l'adeguata ristrutturazione del settore bancario". Situazioni patrimoniali

sane, un'efficace gestione del rischio, prosegue la Banca centrale, "e l'adozione di modelli imprenditoriali solidi e trasparenti sono indispensabili per potenziare la capacità di tenuta delle banche agli shock e assicurare un adeguato accesso ai finanziamenti, gettando le basi per la crescita sostenibile, la creazione di posti di lavoro e la stabilità finanziaria".

La Bce afferma poi che "non si possono escludere ulteriori aggiustamenti" nei bilanci delle banche e che queste "devono dimostrarsi capaci di incrementare la disponibilità di credito al settore non finanziario quando aumenterà la domanda. Per raccogliere tale sfida - suggerisce la Bce - le banche dovrebbero rafforzare ulteriormente la propria componente patrimoniale e ove necessario dovrebbero sfruttare appieno le misure di sostegno pubblico a favore della ricapitalizzazione".

 

 

 

 

 

17 giugno 2010

MANOVRA

Regioni, Berlusconi "doma" la protesta

Silvio Berlusconi si fa carico della patata bollente delle Regioni in rivolta per i tagli. Sono le 10 e 30 quando squilla il cellulare di Roberto Formigoni. Dall’altro capo del telefono il presidente del Consiglio (al quale Formigoni aveva fatto arrivare l’altra sera un appunto riservato): governatori convocati per un vertice, nel pomeriggio, a Palazzo Grazioli. Era stato, d’altronde, proprio il governatore della Lombardia il più duro, sull’incostituzionalità della manovra, sul federalismo messo a rischio. E Umberto Bossi quest’attivismo deve averlo subìto come un’invasione di campo: "Formigoni non deve esagerare, il federalismo fiscale non viene toccato", lo stoppava il senatur, da Torino.

Le parti sembrano invertite, sul federalismo. Il Pdl lancia l’allarme, mentre la Lega confida nello stellone dell’amico Giulio. "Fortunatamente – dice Bossi rivolto a Cota – lui conosce i giri romani e molto bene Tremonti, può benissimo andare a parlargli", lo incoraggia. Allo studio, da parte della Lega, ci sarebbe l’idea di un anticipo dell’introduzione dei costi standard previsti dal federalismo, a tutela delle regioni meno sprecone del Nord.

I governatori del Pdl si rivolgono invece, e con ben altra determinazione, a Berlusconi. Il Cavaliere, nel pomeriggio, ascolta con attenzione le argomentazioni di Formigoni e poi anche della Polverini, prendendo appunti per tutto il tempo, voce per voce: "Così saltano i servizi essenziali, i trasporti, i fondi per le politiche familiari, gli incentivi alle imprese, l’agricoltura", dice Formigoni. "Non possiamo pagare noi per i buchi lasciati dai precedecessori della sinistra", si inserisce la presidente del Lazio. "Terremo conto delle vostre ragioni", assicura alla fine Berlusconi. "Certo – aggiunge – vi rendete conto anche voi che il saldo finale della manovra non può essere toccato, perché abbiamo preso degli impegni con l’Europa, e in caso contrario l’Italia rischia il declassamento. Ma, qui ci sono i responsabili del partito e i capigruppo – conclude il premier –, e dò la mia parola che si farà in modo che il peso che grava sulle Regioni sia proporzionato allo sforzo di tutti gli altri. Vi farò sapere già dalla prossima settimana", promette il premier, mentre con un gesto significativo piega e infila in tasca il foglietto sul quale ha preso buona nota di tutte le voci a rischio: 674 milioni per gli incentivi alle imprese, 130 milioni del fondo per le politiche per la famiglia, 249 per l’agricoltura, solo per citare alcuni punti.

Conti senza l’oste, però, in assenza di Giulio Tremonti. Sarà anche per questo che il presidente della Lombardia, dopo la soddisfazione manifestata a Roma a conclusione di una due-giorni campale, al suo rientro a Milano avverte: "Attendiamo che il ministero dell’Economia riconvochi il Tavolo delle Regioni perché è lì che si devono verificare le correzioni alla ripartizione dei sacrifici, che così come sono rimangono del tutto squilibrati". "Serve un tavolo per chiarirci sui numeri", gli fa eco Renata Polverini. Ma intanto, trapela, già da stamattina al ministero dell’Economia sarà al lavoro un tavolo tecnico allargato ai tecnici delle Regioni per individuare soluzioni alternative.

"Questa manovra fa del male e non cura gli sprechi in sanità", si inseriscono nella protesta i senatori del Pd Emanuela Baio e Daniele Bosone: "Si tagliano 600 milioni sul personale sanitario, 600 milioni per il settore farmaceutico e 4,5 miliardi per le Regioni, così si mettono a rischio i livelli essenziali di assistenza". "Non si capisce questo accanimento verso le Regioni", insiste Anna Finocchiaro. "Ma si fa strada una riconsiderazione delle nostre ragioni", diceva più fiducioso, a nome delle Regioni, Errani, dopo un incontro, in mattinata, con i gruppi del Senato dove la manovra da 25 miliardi è attesa dal primo, difficile, scoglio.

Angelo Picariello

 

 

 

 

2010-06-16

16 Giugno 2010

ECONOMIA E LAVORO

Intesa a Pomigliano

Parola ai lavoratori

Tutto secondo copione. La retromarcia della Fiom non c’è stata e su Pomigliano si è arrivati all’accordo separato. Al progetto presentato da Fiat per trasferire dalla Polonia allo stabilimento campano la produzione della Panda dal prossimo anno, hanno detto "sì" – come anticipato già da giorni – la Fim Cisl, la Uilm, la Fismic e l’Ugl, annunciando un referendum per il 22 giugno fra i lavoratori. L’ultima parola toccherà infatti ai veri protagonisti della vertenza. Decideranno loro se dare, come concordato fra sindacati e azienda, il via libera al piano di investimento messo in campo dall’Ad del Lingotto, Sergio Marchionne, per 700 milioni di euro. Un piano che assicurerà un futuro solido allo stabilimento e ai suoi lavoratori. Almeno questo credono i segretari generali di Fim, Uilm e Fismic, rispettivamente Giuseppe Farina, Rocco Palombella e Roberto Di Maulo e il vicesegretario nazionale dei metalmeccanici dell’Ugl, Antonio D’Anolfo, firmando l’accordo davanti al responsabile delle relazioni industriali di Fiat, Paolo Rebaudengo. "Abbiamo assicurato il lavoro a Pomigliano d’Arco e messo in sicurezza il progetto della Fiat per l’aumento della produzione di auto in Italia", ha detto il leader della Fim, Farina. Con il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che evidenzia soddisfatto: quello dell’azienda torinese sarà "il primo grande investimento in Italia in tempo di crisi".

La Fiat ha accettato – così come richiesto dai sindacati nell’incontro di venerdì scorso – l’inserimento di un punto, il 16esimo, relativo alla istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni. Una concessione che non è bastata alla Fiom, arrivata all’incontro con le idee chiare – che non si discostano di un millimetro da quelle dei giorni scorsi nonostante il pressing interno della segreteria nazionale della Cgil: "Se la Fiat si decide a cambiare quei punti che noi riteniamo illegittimi (quelli relativi soprattutto all’assenteismo e al diritto di sciopero, ndr), questa trattativa possiamo farla riaprire e chiudere molto rapidamente. Se questo non avverrà, vedremo come si muoverà la Fiat e come le altre organizzazioni sindacali", ha affermato il responsabile del settore Auto di Fiom, Enzo Masini, prima di entrare in Viale dell’Astronomia. La Fiom si è detta contraria anche alla consultazione fra i lavoratori. Il segretario nazionale, Giorgio Cremaschi, ha ribadito: "Il referendum va adottato sui diritti disponibili, ma se chiede di rinunciare al diritto di sciopero, diciamo no. Quelle rinunce non sono a disposizione di un referendum di una singola fabbrica".

Non la pensano così evidentemente le altre sigle, che dopo aver confermato il proprio "sì", hanno lanciato il referendum tra i lavoratori che si terrà il prossimo martedì. "La Fiat ci ha detto – ha affermato Palombella della Uilm – che sbloccherà gli investimenti quando la stragrande maggioranza dei lavoratori dirà sì all’intesa. I lavoratori devono capire che la posta in gioco è molto alta e che l’accordo di oggi non sblocca gli investimenti che sono legati al sì dei lavoratori". Le sensazioni dei delegati sindacali e di chi conosce lo stabilimento è che questo accordo gli operai lo vogliano. Eccome. Dopo due anni di Cassa integrazione a 730 euro al mese, i cinquemila lavoratori vogliono tornare alla "normalità". Così dal referendum potrebbe arrivare una risposta plebiscitaria che isolerebbe fortemente la Fiom. Ma darebbe il pieno e definito via libera all’investimento di rilancio di Fiat. Con buona pace di tutto il territorio campano. E non solo.

Giuseppe Matarazzo

 

 

 

15 Giugno 2010

ECONOMIA

Antitrust: ok a modifiche

Costituzione per libertà d'impresa

Parere positivo dell'Antitrust alla modifica dell'articolo 41 e dell'articolo 118 della Costituzione per favorire una maggiore liberta' economica. Nella relazione annuale al Parlamento il Garante della concorrenza ha espresso il ''favore'' dell'Autorita' ''per le recenti dichiarazioni del governo sulla volonta' di aprire una nuova stagione di liberalizzazioni. Ben vengano - ha detto - le riforme costituzionali utili a tal fine''. La strada per le riforme puo' essere intrapresa, secondo Antonio Catricala', partendo da una legge ordinaria, cosi' come indicato dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: ''Condividiamo la necessita' di anticiparne gli effetti con legge ordinaria, che garantisca a chiunque il diritto di intraprendere senza oneri burocratici''. Per il Garante ''c'e' anche l'urgenza di consentire alle nuove imprese e a quelle gia' esistenti di crescere e produrre ricchezza. Va quindi riformato il contesto di mercato oggi ostile al pieno esercizio dell'iniziativa economica. Lo strumento c'e', - ha detto parlando della necessaria legge sulla concorrenza - le idee non mancano, occorre tradurle senza ulteriore indugio in norme e fatti concreti''.

URGENTE INIEZIONE CONCORRENZA, SUBITO LEGGE - L'Antitrust reclama ''l'iniezione di dosi massicce di concorrenza'' come antidoto alla crisi perche' il Paese non puo' piu' ''pagare il prezzo di politiche anticompetitive''. Per questo e' urgente l'approvazione ''in tempi certi, come accade per la manovra di bilancio e finanziaria'' della legge annuale sulla concorrenza passando dalle parole ''a fatti concreti'', ha affermato il Garante indicando come ''prioritari'' interventi nei settori della poste, dei trasporti, dell'energia e della finanza. ''Il termine di legge previsto per l'approvazione del progetto in Consiglio dei ministri - ha osservato - e' scaduto, ma il disegno governativo non e' stato ancora presentato''.Catricala' ha quindi evidenziato il conto dei ritardi italiani. Nel nostro Paese ''i costi degli input produttivi sono piu' alti della media europea: 28% in piu' per l'energia elettrica, 6% in piu' per i fidi, 100% per la responsabilita' civile automobilistica''. L'adeguamento dei costi a quelli dei nostri vicini ''dara' respiro alla grande industria e ai distretti; consentira' prezzi piu' bassi; rendera' probabile l'aumento dei consumi delle famiglie''. Ma perche' cio' accada ''e' necessario iniettare nel sistema dosi massicce di concorrenza'', ha ribadito passando in rassegna lo stato della concorrenza nei singoli mercati.

ENERGIA: necessario il potenziamento delle interconnessioni di rete. ''Nonostante sia avanzato il grado di liberalizzazione dei mercati elettrici, - ha detto Catricala' - vi sono zone del Paese (come la Sicilia, ndr) sostanzialmente isolate nelle quali si formano artificiose posizioni dominanti''. Nel gas ''occorre aumentare la capacita' di stoccaggio'' e favorire l'attivazione di nuovi rigassificatori ''affinche' la materia prima abbia accesso alla rete nazionale senza l'intermediazione dell'incumbent''. Lo schema di decreto sugli stoccaggi ''si muove verso questo obiettivo, a condizione che si adottino cautele per limitare l'azione dell'impresa dominante nella gestione delle nuove quantita'''.

TLC: va recuperato il ritardo nello sviluppo della rete di nuova generazione per la banda larga. L'Autorita' ''non e' pregiudizialmente contraria a ipotesi di cooperazione tra imprese rivali, purche' siano garantite l'assenza di pratiche nocive per la concorrenza e la neutralita' nella gestione della rete. Le regole di governance dovranno a tal fine essere valutate dall'Antitrust''. SERVIZI PUBBLICI LOCALI: secondo Catricala', ''rimangono saldamente in mano alle imprese ex municipalizzate e i meccanismi della competizione per il mercato stentano ad affermarsi''. La recente riforma ''ha due punti di forza: impone l'obbligo generalizzato della gara e definisce direttamente a livello legislativo una precisa cronologia. Il punto di debolezza si nasconde pero' dietro l'angolo ed e' la facilita' con cui possono insinuarsi proroghe''.

CREDITO: di fronte alla crisi ''le banche italiane si sono dimostrate piu' solide di quelle di altri Paesi. Tuttavia, all'indubbia qualita' si associa una perdurante debolezza degli stimoli competitivi''. In particolare, ''l'intensita' degli intrecci azionari e personali tra imprese concorrenti frena le spinte concorrenziali''.

RC AUTO: ''nonostante le recenti riforme, i premi continuano a salire secondo dinamiche non chiare''. Per questo l'Autorita' ha da poco aperto un'indagine conoscitiva.

TRASPORTO FERROVIARIO: il settore ''e' chiuso agli stimoli competitivi''. E' necessario ''istituire un sistema di regolazione tecnicamente adeguato e indipendente, senza il quale i vantaggi della liberalizzazione stenteranno ad affermarsi''.

AUTOSTRADE E AEROPORTI: ''concessioni a scadenza lontana, associate alla debolezza strutturale della vigilanza, pregiudicano la concorrenza''. Sorte analoga stanno subendo le gestioni aeroportuali, anch'esse monopoli naturali. Secondo il Garante, ''sarebbe stata buona regola individuare il soggetto gestore attraverso procedure selettive per periodi adeguati al livello degli investimenti, non piu' lunghi''.

POSTE: il diritto comunitario, ha ricordato Catricala', impone, a partire da fine 2010, l'eliminazione della riserva come strumento di finanziamento del servizio universale. ''Occorre pertanto definire la cornice normativa all'interno della quale potrebbero svilupparsi innovative esperienze imprenditoriali''.

SERVIZI PRIVATI: Il decreto attuativo della direttiva comunitaria sui servizi nel mercato interno ''rappresenta un miglioramento dello status quo ma appare nel complesso timido, espressione in fondo di una cultura burocratica sospettosa nei confronti dell'iniziativa economica privata. Le prestazioni professionali rappresentano una parte importante dei servizi forniti a consumatori e imprese e, in termini di costi, una voce particolarmente incisiva, da non aggravare con riforme anacronistiche''.

INCROCI AZIONARI-PERSONALI STOP CONCORRENZA BANCHE - ''L'intensita' degli intrecci azionari e personali tra imprese concorrenti costituisce una peculiarita' nazionale che frena le spinte concorrenziali, riduce la contendibilita' del controllo e attenua il rapporto tra capitale di rischio investito e responsabilita''' nel settore bancario. E' la denuncia del presidente dell'Antitrust, secondo il quale ''nel settore finanziario sono ancora troppo frequenti le ipotesi di controllo di fatto, dissimulato da partecipazioni di minoranza. E cio' - ha affermato nella relazione annuale al Parlamento - consente gestioni imprenditoriali per le quali risulta indebolita la disciplina del mercato'. ''La domanda, d'altro lato, e' caratterizzata da scarsa mobilita' della clientela e da intollerabili squilibri, accentuati dall'asimmetria informativa, nei rapporti contrattuali con i consumatori e con le piccole imprese'', ha proseguito Catricala' sottolineando che ''i nostri ripetuti appelli a una legislazione di principi sulla governance bancaria sono rimasti inascoltati''.

DA INIZIO 2009 EROGATE SANZIONI PER 90 MILIONI - Dall'inizio del 2009 al primo trimestre 2010 l'Antitrust ha erogato sanzioni per complessivi 90 milioni di euro: 50 milioni in materia di tutela della concorrenza e 40 milioni per la protezione dei consumatori. In materia di concorrenza, ''dall'inizio del 2009 - ha evidenziato il presidente Antonio Catricala' - l'Autorita' ha concluso 12 procedimenti istruttori per intese illecite. In 6 casi ha accertato l'esistenza di infrazioni, irrogando sanzioni per quasi 50 milioni di euro; in altri 5 ha accettato gli impegni presentati dalle parti; in un caso, infine, l'istruttoria ha dato esito favorevole alle imprese inquisite''. I procedimenti di tutela dei consumatori conclusi nel periodo di riferimento sono stati invece 355, ''di cui 315 con accertamento di violazioni. - ha precisato Catricala' - Le sanzioni sono superiori a 40 milioni di euro. Si sono conclusi a seguito di moral suasion altri 92 procedimenti''.

AD AUTORITA' TUTELA PMI CONTRO PA E GRANDI AZIENDE - Ampliare il raggio di intervento dell'Antitrust in favore delle piccole e medie imprese, ''esposte alle stesse scorrettezze che colpiscono i consumatori''. E' la richiesta avanzata dal Garante per la concorrenza, Antonio Catricala', nella relazione annuale in cui si sottolinea che le pmi sono spesso ''costrette a tollerare prassi illecite di grandi aziende e di pubbliche amministrazioni, come la mora nei pagamenti''. Secondo Catricala', infatti, ''i tempi della giustizia civile non consentono una tutela immediata contro i ritardi. Il problema non e' di stabilire scadenze certe, gia' previste dall'ordinamento, ma di farle rispettare con efficacia. L'Autorita' e' in grado di dare tutela tempestiva a questo settore caratterizzante la nostra economia''. La sede opportuna per legittimarla, ha proseguito, potrebbe essere ''lo statuto delle imprese, gia' in discussione in Parlamento e al quale il Governo ha promesso un forte sostegno, anche in considerazione della rilevanza del fenomeno qui denunciato''.

SANITA' NON SIA ALBERO CUCCAGNA FORNITORI PRIVATI - ''La sanita' non puo' essere considerata l'albero della cuccagna'' da parte delle imprese private fornitrici di beni e servizi, spesso erogati ''in contesti collusivi, causa di oneri impropri a carico della collettivita''', ha sottolineato Catricala', nella relazione annuale al Parlamento secondo il quale ''e' opportuna la generalizzazione degli acquisti centralizzati per uniformare e razionalizzare la spesa in prodotti sanitari''. ''D'altra parte - ha aggiunto - i ritardi delle amministrazioni nei pagamenti minacciano il buon funzionamento delle societa' fornitrici e rischiano di riflettersi in negativo sulla tutela della salute''.

 

 

 

2010-06-15

15 Giugno 2010

CONFERENZA DELLE REGIONI

Errani: manovra irricevibile

Formigoni: è incostituzionale

Con la manovra varata dal governo "si riducono i margini della riforma del federalismo fiscale sia nel percorso istituzionale previsto sia nei fatti con tagli lineari senza nessun concetto di premialità per i comportamenti virtuosi". È la posizione delle Regioni, contenuta in un documento approvato all'unanimità dai presidenti delle Regioni, dopo la riunione di questa mattina sulla manovra.

I tagli contenuti nella manovra correttiva "non cadono sulle Regioni come enti, ma sui cittadini e sulle imprese. Su 4,9 miliardi relativi a trasferimenti di competenza sul trasporto pubblico locale, sul fondo per le attività produttive, sull'ambiente e sui servizi, ne vengono tagliati 4,3 miliardi". Lo ha spiegato il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, che ha ricordato che le Regioni "vogliono partecipare a pieno titolo e vogliono fare fino in fondo la propria parte con grande senso di responsabilità". Ma quella messa a punto dal governo "è una manovra irricevibile e insostenibile perchè pesa con oltre il 50% sulle Regioni".

Errani ha anche spiegato che quella delle Regioni "non è una posizione corporativa o di schieramento partitico, ma è la sintesi unanime che i governatori hanno trovato. Le Regioni sono disposte a fare fino in fondo la loro parte, ma la manovra economica non è "equa e i tagli avranno ricadute pesanti su persone, famiglie e imprese".

Sulla questione dei falsi invalidi, il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Vasco Errani, ha spiegato che "è vero che c'è stato un aumento delle invalidità ma le Regioni hanno dovuto affrontare un contenzioso gigantesco", contenzioso che nel 64,7% dei casi si è risolto a favore di chi aveva promosso il ricorso. Inoltre, Errani ha ricordato che questa competenza, delle Regioni dal 2003, è stata esercitata, fino al 2007, anche da una commissione del ministero dell'Economia che ha vagliato l'assegnazione delle invalidità e che questo compito è passato da allora all'Inps.

FORMIGONI E IL RISCHIO INCOSTITUZIONALITA'

"C'è un rischio incostituzionalità perchè la Corte Costituzionale ha detto che ci deve essere un collegamento tra le funzioni esercitate e le risorse". Lo ha affermato il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. I fondi per il trasporto pubblico locale, ha spiegato Formigoni, vengono ridotti "di circa 1/3. Noi abbiamo dei contratti con Trenitalia che, sapendo di questi tagli, probabilmente taglierà 1/3 dei treni e magari licenzierà 1/3 del personale". Il rischio è poi che faccia anche "causa alle Regioni e magari la vince perchè noi con Trenitalia abbiamo dei contratti di servizio". A questi tagli si aggiungono i fondi per la famiglia, ha sottolineato Formigoni, "che vengono spazzati via". "Ci vengono tolti i finanziamenti per esercitare le funzioni, ma non ci vengono tolte le competenze", ha concluso.

 

 

 

 

15 Giugno 2010

FIAT

Pomigliano, accordo separato

La Fiom conferma il no

È stato firmato nel pomeriggio l'accordo tra la Fiat e Fim-Cisl, Uilm, Ugl e Fismic per lo stabilimento di Pomigliano. All'intesa non ha aderito la Fiom che, pur partecipando all'incontro, ha deciso di non firmare come già aveva annunciato. L'intesa, siglata presso la sede di Confindustra, prevede un testo modificato a 16 punti, uno in più rispetto a quello presentato in precedenza dall'azienda.

Il 16esimo punto prevede infatti l'istituzione di una commissione paritetica per la verifica delle eventuali inosservanze dell'accordo stesso. I sindacati hanno poi deciso di convocare per martedì 22 giugno il referendum tra i lavoratori dello stabilimento che dovranno dare un parere sull'intesa siglata oggi.

Intanto è prevista la cassa integrazione a luglio alle Presse e alle Carrozzerie dello stabilimento di Mirafiori. Secondo quanto riferiscono i sindacati l'azienda ha annunciato, oggi, la cassa integrazione alle Presse, nei giorni del 16,23,29 e 30 luglio. Il provvedimento interesserà 757 operai e 101 impiegati. Per quanto riguarda le Carrozzerie, la cig interesserà gli addetti della linea della Multipla dal 12 al 30 luglio a cui si aggiungeranno dal 22 al 30 luglio quelli delle linee Idea, Musa e Punto e i lavoratori della MiTo dal 29 e 30 luglio, con la fermata produttiva complessiva gli ultimi due giorni del mese.

IL NO DELLA FIOM

Il no ufficiale della Fiom è arrivato alle 18 e 30. Condito con un rilancio sullo sciopero del 25 giugno, che i metalmeccanici della Cgil faranno di 8 ore (4 in più di quelle previste), e una proposta alla Fiat di tornare ad applicare a Pomigliano d’Arco il contratto nazionale, che già consente di fare 18 turni settimanali e 40 ore di straordinari in più, garantendo una produzione annua superiore alle 270mila Panda indicate come obiettivo dall’azienda. Senza quelle aggiunte, chieste invece da Marchionne nel testo dell’intesa siglata venerdì scorso con le altre sigle, in presenza delle quali l’organizzazione delle "tute blu" cigielline ritiene che "non sia possibile firmare quel testo" che "contiene profili d’illegittimità giuridica", ha detto il segretario generale Maurizio Landini al termine del comitato centrale riunitosi ieri pomeriggio.

A nulla è valsa la (molto) cauta apertura della "casa-madre" di Corso d’Italia che poco prima, riunendo la segreteria, aveva prodotto un comunicato in cui si dice "sì alla difesa dell’occupazione e alla necessità di rendere pienamente produttivo il futuro investimento", ma si ipotizza che alcune richieste della Fiat "possano violare leggi e Costituzione". Un’apertura testimoniata da quanto detto domenica alla festa della Cisl di Levico da Guglielmo Epifani, il segretario generale della Cgil (che ieri, prima delle rispettive riunioni, ha ricevuto Landini), e in qualche modo confermata dai toni concilianti usati ieri sera dal ministro del Lavoro: Maurizio Sacconi ha fatto "appello ai vertici confederali" della Cgil "affinché una valutazione più generale induca la stessa categoria ad accettare l’intesa, pur con le riserve manifestate".

La posizione della Fiom appare granitica, però. Il testo finale è stato votato all’unanimità. E già a riunione ancora in corso Fausto Durante, il leader della "mozione Epifani" all’interno della Fiom, aveva anticipato che "non è oggi il giorno in cui la Fiom si spacca". Ora i riflettori si spostano sulla sede della Confindustria dove (a rimarcare la rinnovata vicinanza fra l’associazione e il gruppo torinese presieduto da John Elkann) per oggi alle 14 la Fiat ha convocato i sindacati firmatari dell’intesa dell’11: Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl. La convocazione, comunque, è stata inviata per conoscenza anche alla Fiom. Il tempo incalza: fra giovedì e venerdì si vorrebbe tenere il referendum fra i 5mila lavoratori dello stabilimento in cui l’azienda punta a investire 700 milioni per costruire, dal 2012, 270mila autovetture Panda, spostandone la produzione dalla Polonia.

Il maggior punto d’attrito è sulle limitazioni al diritto di sciopero, che prevede in alcuni casi la punibilità per chi li dovesse attuare. La stessa Cgil annota al riguardo che questa clausola è "illegittima" perché "pretende di trasformare in illecito, passibile di licenziamento, l’esercizio individuale di sciopero". Lo scontro con gli altri sindacati è anche sul referendum: per la Fiom "è impossibile sottoporre a voto" accordi che violano i contratti e la Costituzione. Un rilievo cui ha prontamente risposto, per la Cisl, Luigi Sbarra: il diritto di sciopero "non è leso", quanti pensano il contrario "offendono il ruolo della contrattazione sindacale centrata sul principio di responsabilità per il lavoro e lo sviluppo". L’altro aspetto contestato dalla Fiom riguarda non tanto gli orari, con la turnazione prevista su 3 al giorno di 8 ore (punto su cui la Cgil sarebbe pronta a chiudere un occhio), quanto le misure anti-assenteismo. "Non comprendiamo – ha spiegato Landini – che Fiat, per fare investimenti, voglia far passare l’idea che bisogna cancellare i contratti e le leggi". Tanto più, si rimarca, che per centrare gli obiettivi indicati basterebbe applicare il contratto nazionale. Infine Fiom ricorda alla Fiat che "bisogna trovare una soluzione" anche per Termini Imerese.

Eugenio Fatigante

 

 

 

15 giugno 2010

La sfida del "saper fare". Insieme

Ma all'accordo non esiste alternativa

Che cosa potrà fare la Fiom-Cgil se la Fiat decidesse davvero di non investire più a Pomigliano d’Arco: sventolerà il contratto nazionale di fronte agli operai in mobilità, paga d’aver salvato uno storico vessillo, a costo del sacrificio di 5mila posti di lavoro diretti e 10mila d’indotto? O è convinta di avere la ragione e la forza necessarie per poter vincere? E come pensa di poter difendere i lavoratori un’organizzazione che rifiuta sistematicamente qualsiasi innovazione, non firma gli accordi (compreso l’ultimo rinnovo di quel contratto nazionale che ora difende)? Le domande si affollano in attesa di capire quale sarà oggi l’atteggiamento della Fiat di fronte all’ennesimo "no" dei metalmeccanici Cgil, se esistono ancora margini di trattativa, se il gruppo automobilistico deciderà di far affidamento sulla responsabilità di Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl e dar corso comunque all’investimento da 700 milioni di euro.

In realtà, in molte altre aziende, specie nei periodi di crisi, i sindacati hanno firmato accordi con piccole e grandi deroghe al contratto nazionale. Ma la portata di questo passaggio, per la sua valenza simbolica e le grandezze coinvolte segnerà di fatto un punto di non ritorno. La posizione di chi – come la Fiom – difende strenuamente funzioni e prerogative del contratto nazionale è legittima e comprensibile, perché i rischi di un indebolimento delle tutele dei lavoratori nell’immediato possono apparire reali. Ma non sembra fare i conti né con il mutare del quadro economico né con il diverso ruolo che il sindacato può – anzi deve – giocare in uno scenario così mutato. In un mondo globalizzato, nel quale le fabbriche sono "portatili" e le produzioni manifatturiere possono essere svolte quasi indifferentemente in Europa, in Sudamerica o in Asia, pensare di essere protetti dai codicilli di un contratto nazionale è illusorio. Se si guarda al rapporto di forza tra impresa e dipendenti in termini di conflitto tradizionale, non c’è (quasi) speranza. Ci sarà sempre un altro Paese nel quale sarà più conveniente produrre, ci saranno sempre persone – all’estero e addirittura nel nostro Paese – disposte a fare il nostro stesso lavoro per meno, anche molto meno. E così o si lotta opponendo una serie di no – col rischio concreto però di perdere a pezzo a pezzo aziende e occupazione – oppure si tenta la sfida, anche culturale, di cambiare completamente prospettiva, di coinvolgersi fino in fondo. L’impresa con una maggiore responsabilità sociale, il sindacato con un modello partecipativo.

Il vantaggio competitivo che oggi può essere ancora sfruttato dai lavoratori italiani è il "saper fare", la qualità di alcune nostre lavorazioni . Ma più ancora il "farlo insieme". Non c’è contratto nazionale né legge ordinaria e neppure Statuto dei lavoratori che possa assicurare la garanzia del posto e un livello salariale dignitoso, con la stessa efficacia di un rapporto collaborativo azienda-lavoratori. Attraverso una contrattazione locale, flessibile e continua, tagliata "su misura". Una contrattazione aziendale capace di rispondere in tempo reale alle mutate esigenze dell’impresa, in grado di tutelare i lavoratori rendendoli protagonisti del processo produttivo e non passive comparse. È solo la corresponsabilità imprenditoriale dei lavoratori e dei loro rappresentanti che può garantire un futuro al nostro tessuto industriale e quindi agli stessi operai.

Anche quest’ultima vertenza lo dimostra. Lo spazio per salvare e rilanciare Pomigliano sta tutto lì, nella capacità di affrontare insieme, in maniera condivisa attraverso commissioni paritetiche e altri strumenti partecipativi, i problemi (reali) posti dall’azienda. Senza rigidità eccessive e blocchi ideologici da ambo le parti.

Lo abbiamo già scritto e lo ribadiamo: per il Sud e per il Paese non c’è alternativa accettabile all’accordo. Il resto è masochismo.

Francesco Riccardi

 

 

 

2010-06-10

10 giugno 2010

CAMERA

Sanità, governo sotto 2 volte

Governo battuto, per due volte di seguito su altrettanti emendamenti del Pd, nell'aula della Camera, alla riforma della governance della sanità. L'assemblea di Montecitorio ha, infatti, approvato due emendamenti di cui è prima firmataria Livia Turco. E dai banchi dell'opposizione si sono levati forti applausi.

Gli emendamenti sono riferiti al primo articolo del testo, e sono l'1.33 (passato con 247 sì e 242 no) e l' 1.34 (251 sì e 245 no). In base a questi testi i comuni saranno coinvolti, nell'ambito delle regioni, nelle

funzioni programmatorie delle politiche socio-sanitarie. Il relatore ha chiesto una riunione del comitato dei Nove. La seduta è ora sospesa per mezz'ora.

La riforma della governance della sanità torna in commissione: lo ha comunicato all'Assemblea di

Montecitorio il vicepresidente Antonio Leone.

 

 

 

 

 

10 giugno 2010

L'attacco

"È un inferno governare con questa Costituzione"

Governare in Italia "è un inferno: è l’architettura costituzionale che rende difficilissimo trasformare progetti in leggi concrete". A nemmeno ventiquattr’ore dallo sfogo davanti alla platea di Federalberghi, Silvio Berlusconi si presenta a un’altra assemblea, quella di Confartigianato, e attacca una volta di più il sistema di pesi e di garanzie che è alla base della nostra Carta fondamentale. Il pretesto è fornito dall’iniziativa già annunciata, assieme a Tremonti, per rivedere l’articolo 41 in modo da favorire la libertà d’impresa, superando una Costituzione che è "molto datata" e influenzata dalla "cultura comunista che dagli anni ’70 è stata dominante e che guarda con sospetto gli imprenditori".

Una citazione, questa, che scatena le critiche dell’opposizione e, in particolare, di Pier Luigi Bersani che risponde: "A Berlusconi dico: tu hai giurato sulla Costituzione, se non ti piace vai a casa". A sostegno del Cavaliere c’è invece Umberto Bossi: il leader leghista ricorda che la Costituzione "la stiamo cambiando proprio perché è datata".

Sono sempre più dei veri show quelli fatti dal presidente del Consiglio in occasione delle assemblee delle varie realtà produttive. Stavolta la platea, quella degli artigiani cosiddetti "bianchi", non gli crea gli "attriti" avuti di recente all’assise di Confindustria. Appena arriva all’Auditorium della Musica il premier si abbraccia con Emma Marcegaglia, il presidente degli imprenditori, a rimuovere appunto quella "ruggine".

E poi replica con il "numero uno" di Confartigianato, Giorgio Guerrini, lo sketch: "Se non avessi già avuto un no da Emma, farei anche a te la proposta di fare il ministro". Al di là delle battute, però, gli preme di esternare "qualcosa". E mira soprattutto al nodo centrale, quello di una Costituzione vecchia, in cui "si parla molto di lavoratori e quasi mai d’impresa e di mercato". Nello schema da essa delineato, poi, "fare le leggi è un inferno". Berlusconi si spiega meglio: "Non è che manchino le intenzioni o buoni progetti", ma "è l’architettura istituzionale" che non va.

Torna a citare il suo "Piano casa": "Avevo pensato che fosse stata una genialata vera", ma a un anno di distanza "non mi risulta che ci sia un solo cantiere aperto". Ogni proposito viene frenato da questo o quel vincolo, insomma. Ecco perché, aggiunge, bisogna modificare l’articolo 41, per dare il via a una "stagione di liberalizzazione" in cui non servano più "permessi, autorizzazioni o licenze", tipici a suo dire di uno "Stato totalitario". Un "impegno a una semplificazione molto forte" che viene subito apprezzato dalla Marcegaglia. Il percorso indicato dal governo sarà comunque a lungo termine: una prima novità verrà già oggi, quando il Consiglio dei ministri approverà "i regolamenti per un nuovo sportello unico delle attività produttive"; "entro l’autunno", poi, sarà legge la proposta di statuto per le Pmi (che tra l’altro prevede un "limite alla tassazione complessiva"); infine, entro il 2013, si punta a un codice unico fiscale.

Mentre Berlusconi parla, Bersani è in onda a Repubblica Tv. Da lì, allora, arriva subito la replica al premier che "quando non regge il tema sociale, come adesso sulla manovra, la spara grossa sul tema democratico" e che, comunque, deve "smetterla di attaccare la Costituzione". Il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, evoca il fascismo: "Solo nei modelli fascisti si può fare a meno delle regole costituzionali e del Parlamento". Entra nel merito del lavoro svolto dal governo Enrico Letta, "numero due" del Pd, per ricordare al Cavaliere che "quando ha voluto per interessi suoi approvare delle leggi è riuscito a farlo fare al Parlamento in tempi rapidissimi". Le ragioni addotte da Berlusconi sono invece valide per il ministro degli Esteri, Franco Frattini: "Sono preoccupazioni fondate e serie, alcuni principi costituzionali risentono del peso degli anni".

Eugenio Fatigante

 

 

 

10 giugno 2010

LA CARTA DELLE AUTONOMIE

Salta di nuovo il taglio

delle mini-province

Salta il taglio delle mini-province inserito nella carta delle autonomie. Il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera e relatore del provvedimento, Donato Bruno, secondo quanto spiegano diversiesponenti dell'opposizione, ha presentato un emendamento soppressivo dell'articolo 14 del provvedimento che prevedeva, appunto, la cancellazione delle province sotto i 200 mila abitanti.

 

 

 

10 giugno 2010

CDM

Le statali in pensione

a 65 anni dal 2012

Via libera del Consiglio dei ministri all'innalzamento dell'età pensionabile per le donne del pubblico impiego da 61 a 65 anni, come chiesto dall'Ue. "L'impatto di questa norma è molto modesto, si parla di una platea stimata in circa 25mila donne nell'arco temporale da qui al 2012". Così il ministro del Lavoro, Guglielmo Sacconi, sull'aumento dell'età pensionabile per le donne nel pubblico impiego. "L'impatto effettivo è molto molto contenuto", dice il problema con l'Ue "è l'equiparazione" con gli uomini, ha ricordato Sacconi, ma non era percorribile una strada diversa: "Immaginate come verrebbe accolta dai mercati finanziari una riduzione per l'età degli uomini", rileva.

"L'emendamento non riguarda in alcun modo il settore privato. Non è neanche la premessa". Lo specifica il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, spiegando in conferenza stampa l'emendamento sull'innalzamento dell'età pensionabile delle donne della P.A. a 65 anni a partire dal 2012, appena approvato in Consiglio dei ministri."La sentenza della Corte europea - spiega Sacconi - contesta solo la discriminazione salariale tra uomini e donne nella pubblica amministrazione".

I risparmi che si produrranno dall'innalzamento a 65 anni per la pensione di vecchiaia delle dipendenti pubbliche "saranno utilizzate per misure di ordine sociale". Lo ha affermato il ministro della P.a.,

Renato Brunetta. In particolare, il ministro ha indicato "asili nido, il settore della non autosufficienza, le politiche di conciliazione".

 

 

 

 

2010-06-05

5 Giugno 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra, allarme oncologi:

a rischio cura dei tumori

La manovra finanziaria abbasserà la qualità di cura per i malati di tumore nel nostro Paese. Non

solo: le strutture già pesantemente in sofferenza, soprattutto al Sud, correranno il rischio di chiudere e cresceranno i "viaggi della speranza". È l'allarme che l'Associazione italiana di oncologia

medica (Aiom) lanciata dal Congresso Asco di Chicago, il più importante congresso mondiale di oncologia.

"Il nostro ruolo è offrire soluzioni - ha detto il prof. Carmelo Iacono, presidente Aiom - e la risposta è creare un sistema di rete, in modo che un centro possa supplire alle eventuali carenze dell'altro. Il vero risparmio in oncologia si ottiene lavorando sull'organizzazione: riducendo la sola migrazione

sanitaria, otterremo un risparmio minimo del 10%. Una quota che potrebbe essere reinvestita sul territorio".

Gli oncologi individuano alcune grandi criticità nella manovra. La prima è il taglio trasversale del personale. "Dai dati del nostro libro bianco sappiamo - ha detto ancora Iacono- che oggi la media dei reparti è di circa sei medici oncologi strutturati e 13 infermieri professionali. Ma esistono situazioni ben peggiori, dove un'ulteriore riduzione si tradurrebbe inevitabilmente in un blocco delle attività. Questo mette a rischio anche l'importante investimento compiuto negli anni scorsi nel parco tecnologico nazionale: risonanza magnetica, tomografia e scintigrafia sono rispettivamente presenti nel 90%, 32% e 61% delle strutture di oncologia medica italiane. È illogico acquisire ulteriori nuovi macchinari in carenza di organici ma serve, quanto meno, far funzionare al massimo quelli che già abbiamo".

LA REPLICA DEL MINISTRO FAZIO

"La manovra non implica alcuna riduzione né nel numero né nella tipologia né nella qualità delle prestazioni in ambito oncologico e inoltre è allo studio un piano teso a consolidare anzi a potenziare il

ruolo del nostro Paese per la diagnosi e la cura delle patologie oncologiche". Lo sottolinea in una nota il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, dopo le denunce fatte da alcuni esponenti dell'Aiom. "La lotta ai tumori - aggiunge il ministro - è una delle priorità del Governo come già anche ricordato dal presidente del Consiglio. L'Italia è leader in questo settore ed ha intenzione di mantenere il primato".

 

 

 

 

2010-06-04

3 giugno 2010

L'ULTIMATUM

Ue: "Equiparare subito età

pensionabile delle donne"

Ultimatum della Commissione Ue all'Italia: se non equiparerà immediatamente l'età pensionabile tra uomini e donne nel settore pubblico sarà nuovamente deferita alla Corte di giustizia europea. L'avvertimento - secondo fonti vicine al dossier - è contenuto in una nuova lettera che Bruxelles ha inviato alle autorità italiane, chiedendo loro di adeguarsi al più presto alla sentenza della Corte europea di giustizia che già nel 2008 intimava all'Italia di innalzare l'età pensionabile delle dipendenti pubbliche, portandola a 65 anni anni, lo stesso livello previsto per i colleghi maschi.

Nella missiva - sempre secondo quanto si apprende - si chiedono spiegazioni sui ritardi e si sottolinea come la questione sia rimasta irrisolta dopo i tanti richiami succedutisi negli anni; e nonostante nel giugno 2009 Bruxelles abbia aperto una nuova procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese proprio per la mancata attuazione della sentenza della Corte.

 

 

 

 

2010-06-03

3 Giugno 2010

PROTESTA

Manovra, i magistrati

proclamano lo sciopero

La Giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati, assieme alle altre magistrature, ha deciso di proclamare uno sciopero "contro gli effetti della manovra economica varata dal Governo". I vertici dell'Anm, durante la riunione di oggi, hanno inoltre deliberato l'organizzazione di giornate di mobilitazione e di protesta "con sospensione delle attività di supplenza, con le modalità e i tempi" che verranno proposti al Comitato direttivo centrale convocato per sabato prossimo.

 

 

 

2010-06-02

 

2 giugno 2010

MANOVRA

Manovra, nuovo allarme

per la scuola paritaria

Nuovo allarme per i fondi destinati alla scuola paritaria non statale. A lanciarlo un’interrogazione parlamentare urgente al governo presentata dal senatore Antonio Rusconi, capogruppo del Pd nella commissione Istruzione di Palazzo Madama, e sottoscritta dai suoi colleghi senatori Garavaglia, Ceruti, Galperti e Pertoldi. Ma anche le associazioni della scuola non statale cattolica da qualche settimana seguono con apprensione i passi della manovra economica elaborata dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. È vero che scuola e sanità sono settori che non dovrebbero essere toccati dalla manovra, ma i protagonisti non vivono giorni tranquilli.

Anche per il fatto che "non sono ancora stati stanziati i 130 milioni promessi con lo scudo fiscale", fanno sapere le associazioni della scuola paritaria. E proprio questo è il primo dei due elementi che destano maggiore preoccupazione.

Nella Finanziaria 2010 era previsto il taglio di 134 milioni su uno stanziamento complessivo di 534 che da un decennio rappresenta la cifra stanziata dallo Stato per contribuire alla scuola non statale. Quattro milioni vennero reintegrati subito, mentre gli altri 130 milioni sarebbero stati recuperati appunto con i proventi dello scudo fiscale. L’uso del condizionale è d’obbligo, visto che, ribadisce Luigi Morgano segretario nazionale della Federazione scuole materne di ispirazione cristiana (Fism), "al momento non abbiamo avuto alcuna certezza sul loro stanziamento immediato e siamo ormai a metà anno solare".

E dalle Direzioni scolastiche regionali i mandati di pagamento, al momento, tengono conto del taglio dei 130 milioni, erogando agli istituti paritari cifre decisamente inferiori rispetto al previsto. Preoccupato anche Vincenzo Silvano, presidente della Federazione opere educative (Foe), che esprime comunque "fiducia nel mantenimento degli impegni da parte del governo". Del resto i 130 milioni sarebbero già previsti dal decreto sull’assegnazione dei fondi ricavati dallo scudo fiscale, ma "il ministro Tremonti non ha ancora apposto la sua firma" sottolinea, però, Silvano. "È solo questione di tempo" rassicura Gabriele Toccafondi, deputato del Pdl e componente della commissione Bilancio di Montecitorio, che ha seguito l’iter per il recupero dei 130 milioni di euro: "Sono nel decreto e nessuno li ha toccati, neppure dopo l’accogliemento di alcuni rilievi della Corte dei conti sul capitolo relativo alla Protezione civile".

Dunque "130 milioni al sicuro", ma ancora bloccati sul tavolo di Tremonti, e la manovra correttiva non dovrebbe toccarli, anche se, aggiunge il presidente della Foe (realtà educativa legata alla Compagnia delle Opere), "aspettiamo il governo alla prova dei fatti". Del resto, se ci fossero amare sorprese, come il rinvio di questi fondi, "il danno per le nostre scuole sarebbe grandissimo" avvertono all’unisono le associazioni degli istituti paritari. Verrebbero di fatto meno la certezza dei fondi e la possibilità di elaborare bilanci sicuri. Senza dimenticare che il peso di un minor gettito statale cadrebbe "sulle famiglie, che già pagano una retta" ricorda ancora Morgano. E in alcune realtà lo spettro della chiusura potrebbe diventare ancora più concreto.

Il secondo motivo di preoccupazione riguarda la Finanziaria 2011, che, grazie al piano triennale varato dal ministro Tremonti nel 2008, vedrà calare i fondi per la scuola paritaria di ben 228 milioni. "Sarebbe una tragedia" si commenta dal fronte delle paritarie. Da tempo le associazioni di questo segmento del sistema scolastico nazionale chiedono al governo di intervenire per bloccare da subito i tagli previsti nel triennio, visto che negli ultimi due anni si è solo proceduto a reintegro dei tagli e non a una cancellazione di quelli comunque previsti dal piano triennale.

Di certo con l’autunno si preannuncia una nuova battaglia parlamentare. Del resto il taglio si preannuncia pesantissimo: quasi il 43% dello stanziamento iniziale di 534. "Dovremo ricordare al ministro Tremonti – dicono le associazioni – che sarà un danno anche per lo Stato, che con la nostra presenza continua a risparmiare ben 6 miliardi di euro l’anno. E se chiudiamo noi invece di risparmiare 228 milioni, dovrà pagarne molti di più".

Enrico Lenzi

 

 

 

 

 

2010-06-01

1 GIGNO 2010

LA CRISI

Napolitano: "Serve un grande sforzo, fatto anche di sacrifici"

"Serve un grande sforzo, fatto anche di sacrifici", per risollevare le sorti dell'economia e risolvere i problemi delle famiglie e dei giovani, "per crescere di più e meglio", ha detto Giorgio Napolitano nel

messaggio di auguri agli italiani per la Festa del 2 Giugno, sollecitando un confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche.

Il confronto tra le opposte parti politiche non deve "produrre solo conflitto, soltanto scontro fine a sè stesso", ma deve portare a decisioni segnate da "un forte senso delle responsabilità cui fare fronte. Si discutano in questo spirito le decisioni che sono all'ordine del giorno; si scelga in questo spirito, nel Parlamento, nelle istituzioni regionali e locali e nella società, tra le diverse proposte che si dovranno liberamente esprimere" ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio di auguri agli italiani per la Festa del 2 Giugno.

 

 

 

 

1 Giugno 2010

POLITICA ECONOMICA

Draghi: "L'evasione

è macelleria sociale"

Dito puntato contro gli evasori fiscali: "Sono tra i responsabili della macelleria sociale in Italia, espressione rozza ma efficace". Mario Draghi abbandona per una volta la tradizionale austerità del linguaggio della Banca d’Italia e fa un’aggiunta a braccio per indicare senza remore il "male dei mali" per l’Italia. Un problema da affrontare una volta per tutte ora che si profila un’"ardua sfida collettiva", quella di "coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita". Sì, perché nelle sue "Considerazioni finali", pur rimandando a un secondo tempo il giudizio di merito sulle varie misure, il governatore di Via Nazionale condivide la filosofia dei tagli contenuta nella manovra del governo Berlusconi ("Era inevitabile agire"), ma si affianca a Confindustria nel sottolineare che servono anche "riforme strutturali" perché "la correzione dei conti va accompagnata con il rilancio della crescita". Tanto più che la manovra avrà un suo effetto recessivo già da quest’anno.

Della quinta relazione da governatore di Draghi (la più breve di sempre, 15 pagine), si appropria subito Silvio Berlusconi: "Ho apprezzato – dice il premier – il riconoscimento che ha dato all’azione di governo" ed "è dall’inizio della legislatura che il governo ha fatto propria la sfida lanciata" da Draghi. A dire il vero, la sua analisi è più equidistante. Molto va addebitato alla crisi (la cui "radice", ricorda senza mezzi termini il "numero uno" di Bankitalia, sta negli Usa), ma in Italia ci abbiamo messo del nostro: la spesa primaria corrente - la cui crescita ora si vuol ridurre sotto l’1% annuo - è stata lasciata correre "in media del 4,6% l’anno negli ultimi 10 anni" e il rapporto debito pubblico/Pil, che era sceso "del 18% tra il 1994 e il 2007", in un biennio è salito del 12%. Sono tendenze che ora bisogna invertire.

È qui che, dati alla mano, Draghi si scaglia contro l’evasione, che "è un freno alla crescita perché richiede tasse più alte per chi le paga", e contro la corruzione. Solo per l’Iva, "si può valutare che fra 2005 e 2008 sia stato evaso il 30%, oltre 30 miliardi l’anno": se fosse stata pagata, rimarca, il nostro debito pubblico "sarebbe tra i più bassi dell’Ue". Idem per la corruzione: nelle 3 regioni del Sud "in cui si concentra il 75% del crimine organizzato", il valore aggiunto pro capite del privato è meno della metà del Centro-Nord. Per dar corpo all’azione di contrasto il governatore lancia poi una proposta: "Il nesso fra riduzione dell’evasione e quella delle aliquote va reso visibile ai contribuenti".

Ma la crisi europea è soprattutto - anche nel caso Grecia - una "crisi di competitività", che ha falcidiato le imprese (9.400 fallite nel 2009) risparmiando però quelle che hanno investito in ricerca e sviluppo (sopra i 50 addetti, è previsto un aumento del fatturato di più del 6%). Il governatore elenca allora una serie di paletti (vedi sotto) pure per le riforme del federalismo e per quelle che restano da fare nel mercato del lavoro. Draghi non dimentica però la sua visione internazionale.

Così, agli impegni sul piano nazionale, affianca le sue ipotesi sul Patto europeo: in primo luogo, un suo "rafforzamento", introducendo per chi non lo rispetta "sanzioni anche politiche", fino alla privazione del diritto di voto in sede Ue; inoltre "impegni cogenti" e sanzioni vanno previsti per gli obiettivi "strutturali" del cosiddetto Patto di Lisbona. Il capitolo banche, infine.

Draghi definisce "incoraggianti" i progressi fatti nel rafforzare il patrimonio, avvisando che "devono continuare". Avvisa che in futuro "fare banca sarà meno redditizio ma anche meno rischioso" e chiede più poteri per "rimuovere i responsabili di gestioni scorrette" prima di arrivare al commissariamento.

Eugenio Fatigante

 

 

 

 

31 Maggio 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra, Napolitano firma decreto

Attesa pubblicazione in "Gazzetta"

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha emanato oggi il decreto legge recante "misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica". Lo annuncia una nota del Quirinale spiegando che si tratta del testo definitivo trasmesso ieri sera dalla presidenza del Consiglio dei ministri. Ora è attesa la pubblicazione in Gazzetta ufficiale che determina l'effettiva entrata in vigore del decreto. Il testo andrà poi all'esame del Parlamento che ha 60 giorni per convertirlo in legge.

Sarebbe stata stralciata la lista dei 232 enti, fondazioni e istituti culturali da tagliare. Nel provvedimento ci sarebbe comunque una riduzione delle spese per il settore affidata però alla valutazione del Ministro dei Beni culturali. Intanto il presidente dell'Anm, Luca Palamara, ha annunciato che i magistrati sono "pronti allo sciopero", dopo la conferma dei tagli inseriti nella manovra.

UNA PRASSI INEDITA

Con una inedita prassi, il premier Silvio Berlusconi ha atteso tutta la giornata di ieri che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano esaminasse il testo della manovra economica e avanzasse le sue osservazioni che sono poi sono state accettate integralmente dal governo. Dopo il colloquio di sabato scorso tra Berlusconi e Napolitano al Qurinale, è toccato al sottosegretario Gianni Letta svolgere il ruolo di "mediatore" tra Palazzo Chigi e la presidenza della Repubblica per l'intera giornata di ieri.

Il testo della manovra sarà quindi pronto oggi per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Secondo le indiscrezioni, il capo dello Stato avrebbe sollevato il problema del taglio dei fondi agli enti culturali e ai comitati preposti a indire le celebrazioni dell'anno prossimo che ricorderanno i 150 anni dell'unità d'Italia.

Il presidente Napolitano, pur ricordando che spetta solo all'esecutivo decidere contenuto e indirizzi della manovra, avrebbe anche sollevato questioni di carattere giuridico. Dopo il confronto tra Palazzo Chigi e Quirinale, la firma di Napolitano per l'emanazione del decreto non è solo un atto formale. Il presidente del Consiglio ha infatti ricercato la massima collaborazione con il presidente della Repubblica, anche se sono passati alcuni giorni dalle decisioni assunte nell'ultima riunione del Consiglio dei ministri che aveva licenziato il testo della manovra.

Berlusconi, per evitare che tutto il peso della manovra gravi sulle proprie spalle e su quelle dell'esecutivo, vorrebbe che lo stesso dialogo avuto con Napolitano si ripetesse in Parlamento con l'allargamento dei confini della propria maggioranza almeno all'Udc. Il premier è infatti preoccupato per l'andamento dei sondaggi che vedrebbero calare il consenso nei confronti di governo e presidente del Consiglio.

Bisognerà attendere il testo definitivo della manovra per capire su quali punti ha pesato l'opinione del capo dello Stato. Nel fine settimana si è vociferato sulla possibilità che il tema del taglio delle Province potesse essere collocato in un disegno di legge apposito e fosse rivisto il meccanismo di rateizzazione delle buonuscite dei lavoratori pubblici.

È probabile che il presidente della Repubblica abbia posto anche la questione del taglio ai salari dei

giudici, dopo aver ricevuto una lettera dall'Associazione nazionale magistrati nella quale si afferma di essere disposti a sacrifici "purchè nel quadro di una manovra che sia rispettosa dei principi di equità e proporzionalità".

Sandro Bondi, ministro dei Beni culturali, si lamenta intanto per non essere stato coinvolto nella decisione dei criteri inerenti al taglio dei fondi per gli enti culturali (sarebbero 232 tra fondazioni e associazioni): "Il Centro sperimentale di cinematografia, la Triennale di Milano e il Vittoriale non possono in nessun modo essere considerati lussi".

Il finiano Italo Bocchino sottolinea che qualcosa non funziona nei meccanismi di decisione nel Pdl: "Da un lato è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, dall'altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonchè ministro, non fosse stato avvertito e consultato. Siamo dinanzi all'ennesima prova della necessità di una maggiore collegialità nelle scelte politiche del Pdl".

A difendere l'insieme della manovra ci pensa invece il ministro dell'Economia Giulio Tremonti che

definisce "non congiunturali" le scelte operate dal governo.

Resta critica la posizione del Pd. Il segretario Pierluigi Bersani dichiara: "È l'impianto della manovra che non va, che bombarda i redditi medio-bassi e gli investimenti ma non risolve il problema dei conti pubblici. Il Pd lavorerà in Parlamento, se non mettono la fiducia, per evitare i guai maggiori".

Maurizio Zipponi, responsabile dei problemi del lavoro dell'Idv, annuncia: "Il 12 giugno parteciperemo con grande convinzione alla mobilitazione indetta dalla Cgil e saremo anche a quelle successive. L'Idv si augura che tutta l'opposizione, a partire dal Pd, sia a fianco dei lavoratori che si mobilitano".

L'Udc attende di conoscere il contenuto ufficiale della manovra prima di esprimere un giudizio definitivo. Pier Ferdinando Casini, nei giorni scorsi, aveva dichiarato: "Se la manovra non contiene elementi innovativi, non possiamo avallarla in Parlamento".

 

 

 

2010-05-31

31 Maggio 2010

BANCA D'ITALIA

Draghi: bene la manovra

Ma il nodo è l'evasione fiscale

La crisi della Grecia rischia di cambiare il quadro di una pur modesta ripresa in Italia ed è stato inevitabile per il governo anticipare la manovra di correzione del disavanzo da quasi 25 miliardi. Mario Draghi, governatore di Bankitalia, non può ancora dare una valutazione dettagliata della manovra varata martedì scorso dal governo e firmata oggi dal Capo dello Stato, ma nelle sue considerazioni finali all'assemblea annuale, mostra di apprezzarne il tempismo e almeno due capitoli fondamentali: quello delle misure di lotta agli evasori - ai quali attribuisce la vera responsabilità della "macelleria sociale" - che nel medio termine deve servire ad abbassare le aliquote fiscali e quello delle pensioni - con l'annunciato arrivo del regolamento di attuazione della legge che nel 2009 ha ancorato l'età minima della pensione alla speranza di vita.

Ora, dice il governatore, "è necessario un attento scrutinio degli effetti della manovra per garantire il conseguimento degli obiettivi". L'Italia, rileva Draghi, "presenta molti punti di forza", ricordando la ricchezza delle famiglie e il basso debito privato. Ma dopo il calo di 18 punti del debito in rapporto al Pil tra il 1994 e il 2007, "in questo biennio di recessione è aumentato di 12 punti, al 115,8%. Nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire, anche se le restrizioni di bilancio incidono sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana".

Draghi non manca di rilevare che finora la politica economica ha limitato i danni della crisi economica in Italia per due punti di Pil e di questi uno è merito della politica monetaria, mezzo degli stabilizzatori automatici e l'altro mezzo punto "alle misure di ricomposizione di entrate e spese decide dal governo". Rinnovato, e modulato sempre sulla necessità di recuperare competitività, l'annuale appello a fare le riforme struttuali: "La crisi le rende più urgenti", dice Draghi. "Il governo ha introdotto misure di contrasto all'evasione fiscale. L'obiettivo immediato è il contenimento del disavanzo, ma in una prospettiva di medio termine la riduzione dell'evasione deve essere una leva per lo sviluppo, deve consentire quella delle aliquote", ha detto Draghi.

"L'evasione fiscale è un freno alla crescita perché richiede tasse più elevate per chi le paga; riduce le risorse per le politiche sociali, ostacola gli interventi a favore dei cittadini con redditi modesti". Qui, interrompendo la lettura delle sue Considerazioni finali davanti all'assemblea dei partecipanti, ha usato i toni più duri contro gli evasori: "Macelleria sociale è un'espressione rozza ma efficace. Ecco, io credo che siano gli evasori i primi responsabili di quella che viene definita macelleria sociale" ha detto il governatore.

Draghi cita alcuni dati che mostrano la differente e più elevata pressione fiscale in Italia rispetto alla media europea: "Il cuneo fiscale sul lavoro è di circa 5 punti superiore alla media degli altri Paesi dell'area dell'euro; il prelievo sui redditi da lavoro più bassi e quello sulle imprese, includendo l'Irap, sono più elevati di 6 punti. Secondo stime dell'Istat, il valore aggiunto sommerso ammonta al 16% del Pil".

"Confrontando i dati della contabilità nazionale con le dichiarazioni dei contribuenti, si può valutare che tra il 2005 e il 2008 il 30% della base imponibile dell'Iva sia stato evaso: in termini di gettito, sono oltre 30 miliardi l'anno, 2 punti di Pil", ha detto Draghi.

Riforma pensioni. A proposito della riforma delle pensioni, il governatore di Bankitalia dice che "occorre prolungare la vita lavorativa anche per garantire un tenore di vita adeguato agli anziani di domani. I Paesi europei ad alto tasso di occupazione nella fascia 55-64 anni sono anche quelli con la maggiore occupazione giovanile". Qui Draghi dà atto al governo di andare nella direzione giusta: "Nel 2009 il governo ha compiuto un passo importante collegando in via automatica, dal 2015, l'età minima di pensionamento alla variazione della speranza di vita; il regolamento in via di definizione dà concreta attuazione al provvedimento". "Nella stessa direzione muovono gli interventi sulle cosiddette finestre e sulla normativa per le donne nel pubblico impiego", aggiunge il governatore che torna a chiedere riforme strutturali. Analogamente a quanto fatto lo scorso anno sul tema del Mezzogiorno, la Banca d'Italia prima della fine dell'anno organizzerà un convegno su tali riforme.

Riforme strutturali. Tra le riforme che servono a recuperare efficienza e competitività Draghi cita gli interventi recenti del governo sul pubblico impiego: "La gestione del turnover nel pubblico impiego e i tagli alle spese discrezionali dei ministeri recentemente decisi dal Governo devono fornire l'occasione per ripensare il perimetro e l'articolazione delle amministrazioni". Anche il federalismo fiscale "deve aumentare l'efficienza nell'uso delle risorse" e per gli enti che non rispettano le regole, "è opportuno rafforzare il sisteme di vincoli e disincentivi", nella linea tracciata per le Regioni con disavanzi sanitari.

Infine Draghi parla del mercato del lavoro, in particolare per l'occupazione giovanile: "I salari di ingresso in termini reali ristagnano da quindici anni. Una ripresa lenta accresce la probabilità di una disoccupazione persistente", osserva il governatore che esorta a completare la riforma del mercato del lavoro "superando le segmentazioni e stimolando la partecipazione".

 

 

 

 

2010-05-30

29 Maggio 2010

QUIRINALE

Manovra, Berlusconi firma

Napolitano esamina il decreto

La manovra economica è stata firmata dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e ora è all'attenzione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che la deve valutare. Lo rende noto un comunicato di Palazzo Chigi. "Il testo della manovra economica, già firmato dal presidente del Consiglio, è ora al Quirinale in attesa della valutazione del Capo dello Stato", si legge nella nota.

"Lunedì mattina il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, riceverà una delegazione di Intermagistrature e dell'Associazione nazionale magistrati", conclude il comunicato.

L'Anm si è riunita questa mattina per discutere eventuali reazioni delle toghe alle misure di contenimento della spesa pubblica nel settore della giustizia. Per ora niente sciopero dei magistrati, misura alla quale tuttavia l'Associazione nazionale magistrati non esclude di ricorrere, nel caso in cui il testo finale della manovra dovesse contenere "misure inique e irragionevoli".

Berlusconi - rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se avesse già firmato il provvedimento - aveva detto che "la manovra è all'attenzione del capo dello Stato, viene firmata quando il Colle darà la sua valutazione".

Venerdì pomeriggio, Napolitano ha ricevuto al Quirinale Berlusconi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta.

Nei giorni scorsi, il governo aveva detto di attendere il ritorno in Italia dagli Usa del capo dello Stato per sottoporgli il decreto legge sulla manovra 2011-2012, approvato dal Consiglio dei ministri martedì scorso, ma che non è ancora stato emanato.

Bersani. La manovra correttiva "è il frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne e di una politica economica dissennata": lo ha affermato il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. "È uno spettacolo inverecondo, non si sa bene cosa il Consiglio dei ministri abbia approvato" ed è una situazione "ai limiti estremi del quadro costituzionale".

 

 

 

28 maggio 2010

ASSEMBLEA CEI

Bagnasco: "Intervenire

a sostegno delle famiglie"

"Sono disponibile ad ascoltare le vittime di abusi sessuali giorno e notte, e come me lo devono essere tutti i vescovi italiani". lo ha detto, al termine dei lavori della 61ª assemblea generale della CEI, il presidente card. Angelo Bagnasco rispondendo alle domande dei giornalisti. Quando una persona si rivolge al proprio vescovo per denunciare di aver subito degli abusi sessuali da parte di un prete, "la si riceve immediatamente, di giorno o di notte", ha detto. A chi ipotizzava difficoltà per una persona comune nel mettersi in contatto con il responsabile della diocesi, Bagnasco ha risposto: "Non credo che un vescovo sia inaccessibile. Io ricevo lettere personali e riservate, scritte anche a stampatello su una pagina di quaderno su varie questioni delicate. Molti prendono, scrivono e presentano un problema".

Nel caso di denunce d'abuso sessuale, ha proseguito, si tratta di "situazioni così gravi che richiedono una risposta immediata". Dopo di che "la procedura sarà quella che sarà; ci vogliono i tempi necessari, i più brevi possibili".

Federalismo. Il cardinale Bagnasco ha anche parlato di federalismo. "Il federalismo fiscale - ha detto - deve salvaguardare due beni fondamentali: il primo è l’unità del Paese come valore profondo e acquisito per tutti, sul quale non si può retrocedere per nessun motivo; il secondo valore è rappresentato dalla crescita solidale di tutte le parti del Paese, in un vincolo di solidarietà". "Un federalismo che non raggiungesse congiuntamente questi due obiettivi, l’unità e la crescita solidale di tutte le regioni, non avrebbe conseguito i traguardi voluti".

Intercettazioni. Alla domanda sul dibattito in corso circa la legge sulle intercettazioni, il presidente della Cei ha risposto che "anche in questo caso vanno salvaguardati congiuntamente due valori: quello dell’informazione e quello della riservatezza personale. Si tratta di due valori compatibili che vanno rispettati". Circa la norma che prevede la segnalazione alla Santa Sede dell'apertura di un procedimento giudiziario nei confronti di un vescovo, il cardinale ha affermato che "si tratta di una forma di rispetto tra le Istituzioni e verso la Chiesa, che non va a inficiare le procedure previste dalla leggi".

La manovra. "Una valutazione della manovra economica mi porta a chiedermi se essa contemperi adeguatamente due aspetti: il primo è quello della reale tutela della famiglia, il secondo il sostegno alle imprese artigiane e alle piccole e medie industrie". Circa il primo aspetto ha affermato che "girando nelle parrocchie si avvertono le difficoltà e i lamenti che vengono dalle famiglie. È un affanno reale e proprio in un momento in cui la situazione economica è così seria, è più necessario intervenire a sostegno delle famiglie. In questo senso – ha aggiunto – nella prolusione ho parlato di rischio di "suicidio demografico" del nostro Paese. Circa le piccole imprese – ha quindi proseguito – esse costituiscono una rete molto forte fatta di proprietari che mettono molto e, a volte, tutto quello che hanno per sostenerle e farle funzionare. Con la crisi a volte non ci riescono. Quindi sarebbe opportuno trovare forme di sostegno adeguate a questa realtà così importante per l’Italia".

 

 

 

 

29 Maggio 2010

MANOVRA

Ecco l'elenco degli istituti "tagliati"

La manovra finanziaria prevede il taglio dei fondi statali a 232 istituti ed enti culturali. Infatti l'art. 7 comma 22 del "Decreto legge recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", spiega che a decreto approvato "lo Stato cessa di concorrere al finanziamento degli enti, istituti, fondazioni e altri organismi", indicati nell'elenco allegato: si tratta di 232 organismi. L'articolo però contiene anche la realizzazione di un fondo destinato all'eventuale erogazione di contributi agli enti che ne facciano "documentata e motivata richiesta".

Questo l'elenco completo, così come risulta all'agenzia Ansa:

1.Fondazione Alcide de Gasperi

2.CIME Consiglio Italiano per il Movimento Europeo

3.Centro Studi Americani

4.Associazione giovanile musicale AGIMUS 5.Ente Nazionale

5.Assistenza Magistrale - E.N.A.M.

6.Fondazione "Guido d'Arezzo"

7.Fondazione italiana per la musica antica

8.Centro italiano di ricerche aerospaziali - CIRA SpA

9. Istituto italiano di studi germanici 10.

10.Ente geopantologico di Pietraroia

11.Parco geominerario

12.Riserva naturale dello stato Isola di Vivara

13.Associazione italiana combattenti e reduci

14.Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna

15.Associazione nazionale veterani e reduci garibaldini

16.Federazione italiana volontari della libertà

17.Associazione dei Cavalieri italiani del sovrano militare Ordine di Malta

18.Associazione nazionale "Nastro Verde"

19.Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania

20.Comitato Nazionale per il centenario della nascita di Cesare Pavese

21.Comitato Nazionale un secolo di Fumetto Italiano

22.Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario della nascita di Guglielmo Massaja

23.Comitato Nazionale per le celebrazioni del bimillenario della nascita di Vespasiano

24.Comitato Nazionale per le celebrazioni del millenario della Basilica di Torcello

25.Comitato Nazionale "I Trattati di Roma"

26.Comitato Nazionale per le celebrazioni del quarto centenario della morte di Alberico Gentili

27.Comitato Nazionale per le celebrazioni del 550 anniversario della nascita di Bernardino di Betto detto il Pinturicchio

28.Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Mario Soldati

29.Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario di Casa Ricordi

30.Comitato Nazionale le "Autonomie Locali"

31.Allegorein

32.Accademia Medica di Roma

33.Accademia Angelica Costantiniana

34.Accademia Nazionale di Agricoltura

35.Accademia Filarmonica di Bologna

36.Associazione Naz. Funzionari Direttivi

37.Associazione per la Riforma dello Stato

38.Associazione Romana Amici della Musica - ARAM

39.Associazione Fondo Alberto Moravia

40.Associazione Liberi Scrittori Italiani

41.Associazione Don Giuseppe De Luca - Roma

42.Centro di Cultura Scientifica Alessandro Volta

43.Centro Italiano di Ricerche e Informazione, ecc. - CIRIEC

44.Centro per la Cultura d'Impresa

45.Centro di Iniziativa e Ricerca sul sistema - CIRSES

46.Fondazione Bettino Craxi

47.Fondazione Guido D'Arezzo - Arezzo

48.Fondazione Maria e Goffredo Bellonci - Roma

49.Fondazione Nazionale Carlo Collodi - Pescia

50.Fondazione Ugo Spirito - Roma

51.Istituto Accademico di Roma

52.Istituto di Studi Filosofici

53.Istituto Naz. Tostiano

54.Istituto di Storia e Arte del Lazio Meridionale - Bibl. GM Longhi

55.Istituto Domus Mazziniana - Pisa

56.Istituto Internazionale di Storia Economica Francesco Datini - Prato

57.Istituto Storico Italiano per l'Età Moderna e Contemporanea - Roma

58.Istituto Domus Galilaeana - Pisa

59.Società Tarquiniense di Arte e Storia

60.Società Storia Patria Puglie

61.Società Reggiana Studi Storici

62.Società Dalmata Storia Patria

63.Società nazionale di scienze e lettere ed arti - Napoli

64.Unione Giuristi Cattolici Italiani

65.Unione internazionale degli Istituti di archeologia, Storia e Storia dell'Arte in Roma

66. Accademia degli Incamminati - Modigliana

67. Accademia dei Concordi - Rovigo

69.Accademia dei Fisiocritici - Siena

70.Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna - Bologna

71.Accademia delle Scienze di Ferrara - Ferrara

72.Accademia delle Scienze di Torino - Torino

73.Accademia di Storia dell'Arte Sanitaria - Roma

74.Accademia di Studi Italo - Tedeschi - Merano

75.Accademia Etrusca di Cortona

76.Accademia delle Arti e del Disegno - Firenze.

77.Accademia Galilaeana di Scienze Lettere ed Arti in Padova - Padova

78.Accademia Italiana della Cucina - Milano

79.Accademia Italiana di Scienze Forestali - Firenze

80.Accademia Lancisiana - Roma

81.Accademia Ligure di Scienze e Lettere - Genova

82.Accademia Lucchese di Scienze lettere Arti - Lucca

83.Accademia Marchigiana di Scienze Lettere e Arti - Ancona

84.Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL - Roma

85.Accademia Nazionale di San Luca - Roma

86.Accademia Nazionale di Scienze lettere e Arti di Modena - Modena

87.Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti di Palermo - Palermo

88.Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze Lettere e Arti - Mantova

89.Accademia Olimpica - Vicenza

90.Accademia Properziana del Subasio - Assisi

91.Accademia Pugliese delle Scienze - Bari

92.Accademia Raffaello - Urbino

93.Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze - Arezzo

94.Accademia Toscana di Scienze e Lettere "La Colombaria" - Firenze

95.Associazione Centro Studi Feliciano Rossitto - Ragusa

96.Associazione "Roma nel Rinascimento" - Roma

97.Associazione Malacologica Internazionale - A.M.I. - Roma

98.Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno D'Italia - Roma

99.Associazione per l'Economia della Cultura - Roma

100.Ateneo di Brescia Accademia di Scienze Lettere ed Arti - ONLUS - Brescia

101.Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo - Bergamo

102.Ateneo Veneto - Venezia

103.Biblia - ONLUS - Settimello

104.Centro "Pio Rajana" Centro di Studi per la Ricerca Letteraria Linguistica e Filologica - Roma

105.Centro Camuno di Studi Preistorici - Capo di Ponte

106.Centro di Cultura di Storia Amalfitana - Amalfi

107.Centro di Iniziativa Giuridica "Piero Calamandrei" - Roma

108.Centro di Studi sulla Cultura e l'immagine di Roma - Roma

109.Centro Internazionale di Etnostoria - Palermo

110.Centro Italiano di Studi sul Basso Medioevo - Accademia Tudertina - Todi

111.Centro Studi sul Classicismo - San Gimignano

112.Centro Internazionale di Studi Rosminiani - Stresa

113.Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi - Napoli

114.Centro Nazionale di Studi Leopardiani - Recanati

115.Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per i Medio Oriente e l'Asia - Torino

116.Centro Studi Piero Gobetti - Torino

117.Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali ONLUS - Ravello

118.Ente Nazionale Giovanni Boccaccio - Firenze

119.Essmoi - Fondazione Giuseppe Emanuele e Vera Modigliani (Ente per la Storia del Socialismo e del Movimento Operaio Italiano) - Roma

120.Fondazione Domus Galilaeana - Pisa

121.Fondazione "Casa di Oriani" - Ravenna

122.Fondazione Casa Buonarroti - Firenze

123.Fondazione "Biblioteca Benedetto Croce" - Napoli

124.Fondazione Centro Internazionale di Studi di Architettura "Andrea Palladio" - Vicenza

125.Fondazione "Centro Studi Filosofici di Gallarate" - Padova

126.Fondazione "Remo Orseri per la Collaborazione Culturale fra i Popoli" - Roma

127.Fondazione Accademia Musicale Chigiana - Siena

128.Fondazione Adriano Olivetti - Roma

129.Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico - Roma

130.Fondazione Arena di Verona

131.Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori - Milano

132.Fondazione Artistica Poldi Pezzoli - ONLUS - Milano

133.Fondazione Biblioteca Archivio Luigi Micheletti - Brescia

134.Fondazione Carlo Donat - Cattin - Torino

135.Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea - C.D.E.C. - ONLUS - Milano

136.Fondazione Centro Nazionale di Studi Manzoniani - Milano

137.Fondazione "Centro Sperimentale di Cinematografia" (così modificata la denominazione della Fondazione Scuola nazionale di cinema con D.Lgs.22-1-2004, n.32)

138.Fondazione Centro Studi sulla Civiltà del Tardo Medioevo - San Miniato

139.Fondazione Civico Museo Biblioteca Attore Teatro Stabile di Genova - Genova

140.Fondazione Claudio Monteverdi - Cremona

141.Fondazione di Ricerca Istituto Carlo Cattaneo - Bologna

142.Fondazione di Studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi - Firenze

143.Fondazione Ezio Franceschini - ONLUS - Firenze

144.Fondazione "Festival dei Due Mondi di Spoleto".

145.Fondazione Giacomo Brodolini - Roma

146.Fondazione Giangiacomo Feltrinelli - Milano

147.Fondazione Gioacchino Rossini - Pesaro

148.Fondazione Giorgio Cini - Venezia

149.Fondazione Giulio Pastore - Roma

150.Fondazione "Il Vittoriale degli Italiani" - Gardone Riviera

151.Fondazione Ing. Carlo Maurilio Lerici - Roma

152.Fondazione Istituto Gramsci - ONLUS - Roma

153.Fondazione Istituto Nazionale del Dramma Antico - Roma

154.Fondazione Istituto Nazionale Studi sul Rinascimento - Firenze

155.Fondazione Istituto Nazionale di Studi Verdiani - Parma

156.Fondazione Istituto Piemontese Antonio Gramsci - Torino

157.Fondazione Istituto Storico "Giuseppe Siotto" - Cagliari

158.Fondazione Istituto Italiano Storia della Musica - Roma

159.Fondazione "La Triennale di Milano" - Milano

160.Fondazione "La Quadriennale di Roma" - Roma

161.Fondazione Lelio e Lisli Basso - Issoco - Roma

162.Fondazione "Liberal" - Roma

163.Fondazione Lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari (costituita con L.11-11-2003, n. 310)

164.Fondazione Luigi Einaudi - Torino

165.Fondazione Luigi Einaudi per Studi di Politica ed Economia - Roma

166.Fondazione Museo Stibbert - ONLUS - Firenze

167.Fondazione Napoli Novantanove - ONLUS - Napoli

168.Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII - Bologna

169.Fondazione Palazzo Coronini Cronberg - Gorizia

170.Fondazione Pietro Nenni - Roma

171.Fondazione Rosselli - Torino

172.Fondazione Scientifica Querini Stampalia - ONLUS - Venezia

173.Fondazione Spadolini Nuova Antologia - Firenze

174.Fondazione Stauros Italiana - San Gabriele -Isola Abruzzo del Gran Sasso

175.Fondazione Studi Storici Filippo Turati - ONLUS - Firenze

176.Fondazione Ugo da Como - Lonato

177.Fondazione Ugo e Olga Levi Centro di Cultura Musicale Superiore ONLUS - Venezia

178.Fondazione Università Internazionale dell'Arte - U.I.A. - Firenze

179.Fondazione Valentino Bucchi - Roma

180.Fondazione Verga - Catania

181.Gabinetto Scientifico Letterario "G.P. Vieusseux" - Firenze

182.Giunta Centrale per gli Studi Storici - Roma

183.Istituto Abbatia Sancte Marie de Morimundo

184.Istituto Alcide Cervi - Reggio Emilia

185.Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Contemporaneo - Roma

186.Istituto di Studi Storici Postali - Prato

187.Istituto e Museo di Storia della Scienza - Firenze

188.Istituto Internazionale di Studi Liguri - Bordighera

189.Istituto Internazionale Jacques Maritain - Roma

190.Istituto Italiano di Numismatica - Roma

191.Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria - Firenze

192.Istituto Italiano di Studi Storici - Napoli

193.Istituto Italiano per la Storia Antica - Roma

194.Istituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere - Milano

195.Istituto Luigi Sturzo - Roma

196.Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell'Arte - Roma

197.Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici - Firenze

198.Istituto Nazionale di Studi Romani - ONLUS - Roma

199.Istituto Nazionale di Urbanistica - Roma

200.Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia - Milano

201.Istituto per la Scienza dell'Amministrazione Pubblica - I.S.A.P. - Milano

202.Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano - Roma

203.Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda - ONLUS - Milano

204.Istituto per la Storia dell'Azione Cattolica e del Movimento Cattolico in Italia "Paolo VI" - Roma

205.Istituto per la Storia e l'Archeologia della Magna Grecia - Taranto

206.Istituto per le Ricerche di Storia Sociale e Religiosa - ONLUS - Vicenza

207.Istituto Storico Italiano per il Medioevo - Roma

208.Istituto Storico Lucchese - Lucca

209.Istituto Veneto Accademia di Scienze Lettere ed Arti - Venezia

210.Opera di Dante - Ravenna

211.Osservatorio Parlamentare - Roma

212.Pro Civitate Christiana - Assisi

213.Scuola Archeologica Italiana di Atene - Roma

214.Società chimica Italiana - Roma

215.Società Dantesca Italiana - Firenze

216.Società di Studi Valdesi - Torre Pellice

217.Società Entomologica Italiana - Genova

218.Società Europea di Cultura - S.E.C.I. - Venezia

219.Società Filologica Friulana - Udine

220.Società Geografica Italiana - Roma

221.Società Internazionale di Studi Francescani - Assisi

222.Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino (S.I.S.M.E.L.) - ONLUS - Impruneta

223.Società Italiana di Statistica - Roma

224.Società Italiana per il Progresso delle Scienze - Roma

225.Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente - Milano

226.Unione Accademica Nazionale - Roma

227.Opera nazionale "Montessori" - Roma

228.Unione Nazionale per la Lotta contro l'Analfabetismo

229.Casa Militare Umberto I

230.Fondazione museo internazionale delle ceramiche di Faenza - MIC

231.Fondazione Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "L. da Vinci"

232.Centro internazionale di radiocomunicazioni mediche (CIRM), istituito con decreto ministeriale 16 febbraio 1935, n. 16.

 

 

 

 

 

29 Maggio 2010

IL PALAZZO E IL PAESE

Federalismo, alta tensione

sui tagli agli enti locali

"Proporrò a Tremonti di portare già entro giugno, oltre al decreto legislativo sull’autonomia impositiva degli enti locali, anche quello su costi e fabbisogni standard". Tocca a Roberto Calderoli, per ordine di Bossi, interrompere la corsa a chi è più federalista della Lega innescata dai tagli drastici agli enti locali della Manovra. Un segnale all’opposizione che ironizza, e agli stessi governatori del Pdl che, con Roberto Formigoni, avevano di nuovo parlato di federalismo a rischio.

Ma, per non sapere né leggere né scrivere, diventava un messaggio anche per Silvio Berlusconi che, in mattinata, pur ribadendo che "i decreti attuativi saranno fatti nei tempi", poi aveva ribadito l’impegno "di varare una commissione all’interno del Pdl, che concluderà il suo esame entro l’estate". Si tratta, come si ricorderà, di una delle poche concessioni a Gianfranco Fini, durante lo scontro nella direzione del Pdl. Vuoi vedere, avranno pensato quelli della Lega, che Fini e Berlusconi si mettono d’accordo proprio sulla pelle nostra? Ed ecco Calderoli assumere quest’impegno "davanti a Comuni, Province e Regioni", un po’ promette, e un po’ minaccia.

La Lega, insomma, gioca la sua partita. Assumendo il comando delle operazioni non appena entrano in azione sistemi di frenatura. Lo stesso Calderoli non esitò, d’altronde, a portare lui stesso la prima bozza di riforma al Quirinale, innescando l’escalation polemica di Fini, nel Pdl, e il disappunto dello stesso premier. "La Lega – si riprende la scena, Calderoli – non avrebbe mai votato una manovra che mettesse a rischio il federalismo . E infatti il decreto legge non solo non lo tocca, ma anzi ne crea i presupposti", assicura. Una risposta secca al coro che invitava la Lega a fare il suo mestiere. Il più esplicito era stato proprio Formigoni, chiedendo "gli amici ministri della Lega e tutto il governo di voler salvare il federalismo fiscale, modificando la manovra". In serata la contro-replica del governatore lombardo: "Calderoli condivide la convinzione che, così come è, la manovra mette a repentaglio il federalismo. Le sue intenzioni sono giuste – concede – ma per fare il federalismo occorrono i numeri e finora nella manovra mancano".

Così i dubbi sui conti e quelli sui tempi s’intrecciano. Entro fine giugno, che è poi la scadenza cui fa riferimento Calderoli, la legge sul federalismo impone solo un passaggio in Parlamento per metterlo a conoscenza della relazione sui costi e sulle simulazioni attuative del federalismo, cui sta lavorando senza sosta (ma per concludere mancherebbero ancora una ventina di giorni) la Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale presieduta da Luca Antonini. E, stando così le cose, i tempi stretti ipotizzati da Calderoli, vista anche la zeppa messa da Berlusconi con la costituenda commissione del Pdl, non sembrano perseguibili.

L’opposizione invita il governo a uscire allo scoperto. Opposizione che mantiene, fra l’altro, il controllo di Anci (con il sindaco di Torino Sergio Chiamparino) e presidenza Regioni (col riconfermato Vasco Errani, a dispetto dei numeri che ora sarebbero a vantaggio del centrodestra). "Il federalismo è morto, Bossi lo sa ma tace", dice, per il Pd, l’ex sottosegretario Ettore Rosato. E, dopo l’uscita di Calderoli, Massimo D’Alema rincara la dose, parlando di "colpo durissimo al federalismo". Lo vede "a rischio", ora, anche Massimo Donadi, per l’Idv, reduce dall’idillio con la Lega sul federalismo demaniale. "Per crederci alla Lega resta solo il training autogeno", scherza Maurizio Ronconi, per l’Udc, che così rafforza la sua scelta di tenersene distante. "Le rassicurazioni della Lega? Solo propaganda", taglia corto Chiamparino.

Angelo Picariello

 

 

 

 

29 Maggio 2010

L'INTERVISTA

Ricolfi: il sogno della Lega

è già svanito

"Se il buongiorno si vede dal mattino, il federalismo di Calderoli è già stato colpito e affondato". La battuta del sociologo Luca Ricolfi esprime bene un’opinione diffusa, soprattutto in chi da tempo ha responsabilità di governo in Regioni e Comuni: con i sacrifici imposti dall’esecutivo (su richiesta dell’Europa) la grande riforma dello Stato dovrà attendere. "La verità è che questa è una manovra antifederalista" osserva Ricolfi.

Perché?

Perché allarga, in modo iniquo, le differenze territoriali già presenti nel nostro Paese. Il punto non è soltanto che mancano le risorse, ma che con questa manovra le risorse vengono chieste nella stessa misura ai soggetti virtuosi e a quelli meno virtuosi. Che fine hanno fatto i meccanismi premiali? Perché Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, che sono regioni efficienti, vengono trattate come Umbria, Lazio e Liguria che non lo sono?

In tempi di sacrifici, come ha peraltro riconosciuto Berlusconi, non trova giusto che tutti partecipino allo stesso modo alla messa in sicurezza delle finanze pubbliche?

No. Se i tagli vanno a tutti in modo indiscriminato, vuol dire che il principio di equità non vale per nessuno. Peccato, perché molti amministratori pubblici stanno bussando alla porta della Fondazione David Hume, di cui sono presidente, proprio per chiederci analisi dettagliate sugli sprechi e per costruire insieme a noi nuovi indici di virtuosità. Ma il risveglio che registriamo nei territori non è stato recepito nella manovra.

Si riferisce al taglio delle Province, prima annunciato e poi ritirato?

Non sono del tutto convinto che l’abolizione delle Province sia un provvedimento così necessario. Rispetto a Comuni e Regioni, sono enti che costano meno e che hanno compiti tutt’altro che irrilevanti, dalla manutenzione delle strade all’edilizia scolastica. Ridurre di poco le spese della politica a questo livello, alla fine, può rivelarsi controproducente se, per ridefinire le competenze che vengono tolte, la riorganizzazione presenta costi aggiuntivi.

Cosa c’è di apprezzabile nel provvedimento del governo?

Senza dubbio, c’è la presa d’atto che gli stipendi dei dipendenti pubblici sono cresciuti a ritmo quasi doppio rispetto a quelli dei dipendenti privati. È giusto che, nel caso della pubblica amministrazione, avvenga un congelamento delle retribuzioni. Per questo, trovo corporativa e ridicola la protesta dei magistrati e dei professori universitari. Era necessario intervenire anche sulle pensioni dei falsi invalidi, colpendo però quelle zone del Centro-Sud in cui il fenomeno è maggiormente diffuso.

La manovra sta provocando malumori tra i governatori del centrodestra e solo la Lega sembra difenderla a spada tratta. Perché?

I leghisti mi fanno tanta tenerezza. Chi tra di loro sta in periferia, alla guida dei Comuni, si rende conto che i soldi sono sempre di meno e che non c’è una redistribuzione virtuosa. Chi sta al governo, invece, è tutto proteso a garantire la tenuta dell’esecutivo e la realizzazione del federalismo. C’è una grossa spaccatura in atto. Mi sembra come quando il Pci diceva agli operai: adesso fate i sacrifici, poi faremo il comunismo. Ecco, i leghisti stanno diventando un po’ come i comunisti. Il loro sol dell’avvenire è il federalismo, un sogno che ormai è già svanito.

Diego MOtta

 

 

 

 

 

 

2010-05-27

27 maggio 2010

FINANZIARIA

Marcegaglia: "Sì alla manovra

ma non è strutturale"

"Gli interventi della finanziaria 2011-2012 si muovono correttamente per rallentare la spesa e arginare l'evasione", dice Emma Marcegaglia. Che chiede riforme strutturali e non dettate dall'emergenza. Sottolinea quindi che la maggiore disciplina "non è stata il frutto di una scelta politica maturata con lungimiranza e senso di responsabilità. Ma è stata imposta dall'andamento dei mercati".

Serve ora un impegno bipartisan sul percorso parlamentare della manovra: "In Parlamento maggioranza e opposizione hanno ora la possibilità di voler far propria quella disciplina". Arginando "favoritismi e clientelismi" che porterebbero "sprechi e corruzione". Per la leader degli industriali, poi, "mettere in ordine i conti pubblici non basta e non è neppure duraturo senza profonde riforme strutturali. Riforme che modificano l'operare dello stato, il perimetro della sua azione, la stessa concezione della sua funzione".

Le riforme sono oggi "più che mai urgenti". Al contrario, "il passo delle riforme è stato troppo lento e uno scontro politico e sociale sulla finanziaria potrebbe bloccarle del tutto. Sarebbe esiziale. Invece, bisogna accelerarle".

Rimarcando come "l'ultimo anno e mezzo è stato durissimo", Marcegaglia sottolinea che ora "è

in corso un rimbalzo che potrebbe anche risultare superiore alle attese. La produzione industriale sta aumentando del 7% annuo e accelera il passo". Ma, avverte il numero uno di Viale dell'Astronomia, "su questo recupero gravano le incognite della crisi europea in atto. Comunque - dice - non si tratterà di un duraturo innalzamento del nostro ritmo di sviluppo".

Marcegaglia parla di "uno scenario davvero poco incoraggiante" e si sofferma anche sul confronto con gli altri Paesi europei, a partire dalla Germania. "Abbiamo ceduto ai tedeschi ben 32 punti di competitività. Non ci si deve stupire se l'Italia cresce poco", afferma ancora il presidente di

Confindustria evidenziando il "cattivo andamento della produttività".

Per l'Italia il bilancio della crisi "è pesantissimo, rispetto ai picchi del primo trimestre 2008, - ha detto - abbiamo perso quasi 7 punti di Pil e oltre 700.000 posti di lavoro. Il ricorso all Cig è aumentato di sei volte. La produzione industriale è crollata del 25%, tornando ai livelli di fine 1985: 100 trimestri bruciati"

 

 

 

 

27 maggio 2010

ECONOMIA E POLITICA

Manovra, lodi e proteste

Una manovra necessaria, "non il trazionale aggiustamento dei conti pubblici", originata dalla "crisi speculativa sull’euro". Imposta dall’Europa, anzi dalla linea che l’Unione si è data proprio sulla spinta, decisiva, dell’Italia. "Se non c’erano questi due signori qui quel drammatico fine settimana, la crisi sarebbe stata ben più grave", rivendica Silvio Berlusconi per sé e per il "signore" che gli è a fianco, Giulio Tremonti, ricordando il vertice dell’8 e 9 maggio, convocato sull’onda della crisi greca. Per correggere i conti di un continente "che vive al di sopra delle sue possibilità".

Davanti ai giornalisti assiepati nella saletta di Palazzo Chigi, il premier si presenta con un insolito discorso scritto di sette cartelle per non lasciare neanche una parola al caso, e con al fianco il ministro dell’Economia. Smentisce che ci siano state divergenze fra loro. "Abbiamo lavorato gomito a gomito con Gianni Letta, e non c’è mai stato un momento in cui la dialettica sia salita", assicura. E quando sottolinea un passaggio di chiaro stampo tremontiano (su lord Beveridge e "lo Stato che accompagnava dalla culla fino alla tomba...") voltandosi alla sua destra verso il ministro dell’Economia, questi gli dà un cenno d’intesa con l’occhiolino.

Perché lo Stato, ora, attacca Berlusconi, deve sopperire ai guasti dei "governi consociativi della prima Repubblica", e alla riforma "dissennata" attuata dal "governo della sinistra , che con soli quattro voti di scarto dieci anni fa, ha attribuito alle Regioni un potere di spesa sulla sanità sganciato da ogni responsabilità".

Conferma l’entità della manovra in 24 miliardi sui due anni (24,9 per la precisione dirà poi Tremonti) ma rivendica: "Non abbiamo aumentato le tasse". Cita, al confronto, i 30 miliardi della Grecia, i 50 della Spagna già decisi, i 100 e i 60 in arrivo rispettivamente per Francia e Germania.

E il taglio delle tasse? Berlusconi e Tremonti ricordano che nel programma di governo c’era la clausola di salvaguardia dei conti pubblici in caso di crisi. "E di crisi ce ne sono state due", ricordano, quella americana della bolla immobiliare, e ora quella dell’euro. "Ma speriamo di poterci arrivare. In tal caso – promette – inizieremo dalle famiglie numerose, col quoziente familiare, e dal taglio dell’Irap alle imprese".

Il premier conferma i tagli agli sprechi, su cui poi si soffermerà Tremonti. Tagli "lineari" del 10 per cento ai ministeri, spiega che gli statali dovranno dare il buon esempio "stando fermi un giro", rinunciando ad aumenti per tre anni, e ricorda le ricette lacrime e e sangue degli altri, Spagna in primis. Promette una lotta senza quartiere all’evasione. Difende come una "giusta via di mezzo" la tracciabilità fissata alla fine a 5mila euro per i pagamenti in contanti. Cita poi i dati "inaccettabili" del sommerso di Calabria (85 per cento) Sicilia (63), Campania (55), per complessivi "mancati introiti di 120 miliardi". Sono gli "impegni presi con l’Europa, di cui siamo i fondatori e che è la nostra casa, e lo sarà sempre di più", sottolinea Berlusconi. Ringrazia il presidente Napolitano e dà la disponibilità all’opposizione ad accettare correttivi, con una mezza promessa sul mancato ricorso alla fiducia.

Un testo ponderoso, i cui capitoli passano a 54 dai 22 annunciati, e par di capire che il testo definitivo sarà quello che nei prossimi giorni, al sua rientro dagli Usa, sarà consegnata al presidente della Repubblica. L’ultimo giallo l’abolizione delle Province, di cui Tremonti non parla per niente. Una manovra, spiega, che "modifica profondamente lo stato sociale, al fine di salvarlo". Sugli enti locali il ministro conferma che il taglio maggiore è per le Regioni, pur nel rispetto dovuto all’autonomia tutti gli organi di rilevanza costituzionale. Ma, assicura, "la sanità è l’unica cosa che non abbiamo toccato". Nel ponderoso volume che questa manovra è diventata anche molte misure per lo sviluppo, fra cui una fiscalità di vantaggio per il Sud sempre bocciata dall’Europa. Ma con la formula dell’abolizione dell’Irap per chi investe, stavolta – è convinto Tremonti – l’Ue dirà di sì.

Angelo Picariello

 

 

 

 

 

27 maggio 2010

La stretta e il progetto

Ciò che non sembra mai opportuno e invece è necessario

Non vi sono dubbi sulla necessità di un intervento economico che metta in sicurezza i conti pubblici di fronte alle tentazioni speculative sull’Europa e sul debito pubblico italiano: il maggior costo in più per il collocamento dei titoli di Stato italiano rispetto a quelli tedeschi è l’imposta principale pagata con questa manovra. Il rischio di una nuova crisi finanziaria ci ricorda come gli standard globali per la finanza, su cui si è dibattuto nell’anno passato, rimangano ancora colpevolmente nel cassetto. L’esperienza degli ultimi vent’anni con un debito pubblico elevato è quella di un succedersi di manovre di emergenza, alle quali è sempre seguita una decelerazione della crescita economica, al punto che la bassa crescita è diventata uno dei dati costanti della nostra economia.

L’emergenza, però, è spesso anche l’occasione per interventi strutturali, difficili in tempi normali ma che diventano possibili in momenti di crisi, quando l’incalzare degli eventi consente di abbattere il muro degli interessi particolari, altrimenti invalicabile.

È questo il caso dell’evasione fiscale, un problema particolarmente acuto in Italia, che nei giorni passati sembrava essere al centro della manovra, ma che poi è parso evaporare nell’elenco dei provvedimenti. Ma vi è soprattutto una categoria di provvedimenti per i quali il momento economico non è mai giudicato opportuno – da almeno vent’anni – anche se rappresentano il cuore pulsante di una genuina ripresa economica e sociale: si tratta della questione della famiglia e dei figli, di cui non vi è traccia nella manovra. Il rischio associato a un elevato debito pubblico, per il quale è sempre invocata la nostra responsabilità rispetto al futuro dei nostri figli, potrebbe paradossalmente ridimensionarsi perché di nuovi nati ve ne sono sempre meno.

L’economia italiana – con un analogo paradosso – sembra sfidare i pochi giovani in circolazione, i quali anziché essere più ricercati, perché pochi, faticano invece a trovar lavoro e a costituire una nuova famiglia, e potrebbero perciò essere seriamente tentati di andarsene in numero sempre maggiore all’estero. Magari in Francia dove famiglia e figli sono trattati molto meglio di quanto avvenga in Italia. O magari a Berlino dove possono affittare o acquistare una casa alla metà dei prezzi italiani. Abbiamo perciò bisogno, come in Francia e in Germania, non solo di una politica di risanamento della finanza pubblica, ma anche e contemporaneamente di un risanamento dei bilanci familiari, anche come premessa per una ripresa del mondo delle piccole e medie imprese che in gran parte si sostiene sulla domanda interna. Il declino demografico italiano è tanto più preoccupante perché neanche i flussi migratori, ormai necessari, sono sufficienti per rispondere ai problemi sociali ed economici di una società sempre più anziana, nella quale un numero crescente di donne sole ha bisogno di nipoti e non solo di pensioni.

I figli sono la molla potente che spinge a guardare al futuro lontano, a lavorare e a impegnarsi per cercare di offrire loro un futuro migliore, così com’è avvenuto negli anni del miracolo economico. Così come avviene oggi nei Paesi che stanno uscendo più rapidamente e con maggior vitalità dalla crisi e che, non casualmente, sono nazioni "giovani" come gli Stati Uniti, la Cina, l’India o il Brasile, mentre Francia e Germania si preoccupano non solo del debito pubblico ma anche della ripresa.

Se vogliamo davvero guardare al futuro è sufficiente preoccuparsi delle enormi difficoltà economiche dell’avere figli in Italia: è solo per loro che si possono chiedere sacrifici al Paese.

Luigi Campiglio

 

 

 

 

2010-05-26

25 Maggio 2010

POLITICA ECONOMICA

Il ministro Tremonti:

ridurre il debito pubblico

Primum vivere. È il motto con il quale Giulio Tremonti sta tentando di far bere l'amaro calice a enti locali e sindacati presentando loro la manovra da 24 miliardi per il 2011 e il 2012 che il governo varerà stasera. Ammonta infatti a oltre 13 miliardi il taglio previsto nel biennio sui fondi a Regioni, Province e Comuni. Sforbiciata in vista anche per pensioni e salari del pubblico impiego. Tanto che Cisl e Uil sospendono in giudizio in attesa del testo definitivo, mentre la Cgil - che ha preferito non prendere la parola durante la riunione - definisce la manovra "iniqua" e chiede modifiche in Parlamento.

Per le Regioni si parla di un intervento di massima di 5 miliardi per anno anche se il governo non ha fornito cifre dettagliate durante l'incontro. Duro il commento del presidente uscente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, secondo il quale la manovra "è insostenibile per le ricadute che avrà e per i servizi ai cittadini che le Regioni devono erogare. Serve chiarezza per fare una manovra che non sia recessiva".

Il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, ha spiegato che i tagli per Comuni e Province ammonteranno a 1,1 miliardi nel 2011 (800 milioni a carico dei Comuni e 300 milioni per le Province) e a 2,1 miliardi nel 2012 (1,5 miliardi per i comuni e 600 milioni per le Province). Chiamparino ha confermato che la manovra contiene l'atteso concordato fiscale per l'emersione delle case "fantasma". In base allo schema emerso ieri, chi non ha comunicato l'aggiornamento catastale degli immobili potrà mettersi in regola con sanzioni ridotte a un terzo. In caso contrario si vedrà attribuire una rendita presuntiva sull'immobile.

SINDACATI SOSPENDONO GIUDIZIO, PROTESTANO DIPENDENTI CHIGI

Tempi duri anche per i dipendenti pubblici per i quali è previsto un blocco triennale degli stipendi. "Il cedolino degli stipendi pubblici resterà quello di prima. Non un euro di più", ha detto chiaramente Tremonti ai sindacati che lo stanno incontrando a Palazzo Chigi.

Reazione tiepida da parte di Luigi Angeletti, leader della Uil: "Non siamo entusiasti, ma sappiamo che dobbiamo tagliare la spesa". Angeletti ha aggiunto che il mancato rinnovo dei contratti al pubblico impiego sarebbe "un sacrificio accettabile" se la manovra confermasse la riduzione delle retribuzioni per i dirigenti pubblici.

Tremonti, aprendo la riunione alla quale non ha partecipato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha ricordato l'importanza dei vincoli europei spiegando che la manovra è finalizzata al calo del debito pubblico attraverso tagli di spesa e contrasto all'evasione fiscale.

"L'obiettivo fondamentale è ridurre il debito pubblico. La riduzione della spesa pubblica è un percorso obbligato. Primum vivere deinde philosophari. In manovra c'è il maxi contrasto all'evasione fiscale", ha detto Tremonti secondo quanto riferito da una fonte presente all'incontro.

Oltre ai 100 mila controlli l'anno che l'Inps dovrà fare per snidare i falsi invalidi, la manovra riduce a 5 mila euro dagli attuali 12.500 euro il tetto per l'uso dei contanti, misura che pone le basi per un rafforzamento degli accertamenti fiscali. Il ministro ha confermato che la manovra punta ad una correzione dei conti pubblici di 0,8 punti nel 2011 e 0,8 nel 2012.

Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha detto che se la manovra conterrà, oltre a tagli alla spesa anche rilancio della produttività, lotta all'evasione e tagli ai costi della politica, il giudizio degli imprenditori sarà positivo.

Nella manovra, secondo Tremonti, sarà presente anche un sostegno al nuovo modello contrattuale decentrato. In sostanza il governo dovrebbe riproporre anche nel 2011 gli incentivi alla parte di salario legata alla produttività.

Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha confermato che non ci saranno interventi strutturali sulle pensioni "ma soltanto uno spostamento della erogazione della pensione".

La manovra dovrebbe prevedere uno slittamento di sei mesi per il pensionamento dal 2011, fatti salvi i diritti acquisiti da chi ha 40 anni di contributi. Tremonti non ha fornito dettagli. Le misure lasciano scontenti anche i dipendenti di Palazzo Chigi. Alcune decine di persone hanno infatti accolto Tremonti all'uscita con fischi e 'booh'.

 

 

 

 

2010-05-25

 

24 Maggio 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra, ecco il piano

Si cerca intesa tra le parti

Sprint finale per la manovra 2011-2012 che approderà domani pomeriggio in Consiglio dei ministri. Sono ore di consultazioni frenetiche per la messa a punto del menù delle misure che confluirà in un decreto legge. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, illustrerà la manovra stasera alla Consulta economica del Pdl e domani mattina vedrà, insieme con il premier Silvio Berlusconi, gli enti locali e le parti sociali prima del Cdm in programma alle 18.

La bozza prende intanto forma: tra le modifiche dell'ultima ora scompare il condono edilizio, che avrebbe dovuto portare nelle casse dello Stato circa sei miliardi, ma resta la regolarizzazione degli oltre due milioni di immobili fantasma. "Non ci sarà nessun condono edilizio", ha assicurato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti confermando che l'entità della manovra sarà di 24 miliardi. "Bisogna mettere a catasto circa due milioni di unità immobiliari e questo sarà fatto", ha aggiunto Bonaiuti, che ha anche assicurato che "l'entità delle pensioni non si tocca, ma ci potrà essere un aggiustamento sulle finestre".

Sembra esclusa, ma non è ancora certo, l'introduzione del ticket sanitario da 7,5 euro sulle visite specialistiche, ipotesi circolata nei giorni scorsi. Confermata la stretta sulle pensioni di invalidità anche se dovrebbe saltare il tetto di reddito per gli assegni di accompagnamento.

Si rafforza il pacchetto anti-evasione con l'introduzione del nuovo redditometro, la stretta sulle compensazioni Iva e i limiti al pagamento in contanti. È previsto anche un giro di vite sui giochi clandestini. Sul capitolo pensioni la riduzione delle finestre di vecchiaia e anzianità a una unica potrebbe lasciare spazio a una diversa rimodulazione delle uscite.

Sul fronte del pubblico impiego sembra confermato il blocco dei contratti per il triennio 2010-2012 (la misura colpirebbe anche il personale non contrattualizzato come magistrati, forze dell'ordine, militari e professori universitari) e quello del turnover.

Più incerta la sforbiciata per gli stipendi dei dirigenti pubblici con un contributo di solidarietà del 10% sulle buste paga superiori agli 80-100mila euro. Si va verso una razionalizzazione degli enti di previdenza con la creazione di tre grandi poli. L'Inps, in cui dovrebbe confluire tutta la previdenza del settore privato, potrebbe assorbire l'Ipost (l'ente di assistenza dei lavoratori delle poste) e l'Enasarco (ente pensione di agenti di commercio e promotori finanziari). Più incerto il futuro dell'Enpals (lavoratori dello spettacolo).

Nell'Inail, a cui farebbero capo assicurazioni e infortuni sul lavoro - potrebbero invece confluire l'Ipsema (l'ente di previdenza del settore marittimo) e l'Ispels (Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro). Per la previdenza del pubblico impiego resterebbe l'Inpdap.

 

 

 

 

24 Maggio 2010

CRISI

Germania, drastico piano

di austerity in vista

La Germania sta preparando un drastico piano di austerity per i prossimi anni che prevede tagli per dieci miliardi di euro all'anno fino al 2016. Lo scrive il Financial Times che cita fonti vicine al governo

tedesco, sottolineando che il piano di Berlino "è d'esempio all'Eurozona" e che le misure rappresentano uno shock per gli altri Paesi membri dell'area.

Il programma di tagli dovrebbe basarsi su un aumento della pressione fiscale oltre che sulla riduzione della

spesa, nonostante la precedente promessa fatta dalla coalizione di governo di ridurre le tasse.

 

 

 

2010-05-22

22 Maggio 2010

FINANZIARIA

Mini rinvio per la manovra?

Spunta il condono edilizio

Sulla manovra biennale che marcia ormai verso i 27 miliardi si profila un mini-rinvio. Ma per chiuderla torna in campo l’idea di un mega-condono edilizio, che, da solo, varrebbe quasi un quarto del provvedimento, cioè circa 6 miliardi. Silvio Berlusconi vuole prendere tempo e per chiudere il cerchio in serata torna a confrontarsi col ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. La manovra lascerà in ogni caso il segno, ha spiegato il premier dopo l’incontro avuto a Roma con il presidente della Commissione Ue, Barroso, perché nei governi europei "c’è la piena consapevolezza di aver vissuto al di sopra delle proprie possibilità".

Restano ancora da fissare molti contenuti. Fra le novità di giornata entrano una cura da almeno 2,5 miliardi (nel biennio) sulla sanità, una stretta fiscale sui fondi immobiliari, il parziale ritorno della tracciabilità dei pagamenti sopra una certa cifra, un incremento della fascia di reddito (da 3.500 a 5mila euro) per le pensioni "d’oro" che saranno sottoposte all’extra-prelievo del 10%, mentre per il taglio agli stipendi la soglia potrebbe essere abbassata da 100 a 80mila euro (sulle somme superiori scatterebbe la decurtazione). Un terzo della manovra (circa 9,2 miliardi) potrebbe venire poi dal nuovo sforzo chiesto a Regioni (4 miliardi nel biennio), Comuni (altri 4) e Province (1,2). Si torna poi a parlare, nella previdenza, di accorpamenti di enti per aggregarli solo attorno a Inps, Inpdap e Inail mentre, accanto alla caccia agli enti inutili, nel mirino potrebbero finire anche Isae, Isfol e Ice che potrebbero essere assorbiti dai ministeri di riferimento.

Avanza, poi, più di un dubbio sulla realizzabilità del taglio del 10% ai maxi-stipendi pubblici (sopra 80mila euro). La misura richiede una riflessione perché, si fa notare, intervenire sulle retribuzioni di personale contrattualizzato potrebbe offrire profili d’incostituzionalità. Meno problemi creerebbe il taglio per magistrati, diplomatici e prefetti, che hanno stipendi agganciati a ministri e parlamentari, per i quali una riduzione è confermata e potrebbe anzi salire al 15% per seguire l’esempio spagnolo. Sul tavolo c’è anche un possibile taglio del Fua, fondo destinato a pagare i premi di merito nel pubblico impiego: ipotesi che sembra sfumare perché il ministro Renato Brunetta si è impuntato, osservando che si minerebbe "l’unica riforma targata Pdl" varata finora, quella della Pubblica amministrazione, visto che le altre sono di matrice Lega.

Il quadro è ancora ingarbugliato, dunque. E il tempo stringe. Anche Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, ha parlato di "ore frenetiche". È soprattutto Tremonti a volerli accelerare, per mettersi al riparo dalle pressioni dei mercati. Berlusconi è invece per qualche giorno in più, anche perché vorrebbe riunire prima la Consulta economica del Pdl per non lasciare la "regia" solo a Tremonti e cercare la maggior collegialità possibile. La mediazione passerebbe anche per lo spacchettamento della manovra in 2: alcune misure subito per decreto, le altre in un ddl. Il nuovo redditometro, a esempio, scatterebbe solo da gennaio 2011, così come richiederà tempi lunghi il concordato in 3 tappe per regolarizzare le "case-fantasma" che non risultano al Catasto (pare siano quasi 2 milioni, con possibili entrate per 1-1,5 miliardi).

Eugenio Fatigante

 

 

 

22 maggio 2010

FINANZIARIA

Berlusconi: "Dalla manovra

nessuna macelleria sociale"

"Di fronte allo tsunami che sta mettendo a dura prova tutti i Paesi europei il solito partito dei pessimisti è tornato a farsi sentire e a diffondere le solite menzogne e veleni, attribuendo al nostro governo il proposito di varare a breve provvedimenti punitivi che sono per l'ennesima volta totalmente inventati". Lo afferma i presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un messaggio registrato ai Promotori della Libertà.

Chiedo il vostro impegno: dovete sapere far sapere che non uno di questi fantasiosi provvedimenti di macelleria sociale di cui si legge su certa stampa in questi giorni risponde al vero. Noi stiamo lavorando in stretto contatto con le parti sociali. È assolutamente falso che sia alle viste un aumento delle imposte". Lo afferma i presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un messaggio registrato ai Promotori della Libertà.

"Non verranno toccate - precisa Berlusconi - nè la sanità nè le pensioni, nè la scuola nè l'Università. È sicuro invece che il governo continuerà a mantenere i conti pubblici in ordine con una politica prudente, coniugando il rigore con l'equità e il sostegno alo sviluppo. E ripeto: non aumenteremo le tasse. Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani".

 

 

 

Il Papa: governi deboli

contro le speculazioni

"L'interazione etica delle coscienze", necessaria per affrontare la crisi economica, appare "troppo debole presso quei governanti che, a fronte di rinnovati episodi di speculazioni irresponsabili nei confronti dei Paesi più deboli, non reagiscono con adeguate decisioni di governo della finanza". Lo ha detto Papa Benedetto XVI ricevendo in udienza i partecipanti a un convegno promosso dalla Fondazione Centesimus Annus-Pro Pontifice.

"La crisi e le difficoltà di cui al presente soffrono le relazioni internazionali, gli Stati, la società e l'economia, infatti – ha aggiunto il pontefice – sono in larga misura dovute alla carenza di fiducia e di un'adeguata ispirazione solidaristica creativa e dinamica orientata al bene comune, che porti a rapporti autenticamente umani di amicizia, di solidarietà e di reciprocità anche dentro l'attività economica". Senza questo, l'economia si ridurrebbe alla produzione di beni materiali, alimentando "consumismo, spreco, povertà e squilibri".

"Come rilevavo nell'enciclica Caritas in veritate, uno dei maggiori rischi nel mondo attuale – ha citato Papa Ratzinger – è quello che all'interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l'interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umanò. Una tale interazione, ad esempio, appare essere troppo debole presso quei governanti che, a fronte di rinnovati episodi di speculazioni irresponsabili nei confronti dei Paesi più deboli, non reagiscono con adeguate decisioni di governo della finanza. La politica – ha ammonito – deve avere il primato sulla finanza e l'etica deve orientare ogni attività

 

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.corriere.it

2010-08-18

il caso

"Poveracci" sui mega-yacht,

indagini su cento imbarcazioni

Disoccupati scoperti sulle barche. Finanza in azione da Positano a Sapri:controlli per scoprire i veri padroni

SALERNO— Nullatenenti e disoccupati. Con l’unico torto di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ecco chi c’era sui potenti yacht e mega-yacht controllati dai militari della sezione operativa navale della Guardia di Finanza di Salerno agli ordini del capitano Alessandro Furnò nella fascia costiera che si estende da Positano a Sapri.

Mica vip danarosi come il cantante Vasco Rossi e l’attore Massimo Boldi, finiti anche loro nei giorni scorsi nell’analoga azione di accertamento anti-evasione. O l’ex manager della Renault di Formula Uno, Flavio Briatore, Solo poveracci, dalle dichiarazioni dei redditi irrisorie, presumibilmente prestanome di imprenditori e professionisti che in questo modo eludono il fisco o, peggio ancora, fanno affari d’oro con la malavita organizzata. Il blitz, che si inserisce in uno specifico piano straordinario nazionale d’intesa con l’Agenzia delle Entrate finalizzato alla determinazione del reddito delle persone fisiche, è scattato tra i porti di Amalfi, Maiori, Agropoli, Acciaroli, Palinuro, Scario, Camerota e Policastro e ha coinvolto circa cento persone e altrettante imbarcazioni riconducibili molto probabilmente a società di charter fittiziamente costituite all’unico scopo di nascondere il vero utilizzatore. Ma c’è anche il sospetto che dietro la titolarità di società di charter che offrono servizi di noleggio di imbarcazioni di lusso ci sia invece l’uso esclusivamente privato per eludere in parte le tasse dovute.

I finanzieri sono intervenuti con veri e propri posti di blocco mentre le barche di lusso erano in acqua e non ormeggiate in rada. In questo modo è stato più semplice poter individuare le persone a bordo con relativo equipaggio. Nè è stato possibile sottrarsi ai controlli come può accadere quando gli yacht sono ancorati e a bordo non c’è nessuno. "La cosa che ci ha maggiormente colpito - spiega il colonnello Alberto Catone, comandante regionale del reparto operativo aeronavale della Guardia di Finanza - è che su panfili e motoscafi anche di venticinque metri abbiamo trovato persone che non avevano reddito o con reddito bassissimo". Ora tutto sta a capire chi c’è dietro questi improbabili armatori. Tutti i dati raccolti saranno ora trasmessi ai reparti territorialmente competenti per gli ulteriori sviluppi di natura fiscale che consentiranno di individuare e circoscrivere nuovi fenomeni di evasione ed elusione fiscale.

Secondo Contribuenti.it il 64% degli yacht che circolano in Italia, sono intestati a nullatenenti, o ad arzilli prestanomi ultraottantenni o a società di comodo, italiane o estere per evadere le tasse. "Finalmente dopo le nostre numerose denunce anche l’Agenzia delle Entrate ha iniziato a verificare le numerose società di noleggio nautico – afferma Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it – speriamo che estenda il raggio di azione anche alle società estere, in particolar modo a quelle residenti in paradisi fiscali".

Gabriele Bojano

18 agosto 2010

 

 

 

La storia La Cina alza la posta: se volete le risorse, producete da noi

Missili, computer e auto Pechino blinda il controllo sui 17 minerali dell'hi-tech

Il rapporto dell'agenzia Usa: siamo subalterni La potenza monopolista Nella Repubblica Popolare il 97% delle risorse necessarie alla Us Army, Toyota, Nokia o Apple

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MILANO - Se qualcuno vuole sapere dove va il mondo, può prendere nota di un indizio: i tank della Us Army sono "made in China". Non solo i carri armati, lo sono anche i missili intelligenti che inseguono il bersaglio. E con quelli anche alcuni dei radar militari più sofisticati o i motori ibridi degli incrociatori della Marina.

Ovviamente non tutto di questi armamenti prodotti da grandi gruppi Usa come Lockheed Martin, Northrop Grumman o General Dynamics è "made in China". Vengono da lì solo quelle piccole, invisibili componenti magnetiche che consentono a queste tecnologie di funzionare. Si tratta di 17 elementi della tavola periodica dai curiosi nomi come lutezio, ittrio, scandio, europio o neodimio. Sono le materie prime del futuro, quelle alla base di gran parte delle tecnologie più promettenti del ventunesimo secolo: dalle auto ibride, alle pale eoliche, agli smartphone.

 

Shanghai Stock Exchange (Ansa)

Shanghai Stock Exchange (Ansa)

Una loro qualità minerale è che esercitano un magnetismo resistente ad altissime temperature. Ma la particolarità strategica più vistosa è che il 97% della produzione globale di questi materiali viene dalla Cina. Sia per uso commerciale, che per le tecnologie militari. E Pechino mostra tutte le intenzioni di far leva sul suo potere di mercato in questo campo per obbligare il resto del mondo ad accettare le proprie condizioni: queste comportano non solo un trasferimento netto di capitali, ma anche di lavoro e soprattutto di segreti industriali dall'Occidente verso la Repubblica Popolare.

I rapporti di forza in questo campo sono tutti a favore della Cina, nota un rapporto dell'aprile scorso del Government Accountability Office (Gao) dell'amministrazione Usa. Senza questi 17 elementi rari della terra, non è possibile produrre niente di tutto ciò che oggi dà speranza all'industria più avanzata. Il neodimio per esempio è l'elemento essenziale per la produzione di batterie e motori delle auto ibride o elettriche, per l'hardware dei computer, per i cellulari e per le telecamere. In campo militare, con l'ossido neodimio sono composti i magneti che azionano le ali direzionali dei missili di precisione. Con l'europio e l'ittrio si producono invece le fibre ottiche e le lampadine "verdi", lo scandio è la materia prima dell'illuminazione da stadio, mentre il prometio serve per i macchinari medicali di ultima generazione. Da Philips a Siemens, da Toyota a Nokia, a Hewlett Packard a Apple, fino a Sony e Canon: nessuna grande multinazionale delle democrazie industriali può produrre i propri beni più preziosi senza rifornirsi in Cina di questi 17 materiali rari.

Senza, la vita sarebbe diversa. Il problema è che la Cina non vende, o vende sempre meno e a condizioni sempre più difficili: anziché esportare gli elementi, vuole che far produrre in Cina le tecnologie estere che li integrano. Secondo quanto riferisce il rapporto del Gao al Senato Usa, il monopolio di Pechino in questo campo in realtà è frutto della lungimiranza del governo più che della dotazione di materie prime. In Cina si trova il 37% delle riserve conosciute di questi 17 elementi, nell'ex Urss il 18%, negli Stati Uniti il 12%. Ma la Russia non ha i mezzi per l'estrazione e l'America negli ultimi 12 anni l'ha bloccata (a Mountain Pass, in California) in nome della tutela ambientale. I minerali rari sono infatti spesso uniti a sostanze radioattive e le miniere inquinano le acque dell'area circostante: in una democrazia nessuno le vuole avere vicino a casa propria. Servono tecnologie di tutela dei minatori, investimenti elevati, complesse autorizzazioni, tutto ciò di cui la Cina non si interessa. Anche se volesse, l'America avrebbe bisogno di altri 15 anni per rilanciare l'estrazione (e a costi ben più alti che in Cina).

 

Da qui il potere di Pechino sulle materie prime del futuro, che il governo ora usa come una leva sul resto del mondo. In primavera ha alzato i dazi all'export al 25%, a luglio ha tagliato le quote delle vendite all'estero del 72% per il 2010. L'anno prossimo esporterà solo il 60% del fabbisogno globale e, per il resto, propone alle multinazionali di venire a produrre dove si trova la materia prima. Per capire perché lo faccia, basta seguire le proteste di Siemens, Basf, General Electric: accusano il governo di Wen Jiabao di rubare metodicamente il know-how dei suoi "ospiti".

Federico Fubini

18 agosto 2010

 

 

 

2010-08-17

n particolare versati rimborsi iva per 4 miliardi

Fisco: rimborsi per 6 miliardi di euro

E' questo l'ammontare delle somme restituite a cittadini e imprese fino al 31 luglio scorso

in particolare versati rimborsi iva per 4 miliardi

Fisco: rimborsi per 6 miliardi di euro

E' questo l'ammontare delle somme restituite a cittadini e imprese fino al 31 luglio scorso

MILANO - Ha toccato quota 6 miliardi di euro l'ammontare delle somme restituite quest'anno dall'Agenzia delle Entrate ai contribuenti fino al 31 luglio 2010. A beneficiare dei rimborsi di imposte e bonus sono stati circa un milione tra lavoratori dipendenti e pensionati, professionisti e imprese. Da un punto di vista numerico, il dato più rilevante riguarda le imposte dirette con oltre 783 mila rimborsi eseguiti dall'Agenzia delle entrate principalmente a favore delle persone fisiche. Per ciò che riguarda gli importi, invece, la parte del leone la fa l'Iva con ben 4 miliardi di euro riconosciuti a lavoratori autonomi e aziende.

IMPOSTE DIRETTE - I rimborsi relativi a imposte dirette e bonus, destinati a cittadini e imprese, nei primi sette mesi del 2010 hanno fatto registrare l’erogazione di oltre 1,7 miliardi di euro, contribuendo di riflesso a incrementare la liquidità disponibile a famiglie e aziende. Nel dettaglio, si tratta di rimborsi richiesti con le dichiarazioni presentate fino al 2008 e riferibili, quindi, in parte all’anno d’imposta 2007 e in parte agli anni precedenti. "Nuova liquidità - prosegue la nota dell'amministrazione fiscale - è stata assicurata anche alle aziende, ditte individuali incluse, in riferimento ai rimborsi Iva richiesti. In totale, infatti, questi rimborsi hanno consentito l'immissione di liquidità a favore delle imprese per oltre 4 miliardi di euro". Infine, a favore dei contribuenti non residenti, sempre restando in materia di imposta sul valore aggiunto, sono stati effettuati oltre 32mila rimborsi, per una cifra totale che supera i 138 milioni di euro.

Redazione online

16 agosto 2010(ultima modifica: 17 agosto 2010)

 

 

 

2010-08-12

LA COMPAGNIA TRAVOLTA DA 480 MILIONI DI DEBITI

Tirrenia: il tribunale fallimentare

dichiara l'insolvenza. Traghetti a rischio

La società assicura sul sito: collegamenti garantiti, ma i sindacati proclamano due giorni di sciopero il 30 e 31

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Un traghetto della Tirrenia (Ansa)

Un traghetto della Tirrenia (Ansa)

ROMA - Il tribunale fallimentare di Roma ha dichiarato lo stato di insolvenza per Tirrenia. Si apre quindi per la società la strada della procedura di amministrazione straordinaria nel solco della legge Marzano. Tocca ora al commissario straordinario, Giancarlo D’Andrea, traghettare la compagnia verso la privatizzazione, anche attraverso la cessione di singoli asset aziendali. Un'eventualità osteggiata dai sindacati che si oppongono ad ogni ipotesi di "spezzatino". La compagnia sembra davvero in tempesta e sulle migliaia di turisti che quest'estate hanno prenotato i passaggi sulle sue navi soffia il vento della protesta: la Uiltrasporti ha già proclamato uno sciopero il 30 e il 31 agosto, proprio nei giorni di rientro dei vacanzieri dalle isole. La Filt-Cgil ha ribadito la necessità di un incontro "urgente" con il governo e affermato che in assenza di un confronto verrà proclamato lo "sciopero".

I SINDACATI: "TENIAMO UNITA LA FLOTTA" - La legge Marzano, mette in guardia la Filt-Cgil, non può essere "un alibi per disgregare la flotta in quanto fornisce tutti gli strumenti ed i tempi necessari affinché sia assicurata la continuità e la salvaguardia del valore produttivo di Tirrenia". No dunque allo "smembramento" di navi e linee. Mentre la Uiltrasporti si riserva di presentare ricorso in Appello contro la decisione del tribunale di Roma sullo stato di insolvenza. Una convocazione da parte di Palazzo Chigi ancora non c’è ma l’incontro potrebbe tenersi, secondo quanto si apprende, nell’ultima settimana del mese, a partire dal 23 agosto.

L'annuncio sul sito web della Tirrenia

L'annuncio sul sito web della Tirrenia

CAOS COLLEGAMENTI - Da Civitavecchia a Cagliari, da Arbatax a Genova, da Napoli a Palermo, nei porti potrebbe essere il caos. Basti pensare all'emergenza provocato in soli due giorni nel porto di Civitavecchia dal guasto ai motori della nave "Clodia", lo scorso 6 e 7 agosto. Ma sul suo sito internet, la Tirrenia assicura: "Saranno effettuati con regolarità tutti i collegamenti programmati e pubblicati sugli orari stampati e sul sito". Anche se si premunisce: "In caso di imprevedibili eventi di natura tecnica..." sarà cura della società "informare tempestivamente gli utenti".

I lavoratori temono che la società non possa pagare i salari. Gravata da 480 milioni di euro di debiti, con 44 navi nella flotta, ha 4 mila marittimi in organico. E intanto l'Adoc, l'associazione dei consumatori, è pronta ad assistere i passeggeri Tirrenia, anche legalmente, qualora si presentassero problemi di trasporto, di ritardo, o di inadempienze rispetto agli obblighi che derivano per coloro che hanno acquistato biglietti della Tirrenia e delle società collegate.

GLI IMPRENDITORI INTERESSATI ALL'ACQUISTO - Proseguono intanto le manifestazioni di interesse degli armatori. L’ex presidente di Confitarma, Nicola Coccia, ha invitato i big dell’armamento italiano come "Moby, Grandi Navi Veloci, Grimaldi, Snav", a formare una cordata mirata al salvataggio di Tirrenia. Coccia è anche azionista di Mediterranea Holding, la società che stava per acquisire la compagnia poco prima che il governo chiudesse senza esito la gara di privatizzazione mettendola, almeno per il momento, fuori gioco. Mediterranea, di cui la Regione Siciliana è socio di maggioranza, sarebbe già al lavoro per una nuova offerta. In campo anche il patron di Moby, Vincenzo Onorato, che ha già dichiarato il suo interesse per Tirrenia, ma non per Siremar. I tempi sono stretti: il 30 settembre è la data fissata dall’Ue per la privatizzazione.

AGITAZIONI SINDACALI -Un presidio spontaneo dei lavoratori Tirrenia è in corso dal primo pomeriggio di giovedì al terminal Traghetti del Porto di Genova. Per venerdì, sono previste assemblee sindacali a partire dalle ore 9 indette con i lavoratori amministrativi di Tirrenia che potranno eventualmente decidere ulteriori iniziative per il pomeriggio. Il segretario generale della Filt Cgil, Franco Nasso afferma: "Dando di fatto piena applicazione alla legge Marzano che regolamenta le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, per Tirrenia si apre una nuova fase che non può essere condotta in modo sciagurato e non trasparente come fino ad ora ha fatto il Governo". "Sono indispensabili - chiede il numero uno della Filt - da parte della Presidenza del Consiglio e del commissario straordinario immediati impegni e programmi precisi a tutela dell'occupazione di tutti i lavoratori".

Redazione online

12 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-06

IL PATTO DI STABILITÀ mette in ginocchio le amministrazioni locali

Comuni: debiti per oltre 62 miliardi

Allarme della Corte dei Conti per la crescita

degli squilibri finanziari degli enti locali. Nelle province

è aumentato di 11,5 miliardi

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Comuni: debiti per oltre 62 miliardi

Allarme della Corte dei Conti per la crescita

degli squilibri finanziari degli enti locali. Nelle province

è aumentato di 11,5 miliardi

MILANO - Gli enti pubblici hanno risentito della politica finanziaria di rigore volta al risanamento finanziario. Cresce il debito dei Comuni e raggiunge la cifra di 62 miliardi di euro. Cresce ancor di più, rispetto all’esercizio precedente, il debito delle Province attestandosi ad 11,5 milairdi di euro. A lanciare l'allarme è la Corte dei Conti in una relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali nel biennio 2008-2009. "Il debito finanziario dei Comuni - si legge nella relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali relativa agli esercizi 2008-2009 e di recente trasmessa al Parlamento- supera i 62 milardi di euro e cresce limitatamente rispetto al precedente esercizio. Più spinta è la crescita del debito delle province che raggiunge quasi 11,5 miliardi. La sostenibilità del debito, considerando sia il peso degli interessi sia quello delle quote capitale risulta nel complesso dei comuni critica, in quanto parte dell'onere è coperto con risorse di natura straordinaria". Cresce pure il numero degli enti locali in disavanzo: nel 2008 sono di numero crescente (da 63 a 82 enti) rispetto agli esercizi precedenti e l'ammontare del disavanzo complessivo aumenta di oltre il 20%. "La situazione - si legge nella nota dei giudici contabili - non appare nel complesso incoraggiante, risultando in aumento gli enti interessati e le situazioni di alcuni di essi appaiono allarmanti". L'obiettivo del patto di stabilità è stato "sostanzialmente conseguito" nel corso del 2009, ma a risentirne maggiormente è stata la spesa d'investimento. Gli enti di autonomia territoriale, osserva la Corte dei Conti, "sono stati coinvolti nella politica di rigore volta al risanamento finanziario dei conti pubblici".

OBIETTIVI RAGGIUNTI - Per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti, la principale linea direttrice è stata costituita dal rispetto del "patto di stabilità interno" che agli enti locali assegnava principalmente il compito di controllare la crescita della spesa corrente e di quella in conto capitale. L'obiettivo è stato "sostanzialmente conseguito nel complesso del comparto delle autonomie locali, anche se ne ha risentito maggiormente la spesa d'investimento". La situazione complessiva è quindi "peggiore di quella del 2008 e molti comuni delle classi di popolazione meno numerose risultano inadempienti". Si sono dispiegati solo "parzialmente" gli effetti della riforma del titolo V della Costituzione, mentre "stenta ad avviarsi il "federalismo fiscale" dal quale potrebbe derivare una maggiore responsabilità di entrata e di spesa". Per gli enti locali si evidenzia quindi "una difficile situazione complessiva, con maggiori difficoltà rispetto all'esercizio precedente anche a fronte di un apporto ridotto delle entrate correnti proprie che continuano a decrescere". Resta infine "sempre arduo lo stretto controllo della spesa corrente, ma - rileva l'indagine - l'assenza dei rinnovi dei contratti del personale contribuisce al contenimento".

Redazione Online

06 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-04

dopo l'estate, passerà all'esame della Conferenza Stato-Regioni e del Parlamento

Federalismo fiscale, primo via libera

La cedolare secca sugli affitti al 20%

Sì del Cdm al provvedimento, che prevede anche la tassa unica per i Comuni. Il Pd: avvantaggia solo redditi alti

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Sì del Cdm al provvedimento, che prevede anche la tassa unica per i Comuni. Il Pd: avvantaggia solo redditi alti

(Milestone Media)

(Milestone Media)

MILANO - Primo via libera del Consiglio dei ministri al decreto attuativo del federalismo fiscale riguardante il fisco municipale. Dopo la pausa estiva, il testo approvato dal governo passerà all'esame della Conferenza Stato-Regioni e del Parlamento per poi tornare al Consiglio dei ministri per l'ok definitivo. Il provvedimento prevede la tassa unica per i Comuni e una cedolare secca sugli affitti al 20 per cento.

IL CHIARIMENTO DI CALDEROLI - Al termine del Cdm, l'entità della cedolare secca è stata al centro di un piccolo giallo. Nella bozza arrivata sul tavolo dei ministri l'aliquota era stata fissata al 25%. Al temine dei lavori, invece, il ministro per le Politiche Agricole Giancarlo Galan ha parlato del 22 per cento mentre il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha dichiarato: "Io mi ricordo il 20%, ma non vorrei sbagliare". Alla fine è stato il ministro leghista Roberto Calderoli a fare chiarezza. La cedolare secca sugli affitti è stata fissata al 20% a decorrere dal primo gennaio 2011, ha specificato. L'aliquota - ha aggiunto - riguarderà le normali locazioni e non quelle agevolate. L'esponente del Carroccio ha anche reso noto che l'aliquota sulla compravendita degli immobili sarà dell'8% sulle seconde case e del 2-3% sulle prime case. L'Imu scatterà dal 2014.

CRITICHE DAL PD - Il Pd critica comunque il provvedimento, sostenendo che la cedolare secca sugli affitti "avvantaggia soprattutto i redditi più alti, mentre per quelli più bassi l'effetto paradossale è di determinare un aumento della tassazione rispetto alla norma attuale, che prevede abbattimenti fino al 30 per cento dei redditi imponibili per i canoni calmierati".

PRIMA FASE - Il provvedimento approvato in Consiglio dei ministri a fase di avvio (triennale) del federalismo municipale prevede che i Comuni ricevano il gettito dei tributi immobiliari, che manterranno fino ad allora l'assetto attuale. Dal 2014, invece, saranno introdotte nell'ordinamento fiscale due nuove forme di tributi propri: un'imposta municipale propria e un'imposta municipale secondaria facoltativa. Il testo, si legge nella nota di Palazzo Chigi, devolve ai Comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio, il gettito derivante da alcune imposte tra cui l'imposta di registro, ipotecaria e catastale, l'Irpef relativa ai redditi fondiari (escluso il reddito agrario), l'imposta di registro e di bollo sui contratti di locazione relativi ad immobili, i tributi speciali catastali, le tasse ipotecarie, la nuova cedolare secca sugli affitti. Vengono stabilite misure finalizzate a rafforzare la capacità di gestione delle entrate comunali e ad incentivare la partecipazione dei Comuni all'attività di accertamento tributario. Il decreto istituisce inoltre l'imposta cosiddetta "cedolare secca sugli affitti", un regime fiscale che il proprietario di immobili locati avrà facoltà di scegliere in alternativa a quello attuale. A decorrere dall'anno 2011 il canone di locazione relativo ai contratti stipulati per immobili ad uso abitativo, e relative pertinenze affittate congiuntamente all'abitazione, potrà essere assoggettato, se il locatore così deciderà, a questa nuova imposta sostitutiva dell'Irpef e delle relative addizionali, nonchè dell'imposta di registro e dell'imposta di bollo sul contratto di locazione. La cedolare secca potrà essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l'obbligo di registrazione.

SECONDA FASE - Nella seconda fase dell'attuazione del federalismo fiscale municipale - si legge ancora nella nota - a partire dal 2014, per il finanziamento dei Comuni ed in sostituzione delle attuali, saranno introdotte nell'ordinamento fiscale due nuove forme di tributi propri: un'imposta municipale propria ed un'imposta municipale secondaria facoltativa. La prima sostituirà, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali per i redditi fondiari relativi ai beni non locati, l'imposta di registro, l'imposta ipotecaria, l'imposta catastale, l'imposta di bollo, l'imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipotecarie, i tributi speciali catastali e l'imposta comunale sugli immobili; essa non si applicherà al possesso dell'abitazione principale. L'imposta municipale secondaria facoltativa, invece, potrà essere introdotta, anch'essa dall'anno 2014 e con esclusione degli immobili ad uso abitativo, per sostituire una o più delle seguenti forme di prelievo: la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari, l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.

CONSOB - Slitta ancora, nel frattempo, la nomina del presidente della Consob. Secondo quanto si apprende, il tema non è stato affrontato in Cdm che, per le votazioni in aula alla Camera, aveva tempi stretti. La nomina del presidente della Consob è fatta dal presidente del Consiglio su proposta del ministro dell'Economia e, dopo essere stata vagliata dall'esecutivo, passa all'esame delle commissioni parlamentari competenti che esprimono un parere.

Redazione online

04 agosto 2010

 

 

 

 

Cedolare affitti, inquilini e proprietari

ecco i consigli per risparmiare

La doppia strategia: punizioni più severe a chi evade, possibili sgravi a chi è in regola

Vademecum

Cedolare affitti, inquilini e proprietari

ecco i consigli per risparmiare

La doppia strategia: punizioni più severe a chi evade, possibili sgravi a chi è in regola

Arriva da subito la cedolare secca sugli affitti. Si applicherà dal 2011, sarà su base volontaria, e avrà un'aliquota del 25%. Per i contratti a canone agevolato nei centri ad alta densità abitativa il prelievo sarà al 20%. È quanto prevede l'ultima bozza del decreto sul federalismo fiscale comunale che domani approva al Consiglio dei Ministri. Il nuovo tributo scatterà praticamente da subito assorbendo anche le imposte di bollo e registro, ma il proprietario potrà decidere di mantenere la vecchia modalità di tassazione Irpef.

MILANO—La classica tecnica del bastone e della carota: la vuole usare il Fisco con i proprietari di case renitenti a dichiarare gli introiti percepiti da abitazioni in affitto, con le novità legislative previste dal quarto decreto attuativo del federalismo fiscale. Sul bastone è presto detto: saranno inasprite le sanzioni per i proprietari che evadono le imposte, con penali fino a duemila euro per le somme non dichiarate e fino al 400% sulle imposte evase.

Quanto alla carota: i proprietari che affittano a canone libero dal prossimo anno potranno optare tra la tassazione attuale e una cedolare secca del 25%, che andrebbe a sostituire l’Irpef (comprese le addizionali regionale e comunale), l’imposta di registro e i bolli. Con le regole attuali l’imposizione fiscale sulle locazioni prevede l’imponibilità ai fini Irpef dell’85% del canone annuo percepito, cui si aggiunge il 2% a titolo di imposta di registro (la metà è carico dell’inquilino). Ipotizziamo un contribuente con un’aliquota marginale Irpef, comprese le addizionali, del 42%, e che affitti una casa a 700 euro al mese: oggi paga 3.330 euro di imposte oltre all’Ici; con le nuove regole il suo esborso scenderebbe a 2.100 euro, cui comunque andrebbe aggiunta l’Ici. Il risparmio sarebbe di 1200 euro all’anno. Con aliquote marginali più basse e su canoni ridotti rispetto a quelli dell’esempio il risparmio si ridurrebbe ma rimarrebbe interessante, anche se il sospetto è che molti proprietari continuerebbero a preferire ancora l’esborso zero.

La legge sulle locazioni prevede un trattamento fiscale di favore per i contratti concordati: si tratta di locazioni effettuate, nelle grandi città, a canoni calcolati sulla base di parametri individuati di comune accordo tra le associazioni dei proprietari e i sindacati inquilini. Il proprietario di casa che concede la sua abitazione seguendo questo percorso normativo ottiene con le regole attuali un ulteriore sconto del 30% sull’imponibile Irpef, che quindi viene pagata sul 59,5% (ovvero l’85% standard meno un ulteriore 30%). Con le nuove norme il proprietario che invece optasse per la cedolare secca si vedrebbe applicata un’aliquota del 20%. Per restare al nostro esempio precedente, su un affitto da 700 euro al mese l’imposizione annua complessiva calcolata è di 2.230 euro mentre con la cedolare il carico scenderà a 1680 euro, con un vantaggio di 450 euro. Nei fatti quindi si ridurrà il vantaggio fiscale dei contratti concordati, perché se con le norme attuali a parità di canone si ottenevano, per restare sempre al nostro esempio, risparmi di 1.100 euro (2.230 euro contro 3.330), con la cedolare il gap scenderà a 420 euro. Siccome i canoni concordati sono di norma molto più bassi di quelli liberi, la diminuzione dell’appeal fiscale porterà i proprietari a snobbarli.

E per gli inquilini? Un vantaggio teorico c’è: se le case a canone libero avranno un carico fiscale minore, i proprietari potrebbero ridurre leggermente le pretese mantenendo invariato il guadagno. Nella pratica forse potrà succedere che, spinti dalla minore fiscalità, qualche proprietario che tiene la casa vuota la metta sul mercato. Solo se il fenomeno avrà dimensioni massicce i canoni scenderanno.

Gino Pagliuca

04 agosto 2010

 

 

al tavolo governo-azienda-sindacati

Telecom, firmato l'accordo dopo 20 ore

In mobilità volontaria 3.900 lavoratori

L'intesa prevede anche riconversione professionale e contratti di solidarietà per oltre duemila dipendenti

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In mobilità volontaria 3.900 lavoratori

L'intesa prevede anche riconversione professionale e contratti di solidarietà per oltre duemila dipendenti

ROMA - È stato firmato l'accordo sugli esuberi Telecom al tavolo governo-azienda-sindacati. L'intesa, raggiunta dopo 20 ore di negoziato ininterrotto, prevede 3.900 uscite in mobilità volontaria nel triennio. Lo ha annunciato il segretario generale della Fistel Cisl, Vito Vitale.

LE CIFRE - Degli esuberi previsti dal piano di Telecom: 3.900 (3.700 sono nuove e 200 sono rimanenze del precedente accordo del 2008) verranno collocati in mobilità volontaria e l'azienda fornirà un'integrazione per l'indennità fino a circa il 90%. Per altri 1.550 lavoratori (1.100 senza requisiti previdenziali e 450 della controllata Share service center) si utilizzeranno contratti di solidarietà e formazione per il ricollocamento in azienda. Per i 470 lavoratori che restano, impiegati nel numero 1254 per le informazioni telefoniche, è stato concordato un prolungamento del contratto di solidarietà firmato nel 2009.

ALTRI PUNTI - Azienda e sindacati hanno trovato anche un'intesa per risolvere il problema dei 3.400 dipendenti già in mobilità che rischiano di rimanere scoperti per la mancanza di finestre per accedere alla pensione, dopo l'introduzione in manovra della finestra mobile. Per loro si è ottenuta la copertura del 90% della retribuzione per i periodi eventualmente scoperti. I lavoratori del "1254" avranno una proroga dei contratti di solidarietà per ulteriori due anni e un piano formativo di riqualificazione nonchè un ulteriore riutilizzo del telelavoro. Per Ssc è prevista l'attivazione di circa 470 contratti di solidarietà anche questi associati ad un piano formativo e che reintegri i lavoratori in altri settori di Telecom, oltre a prevederne l'internalizzazione dei processi di attività informatiche. Per 1.300 lavoratori che non hanno protezioni sociali ed erano, per l'azienda, esuberi strutturali è previsto un importante piano formativo che al termine del quale porterà ad una riqualificazione completa dei lavoratori per un loro utilizzo in altri settori strategici per l'azienda. Per i lavoratori ex Tils, attualmente non impiegati, grazie anche ai percorsi formativi previsti per i colleghi di altri settori/aziende, c'è l'impegno di riassunzione in Hr Service.

Redazione online

04 agosto 2010

 

 

 

 

i tagli nel 2011-2013

Unicredit, previsti 4700 esuberi

L'annuncio durante l'incontro tra l'ad Profumo

e i sindacati sul piano di riorganizzazione

i tagli nel 2011-2013

Unicredit, previsti 4700 esuberi

L'annuncio durante l'incontro tra l'ad Profumo

e i sindacati sul piano di riorganizzazione

MILANO - Unicredit prevede di tagliare 4.700 posti di lavoro nel 2011-2013. Lo comunica il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, dopo l'incontro tra l'amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, e i sindacati, in cui si è iniziato il confronto per definire il percorso teso a raggiungere l'obiettivo di tagli del personale previsto nel piano di riorganizzazione noto come Banca Unica.

"EFFETTO MARCHIONNE" - Per Sileoni Unicredit è stata "contagiata" dall'"effetto Marchionne". Secondo il sindacalista, "il Gruppo Unicredit che dà un'informativa di 4.700 esuberi da realizzare nel triennio 2011-2013, di nuovi assetti inquadramentali, di nuova mobilità territoriale e professionale, di nuove flessibilità di ingresso sul lavoro, si pone politicamente e contrattualmente fuori da quella concertazione recentemente rivendicata dal nuovo presidente dell'Abi".

04 agosto 2010

 

 

 

 

 

2010-08-02

MANOVRA

Pedaggi autostradali, stop al governo

Gli aumenti devono essere sospesi

Il Consiglio di Stato conferma la decisione del Tar che aveva bocciato i rincari dopo il ricorso della Provincia di Roma e di Rieti. Zingaretti: "Vittoria dei cittadini"

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Un casello autostradale (foto Eidon /Vincenzo Tersigni)

Un casello autostradale (foto Eidon /Vincenzo Tersigni)

ROMA - I pedaggi autostradali aumentati dal decreto del governo devono essere abbassati secondo quanto disposto giovedì scorso dal Tar del Lazio. Il Consiglio di Stato ha infatti oggi rigettato la richiesta di sospensiva dell’ordinanza del Tribunale amministrativo avanzata dalla presidenza del Consiglio dei Ministri e dall'Anas, che aveva presentato un ricorso urgente contro il Tar. Il Consiglio, si legge nell’ordinanza, ha fissato la discussione nel merito al 31 agosto.

STOP AI RINCARI - Resta perciò in vigore lo stop agli aumenti dei pedaggi autostradali, deciso dalla sentenza del Tar nella scorsa settimana contro le disposizioni contenute nella Manovra. Secondo il Consiglio di Stato "la situazione controversa" relativa all’aumento dei pedaggi autostradali "va conservata immutata in tutti i suoi aspetti sino alla decisione cautelare da parte del Collegio". Infatti, specifica il decreto, "non ricorrono gli estremi per una misura cautelare connotata dalla estrema urgenza", come invece teorizzato nel ricorso della presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Consiglio ha così respinto "l’istanza di misure cautelari provvisorie" e ha stabilito che l’appello del governo contro l’ordinanza del Tar "potrà essere esaminato nel rispetto del contraddittorio tra le parti nella camera di consiglio fissata per il 31 agosto".

(foto Eidon)

(foto Eidon)

ZINGARETTI : "VITTORIA DEI CITTADINI" - "Esprimo grande soddisfazione per la decisione del Consiglio di Stato, che proprio oggi ha rigettato il ricorso d'urgenza presentato da Anas e Governo contro la sentenza del Tar inerente gli aumenti ai caselli. Si tratta di un'altra vittoria per tutti i cittadini". Lo afferma in un comunicato Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, che aveva presentato il ricorso al Tar seguito ad molti comuni della provincia."Adesso, al più presto, l'Anas si adegui alla decisione presa dal Tar e confermata dal Consiglio di Stato di diminuire i pedaggi - conclude Zingaretti - perché chi amministra la cosa pubblica deve rispettare la legge senza atteggiamenti servili con i potenti e lassisti con le persone normali". Dal Pd arriva la richiesta di ripristinare le tariffe in vigore prima degli aumenti nei 27 caselli interessati. E il Codacons rilancia. "Gli aumenti dei pedaggi introdotti dal Governo sono illegittimi: se non verranno ripristinate le vecchie tariffe potrebbero configurarsi addirittura dei reati a danno degli utenti, quali appropriazione indebita e truffa aggravata". La presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, esprime soddisfazione e fa notare come "la Regione abbia fortemente sostenuto la Provincia di Roma contro un aumento ingiusto dei pedaggi, soprattutto per i tanti pendolari del Lazio. Ora spetta all'Anas adeguarsi ai pronunciamenti della magistratura amministrativa".

Redazione online

03 agosto 2010

 

 

 

2010-08-02

le cifre dell'associazione dei concessionari d'auto di tutti i brand commercializzati in Italia

Mercato dell'auto, l'allarme:

"A luglio un vero disastro: -26%"

Le stime di Federauto: "Crollo delle immatricolazioni del 26%. Italia in controtendenza rispetto agli Usa"

le cifre dell'associazione dei concessionari d'auto di tutti i brand commercializzati in Italia

Mercato dell'auto, l'allarme:

"A luglio un vero disastro: -26%"

Le stime di Federauto: "Crollo delle immatricolazioni del 26%. Italia in controtendenza rispetto agli Usa"

MILANO - Il mercato dell'auto a luglio si rivelerà un "vero disastro", con un crollo delle immatricolazioni del 26%. Lo afferma, alla vigilia dei dati ufficiali che verranno pubblicati lunedì, Federauto, che chiede al governo di intervenire. "Negli Usa - spiega Filippo Pavan Bernacchi, presidente della neonata associazione dei concessionari d'auto di tutti i brand commercializzati in Italia - Obama visita lo stabilimento Chrysler ed elogia Sergio Marchionne che riceve, nel contempo, consensi dagli operai. Obama si spinge a rivendicare di aver varato la legge sulla rottamazione: "Che ha salvato almeno 100 mila posti di lavoro, permettendo nel contempo di realizzare auto e camion che consumando meno ci porteranno verso un futuro di indipendenza energetica". In Italia è il contrario". Il numero uno dei concessionari italiani continua: "Secondo le nostre stime, oramai molto precise, luglio consuntiva un altro -26%. Un vero disastro per tutti! Questo dato si avvicina molto alla realtà perchè sembra che i principali Costruttori abbiamo finalmente tolto il piede dalle chilometri zero. Questo perchè non si può continuare all'infinito ad autoimmatricolarsi vetture per dimostrare dati di quota non veritieri. E infatti il mercato a privati, quello non inquinabile da autoimmatricolazioni, vede una flessione attorno al -30%. E si continua così oramai da qualche mese nell'indifferenza del governo".

"IL PREMIER PRENDA IN MANO LA SITUAZIONE" - Bavan Bernacchi precisa: "Servirebbe che il presidente del Consiglio prendesse in mano la situazione. Un altro: "Ghe pensi mi". Da un lato rinnovando dei bonus pluriennali per svecchiare il parco auto e incentivare le vetture a basso impatto ambientale; in primis quelle alimentate a GPL e a Metano. Dall'altro, varando una politica seria per riallineare la tassazione delle vetture aziendali agli altri paesi europei. C'è una differenza enorme a nostro sfavore e le poche aziende che potrebbero acquistare auto, veicoli commerciali e industriali, sono costrette a mantenere i propri parchi, anche obsoleti, non sicuri e inquinanti". Oramai, prosegue Federauto, "il trend post-incentivi è confermato: lo Stato introiterà circa 2 miliardi di imposte a vario titolo in meno, i concessionari devono agire sui costi del personale sopprimendo circa 15.000 posti di lavoro, cui se ne aggiungeranno almeno 30.000 dell'indotto. Un vero effetto domino di cui nessuno conosce le esatte dimensioni". Il presidente di Federauto continua: "Allo Stato italiano chiediamo che prenda subito in considerazione misure a supporto del mercato auto. Sarebbero "a costo zero", perchè si pagherebbero, sia con le imposte sulle auto aggiuntive, sia con riduzione delle spese mediche legate alla cattiva qualità dell'aria e la diminuzioni di morti e feriti per gli incidenti stradali. Inoltre ci sarebbe un minor ricorso agli ammortizzatori sociali che stanno drenando molte risorse statali. Questo si otterrebbe, come dice Obama, incentivando l'acquisto di auto che consumano e inquinano meno, e sono molto più sicure con dotazioni moderne come le scocche a deformazione progressiva, l'ABS, l'ESP e gli Airbag." C'è poi tutta la questione della Fiat e della produzione delle auto in Italia. Pavan Bernacchi: "È importante che Fiat resti a produrre in Italia. Per questo serve un atteggiamento totalmente diverso di certi sindacati. In questo momento produrre in Europa non conviene più e tutti stanno smobilitando gli stabilimenti italiani per delocalizzare. Vogliamo rendercene conto e tornare a competere sul mercato del lavoro internazionale? Continuando così avremmo dei bei contratti ma, purtroppo, pochissimi ne potranno godere perchè disoccupati. Prendiamo esempio dai lavoratori targati Usa. È il momento". (Fonte Agi)

 

01 agosto 2010(ultima modifica: 02 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-01

Fondo per l'ambiente: regalo da 51 milioni Destinati a rugby, strade e cani randagi

Grazie alla "legge mancia" bipartisan distribuiti finanziamenti per 514 interventi

IL CASO

Fondo per l'ambiente: regalo da 51 milioni Destinati a rugby, strade e cani randagi

Grazie alla "legge mancia" bipartisan distribuiti finanziamenti per 514 interventi

ROMA - C'entra qualcosa con la tutela dell'ambiente l'adeguamento dello stadio comunale di Belluno? E la ristrutturazione della caserma dei carabinieri di Macerata? Il "recupero di alimenti eccedenti da mense"? Il restauro della parrocchia Madonna delle Grazie di Messina? Poco importa. Saranno tutti finanziati con "il fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio". Ovvero, il nuovo serbatoio finanziario di quella che una volta si chiamava la "legge mancia", il sistema con il quale i singoli gruppi parlamentari distribuivano soldi a pioggia ai collegi elettorali. Una brutta abitudine della quale era stata decretata la fine nel 2007, con la giustificazione delle difficoltà dei conti pubblici. Salvo vederla risorgere un anno dopo sotto mentite spoglie: quella, appunto, di un fantomatico fondo ambientale. Per il quale, quest'anno, i vari gruppi parlamentari della Camera hanno avuto a disposizione una bella somma: 51 milioni 575 mila euro. E venerdì scorso, fulmineamente, la Commissione bilancio della Camera ha approvato la mozione che ripartisce quel pacco di soldi a ben 514 interventi. Tutti, ovviamente, d'accordo. Con l'unica eccezione dell'Italia dei Valori, che avrebbe rinunciato a distribuire un milione 300 mila euro chiedendo esplicitamente di destinarli al fondo per l'ammortamento titoli di Stato. Il colmo è che questa pioggerellina dorata, dal vago sapore clientelare, arriva a poche ore di distanza dall'approvazione di una manovra finanziaria ancora una volta durissima con gli enti locali. Il che rende il tutto ancora più smaccato. Ce n'è, ovviamente, per chiunque. Ci sono 30 mila euro per la manutenzione ordinaria delle sedi delle associazioni sportive dilettantistiche di Torino. Altri 30 mila per i lavori alla Curia arcivescovile di Bologna. E poi 20 mila euro all'Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d'Italia, presieduta da Gerardo Bianco: soldi che serviranno alla "realizzazione di laboratori scientifici in Calabria" (con soli 20 mila euro?).

Quindi 10 mila euro per l'Associazione valsugana rugby. Ma anche 220 mila euro alla Croce Rossa Italiana fra Bolzano e Città di Castello. Per non dire del diluvio di "mance" alle varie parrocchie: 130 mila euro a quella di San Sebastiano martire di San Sebastiano al Vesuvio, 100 mila a quella di Maria Santissima Annunziata di Naro, in provincia di Agrigento, 80 mila a quella di San Nicola a Lizzano (Taranto), 50 mila alla parrocchia Stella Maris di Porto Cervo, in Sardegna, e chi più ne ha, più ne metta. Tanto per fare un altro esempio, ci saranno pure 100 mila euro per la ristrutturazione degli spogliatori e il rifacimento del manto di erba (sintetica!) del campo sportivo della parrocchia Nostra Signora di Fatima di Talsano, nel tarantino. Non che i Comuni, usciti dalla manovra con le ossa rotte, non abbiano portato a casa qualcosina. Interventi per la viabilità. Soldi per restaurare le facciate dei municipi. Quattrini per sistemare un pochino la viabilità. Il Comune di Agerola, nella provincia di Napoli, ha avuto 300 mila euro per "la realizzazione di infrastruttura turistico-sportiva". Quello di Agrigento, 250 mila per "manutenzione straordinaria della viabilità comunale". Il Comune di Bicinicco intascherà 80 mila euro per fare un impianto fotovoltaico. Quello di Brescia, guidato dal deputato leghista Adriano Paroli, ben 500 mila per la ristrutturazione della platea del Teatro Santa Chiara. Quello di Campodarsego 45 mila per le tribune del campo sportivo. Quello di Catania, amministrato dal sindaco senatore Raffaele Stancanelli, ha ottenuto 250 mila euro per il verde pubblico.

A Mortara, con 100 mila euro faranno un parcheggio. A Oulx, in provincia di Torino, sistemeranno la chiesa parrocchiale con 380 mila euro. A Ripa Teatina, in provincia di Chieti, le fogne e la rete del gas (150 mila euro). A Santa Marinella, in provincia di Roma, salveranno le palme storiche (75 mila euro). Il Comune di Terlizzi, nel barese, spenderà invece 50 mila euro per una scultura in ricordo dei martiri terlizzesi alle Fosse Ardeatine. Quello di Castiglione della Pescaia, nel grossetano, 50 mila per un progetto di recupero di ciclomotori usati. Soldi saranno destinati anche alla Fondazione Emilia Vergani di Carate Brianza, per la manutenzione degli immobili (50 mila euro), alla Fondazione Madonna dello Scoglio per "sistemazione piazzale sagrato" (200 mila), al Giardino di Jacopo, una onlus del veronese, per il contenimento del randagismo (20 mila euro), all'istituto Immacolata di Lourdes a Sciacca per "restauro croce dipinta" (20 mila) e alla Congregazione missionari della Sacra Famiglia a Castione di Loria (Treviso) per recuperare un fondo agricolo con "specie vegetali autoctone arcaiche": 50 mila euro. Potevano poi mancare le Province? Macché. Ecco allora 110 mila euro alla Provincia di Biella per la tangenziale di Mongrando. Ben 650 mila a quella di Asti per la manutenzione delle strade. E addirittura 900 mila alla Provincia di Pescara per fare un impianto di pattinaggio artistico. Unica consolazione, per la verità piuttosto magra, i due milioni di euro che saranno utilizzati per la riqualificazione di piazza d'Armi, all'Aquila, luogo dove erano state piazzate le tende dei terremotati.

Sergio Rizzo

01 agosto 2010

 

 

 

 

2010-07-29

IL DECRETO e' LEGGE

Manovra, sì definitivo della Camera

Schifani: "E' dolorosa ma ci ripara dalle speculazioni"

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Quote latte, la Ue "bacchetta" l'Italia ("9 luglio 2010)

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Manovra, sì definitivo della Camera

Schifani: "E' dolorosa ma ci ripara dalle speculazioni"

MILANO - L'Aula della Camera ha definitivamente approvato la manovra economica da 24 miliardi di euro per il 2011-2012. I Il testo, su cui ieri il governo aveva incassato la fiducia, è passato a Montecitorio con 321 sì, 270 no e 4 astenuti. Della manovra ha parlato, durante la cerimonia del Ventaglio, anche il presidente del Senato Renato Schifani: "La manovra - ha detto - è dolorosa ma evita il default come è successo per la Grecia. L'entità della manovra ci mette al riparo da speculazioni finanziarie". "C'è un clima di difficoltà economica - ha aggiunto il presidente del Senato - che nasce da Oltreoceano e per sopperire all'esigenza della riduzione del debito si è fatta una manovra in cui si chiedono sacrifici ai cittadini italiani. L'esigenza primaria è la tenuta dei conti".

29 luglio 2010

 

 

 

2010-07-28

iL SEGRETARIO DEMOCRATICO

Bersani: Berlusconi alle Colonne d'Ercole

Il Pd pronto a una fase di transizione

Invito alla maggioranza ad essere "responsabile"

iL SEGRETARIO DEMOCRATICO

Bersani: Berlusconi alle Colonne d'Ercole

Il Pd pronto a una fase di transizione

Invito alla maggioranza ad essere "responsabile"

Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani (Eidon)

Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani (Eidon)

MILANO - Siamo "alla Colonne d'Ercole della vicenda berlusconiana" e per uscire dalla situazione di impasse politica, occorre "una fase di transizione, alla quale il Pd è disponibile a impegnarsi". Lo ha detto Pier Luigi Bersani, durante le dichiarazioni di voto alla Camera sulla manovra.

LE PAROLE DEL SEGRETARIO - "Il Parlamento discuta e si chieda - ha detto il segretario Pd -. A che punto siamo? Per noi siamo alle Colonne d'Ercole della vicenda berlusconiana, ora si procede con navigazione a vista mentre il Paese chiede altro: vuole riforme e invece è inchiodata sulle intercettazioni. Non si parla mai di lavoro". Quindi l'invito alla maggioranza ad essere "responsabile": "Prendete atto della situazione, fate un passo verso una diversa prospettiva. Noi siamo disposti a una fase di transizione che consenta una corretta democrazia, a partire dalla legge elettorale". "Chi vince non ha un diritto divino - ha concluso - ma una maggiore responsabilità".

SULLA MANOVRA - Duro il giudizio di Bersani sulla finanziaria e sul meccanismo della fiuducia: "Un Parlamento zittito significa un opposizione zittita, ma anche una maggioranza e un Consiglio dei ministri zittiti". Poi tocca a Tremonti: "Ho sentito anche dichiarazioni oniriche - ha detto - come quelle del ministro che dice "pagano i papaveri". Ma quali papaveri ci stiamo fumando? Gli insegnanti, i poliziotti, i vigili del fuoco e gli agricoltori che stanno fuori a protestare contro gli evasori delle quote latte".

INCHIESTA "P3" - Bersani si è espresso anche sulla cosiddetta P3: "All'ombra del capo si è creato un meccanismo parallelo di cricche che sono intervenute con tutta evidenza nella pubblica amministrazione con forti sospetti di corruzione". Quanto alla difesa del coordinatore Pdl Denis Verdini e alla sua determinazione a restare al suo posto, Bersani spiega: "Non è un ministro, può fare quello che vuole, poi gli elettori valuteranno". Invoca invece le dimissioni per Caliendo: "Noi ci occupiamo di persone che hanno un rilievo pubblico. Per questo chiediamo che il sottosegretario si dimetta".

LE REAZIONI - "Governo di transizione verso il nulla: questo è l'obiettivo dichiarato da Bersani, quando invoca, sbagliando, un nuovo esecutivo" ribatte di Margherita Boniver, deputato del Pdl. Reazioni controverse, però, anche il Pd. Come quella di Arturo Parisi: "Governo di transizione? Penso che Bersani volesse semplicemente dire che il tempo di Berlusconi si avvia alla fine e che il Pd è pronto. Pronto comunque. Pronto a che cosa, è un altro paio di maniche. E’ evidente che nel partito le idee al riguardo sono ancora troppe.". Alla fine del discorso, mentre i Democratici applaudivano il segretario, da un microfono di un deputato rimasto acceso, si è sentito qualcuno gridare: "Viva Vendola".

28 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-27

A MONTECITORIO

Manovra, sì della Camera alla fiducia

I voti favorevoli al provvedimento sono stati 329,

i contrari 275. Giovedì il voto finale

A MONTECITORIO

Manovra, sì della Camera alla fiducia

I voti favorevoli al provvedimento sono stati 329,

i contrari 275. Giovedì il voto finale

Giulio Tremonti

Giulio Tremonti

ROMA - Con 329 sì e 275 no, l'aula della Camera ha approvato la fiducia al governo sulla manovra di correzione dei conti per il 2011 e il 2012. Sul decreto da circa 25 miliardi di euro l'esecutivo ha già incassato la fiducia di palazzo Madama. Il via libera definitivo di Montecitorio è atteso per giovedì dopo l'esame degli ordini del giorno.

LE NOVITA' - Tra le principali novità del provvedimento, identico a quello approvato dal Senato, il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, la riforma delle pensioni e i tagli per Regioni, Province e Comuni. Arriva inoltre la riduzione delle retribuzioni dei manager, la stretta sull’evasione fiscale e le assicurazioni, i tagli ai ministeri e ai costi della politica. Entrano anche le norme per la libertà d’impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per oltre 2 milioni di "case-fantasma"’.

28 luglio 2010

 

 

 

 

 

Casini:"Si chiedono i sacrifici e si trovano i soldi per i truffatori"

Quote latte: Ue avverte l'Italia, "Modifica pagamento multe è aiuto di Stato"

Il consiglio regionale lombardo approva proposta Pd per fare pressioni sul governo per cancellazione proroga

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Allevatori contro le proroghe davanti alla sede della Regione Lombardia (Carino)

Allevatori contro le proroghe davanti alla sede della Regione Lombardia (Carino)

BRUXELLES - Nuovo avvertimento dell'Unione europea all'Italia sulle quote latte. Ogni modifica alle regole fissate nel 2003 sulla rateizzazione del pagamento delle multe per le quote latte, potrebbe violare le norme Ue sugli aiuti di Stato. Lo indica la Direzione generale dell'agricoltura della Commissione europea in una lettera indirizzata al governo italiano alla vigilia del voto di fiducia sulla manovra che prevede anche la proroga al 31 dicembre del pagamento delle multe per le quote latte. L'articolo 40bis del maxiemendamento riguarda 109 produttori su oltre 40 mila in regola con la normativa comunitaria.

CONSIGLIO LOMBARDO CHIEDE CANCELLAZIONE NORMA - Con 39 voti a favore e 25 contrari il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato l'ordine del giorno del Partito democratico che chiede al presidente Roberto Formigoni di fare il possibile per cancellare dal maxiemendamento del governo la proroga per il pagamento delle multe per le quote latte. "È insostenibile la posizione della Lega per preservare un piccolo gruppo di allevatori che lavora al di fuori delle regole", ha commentato Fabrizio Santantonio, consigliere regionale del Pd.

SCONTRO GALAN-LEGA - Il ministro delle Politiche agricole, Giancarlo Galan, aveva chiesto il rispetto degli accordi presi con l'Ue così come il presidente della Lombardia Formigoni, ma domenica scorsa il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, aveva dato assicurazioni ai Cobas del latte: "Galan non posso cacciarlo, ma chiederò a Zaia di scendere in campo. E Formigoni non può stare con gli allevatori che non sono con noi". "Non so nulla di quanto ha dichiarato Bossi", ha replicato il presidente della Regione Veneto ed ex ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia.

CASINI: "SOLDI AI TRUFFATORI" - "In una manovra in cui si chiedono sacrifici alle forze dell'ordine ridotte in condizioni difficili, si trovano i soldi per i truffatori delle quote latte, e per chi non ha pagato le multe". Lo ha detto Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc.

Redazione online

27 luglio 2010

 

 

Soddisfatto Calderoli: "Evviva". Giovedì anche il Senato si esprimerà sulle riduzioni

Taglio di mille euro agli stipendi degli on

La decurtazione è effetto della manovra correttiva. Inciderà sulla diaria e sulla quota per i portaborse

Soddisfatto Calderoli: "Evviva". Giovedì anche il Senato si esprimerà sulle riduzioni

Taglio di mille euro agli stipendi degli on

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ROMA - Sarà di mille euro netti al mese il taglio sulla retribuzione dei deputati deciso dall'ufficio di presidenza della Camera sulla base delle indicazioni della manovra economica. Il taglio inciderà per 500 euro sulla diaria di soggiorno (oggi pari a 4.003,11 euro) e per i restanti 500 sulla somma destinata al "rapporto eletto-elettore", quei 4.190 euro destinati anche ai "portaborse".

GLI ALTRI TAGLI ALLA CAMERA - La Camera dei deputati, inoltre, taglierà complessivamente nei prossimi tre anni (tra il 2011 e il 2013), 60 milioni di euro, sul complesso di tutte le spese. La somma, si sottolinea, andrà ad aggiungersi ai risparmi, stimabili in 300 milioni di euro, conseguiti dalla Camera, in termini di riduzione della dinamica di crescita della dotazione, tra il 2006 e il 2010.

CALDEROLI SODDISFATTO - "Evviva! - ha commentato entusiasta il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli -. Sono particolarmente lieto della decisione assunta dall'ufficio presidenza della Camera, che ha recepito in toto il contenuto del mio emendamento alla manovra approvato in Consiglio dei ministri". Quell'emendamento "è stato lo stimolo affinchè la Camera, nella sua autonomia, assumesse poi quelle decisioni che tutto il Paese attendeva". Il ministro, che a marzo aveva proposto riduzioni negli emolumenti anche per i senatori e i membri del governo, attende ora che anche gli altri organi istituzionali facciano la loro parte. L'ufficio di presidenza di Palazzo Madama si riunirà giovedì mattina per affrontare la questione: anche i membri del Senato dovrebbero decidere di rinunciare alla stessa somma stabilita dai colleghi della Camera.

Redazione online

27 luglio 2010

 

 

 

EDERALISMO

Le Dolomiti, i fari, Palazzo Archinto

Lo Stato cede il tesoro del Demanio

L'elenco in Rete. "Salvato" il cinema di Moretti

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Il cinema di Trastevere Nuovo Sacher

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ROMA - Arriva sul sito online dell'Agenzia del Demanio l'elenco dei beni che potranno essere trasferiti agli enti locali in base al federalismo demaniale. Sono dodicimila "luoghi": caserme, ex poligoni di tiro, strade, scuole, magazzini, abitazioni agricole, fabbricati industriali, edifici parrocchiali, canali, terreni... Un valore globale che sale a 3,6 miliardi, 600 milioni in più rispetto al valore dell'elenco provvisorio diffuso a fine giugno. Un valore destinato a crescere perché sono per ora esclusi dall'elenco i beni di Roma, che saranno oggetto del decreto attuativo del federalismo su Roma Capitale, e sono per ora esclusi i beni delle Regioni a statuto speciale. Quindi, non entrano al momento nel meccanismo del federalismo demaniale beni come il cinema "Nuovo Sacher", da molti anni gestito nella capitale dal regista Nanni Moretti, o il Museo di Villa Giulia, ma anche gli isolotti prossimi alla Maddalena, presenti nella lista provvisoria divulgata il mese scorso.

Non sono contenuti nell'elenco neanche i beni storici-artistici che, in base alla riforma, andranno valorizzati con il coinvolgimento del ministero dei Beni culturali e sono esclusi anche i Parchi sui quali c'è la competenza del ministero per l'Ambiente.

L'elenco, nonostante le assenze, resta ricco: tra i beni trasferibili ci sono Palazzo Archinto a Milano, alcune zone del Colle di Superga a Torino e poi le Dolomiti, delle quali potranno essere ceduti vasti appezzamenti, dalle Tofane al Monte Cristallo alla Croda Rossa. Gli enti locali potranno ottenere anche i fari, come lo "Spignon" di Venezia o quello di Mattinata sul Gargano.

Con la pubblicazione gli enti locali inizieranno a farsi un'idea del patrimonio del quale potranno entrare in possesso e che potranno vendere per migliorare i loro conti. I dodicimila beni sono sul sito web dell'Agenzia del Demanio, diretta da Maurizio Prato, provincia per provincia, divisi per categorie. L'Agenzia continuerà il suo lavoro di aggiornamento e limatura dell'elenco con nuove liste ogni quindici giorni. La lista definitiva entrerà invece nei decreti della presidenza del Consiglio, emanati a fine anno. Da quel momento Comuni, Province e Regioni avranno 60 giorni di tempo per fare richiesta di un bene con l'obiettivo della sua "valorizzazione" ed eventuale vendita.

Paolo Franco, il senatore della Lega Nord che, assieme a tutto il gruppo del Carroccio in Senato, sollecitò l'Agenzia a pubblicare sul sito l'elenco dei beni, ha detto: "Finalmente gli enti locali potranno visionare il patrimonio immobiliare che poi passerà sotto la loro competenza".

In base all'elenco pubblicato ieri è la Lombardia la Regione più dotata di beni trasferibili agli enti locali. La regione governata da Roberto Formigoni può contare su un portafoglio di circa mille beni per un valore di quasi settecento milioni. Ultime in classifica le Marche, con trecento beni per un valore complessivo di sessanta milioni. Il Lazio, esclusa Roma, può contare su quasi mille e cinquecento beni per un valore di oltre trecentotrenta milioni. Per alcune regioni il valore e il numero dei beni è accorpato: Abruzzo-Molise e Toscana-Umbria. Si tratta, in ogni caso, di un valore "inventariale", che non è sempre aggiornato agli attuali valori di mercato, perché questa operazione sarà effettuata nel momento in cui il bene viene richiesto.

A. Gar.

27 luglio 2010

 

 

 

"Trattativa in corso per gli sviluppi che potrà avere la presenza della Rai sul sito"

"Expo, Tremonti è con Milano"

Vertice di due ore tra il ministro, il sindaco e l'ad della società Sala. "Clima positivo"

"Trattativa in corso per gli sviluppi che potrà avere la presenza della Rai sul sito"

"Expo, Tremonti è con Milano"

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MILANO - "Il ministro Tremonti lavora per noi". L'amministratore delegato di Expo, Giuseppe Sala, esce soddisfatto dal vertice con il ministro dell'Economia e delle Finanze, che ieri pomeriggio ha ricevuto nei suoi uffici milanesi lo stesso Sala insieme al sindaco Letizia Moratti. Soddisfatto perché "Tremonti si è dimostrato molto disponibile e ci sta dando una mano a inquadrare diverse questioni". Nessuna parola, stando a Sala, sulla vicenda che è ancora all'ordine del giorno e che sta dividendo i soci pubblici di Expo: la disponibilità dei terreni che ospiteranno il sito. "È una questione che non mi riguarda direttamente, ma è chiaro che auspichiamo una soluzione in tempi brevi".

Probabile però che la Moratti, durante una chiacchierata a quattr'occhi, abbia chiesto indicazioni al ministro sullo spinoso tema. Come noto, il sindaco-commissario e il presidente della Provincia sono contrari alla tesi dell'acquisto, proposta invece dalla Regione che giusto oggi farà approvare in consiglio comunale la nascita della newco, una società-veicolo che si farà carico di comprare i terreni "ad un prezzo congruo". La soluzione approvata dall'assemblea dei soci è invece quella definita con i proprietari (Fondazione Fiera e gruppo Cabassi), che cederanno gratuitamente i terreni pagando 200 milioni di euro in parte cash e in parte contribuendo alle spese di infrastrutturazione. In cambio, dopo il 2015 resteranno loro i diritti edificatori attraverso i quali, teme la Regione, i privati potrebbero trarre un eccessivo vantaggio.

A questo proposito, ieri è intervenuto il presidente della Provincia di Como, Leonardo Carioni, consigliere di Expo per il Tesoro: "Condivido la verifica legale chiesta dalla Regione, perché la legalità del percorso deve essere per tutti un passaggio doveroso per sbloccare la vicenda delle aree". Il sindaco ha poi in effetti annunciato che, come concordato dal consiglio di amministrazione, questa proposta sarà sottoposta ad un advisor per essere certi della validità dello "scambio" in termini giuridici ed economici. Non solo: il sindaco aveva poi dato a Formigoni tempo fino a domani per presentare la sua offerta di acquisto dei terreni, con tanto di cifra "congrua" messa nero su bianco.

In attesa di sviluppi, Sala preferisce preoccuparsi di "dare contenuti al tema Expo". Di qui, la soddisfazione per la chiacchierata con Tremonti. "Ci sta dando una mano per avere collaborazioni con le grandi corporate che potranno diventare partner del progetto". Seconda questione, è quella della Rai: "Abbiamo una trattativa in corso per capire quali sviluppi potrà avere la presenza della Rai sul sito espositivo". Era stato infatti annunciato che la tivù di Stato ai avrebbe trasferito in questa area i propri uffici e gli studi milanesi, in modo da realizzare una sorta di Saxa Rubra del Nord. Sala precisa che "ci siamo dati dicembre come termine per risolvere la questione". Quanto ai contenuti che potrebbero legare la Rai ed Expo, "siamo tornati a discutere dell'ipotesi annunciata dal sindaco, di lanciare un canale Rai dedicato all'Expo".

Rinviato intanto a venerdì il cda cominciato ieri pomeriggio, ma interrotto proprio per l'incontro di Sala con Tremonti. Oltre al già annunciato via libera alle prime gare per il sito, si è affrontata la questione delle deleghe che Sala potrà avere e che, in questo momento, risultano molto limitate dall'articolo 54 della Finanziaria nel quale si precisa che ogni decisione deve passare dal vaglio del cda e deve essere comunicata con report trimestrali al Tesoro. "Ho esposto al consiglio - riassume Sala - le problematiche che ci deriveranno da questa norma, anche in relazione ad eventuali tagli o assunzioni di personale". Nel consiglio di venerdì, infine, si discuterà dello stipendio di Sala che, al momento della sua nomina, aveva annunciato: "Guadagnerò meno del mio predecessore, Lucio Stanca".

Elisabetta Soglio

27 luglio 2010

2010-07-26

Federalismo fiscale

Bossi: "L'Irpef e l'Iva ai Comuni"

Poi arriva la frenata leghista

Pd e Idv contro la proposta del ministro. Calderoli:

"Una sciocchezza, io e Umberto ne abbiamo riso"

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Bossi: "L'Irpef e l'Iva ai Comuni"

Poi arriva la frenata leghista

Pd e Idv contro la proposta del ministro. Calderoli:

"Una sciocchezza, io e Umberto ne abbiamo riso"

Bossi durante la festa leghista a Soncino

Bossi durante la festa leghista a Soncino

CREMONA - Umberto Bossi rilancia sul federalismo fiscale. Domenica sera, durante la festa della Lega Nord di Soncino (Cremona), il ministro per le Riforme ha spiegato che il Carroccio "ha già portato a casa 15 miliardi per i Comuni, ora bisogna trovare l'accordo con Tremonti. Vedrete che ce la farò". "Questo - ha aggiunto Bossi - è l'obiettivo di questa estate: il federalismo fiscale. Non vado nemmeno in ferie se non chiudo la partita e sapete che io sono un uomo di parola: piano piano porteremo a casa quello che si può". A far discutere, però, è soprattutto la proposta di Bossi di "destinare Irpef e Iva ai Comuni". Un'idea che provoca le dure reazioni di Pd e Idv, tanto che nel tardo pomeriggio arriva il chiarimento di Calderoli: "Solo una sciocchezza riportata da un quotidiano locale e rilanciata dalle agenzie".

Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord

LE REAZIONI - Intanto, però, le frasi di Bossi su Irpef e Iva hanno già suscitato numerosi commenti da parte di esponenti della maggioranza e dell'opposizione. "Quando un alleato importante come Bossi fa una proposta - dichiara Ignazio La Russa, ministro della Difesa e coordinatore nazionale del Pdl - non si può certo fare spallucce, anche se si tratta di una proposta che può destare qualche perplessità, come nel mio caso, ma che può avere per alcuni una sua ragionevolezza. Lo ripeto, non possiamo fare spallucce, ma ora non stiamo parlando di questo tema". La proposta di Bossi non è invece piaciuta ad Anna Finocchiaro. "Di fronte a questa sparata su Iva e Irpef - dichiara la presidente dei senatori Pd - viene da chiedersi, come fanno a Roma, 'Ma Bossi c'è o ci fa?'. Non è possibile che un leader politico come Bossi non sappia che la sua proposta è impraticabile e che le scelte del governo, di cui Bossi fa parte, vanno in tutt'altra direzione da quella da lui indicata. Le affermazioni del capo della Lega sembrano già propaganda da campagna elettorale più che responsabili dichiarazioni di un ministro e questa irresponsabilità conferma che il nostro Paese è senza governo". Critico anche Antonio Di Pietro. "Una volta che Irpef e Iva vengono incassate dai comuni - chiede il leader Idv - quali soldi vanno allo Stato? È un'affermazione senza senso e senza logica". Poco più tardi arriva però la precisazione di Roberto Calderoli: "La solita tempesta in un bicchiere d'acqua. Poco fa, chiacchierando con Umberto Bossi, abbiamo riso insieme della sciocchezza sul federalismo fiscale riportata da un quotidiano locale, e ripresa poi dalle agenzie di stampa, secondo cui, l'Irpef e l'Iva sarebbero state destinate ai Comuni, quando invece, nel nostro progetto, questi tributi saranno parzialmente ad appannaggio delle Regioni. I tributi destinati ai Comuni - chiarisce il ministro per la Semplificazione Normativa e Coordinatore delle Segreterie Nazionali della Lega Nord - saranno quelli relativi agli immobili, con l'esclusione della prima casa, come già anticipato dal ministro Tremonti nella sua relazione al Parlamento".

QUOTE LATTE - L'opposizione critica anche le frasi di Bossi sulle quote latte. "Sto dalla vostra parte - ha dichiarato il Senatùr, rivolgendosi ai Cobas - chiederò a Zaia di scendere in campo. L'ho detto anche a Berlusconi: non puoi far chiudere le fattorie del nord, la gente non capirebbe". Vi ricordate quando coi trattori volevate entrare a Milano e io vi dissi che il sindaco, che era leghista, avrebbe dovuto per forza far intervenire la polizia? - ha proseguito Bossi - Vi dissi: facciamo un patto, voi non marciate su Milano e io risolvo il problema: avete fatto bene a fidarvi allora e adesso. Galan, io non posso cacciarlo, ma chiederò a Zaia di scendere in campo: sta facendo bene in Veneto, ma lui ha a cuore come me la vostra situazione. È uno che fa, non come Galan che parla e basta". E al vice presidente della Regione Lombardia, il leghista Andrea Gibelli, ha detto: "Devi dire al tuo capo Formigoni che non può manifestare con gli allevatori che non stanno dalla nostra parte: patti chiari e amicizia lunga". "Finalmente Bossi ha gettato la maschera - attacca il capogruppo dell'Udc in commissione Ambiente alla Camera, Mauro Libè - ammettendo che difende gli allevatori che non hanno rispettato le quote latte perché con loro ha stipulato un patto segreto e immorale. I trattori delle proteste di qualche anno fa non sono entrati a Milano, per non costringere il sindaco leghista a sgombrarli, in cambio delle promessa di aiuto. A costo di violare leggi, norme comunitarie e regole morali. Davvero un bel comportamento per un politico che è per giunta ministro". "Ma la Lega non era il partito degli onesti? Non era il partito che agitava il cappio in Parlamento? Non era il partito che organizzava le ronde per far rispettare la legge? - chiede Ernesto Carbone, coordinatore del Forum Agricoltura del Pd. - Le dichiarazioni di Bossi ai Cobas del latte sono l'ennesima dimostrazione di come l'illegalità sia l'essenza stessa di questo governo: un ministro della Repubblica che dichiara di stare al fianco di pochi truffatori, che se ne infischia delle regole, e spudoratamente utilizza messaggi chiaramente minacciosi verso i suoi colleghi di governo".

Redazione online

26 luglio 2010

 

 

 

 

 

 

2010-07-25

e sulle regioni ribadisce: "arriveranno al tavolo della discussione"

Manovra, Tremonti sul federalismo

"Ci riallinea all'Ue e responsabilizza"

Il ministro: "Quello fiscale darà servizi più vicini e meno costosi. Stop alla droga del debito pubblico"

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Il ministro dell'Economia Giulio Termonti (Ansa)

Il ministro dell'Economia Giulio Termonti (Ansa)

MILANO - Il federalismo "ci riallinea all'Europa" e "crea responsabilità" perché "non è possibile continuare con la droga del debito pubblico". Ne è convinto Giulio Tremonti. "Se hai tutte le responsabilità al centro - ha spiegato il ministro dell'Economia - , non esiste governo centrale che regga a tutte le pressioni, a tutte le domande. Tutte le tasse stavano al centro e tutti i doveri di finanziamento erano al centro e questa è la ragione per cui l'Italia ha cominciato a fabbricare debito pubblico". Parlando ancora del federalismo, Tremonti ha poi rilevato che l'Italia sta uscendo da "un sistema folle, quello dei costi storici, per il quale più spendi, peggio spendi, più hai" ha detto il ministro.

REGIONI - Tornano al tema del confronto con le Regioni, Tremonti ha poi ribadito di confidare nel fatto che il dibattito possa ripartire. "Anche loro arriveranno al tavolo della discussione e troveremo qualche allineamento" ha detto Tremonti. Secondo il ministro andrà trovato un collegamento tra le tasse e la spesa. "L'Iva - ha rilevato - è usata come Bancomat. Bisogna trovare un collegamento altrimenti non c'è trasparenza. Non è che quando compri una bibita pensi che paghi l'Iva che va alle Regioni che pagano le sanità". Poi Tremonti ha detto di vedere "quasi un eccesso di fiducia nel federalismo fiscale. Darà servizi più vicini e meno costosi, un maggiore grado di trasparenza nell'azione pubblica, un riallineamento dell'Italia sui modelli europei. Sarà tornare come eravamo prima". (Fonte Ansa)

 

23 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-22

Formigoni: "Scenderemo dai grattacieli e andremo nei palazzi romani simbolo di sprechi"

Manovra, no degli enti locali

Tremonti: scenderanno dai grattacieli

Regioni, Comuni e province compatti nel parere negativo. Il ministro: i governatori torneranno a trattare

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I governatori contestano i tagli previsti dalla manovra

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ROMA - Regioni, Comuni e province hanno espresso, come si sapeva, parere negativo alla manovra. Lo ha detto il ministro degli Affari Regionali, Raffaele Fitto, al termine della Conferenza unificata che si è svolta giovedì pomeriggio nella sede del ministero. Il presidente dell'Emilia Romagna, Vasco Errani, aveva annunciato "parere negativo all'unanimità" sulla manovra alla Conferenza unificata delle autonomie locali. "Abbiamo discusso e abbiamo confermato il parere negativo, all'unanimità, sulla manovra", ha riferito Errani al termine della Conferenza delle Regioni.

CHIAMPARINO - "Abbiamo espresso parere negativo alla manovra e abbiamo consegnato al governo il documento nel quale si boccia la manovra". Lo ha detto il presidente dell'Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani), Sergio Chiamparino. Commentando la dichiarazione di Tremonti nel quale il ministro si dice convinto che alla fine le regioni scenderanno dai grattacieli, Chiamparino ha replicato: "Più che scendere dai grattacieli, io avrei bisogno di salirci. Se concordiamo sul testo, si può slittare anche di una settimana. L'importante è rispettare gli accordi".

"SCENDERANNO DAI GRATTACIELI" - Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti aveva infatti detto che le Regioni "scenderanno dai grattacieli e torneranno al tavolo" delle trattative. "La realtà è un po' diversa da quella che si è voluta forzare. Noi con la "municipale" - ha aggiunto riferendosi alla futura imposta unica - stiamo con i campanili. Le Regioni sono un po' più lontane". Parlando invece del federalismo, Tremonti ha detto: "Sulle Regioni è molto complicato perché essenzialmente fanno la sanità ed è strano finanziare la sanità con l'Iva o con l'Irap perché non c'entra un tubo. Stiamo ragionando sul federalismo fiscale, anche le Regioni avranno una sede per discutere".

"NOI COI PIEDI PER TERRA" - Un botta e risposta a distanza quello tra Tremonti e Errani. Il governatore dell'Emilia Romagna ha infatti immediatamente commentato le parole del ministro sui grattacieli. "Noi siamo con i piedi ben piantati per terra e chiediamo tempo di fare una trattativa vera e non a parole, considerando che, come è ormai evidente a tutti, i tagli della manovra sono insostenibili. "Scenderemo dai nostri grattacieli, simbolo di efficienza e di virtù, e andremo in quei palazzi romani che per i nostri popoli sono simbolo degli sprechi e del centralismo" ha voluto replicare da parte sua Roberto Formigoni, punto sul vivo per gli accenni ai "grattacieli", come quello di Milano appena costruito, nuova sede della Lombardia. "Una volta approvata la manovra e mandato un segnale ai mercati, Regione e governo scrivano un nuovo patto tra loro per gestire al meglio le ricadute dei tagli sui servizi essenziali al cittadino", ha concluso Formigoni.

TAGLI INSOSTENIBILI - Già in precedenza il leader della Conferenza delle Regioni aveva parlato di tagli "insostenibili". Tornando anche a chiedere al premier Silvio Berlusconi l'istituzione della commissione sui costi di funzionamento delle istituzioni. Nel corso della Conferenza dei governatori, infatti, si è deciso di ribadire la necessità di creare al più presto la commissione sugli sprechi. Le Regioni invieranno "una lettera al premier per sollecitare l'istituzione della commissione", ha riferito Errani ricordando che il premier si era detto disponibile alla creazione di questo organismo.

Redazione online

22 luglio 2010

 

 

 

L'IMPOSTA MUNICIPALE PREVEDREBBE ANCHE Un'ADDIZIONALE PER RECUPERARE l'ICI

Il premier frena, in bilico

la tassa unica dei Comuni

Si allontana l'"Imu", avrebbe sostituito almeno tre tributi

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Il premier Berlusconi e il ministro Tremonti

Il premier Berlusconi e il ministro Tremonti

Imposta municipale unica: Imu. Era il coniglio che il "geniale" Giulio Tremonti, come l’ha definito un giorno Silvio Berlusconi, si stava apprestando a cavare dal cappello per restituire ai Comuni italiani un pezzo di autonomia fiscale in vista del federalismo. Peccato soltanto che la parola "tasse" nel vocabolario del premier non esista. E che la semplice prospettiva di tenere a battesimo una nuova imposta sia considerata negli ambienti a lui più vicini una ipotesi sciagurata.

Anche se questa tassa ne sostituirebbe almeno tre. Ecco spiegato come ancora prima di nascere l’Imu rischi di incamminarsi sul viale del tramonto. L’articolato del disegno di legge che "istituisce" l’imposta è pronto: messo a punto da Tremonti con i suoi più stretti collaboratori. L’Imu assorbirebbe il gettito Irpef sugli immobili, l’imposta di registro sulle transazioni immobiliari e la tassa ipotecaria catastale dovuta sui mutui, che contestualmente verrebbero abolite. In tutto una quindicina di miliardi: somma pressoché identica a quella dei trasferimenti statali diretti ai municipi. Soldi che però, a differenza dei fondi statali, verrebbero a regime gestiti, dopo una fase transitoria, interamente dai sindaci. Ai quali, secondo il disegno di legge di Tremonti, sarebbe consentito anche di recuperare con uno stratagemma il gettito dell’Imposta comunale sugli immobili abolita dal governo Berlusconi. In che modo? Grazie alla possibilità, prevista dal disegno di legge, di introdurre un’"addizionale Imu" che sostituisca una lunga serie di balzelli comunali: Tarsu, Tosap, Cosap e imposta sulle insegne e la pubblicità. Modulandone il livello i Comuni potrebbero agevolmente riappropriarsi di quei 3,4 miliardi che il colpo di spugna sull’Ici per la prima casa ha tolto ai loro bilanci. E che i sindaci non hanno mai digerito. Al punto da aver provato diverse volte a riprendersi quella piccola leva fiscale. Per esempio proponendo la cosiddetta "service tax": una imposta sul valore patrimoniale degli immobili, ma corretta in base al reddito dei proprietari. Proposta già avanzata quando alla guida dell’Anci c’era l’ex sindaco di Firenze Leonardo Domenici, ma che non aveva mai fatto breccia per la stessa ragione che adesso sembra frenare l’Imposta municipale unica.

Non che l’applicazione dell’Imu non comporterebbe qualche problemino di carattere tecnico. E pure piuttosto serio. Per dirne una, la frequenza delle transazioni immobiliari è notoriamente molto diversa da città a città: il gettito dell’imposta di registro e della tassa catastale è perciò territorialmente assai disomogeneo. Per questo era prevista la costituzione di un fondo perequativo nel quale sarebbe confluito il gettito delle tre tasse per essere poi redistribuito. I sindaci avrebbero poi progressivamente preso in mano le redini della nuova imposta. In ogni caso i vantaggi, in termini di semplificazione, compenserebbero ampiamente le difficoltà di applicazione. Ma se risolvere i problemi tecnici è sempre possibile, per quelli politici è decisamente più complicato. I Comuni insistono perché venga loro restituita l’autonomia impositiva: e questo, sostengono, non può che avvenire se non attribuendo loro il potere di tassare gli immobili. E per corroborare questa tesi portano i risultati di uno studio internazionale dell’Ifel secondo cui otto Paesi su dieci applicano un simile sistema. Nella maggioranza di governo questa linea ha l’appoggio della Lega Nord. Non a caso il disegno di legge delega sul federalismo dice chiaramente che per i Comuni si deve privilegiare la fiscalità connessa agli immobili. E lo stesso Tremonti, in una relazione al Parlamento, ha aperto qualche importante spiraglio.

Il fatto è che grazie alla promessa dell’abolizione dell’Ici fatta in campagna elettorale Berlusconi ha vinto le ultime elezioni politiche, e chiaramente non è disposto a rimangiarsela. Nemmeno indirettamente. Tanto più in un momento complicato come questo, con i sondaggi che indicano un preoccupante calo di popolarità. Una situazione di cui Tremonti è ben consapevole, se un giorno, mentre presentava ai sindaci la sua riforma fiscale per i Comuni, qualcuno lo avrebbe sentito far riferimento alla necessità di persuadere il presidente del Consiglio. Missione evidentemente non proprio agevole. Così per il momento l’"istituzione" dell’Imu prevista dall’articolato di Tremonti è sospesa: se ne parla soltanto come ipotesi "facoltativa". Di conseguenza, è sospeso anche il capitolo del fondo perequativo. E per ora si resta ai trasferimenti puri e semplici dello Stato centrale. Il federalismo fiscale può ancora attendere un po’...

Sergio Rizzo

22 luglio 2010

 

2010-07-20

Il CASO FINMECCANICA. Il ministro: "Non sono lo sponsor di Cattaneo"

La Russa: "Guarguaglini? Lavora bene"

Ma la Difesa taglia 25 Eurofighter

Ridotti anche gli ordini dei caccia intercettori: "Il risparmio sarà di circa 2 miliardi"

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(Ap)

(Ap)

FARANBOURGK (INGHILTERRA) - I tagli della Difesa colpiscono anche il programma del caccia intercettore Eurofighter. Lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, parlando nel corso di una conferenza stampa al Salone internazionale di Farnborough. "Per quanto riguarda gli intercettori Eurofighter - ha detto - di intesa con i vertici delle Forze armate abbiamo deciso una diminuzione di 25 velivoli mantenendo lo stesso livello di efficienza. Il risparmio sarà di circa 2 miliardi". Questi 25 aerei fanno parte della terza tranche della fornitura di Eurofighter alle Forze armate italiane che anziché 121 saranno quindi dotate di 96 velivoli. L’Italia partecipa attraverso Finmeccanica nel consorzio con Germania, Spagna e Inghilterra che realizza l’aereo. La quota italiana è del 21% del consorzio, mentre il valore delle partecipazioni della aziende arriva al 36%.

LA RUSSA: "NON SONO SPONSOR DI CATTANEO" - Ignazio La Russa, parlando sempre di Finmeccanica, ha poi negato di essere "lo sponsor" di Flavio Cattaneo, Ad di Terna, per sostituire Piefrancesco Guarguaglini alla guida della società: "Flavio è un mio amico ed capacità tali da poter ambire a qualsiasi posto ma non credo di essere suo sponsor, nè credo che ci siano manovre in questo senso", ha dichiarato il ministro della Difesa al salone aerospaziale di Farnborough. La Russa, ospite del megastand di Finmeccanica, ha poi ribadito "la piena fiducia" del governo italiano in Guarguaglini, come aveva fatto poco prima la titolare dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini: è la stessa "solidarietà che io (gli) esprimo quotidianamanete non solo per i ritorni economici ma per il lustro che Finmeccanica da all'immagine dell'Italia. Questo significa che chi la guida, lo fa bene".

20 luglio 2010

 

 

 

 

Roma capitale, nessun taglio

Modificato all'unanimità il testo del governo: assessori da 12 a 15, i consiglieri restano 60 (invece di 48)

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Il commento di Corrado Ruggeri

CAMPIDOGLIO

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Berlusconi e Alemanno alla conferenza stampa di presentazione di Roma Capitale il 7 maggio 2009 (Lapresse)

Berlusconi e Alemanno alla conferenza stampa di presentazione di Roma Capitale il 7 maggio 2009 (Lapresse)

ROMA - Non è ancora il testo definitivo, ma è comunque un segnale: al Campidoglio, sulla riforma di Roma Capitale, la "casta comunale" non si rassegna. E, anzi, nel giorno in cui Alemanno annuncia "la proposta per il 20 settembre, quando verrà da noi in visita ufficiale, della cittadinanza onoraria al presidente Napolitano, come primo cittadino di Roma Capitale", all’unanimità (56-0, il voto...) rilancia. Il governo, nelle settimane scorse, aveva varato la prima bozza del primo decreto attuativo per la riforma dello status del Comune che, tra le altre cose, andava nella direzione di ridurre i costi della politica: meno consiglieri, meno assessori, meno municipi, meno soldi di indennità ai vari rappresentanti.

Una bozza che doveva passare al vaglio del Comune, che avrebbe potuto apportare le sue proposte di modifica, che a loro volta dovranno poi essere vagliate di nuovo dalla commissione parlamentare bicamerale. Bene, le "correzioni" dei consiglieri comunali, tutti d’accordo, nessuno escluso, ribaltano completamente la faccenda. I consiglieri dovevano scendere a 48? Macché, secondo "il nuovo" articolo 3 "L’Assemblea capitolina, che rappresenta una popolazione superiore ad un milione di abitanti, è composta dal sindaco di Roma Capitale e da sessanta consiglieri". Sessanta, esattamente come ora. E poi? Gli assessori, secondo il governo, dovevano essere "un quarto dei consiglieri dell’assemblea", quindi 12. E invece no: per centrodestra e centrosinistra, " la giunta è composta da un numero massimo di 15 assessori", che sarebbero tre in più di quelli attuali. Un modo, per Alemanno, per allargare la sua maggioranza senza scontentare nessuno.

Anche i Municipi, secondo il testo governativo, avrebbero subito un "taglio": da 20, dovevano passare a 12. Anche qui, indietro tutta: "Il numero, comunque inferiore a quello attuale, viene individuato dallo statuto di Roma Capitale in modo da garantire l’efficace ed efficiente espletamento delle funzioni di loro competenza, nonché una conseguente riduzione dei costi".

Basta? Non basta. Tra gli amministratori di Roma Capitale, secondo le modifiche proposte, sarebbero annoverati anche i "consiglieri municipali" e poi "sindaco, presidente dell’Assemblea, assessori e presidenti dei Municipi hanno diritto ad una indennità di funzione determinata con decreto del Ministro dell’Interno, su proposta dell’Assemblea". E i famosi gettoni di presenza per consiglieri comunali e municipali? Per i primi, le modifiche del Campidoglio parlano di "una indennità di funzione che tiene conto della complessità e specificità delle funzioni conferite a Roma Capitale, determinata dal Ministro dell’Interno su proposta dell’Assemblea". I consiglieri municipali, invece, "hanno diritto a percepire un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni consiliari". E anche in questo, l’importo— non più di un quarto di quello del minisindaco — è determinato con decreto del Viminale sempre su proposta dell’Assemblea. Per gli amministratori sono previsti anche dei paracadute: l’aspettativa non retribuita per i dipendenti pubblici; il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali, assicurativi e figurativi.

L’unico taglio è sui rimborsi per i permessi retribuiti che spettano ai consiglieri: non potranno superare, annualmente, l’importo previsto dalla somma dei gettoni di presenza percepiti in 12 mesi. Tutti felici, naturalmente. Maggioranza e opposizione. Così, nella conferenza stampa congiunta, Alemanno, Marco Pomarici (presidente del consiglio comunale), il vicesindaco Mauro Cutrufo da una parte, e Francesco Smedile (Pd, presidente della commissione Roma Capitale) dall’altra, hanno sottolineato "il clima di grande collaborazione che si è creato", con una serie di complimenti a vicenda tra maggioranza e opposizione. Ora, però la palla ripassa prima a Regione e Provincia, poi alla Commissione unificata delle regioni, infine alla commissione bicamerale sul Federalismo fiscale. Per ora, però, il risultato è chiaro: "Casta comunale"-governo 56 a zero.

Ernesto Menicucci

"Corriere della sera", edizione roma, pagina 1

20 luglio 2010

 

2010-07-17

Forte dei Marmi, il comune "ricco

e virtuoso" contro il governo

Non può spendere il tesoretto di 24 milioni a causa del patto di stabilità. Il sindaco pd promette battaglia.

IL CASO

Forte dei Marmi, il comune "ricco

e virtuoso" contro il governo

Non può spendere il tesoretto di 24 milioni a causa del patto di stabilità. Il sindaco pd promette battaglia.

Forte dei Marmi

Forte dei Marmi

MILANO – L’ultima arrabbiatura Umberto Buratti, sindaco pd di Forte dei Marmi, se l’è presa nel leggere i dati dell’ultimo esercizio finanziario: sei milioni di euro. Che non erano debiti, badate bene, ma soldi accumulati dall’amministrazione, in assoluto avanzo, insomma risparmiati. Che, aggiunti ai fondi non spesi negli anni passati dal comune più vip della Toscana, portano a quasi 24 milioni di euro il "tesoretto" accumulato. E allora perché Buratti si è arrabbiato? Colpa del solleone? "Macché solleone. Mi arrabbio perché questi soldi, che potrebbero essere investiti in servizi per i residenti e per i turisti o per creare posti di lavoro – sottolinea il sindaco – non possono essere spesi. Il motivo? Le regole troppo rigide del patto di stabilità tra enti locali e governo che penalizzano i comuni piccoli ma ricchi e virtuosi".

CASE AI NATIVI - Così Buratti, già alla ribalta della cronaca per aver destinato case ai "nativi" contro l’invasione di russi "mangia-case", ha deciso di mettersi alla guida di un’altra battaglia. E di guidare la "rivolta" dei comuni "ricchi e virtuosi", ad alta concentrazione turistica, per chiedere al governo una deroga sulle regole del patto di stabilità e poter spendere i soldi risparmiati in sviluppo, lavoro e servizi. "Anche perché Forte dei Marmi, come tante altre località, ha limiti di spesa legati al numero dei residenti – spiega il sindaco – senza considerare l’afflusso degli ospiti. In inverno, per esempio, al Forte vivono meno di 8 mila persone, in estate salgono a 35 mila. E allora è chiaro che, in assenza di deficit, è necessario investire di più".

QUARTIERE BLASONATO E SENZA RETE FOGNARIA - In Versilia è molto forte la richiesta di turisti e cittadini di un radicale miglioramento del traffico e di una maggiore attenzione ai problemi della sicurezza. Nel quartiere di Roma Imperiale, dove si trovano le ville più lussuose e soggiornano attori, cantanti, calciatori e imprenditori di fama internazionale, mancano dissuasori anti-traffico, dossi, semafori intelligenti, vigili urbani, telecamere. E addirittura una parte del blasonatissimo quartiere non è collegata alla rete fognaria con il conseguente obbligo di usare la fossa biologica e chiamare periodicamente le autobotti per svuotarla. "Il Comune ci ha promesso interventi immediati – denuncia Marco Rosi, patron di Parmacotto – ma poi ha fatto poco o niente. Il risultato è desolante, soprattutto di sera, bolidi e suv sfrecciano ad alte velocità, c’è rumore e soprattutto pericolo per i pedoni e i ciclisti. Avevamo suggerito al sindaco tutta una serie di accorgimenti tra i quali dossi artificiali. Ne è stato installato uno soltanto che serve a poco o a niente". Il sindaco scuote la testa e dà ragione ai villeggianti. "Hanno ragione, ma io ho le mani legate – dice – ed è proprio per questo che voglio cercare di cambiare le cose e poter spendere i soldi risparmiati. Che adesso stanno in banca e non servono a niente. La prossima settimana cercherò di organizzare un incontro con i sindaci di altri comuni nelle nostre stesse condizioni. Poi ci muoveremo con Roma. Il salvadanaio deve essere rotto una volta per tutte".

Marco Gasperetti mgasperetti@corriere.it

17 luglio 2010

 

 

 

2010-07-16

Il GOVERNO INCASSA 35esima FIDUCIA A palazzo Madama

Senato, sì alla manovra. Ora alla Camera

Regioni e Comuni sul piede di guerra

Con 170 sì da Pdl, Lega ed Mpa e 136 i no da Pd, Idv, Udc ed Api. Gli enti locali contestano i tagli

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E Tremonti disse: "Manovra chiusa, questo non si può" (10 luglio 2010)

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Regioni e Comuni sul piede di guerra

Con 170 sì da Pdl, Lega ed Mpa e 136 i no da Pd, Idv, Udc ed Api. Gli enti locali contestano i tagli

ROMA - Il governo ha incassato a Palazzo Madama la 35ma fiducia posta sulla manovra correttiva con 170 sì, 136 no e nessun astenuto. A favore hanno votato Pdl, Lega ed Mpa, contrari Pd, Idv, Udc e Alleanza per l'Italia. Il decreto ora passa all'esame della Camera dove dovrà essere convertito in legge entro il 30 luglio. Il governo ha già annunciato che anche a Montecitorio sarà posta la questione di fiducia.

IL NO DI REGIONI E COMUNI - Con il sì del Senato alla fiducia sulla manovra si chiude il primo decisivo passaggio parlamentare per il decreto di correzione dei conti italiani. Un intervento da circa 25 miliardi di euro necessario per mantenere gli impegni con Bruxelles sul deficit. Una manovra pesante, riconosciuta da tutti come necessaria per mettere al riparo l’Italia da ulteriori turbolenze finanziarie, ma contestatissima fin dalla sua approvazione in Consiglio dei ministri il 25 maggio scorso. In trincea, in primis, i governatori che hanno protestato duramente contro i pesanti tagli alle Regioni, arrivando a minacciare la restituzione allo Stato di deleghe importanti, dai trasporti all’ambiente. E ora anche i Comuni hanno annunciato che alla Conferenza Unificata esprimeranno il proprio parere negativo.

IL FRONTE DEI DELUSI - Giovedì i governatori torneranno a riunirsi per valutare le mosse future, a maggior ragione adesso che non ci sono più spazi per intervenire in manovra. Molte altre le altre categorie sul piede di guerra, a cui però è toccata miglior sorte: dai disabili che chiedevano modifiche alla soglia di invalidità, ai farmacisti che volevano una più equa distribuzione dei sacrifici, dai magistrati fino a Province e Comuni e sono state accontentante con la promessa di maggiori spazi per l’autonomia impositiva con il federalismo fiscale. I Comuni esprimeranno in Conferenza Unificata parere negativo sulla manovra. Lo ha detto Il presidente dell'Anci, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, al termine del Consiglio nazionale dell'Associazione dei Comuni anticipando quanto è scritto in un ordine del giorno che è stato approvato dall'assemblea dei sindaci con l'astensione di sei amministratori (Udc e Rifondazione comunista) ha detto che dalla Conferenza Unificata dei Comuni arriverà un parere negativo formale. Dunque anche sul fronte dei sindaci, dopo quello dei presidenti di Regione, il governo potrebbe ricevere un'opposizione trasversale. "Con le Regioni abbiamo governato insieme una fase, ci sono state differenze in particolare sul federalismo - ha detto ancora Chiamparino -, ma le discussioni parallele di oggi e le decisioni assunte creano tutte le condizioni per ricostruire un lavoro unitario". Chiamparino ha anche anticipato che i sindaci cercheranno di verificare se entro ottobre la manovra possa essere modificata.

IL VOTO AL SENATO - Numerosi anche gli incidenti di percorso durante l’iter a palazzo Madama. Per citare i più celebri, si può ricordare il dietrofont del governo sullo stop al requisito di 40 anni di contributi, bollato dal ministro Maurizio Sacconi come un ’refuso’, ma poi smentito dal collega Giulio Tremonti. E ancora, l’annosa vicenda delle ’quote latte’ che ha scatenato polemiche dopo l’annuncio di Bruxelles di una possibile procedura di infrazione a carico dell’Italia per la proroga della sospensione del pagamento delle multe. Marcia indietro dell’esecutivo anche sul taglio delle tredicesime per poliziotti, magistrati e altri comparti. Dal Senato, tuttavia, come ha sottolineato lo stesso Tremonti, la manovra esce migliorata e con i saldi invariati. Molte le novità introdotte nel passaggio in commissione che si sono andate ad aggiungere a un provvedimento già molto corposo che consentirà all’Italia di ridurre il deficit dal 5% del Pil del 2010 al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2011. Tra le norme di maggior peso, c’è il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, le novità sulle pensioni, i tagli per Regioni, Province e Comuni. E ancora, la riduzione degli stipendi dei manager, dei ministeri e dei costi della politica, la stretta sull’evasione fiscale e le assicurazioni. Entrano anche le norme per la libertà d’impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria di oltre 2 milioni di "case-fantasma". Il testo passa adesso "blindato" a Montecitorio per il via libera definitivo, senza modifiche, e con un nuovo voto di fiducia entro fine mese.

Redazione online

15 luglio 2010(ultima modifica: 16 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-15

Il GOVERNO INCASSA 35esima FIDUCIA A palazzo Madama

Senato, approvata la manovra finanziaria

Ora passa all'esame della Camera

Con 170 sì da Pdl, Lega ed Mpa e 136 i no da Pd, Idv, Udc ed Api

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E Tremonti disse: "Manovra chiusa, questo non si può" (10 luglio 2010)

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Senato, approvata la manovra finanziaria

Ora passa all'esame della Camera

Con 170 sì da Pdl, Lega ed Mpa e 136 i no da Pd, Idv, Udc ed Api

Il Senato ha votato la fiducia sulla manovra (Ansa)

Il Senato ha votato la fiducia sulla manovra (Ansa)

ROMA - Il governo ha incassato a Palazzo Madama la 35ma fiducia posta sulla manovra correttiva con 170 sì, 136 no e nessun astenuto. A favore hanno votato Pdl, Lega ed Mpa, contrari Pd, Idv, Udc e Alleanza per l'Italia. Il decreto ora passa all'esame della Camera dove dovrà essere convertito in legge entro il 30 luglio. Il governo ha già annunciato che anche a Montecitorio sarà posta la questione di fiducia.

25 MILIARDI - Con il sì del Senato alla fiducia sulla manovra si chiude il primo decisivo passaggio parlamentare per il decreto di correzione dei conti italiani. Un intervento da circa 25 miliardi di euro necessario per mantenere gli impegni con Bruxelles sul deficit. Una manovra pesante, riconosciuta da tutti come necessaria per mettere al riparo l’Italia da ulteriori turbolenze finanziarie, ma contestatissima fin dalla sua approvazione in Consiglio dei ministri il 25 maggio scorso. In trincea, in primis, i governatori che hanno protestato duramente contro i pesanti tagli alle Regioni, arrivando a minacciare la restituzione allo Stato di deleghe importanti, dai trasporti all’ambiente. La partita, tuttavia, non è ancora chiusa. Giovedì i governatori torneranno a riunirsi per valutare le mosse future, a maggior ragione adesso che non ci sono più spazi per intervenire in manovra. Molte altre le altre categorie sul piede di guerra, a cui però è toccata miglior sorte: dai disabili che chiedevano modifiche alla soglia di invalidità, ai farmacisti che volevano una più equa distribuzione dei sacrifici, dai magistrati fino a Province e Comuni e sono state accontentante con la promessa di maggiori spazi per l’autonomia impositiva con il federalismo fiscale. Numerosi anche gli incidenti di percorso durante l’iter a palazzo Madama. Per citare i più celebri, si può ricordare il dietrofont del governo sullo stop al requisito di 40 anni di contributi, bollato dal ministro Maurizio Sacconi come un ’refuso’, ma poi smentito dal collega Giulio Tremonti. E ancora, l’annosa vicenda delle ’quote latte’ che ha scatenato polemiche dopo l’annuncio di Bruxelles di una possibile procedura di infrazione a carico dell’Italia per la proroga della sospensione del pagamento delle multe. Marcia indietro dell’esecutivo anche sul taglio delle tredicesime per poliziotti, magistrati e altri comparti. Dal Senato, tuttavia, come ha sottolineato lo stesso Tremonti, la manovra esce migliorata e con i saldi invariati. Molte le novità introdotte nel passaggio in commissione che si sono andate ad aggiungere a un provvedimento già molto corposo che consentirà all’Italia di ridurre il deficit dal 5% del Pil del 2010 al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2011. Tra le norme di maggior peso, c’è il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, le novità sulle pensioni, i tagli per Regioni, Province e Comuni. E ancora, la riduzione degli stipendi dei manager, dei ministeri e dei costi della politica, la stretta sull’evasione fiscale e le assicurazioni. Entrano anche le norme per la libertà d’impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria di oltre 2 milioni di "case-fantasma". Il testo passa adesso "blindato" a Montecitorio per il via libera definitivo, senza modifiche, e con un nuovo voto di fiducia entro fine mese.

Redazione online

15 luglio 2010

 

 

 

 

E sulla situazione economica: "Incerte prospettive sul lavoro, bisogna puntare a crescita"

Draghi: "Accelerare su equilibrio conti"

Il governatore di Bankitalia: le banche sostengano di più le piccole e medie imprese che stanno uscendo dalla crisi

E sulla situazione economica: "Incerte prospettive sul lavoro, bisogna puntare a crescita"

Draghi: "Accelerare su equilibrio conti"

Il governatore di Bankitalia: le banche sostengano di più le piccole e medie imprese che stanno uscendo dalla crisi

ROMA - La manovra economica? "Era inevitabile agire al più presto". Ne è convinto il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che ha preso la parola all'assemblea dell'Abi, l'Associazione che riunisce le banche italiane. "Se la correzione possa effettivamente consentire di raggiungere gli obiettivi di indebitamento netto - ha sottolineato - potrà essere valutato solo nei prossimi mesi, anche tenendo conto del quadro macroeconomico e delle sue retroazioni sul bilancio". Draghi ha in ogni caso sottolineato che "un'accelerazione del rientro dagli squilibri nei conti pubblici è indispensabile" e ha rilevato come fosse necessaria "una decisa correzione di rotta rispetto alle tendenze dell'ultimo decennio". Ma ha rilevato che "la stima degli effetti del contrasto all'evasione presenta incertezze".

Per il governatore "l'effetto sulla ripresa sarà positivo se il risanamento contribuirà a ridurre gli spread sui titoli sovrani". Quanto alle prospettive economiche, Draghi ha spiegato che "non c'è alternativa alla ripresa della crescita" che in Italia deve essere spinta "dalle riforme". E in questo, ha detto ai suoi interlocutori, "le banche hanno un posto speciale nel sostegno alla crescita" e, se forti, "sono e saranno il suo pilastro". Draghi ha poi esortato le banche a essere più vicine, nell'erogazione di credito, alle piccole e medie imprese che stanno uscendo dalla crisi e riprendono a esportare. "La domanda di credito delle imprese aumenta ma si ha la sensazione che molte piccole imprese dicano che la loro domanda non viene soddisfatta - ha detto Draghi -. Occorre che le banche stiano vicine alle piccole e medie imprese", ha detto Draghi, sottolineando come le imprese che lamentano un certo razionamento del credito "sono spesso quelle che operano nella parte più produttiva del Paese" .Quanto alla situazione attuale dell'Italia, ha annotato il governatore, "consumi e investimenti restano deboli, perchè i redditi reali ristagnano, le prospettive di occupazione sono incerte".

Redazione online

15 luglio 2010

 

 

 

Quote latte, una vicenda

che paghiamo tutti

Un conto già versato di 4 miliardi, ai quali se ne aggiungerà un altro

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Quote latte, Galan sfida la Lega. E il Carroccio: è fuori dal governo (13 luglio 2010)

Il commento

Quote latte, una vicenda

che paghiamo tutti

Un conto già versato di 4 miliardi, ai quali se ne aggiungerà un altro

La protesta degli allevatori davanti al palazzo della regione Lombardia a Milano (Newpress)

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La vicenda delle quote latte dimostra, anche a coloro che sono meno attenti alla microfisica degli equilibri politici, come la Lega possieda saldamente la golden share della politica italiana. Nessuno gliel’ha regalata ma il partito capeggiato da Umberto Bossi se l’è conquistata nella competizione elettorale e, successivamente, l’ha legittimata grazie a una condotta in cui ha saputo fondere in maniera originale unità di indirizzo, capacità tattica e retroterra valoriale. Stavolta però il Carroccio sta usando male il potere di veto che si è assicurato e ha ragione invece il ministro Giancarlo Galan che da giorni si sbraccia quasi in perfetta solitudine per richiamare alla coerenza una coalizione di governo che fa finta di non vedere. Forse proprio per evitare di contraddire i proprietari dell’azione d’oro.

La Lega in realtà sta rischiando di far pagare al Paese una scelta miope, quella di difendere sempre e comunque l’interesse immediato di piccole porzioni del proprio elettorato. I Cobas del latte sono costati già all’Italia all’incirca quattro miliardi di euro ai quali andrà aggiunto l’ammontare della maxi-multa (i pessimisti la stimano in un miliardo) che ci comminerà Bruxelles dopo l’apertura di una procedura di infrazione. Eppure Bossi insiste ed è disposto anche a far votare dalla maggioranza un atto di governo che serve nella buona sostanza a coprire l’impunità degli allevatori. E così facendo dimostra che pur possedendo la golden share gli manca una "leganomics ", un orientamento di politica economica credibile che metta al riparo il suo stesso partito dalle pressioni delle micro- lobby.

La verità è che il sindacalismo di territorio sta mostrando la corda, si dimostra un alfabeto politico- culturale insufficiente di fronte alle sfide che il dopo-recessione impone. Prendiamo il delicato tema del rapporto tra banche e territorio. In Veneto i leghisti chiedono ai grandi istituti di credito presenti in regione di sfornare una tabellina, il rendiconto ragionieristico tra raccolta e impieghi su base micro-territoriale. In questo modo si dimostrerebbe o meno il supporto all’economia locale. Ma se le banche, parafrasando il famoso esempio di Lord Keynes, spendessero i soldi per far scavar buche, riceverebbero comunque l’applauso leghista? Purché tutto avvenga nel giardino di casa, non rimangono obiezioni di merito da avanzare? Viene da dire che forse ha più senso incalzare il sistema creditizio perché aiuti i distretti a uscire dall’afasia, favorisca le reti di impresa e accompagni gli imprenditori ad essere protagonisti sull’arena internazionale. Del resto senza avere un’idea delle trasformazioni in atto anche l’ansia di conquistare poltrone nelle fondazioni bancarie appare come la stanca ripetizione di vecchi moduli. L’economia locale c’entra poco.

Suona anche singolare come i leghisti non riescano nemmeno a pronunciare la parola "terziario ". Eppure le speranze delle piccole e medie imprese di sopravvivere alla gelata dipendono dalla capacità di produrre innovazione, di dialogare con il mondo delle professioni, di acquisire maggiori capacità nella gestione della finanza, di fare marketing. In assenza di una "leganomics " il Carroccio non riesce a fare i conti con tutto ciò e i suoi esponenti sembrano vagheggiare la costruzione di tanti Musei dell’Agricoltura e della Manifattura. Se dovesse andar così i Piccoli a quel punto sarebbero solo dei reperti archeologici.

Dario Di Vico

15 luglio 2010

 

 

 

 

 

Tremonti: "L'austerità è una necessità"

Berlusconi: "Basta piangersi addosso"

Il premier: "Ricercare tutte le strade possibili per accelerare e consolidare la ripresa"

LA CRISI

Tremonti: "L'austerità è una necessità"

Berlusconi: "Basta piangersi addosso"

Il premier: "Ricercare tutte le strade possibili per accelerare e consolidare la ripresa"

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti (Ansa)

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti (Ansa)

MILANO - "Non possiamo limitarci a piangere sui danni causati dalla crisi economica, dobbiamo invece ricercare tutte le strade possibili per accelerare e consolidare la ripresa. Il governo sta facendo proprio questo". Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in una nota diffusa da Palazzo Chigi, ha cercato con queste parole di incoraggiare gli italiani a rimboccarsi le maniche e a far ripartire la macchina dell'economia. "Dobbiamo passare dalle lamentele sul passato alle proposte concrete e costruttive per il futuro. È quello che il governo sta facendo, convinti come siamo - ha aggiunto Berlusconi rispondendo alle sollecitazioni arrivate dall'assemblea dell'Ance, l'organizzazione dei costruttori edili - che il settore dell'edilizia e delle costruzioni sarà ancora una volta il volano decisivo affinché le imprese italiane tornino a produrre ricchezza e benessere per tutti".

TREMONTI - Sobrietà e austerità, ma non solo. C'è anche il federalismo nella ricetta del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, per rimettere a posto la dissestata economia pubblica. "Non so se sia una ideologia ma l'austerità certamente è una necessità e una responsabilità" ha detto Tremonti, all'assemblea di Confcooperative. "Siamo ad un tornante della storia, non solo per noi ma per tutti i paesi. L'austerità è una necessità che significa solidarietà e responsabilità" ha poi aggiunto il ministro dell'Economia.

FEDERALISMO - "Il federalismo serve a raddrizzare l'albero storto della nostra finanza allineando un po' la cosa amministrata e la cosa tassata. Se i municipi amministrano il territorio è giusto che ai municipi vadano le tasse e a salire. Non è una scoperta politica o scientifica ma è la scoperta dell'acqua calda" ha poi sottolineato Tremonti.

CRISI - Il ministro dell'Economia ha poi lanciato l'allarme sullo stato attuale della finanza mondiale: "La massa dei derivati è tornata ai livelli precedenti la crisi. Per quanto riguarda l'economia reale - ha proseguito - le cose non vanno così male ma bisogna fare attenzione perchè nel mondo globalizzato l'economia reale è legata alla finanza". Il ministro ha poi sottolineato che tra le caratteristiche della crisi c'è stato l'impatto mediatico: "è stata la prima volta che è andata in onda in tempo reale sui media producendo effetti negativi in particolare sulla fiducia dei cittadini".

MANOVRA - Intanto, come previsto, il governo ha posto la fiducia al Senato sulla manovra. La fiducia è stata posta su un maxiemendamento interamente sostitutivo del decreto legge. Il ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito ha affermato che il governo attribuisce "straordinaria importanza" all'approvazione di questo testo. L'aula del Senato voterà la fiducia sulla manovra economica giovedì mattina. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo. Le dichiarazioni di voto cominceranno alle 9.30.

Redazione online

14 luglio 2010

 

 

 

Il presidente della Repubblica a Udine: "Senza coesione, il Paese si perde"

Napolitano: Costituzione, "Si può modificare, ma resta lungimirante"

"Uno stesso articolo salda in modo inscindibile l’unità della nazione e la promozione delle autonomie"

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Storica stretta di mano tra Napolitano e i presidenti di Croazia e Slovenia (13 luglio 2010)

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Giorgio Napolitano (Epa)

Giorgio Napolitano (Epa)

UDINE - La Costituzione si può modificare, ma resta sempre un testo "altamente lungimirante". Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel corso della sua visita a Udine. "Vogliamo un’Italia unita, senza coesione nazionale il nostro Paese si perderebbe nel fiume della globalizzazione", ha aggiunto Napolitano che ha sottolineato che nella Costituzione uno stesso articolo "salda in modo inscindibile" l’unità della nazione italiana e "la promozione delle autonomie". Quindi unità e federalismo, come altre volte ha osservato il presidente, non sono e non devono diventare due cose contrastanti.

COSTITUZIONE - Partendo dal principio che la Costituzione resta un testo tuttora valido, si possono fare modifiche: "Si riveda ciò che è necessario rivedere, si garantisca il massimo di snellezza e semplificazione nell’articolazione del nostro Stato", ma per il presidente risulta chiaro che l’impianto fondamentale della Carta non può essere toccato.

RIDURRE DEBITO - Il capo dello Stato ha poi voluto ribadire un concetto al quale è particolarmente legato: la riduzione del debito pubblico è un dovere di tutti i soggetti politici: "Nessuna parte politica può sottrarsi alla responsabilità collettiva di alleggerire in modo decisivo e di consolidare il bilancio pubblico riducendo il debito che noi abbiamo accumulato e che è un pesante fardello sulle nostre spalle", ha detto Napolitano salutando il sindaco e i consiglieri comunali di Udine.

Redazione online

14 luglio 2010

 

 

 

In totale sono 90 mila in tutta italia. Il 75% del costo è per il personale

Auto blu: ci costano 4 miliardi all'anno

Il ministro della Pubblica amministrazione Brunetta: "Si può spendere la metà facendo le stesse cose"

In totale sono 90 mila in tutta italia. Il 75% del costo è per il personale

Auto blu: ci costano 4 miliardi all'anno

Il ministro della Pubblica amministrazione Brunetta: "Si può spendere la metà facendo le stesse cose"

ROMA - In tutta Italia le cosiddette "auto blu" sono 90 mila e per mantenerle si spendono 4 miliardi di euro all'anno. È stato il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, a rendere note le cifre aggiornate al 2010. "Penso che si possa spendere la metà facendo le stesse cose", ha commentato Brunetta. Le auto dei politici costano 150 mila l'una: sono 18-20 mila e hanno almeno due autisti. "È una cifra enorme, con 4 miliardi si rinnova un contratto del pubblico impiego", ha chiarito il ministro.

AUTISTI - Ma il costo principale non sono le auto in sé, ma gli autisti. Il costo del personale incide infatti per il 75%. Si spende infatti un miliardo di euro per consumi, manutenzioni e assicurazioni. Tre miliardi di euro costa invece il personale addetto (40 mila autisti in senso proprio, più 20 mila addetti amministrativi e generici). "Sessantamila autisti su 3 milioni e mezzo di dipendenti pubblici sono troppi", ha affermato il ministro. "In molti casi si tratta di personale assunto con altre mansioni che io vorrei si dedicasse a produrre beni e servizi. Anche perché un'auto a noleggio costerebbe 95 mila euro, con un risparmio di 55 mila euro. La strada da seguire è questa".

14 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-12

"in Italia i parlamentari della maggioranza vanno contro le norme europee"

Quote latte, Galan : "Bisogna tenere duro, Parlamento abbia un minimo di dignità"

Il ministro replica alla Lega: "Si difendono un manipolo di trasgressori, si dimettano loro"

"in Italia i parlamentari della maggioranza vanno contro le norme europee"

Quote latte, Galan : "Bisogna tenere duro, Parlamento abbia un minimo di dignità"

Il ministro replica alla Lega: "Si difendono un manipolo di trasgressori, si dimettano loro"

Giancarlo Galan (Ansa)

Giancarlo Galan (Ansa)

MILANO - E' ancora scontro all'interno della maggioranza tra la Lega e il ministro delle Politiche Agricole Giancarlo Galan sulla questione delle multe per lo sforamento delle quote latte, multe che un emendamento alla manovra prevede di sospendere. "Bisogna tenere duro" sulla vicenda delle quote latte, "e spero che il Parlamento italiano abbia un minimo di dignità": ha detto Galan, al suo arrivo a Bruxelles. Galan si è poi chiesto: "Con quale credibilità un ministro può affrontare una battaglia come questa per la politica agricola comune. Con quale faccia si presenta in un consesso europeo quando in Italia deliberatamente i parlamentari della maggioranza vanno contro le norme europee?". "Oggi sono qui a Bruxelles" alla sessione ministeriale ha proseguito Galan, "per dare una sensazione di serietà alla presenza italiana a Bruxelles; mentre là difendono un piccolo manipolo di trasgressori". "Il guaio ora è - ha concluso Galan - che tutti in Europa vedono quel che facciamo noi e questo ci deve preoccupare". Galan ha poi replicato alla Lega spiegando che non si dimetterà sulla vicenda delle quote latte: "si dimetterà chi causa multe e sanzioni europee all'Italia"

MANIFESTAZIONE A BRUXELLES - Intanto dopo sei mesi di tregua, i produttori del latte manifestano davanti alla sede della Commissione Ue dove è previsto l'arrivo di migliaia di agricoltori con i loro trattori. Da stamane la sede del Consiglio Ue, dove si tiene la riunione dei ministri agricoli dei 27, e il palazzo Berlaymont, sede dell'esecutivo europeo, sono circondati da cavalli di frisia per tenere a distanza i manifestanti e molti sono i poliziotti mobilitati. Alla manifestazione - indetta dall'European Milk Board (Emb) - saranno presenti anche oltre un centinaio di produttori italiani, partiti ieri sera da Brescia in due pullman. Li guiderà Roberto Cavaliere, rappresentante nazionale del Copagri e membro dell'Emb.

Redazione online

12 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-11

i goVERNATORI LEGHISTI COTA E ZAIA FRENANO LA PROTESTA

Errani: "Regioni compatte"

Nuovo appello al premier

"Il governo ascolti le nostre ragioni". E Formigoni: "Riduzione dei tagli di un miliardo? Se è così, firmiamo"

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Vasco Errani (Inside)

Vasco Errani (Inside)

MILANO - Tra le Regioni non vi è nessuna rottura. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, prova così a ricompattare il fronte anti-manovra che nelle ultime ore ha mostrato qualche crepa. I governatori leghisti Roberto Cota e Luca Zaia hanno confermato infatti il loro no alla restituzione delle deleghe allo Stato, accentuando così la distanza dalla battaglia degli altri governatori contro Giulio Tremonti. "La posizione sulla manovra è compatta - fa però sapere da parte sua Errani -: così com’è è insostenibile e quindi lancio ancora un appello al premier e al governo perché cambino i pesi della manovra sulle Regioni" ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni intervistato da Sky Tg 24. "Si ascoltino le nostre buone ragioni e si evitino conflitti istituzionali di cui il paese non ha alcun bisogno in un momento decisivo per i conti pubblici e per il federalismo fiscale" ha aggiunto.

FORMIGONI - "Leggo sui giornali - ha poi specificato Errani - di ipotesi di riduzioni dei tagli alle Regioni di cui parlano alcuni ministri: se c'è sostanza divengano proposte concrete e le valuteremo come sempre con grande attenzione". Una posizione sostanzialmente in linea con quella espressa da Roberto Formigoni. "Nessuno ha mai proposto alle Regioni la riduzione di un miliardo di euro dei tagli contenuti nella manovra finanziaria" ha detto il governatore lombardo replicando al leader della Lega Nord, Umberto Bossi, che sabato sera in un comizio aveva spiegato di aver raggiunto con il ministro Giulio Tremonti un accordo in questo senso. "Comunque - ha aggiunto Formigoni - se questa proposta è valida, siamo pronti a venire a Roma domani per firmarla".

Redazione online

11 luglio 2010

 

 

 

2010-07-10

Conti pubblici Enti locali

Per Comuni e Province

arriva l’autonomia fiscale

Decreto entro luglio. Regioni, il governo va avanti

Conti pubblici Enti locali

Per Comuni e Province

arriva l’autonomia fiscale

Decreto entro luglio. Regioni, il governo va avanti

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti al tavolo con le Regioni (Fotogramma)

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti al tavolo con le Regioni (Fotogramma)

ROMA—Si consolida l’asse governo-Comuni che incassano l’autonomia impositiva mentre con le Regioni si è consumata, almeno per ora, una rottura ampiamente annunciata. "Bisogna dare atto a Comuni e Province di essere lungimiranti " ha commentato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, "ma sono convinto che una volta votata la manovra ci ritroveremo attorno a un tavolo anche con le Regioni". Dal governatore dei governatori Vasco Errani l’annuncio: "Per noi è stato un incontro molto negativo, il taglio di 10 miliardi ci mette nelle condizioni di non governare, restituiremo le deleghe".

L’intesa con l’Associazione nazionale comuni italiani (Anci) guidata dal sindaco di Torino Sergio Chiamparino prevede che entro il 31 luglio venga portato in Parlamento il decreto attuativo sul trasferimento delle imposte relative a comuni e province. In pratica il primo atto concreto del federalismo fiscale. Il ministro leghista della Semplificazione Roberto Calderoli ha voluto sottolineare, nella conferenza stampa finale, che i conti dei tagli agli enti locali "sono stati fatti senza calcolare gli introiti da cedolare secca e da regolarizzazione degli immobili fantasma, destinati a cambiare gli incassi dei Comuni". Quindi in futuro c’è ampio margine di manovra. L’altro punto di convergenza col governo illustrato da Chiamparino riguarda l’impegno a realizzare entro ottobre un monitoraggio per calcolare e smaltire i residui passivi e rimodulare così il patto di stabilità interno.

Una intesa generale, che comprende anche le Regioni, è stata tuttavia raggiunta: si tratta della soluzione suggerita giorni fa dal governatore della Lombardia Roberto Formigoni di istituire una commissione mista per individuare gli sprechi. Per il resto il gelo tra Regioni e governo è stato tangibile anche se al punto stampa si è notata l’assenza dei due governatori leghisti Luca Zaia (Veneto) e Roberto Cota (Piemonte). Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi durante l’incontro a Palazzo Chigi (c’erano anche, oltre a Tremonti, Letta e Bonaiuti iministri Fitto, Brunetta, Fazio, Bossi, Calderoli) ha spiegato in tutti i modi che non ci sono risorse economiche e, attingendo anche al dialetto milanese —"zero carbonella, ghe n’è no di danè"—ha chiuso ogni possibilità di trattativa con le Regioni ricordando che se la manovra fosse stata addolcita "da lunedì i mercati ci avrebbero punito aggravando il costo degli interessi sul debito pubblico ".

Errani ha difeso la linea delle Regioni—"al di là dello schieramento politico"—e si è detto pronto a verificare i "numeri col ministero e la Corte dei Conti per dimostrare in modo equivocabile che le spese delle amministrazioni centrali sono cresciute più di quelle locali". Tremonti poco dopo ha fatto distribuire— fonte la Ragioneria generale dello Stato—due grafici che la raccontano in modo un po’ diverso: nell’ultimo decennio la spesa sia delle Regioni che degli enti sanitari locali è stata in percentuale sempre superiore a quella della pubblica amministrazione. Nichi Vendola, governatore della Puglia, ha criticato la rigidità del governo: "A questo punto faranno il federalismo col morto, la vera crisi arriverà quando non potremo garantire i servizi ai cittadini, Tremonti dovrà far camminare da solo i treni". Ma il ministro dell’Economia rassicura che "I pendolari non staranno per strada" e alle critiche risponde: "Come si fa a dire che il federalismo è morto e poi chiedere i decreti attuativi del federalismo?". Ora resta aperto il capitolo delle deleghe, delle quali ieri — dopo aver minacciato il gesto per dieci giorni — ne è stata annunciata la consegna al governo. Per farlo giuridicamente, hanno spiegato sia Errani che Formigoni, occorre un emendamento. Tremonti chiosa. "Vediamo, intanto spero che le Regioni ci ridiano anche la delega per i controlli sulle pensioni di invalidità, su quella siamo assolutamente d’accordo ".

Roberto Bagnoli

10 luglio 2010

 

 

 

Retroscena Berlusconi: qualche burocrate meriterebbe due calci nel sedere

E Tremonti disse: "Manovra chiusa, questo non si può"

Il premier tenta l’ultima mediazione, poi la linea del rigore

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E Tremonti disse: "Manovra chiusa, questo non si può"

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Il ministro Giulio Tremonti (Eidon)

Il ministro Giulio Tremonti (Eidon)

ROMA — "No, questo non si può. La manovra è chiusa, sta già uscendo dalla Commissione, abbiamo preannunciato la fiducia" ha detto a un certo punto, perentoriamente, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. E non si rivolgeva ai presidenti delle Regioni, raccontano gli stessi, ma al premier, Silvio Berlusconi. Frenato senza troppe esitazioni dal ministro nell’ultimo, spontaneo, e per lui naturale tentativo di aprire uno spiraglio alle richieste dei governatori. "Magari nei prossimi due o tre giorni —stava dicendo il presidente del Consiglio — potremmo incontrarci e approfondire con Errani...".

Niente da fare. I tagli ai bilanci delle Regioni restano quelli scritti nella manovra antideficit. Il rigore è necessario, anche se ha un costo politico, e da quella linea Tremonti non si è spostato di un millimetro. Dopo aver attaccato a testa bassa i governatori sugli sprechi, era chiaro fin dalla vigilia che il ministro non avrebbe ceduto. Lo sapevano le Regioni, nonostante l’insistenza per l’incontro, ed era chiaro anche a Silvio Berlusconi, che solo due giorni fa, accogliendo la richiesta dei governatori di essere ricevuti a Palazzo Chigi, lo stesso Berlusconi aveva firmato con Tremonti una lunga nota per dire che, comunque, nulla sarebbe cambiato.

Neanche Gianni Letta, il mediatore, nutriva speranza. E non a caso ieri a Palazzo Chigi il sottosegretario alla Presidenza non ha aperto bocca, rinunciando anche alla consueta cerimonia di introduzione del confronto. Con il ministro delle Regioni, Raffaele Fitto, schierato apertamente con Tremonti, i governatori non hanno trovato il minimo appiglio. Solo quel tentativo in extremis del presidente del Consiglio, condotto senza neanche troppa convinzione.

"Oggi abbiamo un Tremonti più cattivo del solito" ha detto Berlusconi poco dopo, quando al tavolo della sala verde, usciti i governatori, si sono seduti i sindaci e i presidenti di Provincia. Spiegando che la manovra era necessaria per rassicurare i mercati e perché era stata chiesta dall’Europa. "Lo so, ci sarebbe da dare due calci nel sedere a qualcuno" ha detto Berlusconi a un certo punto e Tremonti, fin lì assorto, ha alzato lo sguardo, incrociando gli occhi di tutti i presenti in sala. "No, no Giulio" si è affrettato a chiarire il premier, ridendo. "Non ce l’ho mica con te, stavo parlando dei burocrati, della Ue, dei mercati... ".

Anche per i Comuni e le Province i tagli sono confermati. Ma Tremonti a loro qualcosa concede: la promessa, seppur vaga, di aggiustare il Patto di Stabilità a ottobre e soprattutto, con il federalismo, lo spazio di manovra su tasse proprie entro l’anno. I tagli restano, ma dell’autonomia impositiva delle Regioni, nel frattempo, s’è persa traccia. I governatori, ora, vogliono restituire le funzioni delegate dallo Stato e il governo minaccia di non fare le leggi per riprendersele, vendicandosi del Piano casa fatto fallire dalle lungaggini delle leggi attuative regionali. Il braccio di ferro continua. Mentre la devolution assomiglia sempre più ad un federalismo dei municipi.

Mario Sensini

10 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-08

disagi in vista per chi si muove con i MEZZI PUBBLICI

Sciopero treni, lo stop scatta alle 21

E venerdì si fermano bus e metro

La mobilitazione indetta dai sindacati per il nuovo contratto unico della mobilità

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MILANO - Sarà un venerdì difficile per chi si muove con i mezzi pubblici. E i disagi, per quelli che viaggiano in treno, inizieranno anche prima. Scatta infatti da giovedì sera alle 21 lo sciopero di 24 ore del personale ferroviario. Venerdì a incrociare le braccia saranno poi i lavoratori del trasporto pubblico locale: si fermeranno bus, metro e tram. La mobilitazione è stata indetta dalla Filt-Cgil, dalla Fit-Cisl, dalla Uilt, dall'Ugl, dall'Orsa, dalla Faisa e dalla Fast a sostegno della vertenza per il nuovo contratto unico della mobilità. È stato invece differito dal ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, lo stop del personale Enav del centro di Padova che era stato previsto sempre per il 9 luglio. Non solo: per sabato è previsto anche uno sciopero dei lavoratori pubblici indetto dalla Uil Pubblica amministrazione.

STOP TRENI - Il fermo dei treni si concluderà alle 21 di venerdì. Trenitalia ha attivato un numero verde (800.89.20.21) operativo fino alla fine dello sciopero. Informazioni si potranno trovare anche sul web (www.ferroviedellostato.it), al call center 892021 e ai punti informativi, le biglietterie e gli uffici assistenza delle stazioni. Sarà assicurato il collegamento tra Roma Termini e l'aeroporto di Fiumicino attraverso il 'Leonardo Express' o il ricorso a servizi autobus sostitutivi. Per i treni regionali saranno garantiti i servizi essenziali nelle fasce orarie 6-9 e 18-21.

VENERDÌ NERO - Venerdì non solo proseguirà lo sciopero dei treni, ma sarà fermo anche il trasporto pubblico locale (bus, metro e tram), secondo modalità decise a livello locale. A Roma lo sciopero sarà dalle 8,30 alle 17,30 e dalle 20 a fine turno; a Milano dalle 8,45 alle 15 e dalle 18 a fine turno; a Firenze dalle 9,15 alle 11,45 e dalle 15,45 a fine turno; a Napoli dalle 8,30 alle 17 e dalle 20 a fine turno; a Cagliari dalle 9,30 alle 12,45, dalle 14,45 alle 18,30 e dalle 20 a fine turno; a Palermo dalle 8,30 alle 17,30; a Torino dalle 9 alle 12 e dalle 15 a fine turno.

 

08 luglio 2010

 

 

 

 

 

La Commissione Bilancio del Senato ha licenziato un nuovo testo

Disabili e Manovra: un sospiro di sollievo

L’assetto è più rassicurante, ma contiene anche altre novità oltre a quelle attese

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(Corbis)MILANO- La Commissione Bilancio del Senato ha, dunque, emendato l’articolo della Manovra relativo alle invalidità civili. L’articolo in questione è il decimo, il Decreto Legge è il 78/2010 che ora passa all’Aula per la discussione e l’approvazione. L’articolo 10 è molto più rassicurante - per gli invalidi civili, almeno – rispetto al testo in discussione e ai successivi emendamenti presentati dalla Maggioranza su indicazione del Ministro dell’economia.

INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO - L’elemento che raccoglie maggiore soddisfazioni presso le Federazioni delle persone con disabilità che hanno manifestato ieri davanti a Montecitorio, è stato la cancellazione dell’emendamento che prevedeva nuovi requisiti medico-legali per la concessione dell’indennità di accompagnamento. La più stringente definizione medico-legale aveva l’intento chiarissimo di restringere notevolmente il novero dei possibili titolari di indennità di accompagnamento solo a casi di gravissima e totale compromissione dell’autonomia nel suo senso più restrittivo del termine. I criteri medicolegali rimangono, quindi, immutati.

INVALIDI PARZIALI - È stato abrogato il primo comma, quello che prevedeva l’innalzamento all’85% della percentuale di invalidità necessaria per ottenere l’assegno mensile di assistenza riservato agli invalidi civili parziali. La percentuale minima ritorna ad essere quella di prima: il 74% come fortemente richiesto dalle associazioni delle persone con disabilità. Scompare, conseguentemente, anche l’emendamento di Maggioranza che prevedeva correttivi, di dubbia costituzionalità. Erano previste, infatti, eccezioni al limite dell’85% per le patologie singole a cui fosse riconosciuta, in forza delle tabelle di valutazione, una percentuale di invaldità pari o superiore al 75%.

PIANO STRAORDINARIO DI VERIFICA - Rispetto al testo precedente viene innalzato il numero di verifiche previste dal piano straordinario di controllo sulle invalidità. Si passa da 200 mila a 250 mila controlli per gli anni 2011 e 2012. Sommate a quelle previste per il 2010, il totale delle verifiche sarà di 600 mla. Nei controlli, che come noto spettano ad Inps, potranno essere coinvolte anche le Commissioni delle Aziende Usl – da gennaio 2010 integrate con un medico Inps - dietro intese con le rispettive Regioni. È da temere un sovraccarico che può ritardare ulteriormente le normali visite di accertamento per l’invalidità ed handicap.

TEMPI DI ACCERTAMENTO - Purtroppo assieme ai commi più negativi, scompare l’emendamento che interveniva anche sui tempi di accertamento degli stati invalidanti, correggendo il "vecchio" regolamento del 1994 (DPR 698/1994). Il regolamento prevede solo che la data di accertamento venga fissata entro tre mesi dalla presentazione della domanda, disposizione – come sappiamo – largamente elusa dalle Aziende USL. L’emendamento avrebbe introdotto un iter accelerato: nel caso in cui le Commissioni delle Aziende USL non rispettassero quel termine, l’accertamento sarebbe stato effettuato dall’INPS con le sue Commissioni entro i 15 giorni successivi. Procedura simile era prevista nel caso delle patologie oncologiche, per le quali la Legge 80/2006 prevede che la visita di accertamento venga effettuata entro 15 giorni dalla presentazione della domanda. Ma questo emendamento – presentato dal relatore di Maggioranza – non compare nella versione licenziata dalla Commissione Bilancio del Senato. Ora il testo passa all’esame dell’aula del Senato.

Carlo Giacobini

(Direttore di HandyLex.org)

08 luglio 2010

 

 

 

 

La replica dell'azienda: "Sdegno e stupore"

Il Pd contro la norma "anti-Mesiano"

"Sospende il processo Fininvest-Cir"

Ferranti: "Presentato un emendamento che potrebbe fermare il procedimento per nove mesi"

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Lodo Mondadori: "Fininvest deve risarcire 750 milioni a Cir"(3 ottobre 2009)

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Donatella Ferranti

Donatella Ferranti

ROMA - Una norma che potrebbe di fatto sospendere il processo Fininvest-Cir per nove mesi. A confermare il contenuto dell'emendamento presentato dal governo alla manovra è il capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti. La norma, che introduce la figura dell'ausiliario del giudice, è contenuta nel comma 18 dell'emendamento 48.0.1000 presentato dal ministro Alfano.

L'EMENDAMENTO - Nell'emendamento si legge che "nei procedimenti civili contenziosi aventi ad oggetto diritti disponibili che, alla data di entrata in vigore della presente legge, pendono dinanzi al tribunale, il giudice, su istanza di parte, anche con decreto pronunziato fuori udienza, rinvia il processo per un periodo di sei mesi per l'espletamento del procedimento di mediazione". Le istanze previste dal comma "devono essere proposte, a pena di decadenza, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge".

"ANTI-MESIANO" - La Ferranti ribattezza la misura come "anti-Mesiano", dal nome del giudice "duramente attaccato dalle reti tv della famiglia Berlusconi per aver firmato la sentenza che obbliga la Fininvest a risarcire la Cir di 750 milioni per l'affare Mondadori". Lo scorso 3 ottobre il Tribunale di Milano ha condannato la società della famiglia Berlusconi, in primo grado, a un maxi-risarcimento per 750 milioni circa per corruzione giudiziaria legata all'acquisto della Mondadori.

LA REPLICA - Non si fa attendere la replica della Fininvest, che esprime "tutto il suo stupore e il suo sdegno di fronte all'insinuazione secondo cui sarebbe interessata ad un rallentamento del processo d'appello per la vicenda lodo Mondadori". "Appare risibile il solo pensarlo - spiega la Fininvest - basta conoscere i fatti per sapere che è vero esattamente il contrario. La Fininvest infatti è pienamente convinta che le proprie buone ragioni verranno riconosciute, e ha rilasciato a favore di Cir una fideiussione pari a 806 milioni di euro: pertanto ha interesse, onde evitare anche ulteriori costi ed appesantimenti finanziari, che la trattazione nel merito rispetti un iter il più spedito possibile. Per tali motivi la Fininvest seguirà con assoluta coerenza questa impostazione".

Redazione online

08 luglio 2010

 

 

 

 

Il premier isola Fini e mette il governo al riparo da sorprese

Nota congiunta con Tremonti per dire no alle Regioni e imporre la fiducia

Passo dopo passo, la marcia di allontanamento fra il Pdl e Gianfranco Fini continua: senza che però si intraveda ancora il momento in cui si consumerà la rottura formale. "Fini non esiste più", ha liquidato la questione Silvio Berlusconi negli incontri avuti ieri con i vertici del centrodestra. Ma l’esigenza di non acuire le tensioni col Quirinale ritarda una resa dei conti. La tabella di marcia di Palazzo Chigi per le prossime settimane è obbligata e non prevede distrazioni. Il premier deve fare approvare una manovra economica cercando di attenuarne gli aspetti più impopolari. E, nonostante la legge contro le intercettazioni sia quasi certamente destinata a slittare all’autunno, insegue un "sì" entro l’inizio di agosto. In realtà, la probabilità che passi diminuisce ogni giorno di più: anche perché ormai si parla apertamente di correzioni a un testo contestatissimo.

La giornata di ieri è emblematica, da questo punto di vista. I tafferugli fra i terremotati abruzzesi e la polizia a Roma, e una rissa alla Camera dei deputati; il pellegrinaggio di fatto inutile a Palazzo Grazioli, i presidenti delle Regioni di centrodestra, infuriati con Giulio Tremonti; la nota congiunta con la quale Berlusconi e il ministro dell’Economia annunciano la fiducia sulla manovra sia alla Camera che al Senato; e infine il nuovo attacco del presidente della Camera proprio a Tremonti: sono tutti fotogrammi di una coalizione della quale il capo del governo sembra non più il padrone assoluto, ma quasi un ostaggio costretto a tamponare le spinte centrifughe. Con esiti almeno controversi.

La trattativa con le Regioni ha partorito un incontro a Palazzo Chigi che dovrebbe tenersi domani: un modo per accontentare governatori che appartengono alla maggioranza di centrodestra ma contestano le riduzioni di spesa proposte da Tremonti. Le concessioni che Berlusconi può garantire, però, appaiono quasi azzerate dal comunicato diramato ieri insieme al suo ministro. Quasi a chiarire in modo preventivo che il premier ha le mani legate, vi si legge che la manovra è "un provvedimento fondamentale per la stabilità finanziaria ". E dunque, se non intangibile comunque non si può cambiare. Tremonti lo ha ripetuto ai quattro presidenti di Regione incontrati nella residenza di Berlusconi.

"La nostra strada è obbligata", ha detto il titolare dell’Economia. "Non c’è spazio per cambiamenti", anche perché il debito nel settore sanitario accumulato in Campania, Lazio, Calabria e Molise è impressionante. Si tratta di una durezza che a Berlusconi probabilmente non piace, ma che non può non sottoscrivere. È improbabile, infatti, che all’incontro di domani il presidente del Consiglio possa aggirare i paletti conficcati da Tremonti. L’ennesimo attacco di Fini al titolare dell’Economia e alla Lega per paradosso rafforza entrambi, vista l’insofferenza verso il presidente della Camera. "Non si può vivere di sola finanza", ha detto Fini, "e men che meno può vivere di sola contabilità l’economia". Ma di fronte alla decisione di ricorrere alla fiducia in entrambi i rami del Parlamento, le critiche finiane non hanno uno sbocco.

Il silenzio del presidente della Camera di fronte alla nota congiunta di Berlusconi e di Tremonti tradisce l’irritazione; e la consapevolezza che la richiesta di fiducia fatta anche all’assemblea di Montecitorio rappresenta una sfida proprio a lui. Il governo lo mette di fronte alla contraddizione che gli ha rimproverato nelle ultime settimane: quella di essere insieme capo della minoranza interna del Pdl e terza carica istituzionale; e dunque di dover scegliere. Come minimo, l’iniziativa tende a farlo apparire isolato e irrilevante. Gli spazi in Parlamento sono azzerati, e infatti il centrosinistra protesta per lo svuotamento della discussione. Il voto di fiducia è previsto nella giornata di giovedì 15 al Senato. Poi toccherà all’aula di Montecitorio. E in quell’occasione sarà possibile misurare per intero le distanze che separano il presidente della Camera da quella che sente sempre meno come la sua maggioranza: ricambiato gelidamente dal Pdl.

Massimo Franco

08 luglio 2010

 

 

 

2010-07-04

Errani: "il gap che divide il sud dal nord non si affronta con accuse ingenerose"

"Cambiare la manovra è una necessità"

Le Regioni:"Per noi e gli enti locali è insostenibile e finirebbe per penalizzare i cittadini"

Errani: "il gap che divide il sud dal nord non si affronta con accuse ingenerose"

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Le Regioni:"Per noi e gli enti locali è insostenibile e finirebbe per penalizzare i cittadini"

Da sinistra a destra Giulio Tremonti e Vasco Errani (Eidon)

Da sinistra a destra Giulio Tremonti e Vasco Errani (Eidon)

MILANO - Le regioni passano nuovamente all'attacco. Obiettivo, come sempre, modificare la manovra. "La cortina fumogena alzata in queste ore serve a coprire una manovra che per le Regioni e gli enti locali è insostenibile e che finirebbe per penalizzare i cittadini": afferma il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani.

"FEDERALISMO FISCALE A RISCHIO" - Errani poi ribadisce: "La manovra varata rischia di tagliare le gambe al federalismo fiscale, è squilibrata perchè pesa per l'80% su regioni ed enti locali e finirà per ricadere su servizi pubblici essenziali per i cittadini". "Per questo - aggiunge Errani - Regioni ed enti locali hanno chiesto un incontro urgente al Presidente del Consiglio, al quale torno a sottolineare che cambiare la manovra è per le Regioni e gli enti locali una necessità".

"La Conferenza delle Regioni - prosegue Errani - è impegnata in modo unitario per tenere il confronto su un binario istituzionale, nonostante sia in atto un tentativo di delegittimazione delle autonomie e delle Regioni. Non si affronta, ad esempio, il gap che ancora oggi separa il Mezzogiorno dal resto del Paese con accuse ingenerose e superficiali alle amministrazioni del Sud". "Respingiamo al mittente gli attacchi strumentali - conclude Errani - e continuiamo a ricercare il dialogo, pronti ad assumerci in modo equo e proporzionale le nostre responsabilità nell'azione per il controllo della spesa pubblica. Ma dobbiamo reagire per senso delle istituzioni alla campagna di delegittimazione in corso che costituisce nei fatti un grave danno per la Repubblica".

Redazione online

04 luglio 2010

 

 

 

"si rischiano forti contenziosi di carattere costituzionale"

Appello delle imprese al premier: rivedere le norme fiscali della manovra

Nota di Confindustria, Confcommercio, Confesercenti e artigiani: preoccupazione per misure relative a riscossione e compensazione dei debiti e dei crediti

"si rischiano forti contenziosi di carattere costituzionale"

Appello delle imprese al premier: rivedere le norme fiscali della manovra

Nota di Confindustria, Confcommercio, Confesercenti e artigiani: preoccupazione per misure relative a riscossione e compensazione dei debiti e dei crediti

La leader di Confindustria Emma Marcegaglia (Fotogramma)

La leader di Confindustria Emma Marcegaglia (Fotogramma)

MILANO - Nuovo attacco alla manovra da parte delle forze sociali. Questa volta a lamentarsi è il mondo dell'imprenditoria. Confindustria e Rete Imprese Italia, che riunisce Confcommercio, Confartigianato, CNA; Casartigiani, Confesercenti, lanciano infatti un allarme congiunto su alcune norme fiscali della manovra economica (su compensazione debiti-crediti e su limiti a rimborsi fiscali) che - spiegano in una nota unitaria - rischiano di creare forti contenziosi di carattere costituzionale e di avere "conseguenze irreparabili specie per le piccole e medie imprese".

LA NOTA - "Le imprese - sottolinea la nota - fanno appello al Parlamento e al Governo, al Presidente Berlusconi e al Ministro Tremonti affinchè vengano modificate queste norme, che, nella formulazione attuale, costituiscono violazioni gravi dei diritti dei contribuenti e nulla hanno a che fare con il contrasto all'evasione". Confindustria e Rete Imprese Italia (Confcommercio, Confartigianato, CNA; Casartigiani, Confesercenti) - è scritto nella nota congiunta - "ribadiscono le preoccupazioni già espresse nei giorni scorsi, in merito alle misure contenute nella manovra finanziaria relative alla riscossione (art. 38) e alla compensazione dei debiti e crediti fiscali (art.31)". Le norme sono altamente tecniche e sono state introdotte indicandole come misure anti-evasione. Ma le imprese ritengono che siano troppo decise e mettano in difficoltà soprattutto le Pmi. Inoltre, le soluzioni finora indicate non sarebbero sufficienti ad evitare problemi per le imprese. "La proposta che è stata avanzata in Commissione Bilancio al Senato di portare da 150 a 300 giorni la durata massima della sospensione giudiziale degli atti di recupero dei crediti verso l'amministrazione - è scritto nella nota - non risolve il problema, a fronte del fatto che la durata media dei soli procedimenti di primo grado supera i 700 giorni. Se passasse questa norma, il contribuente sarebbe costretto, pena il pignoramento, a pagare gli importi richiesti dall'amministrazione, pur essendo ancora in attesa di sentenza e a fronte di pretese che nella grande maggioranza dei casi risulteranno successivamente non fondate". Per le imprese italiane "ciò non è accettabile, darà luogo a contenziosi, anche in punto di legittimità costituzionale, in molti casi porterà a conseguenze irreparabili, specie per le piccole e medie imprese. Per rimediare al problema - indicano - occorre che la sospensiva duri quantomeno sino alla sentenza di primo grado". L'altra misura "che desta allarme - spiegano Confindustria e Rete Imprese - riguarda il divieto di effettuare compensazioni fra crediti e debiti fiscali in presenza di accertamenti anche di importo modesto (1.500 euro)". "Come si è già fatto osservare - è scritto nella nota - il divieto di compensazione può essere imposto, ma solo quando vi sia la piena certezza del debito fiscale, ossia quando lo stesso sia iscritto a ruolo definitivo. A riguardo si fa notare che il titolo della rubrica (riportato anche nella relazione illustrativa e nella relazione tecnica) recita: "Preclusione alla autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi". Nel testo dell'articolo 31 si fa invece riferimento a debiti "iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori" e si omette la qualificazione "definitivo"". "Stupisce ed allarma - dicono ancora le confederazioni industriali e imprenditoriali - il fatto che, sino ad oggi, non si è riscontrata alcuna disponibilità da parte del Governo a introdurre nel testo questa qualificazione, che appare invece assolutamente necessaria per tutelare i diritti dei contribuenti. Si ribadisce infine che le sanzioni previste nel caso di violazione del divieto di compensazione (il 50% dell'importo indebitamente compensato) sono del tutto sproporzionate".

Redazione online

04 luglio 2010

 

 

 

Conti pubblici - Le misure

Pensioni e federalismo, il Tesoro blinda la manovra

Diventerà legge l’adeguamento automatico dell’età pensionabile. Il contropiede sui governatori

Conti pubblici - Le misure

Pensioni e federalismo, il Tesoro blinda la manovra

Diventerà legge l’adeguamento automatico dell’età pensionabile. Il contropiede sui governatori

ROMA — Articolo 12-ter. La nuova gamba spuntata alla manovra per la correzione del deficit sta lì dentro. In quell’emendamento presentato dal relatore del decreto, Antonio Azzollini, dopo averlo concordato con il ministero dell’Economia. L’adeguamento automatico dell’età di pensione alle speranze di vita. Fatto per legge e non più affidato ad un semplice Regolamento, che pure il governo si era premurato di approvare il giorno dopo il varo della manovra per dare ancor più sostanza agli impegni del governo sul risanamento. Meglio andare sul sicuro, deve aver pensato Giulio Tremonti. Un Regolamento, benché attuativo di una legge precedente, si può sempre cancellare, sostituire, modificare, contestare. Il Consiglio di Stato, ad esempio, lo stava soppesando da qualche giorno. Così, per non correre il minimo rischio, è arrivato il blitz.

Mentre tutti si scagliavano sull’articolo 12-bis contenuto nello stesso emendamento, secondo il quale dal 2016 non sarebbero stati più sufficienti i 40 anni di contributi per la pensione, poi declassato a "refuso " e ritirato dal relatore, l’articolo 12-ter è sfilato via senza problemi e clamori. Una volta che il decreto sarà approvato dal Senato, e subito dopo dalla Camera, l’adeguamento dell’età di pensione alle speranze di vita, da verificare ogni tre anni, sarà scritto nero su bianco in una legge. Per la felicità dell’Unione Europea, dei mercati, e forse anche dei politici che verranno dopo, perché secondo il ministro dell’Economia, già convinto che l’Italia avesse la miglior legge d’Europa sulle pensioni, il sistema previdenziale è blindato a vita. Oltre ai tagli alla spesa degli enti locali e a quelli della pubblica amministrazione con il blocco del rinovo contrattuale del pubblico impiego, si aggiunge un altro puntello alla manovra anti-crisi, che il ministro dell’Economia è convinto di portare a casa intatta.

Dei 2.500 emendamenti presentati dalla maggioranza e dall’opposizione, finora, in Commissione, non ne è passato neanche uno. Il margine per le modifiche, ha ripetuto il ministro dell’Economia nei due incontri avuti con la maggioranza in Senato, è ridotto al minimo. Per essere sicuro di incassare il risultato, a Tremonti servono però ancora un paio di verifiche. Con la maggioranza di centro-destra e soprattutto con il Presidente del Consiglio. Silvio Berlusconi ha annunciato che da domani prenderà lui in mano la situazione, anche la manovra per la correzione dei conti. Il ministro dell’Economia sembra tranquillo. Finora, nelle occasioni pubbliche, il premier ha difeso senza troppe esitazioni la sua linea. Tuttavia il clima, durante l’assenza di Berlusconi, si è scaldato. I governatori delle Regioni continuano a protestare per i tagli, e Tremonti li attacca a testa bassa sugli sprechi. Loro lamentano il taglio dei trasferimenti che cancellano il federalismo fiscale e lui, con un altro emendamento passato sotto silenzio, sposta i tagli dai "trasferimenti" alle "risorse a qualunque titolo spettanti alle Regioni". Che ora meditano di rivolgersi a Gianfranco Fini, l’ultima porta rimasta a cui bussare. Una partita durissima, senza esclusione di colpi. Da domani nelle mani di Silvio Berlusconi.

M. Sen.

04 luglio 2010

 

 

 

 

 

Duello con Tremonti.

Malumori tra i ministri

Sondaggi positivi, il Cavaliere non esclude la rottura con Fini e pensa a un "predellino due"

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Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e il premier Silvio Berlusconi (Emblema)

Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e il premier Silvio Berlusconi (Emblema)

ROMA — A dispetto della calma apparente di un afoso pomeriggio romano, la tensione ieri a palazzo Grazioli ha invece raggiunto livelli altissimi. Raccontano infatti di un Silvio Berlusconi arrivato al limite ultimo della sopportazione, alle prese con una situazione incandescente che praticamente rende problematici, in qualche caso quasi insolubili, tutti i temi che ha deciso di affrontare in prima persona e a muso duro in questi giorni, e che dovrebbe portare a decisioni importanti entro la metà della prossima settimana.

Il primo motivo di scontento ieri è stato sicuramente quello di una manovra economica che il ministro Tremonti gli ha "buttato tra i piedi" con una sorta di prendere o lasciare, e che viene gestita secondo il premier in maniera troppo brusca. Raccontano allora di un colloquio burrascoso ieri tra il premier e Tremonti, durante il quale il ministro è arrivato a minacciare le dimissioni come risposta alle critiche di un premier al quale risulta un Paese preoccupato (come gli rivelano i sondaggi) dalle misure draconiane che spuntano e spariscono ogni giorno, che vede le Regioni del Sud, suo serbatoio abbondante di voti, sul piede di guerra contro il ministro dell’Economia che le ha fustigate, tempestato di proteste di ministri irritati per i tagli e il trattamento (da Galan a Brunetta, dalla Prestigiacomo a Matteoli, tanto che qualcuno sente "un’aria da 2004", quando cioè Tremonti fu costretto alle dimissioni), con il caso Formigoni ancora aperto.

Paolo Bonaiuti smussa: "Quando mai prima di una Finanziaria non ci sono state fibrillazioni? I saldi della manovra non si toccano, e Berlusconi l’ha detto e ripetuto: serve un provvedimento di rigore, non ci sono divisioni nel governo". Ma ci sono altri problemi aperti. Con il Quirinale, è noto, dopo la grandissima tensione di questi giorni (secondo alcuni colleghi del Pdl, causata in gran parte "dalla pazzia di Ghedini, che ha fatto infuriare Berlusconi") il premier ha intenzione di riprendere i rapporti su un piano di collaborazione, ben sapendo quanto sia importante — in un momento così delicato — non avere alcuna ostilità da parte del capo dello Stato. Per questo è ormai disposto a mediare sul ddl intercettazioni, e a detta di molti perfino a farlo slittare a dopo l’estate per evitare ulteriori irrigidimenti o incidenti di percorso. In ogni caso, un incontro con il presidente sarebbe già previsto, un faccia a faccia chiarificatore che dovrebbe tenersi mercoledì prossimo.

Con Fini invece parlare di rapporti ridotti a zero è limitativo, tanto che forte di sondaggi che darebbero il suo gradimento personale al 63%, il premier sarebbe davvero tentato dalla rottura. Come? Qualcuno parla di un "predellino due", un nuovo corso nel partito che potrebbe anche tradursi nell’ordine di sciogliere tutte le correnti e le componenti organizzate. Altrimenti, potrebbe essere la mossa per cacciare Fini e i suoi, "ci si mette automaticamente fuori dal partito". D’altra parte, a rendere ancora più esplosiva la situazione, ieri ci si è messo anche l’annuncio di Franceschini che il Pd avrebbe sostenuto gli emendamenti dei finiani al ddl intercettazioni, e le repliche per niente sdegnate degli uomini del presidente della Camera hanno gettato altro acido sulle ferite.

È arrivato dunque il momento della verità: o dentro, ma senza più ostacolare la sua azione, la sua leadership, le sue scelte, o fuori. E il chiarimento ultimo potrebbe anche venire attraverso un rapporto diretto tra i due cofondatori, perché ormai non è più tempo di pontieri. Un incontro non risulta segnato in agenda, ma per come si sono messe le cose nessuno se la sente nemmeno di escluderlo: "È vero che i due ormai non si sopportano più, ma in certi momenti la politica impone dei passi", dice uno degli uomini vicini al premier.

Paola Di Caro

04 luglio 2010

 

 

 

 

"Nessun taglio alle tredicesime dei dipendenti pubblici". "In Italia la ripresa c'è"

Berlusconi attacca sulle intercettazioni:

"Si oppone solo lobby giornalisti-toghe"

Il premier: "Siamo tutti spiati, il 95% degli italiani è con noi, solo una minoranza non vuole quella legge"

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Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (Ansa)

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (Ansa)

ROMA - Venerdì aveva tirato fuori quel "ghe pensi mi" con cui prometteva un intervento in prima persona per rimettere ordine allo scompiglio che si è manifestato all'interno del Pdl, in particolare nei giorni in cui lui era impegnato nella trasferta in Canada e Centroamerica. A distanza di 24 ore, Berlusconi partito all'attacco. Ma non ha affrontato il tema della divisione interna al Pdl. Al contrario ha puntato il dito contro l'opposizione ("La sinistra sa solo insultare, calunniare e diffamare e non ha idee. La realtà è che a me non mi demoralizza nessuno) e quella che ha definito la "lobby giornalisti-toghe" che si oppone al ddl sulle intercettazioni. Secondo il leader del Pdl, "siamo tutti spiati, non è tollerabile" e ad opporsi a una regolamentazione delle intercettazioni ci sarebbe appunto "solo la lobby di giudici e giornalisti".

MANOVRA E TREDICESIME - Il presidente del Consiglio, intervistato dal Tg4, ha parlato anche della situazione economica, precisando che non ci saranno tagli alle tredicesime dei pubblici dipendenti e delle forze dell'ordine, come era stato prospettato in un emendamento firmato dal deputato del Pdl Azzolini, e spiegando che "la ripresa sarà tanto più salda quanto più sarà legata a una politica di rigore". "Tutti gli organismi internazionali - ha detto il premier - hanno apprezzato i risultati del governo, e gli ultimi dati economici li confermano: la produzione industriale è salito, è aumentata la velocità della ripresa". E poi, ha aggiunto, "l' Italia sta meglio di altri Paesi perchè ha adottata la politica di non mettere le mani nelle tasche degli italiani".

Redazione online

03 luglio 2010

 

 

 

E sulle divisioni interne al Pdl: "Se la maggioranza non ce la fa, pensare ad altre ipotesi"

Bersani: "Da quando "ghe pensa lu"

le cose vanno di male in peggio"

Il segretario del Pd attacca Berlusconi e provoca la Lega: "Ha smesso di prendere sul serio il federalismo?"

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Pier Luigi Bersani alla convention di Milano (Fotogramma)

Pier Luigi Bersani alla convention di Milano (Fotogramma)

MILANO - Il "ghe pensi mi" del Cavaliere "non è la medicina, è la malattia. Berlusconi lo dice da 7 anni, da 7 anni "ghe pensa lu" e andiamo di male in peggio. Un governo conservatore in Inghilterra attacca la rendita finanziaria, in Italia si attaccano le tredicesime di poliziotti e insegnanti". Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, va all'attacco del capo del governo e da Milano, alla convention regionale dei quadri del suo partito, lancia un monito: "Se la maggioranza non ce la fa bisogna pensare a qualche altra ipotesi". Una frase che viene interpretata come un'apertura alla Lega e ai finiani, dopo che in giornata anche il capogruppo dei democratici alla Camera, Franceschini, aveva detto di essere pronto a votare assieme ai ribelli del Pdl eventuali emendamenti migliorativi del ddl sulle intercettazioni. E che subito scatena le reazioni del centrodestra che fa notare come l'attuale maggioranza "è il risultato di un voto libero e democratico ed ha una rotta precisa, indicata dal programma condiviso dagli elettori" (Bonaiuti) e che qualunque altra ipotesi potrebbe essere vista come "golpe" o "inciucio" (Calderoli).

IL NODO DEL FEDERALISMO - Bersani ha parlato anche delle riforme e in particolare del federalismo su cui si regge l'intesa Pdl-Lega: "Eravamo al federalismo delle chiacchiere ho impressione che siamo arrivati al federalismo truffa". "Se togliamo 14-15 miliardi dai finanziamenti di comuni e regioni il famoso federalismo vuol dire o 14 miliardi di servizi in meno o 14 miliardi di tasse in più - ha spiegato il segretario -. Insomma eravamo al federalismo delle chiacchiere ora siamo a quello truffa: la Lega deve dirci cosa ne pensa perchè noi il federalismo lo abbiamo preso sul serio. Loro non lo so". Poi, rivolgendosi direttamente al Carroccio: "Non vorrei che tradiscono il federalismo per reggere il "miliardario". Quello che è sotto gli occhi di tutti è che il governo sta tradendo l'Italia al nord. È una cosa evidente alla luce di quello che è successo con il sistema dei tagli lineari che colpiscono comuni e regioni".

Redazione online

03 luglio 2010

 

 

 

Lotte intestine

Lotte intestine

Il "ci penso io" sorridente e rassicurante di appena qualche ora fa adesso trasmette allarme e ansia. La sensazione è che il ritorno in Italia dagli incontri internazionali abbiamostrato a Silvio Berlusconi una situazione più grave del previsto. Più che essere in ebollizione, il suo centrodestra rischia di evaporare per i contrasti che lo stanno lacerando; e ai quali il presidente del Consiglio non sembra in grado di porre rimedio: non almeno come in passato.

Aveva detto che si sarebbe occupato di tutto a partire da domani: come se i problemi non fossero così urgenti da compromettere il fine settimana. La durezza con la quale il capo del governo è dovuto intervenire anche ieri racconta invece una verità meno rosea: una storia non solo di confusione, ma di incertezza crescente della coalizione berlusconiana. Con un incubo che comincia a preoccupare: l’impopolarità. Le regioni meridionali in rivolta contro il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sono il secondo avvertimento dopo il trasversale degli enti locali ai tagli di spesa contenuti nella manovra.

Riflessi corporativi, probabilmente; ma così potenti da spaventare la maggioranza. E la fretta e la nettezza con le quali Berlusconi smentisce una riduzione della tredicesima per le forze dell’ordine serve a tamponare affannosamente una notizia dal sapore, appunto, impopolare. Ma la conseguenza non voluta è di confermare misure economiche minacciate da "refusi " che riflettono una sgrammaticatura strategica. Le critiche a un’opposizione che, se al potere, avrebbe portato l'Italia alla "sindrome greca ", sono comprensibili: come lo sono gli attacchi a magistratura e giornali che boicotterebbero la legge contro le intercettazioni.

Si tratta di messaggi in bottiglia che il presidente del Consiglio vuole fare arrivare al proprio elettorato per additare i "nemici". Eppure, risulta sempre più evidente che si assiste a un conflitto soprattutto nel centrodestra: i "nemici" in questa fase sono lì. Lo conferma l’insistenza con la quale il Pdl avverte Gianfranco Fini con ultimatum sempre più ravvicinati di non fare giochi di sponda con l’opposizione sulle intercettazioni. E lo lascia intuire la resistenza di Umberto Bossi ad assecondare strappi fra Palazzo Chigi e Quirinale.

Ma confondere la severità di Giorgio Napolitano con manovre e giochi che altri probabilmente stanno accarezzando può essere un abbaglio pericoloso. Davanti a Berlusconi si intravede un sentiero stretto. Rimane da capire se accetterà di percorrerlo con pazienza e sofferenza, o se preferirà lo scarto: sebbene si renda conto che le incognite sono aumentate perfino per lui, il futuro del centrodestra dipende più che mai dalle sue scelte.

Massimo Franco

04 luglio 2010

 

 

 

Conti pubblici - Le misure

Pensioni e federalismo, il Tesoro blinda la manovra

Diventerà legge l’adeguamento automatico dell’età pensionabile. Il contropiede sui governatori

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ROMA — Articolo 12-ter. La nuova gamba spuntata alla manovra per la correzione del deficit sta lì dentro. In quell’emendamento presentato dal relatore del decreto, Antonio Azzollini, dopo averlo concordato con il ministero dell’Economia. L’adeguamento automatico dell’età di pensione alle speranze di vita. Fatto per legge e non più affidato ad un semplice Regolamento, che pure il governo si era premurato di approvare il giorno dopo il varo della manovra per dare ancor più sostanza agli impegni del governo sul risanamento. Meglio andare sul sicuro, deve aver pensato Giulio Tremonti. Un Regolamento, benché attuativo di una legge precedente, si può sempre cancellare, sostituire, modificare, contestare. Il Consiglio di Stato, ad esempio, lo stava soppesando da qualche giorno. Così, per non correre il minimo rischio, è arrivato il blitz.

Mentre tutti si scagliavano sull’articolo 12-bis contenuto nello stesso emendamento, secondo il quale dal 2016 non sarebbero stati più sufficienti i 40 anni di contributi per la pensione, poi declassato a "refuso " e ritirato dal relatore, l’articolo 12-ter è sfilato via senza problemi e clamori. Una volta che il decreto sarà approvato dal Senato, e subito dopo dalla Camera, l’adeguamento dell’età di pensione alle speranze di vita, da verificare ogni tre anni, sarà scritto nero su bianco in una legge. Per la felicità dell’Unione Europea, dei mercati, e forse anche dei politici che verranno dopo, perché secondo il ministro dell’Economia, già convinto che l’Italia avesse la miglior legge d’Europa sulle pensioni, il sistema previdenziale è blindato a vita. Oltre ai tagli alla spesa degli enti locali e a quelli della pubblica amministrazione con il blocco del rinovo contrattuale del pubblico impiego, si aggiunge un altro puntello alla manovra anti-crisi, che il ministro dell’Economia è convinto di portare a casa intatta.

Dei 2.500 emendamenti presentati dalla maggioranza e dall’opposizione, finora, in Commissione, non ne è passato neanche uno. Il margine per le modifiche, ha ripetuto il ministro dell’Economia nei due incontri avuti con la maggioranza in Senato, è ridotto al minimo. Per essere sicuro di incassare il risultato, a Tremonti servono però ancora un paio di verifiche. Con la maggioranza di centro-destra e soprattutto con il Presidente del Consiglio. Silvio Berlusconi ha annunciato che da domani prenderà lui in mano la situazione, anche la manovra per la correzione dei conti. Il ministro dell’Economia sembra tranquillo. Finora, nelle occasioni pubbliche, il premier ha difeso senza troppe esitazioni la sua linea. Tuttavia il clima, durante l’assenza di Berlusconi, si è scaldato. I governatori delle Regioni continuano a protestare per i tagli, e Tremonti li attacca a testa bassa sugli sprechi. Loro lamentano il taglio dei trasferimenti che cancellano il federalismo fiscale e lui, con un altro emendamento passato sotto silenzio, sposta i tagli dai "trasferimenti" alle "risorse a qualunque titolo spettanti alle Regioni". Che ora meditano di rivolgersi a Gianfranco Fini, l’ultima porta rimasta a cui bussare. Una partita durissima, senza esclusione di colpi. Da domani nelle mani di Silvio Berlusconi.

M. Sen.

04 luglio 2010

 

 

 

il ministro della difesa: "me lo ha preannunciato il ministro Tremonti"

Tredicesime, il governo fa dietrofront

La Russa: "Nessun taglio possibile per il personale della pubblica sicurezza". Concorde anche il Viminale

il ministro della difesa: "me lo ha preannunciato il ministro Tremonti"

Tredicesime, il governo fa dietrofront

La Russa: "Nessun taglio possibile per il personale della pubblica sicurezza". Concorde anche il Viminale

Ignazio La Russa (Fotogramma)

Ignazio La Russa (Fotogramma)

MILANO - Nuovo dietrofront del governo sulla manovra. "Non vi è nessuna ipotesi che preveda la possibilità di un taglio della tredicesima per il personale del comparto sicurezza". Lo assicura il ministro della Difesa, Ignazio La Russa che, al telefono, riferisce di aver parlato con il responsabile del ministero dell'Economia: "Per evitare ogni confusione - spiega - il ministro Tremonti mi ha preannunciato che con ogni probabilità eliminerà anche la semplice possibilità, facoltativa, di optare per questa soluzione, anziché per il taglio degli aumenti a seguito di promozioni".

MARONI E IL VIMINALE - Concorde con il ministro della Difesa anche quello dell'Interno Roberto Maroni. Negli ambienti del Viminale, infatti, si conferma che Maroni e La Russa si sono sentiti telefonicamente e che concordemente hanno deciso non vi sarà alcun ipotesi di taglio della tredicesima per le forze dell'ordine. Attraverso la portavoce Isabella Votino, Maroni fa poi sapere che "i tagli previsti dalla manovra non incideranno sulla sicurezza" e parte di questi "saranno compensati dalle risorse che ogni giorno vengono sottratte alla criminalità organizzata". Il ministro si dice, inoltre, "sorpreso e amareggiato" dall'attacco mosso dai sindacati delle forze di polizia e dei prefetti che hanno chiesto un intervento dal Capo dello Stato del Presidente del Consiglio contro i tagli. "Chi al Viminale ha seguito l'iter della manovra - afferma la portavoce - sa bene come il ministro Maroni si sia impegnato, senza fare dichiarazioni pubbliche, incontrando il ministro Tremonti e ottenendo anche alcuni risultati".

LA TELEFONATA DI SCHIFANI - Successivamente anche il presidente del Senato, Renato Schifani ha telefonato al presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama, Antonio Azzollini, per invitarlo a riflettere attentamente sull'opportunità di ritirare al più presto l'emendamento, a sua firma, sulla riduzione della tredicesima nel comparto forze armate e sicurezza.

LA LEGA SI SMARCA - La precisazione di La Russa arriva dopo che da parte dei sindacati delle forze dell'ordine si era manifestata una forte indignazione a causa dell'emendamento proposto dal relatore Azzolini (Pdl) aveva provocato lo smarcamento da parte della Lega Nord, oltre che la dura protesta delle forze d'opposizione.

Redazione online

03 luglio 2010

 

 

 

La convergenza con i deputati ribelli del Pdl potrebbe esserci già in Commissione

Franceschini: pronti a votare con i finiani

Il capogruppo del Pd: il ddl Intercettazioni è sbagliato, faremo di tutto per ostacolarlo e limitare i danni

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Il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini (Fotogramma)

Il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini (Fotogramma)

ROMA - Pur di fermare o quanto meno di attenuare gli effetti del ddl sulle intercettazioni il Partito democratico è disposto anche a votare a favore di emendamenti presentati da deputati finiani che andassero nella direzione di un miglioramento della legge. Lo ha fatto sapere il capogruppo del Pd, Dario Franceschini, che ha confermato che il suo gruppo "è pronto ad una dura battaglia parlamentare per impedire l'approvazione di una legge che limita la libertà di stampa e pregiudica la possibilità di contrastare con efficacia i reati della criminalità organizzata".

"LIMITARE I DANNI" - Ed è proprio per questo motivo che i democratici presenteranno "emendamenti in grado di eliminare le parti più pericolose del provvedimento". "Ma lavoreremo, come è nostro dovere - ha aggiunto Franceschini -, per limitare i danni prodotti dalle norme introdotte. Anche per questo, sin dai lavori della Commissione, potremo votare a favore di quegli emendamenti presentati dai deputati finiani che tendono a migliore il testo o contenerne i danni".

 

03 luglio 2010(ultima modifica: 04 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-02

l primo scatto si avrà non 3 anni dopo ma nel 2016 per poi tornare alla cadenza triennale

Pensioni: nuovo emendamento, più rapido adeguamento ad aspettative di vita

Modificato dal relatore della manovra l'emendamento contestato: dal 2015 scatta il nuovo sistema di calcolo

l primo scatto si avrà non 3 anni dopo ma nel 2016 per poi tornare alla cadenza triennale

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Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi (Ansa)

Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi (Ansa)

MILANO - E' sempre più caos pensioni. Scacciato lo spettro dell'aumento di fatto del limite contributivo per la pensione di vecchiaia (attualmente fissato a 40 anni di contributi) la maggioranza pensa ora di intervenire sul fronte dell'aspettativa di vita.

NUOVO EMENDAMENTO - Una nuova versione dell'emendamento del relatore alla manovra prevede infatti che la riforma (secondo cui l'aggiornamento dei requisiti alla speranza di vita deve esserci ogni tre anni) parta il primo gennaio del 2015. La novità della proposta di modifica è che il secondo adeguamento scatterà già dal primo gennaio 2016, e non 3 anni dopo, come previsto originariamente. È stato invece tolto lo stop al requisito dei 40 anni di contributi per l'accesso senza condizioni aggiuntive alla pensione, che giovedì aveva sollevato un vespaio di polemiche.

Nella relazione tecnica all'emendamento si precisa che "al fine di uniformare la periodicità temporale dell'adeguamento dei requisiti a quella prevista" dalla legge Dini (335/1995), "il secondo adeguamento è effettuato, derogando alla periodicità triennale, con decorrenza primo gennaio 2016 e a tal fine l'Istat rende disponibile entro il 30 giugno dell'anno 2014 il dato relativo alla variazione nell'anno precedente della speranza di vita all'età corrispondente a 65 anni in riferimento alla media della popolazione residente in Italia". L'adeguamento era infatti stato previsto alla legge Dini ma poi non era stato attivato. L'aumento dei requisiti dal primo gennaio 2015, si legge ancora nella relazione, "è stimato pari a 3 mesi" e per i successivi adeguamenti triennali dal 2019 la stima è pari a 4 mesi per gli adeguamenti fino a circa il 2030, con successivi adeguamenti inferiori e attorno ai 3 mesi fino al 2050 circa. Ciò comporta un adeguamento cumulato , ad esempio nel 2050, pari a circa 3,5 anni". Naturalmente si precisa che gli adeguamenti effettivamente applicati risulteranno quelli accreditati dall'Istat a consuntivo".

Redazione online

02 luglio 2010

 

 

 

 

Pedaggi ai caselli sulle bretelle Anas

Le province di Roma e Rieti vanno al Tar

Annunciato il ricorso contro la "tassa" imposta a chi transita alle barriere autostradali da e per la Capitale

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Pedaggio al casello di Roma-Nord (Ansa)

Pedaggio al casello di Roma-Nord (Ansa)

ROMA - Nella vicenda dei contestati pedaggi su raccordi e bretelle gestite dall'Anas, scattati con aumenti delle tariffe ai caselli autostradali il primo luglio, si profila un fronte delle province contro l'Anas. I presidenti della provincia di Roma e della provincia di Rieti hanno annunciato che faranno ricorso al Tribunale amministrativo regionale contro l'esazione di un pedaggio che va dai 20 centesimi a un euro per le auto (fino a 2 euro per i camion), imposto a chi transita in entrata o in uscita ai 9 caselli autostradali intorno alla Capitale.

Traffico sul Gra di Roma: escluso il pedaggio sul raccordo anulare

Traffico sul Gra di Roma: escluso il pedaggio sul raccordo anulare

TARRIFA-TASSA - "Con il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, abbiamo deciso di fare ricorso al Tar contro una tariffa che è stata trasformata in tassa", annuncia il presidente della Provincia di Rieti Fabio Melilli nel corso di una iniziativa contro l'aumento dei pedaggi autostradali organizzata dal Pd del consiglio regionale al casello di Fiano Romano.

Sul piede di guerra anche il Codacons che - nel sottolineare la contrarietà di milioni di automobilisti ogni giorno in transito da e per Roma verso le autostrade - parla di "balzelli forfettari: una stangata che potrà raggiungere i 300 euro all'anno". L'associazione in difesa dei consumatori lancia uno spazio sul blog www.carlorienzi.it , "dove gli utenti possono non solo denunciare i rincari registrati in questi giorni, ma anche segnalare i disservizi presenti sulle varie tratte oggetto d'aumento".

Redazione online

02 luglio 2010

 

 

 

 

"Certi signori non sanno fare gli interessi dei cittadini ma protestano per i tagli"

Tremonti: basta cialtroneria al Sud

Il ministro dell'Economia attacca le istituzioni che hanno diritto ai fondi Ue ma poi non li spendono

"Certi signori non sanno fare gli interessi dei cittadini ma protestano per i tagli"

Tremonti: basta cialtroneria al Sud

Il ministro dell'Economia attacca le istituzioni che hanno diritto ai fondi Ue ma poi non li spendono

Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti (Ansa)

Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti (Ansa)

ROMA - Basta con la "cialtroneria" di chi protesta solamente. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, intervenendo all’assemblea della Coldiretti si scaglia contro chi, al Sud, non fa gli interessi dei cittadini e non spende i fondi messi a disposizione dall’Ue.

I FONDI MAI UTILIZZATI - "L’agricoltura italiana - ha detto - ha tenuto nella crisi, anche nel Sud. Anche se i problemi ci sono". Il ministro ha ricordato che ieri ha incontrato il commissario Ue ai fondi europei con il quale si è sottolineato il fatto che per il Sud c’è stato uno stanziamento nell’ambito del programma comunitario 2007-2013 pari a 44 miliardi di euro dei quali ne sono stati usati solo 3,5. Uno "scandaloso percorso" secondo il titolare del dicastero di via XX Settembre. "Mentre cresceva la protesta contro i tagli subiti, aumentavano i capitali non usati - ha evidenziato il ministro -. Più il Sud declinava, più i fondi salivano. Questa cosa è di una gravità inaccettabile". E la colpa - ha aggiunto - "non è dell’Europa, dei governi di destra o di sinistra, ma è colpa della cialtroneria di chi prende i soldi e non li spende. E siccome i soldi per il Sud saranno di più e non di meno nei prossimi anni allora non si può continuare con questa gente che sa solo protestare ma non sa fare gli interessi dei cittadini".

Redazione online

02 luglio 2010

 

 

 

2010-07-01

scatterà l'adeguamento triennale dei requisiti all'aumento dell'aspettativa di vita

Pensioni: non basteranno

più 40 anni di contributi

La novità a partire dal 2016. Lo prevede l'emendamento del relatore alla manovra

scatterà l'adeguamento triennale dei requisiti all'aumento dell'aspettativa di vita

Pensioni: non basteranno

più 40 anni di contributi

La novità a partire dal 2016. Lo prevede l'emendamento del relatore alla manovra

Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi (La Presse)

Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi (La Presse)

MILANO -Per andare in pensione, dal 2016, non basteranno più i 40 anni di contributi. È quanto prevede l'emendamento del relatore alla manovra, Antonio Azzollini (Pdl), che fra l'altro innalza l'età pensionabile delle statali. Slitta quindi di un anno, dal primo gennaio 2015 al primo gennaio 2016, l'adeguamento triennale dei requisiti anagrafici per l'accesso al pensionamento all'aumento dell'aspettativa di vita, previsto dalla manovra estiva del 2009. In pratica, a partire dal 2016, tutti i requisiti di pensionamento saranno aggiornati ogni tre anni in base alla variazione della speranza di vita calcolata dall'Istat. Ma la norma riguarderà, oltre all'età di pensionamento, anche il requisito dei 40 anni di contribuzione per poter andare in pensione a prescindere dall'età. Non solo: l'adeguamento all'aspettativa di vita scatterà anche per le pensioni sociali. Anche chi dovrebbe percepire l'assegno più basso, quello che il precedente governo Berlusconi portò a circa 500 euro (il vecchio milione di lire) vedrà spostarsi l'età in avanti a seconda dei successivi adeguamenti dell'Istat.

CGIL - La novità non piace alla Cgil: Vera Lamonica, della segreteria confederale, esprime un giudizio "molto negativo" sull'emendamento del relatore Azzollini e in particolare proprio sulla parte che sottopone all'adeguamento alle aspettative di vita anche il requisito dei 40 anni di contributi. "L'emendamento - spiega Lamonica - peggiora la situazione perché un lavoratore con 40 anni di contributi incappa non solo nella finestra mobile, che significa l'allungamento di un anno, ma anche nell'applicazione dei coefficienti sull'attesa di vita".

ADEGUAMENTO PERIODICO - L'adeguamento periodico dei requisiti è stato previsto dal decreto numero 78 del 2009 che rinviava a un decreto del ministero dell'Economia e del Lavoro l'emanazione delle norme attuative. In base all'emendamento, si legge nella relazione tecnica, l'incremento dei requisiti dal primo gennaio 2016 è stimato in tre mesi, mentre per i successivi adeguamenti triennali dal 2019 al 2030 la stima degli aumenti è di quattro mesi e torna a tre mesi dal 2033 fino al 2050 circa. Questo comporta un adeguamento cumulato al 2050 pari a circa 3,5 anni. E, quindi, rispetto ad oggi nel 2050 si andrà in pensione tre anni e mezzo dopo

I RISPARMI - Dall'adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita - si legge nella relazione tecnica dell'emendamento -deriveranno risparmi, tra il 2016 e il 2020, pari a circa 7,8 miliardi: 60 milioni nel 2016, 800 nel 2017, 1,7 miliardi nel 2018, 1,9 nel 2019 e oltre 3,3 miliardi nel 2020. Dalla misura saranno interessati circa 400mila persone all'anno in media dal 2016 al 2020. La relazione tecnica evidenzia inoltre come il combinato disposto dell'intervento sulle finestre 'mobilì delle pensioni previsto dalla misura originaria e dell'emendamento Azzollini comporti complessivamente una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica sul Pil di circa 0,2 punti percentuali nel 2015, che sale fino allo 0,7% nel 2030, si attesta intorno allo 0,5% fino al 2040 per poi decrescere fino ad annullarsi intorno al 2050 e tornare intorno allo 0,2% al 2050. Per quanto riguarda invece l'innalzamento a 65 anni dal 2012 dell'età pensionabile per le lavoratrici del pubblico impiego, previsto dallo stesso emendamento del relatore alla manovra, la relazione tecnica evidenzia che la misura interesserà 20-25mila donne e comporterà risparmi al 2020, compresi quelli derivanti della finestra mobile, per circa 1,4 miliardi.

 

01 luglio 2010

 

 

 

polemica sul dazio per la siena-firenze: venerdì presidio

Pedaggi, Roma-Salerno 2,70 euro in più

Scattano gli aumenti destinati all'Anas. Andare dalla capitale a Milano in autostrada costa 1,56 euro in più

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Traffico sull'A1 (Ansa)

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MILANO - Da oggi andare da Roma a Milano in autostrada costa 1,56 euro in più, da Roma a Salerno fino a 2,70 euro in più ma per le tratte brevi e da Fiano Romano a Roma l'aumento non potrà superare il 25% dell'attuale pedaggio, quindi l'incremento sarà nell'ordine di centesimi. E il Codacons annuncia un ricorso al Tar del Lazio. Tocca dunque agli automobilisti pagare di più per consentire allo Stato di risparmiare sui contributi dovuti all'Anas (il cui unico azionista è il ministero dell'Economia) per la gestione e la manutenzione della rete stradale e per i nuovi investimenti: lo stabilisce il decreto del Consiglio dei ministri numero 78 del 31 maggio 2010, ovvero la manovra economica. Nei prossimi sei mesi, si stima che nelle casse dell'Anas finiranno 83 milioni. Perché se nel 2009 lo Stato ha dato un contributo di un miliardo di euro all'Anas, la Finanziaria 2010 non stanzia nuove risorse.

AUMENTI - Gli aumenti "non sono una stangata", afferma Pietro Ciucci, presidente dell'Anas, che cerca di smorzare le polemiche sui provvedimenti di maggiorazione tariffaria su tutta la rete autostradale a pedaggio (1 millesimo di euro a chilometro per auto, moto, veicoli a 2 assi e 3 millesimi per i veicoli pesanti) e forfettaria di 1 o 2 euro ai caselli delle autostrade che si connettono con le autostrade e i raccordi autostradali gestiti dall'Anas. E anche se gli aumenti saranno pagati in 26 caselli autostradali, le concessionarie non avranno alcun beneficio, ha tenuto a precisare l'Aiscat (l'associazione che raggruppa le società concessionarie autostrade e trafori) perché saranno appunto girati all'Anas. "L'obiettivo fondamentale è il raggiungimento dell'autonomia finanziaria - ripete Ciucci - attraverso l'incremento dei ricavi propri legati alla logica di mercato, per uscire dal comparto della pubblica amministrazione e non incidere più sui conti pubblici". Quest'anno, per la prima volta, l'Anas darà al Tesoro un dividendo di 5 milioni di euro.

CONTRARI - Per la senatrice del Pd Teresa Armato "applicare il pedaggio alle tratte autostradali disagiate, o in fase di ammodernamento e messa in sicurezza, è iniquo". Insieme ad altri parlamentari del Pd ha presentato un emendamento alla manovra che è stato però respinto in commissione Bilancio a Palazzo Madama. L'indice è puntato in particolare sul caso dell'A3 Salerno-Reggio Calabria: "Come è possibile - dichiarano i parlamentari del Pd - pretendere che i cittadini italiani, e in particolare quelli del Sud debbano pagare un pedaggio senza poter usufruire di una rete adeguata e funzionale di viabilità? Tanto più che l'autostrada A3 è ancora in via di completamento e i tempi stimati per la conclusione dei lavori di ammodernamento sono previsti non prima del 2013". Il responsabile trasporti di Legambiente Dario Balotta sottolinea che i nuovi pedaggi sono una "tassa sull'inefficienza del sistema dei trasporti nazionale. Saranno sempre gli automobilisti e i camionisti, forzati dell'automobile e dei Tir, date le gravi carenze del trasporto ferroviario per pendolari e merci, che dovranno sobbarcarsi i nuovi pedaggi previsti dalla manovra economica". Ecco i tratti dove si dovrà pagare il transito.

GRA - I romani che percorrono il grande raccordo anulare rimanendo in città o nell'hinterland al momento non pagano nulla. Chi invece percorre l'anello che circonda Roma per entrare in una delle autostrade attorno alla capitale o uscire da una di esse pagherà al casello un euro in più. Ma se il tratto autostradale è breve, di pochi chilometri (per esempio da Fiano a Roma) l'automobilista dovrà pagare un aumento contenuto entro il 25% del pedaggio. La misura varrà sino a fine 2011. Poi anche il solo transito sul Gra potrà subire un pedaggio. Improbabile metterci dei caselli, è allo studio l'ipotesi di varchi con i telepass.

ROMA-MILANO - Un euro per uscire dalla capitale, più il pedaggio di 33,10 euro per poco più di 560 chilometri, aumentati di 50 centesimi - ha spiegato Ciucci - per l'incremento sulle autostrade di un millesimo di euro per chilometro per auto e moto (3 millesimi per veicoli pesanti).

SALERNO-REGGIO CALABRIA - Tra Roma e Salerno la distanza è di 237 chilometri e il pedaggio sale da 13,50 a 16,20 euro. In uscita da Roma per entrare sull'A1 è previsto un euro per aver percorso il Gra. Se da Salerno si vuole proseguire verso Reggio Calabria non si pagherà nulla. Ma si pagherà il pedaggio più un 25% se si entra sull'A3 da Nocera inferiore o da Cava dei Tirreni (perché la tratta è breve).

FIRENZE-SIENA - C'è una polemica sull'introduzione del pedaggio al casello di Firenze Certosa. "È una vera beffa, i cittadini si ritrovano a pagare una sorta di gabella per una strada che versa in pessime condizioni - spiega il presidente della Provincia di Firenze Andrea Barducci -. Il governo non solo non fissa un piano di interventi che sarebbe necessario e urgente, ma addirittura introduce una spesa aggiuntiva per gli automobilisti che viaggiano sulla direttrice Firenze-Siena o che comunque utilizzano il casello autostradale di Firenze Certosa". Dal 1° luglio per percorrere la strada extraurbana Firenze-Siena (raccordo che collega Siena all'autostrada A1) le auto pagano un euro e i mezzi pesanti due. Il fronte contrario alla nuova gabella vede schierati i sindaci di Barberino Val d'Elsa, Impruneta, San Casciano Val di Pesa e Tavarnelle Val di Pesa, che hanno deciso di organizzare un presidio al casello, il 2 luglio alle 16.30.

Redazione online

01 luglio 2010

 

 

 

 

Previdenza. Quando si potrà incassare l’assegno dopo le riforme Sacconi e Tremonti

Pensioni, età per età ecco cosa cambia

Da uno a 4 anni di lavoro in più con l’agganciamento

dei requisiti alle speranze di vita e con le nuove finestre. Laureati e donne tra i più colpiti

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dei requisiti alle speranze di vita e con le nuove finestre. Laureati e donne tra i più colpiti

Giovanni ha 30 anni, è nato il 1˚ giugno del 1980, è laureato in statistica. E’ fortunato perché ha trovato lavoro subito dopo gli studi, nel 2005. Per lui la pensione, in base all’ultima riforma Prodi, quella che ha introdotto le quote, era lontanissima: primo gennaio 2042. Invece dovrà pazientare quattro anni e tre mesi in più rispetto alle regole attuali. La pensione non arriverà prima dell’aprile 2046, dopo 40 anni, si spera ininterrotti, di attività. Anna ha 40 anni — è nata anche lei il primo giugno e sempre il primo giugno ha iniziato a lavorare. Gestisce un negozio e ha già 15 anni di contribuzione. L’anno scorso ha fatto due conti e ha visto che avrebbe tagliato il traguardo delle pensione nel luglio del 2030 a 60 anni di età. Ma la rendita sarebbe arrivata solo dal gennaio 2031 per via delle finestre. Invece dovrà alzare la saracinesca del negozio per qualche altro anno. Maturerà i requisiti solo nell’ottobre del 2032 e l’assegno Inps arriverà sul conto corrente non prima dell’aprile 2034, tre anni e tre mesi dopo. Luigi, autonomo, ha 50 anni e 25 di contribuzione. Pensava di poter incassare la pensione nel luglio 2023 e invece la potrà percepire solo a Natale 2024, quasi un anno e mezzo dopo.

Le regole

Tre casi, tre generazioni di lavoratori dipendenti o autonomi. Ma lo stesso risultato: rispetto ad oggi la pensione arriverà in ritardo. Colpa delle ultime due riforme. Una in discussione in questi giorni (quella che ha modificato il meccanismo delle finestre), l’altra, più sostanziosa, approvata l’anno scorso (età di pensionamento rivista in base a dati statistici) e passata quasi in silenzio. Due provvedimenti che blindano, quasi definitivamente, i conti pubblici, ma che costringono tutti i lavoratori a rifare i calcoli. Come risulta evidente dalle due tabelle pubblicate qui a fianco dove per i dipendenti privati, uomini e donne, nati dal 1948 al 1980 viene indicato a che età percepiranno la pensione. Ogni casella ha un colore profetico: verde se c’è un peggioramento fino a un anno rispetto ad oggi, giallo se i tempi di attesa aumentano da uno a tre anni, rosso oltre i tre anni. Le due schede sono state elaborate da Progetica, società indipendente di analisi e consulenza . Il primo aggiornamento sulla tabella di marcia delle pensioni, deriva dalla revisione delle finestre, decisa con l’ultima manovra. Con il nuovo meccanismo una volta maturati i requisiti i dipendenti dovranno aspettare 12 mesi per incassare il primo assegno e gli autonomi addirittura dovranno attenderne 18. Già questo fa innalzare l’età effettiva di pensionamento di quasi un anno.

Le conseguenze

Ma il vero giro di vite scatterà dal 2015 quando entrerà in vigore la riforma Sacconi, quella che aggancia l’età pensionabile alle speranze di vita. Proprio in questi giorni sono state delineate le modalità operative con le quali si procederà al calcolo. Si può stimare che in 40 anni la vita media si allungherà di 6. Con conseguente aumento dell’età pensionabile. A farne le spese saranno soprattutto i laureati che sono nati dal 1970 in poi: per loro la pensione non arriverà prima dei 65/66 anni, con un ritardo di circa 3/4 anni rispetto ad oggi. Colpito anche chi ha iniziato a lavorare tardi (rischia di sfiorare i 70 anni). Per molti lavoratori la rendita arriverà solo dopo 40 anni di attività. Il peggioramento più evidente è per le donne: il baluardo dei 60 anni non resisterà a lungo. Oltre ad arrivare più tardi, le pensioni saranno più magre perché contemporaneamente all’innalzamento dell’età pensionabile saranno ridotti anche i coefficienti di calcolo contributivi. E non si tratta di un gioco a somma zero. "Le ultime riforme — spiega Sergio Sorgi, vicepresidente di Progetica — introducono una sorta di "disintermediazione" delle scelte sul futuro, che passano dalla politica alla statistica. In sostanza gli elementi di calcolo che definiscono il "quando" e il "quanto" della pensione vengono definiti con meccanismi automatici di adeguamento in base all’allungamento della vita media. Riforme generate dalla crisi globale e dalla necessità di rimettere in ordine i conti di una previdenza sempre più a rischio a causa dell'invecchiamento della popolazione e della scarsità di risorse pubbliche da investire nel welfare". Insomma potrebbe non essere finita.

Massimo Fracaro

08 giugno 2010

 

 

 

 

 

2010-06-30

IL PAGAMENTO PER ENTRARE E USCIRE DA ROMA DA GIOVEDì PRIMO LUGLIO

"Se mettono il casello sul Gra,

prendo l'auto e sfondo tutto"

Il sindaco Alemanno boccia il pedaggio sul Grande Raccordo di Roma: è impossibile. Polverini: inaccettabile balzello. Zingaretti: "Ombra leghista sulla Capitale"

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Pedaggio sul Gra per entrare e uscire da Roma Foschi (30 giu'10)

Code sul Gra

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ROMA - Pagare il pedaggio sul Grande Raccordo Anulare di Roma? Non se ne parla proprio. anzi, dice il sindaco Alemanno, "se qualcuno mette qualcosa io vado con la macchina e sfondo tutto". È la promessa del primo cittadino di Roma assolutamente contrario a far pagare il passaggio sul grande anello che gira intorno alla Capitale e che ogni giorno è frequentato (loro malgrado) da milioni di romani.

Code sul Gra all'altezza di Roma Nord

Code sul Gra all'altezza di Roma Nord

"NESSUN PEDAGGIO" - "Non c'è alcun pedaggio sul Gra - ha detto Alemanno -. È una cosa impossibile. Se qualcuno mette qualcosa sul raccordo per far pagare il pedaggio, vado io con la macchina e la sfondo". Questa, ha aggiunto "è una decisione ministeriale che non riguarda solo i caselli alle porte di Roma. Quel che è stato garantito dal Governo, però, è che non c'è pedaggio sul Gra per i cittadini che si spostano da una parte all'altra della città".

LA RISPOSTA DELLA LEGA - Arriva la replica della Lega alla battuta del sindaco con le parole del senatore Cesarino Monti: "Alemanno faccia quel che vuole, l'importante è che i danni al casello li paghi lui e che l'automobile non sia un'auto blu che paghiamo noi".

DAL PRIMO LUGLIO - Partirà infatti da giovedì primo luglio l'aumento dei pedaggi sui tratti autostradali che portano dentro e fuori Roma: fino ad un euro per le macchine, due per i camion. Ma a pagare sarà chi arriva in città da fuori Roma e chi esce dalla Capitale e percorre quei tratti autostradali che conducono al Grande Raccordo Anulare o attraverso il grande anello portano alle autostrade. Si pagherà di più quindi ai caselli di: Roma Nord e Fiano Romano sull'A1; a Roma Est, Lunghezza, Settecamini e Ponte di Nona sull'asse della Roma-L'Aquila; Roma Sud sull'A1; Roma Ovest e Maccarese-Fregene sulla Roma Fiumicino.

NON SI PAGA - Per girare sul Gra non si paga. Chi ci transita cioè senza arrivare (o senza essere diretto) dalle autostrade, ma semplicemente ci passa per raggiungere la città o le strade consolari intorno al Gra non deve pagare nulla. Come avviene già ora.

Una veduta aerea del Gra all'altezza dello Svincolo Laurentina (Eidon)

Una veduta aerea del Gra all'altezza dello Svincolo Laurentina (Eidon)

"BALZELLO" - "Il pedaggio sul Gra sarebbe un inaccettabile balzello a carico dei cittadini, un'eventualità sulla quale non possiamo che dirci contrari". Contraria, molto, e quindi sulla stessa linea di Alemanno, anche il governatore del Lazio Renata Polverini: "Ho già espresso la mia contrarietà al pedaggio sul Gra. Per i cittadini del Lazio il Raccordo è una strada da percorrere per andare al lavoro o a scuola. Non è immaginabile un pedaggio". L'aumento del pedaggio autostradale in entrata ed uscita è penalizzante per le imprese? "Questo riguarda tutto il Paese e non solo il Lazio, l'importante è evitare che tutto ciò si scarichi su Gra".

"OMBRA LEGHISTA" - "A questo punto comincio a vedere un'ombra leghista che pesa su Roma perché è evidente che anche in questo atto su 26 caselli su cui viene proposto l'aumento del pedaggio, 9 sono su Roma. Il bilancio di quello che sta facendo questo governo per Roma e la sua area metropolitana è: più tasse e meno servizi e non è una cosa accettabile". Questo il commentao anche del presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti. "Stiamo facendo i conti - ha aggiunto - ma visto il volume di traffico la gran parte di questo prelievo fiscale da parte dello Stato nazionale sarà contro i romani e i pendolari, cioè contro coloro che sono costretti a prendere la macchina perché i treni non funzionano o sono stracolmi. Chi prenderà la macchina avrà un balzello in più. Le associazioni di consumatori parlano di un esborso di circa 300 euro l'anno che forse a qualche miliardario faranno ridere, ma che per una famiglia normale è un vero e proprio salasso". Zingaretti ha poi annunciato che sta "sentendo gli amministratori del territorio e spero che tutti si uniscano per ribadire l'iniquità di questi provvedimenti".

Redazione online

30 giugno 2010

 

 

 

2010-06-28

IN MATTINATA AVEVA DETTO: BASTA SPRECHI

Berlusconi ora apre alle Regioni

"Pronto a incontrare i governatori"

Da Toronto il Cavaliere aveva gelato ogni possibilità di riaprire il confronto sui tagli. Il dietrofront a San Paolo

IN MATTINATA AVEVA DETTO: BASTA SPRECHI

Berlusconi ora apre alle Regioni

"Pronto a incontrare i governatori"

Da Toronto il Cavaliere aveva gelato ogni possibilità di riaprire il confronto sui tagli. Il dietrofront a San Paolo

Silvio Berlusconi con Giulio Tremonti a Toronto (Ansa)

Silvio Berlusconi con Giulio Tremonti a Toronto (Ansa)

MILANO - Silvio Berlusconi è pronto a incontrare i governatori per dialogare sulla manovra, ma non a rivederne il testo. Lo ha spiegato Paolo Bonaiuti da San Paolo del Brasile, dove il premier è in visita. La precisazione del portavoce del presidente del Consiglio è arrivata per correggere la sua prima battuta all'arrivo in Brasile: "Rivedremo la manovra". Una frase che appariva una svolta, dopo la chiusura netta mostrata nelle dichiarazioni di poche ore prima in Canada. Ecco allora Bonaiuti spiegare cosa volesse dire veramente il premier con quella battuta. Che è intenzionato a incontrare ancora le Regioni. Ma non per questo è disposto a toccare le cifre della manovra: "Il Presidente del Consiglio Berlusconi - dice il comunicato - ha risposto con un sì alla domanda se intende incontrare le Regioni, ma quel sì non si riferiva certo alla possibilità di rivedere neanche su quel punto una manovra già delineata. Le riprese televisive posso confermare quanto stiamo asserendo" ha chiarito Bonaiuti.

IPOTESI - Il messaggio di Berlusconi è comunque un'apertura rispetto a quello che il presidente del Consiglio aveva fatto pervenire in mattinata ai governatori dal G20 di Toronto. Ma appare più un'apertura diplomatica alla richiesta della Polverini e di altri 4 governatori di riaprire un dialogo, piuttosto che un'ipotesi di rivedere le cifre e il "carico" della manovra sulle Regioni. Al suo arrivo a San Paolo, il Cavaliere ha dedicato poche ma decisive battute alla questione sollevata ancora una volta con forza da Roberto Formigoni. "Abbiamo messo gli occhi dentro l'amministrazione dello Stato, le Regioni, le Province e i Comuni e ci si è accapponata la pelle - aveva detto il presidente del Consiglio al termine del summit del G20 a Toronto -: è chiaro che chi ha la responsabilità di governare le Regioni difende lo statu quo, perché molto spesso si tratta di abolire enti. Il che vuol dire persone che si devono cercare un altro lavoro. È sempre difficile e doloroso ma non si può andare avanti così a sprecare i soldi dei cittadini".

"INCONCEPIBILE DISINFORMAZIONE" - Da San Paolo il premier ha anche attaccato i giornali. "Bisognerebbe fare uno sciopero degli italiani per insegnare ai giornali a non prendere in giro i loro lettori", ha detto Berlusconi, arrivando all'albergo brasiliano che lo ospita. "In particolare - ha spiegato il presidente del Consiglio - ho letto dei resoconti sul G20 che sono l'esatto contrario della riunione: veramente una presa in giro dei lettori". Ma, a livello più generale, ha aggiunto il premier, "da molti mesi a questa parte c'è una disinformazione che vedo fare che è inconcepibile".

Redazione online

28 giugno 2010

 

 

 

I Grandi e l’aiuto alla ripresa:

deficit dimezzati entro il 2013

Obama: gli Usa la guida sulla via della crescita. Tasse banche, niente vincoli

Per il governatore Draghi le nuove regole non freneranno lo sviluppo

I Grandi e l’aiuto alla ripresa:

deficit dimezzati entro il 2013

Obama: gli Usa la guida sulla via della crescita. Tasse banche, niente vincoli

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama (Afp)

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama (Afp)

TORONTO (CANADA) — La principale priorità "è salvaguardare e rafforzare la ripresa" , gettando "le fondamenta per una crescita forte, sostenibile ed equilibrata". Ed è "cruciale" farlo perché la ripresa "è diseguale e fragile" e l'occupazione "in molti paesi resta ancora a livelli inaccettabili". I Grandi della Terra guardano allo sviluppo ma credono anche che per raggiungere tale obiettivo le finanze pubbliche "vadano rafforzate" e i sistemi finanziari vadano resi "più forti e trasparenti". Nel comunicato finale del G20, che si è chiuso ieri a Toronto, nella cornice di due giorni di scontri fra manifestanti anti-summit e la polizia risolti con più di 500 arresti, emerge un accordo-non accordo che evita di scegliere tra le differenti esigenze dei paesi partecipanti, divisi tra seguire la via espansiva dell'economia oppure quella del rigore nei conti pubblici. E emerge la convinzione che occorra "fare di più".

"Ci impegniamo ad intraprendere azioni concertate per sostenere la ripresa, creare nuovi posti di lavoro e pervenire a una crescita più vigorosa" aggiungono i leader di Stato e di governo dei venti paesi più ricchi del mondo lasciando però alle "peculiarità nazionali" il ruolo guida delle misure da adottare. Come dire, l'azione deve essere coordinata ma poi ognuno fa per se. Su tutto quindi spicca la decisione, con tanto di scadenza, di "dimezzare i deficit" di bilancio entro il 2013 e di ridurre, ma senza specificare una percentuale, il rapporto debito-Pil entro il 2016. L'impegno sul deficit, proposto dai padroni di casa del Canada, ha subito suscitato la soddisfazione della cancelliera tedesca Angela Merkel, la principale paladina della linea del rigore.

"Francamente, è più di quanto non mi aspettassi; si tratta di un obiettivo molto ambizioso, e il fatto che tutti i paesi industrializzati lo abbiano fatto proprio è di per se un successo" ha osservato la cancelliera la quale ieri ha avuto anche la soddisfazione della vittoria della squadra di calcio della Germania ma ha dovuto incassare il no sulla tassa sulle transazioni finanziarie (di cui non si fa neanche parola nel comunicato) e il mancato accordo sulla tassa globale sulle banche per cui i paesi del G20 si muoveranno in ordine sparso. "Il G20 ha riconosciuto che tassare le banche è legittimo" ha osservato comunque il presidente francese Nicolas Sarkozy. Quanto all'impegno a dimezzare i deficit, comunque l'Europa ha già messo in conto sforzi superiori mentre l'amministrazione Usa ha già inserito l'obiettivo nei suoi programmi di bilancio. "Gli Stati Uniti, con l'esempio, sono alla guida sulla strada della crescita" ha detto il presidente Usa Barak Obama, citando le "azioni audaci" fatte "con successo" nel campo delle riforme economiche alle quali il prossimo anno, ha annunciato, si aggiungerà quella "sul bilancio".

Sul fronte finanziario "stiamo costruendo - dice il comunicato finale - un sistema più resistente in grado di rispondere ai bisogni delle nostre economie, ridurre il danno morale, limitare l'insorgere del rischio sistemico e sostenere una crescita economica forte e stabile". Rispetto a tale generica affermazione risulta significativo l'impegno ad attuare i nuovi parametri su capitale e liquidità delle banche, il cosiddetto Basilea3: "Siamo a favore della conclusione di un accordo" al vertice di Seoul. Tutti i paesi adotteranno i nuovi standard" con l'obiettivo di attuare il nuovo quadro normativo "entro la fine del 2012", rispettando "il criterio della gradualità". E' un "messaggio forte" ha detto Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial stability board, apprezzando anche "l' appoggio" dei grandi alla questione del too big to fail. "Ci assicureremo che le nuove regole non creino scompiglio sui mercati e non rallentino la ripresa" ha poi osservato Draghi, che ieri ha partecipato alla riunione dei leader del G20. I quali nel comunicato hanno in sostanza accolto il programma di riforme su quattro pilastri proposto dal Fsb illustrato nella lettera inviata dal governatore ai capi di Stato e di governo. "Le regole devono essere chiare" e "i controlli forti" ha commentato Obama.

Stefania Tamburello

28 giugno 2010

 

 

 

2010-06-23

Martedì Cdm su federalismo fiscale. Effetto manovra sul Pil, il Tesoro: - 0,5% in 3 anni

Tremonti gela le Regioni

"Tagli e saldi non si toccano"

Il ministro vede i governatori: "Manovra necessaria, altrimenti è il collasso". Errani: incontro molto negativo

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Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti (Eidon)

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti (Eidon)

MILANO - "Questa manovra è necessaria, senza si ha il collasso, il crollo". Non c'è nessuna alternativa dunque, secondo Giulio Tremonti, al provvedimento economico varato dal governo e che il Senato sta esaminando. Non solo. Al termine dell'incontro con le Regioni, il ministro dell'Economia ha spiegato che non ci sono alternative nemmeno sui saldi, sulle riasorse e sulla distribuzione dei tagli. Per il titolare di via XX settembre, infatti, la riduzione della spesa dello Stato fatta negli anni scorsi non consente di ipotizzare una diversa redistribuzione dei sacrifici che chieda di più all’amministrazione centrale alleggerendo la manovra sulle Regioni e gli enti locali. "La manovra - ha ribadito Tremonti - resta ferma negli importi, nella composizione e nella distribuzione". Ciò di cui si può discutere, ha aggiunto il ministro, è la possibilità di "mettere insieme anche le Regioni a statuto speciale che sono più ricche" e considerare come un unico comparto tutte le Regioni "in modo che il concorso sia proporzionale alla disponibilità delle Regioni". Il ministro, al contrario delle aperture manifestate ai sindaci, gela dunque i governatori. Che danno conferma, a stretto giro, del cattivo esito del confronto con Tremonti. "L'incontro con il governo è stato molto negativo: non abbiamo trovato, dal governo, nessuna sostanziale apertura" ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani. "Questa manovra - ha proseguito - di fatto mette il federalismo fiscale in una condizione di non praticabilità". Secondo Errani, inoltre, la manovra "è ipercentralista: taglia l'1.22% alle amministrazioni centrali e il 14% alle Regioni". Il presidente della Conferenza delle Regioni ha annunciato che il confronto con Tremonti continuerà ma ha anche sottolineato che il governo "deve fare proposte serie".

"LOGICA EVANGELICA" - Per Tremonti è arrivato il momento di "applicare la logica evangelica: chi più ha, può dare di più". "Pensiamo che le Regioni - ha spiegato il ministro - possano essere considerate come un comparto complessivo; tra le speciali ce ne sono alcune che hanno moltissimo, alcune sono nel nord e penso per esempio al Trentino. Presumo che possano concorrere un po' di più". Il ministro ha spiegato poi che il governo sta lavorando intensamente alla relazione sul federalismo fiscale: "Dovremmo portarla al consiglio dei ministri martedì prossimo", ha annunciato.

IMPATTO SUL PIL - Prima dell'incontro con le Regioni, il Tesoro ha diffuso le stime degli effetti della manovra sulla crescita del Paese. Una tabella consegnata in commissione Bilancio al Senato, aggiornata al giugno 2010, valuta l'impatto macroeconomico delle misure per il 2011-2013 rispetto alle stime della Ruef, la Relazione unificata sul'economia e la finanza pubblica. L'economia italiana secondo le stime del Tesoro, subirà un'ulteriore flessione a causa della manovra, che secondo il Tesoro, disinnescherà in parte gli effetti delle ripresa. L'impatto della manovra sul Pil è negativo: nel triennio 2010-2012 la riduzione è pari allo 0,5%. Di conseguenza per il 2010 la crescita del Pil cala dall'1% previsto dalla Ruef allo 0,9%. Sempre secondo la tabella, il Pil nel 2011 e nel 2012 cala rispettivamente per ciascun anno dello 0,2%, mentre nel 2013 l'effetto è pari a zero. Secondo quanto riferiscono fonti tecniche comunque tali effetti negativi sulla crescita saranno compensati da migliori evoluzioni delle variabili macroeconomiche e dunque l'effetto depressivo sarà compensato.

EFFETTI SU OCCUPAZIONE E SALARI - Stando alla tabella che aggiorna i dati della Ruef e che il Tesoro ha presentato dal governo in commissione Bilancio al Senato l'impatto della manovra sull'occupazione, rispetto alle stime della Relazione unificata presentata dal governo qualche settimana fa, sarà nullo nel 2010 mentre determinerà una riduzione nel 2011 pari allo 0,1% e dello 0,2% nel 2012 e nel 2013. Situazione simile anche per i dati sulla disoccupazione: il calo, sempre nullo nel 2010, sarà pari a -0,1% nel 2011, -0,3% nel 2012 e -0,5% nel 2013. Le riduzioni percentuali per quanto riguarda i salari totali e dei redditi totali sono dello 0,5% nel 2011, dello 0,6% nel 2012 e nel 2013. L'impatto poi sugli investimenti, secondo la tabella, è pari a zero per quest'anno, a -1,1% nel 2011, a -1,3% nel 2012, a -0,5% nel 2013. Infine i consumi: sul fronte di quelli classificati come privati si registra una riduzione dello 0,2% per il 2010, dello 0,1% nel 2011 e nel 2012, mentre sul fronte di quelli collettivi si registra un miglioramento di 0,1% nel 2010. Un dato che negli anni successivi è negativo: nel 2011 la riduzione percentuale è dello 0,4%, nel 2012 dello 0,2% e nel 2013 0,1%.

Redazione online

23 giugno 2010

 

 

 

sindaci in piazza al senato. poi una delegazione anci incontra il ministro

I Comuni e la manovra, Chiamparino:

"Sì di Tremonti a rivedere il Patto"

"Qualche apertura sui tagli da parte del titolare di via XX Settembre c’è stata, ma a saldi invariati"

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Sindaci in piazza col cappio al collo durante la manifestazione davanti al Senato (eidon)

Sindaci in piazza col cappio al collo durante la manifestazione davanti al Senato (eidon)

MILANO - Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti si è detto disponibile a modificare la parte della manovra relativa ai tagli per i comuni, ma mantenendo invariati i saldi, e rivedere il patto di stabilità interno. Lo ha spiegato Srgio Chiamparino, al termine dell'incontro tra una delegazione dell’Anci da lui guidata e i ministri dell’Economia, Giulio Tremonti, e della Semplificazione, Roberto Calderoli che si è svolto al Tesoro. "L’incontro è stato interlocutorio - ha riferito Chiamparino - ma qualche apertura sui tagli da parte del ministro c’è stata, ma a saldi invariati". Dal titolare di via XX Settembre è arrivata anche "la disponibilità a discutere la revisione del Patto di stabilità".

LA MANIFESTAZIONE - Tremonti ha convocato una delegazione dell'Anci al termine della manifestazione dei sindaci contro i tagli previsti nella manovra. I sindaci sono scesi in piazza in mattinata e hanno manifestato davanti al Senato: alcuni hanno indossato fasce tricolore listate a lutto per testimoniare il rischio di sopravvivenza che correrebbero i Comuni se non venisse modificata la manovra. Altri hanno addirittura indossato un cappio al collo, esponendo cartelli con su scritto "Comuni con il cappio al collo". Gli oltre 8mila Comuni italiani chiedono che i tagli vengano più equamente redistribuiti e hanno lanciato l’allarme: sono a rischio gli asili nido, i trasporti pubblici locali, l’assistenza, la scuola, l’ambiente e le infrastrutture per la mobilità. Alla manifestazione dell’Anci hanno aderito, tra l’altro, l’Unione delle Province italiane, le comunità montane, la Legautonomie e la Cgil, con una delegazione guidata dalla vice segretaria generale Susanna Camusso.

IMU E SERVICE TAX - Nell'incontro con il ministro Tremonti ed i rappresentanti degli enti locali sulla manovra si è parlato anche dell'Imu. La nuova tassa, imposta municipale unica sugli immobili, dovrebbe essere inserita nel decreto attuativo sul federalismo fiscale e accorperebbe imposte legate ai servizi facendo tornare il potere fiscale ai Comuni. Incontrando il titolare del Tesoro, Chiamparino ha spiegato che l'Imu potrebbe di fatto avvicinarsi alla "service tax" proposta dai Comuni. "Sottolineo che potrebbe avvicinarsi - ha detto Chiamparino - perché ancora dobbiamo vedere il testo e quindi non possiamo esprimere un giudizio". Secondo il presidente dell'Anci potrebbe essere un'imposta unica locale sugli immobili, esclusa la prima casa, alla quale si potrebbero aggregare anche altre imposte locali.

Redazione online

23 giugno 2010

 

 

 

La Regione Marche ha 9 presenze all’estero, di cui ben quattro in Cina

Le Regioni e la "diplomazia fai-da-te" Spese pazze per 178 sedi nel mondo

Veneto, Lombardia e Piemonte sono al top della classifica.

E nessuno vuole rinunciare all'ufficio di Bruxelles

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ROMA - Seguendo le orme di Marco Polo anche i moderni Dogi del Veneto hanno fatto rotta a Oriente: puntando dritti alla Città Proibita. Magari, esagerando un tantino. Il leghista Luca Zaia si è quindi ritrovato a governare una Regione che ha 10 (dieci) uffici in Cina. Avete letto bene: dieci. Ma la moltiplicazione dei "baili", come si chiamavano anticamente gli ambasciatori della Serenissima, non si è certamente fermata lì. Poteva forse il Veneto rinunciare ad aprire un ufficetto in Bielorussia? O un appartamento in Bosnia? Un paio di punti d’appoggio in Canada? Tre in Romania? Quattro negli Stati Uniti e altrettanti in Bulgaria (sì, la Bulgaria)? Un pied à terre in Vietnam? Un appartamento in Uzbekistan? Una tenda negli Emirati arabi uniti? Un bungalow a Porto Rico? E un consolato in Turchia, alla memoria dell’ambasciata veneziana alla Sublime Porta, quello forse no?

Si arriva così a 60 sedi in 31 Paesi: alla quale si deve aggiungere, ovviamente, quella di Bruxelles. E si sale a 61. Irraggiungibile, il Veneto: a elencarle tutte, sarebbe già finito l’articolo e non ci sarebbe spazio per raccontare quello che combinano invece le altre Regioni italiane. Perché scorrendo i dati che sono in un dossier del Tesoro su questo incredibile fenomeno della diplomazia regionale "fai da te", il Veneto è soltanto in cima a una piramide molto più grossa. Le Regioni italiane hanno all’estero qualcosa come 157 uffici, ai quali si devono aggiungere i 21 di Bruxelles. Per un totale di 178. Già: a un’antenna nel quartier generale dell’Unione europea non ha voluto rinunciare proprio nessuna. "D’altra parte", ha spiegato il governatore lombardo Roberto Formigoni, "è importante avere un presidio a Roma e Bruxelles. Non è affatto un lavoro inutile quello che i nostri funzionari svolgono organizzando a esempio numerosissimi incontri istituzionali per aziende, centri culturali, organizzazioni non governative e così via, che vengono supportati nel dialogo con le autorità nazionali ed europee". La Lombardia, che ha quasi 10 milioni di abitanti: ma il Molise? Che senso ha per una Regione con 320 mila abitanti come quella di Michele Iorio mantenere un ufficio a Bruxelles, peraltro pagato un milione 600 mila euro, oltre ai due di Roma?

Per non parlare dei valdostani, che sono 124 mila. Peccato però che la Lombardia non abbia solo un presidio Roma e uno a Bruxelles. Bensì, secondo il Tesoro, altri 27 sparsi in giro per il mondo. Ce n’è uno in Argentina, un paio in Brasile e Cina, quattro in Russia (esattamente come la Regione Veneto), e poi uno in Giappone, Lituania, Israele, Moldova, Polonia, Perù, Uruguay, Kazakistan... E il Piemonte? Che dire del Piemonte? La Regione appena conquistata da un altro leghista, Roberto Cota, presidia 23 Paesi esteri. Con la bellezza di 33 basi. Frutto di scelte apparentemente sorprendenti. Per esempio, ce ne sono due in Corea del Sud. Altrettanti in Costa Rica (perché il Costa Rica?). Altri due in Lettonia (perché la Lettonia?). Roba da far impallidire i siciliani, che avevano riempito mezzo mondo di "Case Sicilia": dalla pampa argentina a Boulevard Haussmann, Parigi. Poi la Tunisia, e New York, Empire state building. Ma volete mettere il fascino della Grande Mela? Dove gli uomini dell’ex governatore Salvatore Totò Cuffaro si ritrovarono in ottima compagnia. Quella dei dipendenti della Regione Campania, allora governata da Antonio Bassolino, che aveva preso in affitto un appartamento giusto sopra il negozio del celebre sarto napoletano Ciro Paone. Nientemeno.

Costo: un milione 140 mila euro l’anno. A quale scopo, se lo chiese nell’autunno del 2005 Sandra Lonardo Mastella, in quel momento presidente del Consiglio regionale, visitando una struttura il cui responsabile, parole della signora, "viene solo alcuni giorni ogni mese ". Struttura per la quale venivano pagati tre addetti il cui compito consisteva nell’organizzare, per promuovere l’immagine regionale, eventi ai quali non soltanto non partecipava "alcun esponente americano ", ma nessuno "che parlasse inglese". Quello che colpisce, però, sono sempre i luoghi. La Regione Marche, tanto per dirne una, ha nove basi all’estero. Di queste, ben quattro nella Cina. Il Paese decisamente più gettonato: alla Corte di Hu Jintao ci sono ben sette enti locali italiani, con addirittura ventitrè uffici. Il doppio che nella federazione russa. Quattro, in Cina, ne ha pure il Piemonte. Regione che si distingue da tutte le altre per avere attivato anche una sede a Cuba. Oltre a due in India, dove hanno un punto d’appoggio pure le Marche. Ma non l’Emilia-Romagna, che paradossalmente ha meno presidi esteri della piccola Regione confinante: cinque anziché nove, numeri a cui bisogna sempre aggiungere quello di Bruxelles. Quasi tenerezza fanno gli ultimi in classifica. Il Friuli-Venezia Giulia, che si "accontenta" (si fa per dire) di tre "consolati" oltre a quello europeo: in Slovacchia, Moldova e Federazione russa.

La Basilicata, andata in soccorso ai lucani dell’Uruguay e dell’Argentina. La Valle D’Aosta, che non sazia della sede di Bruxelles ne ha pure una in Francia. Ma dove, altrimenti? Infine la Puglia: come avrebbe fatto senza un comodo rifugio dai dirimpettai albanesi? Quello che non dice, il dossier del Tesoro, è quanto paghiamo per tale gigantesca e incomprensibile Farnesina in salsa regionale. Per saperlo bisognerebbe spulciare uno a uno i bilanci degli enti locali. Dove intanto non è sempre facile trovare i numeri "veri". E soprattutto non è spiegato a che cosa serva tutto questo Ambaradam. A favorire gli affari delle imprese di quelle Regioni? Al prestigio dei governatori presenti o passati? A mantenere qualche stipendiato illustre? Il sospetto, diciamolo chiaramente, è che nella maggior parte dei casi l’utilità di tutte queste feluche di periferia sia perlomeno discutibile. Come quel Federico Badoere, nel 1557 ambasciatore veneziano a Madrid presso la corte di Filippo II, autore di una strepitosa relazione spedita al Senato della Serenissima nella quale liquidava come una trascurabile quisquilia ciò che stava succedendo dopo la scoperta dell’America, evento che un suo predecessore si era addirittura "dimenticato" di riferire a Venezia: "Sopra le cose delle Indie non mi pare di dovermi allargare, stimando più a proposito compatire il tempo che mi avanza a narrare le cose degli altri stati di Sua Maestà".

Sergio Rizzo

23 giugno 2010

 

 

 

la proposta: incentivo sulle carte di credito per combattere l'evasione fiscale

Formigoni boccia la manovra: "Lo Stato prenda esempio dalla Lombardia"

Il governatore: la Regione funziona con un quarto delle spese. "Taglio uguale per tutti i comparti"

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Tagli, la Lega apre a Formigoni. Il Pd: ingiustificato passo indietro

Formigoni mostra il grafico delle spese pro capite 2008: in rosso lo Stato, in blu le altre Regioni, in verde la Lombardia (Fotogramma)

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MILANO - Lo Stato prenda esempio dalla Lombardia: è l'invito avanzato dal presidente della Regione Roberto Formigoni che, nel giorno della riunione convocata dal Governo con le Regioni, ha presentato alcune proposte per modificare la manovra. Manovra che giudica "difficilmente emendabile". "Medice cura te ipsum" (medico, cura te stesso), ha detto Formigoni, citando il motto latino. "Il medico che vuole curare i cittadini e spingere al risparmio gli Enti locali dovrebbe dirigere a se stesso le cure". E la cura a cui lo Stato dovrebbe sottoporsi, secondo Formigoni, potrebbe essere tutta lombarda: "A questo medico - ha continuato Formigoni - noi indichiamo il nostro modello. Regione Lombardia funziona con un quarto delle spese". Secondo i dati diffusi dal governatore lombardo, relativi alla spesa pro capite per funzionamento dei vari livello di governo, nel 2008 la Lombardia è costata 43,97 euro a ciascun cittadino, le altre regioni 91,47 euro, mentre lo Stato ha pesato sulle tasche dei contribuenti per 164,73 euro.

"TAGLI ANCHE PER LO STATO" - Formigoni ha anche precisato che "se lo Stato funzionasse con lo stesso modello di virtuosità della Regione Lombardia, risparmierebbe 7,1 miliardi di euro all'anno". Lo Stato quindi "può migliorare se stesso proponendosi come modello di virtuosità Regione Lombardia". Tra le proposte avanzate da Formigoni su come modificare la manovra c'è anche la richiesta di una "redistribuzione equa dei sacrifici". "L'eguaglianza è ancora una virtù - ha aggiunto il presidente - e serve una manovra che costringa tutti a fare sacrifici". Ricordando che i comparti della Repubblica sono quattro, Formigoni ha invitato tutti "a farsi carico dei risparmi distribuendoli in maniera equa. Contribuisca allo stesso modo lo Stato, così come le regioni, le province e i comuni". Sulla base di questa convinzione, secondo Formigoni, "lo Stato dovrebbe aumentare la quota a proprio carico rispetto alla proposta che ha fatto". In particolare Formigoni chiede "un taglio uguale per tutti del 3,2% nel 2011 e del 4,17% nel 2012".

INCENTIVO SULLE CARTE DI CREDITO - Il Pirellone sta studiando anche altre iniziative, fra cui "una proposta per combattere l'evasione fiscale", da sottoporre al governo: "Basterebbe dare un piccolo incentivo ai cittadini per spingerli a usare la carta di credito". L'incentivo, secondo quanto spiegato dal governatore lombardo, si tradurrebbe in "una deduzione dal reddito delle persone fisiche dell'ammontare degli acquisti effettuati con carta di credito". "Si tratta - ha aggiunto Formigoni - di una propostina di sicuro effetto. Un incentivo che potrebbe essere pagato anche dalle banche o dalle case che emettono carte di credito". Com'è noto, gli acquisti con carta di credito sono tracciabili dal fisco, e quindi sarebbe più facile aver prova delle transazioni avvenute.

LA MANOVRA - A poche ore dall'incontro Stato-Regioni, Formigoni ha avuto parole dure sulla manovra: "Chiederemo al governo di presentarsi con cambiamenti seri, non bastano piccoli ritocchi, questa è una manovra difficilmente emendabile, ne occorre un'altra che rispetti i 25 miliardi totali e che distribuisca equamente i tagli previsti". A margine di una conferenza stampa al Pirellone, Formigoni ha poi aggiunto: "Non mi scandalizzerei se non si arrivasse immediatamente a una conclusione".

Redazione online

23 giugno 2010

 

 

2010-06-22

il governo tedesco: "scelta votata all'unanimità dai capi di stato e di governo europei"

Il premier: "Tassa su transazioni ridicola" La Germania: "L'ha approvata anche lui"

Berlusconi annuncia di aver messo il veto sulla tassazione delle transazioni finanziarie decisa dalla Ue

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Silvio Berlusconi (Ansa)

Silvio Berlusconi (Ansa)

MILANO - Botta e risposta tra il governo tedesco e il premier italiano Silvio Berlusconi. Oggetto del contendere la proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie fatta propria dal Consiglio europeo. "Credo di aver reso un buon servizio al mio Paese e anche all'Europa con il veto sulla tassa sulle transazioni finanziarie", una proposta che il presidente del Consiglio nel corso di una telefonata durante il convegno dell’associazione del Pdl "Liberamente", ha definito "ridicola". A giudizio del premier questa imposizione "se fosse stata approntata solo dall'Unione Europea e non dagli altri grandi Paesi avrebbe spostato negli Usa e in altri Paesi" la mole delle transazioni finanziarie internazionali.

LA REPLICA TEDESCA - Tutti i paesi Ue hanno convenuto sulle conclusioni del Consiglio europeo di giovedì scorso, incluse quelle relative alla proposta di una tassa europea sulle transazioni finanziarie: così ha replicato un portavoce del governo tedesco commentando le dichiarazioni del presidente del Consiglio. "Le conclusioni sono state approvate da tutti i capi di Stato e di governo del Consiglio europeo", ha detto all'Ansa il portavoce. Da parte sua, il portavoce ha fatto riferimento in particolare al punto 16 delle conclusioni del vertice di Bruxelles sulla proposta della tassa Ue sulle transazioni finanziarie. Secondo quanto si legge in questo paragrafo, il "Consiglio europeo conviene sulla necessità che gli Stati membri introducano sistemi di prelievi e tasse a carico degli istituti finanziari per assicurare un'equa ripartizione degli oneri e stabilire incentivi volti a contenere il rischio sistemico". L'unico paese che "si riserva il diritto di non introdurre" queste misure è la Repubblica ceca, come riportano le conclusioni del Consiglio europeo e fanno notare fonti del governo tedesco. Il portavoce del governo tedesco ha inoltre fatto riferimento al punto 17 delle conclusioni del Consiglio europeo, relativo alla proposta di tassare le operazioni finanziarie. In particolare, l'articolo 17 sottolinea la necessità di "esplorare e sviluppare ulteriormente" l'eventuale introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie su scala mondiale. "La risposta dell'Unione alla crisi deve continuare ad essere coordinata a livello globale per assicurare la coerenza delle misure sul piano internazionale. Le iniziative attualmente adottate dall'Unione per rilanciare la competitività, risanare i conti pubblici e riformare il settore finanziario le consentiranno di prendere posizione con forza a favore di azioni analoghe a livello internazionale al prossimo vertice G20", recita l'articolo 17. L'Ue "dovrebbe guidare gli sforzi volti a stabilire un approccio globale all'introduzione di un sistema di prelievi e tasse a carico degli istituti finanziari nella prospettiva di mantenere una parità di condizioni su scala mondiale e difenderà con vigore questa posizione di fronte ai suoi partner del G20", prosegue. "In tale contesto si dovrebbe esplorare e sviluppare ulteriormente l'opportunità di introdurre un prelievo sulle operazioni finanziarie a livello mondiale", termina così l'articolo delle conclusioni del Consiglio europeo.

LA PRECISAZIONE DI PALAZZO CHIGI - Nonostante però la replica tedesca a Palazzo Chigi si ribadisce che il presidente Silvio Berlusconi nel vertice di Bruxelles di giovedì scorso ha posto il veto dell'Italia alla proposta di una tassa europea sulle transazioni finanziarie. Tanto è vero che il vertice ha previsto la possibilità di una imposizione sulle banche e non sulle operazioni finanziarie.

Redazione online

20 giugno 2010(ultima modifica: 21 giugno 2010)

 

 

 

 

"Spesa pubblica, finita la ricreazione"

Tremonti: deve finire l'illusione che le risorse siano illimitate. E sull'economia grava il rischio derivati

LA MANOVRA

"Spesa pubblica, finita la ricreazione"

Tremonti: deve finire l'illusione che le risorse siano illimitate. E sull'economia grava il rischio derivati

Giulio Tremonti

Giulio Tremonti

"In generale in Europa e in Italia, la ricreazione è finita. Non può continuare, deve finire, l'illusione che la spesa pubblica sia o possa essere una variabile indipendente dal Pil". Non usa mezzi termini, Giulio Tremonti, nell'attaccare la finanza pubblica "allegra" che appesantisce i conti degli Stati. Ma la stessa durezza è stata riservata anche alla finanza "privata", quella dei mercati: "In quest'anno - ha detto il ministro dell'Economia parlando in occasione della Festa annuale della Guardia di Finanza - l'economia ha lentamente ripreso la sua corsa, ma sull'economia ancora e di nuovo incombe il rischio di un drammatico e devastante nuovo fuorigioco della finanza". "Si possono fare tutte le regole, sulla dimensione delle banche, sul capitale delle banche, sulle tasse per alimentare fondi contro i rischi di collasso delle banche - ha aggiunto - E anche per limitare la leva finanziaria o centralizzare o regolare il mercato dei derivati. È tutto necessario, ma non è ancora sufficiente, se permane la libertà, anzi l'anarchia, sui contratti derivati". "Per tornare ad essere sicuri - ha insistito - si deve fare una regola contabile che impedisca prima di creare, e poi di mettere in circolo una ricchezza 'futurà che non c'è, se non per chi specula".

MENO SPESE E MENO ABUSI - Tornando ai bilanci pubblici, in particolare a quelli italiani, a manovra ora in discussione in Parlamento, ha aggiunto il ministro, "non è solo una manovra per stabilizzare i nostri conti. È qualcosa di più, la correzione di una tendenza storica: meno spesa pubblica; meno enti inutili; meno spese inutili; meno abuso dei soldi pubblici; meno evasione fiscale". E, su questo campo, avverte rivolgendosi alle Fiamme Gialle, "è stata ed è fondamentale la vostra azione. Un'azione che è attesa ancora più forte anche per effetto delle nuove norme di contrasto all'evasione fiscale. Per la ricerca e per l'università, se configurate come reale investimento sul futuro, può essere fatta una politica diversa. L'illusione per cui ogni anno si può continuare a spendere più di quello che si produce nell'anno stesso o più di quello che si è prodotto negli anni precedenti, tanto qualcuno pagherà". "Questa volta - dice il ministro - non ci saranno altri a pagare per noi, saremo noi a dover pagare per noi e con gli interessi. Per decenni, in Europa, in Italia, drogati dal debito pubblico si è pensato che la politica fosse indipendente dai numeri, che la politica venisse prima dei numeri. E questi poi - i numeri - più o meno taroccati, ma ora è l'opposto: i numeri vengono prima della politica ed è la politica che deve adattarsi ai numeri".

Redazione online

22 giugno 2010

 

 

 

il ministro dell'economia francese lagarde: "frutterà un miliardo di euro"

Gran Bretagna, Francia e Germania: pronti a introdurre una tassa sulle banche

Comunicato congiunto: via libera a imposta basata sul fatturato degli stessi istituti di credito

il ministro dell'economia francese lagarde: "frutterà un miliardo di euro"

Gran Bretagna, Francia e Germania: pronti a introdurre una tassa sulle banche

Comunicato congiunto: via libera a imposta basata sul fatturato degli stessi istituti di credito

MILANO - I principali Paesi dell'Unione europea, dopo l'approvazione della misura nell'ambito del Consiglio europeo, fanno fronte comune per introdurre una forma di tassazione specifica sugli istituti di credito che venga adottata anche dal G-20 che si terrà a fine settimana in Canada.

DOCUMENTO COMUNE - Gran Bretagna, Francia e Germania hanno reso noto un documento comune con cui annunciano la prossima entrata in vigore nei loro Paesi di una nuova tassa sulle banche. "I governi di Francia, Gran Bretagna e Germania - si legge in un comunicato congiunto - propongono l'introduzione di una tassa sulle banche basata sui bilanci degli stessi istituti". In precedenza il ministro delle Finanze britannico, George Osborne, aveva annunciato l'introduzione di una simile tassa nel Regno Unito a partire dall'anno prossimo.

IN FINANZIARIA - Parigi ha inoltre fatto sapere che inserirà la tassa sulle banche "nella sua prossima legge finanziaria" per il 2011, che sarà presentata a fine settembre. E il ministro dell'Economia Christine Lagarde ha annunciato in un'intervista al Wall Street Journal che la tassa frutterà un miliardo di euro al bilancio dello Stato.

Redazione online

22 giugno 2010

 

 

 

 

PROPOSTA DELLA LEGA: "SCUDO" PER EMERSIONE DEI FALSI INVALIDI

Emendamento del Pdl alla manovra

Condono edilizio anche in aree protette

In caso di confisca il responsabile dell'abuso avrà diritto di prelazione all'asta. E si fermano le ruspe in Campania

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In caso di confisca il responsabile dell'abuso avrà diritto di prelazione all'asta. E si fermano le ruspe in Campania

ROMA - Il Pdl ha presentato alla commissione Bilancio del Senato un emendamento alla manovra che chiede la riapertura del condono edilizio che era stato varato nel 2003 (legge 269) per gli abusi realizzati entro il 30 marzo 2010. La sanatoria viene estesa anche alle costruzione realizzate "in aree sottoposte alla disciplina di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio". Primo firmatario è Paolo Tancredi.

SANZIONI SOSPESE - La proposta, che porta la firma di tre senatori Pdl (oltre a Tancredi, Cosimo Latronico e Gilberto Pichetto Fratin), non usa giri di parole e porta il titolo esplicito: "Emendamento condono edilizio". La domanda deve essere fatta entro il 31 dicembre, "anche qualora l'amministrazione abbia adottato il provvedimento di diniego". Sono dunque sanabili anche gli abusi sui quali i Comuni non avevano espresso il parere favorevole nel precedente condono. "A tal fine - indica l'emendamento del Pdl - sono sospesi tutti i procedimenti sanzionatori di natura penale e amministrativa, già avviati, anche in esecuzione di sentenze passate in giudicato".

DIRITTO PRELAZIONE - Tancredi ha firmato anche un altro emendamento alla manovra correttiva: stabilisce che nel caso di confisca di edifici abusivi da parte del Comune c'è un "diritto di prelazione", nell'acquisto all'asta indetta dall'ente locale, per il "responsabile dell'abuso". Torna anche la sospensione delle ruspe in Campania dopo che, un paio di settimane fa, l'Aula della Camera aveva affossato il decreto legge sulla sospensione di talune demolizioni disposte dall'autorità giudiziaria nella Regione. A firmare l'emendamento che recupera quel decreto legge sono Carlo Sarro e Gennaro Coronella del Pdl.

FALSI INVALIDI - La Lega ha presentato un altro emendamento alla manovra (a firma dei senatori Massimo Garavaglia e Gianvittore Vaccari) che propone di incentivare l'emersione dei falsi invalidi con uno "scudo", un meccanismo simile a quello utilizzato per il rimpatrio dei capitali. I medici che hanno fatto false attestazioni e i soggetti "che abbiano percepito indebitamente benefici a titolo di trattamenti economici di invalidità civile possono - si legge nell'emendamento -, entro 180 giorni dall'entrata in vigore delle legge di conversione del presente decreto, denunciare l'illecito all'ufficio competente territorialmente dell'Inps". La denuncia "comporta l'estinzione dei reati e dei relativi illeciti amministrativi, nonché l'immediata decadenza del beneficio". Tali proposte di modifica fanno parte delle 2.550 depositate entro venerdì scorso, la metà da parte della maggioranza, che saranno esaminate con l'articolato della manovra da martedì dalla commissione Bilancio del Senato.

Redazione online

21 giugno 2010

 

 

2010-06-19

oi boccia la manovra: "2.380 commi senza uno straccio di idea"

Bersani: "Se al premier la nostra Costituzione non piace se ne vada a casa"

Il leader del Pd: "Limiti a potere del governo sono magistratura indipendente e libera informazione"

poi boccia la manovra: "2.380 commi senza uno straccio di idea"

Bersani: "Se al premier la nostra Costituzione non piace se ne vada a casa"

Il leader del Pd: "Limiti a potere del governo sono magistratura indipendente e libera informazione"

Pierluigi Bersani (Ansa)

Pierluigi Bersani (Ansa)

MILANO - L'articolo uno della Costituzione sancisce che la sovranità appartiene al popolo, ma secondo il leader del Pd Pierluigi Bersani il premier Silvio Berlusconi non se lo ricorda. "Si vede chiaro dai suoi messaggi che la sua memoria, che pure è vivida, non arriva al secondo comma", ha detto il segretario del Pd nel suo intervento alla manifestazione del Pd a Roma contro la manovra, "Allora glielo ricordiamo noi: quelle forme e quei limiti sono una magistratura indipendente, una libera informazione, e che tutti sono uguali di fronte alla legge". Ma, ha aggiunto, "tutto questo non si può cambiare e se non gli piace va a casa".

"MANOVRA: 2380 COMMI SENZA UNO STRACCIO DI IDEA" - L'esecutivo guidato da Silvio Berlusconi "è una macchina tarata per accumulare consenso, non per fare governo" ha aggiunto Bersani che ha poi attaccato anche la manovra: "Non abbiamo mai avuto una discussione sul che fare per la crisi, abbiamo avuto dieci mini manovre, dieci decreti, pilloline. Per chi passava il suo tempo a misurare le pagine del programma di Prodi, il record di Prodi lo ha battuto: 2.380 commi senza uno straccio di idee, senza direzione di marcia". "Con questa manovra - ha aggiunto Bersani - viene data una pistola agli enti locali perchè sparino al popolo. Perchè sparino al popolo non alle quaglie. Saremo punto e da capo tra qualche mese e avremo dato una botta ai redditi medio bassi. La manovra è depressiva. Riduce i consumi, lo dice anche la Banca d'Italia. In questa manovra pagano gli insegnanti, i bidelli i poliziotti ma quelli con il reddito di Berlusconi non pagano zero".

INTERCETTAZIONI - Il leader del Pd ha poi affrontato il tema del ddl sulle intercettazioni: "Dicono che stanno riflettendo, bene. Vuol dire che hanno capito che vanno sul duro ma attenti, loro fanno così: fanno alt, non trovano la quadra e si rimettono l'elmetto e via con i voti di fiducia...". "Finora - ha osservato Bersani - hanno messo oltre 30 voti di fiducia e 50 decreti. Siamo a circa un voto di fiducia alla settimana di lavoro in Parlamento. Ma il Parlamento è il luogo della libertà di tutti e se si zittisce quel luogo non c'è più libertà per nessuno".

"Mi chiedo quale sia la ragione di questa ossessione del premier sulla legge sulle intercettazioni. Ma il presidente del consiglio Berlusconi non ne ha altri pensieri?" aveva detto in precedenza anche la capogruppo dei senatori del Pd Anna Finocchiaro.

ANTIPOLITICA - Per Bersani inoltre bisogna lottare "contro gli effetti collaterali del berlusconismo, che creano antipolitica e il diffondersi della sfiducia". Effetti che "sono coltivati da Berlusconi per sguazzarci dentro. Sembrava che questo governo doveva cambiare tutto e invece non ha fatto niente. Nascondono i problemi col frastuono. È un meccanismo che rischia di fare diventare gli italiani frustrati e impotenti, ed ecco invece il nostro compito, il compito del Pd, difficile ma ineludibile - ha aggiunto -: trasformare la rabbia dei cittadini in energia fiduciosa per il cambiamento e per farlo mi rivolgo a tutte le forze di opposizione. Siamo un bel partito, una delle più grandi forze riformiste europee, dobbiamo solo essere più forti delle nostre debolezze".

LEGA - Poi Bersani attacca anche la Lega: "Vorrei mandare un messaggio a Bossi, un messaggio a Pontida per dirgli: guarda Umberto che con il "Va pensiero" o tifando Paraguay non si mangia mica nè si fa il federalismo. Questa Lega qua è dura sugli inni e sulla Nazionale di calcio ma con i miliardari è mollacciona".

RAI - Bersani ha successivamente affrontato anche il tema della Rai: "La Rai è pagata per lavorare contro se stessa. Dà fastidio che lo dico? Ma lo faccio carte alla mano - continuato Bersani - e con sullo sfondo il caso Santoro. Berlusconi, il governo, Tremonti vogliono la libertà di impresa? E allora Tremonti liberi la Rai, che è una azienda del Tesoro".

Redazione online

19 giugno 2010

 

 

 

2010-06-18

Nessun emendamento presentato dal relatore azzolini né dal governo

Manovra, valanga di emendamenti

Più di 1.200 sono della maggioranza

Presentate 2.250 proposte di modifica al testo in commissione Bilancio, 1.116 sono del Pdl (90 dei finiani)

Nessun emendamento presentato dal relatore azzolini né dal governo

Manovra, valanga di emendamenti

Più di 1.200 sono della maggioranza

Presentate 2.250 proposte di modifica al testo in commissione Bilancio, 1.116 sono del Pdl (90 dei finiani)

MILANO - Sono 2.550 gli emendamenti presentati dai vari gruppi parlamentari alla manovra in discussione in commissione Bilancio al Senato. Quasi la metà (1.205) sono della maggioranza. Il gruppo del Pdl è in testa quanto a proposte di modifica con 1.116 emendamenti. Dalla Lega sono arrivate 89 proposte di modifica, dal Pd 823. L'Italia dei Valori ha presentato 149 emendamenti, 293 l'Udc e 80 dal gruppo misto. Gli ordini del giorno sono in totale 43. Al momento non sono state presentate proposte di modifica dal relatore Antonio Azzollini e dal governo. La commissione Bilancio inizierà l'esame delle proposte di modifica martedì prossimo, 22 giugno, con due sedute (ore 15 e 20.30). Mercoledì e giovedì fissate 3 sedute, alle 9, 14.30 e 20.30, mentre venerdì l'appuntamento è per le 9 del mattino. Il decreto sulla manovra è stato calendarizzato per l'aula giovedì 1 luglio alle 10.30 (il 30 giugno alle ore 17 scade il termine per la presentazione degli emendamenti) e dovrà essere licenziato entro il 9 luglio (scade il 30 luglio) per poi passare a Montecitorio.

IL PACCHETTO DEI FINIANI - Degli oltre mille emendamenti depositati dal Pdl in commissione Bilancio allo scadere del termine, un gruppo di una novantina sono, a quanto si apprende, di provenienza dell'area vicina al presidente della Camera rappresentata in commissione Bilancio a Palazzo Madama dai senatori Maurizio Saia, Maria Ida Germontani e Candido De Angelis. Una parte di questi emendamenti, si spiega da fonti di maggioranza, fanno parte della "contro-manovra" Baldassarri che trova copertura nei finanziamenti europei a fondo perduto rimasti inutilizzati e insistono su argomenti come la cedolare secca sugli affitti, la ricerca, l'università e taglio dell'Irap. Un altro gruppo di emendamenti finiani riguarda il "blocco sicurezza", contro i tagli alle forze dell'ordine. Altre proposte di modifica sono raggruppate in un corposo emendamento coperto in parte con l'aumento delle accise sui tabacchi e in parte con minori detrazioni per le società petrolifere. Si tratta di fondi per l'università e la sicurezza, di 300 milioni in favore di Roma con l'obiettivo, si sottolinea, di evitare la tassa di soggiorno, ma anche di fondi per i mutui per le giovani coppie. In arrivo proposte di modifica anche sul controllo da parte del Parlamento delle fondazioni bancarie, un nodo sul quale ha insistito recentemente anche il presidente della Camera Fini. Non entra nel pacchetto dei finiani il taglio delle province, perché, si spiega, necessiterebbe di una modifica costituzionale e le ipotesi di semplice accorpamento non porterebbero risparmi significativi. Tra gli emendamenti finiani c'è anche l'accorpamento di Simest, Sace e Ice in un unico ente per il commercio con l'estero per produrre risparmi.

LE PROPOSTE DEL PD - Sostegno alle famiglie, allo sviluppo, alle piccole e medie imprese e una boccata d'ossigeno per gli enti locali. Sono questi i punti sui quali incidono le circa ottocento proposte di modifica del Pd alla manovra, alle quali si aggiungono 18 ordini del giorno. "La logica dei nostri emendamenti - sottolinea il senatore Paolo Giaretta - è quella di dire che almeno una parte dell'esito della lotta all'evasione fiscale vada restituita ai contribuenti onesti". "Per le imprese - dice ancora Giaretta - proponiamo l'innalzamento delle aliquote di esenzione Irap e il rafforzamento del 'forfettonè. Sul fisco: una sovratassa (di due punti percentuali) sui capitali che rientrano con lo scudo fiscale per finanziare un allentamento del patto di stabilità per i comuni che investono. La manovra va resa più equilibrata tra lo Stato periferico". C'è poi un pacchetto di liberalizzazioni a favore del consumatore nei settori di "carburanti, banche, assicurazioni e farmacie". Infine sul fronte dello sviluppo "un forte incentivo al lavoro femminile, incentivi automatici per le aziende che fanno ricerca, sostegno alla green economy; riproposizione bonus 55% per case ecologiche, eliminazione della norma sui certificati verdi". (Fonte Ansa)

18 giugno 2010

 

 

 

 

sullo stallo in corso sull'accordo per L'IMPIANTO NEL NAPOLETANO

Fiat, l'allarme di Marchionne: "Senza accordo non esisterà più industria"

La denuncia Fiom: "Fiaccolata sabato sera a Pomigliano. L'azienda vuole replicare la marcia dei 40mila"

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Sergio Marchionne (Eidon)

Sergio Marchionne (Eidon)

MILANO - Da una parte l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, che lancia un avvertimento chiaro: "Senza accordo non esisterà più industria". Dall'altra la denuncia dei segretari generali della Fiom: "L'azienda sta organizzando una fiaccolata per domani sera "precettando" i lavoratori alla partecipazione". Le posizioni di azienda e metalmeccanici su Pomigliano d'Arco restano distanti. Marchionne è caustico sullo scontro sindacale e le polemiche suscitate dopo l’accordo separato per il rilancio dello stabilimento nel Napoletano. Se si continua così, sostiene l'ad del Lingotto, "l’Italia non avrà un futuro a livello manifatturiero, l’industria non esisterà più: se la vogliamo ammazzare me lo dite. Lo facciamo - aggiunge con sarcasmo - sono disposto a fare quello che vogliono gli altri". "Il problema - ha detto il numero uno del Lingotto al termine della lectio magistralis di Mario Draghi per il master honoris causa conferitogli dalla fondazione Cuoa - è che stiamo cercando di portare avanti un progetto industriale italiano che non ha equivalenti nella storia dell’Europa. Non conosco nemmeno un’azienda in Europa che è stata disposta, capace, e ha avuto il coraggio di spostare la produzione da un paese dell’Est di nuovo in Italia". "Stiamo facendo discussioni su tv e giornali - ha concluso Marchionne - su principi di ideologia che ormai non hanno più corrispondenza con la realtà. Parliamo di storie vecchie di 30-40-50 anni fa: parliamo ancora di padrone contro il lavoratore, cose che non esistono più". Poi ha aggiunto: "Non mi riconosco, come industriale, nei discorsi che vengono fatti dalla Fiom. Questa non è la Fiat che gestiamo noi, non è la Fiat che esiste, parliamo di mondi diversi: è un proprio un discorso completamente sballato". "Noi abbiamo bisogno come in America di un solo interlocutore con cui parlare e non di dodici. Anche il fatto che i nostri operai si siano divisi in gruppetti ci costringe a parlare dà fastidio e non è la cosa più efficiente", ha detto il manager italo-canadese. "Non si può andare avanti così se per portare una macchina in italia bisogna parlare con 10 persone. È una cosa incredibile, mai vista", ha aggiunto Marchionne. Poi ha concluso: "Cerchiamo di smetterla di prenderci per i fondelli" riferendosi in particolare allo sciopero di lunedì scorso a Termini Imerese indetto perché "l'unica ragione è che stava giocando la nazionale italiana". Alla fine risponde con una battuta ad una domanda dei cronisti su una recente dichiarazione dell'ex leader della Cgil, Sergio Cofferati che ha affermato che Marchionne è peggio di Cesare Romiti. "Non conoscevo Romiti, può darsi che aveva ragione: non lo so".

"LAVORATORI PRECETTATI" - I dirigenti Fiom, dal canto loro denunciano che l'azienda sta organizzando per sabato sera una fiaccolata per "precettare" i lavoratori di Pomigliano d’Arco alla partecipazione. Dicono Maurizio Mascoli e di Napoli, Massimo Brancato: "Ci giunge notizia che l’azienda, attraverso i suoi "capi", stia organizzando una marcia a favore dell’intesa separata sottoscritta il 15 giugno, a cui tutti i lavoratori sono "invitati" a partecipare. Emergono - sottolineano in una nota - le peggiori tradizioni della Fiat, che ripropone a distanza di trent’anni una marcia dei 40mila in sedicesimo". Secondo quanto denunciato dalla Fiom, inoltre, "viene impedito l’accesso allo stabilimento per i soli delegati Fiom della linea 147 (che in questi giorni non lavora), mentre non avviene altrettanto per i delegati delle altri organizzazioni sindacali". Per lunedì, inoltre, l’azienda starebbe "invitando volontariamente" i lavoratori a presentarsi in stabilimento affinché possa provvedere" a illustrare i contenuti dell’accordo sottoscritto dalle altre organizzazioni sindacali.

FIOM - Il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini invita l'azienda a riflettere "sull'opportunità di imporre a Pomigliano un referendum sotto ricatto, il cui esito è già scritto". "Quando le lavoratrici ed i lavoratori della Fiat si possono liberamente esprimere, lo fanno per contrastare l'accordo separato di Pomigliano". "Mirafiori - dice Landini - si ferma, a Melfi la Fiom torna ad essere il primo sindacato nelle elezioni delle Rsu, alla Sevel i lavoratori scioperano e firmano l'appello rivolto a Marchionne, appello che stanno firmando anche a Cassino. L'assemblea degli iscritti Fiom di Pomigliano e i Comitati direttivi dei metalmeccanici Cgil di Napoli e della Campania hanno condiviso all'unanimità il giudizio espresso dal Comitato Centrale della Fiom, quindi l'impossibilità di firmare il testo imposto dalla Fiat e l'illegittimità di un referendum che avviene sotto il ricatto dei licenziamenti e viola norme della Costituzione". "Per far funzionare meglio le imprese - sottolinea il numero uno della Fiom - sono decisivi il consenso delle lavoratrici e dei lavoratori e il confronto negoziale fondato sulla pari dignità delle parti. La decisione della Fiat di cancellare i diritti fondamentali e di costruire rapporti fondati sul ricatto, anzichè sul consenso, costruisce solo conflitto e malcontento. La Fiat ascolti la voce libera dei suoi dipendenti che, in questi giorni, si stanno esprimendo e vogliono lavoro e diritti".

TERMINI IMERESE - In precedenza il segretario della Fiom di Palermo, Roberto Mastrosimone aveva lanciato il suo j'accuse ai vertici della fabbrica torinese e non solo: "Per salvare lo stabilimento di Pomigliano la Fiat ha sacrificato 2.200 lavoratori di Termini Imerese. È bene dirlo a quanti in queste ore stanno enfatizzando l'accordo per Pomigliano, penso al ministro Sacconi, al presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, al Pd, al segretario della Cisl Raffaele Bonanni, alla Fim e alla Uilm. Alcuni di questi sanno benissimo cosa c'è dietro la vicenda". Per Mastrosimone "la scelta di chiudere Termini Imerese rientra in una precisa strategia messa a punto dalla Fiat sotto le pressioni della politica e delle lobbies preoccupate per il futuro dei 15 mila lavoratori di Pomigliano, che è ovvio che andavano tutelati ma non sacrificando altri operai". "La Fiat aveva firmato un accordo con il sindacato che prevedeva la produzione a Termini Imerese della nuova Lancia Ypsilon - dice Mastrosimone, ex delegato Fiat nella fabbrica - L'investimento programmato era di 550 milioni di euro, 100 milioni furono spesi per l'acquisto di un capannone e per la formazione degli operai. All'improvviso l'ad Sergio Marchionne cambia rotta, non rispetta gli impegni. Il motivo è che per trasferire dalla Polonia a Pomigliano la Panda era necessario assegnare un'altra vettura allo stabilimento di Tichy. Quale? La Fiat ha scelto la Lancia, scrivendo la parola fine sulla storia della fabbrica di Termini Imerese". "Sacconi, Marcegaglia, Bersani lo sanno questo? - conclude -. Cosa dicono alle 2.200 famiglie di altrettanti operai che a fine 2011 non saranno più dipendenti della Fiat? Oppure vogliono continuare a raccontare la storiella che nella loro fabbrica si gireranno film per il cinema o si costruiranno le auto elettriche?".

Redazione online

18 giugno 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

2010-06-17

SARKOZY: "VOLONTA' CONDIVISA DEI 27 PER QUESTE DUE PROPOSTE"

Consiglio Ue, tassa su banche e finanza

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BRUXELLES - Una tassa sulle transazioni finanziarie. E una sulle banche. L'Europa reagisce così in modo comune all'attacco della speculazione e alla crisi finanziaria. Una risposta attesa e già indicata nelle anticipazioni dei giorni scorsi. Ma che oggi diventa ufficiale, con l'annuncio dell'accordo al vertice Ue a Bruxelles tra i capi di Stato e di governo. I 27 hanno deciso di introdurre una tassa sulle banche nei propri Paesi e di promuovere l’idea di una tassa mondiale sulle transazioni finanziarie, durante il prossimo vertice del G20 a Toronto, in Canada

"TASSARE CHI HA PROVOCATO CRISI" - Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, durante la conferenza stampa a margine del consiglio europeo, ha confermato che "la volontà del Consiglio è portare avanti queste due proposte". Ancora più esplicita Angela Merkel, Cancelliere tedesco: "Bisogna tassare chi ha messo a rischio il mercato" Per la Merkel - che ha parlato arrivando al vertice di Bruxelles - "i mercati finanziari devono essere resi più responsabili".

CONSIGLIO EUROPEO - Nella bozza discussa dal Consiglio europeo si leggeva che i Paesi dell'Unione Europea dovrebbero introdurre un "prelievo" sugli istituti finanziari per far sì che contribuiscano al costo della crisi. Il prelievo sulle banche, si sottolinea nella bozza di conclusioni, dovrebbe comunque essere parte di un quadro "credibile". Per i 27 occorre quindi portare avanti con "urgenza" la valutazione sulle caratteristiche del prelievo e le questioni relative a "condizioni di parità" nella sua applicazione. Il vertice chiede quindi a Consiglio e Commissione di portare avanti i necessari approfondimenti e riferire nuovamente in materia al vertice che si terrà il prossimo ottobre.

DEBITI STATALI - Sul versante dei conti pubblici, resta tuttavia per tutti la preoccupazione (e l'impegno) di rientrare dall'esposizione che mina la credibilità dei bond degli Stati europei. "Tutti gli Stati membri - - si legge nella bozza d'accordo- sono pronti, se necessario, a prendere misure aggiuntive per accelerare il risanamento di bilancio" si legge ancora nel progetto di conclusioni del Consiglio Ue, nel quale si ricorda come "vari Stati membri hanno di recente rafforzato e concentrato nella parte iniziale il risanamento dei conti pubblici". Nella bozza si legge ancora come nel mettere a punto nuove manovre "la priorità dovrebbe essere data a strategie di risanamento dei conti pubblici favorevoli alla crescita e imperniate soprattutto sul contenimento della spesa. Il miglioramento del potenziale di crescita dovrebbe essere considerato fondamentale per agevolare il risanamento dei conti pubblici nel lungo termine".

BCE - E le decisioni che si appresta a varare il Consiglio europeo trovano concorde anche la Bce. La Bce "condivide appieno il punto di vista dei ministri finanziari dell'Eurozona riguardo alla priorità di arrestare e invertire l'incremento del rapporto debito-pil e accoglie con soddisfazione l'impegno di intraprendere un'azione immediata a tal fine" scrive la banca centrale nel bollettino mensile di giugno.

RIFORME STRUTTURALI - La Bce invita ancora i governi a procedere nelle riforme strutturali per garantire una ripresa della crescita e dell'occupazione. La banca centrale europea avverte inoltre che "i paesi che presentano problemi di competitività nonchè squilibri interni devono intervenire con urgenza".

Redazione online

17 giugno 2010

 

 

 

vertice ue

"Debito, un successo per l'Italia"

Tremonti: ora l'Unione europea prende in considerazione i conti pubblici tenendo conto di dinamica e sostenibilità

BRUXELLES - Al Consiglio Europeo di Bruxelles il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha ottenuto uno "straordinario successo" nella nuova considerazione comunitaria del debito pubblico che avverrà tenendo conto della sua dinamica e della sua sostenibilità complessive.

Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti a margine di un convegno all'Accademia dei Lincei. "Berlusconi ha ottenuto un successo straordinario, ora l'Unione europea considera il debito pubblico nella sua dinamica e nella sua stabilità complessiva", ha detto Tremonti.

Secondo una fonte della delegazione italiana al vertice Ue, nelle conclusioni della riunione, nel capitolo dedicato al rafforzamento del patto di stabilità, che considera solo il debito pubblico, c'è scritto che bisogna dare più attenzione "ai livelli di debito, all'evoluzione del debito e alla sostenibilità complessiva". La stessa fonte ha detto che l'Italia sarebbe poi contraria a introdurre in Europa una tassa sulle banche per finanziare un fondo di emergenza se questa ipotesi non ricevesse il pieno supporto del G20. (fonte Reuters)

17 giugno 2010

 

 

Bossi difende le regioni: "Bisognerà trovare la via per aiutare le più virtuose"

Manovra, Sacconi: "L'intesa si troverà"

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Maurizio Sacconi (LaPresse)

Maurizio Sacconi (LaPresse)

MILANO - Dopo le Regioni, tocca ai Comuni puntare i piedi contro i tagli contenuti nella manovra economica varata dal governo. In un documento, votato all’unanimità dal direttivo dell’Anci, si legge che "la manovra, se non sarà profondamente corretta, risulterà del tutto insostenibile, iniqua e produrrà pesanti effetti sulla vita dei cittadini, anche perché obbliga i Comuni a tagliare i servizi essenziali per le famiglie". I sindaci hanno deciso dunque di scendere in piazza, il 23 giugno, per manifestare davanti al Senato, la loro contrarietà al provvedimento. Il governo deve "riconvocarci subito per un confronto urgente", ha affermato il presidente dell’Anci, Sergio Chiamparino. Una delegazione dell'Anci ha incontrato nel pomeriggio al Quirinale il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Il presidente si è dimostrato estremamente attento e particolarmente sensibile alle nostre proposte e alle esigenze dei Comuni" ha detto Chiamparino.

LA PROTESTA DEI SINDACI- Quello che chiedono i sindaci "è un riequilibrio radicale" dei tagli previsti che al momento, spiegano "pesano per il 90% sull'insieme delle autonomie locali mentre il centro ed in particolar modo i ministeri vengono toccati in minima parte. Questa disparità va assolutamente corretta altrimenti questa manovra è iniqua e quindi inaccettabile". Chiamparino ha ribadito che i comuni non cederanno su una dimensione di tagli "che mette in ginocchio i sindaci senza alcuna considerazione della loro ragione principale che è quella di erogare servizi ai cittadini; in questo modo viene meno - ha concluso - il nostro ruolo di soggetti istituzionali della Repubblica".

SACCONI E BOSSI MEDIATORI - Maurizio Sacconi e Umberto Bossi intanto provano a mediare. "Credo che alla fine si riuscirà a trovare un'intesa, quello che conta è che le regioni, come lo Stato, riflettano su se stesse" ha detto il ministro del Lavoro commentando la protesta degli enti locali contro i tagli previsti nella manovra. "Non hanno davvero nessun ente da sciogliere, nessuna agenzia tra le tante prodotte in questi anni? - si è chiesto Sacconi a margine della relazione annuale della commissione di garanzia sugli scioperi - nessuna azione di dimagrimento da fare? Sono davvero esenti dalle esigenze che lo Stato avverte e ci hanno portato allo scioglimento di 15 enti in questa manovra? Questa credo sia la riflessione che anche le regioni devono fare". Sacconi ha quindi invitato anche a tenere conto del fatto che "tutta questa discussione avviene al fondo del netto sanitario che è garantito". D'altra, il leader della Lega Umberto Bossi fa sapere di condividere l'allarme delle Regioni sulla manovra. "È un bel problema, la manovra non tocca il federalismo ma le Regioni si sentono nude, di avere troppo poco. Bisognerà trovare la via per aiutare le Regioni più virtuose". E proprio su questi temi è previsto un incontro in serata Tra il numero uno del Carroccio e il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.

MAGISTRATI - Decisamente scontenti del testo della manovra anche i magistrati che per bocca del presidente dell'Anm Luca Palamara dichiarano: "Sulla manovra economica "non arretreremo di un solo millimetro, per la tutela e la difesa del settore giustizia". "Soprattutto - ha aggiunto Palamara - non arretreremo sulla iniquità della manovra e sugli aspetti di irragionevolezza, compresi quelli relativi alle retribuzioni".

ASSOCIAZIONE DI GESTIONE DI TEATRI - Proteste anche da parte del mondo della cultura. Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro di Milano - Teatro d'Europa, e presidente di Platea, l'associazione che riunisce i teatri stabili italiani attacca il provvedimento: "È un paradosso", ha spiegato, in una nota, "di fronte a una congiuntura economica che richiede sacrifici per tutti si punisce la buona amministrazione. Non si ha il coraggio di scelte responsabili che si oppongano al lassismo amministrativo. Colpire i teatri che hanno dato risultati eccellenti in termini di gestione, qualità e quantità nei servizi nonchè di autofinanziamento avrà effetti devastanti: è ingiusto e, soprattutto, li mette in condizione di non poter affrontare i tagli perchè non hanno margini di spreco". "Se poi, guarda caso, i teatri più virtuosi hanno sede nelle regioni più virtuose, la beffa è doppia - ha concluso - I ministri Tremonti e Bondi ci pensino bene".

DI PIETRO - Molte anche le critiche politiche al provvedimento che è in discussione in Parlamento. "Questo è un governo criminale sul piano economico e su quello della giustizia. Come tale, prima va a casa e meglio è per tutti. Infatti, chi ha provocato la crisi che sta attraversando il Paese non può pensare di risanare i danni, penalizzando i cittadini onesti, i precari, i giovani, i cassintegrati e tutte le categorie deboli. Riteniamo che il costo di questa manovra economica lo debbano pagare gli evasori, gli speculatori e i furbetti della cricca. L'Italia dei Valori ha già presentato una contromanovra in tal senso, che prevede delle disposizioni drastiche per gli evasori e permette un rilancio dell'economia attraverso misure strutturali adeguate" sostiene il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro.

SCHIFANI - Sulla necessità di contemperare risparmi ed equità nella manovra è intervenuto invece il presidente del Senato Schifani per il quale "La riduzione strutturale della spesa pubblica non è rinviabile, nè sono più accettabili sprechi e privilegi. Tuttavia i sacrifici pur necessari non possono intaccare le tutele fondamentali come quella della salute, che rappresentano sul piano della giustizia e dell'equità la difesa dei più deboli ed emarginati".

MONTEZEMOLO - "La manovra nella sua entità, non nei suoi elementi, è fondamentale, uso un termine eccessivo, per la salvezza dell'Italia in funzione dei mercati" ha sottolineato invece il presidente della Ferrari Luca di Montezemolo condividendo in sostanza il giudizio di quanti nel governo pensano che la manovra può anche variare nei suoi elementi ma i saldi devono restare invariati. "È chiaro che molti si aspettano una manovra strutturale - ha detto ancora Montezemolo - si tratta soprattutto di capire esattamente i contenuti di questa manovra, cosa che oggi non è possibile. Onestamente è difficile - ha concluso Montezemolo - fare una valutazione completa perchè le novità si susseguono ogni giorno e quindi è una materia in continuo divenire".

Redazione online

17 giugno 2010

 

 

 

LA CRISI

Di Pietro ai lavoratori dell'Eutelia

"Vien voglia di far saltare il palazzo..."

"Governo non vi riceve? Interesserò Fini, deve far qualcosa"

ROMA - Il leader dell’Italia dei Valori, Antonio di Pietro non va per il sottile e, incontrando questa mattina i lavoratori dell’Eutelia che chiedono un incontro al governo che, spiegano in piazza Montecitorio, "non ci prende neppure in considerazione", raccolglie il loro sfogo.

ATTEGGIAMENTO CRIMINALE - Poi rilancia: "Il governo - dice - ha un atteggiamento criminale. Ignorano i lavoratori e invece ricevono quelli della cricca. E poi si lamentano perché a uno viene voglia di far saltare il palazzo...". Il leader Idv, poi, assicura i lavoratori che interesserà della vertenza Eutelia il presidente della Camera. "È la terza carica dello Stato, deve fare qualcosa...". (fonte Apcom)

17 giugno 2010

 

 

2010-06-16

saranno trasformate in altrettanti emendamenti

Manovra, sei proposte dai democratici

Bersani: liberalizzazioni sposterebbero 10 miliardi di euro dalle rendite e dalle posizioni dominanti alle imprese e ai cittadini

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ROMA - Sei proposte con altrettante liberalizzazioni in diversi settori dell'economia che "sposterebbero dieci miliardi di euro dalla rendita e dalle posizioni dominanti a favore delle imprese e dei cittadini". Sono le idee presentate dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani in una conferenza stampa con i capigruppo di Camera e Senato, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro.

BENZINA - Le sei proposte saranno trasformate in altrettanti emendamenti alla manovra che il Pd chiede al centrodestra di approvare, visto che non hanno oneri finanziari per lo Stato. La prima proposta riguarda la benzina, ha spiegato Bersani, e tenta di intaccare la cosiddetta "integrazione verticale" della filiera, che porta ad avere in Italia prezzi più alti che nel resto d'Europa. Prevede che il gestore della pompa non sia più vincolato a comprare il cento per cento della benzina del suo marchio, bensì solo il cinquanta per cento, con la possibilità di rivolgersi al libero mercato per il restante. Per permettere l'avvio del mercato libero, il Pd propone di assegnare in via straordinaria e temporanea a una società pubblica, il ruolo di acquirente unico, come attualmente nel mercato elettrico. "È una proposta radicale - ha detto Bersani - ma se portasse a una diminuzione del costo della benzina di quattro centesimi al litro, porterebbe un risparmio alla collettività di due miliardi nel triennio".

FARMACIE - Il secondo emendamento riprende la liberalizzazione delle farmacie contenuta nella prima "lenzuolata" del 2007; il Pd chiede di dare la facoltà alle parafarmacie e ai corner dei supermercati di vendere anche i farmaci di fascia C, e quindi tutti i medicinali non dispensati dal Sistema sanitario nazionale. In questo modo, oltretutto, si favorirebbe il lavoro di giovani laureati.

ORDINI PROFESSIONALI - La terza proposta punta a portare a compimento la riforma organica del sistema delle professioni. Le disposizioni contenute nell'emendamento mirano a modernizzare il ruolo degli ordini professionali, favorendo gli obblighi di una informazione trasparente agli utenti, e la concorrenza. Inoltre il Pd cerca di garantire pari opportunità alle giovani generazioni attraverso l'accorciamento fra le fasi di studio, tirocinio (retribuito e di dodici mesi al massimo) e accesso all'esercizio effettivo della professione. Infine il Pd chiede di riconoscere le libere associazioni costituite su base volontaria e senza diritto di esclusiva tra professionisti che svolgono attività non regolamentate in ordini, attribuendo ad esse anche compiti di qualificazione professionale.

MASSIMO SCOPERTO - La quarta proposta prevede la nullità della clausola di massimo scoperto, indipendentemente dalla denominazione utilizzata dalle singole banche, e affida alla Banca d'Italia il controllo sul rispetto delle nuove norme.

AUTOCERTIFICAZIONE - La quinta proposta riprende una norma presente nella terza "lenzuolata" proposta dall'allora ministro Bersani, e non convertita in legge per la fine anticipata della legislatura. L'emendamento consente all'imprenditore, attraverso la semplice autocertificazione sulla base della sussistenza dei requisiti attestati da un professionista, di ottenere immediatamente dal Comune una ricevuta che abilita all'avvio dell'attività o dei lavori di realizzazione degli impianti. Al Comune spetta poi l'onere di provare la sussistenza dei requisiti attraverso controlli ex post.

RETE GAS - La sesta e ultima proposta chiede la separazione proprietaria della rete di trasporto del gas, fissata dall'emendamento al 31 marzo 2011. "La separazione della rete e dello stoccaggio - ha detto Bersani - è un elemento cruciale per la possibilità di fare affluire questa risorsa in modo concorrenziale".

CRESCITA - "Sfidiamo il governo - conclude Bersani - a dirci se vuole continuare nelle chiacchiere o vuole fare cose concrete per le liberalizzazioni. Chiediamo inoltre attenzione alle nostre proposte da parte dei soggetti sociali. Mentre strizziamo i redditi con una manovra depressiva dobbiamo mettere qualcosa nel motore della crescita. I nostri emendamenti smuovono svariati miliardi e raggiungono questo obiettivo".

Redazione online

16 giugno 2010

 

 

 

 

 

il senatur: "roberto non esagerare". Il governatore: "sacrifici proporzionati per tutti"

Manovra, prime aperture verso le Regioni

Botta e risposta Bossi-Formigoni

Errani incontra i parlamentari: "Si sta facendo strada la consapevolezza vera delle nostre buone ragioni"

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Vasco Errani (Ansa)

Vasco Errani (Ansa)

MILANO - Le Regioni puntano a una revisione della manovra. E sembrano aprirsi i primi spiragli da parte della maggioranza di governo. "Mi sembra che si stia facendo strada la consapevolezza vera delle buone ragioni che le Regioni stanno proponendo, sia nelle forze sociali, sia in quelle parlamentari". Così il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani, parlando a nome dei governatori, a conclusione dell'incontro con i gruppi parlamentari di maggioranza ed opposizione sulla manovra finanziaria. "Noi - ha aggiunto - stiamo ponendo un problema che non attiene alla lotta agli sprechi, una questione che ciascuna Regione deve interpretare fino in fondo. Per questo io parlo sempre di auto riforma delle Regioni. Qui - ha continuato - stiamo parlando di tagli a monte, sul trasporto pubblico, sull'industria, sulle politiche sociali, sui cittadini. Bisogna riequilibrare questa manovra". "Da una parte - ha concluso - chiediamo ai gruppi parlamentari di fare un'azione per riequilibrare tra i diversi comparti questa manovra e dall'altro, chiediamo alle forze economiche e sociali di lavorare insieme per costruire un'iniziativa che dia maggiore equità alla manovra in riferimento ai cittadini e alle imprese".

GASPARRI - La strada per venire incontro alle Regioni passa per l'approvazione di emendamenti mirati al decreto legge e al ddl collegato. Emendamenti che però devono avere l'approvazione da parte del governo. "Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, nell'incontro che abbiamo avuto martedì, è stato prudente ma attento all'ascolto e ci ha dato appuntamento per proseguire il confronto quando e come vorremo" ha detto il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, subito dopo aver incontrato Errani. "Lavoreremo agli emendamenti - ha proseguito Gasparri - che è un modo per segnalare i problemi. Entro venerdì ne spunteranno tanti ma questo ovviamente non vuol dire mettere in discussione la manovra. Dovremo selezionare alcuni punti, tra cui questa discussione tra Governo e Regioni. Affronteremo tutto in commissione bilancio la prossima settimana, in vista dell'approdo in una la settimana successiva. È un passaggio impegnativo ed infatti siamo impegnati". Gasparri ha ricordato che "l'Italia arriva a questo appuntamento in modo migliore rispetto ad altri Paesi, compresa la Germania, anche grazie alle manovre fatte nel corso dei questa legislatura".

BOTTA E RISPOSTA BOSSI-FORMIGONI - Ma c'è anche chi nella maggioranza punta invece a stoppare il malcontento dei governatori di centrodestra, primo fra tutti quello della Lombardia. "Formigoni non deve esagerare" ha detto il ministro e leader della lega Umberto Bossi a proposito delle critiche alla manovra da parte del governatore della Lombardia.

"Caro Umberto, non esagererò, a patto che il governo decida di ripartire i sacrifici in maniera proporzionale tra le regioni, le province e i ministeri" ha replicato il governatore della Lombardia, al termine dell'incontro tra i governatori Pdl e il premier che si è svolto a Palazzo Grazioli.

INCONTRO GOVERNATORI PDL-PREMIER - "Berlusconi è pronto a rivedere i tagli che la manovra impone alle Regioni, fermi restando i saldi di bilancio del decreto" ha detto poi Formigoni. "Berlusconi ci ha ascoltato attentamente, ha preso nota dei numeri che gli abbiamo spiegato e ci ha confermato la sua impostazione: non può cambiare il totale della manovra, perchè è stato concordato con la Ue, ma possono cambiare il riparto delle voci e il riparto dei sacrifici. Questo era ciò che chiedevamo - dice Formigoni - e siamo contenti di averlo ottenuto".

Redazione online

16 giugno 2010

 

 

 

 

Gasparri: "lavoreremo ad emendamenti. tremonti è prudente, ma attento all'ascolto"

Manovra, prime aperture verso le Regioni

Errani incontra i parlamentari: "Si sta facendo strada la consapevolezza vera delle nostre buone ragioni"

MILANO - Le Regioni puntano ad una revisione della manovra. E sembrano aprirsi i primi spiragli da parte della maggioranza di governo. "Mi sembra che si stia facendo strada la consapevolezza vera delle buone ragioni che le Regioni stanno proponendo, sia nelle forze sociali, sia in quelle parlamentari". Così il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani, parlando a nome dei governatori, a conclusione dell'incontro con i gruppi parlamentari di maggioranza ed opposizione sulla manovra finanziaria. "Noi - ha aggiunto - stiamo ponendo un problema che non attiene alla lotta agli sprechi, una questione che ciascuna Regione deve interpretare fino in fondo. Per questo io parlo sempre di auto riforma delle Regioni. Qui - ha continuato - stiamo parlando di tagli a monte, sul trasporto pubblico, sull'industria, sulle politiche sociali, sui cittadini. Bisogna riequilibrare questa manovra". "Da una parte - ha concluso - chiediamo ai gruppi parlamentari di fare un'azione per riequilibrare tra i diversi comparti questa manovra e dall'altro, chiediamo alle forze economiche e sociali di lavorare insieme per costruire un'iniziativa che dia maggiore equità alla manovra in riferimento ai cittadini e alle imprese".

GASPARRI - La strada per venire incontro alle Regioni passa per l'approvazione di emendamenti mirati al decreto legge e al ddl collegato. Emendamenti che però devono avere l'approvazione da parte del governo. "Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, nell'incontro che abbiamo avuto martedì, è stato prudente ma attento all'ascolto e ci ha dato appuntamento per proseguire il confronto quando e come vorremo" ha detto il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, subito dopo aver incontrato Errani. "Lavoreremo agli emendamenti - ha proseguito Gasparri - che è un modo per segnalare i problemi. Entro venerdì ne spunteranno tanti ma questo ovviamente non vuol dire mettere in discussione la manovra. Dovremo selezionare alcuni punti, tra cui questa discussione tra Governo e Regioni. Affronteremo tutto in commissione bilancio la prossima settimana, in vista dell'approdo in una la settimana successiva. È un passaggio impegnativo ed infatti siamo impegnati". Gasparri ha ricordato che "l'Italia arriva a questo appuntamento in modo migliore rispetto ad altri Paesi, compresa la Germania, anche grazie alle manovre fatte nel corso dei questa legislatura".

Redazione online

16 giugno 2010

 

 

il governatore della lombardia: "vengono tolti i soldi ma non le funzioni"

Manovra , la rivolta delle Regioni

Formigoni: norma incostituzionale

La conferenza dei governatori: "Testo del governo senza condivisione nè sulle misure nè sull'entità del taglio"

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La Commissione Ue promuove la manovra (15 giugno 2010)

MILANO - Le Regioni non ci stanno. E bocciano i tagli della manovra ai loro bilanci. "La manovra è stata costruita dal governo senza condivisione nè sulle misure nè sull'entità del taglio, riproponendo una situazione di assenza di coinvolgimento diretto": è quanto si legge in un documento approvato all'unanimità dalla Conferenza delle Regioni e delle province autonome. I governatori sottolineano anche come "sostanzialmente si riducono i margini della riforma del federalismo fiscale" e questo, scrivono, "è un problema gravissimo".

ERRANI - Le Regioni sono disposte a fare fino in fondo la loro parte ma la manovra economica varata dal governo è "irricevibile e non sostenibile" perchè carica il peso dei tagli sulle Regioni per oltre il 50%. Non è equa e i tagli avranno ricadute pesanti su persone, famiglie e imprese". Il Presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani lo sottolinea durante la conferenza stampa seguita alla riunione del parlamentino dei governatori, che ha varato all'unanimità un documento critico sul provvedimento economico del governo. "La nostra posizione - ha sottolineato Errani - è costituzionale. Non segnata da ragioni di schieramento politico. Non è corporativa. Non sta tutelando le risorse delle Regioni ma spiegando che i tagli avranno ricadute pesanti sul sistema territoriale". "Le Regioni vogliono partecipare e dare il loro contributo alla riduzione dei costi della pubblica amministrazione, all'interno di una manovra che si inquadra in un contesto europeo", ha detto Errani che ha aggiunto: "tuttavia riteniamo irricevibile e non sostenibile la manovra". Le Regioni, ha sottolineato ancora, "hanno ridotto il contributo al debito pubblico del 6%. Lo Stato centrale ha invece incrementato il suo di oltre il 10%". Le Regioni "sono pronte a fare la lotta agli sprechi e ai costi del funzionamento dell'amministrazione. È un dovere anche perchè c'è la crisi. Ma i tagli parlano di altro". A partire dal 2011 verranno tagliati 4,3 miliardi, ha sottolineato Errani, mettendo l'accento sulle "ricadute oggettive che riguardano le competenze fondamentali per i cittadini e le imprese", ma anche per l'applicazione del federalismo fiscale. "Con questa manovra - ha detto - sostanzialmente si riducono i margini per l'applicazione del federalismo fiscale". Mentre la Conferenza delle Regioni chiede "all'unanimità che ci siano tutte le garanzie perchè la legge 42 che introduce il federalismo possa essere applicata dal 2011 in tutte le sue parti".

FORMIGONI - Durissimo anche il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni (Pdl), che, parlando nel corso della conferenza stampa ha spiegato che alle Regioni "vengono tolti i soldi ma non le funzioni: questo contraddice quanto disposto dalla Corte Costituzionale. C'è dunque un rischio di incostituzionalità della manovra, dal momento che la Corte Costituzionale afferma che deve esservi un collegamento diretto tra le funzioni conferite e le risorse necessarie per il loro esercizio". Per Formigoni è necessario "mantenere fermi i capisaldi" della manovra ma occorre "distribuire il carico dei sacrifici in modo proporzionale, come nelle famiglie un buon padre distribuisce il carico dei sacrifici su tutti i figli. Qui invece si carica su un figlio tutto il carico e il padre fa spallucce. Anzi, di più, siamo di fronte ad un padre sciamannato che ha aumentato il debito pubblico". Mentre le Regioni sono "figli virtuosi. Così non è sostenibile né equa e va cambiata", ha aggiunto Formigoni.

COTA - Il capolavoro di equilibrismo politico lo compiva però il neogovernatore del Piemonte Roberto Cota (Lega) , che prima firmava il documento della Conferenza delle regioni e poi si dissociava. "Io condivido l'impostazione della manovra - ha detto Cota - è necessario che venga fatta". Nel documento approvato all'unanimità dalle Regioni - ha quindi proseguito - "viene confermato da parte nostra un atteggiamento costruttivo". Per Cota, infatti, non è a rischio il federalismo fiscale, "anzi, la manovra evidenzia che esso e necessario e indifferibile". Una posizione che non è piaciuta ad Errani che ha sottolineato: "Il documento che definisce irricevibile la manovra economica e nel quale si sostiene che questa mette a rischio il federalismo fiscale l’ha firmato anche lui".

Redazione online

15 giugno 2010(ultima modifica: 16 giugno 2010)

 

 

 

Sì a una legge ordinaria"

Libertà d'impresa, l'Antitrust apre

"Sì alle modifiche della Costituzione"

Il Garante Catricalà favorevole alla riforma degli articoli 41 e 118. "Ma è urgente una legge sulla concorrenza"

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MILANO - L'Antitrust appoggia la volontà del governo di mettere mano all'articolo 41 e dell'articolo 118 della Costituzione per favorire una maggiore libertà d'impresa. Nella relazione annuale al Parlamento il Garante della concorrenza ha espresso infatti il "favore" dell'Autorità "per le recenti dichiarazioni del governo sulla volontà di aprire una nuova stagione di liberalizzazioni. Ben vengano - ha detto - le riforme costituzionali utili a tal fine". Allo stesso modo l'Antitrust reclama "l'iniezione di dosi massicce di concorrenza" come antidoto alla crisi perché il Paese non può più "pagare il prezzo di politiche anticompetitive". Per questo, secondo il Garante, è urgente l'approvazione "in tempi certi, come accade per la manovra di bilancio e finanziaria" della legge annuale sulla concorrenza passando dalle parole "a fatti concreti". Per Catricalà sono "prioritari" interventi nei settori della poste, dei trasporti, dell'energia e della finanza. "Il termine di legge previsto per l'approvazione del progetto in Consiglio dei ministri - ha osservato - è scaduto, ma il disegno governativo non è stato ancora presentato".

LEGGE PER LA LIBERTÀ D'IMPRESA - La strada per le riforme può essere intrapresa, secondo Catricalà, partendo da una legge ordinaria, così come indicato dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: "Condividiamo la necessità di anticiparne gli effetti con legge ordinaria, che garantisca a chiunque il diritto di intraprendere senza oneri burocratici". Per il Garante "c'è anche l'urgenza di consentire alle nuove imprese e a quelle già esistenti di crescere e produrre ricchezza. Va quindi riformato il contesto di mercato oggi ostile al pieno esercizio dell'iniziativa economica. Lo strumento c'è, - ha detto parlando della necessaria legge sulla concorrenza - le idee non mancano, occorre tradurle senza ulteriore indugio in norme e fatti concreti". (Fonte Ansa)

 

15 giugno 2010(ultima modifica: 16 giugno 2010)

 

 

 

 

 

2010-06-15

il governatore della lombardia: "vengono tolti i soldi ma non le funzioni"

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MILANO - Le Regioni non ci stanno. E bocciano i tagli della manovra ai loro bilanci. "La manovra è stata costruita dal governo senza condivisione nè sulle misure nè sull'entità del taglio, riproponendo una situazione di assenza di coinvolgimento diretto": è quanto si legge in un documento approvato all'unanimità dalla Conferenza delle Regioni e delle province autonome. I governatori sottolineano anche come "sostanzialmente si riducono i margini della riforma del federalismo fiscale" e questo, scrivono, "è un problema gravissimo".

ERRANI - Le Regioni sono disposte a fare fino in fondo la loro parte ma la manovra economica varata dal governo è "irricevibile e non sostenibile" perchè carica il peso dei tagli sulle Regioni per oltre il 50%. Non è equa e i tagli avranno ricadute pesanti su persone, famiglie e imprese". Il Presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani lo sottolinea durante la conferenza stampa seguita alla riunione del parlamentino dei governatori, che ha varato all'unanimità un documento critico sul provvedimento economico del governo. "La nostra posizione - ha sottolineato Errani - è costituzionale. Non segnata da ragioni di schieramento politico. Non è corporativa. Non sta tutelando le risorse delle Regioni ma spiegando che i tagli avranno ricadute pesanti sul sistema territoriale". "Le Regioni vogliono partecipare e dare il loro contributo alla riduzione dei costi della pubblica amministrazione, all'interno di una manovra che si inquadra in un contesto europeo", ha detto Errani che ha aggiunto: "tuttavia riteniamo irricevibile e non sostenibile la manovra". Le Regioni, ha sottolineato ancora, "hanno ridotto il contributo al debito pubblico del 6%. Lo Stato centrale ha invece incrementato il suo di oltre il 10%". Le Regioni "sono pronte a fare la lotta agli sprechi e ai costi del funzionamento dell'amministrazione. È un dovere anche perchè c'è la crisi. Ma i tagli parlano di altro". A partire dal 2011 verranno tagliati 4,3 miliardi, ha sottolineato Errani, mettendo l'accento sulle "ricadute oggettive che riguardano le competenze fondamentali per i cittadini e le imprese", ma anche per l'applicazione del federalismo fiscale. "Con questa manovra - ha detto - sostanzialmente si riducono i margini per l'applicazione del federalismo fiscale". Mentre la Conferenza delle Regioni chiede "all'unanimità che ci siano tutte le garanzie perchè la legge 42 che introduce il federalismo possa essere applicata dal 2011 in tutte le sue parti".

FORMIGONI - Durissimo anche il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni (Pdl), che, parlando nel corso della conferenza stampa ha spiegato che alle Regioni "vengono tolti i soldi ma non le funzioni: questo contraddice quanto disposto dalla Corte Costituzionale. C'è dunque un rischio di incostituzionalità della manovra, dal momento che la Corte Costituzionale afferma che deve esservi un collegamento diretto tra le funzioni conferite e le risorse necessarie per il loro esercizio". Per Formigoni è necessario "mantenere fermi i capisaldi" della manovra ma occorre "distribuire il carico dei sacrifici in modo proporzionale, come nelle famiglie un buon padre distribuisce il carico dei sacrifici su tutti i figli. Qui invece si carica su un figlio tutto il carico e il padre fa spallucce. Anzi, di più, siamo di fronte ad un padre sciamannato che ha aumentato il debito pubblico". Mentre le Regioni sono "figli virtuosi. Così non è sostenibile né equa e va cambiata", ha aggiunto Formigoni.

COTA - Il capolavoro di equilibrismo politico lo compiva però il neogovernatore del Piemonte Roberto Cota (Lega) , che prima firmava il documento della Conferenza delle regioni e poi si dissociava. "Io condivido l'impostazione della manovra - ha detto Cota - è necessario che venga fatta". Nel documento approvato all'unanimità dalle Regioni - ha quindi proseguito - "viene confermato da parte nostra un atteggiamento costruttivo". Per Cota, infatti, non è a rischio il federalismo fiscale, "anzi, la manovra evidenzia che esso e necessario e indifferibile". Una posizione che non è piaciuta ad Errani che ha sottolineato: "Il documento che definisce irricevibile la manovra economica e nel quale si sostiene che questa mette a rischio il federalismo fiscale l’ha firmato anche lui".

Redazione online

15 giugno 2010

 

 

 

 

misure "sostengono gli sforzi di consolidamento aggiuntivi per il 2011 e 2012"

Commissione Ue promuove la manovra

Bruxelles: documento taglia la spesa corrente e permette di raggiungere gli obiettivi in materia di deficit

MILANO - Via libera da parte della Commissione Ue alla manovra. La Commissione Ue - nell'ambito della valutazione sulle misure prese da dodici Paesi della zona euro in deficit eccessivo - promuove infatti la manovra di bilancio dell'Italia, sottolineando come le norme del decreto legge varato dal governo nel maggio scorso "sostengono gli sforzi di consolidamento aggiuntivi per il 2011 e 2012, che colpiscono soprattutto la spesa corrente".

LA NOTA - "Le autorità italiane - scrive ancora la Commissione Ue - stanno attuando le misure di consolidamento prese nell'estate del 2008 nel contesto del pacchetto per il periodo 2009-2011, come raccomandato dal Consiglio Ue, riducendo dunque il deficit 2010 dello 0,5% previsto". Per i servizi del commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, poi, "anche l'obiettivo del 5% di deficit per il 2010 è stato confermato". "Inoltre - sottolinea l'esecutivo europeo - il 25 maggio scorso il governo ha adottato un decreto legge specificando le misure che sostengono gli sforzi di consolidamento aggiuntivo per il 2011-2012, che tagliano principalmente la spesa corrente".

Redazione online

15 giugno 2010

 

 

 

 

Il caso

Villette, piscine e terrazze

I furbi del condono a Roma

Abusi realizzati dopo la domanda:

la prova nelle immagini dall’alto

ROMA — "Il condono edilizio? Sarà leggero" minimizzava il 18 settembre 2003 Gianni Alemanno, allora responsabile dell’Agricoltura in un governo che si apprestava ad approvare la terza sanatoria delle costruzioni abusive. Una battuta infelice e azzardata, come l’ex ministro ha avuto modo di sperimentare personalmente una volta diventato sindaco di Roma. Eccoli gli effetti del condono light: un assaggio è nelle fotografie aeree pubblicate qui sotto. Sono la dimostrazione che la sanatoria voluta dal governo di Silvio Berlusconi nel 2003 potrebbe essere stata utilizzata in molti casi anche a regolarizzare preventivamente immobili che non esistevano.

I furbi del condono I furbi del condono I furbi del condono I furbi del condono I furbi del condono I furbi del condono I furbi del condono I furbi del condono

CASI DA MANUALE - Osservatele bene, e fate attenzione alle date. Perché quelle potrebbero incastrare proprietari che hanno fatto domanda di condono prima ancora di tirare su i muri, mettere le tegole sul tetto, scavare il buco per la piscina. Parliamo di tre casi da manuale. Il primo, una costruzione in cima a uno stabile di via di San Vincenzo, a Roma, accanto alla Fontana di Trevi: dove nel 2004, come dimostrano gli scatti dall’alto, non c’era nulla. Valore economico di quegli 80 metri quadrati terrazzatissimi nel cuore della Capitale? Come almeno dieci appartamenti in periferia. Il secondo è stato scovato dall’obiettivo indiscreto fuori del Raccordo anulare, al Nord della città. Quattro costruzioni, come testimoniano le foto, apparse dal nulla nel 2005. Dal valore, pure qui, niente affatto trascurabile. Il terzo è anch’esso fuori del Raccordo, ma a Sud, in un’altra zona sulla quale sussistono vincoli di un piano territoriale paesistico: lì, su un’area che nel 2004 era libera da costruzioni, adesso c’è quella che sembra una villa con piscina. Inutile dire che in tutte le tre circostanze è stata presentata domanda di sanatoria come se l’abuso fosse stato commesso entro il termine previsto dalla legge per ottenere il beneficio: 31 marzo 2003.

CASI NON ISOLATI - Ma chi pensa si tratti di episodi isolati, si sbaglia di grosso. Sapete quante situazioni simili hanno scoperto i tecnici di Gemma, la società privata che gestisce dietro corrispettivo le pratiche del condono edilizio del Comune di Roma? Ben 3.713. Tremilasettecentotredici su 28.072, ovvero il numero di domande di condono edilizio esaminate nei primi quattro mesi di quest’anno. È il 13,2% del totale. E non è tutto. Perché alle 3.713 costruzioni tirate su dopo che la sanatoria era stata già approvato, bisognerebbe aggiungere le 6.503 realizzate, sì, entro il 31 marzo 2003, ma in aree soggette a vincoli di qualche genere. Oltre alle 2.099 spuntate come funghi addirittura nei parchi. Per un totale di 12.315 abusi, secondo Gemma, non sanabili. Vi chiederete: e lo scoprono adesso, dopo tutto questo tempo? Domanda più che legittima. Dall’inizio la situazione dei condoni edilizi a Roma è stata caratterizzata da storture e disfunzioni. C’è chi per esempio ha sempre criticato la scelta (fatta dalle giunte di centrosinistra) di affidare a un privato un compito così delicato: tanto più che in altre grandi città, come Milano, ci pensano gli uffici comunali. C’è chi invece l’ha sempre difesa, sottolineando l’abnorme numero di domande. Fino a un epilogo sconcertante. Alla fine di maggio il presidente e azionista di Gemma, Renzo Rubeo, ha deciso infatti di risolvere il contratto con il Campidoglio per inadempienza della controparte, rivendicando arretrati per svariati milioni di euro. Una iniziativa giunta al culmine di un rapporto che va avanti da dieci anni, fra molti attriti che l’hanno logorato. E in un contesto nel quale non sono mancati i risvolti giudiziari. Senza entrare nel merito di una vicenda con molti aspetti da chiarire (a cominciare dalla gestione del sistema informativo assegnato da anni sempre alla stessa ditta, un’altra, con proroghe continue senza gare) meglio far parlare i numeri. Decisamente allucinanti.

ILLEGALITÀ - Le domande di condono edilizio presentate nel solo Comune di Roma sono circa 597 mila. Per avere un’idea del tasso di illegalità, è come se un cittadino romano su 4,2 residenti avesse chiesto di sanare un abuso. Ben 417 mila domande riguardano la prima sanatoria, quella del 1985, 94.688 la seconda (del 1994) e oltre 85 mila la terza (del 2003). Ebbene, di tutte queste pratiche ne restano ancora da smaltire 210 mila. Ben 130 mila sono arretrati del condono 1985, circa 25 mila di quello 1994 e il resto riguarda l’ultimo: forse il più devastante dei tre. Perché se il primo "perdono" edilizio voluto dal governo di Bettino Craxi è arrivato in una situazione nella quale molti Comuni erano ancora senza piano regolatore e ha sanato in larga misura piccoli interventi, e se il secondo (governo Berlusconi) ha salvato prevalentemente villette e seconde case, il terzo (ancora Berlusconi) potrebbe aver consentito di regolarizzare abusi ancora prima che venissero commessi, magari in zone protette. Insomma, una specie di licenza di costruire in deroga a tutte le norme urbanistiche.

DALL'ALTO - Peccato soltanto che nel 2003 esistessero già i sistemi di rilevazione aerea che avrebbero consentito agevolmente di scoprire le carognate. Bastava volerlo. Qualche mese dopo l’approvazione della legge il ministro dell’Ambiente Altero Matteoli ammonì: "Al ministero abbiamo delle cartografie dove è fotografata tutta l’Italia e possiamo vedere anche la più piccola costruzione che c’era prima del 31 marzo 2003. Se uno richiede un condono e c’è un’amministrazione attenta può non concederlo". Come e se siano state usate quelle foto, però non si sa. Di certo non è successo a Roma. Gemma ha utilizzato le rilevazioni di uno "scatto" aereo del 2003 comprato sul mercato e ha successivamente integrato la sua attività con una società specializzata comprata dal gruppo Iri, la Italeco. Ma anche il Comune di Fano, prima che il governo approvasse la sanatoria, fece fotografare da un aereo tutto il proprio territorio, alla scopo di prevenire eventuali furbetti. Non si sarebbe potuta fare ovunque la stessa cosa? Per evitare almeno che il condono edilizio, già indecente, diventasse ripugnante.

Sergio Rizzo

15 giugno 2010

 

 

 

 

Tremonti: "L'accordo è la rivincita dei riformisti"

Pomigliano, referendum il 22 giugno

Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento del Lingotto. La Fiom conferma il suo no: "Testo irricevibile"

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I sindacati riuniti per la firma dell'accordo su Pomigliano (Lapresse)

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POMIGLIANO D'ARCO - Accordo separato sullo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco. Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il documento, integrato, presentato dal Lingotto (LEGGI). La Fiom ha confermato il suo no. Al documento la Fiat ha stato aggiunto un sedicesimo punto, relativo all'istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni, come richiesto dalle organizzazioni sindacali che venerdì avevano già dato un primo via libera al testo. È stata inoltre stabilita la data del referendum tra i lavoratori: martedì 22 giugno. "Mi auguro che la Fiom e la Cgil non vogliano ostacolare questo percorso" ha detto il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. Per il collega dell'Economia Tremonti "l'accordo su Pomigliano è la rivincita dei riformisti su tutti gli altri".

LA FIOM - "È un testo irricevibile, che va oltre le questioni relative allo stabilimento, che pone problemi seri di contrasto alla Carta costituzionale per quanto riguarda il diritto di sciopero e deroga alle leggi e al contratto nazionale - spiega il responsabile del settore auto della Fiom, Enzo Masini -. I lavoratori sono messi in condizione di ricatto. E anche un referendum non è possibile sotto la minaccia di chiusura di uno stabilimento. Questo è un referendum anomalo, nel senso che viene fatto: "Vuoi lavorare o vuoi essere licenziato?"". Al momento della firma Masini si è alzato ed ha lasciato il tavolo. Del referendum "discuteremo mercoledì - ha aggiunto -, abbiamo convocato l'assemblea degli iscritti della Fiom a Pomigliano". I punti del testo, ha inoltre sottolineato, "non sono assolutamente cambiati. Il testo è lo stesso e la minaccia di licenziare i singoli lavoratori non è cambiata, c'è tutta. È stata solo istituita una commissione paritetica". Per Masini, il negoziato non è stato "paritario".

REAZIONI - Con la Fiom si schiera l'Italia dei Valori, secondo cui è stata firmata "un'intesa che riduce drasticamente i diritti individuali e collettivi previsti dalla Costituzione e dalle leggi e mettono sotto ricatto i lavoratori di Pomigliano". Secondo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani "si poteva arrivare, con la buona volontà di tutti, a un accordo sull'assenteismo e sulla flessibilità senza sfiorare delicate questioni giuridiche. A questo punto bisogna valutare l'esito del referendum tra i lavoratori e bisogna fare in modo, e lo dico in particolare al governo, che questa vicenda eccezionale non prenda il carattere di esemplarità". Il sindaco di Pomigliano d'Arco, Lello Russo, pensa al 22 giugno: "Dai risultati del referendum emergerà la stragrande maggioranza della classe operaia è sana, non è fatta di scioperanti a oltranza, di assenteisti, di fannulloni, ma di persone serie, lavoratori che vogliono dimostrare ai colleghi del nord che qui da noi ci sono eccellenza e produttività".

Redazione online

15 giugno 2010

 

 

 

 

E IL LINGOTTO CONVOCA I SINDACATI DEI METALMECCANICI MARTEDì ALLE 14

Pomigliano, Fiom: "Firma impossibile"

Cgil: a rischio leggi e Costituzione

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Maurizio Landini, leader Fiom (Ansa)

Maurizio Landini, leader Fiom (Ansa)

MILANO - Ore decisive per il futuro dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco. La Fiat ha convocato infatti per martedì alle 14 a Roma i sindacati dei metalmeccanici sulla questione dell'impianto nel Napoletano., ma La Fiom-Cgil ritiene però che "non sia possibile che quel testo venga firmato". Lo ha detto il segretario generale, Maurizio Landini, riferendosi all'accordo già siglato da altri sindacati su Pomigliano d'Arco. La Fiom ritiene infatti impossibile firmarlo perché "contiene profili di illegittimità". Su una convocazione del referendum, Landini dice che per la Fiom "è impossibile sottoporre al voto" accordi che violano i contratti e la Costituzione. Se la Fiat dovesse proseguire sulla propria strada confermando l'ipotesi di accordo presentata ai sindacati con le deroghe al contratto nazionale, la Fiom indirà otto ore di sciopero per il settore metalmeccanico il 25 giugno.

INCOSTITUZIONALE - Secondo la Fiom, la clausola sui provvedimenti disciplinari e i licenziamenti "è la più spregiudicata di tutto il documento Fiat", viene spiegato in un volantino consegnato ai rappresentanti del comitato centrale. "Il diritto individuale di aderire a uno sciopero, sancito dall'articolo 40 della Costituzione, diviene oggetto di provvedimento disciplinare fino al licenziamento", osserva la Fiom. Il riferimento è a quella parte del documento Fiat denominate "clausole integrative del contratto individuale di lavoro". Nella proposta di accordo la Fiat prevede che "la violazione, da parte del singolo lavoratore, di una delle condizioni contenute nell'accordo costituisce infrazione disciplinare da sanzionare, secondo gradualità, in base agli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari e ai licenziamenti per mancanze". Anche sulla clausola di responsabilità, che nella proposta Fiat libera l'azienda da obblighi contrattuali in caso di mancato rispetto degli impegni assunti con l'accordo, secondo la Fiom "alla Fiat viene data totale discrezionalità per valutare se una qualsiasi iniziativa - dalla protesta allo sciopero - in contrasto con uno dei qualsiasi punti dell'accordo (carichi di lavoro, straordinari, gestione della forza lavoro) costituisce violazione dell'accordo stesso". Secondo la Fiom, per raggiungere gli obiettivi del piano di rilancio di Pomigliano alla Fiat basterebbe applicare il contratto nazionale senza deroghe. Lo afferma all’unanimità il comitato centrale della Fiom-Cgil, proponendo al Lingotto di "applicare il contratto di lavoro che permette all’azienda di produrre le 280 mila auto all’anno e le 1.045 al giorno che sono gli obiettivi del piano che Marchionne vuole fare". Se l’azienda applicherà semplicemente il contratto nazionale, ha detto Landini, "la Fiom non metterà in campo nessuna opposizione".

FINI ALLA FIOM: "NON SI TOCCANO VOSTRI DIRITTI" - Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, si è rivolto alla Cgil e alla Fiom affinché firmino l’accordo: "Se fosse stato detto "rinunciate ai propri diritti", io avrei detto no. Ma non è stato così: i diritti acquisiti non vengono toccati".

NORME - L’incontro di martedì, spiegano fonti sindacali, dovrebbe servire per fare il punto sul tema della Commissione paritetica contenuto nella "clausola di raffreddamento" prevista nell’accordo separato condiviso venerdì scorso tra l’azienda e Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl. Nel frattempo la segreteria della Cgil fa sapere che "il lavoro e l'occupazione sono il primo punto di responsabilità" per un giudizio sul futuro di Pomigliano. Per questo il sindacato conferma il "sì alla difesa dell'occupazione e alla necessità di rendere pienamente produttivo il futuro investimento", sottolineando tuttavia il rischio che "la proposta di accordo possa violare leggi e Costituzione". "Le norme proposte dall'azienda aprono profili di illegittimità in materia di malattia e diritto di sciopero. La Cgil chiede alla Fiat di riflettere come una proposta di accordo possa violare leggi e Costituzione" si legge in una nota. Per la Cgil, comunque, "tocca alla categoria dei metalmeccanici promuovere la discussione, innanzitutto coinvolgendo gli iscritti".

SCONTRO - "Pomigliano non ha alternative. Napoli non ha alternative sul suo territorio", aveva detto domenica Guglielmo Epifani. La soluzione scelta per Pomigliano è "la via giusta", aveva invece assicurato dal canto suo il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Il "no" della Fiom su un'intesa per Pomigliano "non è accettabile, spero che cambi idea", aveva detto la presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, intervenendo all'assemblea dell'Assolombarda. "Auspichiamo che la Fiom rifletta sulla sua decisione e cambi idea: come si fa a bloccare un investimento da 750 milioni perché si vogliono tutelare gli assenteisti e i falsi ammalati? Bisogna guardare avanti, c'è un'azienda che prende gli investimenti dall'estero e li sposta in Italia, non è accettabile che si dica di no che ci si nasconda e non si guardi la situazione. Auspico prevalga un senso di responsabilità e si dia speranza al Paese", aveva concluso la leader degli industriali. "Vedo un atteggiamento responsabile da parte di Epifani", aveva aggiunto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ribadendo di essere "ottimista" su un'adesione anche da parte dei metalmeccanici della Cgil all'intesa con Fiat. Accordo che comunque, ha precisato il ministro, dopo il sì delle altre sigle sindacali, "è già passato".

Redazione online

14 giugno 2010

 

2010-06-10

All'assemblea di Confartigianato: "difficilissimo trasformare progetti in leggi concrete"

Berlusconi: "Governare con le regole

della Costituzione è un inferno"

Replica Bersani: "Ha giurato sulla Carta: se non gli piace, può anche andare a casa"

 

- Governare con le regole che impone la Costituzione è un inferno. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, intervenendo all'assemblea della Confartigianato. "Visto da dentro è un inferno: non è che manchino le intenzioni o i buoni progetti, ma l'architettura costituzionale rende difficilissimo trasformare progetti in leggi concrete", ha affermato il premier. "Poi ci sono i tempi della burocrazia, della giustizia civile e penale: lo Stato si è sviluppato in maniera eccessiva e prende a noi cittadini il 50% di ciò che produciamo e dà molto di meno in termini di servizi".

ART. 41 "DATATO" - Inoltre secondo Berlusconi l'articolo 41 della Costituzione "è datato". "La Costituzione è molto datata, si parla molto di lavoro e quasi mai di impresa, che è citata solo nell’articolo 41. Non è mai citata la parola mercato. Pensiamo a una legge ordinaria, ma serve anche riscrivere l’articolo 41 della Costituzione". Berlusconi si è poi chiesto "fino a quando un’impresa" può continuare ad agire in una cornice di regole che risente di una Costituzione a "matrice cattocomunista".

REPLICHE SULLA COSTITUZIONE - Sulla Costituzione "infernale" ha prontamente replicato Pier Luigi Bersani: "Berlusconi deve smetterla di attaccare la Costituzione", ha detto il segretario del Partito democratico. "Hai giurato sulla Costituzione: se non ti piace, vai a casa". Per il leader dell'Idv Antonio Di Pietro, "solo nei modelli fascisti si può fare a meno delle regole costituzionali e del Parlamento". "L'inferno vero è il suo governo autoritario. Un personaggio che usa un simile linguaggio non è degno di ricoprire il ruolo di presidente del Consiglio", ha affermato Pino Sgobio, dell'ufficio politico del Pdci-Federazione della sinistra. "Berlusconi è divorato dall'odio per la democrazia e sta minacciando la nostra libertà", ha replicato Gennaro Migliore, della segreteria nazionale di Sinistra Ecologia Libertà.

IMPRESE - Entro l'autunno lo Statuto delle piccole e medie imprese sarà legge, ha promesso il premier. "Ci impegneremo a fare diventare legge lo Statuto delle imprese entro l'autunno, perché quello che va bene alle imprese va bene all'Italia. Vogliamo arrivare a un nuovo sistema in cui non si debbano chiedere più permessi, autorizzazioni, concessioni o licenze: che sono per me un linguaggio e una pratica da Stato totalitario, da Stato padrone che percepisce i cittadini come sudditi".

FISCO E TRACCIABILITÀ - "Il nostro scopo è arrivare a diminuire la pressione fiscale, arrivando a un unico codice di norme fiscali entro la legislatura", ha spiegato il capo del governo. Secondo Berlusconi la soglia per la tracciabilità dei pagamenti fissata dalla manovra a 5 mila euro "è giusta. Non sono i 100 euro che avrebbe messo la sinistra se fosse stata al governo: quello sarebbe uno Stato di polizia tributaria". Secondo il premier la "diffidenza" dei confronti degli imprenditori "viene dalla cultura comunista degli anni Settanta" che ha sempre considerato l'imprenditore "un truffatore e un evasore".

INVESTITE IN CINA - Berlusconi ha poi invitato gli artigiani a investire in Cina, "un Paese straordinario che si sta sviluppando in modo incredibile. Cercate uno sfogo dei vostri prodotti nel vastissimo mercato dei consumatori cinesi. Mia figlia", ha illustrato il premier, "si è laureata con il massimo dei voti in un'università americana di economia e mi ha chiesto come regalo di essere mandata un mese in Cina. È tornata impressionata e mi ha detto: "Meno male che c'è stato il comunismo in Cina altrimenti sarebbero già i padroni del mondo"".

OFFERTA DALLA POLTRONA DI MINISTRO - Berlusconi appena arrivato aveva salutato con un caloroso abbraccio Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria. Dopo aver proposto Marcegaglia come ministro dello Sviluppo economico al posto dell'interim che lo stesso Berlusconi ha assunto dopo le dimissioni di Claudio Scajola e aver incassato il suo no e quello dell'assemblea della Confindustria, Berlusconi tra il serio e il faceto ha rilanciato la proposta anche con il numero uno di Confartigianato, Giorgio Guerrini: "Se non avessi già avuto il no di Emma, avrei proposto anche a te di fare il minsitro, ma ne parleremo in separata sede". Guerrini ha risposto: "Ognuno deve fare il proprio mestiere". Pronta la replica di Berlusconi: "Facciamo lo stesso mestiere, io sono un imprenditore prestato temporaneamente alla politica".

09 giugno 2010(ultima modifica: 10 giugno 2010)

 

 

 

sarebbero sparite quelle con meno di 200mila abitanti

Salta il taglio delle mini-province

Il relatore Donato Bruno ha presentato un emendamento soppressivo dell'articolo 14 della Carta delle autonomie

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ROMA - Salta il taglio delle mini-province inserito nella Carta delle autonomie. Il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera e relatore del provvedimento, Donato Bruno, secondo quanto spiegano diversi esponenti dell'opposizione, ha presentato un emendamento soppressivo dell'articolo 14 del provvedimento che prevedeva, appunto, la cancellazione delle province sotto i 200mila abitanti.

Redazione online

10 giugno 2010

 

 

 

 

approvato dal governo l'emendamento a firma di roberto calderoli

Rai: sì ai tagli agli stipendi dei manager

Riduzione del 5% per i compensi sopra i 90mila euro e del 10% per quelli sopra i 150mila

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Il ministro Roberto Calderoli (Dba)

Il ministro Roberto Calderoli (Dba)

MILANO - Non solo la pubblicità dei compensi per format e conduttori, ora per la Rai arrivano anche i tagli agli stipendi dei dipendenti. L'emendamento è a firma di Roberto Calderoli e Umberto Bossi e ha avuto oggi il via libera del Consiglio dei Ministri: il governo ha deciso di tagliare gli stipendi dei dirigenti Rai e di modificare il provvedimento 177 del 2005, ovvero il testo unico dei servizi media radio-televisivi. Per chi percepisce un compenso che va dai 90mila ai 150mila euro il taglio è del 5%, sopra quella cifra il taglio raggiunge il 10%.

TAGLI ANCHE AI NON DIPENDENTI - Ma riduzioni di compenso sono in arrivo anche per i non dipendenti della televisione pubblica. Gli stipendi dei lavoratori non dipendenti che prestano servizio in Rai, fino al 31 dicembre del 2013, saranno ridotti almeno del 20 per cento rispetto alla media dei bilanci del triennio 2007-2008-2009. Lo prevede un altro emendamento al testo unico sempre del ministro per la Semplificazione Normativa approvato dal Consiglio dei ministri.

Redazione online

10 giugno 2010

 

 

 

Dopo un inter di due anni. Molti assenti nella maggioranza: Franceschini, "mai per caso"

Camera: governo battuto due volte

sulla riforma della sanità

Emendamenti presentati dal Partito democratico: "Pronti allo scontro frontale". Il testo ora torna in commissione

ROMA - Il governo è stato battuto due volte alla Camera su emendamenti del Pd in merito alla riforma dell'organizzazione dirigenziale della sanità. Dai banchi dell'opposizione si sono levati forti applausi. Ora il testo torna in commissione. "La maggioranza esiste solo se viene messa la fiducia", è stato il commento di Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera. "Quando ci sono così tante assenze (75, ndr) non è mai per caso". In base agli emendamenti approvati, ora i Comuni saranno coinvolti, attraverso la conferenza dei sindaci nell'ambito delle regioni, nelle funzioni programmatorie delle politiche socio-sanitarie, inoltre le regioni stesse dovranno promuovere la partecipazione delle associazioni di tutela dei diritti nella programmazione sanitaria.

PD ALL'ATTACCO - Il Pd è pronto allo "scontro frontale" contro un "ddl beffa che avrebbe bisogno di una totale riscrittura" perché così com'è semplicemente privatizza la sanità", aveva affermato Livia Turco, capogruppo dei democratici in commissione Affari sociali e prima firmataria di molti emendamenti. "Così com'è, il testo introduce privilegi solo per alcuni a discapito dei medici giovani", ha detto Turco. "Inoltre è ridicolo discutere alla Camera su un provvedimento che dovrebbe valorizzare la sanità pubblica mentre al Senato c'è la manovra che taglia i fondi e con il blocco del turn-over dà uno schiaffo alla professionalità medica".

ITER DI DUE ANNI - Al suo arrivo in aula alla Camera, dopo un iter in commissione di quasi due anni, il disegno di legge che riforma l'organizzazione della sanità, difeso dalla maggioranza come rimedio alle inefficienze del Sistema sanitario nazionale (Ssn), si scontra con il fuoco di fila dell'opposizione che boccia quasi senza appello il provvedimento perché rischia di far tornare l'Italia "indietro di 20 anni, quando era ministro della Sanità De Lorenzo". Il provvedimento - che introduce novità sulla nomina di manager e dirigenti, criteri per la valutazione dei dirigenti medici e nuove regole per l'attività privata in ospedale oltre l'orario di lavoro (intramoenia) e porta l'età pensionabile a 67 anni, allungabile a 70 - "ripristina la meritocrazia e fa fare alla politica un passo indietro", aveva spiegato il relatore, Domenico Di Virgilio. "Ingiustificate", quindi, le polemiche dell'opposizione, che "non vuole nessuna modifica", nonostante la richiesta di una riforma sia nata proprio "dalle segnalazioni da più parti delle disfunzioni dell'Ssn" di cui a essere "insoddisfatti sono prima di tutto i cittadini". A Di Virgilio ha ribattuto Margherita Miotto (Pd): anche se "le intenzioni originarie erano buone", il risultato finale non è "condivisibile", perché "invece di rendere trasparenti i criteri di nomina dei direttori generali e dei primari, mantiene in piedi un sistema che non seleziona in base alle capacità e il merito".

10 giugno 2010

 

 

 

 

"Il governo consegna la pistola nelle mani degli enti locali perchè siano loro a sparare"

"Paga più il premier o un bidello?"

Bersani sulla manovra: "Voglio sapere se paga più Berlusconi o un bidello"

MILANO - La manovra decisa dal governo è ancora oggetto di discussione. "Voglio sapere se paga più Berlusconi o un bidello". Il segretario Pd, Pier Luigi Bersani, boccia ancora una volta la manovra definendola "sbagliata e senza credibilità". Poi la definisce iniqua e chiede se "Berlusconi, o chi ha una ricchezza paragonabile, pagherà qualcosa dopo questa manovra: cosa paga il bidello lo so, cosa paga Berlusconi non lo vedo. Questa manovra mette le mani nelle tasche dei soliti".

PROBLEMA TAGLI - Per Bersani poi il provvedimento economico del governo "consegna la pistola nelle mani degli enti locali perchè siano loro a sparare. Quando sento la piccola e media industria dire che loro non saranno colpiti, li pregherei di fare i conti perchè i 10 miliardi di tagli alle Regioni si trasformeranno in tagli ai servizi al cittadino e alle imprese".

Redazione online

10 giugno 2010

 

 

 

 

 

 

Dopo un inter di due anni. Molti assenti nella maggioranza: Franceschini, "mai per caso"

Camera: governo battuto due volte

sulla riforma della sanità

Emendamenti presentati dal Partito democratico: "Pronti allo scontro frontale". Il testo ora torna in commissione

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(Eidon)

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ROMA - Il governo è stato battuto due volte alla Camera su emendamenti del Pd in merito alla riforma dell'organizzazione dirigenziale della sanità. Dai banchi dell'opposizione si sono levati forti applausi. Ora il testo torna in commissione. "La maggioranza esiste solo se viene messa la fiducia", è stato il commento di Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera. "Quando ci sono così tante assenze (75, ndr) non è mai per caso". In base agli emendamenti approvati, ora i Comuni saranno coinvolti, attraverso la conferenza dei sindaci nell'ambito delle regioni, nelle funzioni programmatorie delle politiche socio-sanitarie, inoltre le regioni stesse dovranno promuovere la partecipazione delle associazioni di tutela dei diritti nella programmazione sanitaria.

PD ALL'ATTACCO - Il Pd è pronto allo "scontro frontale" contro un "ddl beffa che avrebbe bisogno di una totale riscrittura" perché così com'è semplicemente privatizza la sanità", aveva affermato Livia Turco, capogruppo dei democratici in commissione Affari sociali e prima firmataria di molti emendamenti. "Così com'è, il testo introduce privilegi solo per alcuni a discapito dei medici giovani", ha detto Turco. "Inoltre è ridicolo discutere alla Camera su un provvedimento che dovrebbe valorizzare la sanità pubblica mentre al Senato c'è la manovra che taglia i fondi e con il blocco del turn-over dà uno schiaffo alla professionalità medica".

ITER DI DUE ANNI - Al suo arrivo in aula alla Camera, dopo un iter in commissione di quasi due anni, il disegno di legge che riforma l'organizzazione della sanità, difeso dalla maggioranza come rimedio alle inefficienze del Sistema sanitario nazionale (Ssn), si scontra con il fuoco di fila dell'opposizione che boccia quasi senza appello il provvedimento perché rischia di far tornare l'Italia "indietro di 20 anni, quando era ministro della Sanità De Lorenzo". Il provvedimento - che introduce novità sulla nomina di manager e dirigenti, criteri per la valutazione dei dirigenti medici e nuove regole per l'attività privata in ospedale oltre l'orario di lavoro (intramoenia) e porta l'età pensionabile a 67 anni, allungabile a 70 - "ripristina la meritocrazia e fa fare alla politica un passo indietro", aveva spiegato il relatore, Domenico Di Virgilio. "Ingiustificate", quindi, le polemiche dell'opposizione, che "non vuole nessuna modifica", nonostante la richiesta di una riforma sia nata proprio "dalle segnalazioni da più parti delle disfunzioni dell'Ssn" di cui a essere "insoddisfatti sono prima di tutto i cittadini". A Di Virgilio ha ribattuto Margherita Miotto (Pd): anche se "le intenzioni originarie erano buone", il risultato finale non è "condivisibile", perché "invece di rendere trasparenti i criteri di nomina dei direttori generali e dei primari, mantiene in piedi un sistema che non seleziona in base alle capacità e il merito".

10 giugno 2010

 

 

 

innalzamento secco di 4 anni dai 61 anni previsti per l'abbandono del lavoro nel 2011

Via libera del governo: le statali andranno in pensione a 65 anni a partire dal 2012

Il consiglio dei ministri ha approvato l'equiparazioni tra donne e uomini nel pubblico impiego

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Il consiglio dei ministri ha approvato l'equiparazioni tra donne e uomini nel pubblico impiego

MILANO - Il consiglio dei ministri ha dato il via libera all’equiparazione dell’età delle pensioni di vecchiaia tra uomini e donne nel pubblico impiego. L’Italia ottempera così a una richiesta della Commissione europea sancita a sua volta dalla Corte di Giustizia Ue. Le dipendenti pubbliche andranno in pensione di vecchiaia a 65 anni a partire dal primo gennaio 2012. La modifica all'attuale normativa verrà inserita in un emendamento alla manovra.

VIA ALLO SCALONE - Sarà quindi unico lo "scalone" che obbligherà le lavoratrici pubbliche ad andare in pensione di vecchiaia a 65 anni dal 2012, con un innalzamento secco dell'età di pensionamento da 61 a 65 anni. Il risparmio complessivo derivante dall'anticipo al 2012 dell'innalzamento dell'età per andare in pensione sarebbe valutato in 1,450 miliardi tra il 2012 e il 2019. Le risorse che deriveranno dal risparmio dell'innalzamento pensionabile dell'età delle donne andranno in un Fondo vincolato ad "azioni positive" per la famiglia e le donne. Lo ha deciso sempre il Consiglio dei ministri accogliendo la richiesta in tal senso venuta dal ministro per le pari opportunità Mara Carfagna. L'emendamento alla manovra per l'aumento dell'età pensionabile delle donne del pubblico impiego non prevede inoltre una deroga per la "finestra mobile" prevista dalla manovra. le lavoratrici del pubblico impiego andranno quindi in pensione un anno dopo aver raggiunto il requisito di legge.

"IMPATTO MODESTO" - "L'impatto di questa norma è molto modesto, si parla di una platea stimata in circa 25mila donne nell'arco temporale da qui al 2012" ha spiegato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. "L'impatto effettivo è molto molto contenuto", ha detto ancora Sacconi. Il problema con l'Ue "è l'equiparazione" con gli uomini, ha ricordato il ministro del Lavoro, ma non era percorribile una strada diversa. "Immaginate come verrebbe accolta dai mercati finanziari una riduzione per l'età degli uomini", ha aggiunto ancora Sacconi. L’emendamento alla manovra su cui c’è stato il sì del Cdm in ottemperanza a una disposizione del governo di Bruxelles, "consente di certificare - ha proseguito Sacconi - il diritto delle donne maturato fino al 31 dicembre 2011". Il titolare del Welfare ha ricordato che l’età media di pensione di fatto delle donne nella pubblica amministrazione è di poco superiore ai 62 anni "per raggiungere l’anzianità contributiva. Dunque - ha aggiunto Sacconi - non è detto che le donne debbono aspettare i 65 anni della pensione di vecchiaia, molte potranno utilizzare l’anzianità contributiva. Pertanto, l’impatto effettivo è molto contenuto".

Redazione online

10 giugno 2010

 

 

 

 

la cifra massima corrisponde alla retribuzione del primo presidente della cassazione

Dipendenti pubblici: fissato il tetto agli stipendi, non più di 311mila euro l'anno

Dal limite escluse Bankitalia, le Autorità, i vertici di società statali non quotate e 25 alte personalità

la cifra massima corrisponde alla retribuzione del primo presidente della cassazione

Dipendenti pubblici: fissato il tetto agli stipendi, non più di 311mila euro l'anno

Dal limite escluse Bankitalia, le Autorità, i vertici di società statali non quotate e 25 alte personalità

MILANO - Il consiglio dei ministri ha finalmente approvato la norma che regola il tetto massimo degli stipendi all'interno della pubblica amministrazione. Dal rispetto del limite massimo sono esclude la Banca d'Italia, le Autorità indipendenti, e gli amministratori delle società non quotate e le loro controllate. Non si applicherà anche ad "attività soggette a tariffa professionale" o "di natura professionale non continuativa". Inoltre sono previste deroghe "per le amministrazioni dello Stato nel limite massimo di 25 unità corrispondenti alle posizioni di più elevato livello di responsabilità", o "per esigenze di carattere eccezionale e per un periodo di tempo non superiore a tre anni, per eventi imprevedibili, da sottoporre al vaglio preventivo del dipartimento per la Funzione pubblica".

LA MISURA - Il tetto massimo agli stipendi dei manager pubblici "non potrà superare 311mila euro che corrisponde allo stipendio del primo presidente della Corte di Cassazione" ha spiegato il ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, annunciando il via libera al regolamento che disciplina il limite massimo delle retribuzioni per i dipendenti pubblici. "Finalmente sappiamo quanto percepisce il primo presidente di Cassazione - ha spiegato Brunetta - e cioè 261 mila euro di stipendio base cui si aggiunge una cifra di 50 mila euro per la sua appartenenza al Csm. Questa soglia è quanto i servitori dello stato possono percepire come tetto massimo".

Redazione online

10 giugno 2010

 

 

 

 

Previdenza. Quando si potrà incassare l’assegno dopo le riforme Sacconi e Tremonti

Pensioni, età per età ecco cosa cambia

Da uno a 4 anni di lavoro in più con l’agganciamento

dei requisiti alle speranze di vita e con le nuove finestre. Laureati e donne tra i più colpiti

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TABELLE: le stime per età di pensionamento-Uomini

TABELLE: donne

Giovanni ha 30 anni, è nato il 1˚ giugno del 1980, è laureato in statistica. E’ fortunato perché ha trovato lavoro subito dopo gli studi, nel 2005. Per lui la pensione, in base all’ultima riforma Prodi, quella che ha introdotto le quote, era lontanissima: primo gennaio 2042. Invece dovrà pazientare quattro anni e tre mesi in più rispetto alle regole attuali. La pensione non arriverà prima dell’aprile 2046, dopo 40 anni, si spera ininterrotti, di attività. Anna ha 40 anni — è nata anche lei il primo giugno e sempre il primo giugno ha iniziato a lavorare. Gestisce un negozio e ha già 15 anni di contribuzione. L’anno scorso ha fatto due conti e ha visto che avrebbe tagliato il traguardo delle pensione nel luglio del 2030 a 60 anni di età. Ma la rendita sarebbe arrivata solo dal gennaio 2031 per via delle finestre. Invece dovrà alzare la saracinesca del negozio per qualche altro anno. Maturerà i requisiti solo nell’ottobre del 2032 e l’assegno Inps arriverà sul conto corrente non prima dell’aprile 2034, tre anni e tre mesi dopo. Luigi, autonomo, ha 50 anni e 25 di contribuzione. Pensava di poter incassare la pensione nel luglio 2023 e invece la potrà percepire solo a Natale 2024, quasi un anno e mezzo dopo.

Le regole

Tre casi, tre generazioni di lavoratori dipendenti o autonomi. Ma lo stesso risultato: rispetto ad oggi la pensione arriverà in ritardo. Colpa delle ultime due riforme. Una in discussione in questi giorni (quella che ha modificato il meccanismo delle finestre), l’altra, più sostanziosa, approvata l’anno scorso (età di pensionamento rivista in base a dati statistici) e passata quasi in silenzio. Due provvedimenti che blindano, quasi definitivamente, i conti pubblici, ma che costringono tutti i lavoratori a rifare i calcoli. Come risulta evidente dalle due tabelle pubblicate qui a fianco dove per i dipendenti privati, uomini e donne, nati dal 1948 al 1980 viene indicato a che età percepiranno la pensione. Ogni casella ha un colore profetico: verde se c’è un peggioramento fino a un anno rispetto ad oggi, giallo se i tempi di attesa aumentano da uno a tre anni, rosso oltre i tre anni. Le due schede sono state elaborate da Progetica, società indipendente di analisi e consulenza . Il primo aggiornamento sulla tabella di marcia delle pensioni, deriva dalla revisione delle finestre, decisa con l’ultima manovra. Con il nuovo meccanismo una volta maturati i requisiti i dipendenti dovranno aspettare 12 mesi per incassare il primo assegno e gli autonomi addirittura dovranno attenderne 18. Già questo fa innalzare l’età effettiva di pensionamento di quasi un anno.

Le conseguenze

Ma il vero giro di vite scatterà dal 2015 quando entrerà in vigore la riforma Sacconi, quella che aggancia l’età pensionabile alle speranze di vita. Proprio in questi giorni sono state delineate le modalità operative con le quali si procederà al calcolo. Si può stimare che in 40 anni la vita media si allungherà di 6. Con conseguente aumento dell’età pensionabile. A farne le spese saranno soprattutto i laureati che sono nati dal 1970 in poi: per loro la pensione non arriverà prima dei 65/66 anni, con un ritardo di circa 3/4 anni rispetto ad oggi. Colpito anche chi ha iniziato a lavorare tardi (rischia di sfiorare i 70 anni). Per molti lavoratori la rendita arriverà solo dopo 40 anni di attività. Il peggioramento più evidente è per le donne: il baluardo dei 60 anni non resisterà a lungo. Oltre ad arrivare più tardi, le pensioni saranno più magre perché contemporaneamente all’innalzamento dell’età pensionabile saranno ridotti anche i coefficienti di calcolo contributivi. E non si tratta di un gioco a somma zero. "Le ultime riforme — spiega Sergio Sorgi, vicepresidente di Progetica — introducono una sorta di "disintermediazione" delle scelte sul futuro, che passano dalla politica alla statistica. In sostanza gli elementi di calcolo che definiscono il "quando" e il "quanto" della pensione vengono definiti con meccanismi automatici di adeguamento in base all’allungamento della vita media. Riforme generate dalla crisi globale e dalla necessità di rimettere in ordine i conti di una previdenza sempre più a rischio a causa dell'invecchiamento della popolazione e della scarsità di risorse pubbliche da investire nel welfare". Insomma potrebbe non essere finita.

Massimo Fracaro

08 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-06

manovra, gasparri esclude condoni

"Pensione donne nel prossimo Cdm"

Il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta: "Prenderemo una decisione velocemente"

manovra, gasparri esclude condoni

"Pensione donne nel prossimo Cdm"

Il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta: "Prenderemo una decisione velocemente"

MILANO - Sulla parificazione a 65 anni dell'età pensionabile nel pubblico impiego tra uomini e donne il governo prenderà una decisione già nel prossimo Cdm. A dirlo il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, intervistato come ogni domenica su Rtl 102.5. "Prenderemo - ha spiegato - una decisione velocemente. Il collega Sacconi vede domani la Commissione Ue e prenderemo una decisione probabilmente già nel prossimo Consiglio dei ministri". Il governo aveva già previsto l'equiparazione uomini-donne nella p.a. nel 2018 ma "l'Europa - ha spiegato Brunetta - dice che il lasso di tempo è troppo lungo". "Si cercherà - ha aggiunto - di trovare una mediazione. Si troverà una soluzione e si troverà una soluzione equilibrata con un interessante via di mezzo, non il 2018 ma non il 2012. L'Europa su questo si è in parte accanita". Brunetta infine ha ricordato che quando il governo ha preso questa decisione è stato "coperto di insulti dai benpensanti italiani, dai sindacati e dalla sinistra salottiera e radical chic".

Gli unici emendamenti alla manovra economica che avranno speranze di essere approvati saranno quelli decisi dal vertice del gruppo del Pdl. Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, rispettivamente presidente e vicepresidente del gruppo del Pdl al Senato, lo mettono in chiaro in una nota congiunta. "Ha ragione il presidente della commissione Azzollini - dicono - quando afferma che è presto per parlare di emendamenti alla manovra economica". "Il regolamento - sottolineano Gasparri e Quagliariello - consente a tutti i parlamentari di presentare proposte di modifica. Altro è sperare che gli emendamenti vengano approvati. Le eventuali proposte che sosterremo con convinzione saranno presentate dal vertice del gruppo del Pdl. Ad esempio sul personale in divisa. Il resto - conclude la nota congiunta - appartiene a polemiche pretestuose come quelle della sinistra sui condoni che non ci saranno".

Redazione online

06 giugno 2010

 

 

 

IL MINISTRO PER LA SEMPLIFICAZIONE

L'idea di Calderoli: "C'è crisi,

le società di calcio riducano gli ingaggi"

"Anche la Figc ridimensioni i premi dei calciatori al Mondiale" "I sacrifici sono per tutti"

IL MINISTRO PER LA SEMPLIFICAZIONE

L'idea di Calderoli: "C'è crisi,

le società di calcio riducano gli ingaggi"

"Anche la Figc ridimensioni i premi dei calciatori al Mondiale" "I sacrifici sono per tutti"

Calderoli (Ansa)

Calderoli (Ansa)

MILANO - In questo momento di crisi anche i calciatori debbono contribuire ai sacrifici economici richiesti ai cittadini. Lo ha detto all'agenzia Adnkronos il ministro per la Semplificazione normativa e coordinatore delle segreteria della Lega Roberto Calderoli, che fa un appello alla Federcalcio perchè riduca i premi previsti per gli azzurri in vista dei Mondiali, ma anche alle società di club perchè rivedano in basso le cifre destinate agli ingaggi. "Se tutti fanno sacrifici -sottolinea l'esponente del Carroccio- il sacrificio si ridurrà per tutti e potrà essere sopportato meglio da tutti. È chiaro che il mio può essere solo un appello, ma sarebbe opportuno che la Federcalcio riducesse i premi previsti per i calciatori della Nazionale in vista dei Mondiali e che gli stessi giocatori decidessero di rinunciarci a titolo onorifico. Inoltre sarebbe bene che anche le società abbassassero gli ingaggi, che stridono con quella che è l'attuale situazione economica".

COMPETIVITÀ DELLE SQUADRE: TROPPI STRANIERI- Ma non pensa che questo potrebbe diminuire la competitività delle società italiane, visto che all'estero i club concedono ai loro tesserati anche ingaggi più alti? "Al contrario -risponde Calderoli- perchè oggi abbiamo squadre che vincono gli scudetti soltanto con stranieri in campo o coppe europee facendo giocare solo per due minuti l'unico italiano in rosa, Materazzi. Sarebbe invece più giusto investire per rafforzare i vivai di casa nostra piuttosto che andare a comprare all'estero il prodotto finito. È chiaro -conclude l'esponente leghista riferendosi ai sacrifici economici- che noi possiamo fare soltanto appelli, ma possiamo anche intervenire per ridurre una serie di agevolazioni previste per le società".

LA RUSSA: " CALDEROLI? SI OCCUPI DELLA PADANIA" - "Calderoli mi piace molto di più come ministro che come commentatore sportivo, anche perchè la sue conoscenza calcistica si limita alla vittoria della Padania su non so quale squadretta". Ignazio La Russa, al telefono con l'Ansa, commenta così le parole del ministro leghista sugli stipendi dei calciatori della nazionale e dei club. Insomma, ha aggiunto il ministro della Difesa, acceso tifoso interista, "è meglio che Calderoli si occupi della Padania".

Redazione online

06 giugno 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-06-04

il Guardasigilli critica l'inIziaitiva dei magistrati contro la manovra

Alfano ai magistrati: sciopero politico

Il Pd sta con l'Anm: "Tagli punitivi"

Il ministro: chiediamo loro sacrifici come lo faciamo con alti. Le toghe: c'è ben poco di politico nella protesta

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Angelino Alfano (Ansa)

Angelino Alfano (Ansa)

LUSSEMBURGO - Non ha gradito la presa di posizione dei magistrati contro la manovra il ministro della Giustizia Angelino Alfano. "Lo sciopero è uno sciopero politico, il governo chiede ai magistrati un sacrificio così come lo chiede alle altre componenti del Paese" ha spiegato il Guardasigilli, a Lussemburgo per il consiglio giustizia. La replica delle toghe è arrivata a stretto giro: "C'è ben poco di politico in questo sciopero" ha detto il presidente dell'Anm, Luca Palamara. "Il sistema giudiziario - ha aggiunto - versa in una grave crisi di credibilità e questo il ministro Alfano lo sa molto bene poiché è proprio questo il compito che la Costituzione assegna al ministro. Vedendo la manovra - ha concluso - sicuramente emergono degli aspetti che ci portano a ritenere che sia mossa da intenti punitivi". Al fianco dei magistrati scendono il Pd e l'Idv. Per il responsabile Giustizia dei democratici, Andrea Orlando, non è "politico" lo sciopero dei magistrati, ma "politici perché punitivi" sono semmai i tagli alla giustizia previsti dalla manovra. "L'Anm che fa uno sciopero politico? Parole molto gravi quelle del guardasigilli. Angelino Alfano si conferma ancora una volta ministro contro la Giustizia e le sue parole rivelano il mandato politico" fanno sapere dal canto loro i dipietristi.

"COSTI ALTI PER I GIOVANI" - "Ai giovani magistrati si chiede un costo individuale troppo alto a fronte di un gettito complessivo abbastanza basso per il Paese" ha aggiunto Alfano, promettendo che si impegnerà "per risolvere nel percorso di conversione questo aspetto del problema". Per il Guardasigilli "il governo chiede ai magistrati un sacrificio così come lo chiede alle altre componenti del Paese". Però, ha aggiunto, "c'è un aspetto su cui mi batterò e mi impegnerò a fianco dei giovani magistrati". Perché, ha spiegato, quello delle giovani toghe "è un ambito di un problema più ampio" e a loro "si chiede un costo individuale troppo alto a fronte di un gettito complessivo abbastanza basso per il Paese. Quindi mi impegnerò per risolvere nel percorso di conversione questo aspetto del problema".

Redazione online

04 giugno 2010

 

 

 

 

Sarà il comitato direttivo centrale a decidere le modalità della protesta

Manovra, i magistrati scioperano

Il premier: leale lavoro con Tremonti

Un "pacchetto" di due giorni deciso dalla giunta dell'Anm, su tempi e modi si decide sabato

Sarà il comitato direttivo centrale a decidere le modalità della protesta

Manovra, i magistrati scioperano

Il premier: leale lavoro con Tremonti

Un "pacchetto" di due giorni deciso dalla giunta dell'Anm, su tempi e modi si decide sabato

Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati (Ansa)

Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati (Ansa)

ROMA - Magistrati sul piede di guerra contro la manovra. Tutte le toghe sciopereranno contro gli effetti del provvedimento varato dal governo, che contiene misure considerate "ingiustamente punitive". Lo ha deciso la giunta dell’Associazione nazionale magistrati. Tempi e modalità dell’astensione dal lavoro dei magistrati saranno decisi sabato dal "parlamentino" del sindacato delle toghe. Il "pacchetto" che i vertici dell’Anm proporranno al comitato direttivo centrale prevede anche giornate di protesta e mobilitazione con "sospensione delle attività di supplenza". E mentre le toghe promettono battaglia contro la manovra, una nota di Palazzo Chigi, sempre sulla manovra, prova a sgomberare il campo delle voci di possibili tensioni tra il premier e il ministro dell'Economia : "Fuori dai giochi e dagli intrighi di palazzo - si legge -, Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti hanno lavorato insieme e continueranno a lavorare insieme legati, oltre che dall'impegno di Governo, da una leale ed antica amicizia personale".

LA NOTA DI PALAZZO CHIGI - Nella nota di Palazzo Chigi in cui si afferma che il presidente del Consiglio sta lavorando con il ministro dell'Economia su due punti essenziali: la "manovra di stabilizzazione finanziaria" e "su ciò che è necessario e possibile per rendere il nostro Paese competitivo sulla crescita, a partire da un grande progetto di liberalizzazione delle attività economiche". Quanto alla manovra, aggiunge la nota, è basata "sull'impegno europeo e poi sviluppata attraverso un comune e intenso lavoro di preparazione. Nell'ambito di una grave crisi finanziaria, la più grave nel mondo dopo quella del 1929, il Governo Berlusconi è fermamente convinto di avere fatto la cosa giusta, nel tempo giusto, nell'interesse dell'Italia. Il Governo - si legge ancora - la presenterà in Parlamento forte delle sue convinzioni, certo del senso di responsabilità della sua maggioranza".

"SIAMO RISORSA, NON SPRECO" - "I magistrati - si legge d'altra parte in una nota dell'Anm - sono consapevoli della crisi economica in cui versa il Paese e non intendono sottrarsi al loro dovere di cittadini e di contribuenti, ma devono denunciare che le misure approvate dal governo sono ingiustamente punitive nei loro confronti e di tutto il settore pubblico. È inaccettabile essere considerati non una risorsa, ma un costo o addirittura uno spreco per la giustizia".

"EVASORI SALVI" - Questa manovra, afferma ancora l'Anm, "incide unicamente sul pubblico impiego, senza colpire gli evasori fiscali, già beneficiati da numerosi condoni, i patrimoni illeciti, le grandi rendite e le ricchezze del settore privato; paralizza l'intero sistema giudiziario e scredita e mortifica il personale amministrativo; svilisce la dignità della funzione giudiziaria e mina l'indipendenza e l'autonomia della magistratura; incide in misura rilevante sulle retribuzioni dei magistrati nella prima fase della carriera, soprattutto dei più giovani che subiscono una riduzione di stipendio fino al 30 per cento. Questo significherà allontanare i giovani dalla magistratura". Inoltre, secondo l'Anm, la manovra "colpisce in maniera iniqua, indiscriminata e casuale. Ad esempio, un pubblico dipendente magistrato o altro funzionario, con uno stipendio lordo di 150.000 euro subirà un taglio di stipendio di 3.000 euro lordi l'anno (cioè il 2% dello stipendio), mentre un magistrato di prima nomina con uno stipendio lordo di circa 40.000 euro subirà tagli complessivi per circa 10.000 euro lordi l'anno, circa il 25% dello stipendio". L'Anm chiede al governo, "interventi strutturali che consentirebbero di ridurre le spese nel settore giustizia e di recuperare risorse per lo Stato, secondo le proposte più volte avanzate dalla magistratura associata: la soppressione dei piccoli Tribunali, delle sezioni distaccate di Tribunale e della metá degli Uffici del Giudice di pace; misure che consentirebbero di risparmiare, a regime, decine di milioni di euro".

Redazione online

03 giugno 2010(ultima modifica: 04 giugno 2010)

 

 

Marcegaglia: "Donne al lavoro

fino ai 65 anni? Tema da affrontare"

La presidente della Confindustria dopo la richiesta Ue: "L'aumento dell'età pensionabile non mi spaventa"

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Emma Marcegaglia

Emma Marcegaglia

PECHINO - "Non mi spaventa il fatto che le donne possano andare in pensione anche un po' più in là nel tempo". Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, commenta da Pechino la richiesta della Commissione Europea di ridurre i tempi di innalzamento dell'età pensionabile per le donne del pubblico impiego. "Il tema, là dove ci sono ancora dei gap - ha detto la Marcegaglia conversando con i giornalisti - è un tema vero e va affrontato in un Paese come il nostro, dove l'età media è fortunatamente molto alta specialmente per le donne".

GRADUALITA' - "Perciò - ha aggiunto - non sono affatto spaventata che le donne possano andare in pensione un po' più in là nel tempo. Poi vedremo con quale gradualità va affrontato il discorso".

SACCONI - La questione è tornata all'ordine del giorno dopo la lettera della vicepresidente della Commissione europea Vivianne Reding sottoposta all'attenzione del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. La Commissione Ue chiede all'Italia di anticipare l'estensione alle dipendenti pubbliche dell'età per la pensione di vecchiaia a 65 anni, equiparandola a quella degli uomini. La proposta di arrivarci entro il 2018 non basta. Il rischio è l'avvio di una procedura d'infrazione. "In materia previdenziale - ha commentato Sacconi - i cambiamenti vanno fatti sempre con gradualità, perché non si possono stravolgere i percorsi di vita delle persone".

Redazione online

04 giugno 2010

 

 

 

I sacrifici (necessari) dei manager

STANGATE E PROPAGANDA POLITICA

I sacrifici (necessari) dei manager

Il governo cerca di rendere socialmente equa la stangata sul pubblico impiego con due misure: a) meno rimborsi elettorali ai partiti e retribuzioni più contenute ai parlamentari; b) un'addizionale del 10% su bonus e stock option dei manager finanziari. Non pagano soltanto i soliti, è il messaggio: questa volta tocca pure a politici e banchieri, i responsabili della crisi. Sfortunatamente, trattasi di mera propaganda.

Dal taglietto ai rimborsi elettorali, che proseguono per i 5 anni della legislatura anche se ci fossero elezioni anticipate, si ricaveranno pochi milioni. Per deputati e senatori le Camere, organi costituzionali, decideranno con comodo entro l'anno. Come? Lo scetticismo è d'obbligo sol che si guardi al compenso dei portaborse: nella Prima repubblica, questi 4 mila euro al mese venivano assegnati previa ricevuta del beneficiario che, fosse pure la moglie prestanome del deputato amico, così emergeva davanti a fisco e Inps; con la Seconda repubblica, la ricevuta sparisce e il parlamentare può girare al partito l'altrui paghetta o tenersela in nero. Retribuire degnamente il parlamentare è un obbligo della democrazia. Diversamente, avremmo solo ricchi, corrotti, incompetenti o servi. Ma la dignità sta anche nella ragionevolezza del compenso che per un servitore della comunità non può e non deve essere competitivo con quello professionale, e nella trasparenza dell'erogazione.

Dubbi ancor più radicali vengono suggeriti dal prelievo sui manager in base all'articolo 33, numero di vago sapore massonico, del decreto legge. Secondo il G20, si legge, bonus e stock option possono distorcere l'economia. Ecco dunque un'aliquota addizionale del 10% sulla parte variabile delle retribuzioni che superi il triplo della parte fissa. Si dà il caso, però, che questo non accada più dal 2007: da quando la Banca d'Italia esortò le banche a contenere la componente speculativa dei compensi. E oggi i banchieri sono ben felici di rafforzare il fisso. Il decreto azzoppa un cavallo morto.

Il richiamo al G20, tuttavia, manda echi riformisti. Vogliamo crederci? Allora, diamo alla Banca d'Italia non solo il potere di revoca dei banchieri scorretti o faciloni, appena rivendicato dal governatore Mario Draghi, ma anche quello di sindacarne più in profondità le paghe, visto che i manager usano tenersi bordone l'un l'altro. Perché Bill Gates vola in economy e i top manager nostrani sembrano dame della sinistra al caviale, liberté, egalité, avion privé? E poiché la finanza non è solo banca, sarebbe logico estendere i nuovi poteri all'Isvap, l'Autorità di vigilanza sulle assicurazioni, settore nel quale bonus e benefit sono stati materia di polemiche, a partire dalle Generali.

Al di là dell'incerta efficacia riformista, l'articolo 33 appare discutibile sotto il profilo dell'equità sociale. Perché colpire un banchiere e non un manager industriale con una retribuzione analoga? E perché trascurare l'imprenditore o l'azionista di riferimento che esalti il rendimento a breve termine del capitale ricorrendo alla leva finanziaria nella stessa, esagerata e pericolosa misura del più arrembante private equity? Nei giorni scorsi, il gerente del fondo infrastrutturale F2i si è autoridotto del 10% il compenso. E' il segno, assieme al versamento di quote dei premi a beneficenza da parte di altri manager e banchieri, di una civile condivisione del destino di un Paese. Se, come dice il ministro Tremonti, siamo a un tornante della storia, chi più ha si dovrebbe chiedere se non gli corra l'obbligo morale di dare un esempio tangibile, oltre a predicare contro la politica e gli statali: lo stesso obbligo che induce Warren Buffet a difendere la tassa di successione negli Usa.

Il medico ospedaliero che ti salva la vita subisce un prelievo del 5-10% sull'imponibile oltre i 90 mila euro. Idem il magistrato, che talvolta rischia la vita. Hanno, costoro, il diritto politico di trovarsi a fianco, nel salvataggio dei conti pubblici, anche l'assicuratore che vive di Rc Auto, il banchiere che impiomba i Comuni di derivati e finanzia gli speculatori immobiliari, il grande professionista che stacca parcelle milionarie o il fortunato che ha ereditato 100 appartamenti e vive di affitti?

Confindustria, Abi, Ania, ordini professionali potrebbero chiedere al governo di istituire un fondo al quale volontariamente versare un'addizionale per lo stesso tempo della vacanza contrattuale forzosa degli insegnanti dei figli dei loro associati. Ma siccome è più facile parlare di corporate social responsability che mettere mano al portafoglio, sarebbe più pratico se il governo incoraggiasse l'establishment alla generosità estendendo l'addizionale a tutti i redditi oltre una certa soglia. Secondo i calcoli di Simone Pellegrino, dell'Università di Torino, il 10% sui 77 mila redditi eccedenti un imponibile di 200 mila euro, darebbe un gettito di 1,1 miliardi l'anno, il 9% della manovra. Qualcosa in più del marketing politico.

Massimo Mucchetti

04 giugno 2010

 

 

 

Il provvedimento, già in vigore da lunedì, colpisce chi riceve finanziamenti pubblici

Cda a "compenso zero", nel mirino

sia il pubblico che il privato

Funzioni gratuite dei dirigenti ministeriali. La norma valida per gli incarichi in corso al 31 maggio

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MILANO - "Compenso zero". Due parole che stanno togliendo il sonno a molti. Che la manovra fosse dura si sapeva, che colpisse in particolar modo la pubblica amministrazione era sotto gli occhi di tutti, ma che arrivasse a colpire anche i manager privati, ecco questo non si immaginava nemmeno lontanamente. Eppure è così. Infatti una norma contenuta nella manovra pubblicata in "Gazzetta Ufficiale" lunedì scorso, annulla i gettoni previsti per i consigli di amministrazione, collegi di sindaci e revisori a tutte quelle società, sia pubbliche che private, che ricevono finanziamenti pubblici.

Lucio Stanca, ad di Expo 2015 (Ansa)

Lucio Stanca, ad di Expo 2015 (Ansa)

FUNZIONARI - Compenso zero anche per i funzionari ministeriali che siedono negli organi di enti vigilati o finanziati dallo Stato. Come scrive "Il Sole 24 Ore", l'unico mini gettone concesso è un compenso giornaliero di 30 euro valido anche per gli incarichi in corso. E per chi non s'adegua? Semplice: immediata cancellazione di ogni forma di finanziamento pubblico eccetto che per il 5 per mille previsto per gli enti no profit. La stretta dunque colpisce le spa sia nel pubblico che le concessionarie dello Stato o loro controllate. Qualche esempio: Trenitalia, Rfi, Rai, Istat, Aci, Inps, e poi ancora università, scuole, casse, ordini professionali e, se ricadesse nella fattispecie anche la società Expo 2015, guidata Lucio Stanca. L'amministratore delegato che percepisce 300mila euro fissi e 150mila legati ai risultati passerebbe al gettone presenza di 30 euro. A questo punto è facile immaginare una fuga di massa dagli uffici colpiti. Chi può infatti accettare zero compensi e mille responsabilità?

Redazione online

04 giugno 2010

 

 

 

2010-06-03

Sarà il comitato direttivo centrale a decidere le modalità della protesta

Manovra, i magistrati scioperano

Il premier: leale lavoro con Tremonti

Un "pacchetto" di due giorni deciso dalla giunta dell'Anm, su tempi e modi si decide sabato

Sarà il comitato direttivo centrale a decidere le modalità della protesta

Manovra, i magistrati scioperano

Il premier: leale lavoro con Tremonti

Un "pacchetto" di due giorni deciso dalla giunta dell'Anm, su tempi e modi si decide sabato

Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati (Ansa)

Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati (Ansa)

ROMA - Magistrati sul piede di guerra contro la manovra. Tutte le toghe sciopereranno contro gli effetti del provvedimento varato dal governo, che contiene misure considerate "ingiustamente punitive". Lo ha deciso la giunta dell’Associazione nazionale magistrati. Tempi e modalità dell’astensione dal lavoro dei magistrati saranno decisi sabato dal "parlamentino" del sindacato delle toghe. Il "pacchetto" che i vertici dell’Anm proporranno al comitato direttivo centrale prevede anche giornate di protesta e mobilitazione con "sospensione delle attività di supplenza". E mentre le toghe promettono battaglia contro la manovra, una nota di Palazzo Chigi, sempre sulla manovra, prova a sgomberare il campo delle voci di possibili tensioni tra il premier e il ministro dell'Economia : "Fuori dai giochi e dagli intrighi di palazzo - si legge -, Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti hanno lavorato insieme e continueranno a lavorare insieme legati, oltre che dall'impegno di Governo, da una leale ed antica amicizia personale".

LA NOTA DI PALAZZO CHIGI - Nella nota di Palazzo Chigi in cui si afferma che il presidente del Consiglio sta lavorando con il ministro dell'Economia su due punti essenziali: la "manovra di stabilizzazione finanziaria" e "su ciò che è necessario e possibile per rendere il nostro Paese competitivo sulla crescita, a partire da un grande progetto di liberalizzazione delle attività economiche". Quanto alla manovra, aggiunge la nota, è basata "sull'impegno europeo e poi sviluppata attraverso un comune e intenso lavoro di preparazione. Nell'ambito di una grave crisi finanziaria, la più grave nel mondo dopo quella del 1929, il Governo Berlusconi è fermamente convinto di avere fatto la cosa giusta, nel tempo giusto, nell'interesse dell'Italia. Il Governo - si legge ancora - la presenterà in Parlamento forte delle sue convinzioni, certo del senso di responsabilità della sua maggioranza".

"SIAMO RISORSA, NON SPRECO" - "I magistrati - si legge d'altra parte in una nota dell'Anm - sono consapevoli della crisi economica in cui versa il Paese e non intendono sottrarsi al loro dovere di cittadini e di contribuenti, ma devono denunciare che le misure approvate dal governo sono ingiustamente punitive nei loro confronti e di tutto il settore pubblico. È inaccettabile essere considerati non una risorsa, ma un costo o addirittura uno spreco per la giustizia".

"EVASORI SALVI" - Questa manovra, afferma ancora l'Anm, "incide unicamente sul pubblico impiego, senza colpire gli evasori fiscali, già beneficiati da numerosi condoni, i patrimoni illeciti, le grandi rendite e le ricchezze del settore privato; paralizza l'intero sistema giudiziario e scredita e mortifica il personale amministrativo; svilisce la dignità della funzione giudiziaria e mina l'indipendenza e l'autonomia della magistratura; incide in misura rilevante sulle retribuzioni dei magistrati nella prima fase della carriera, soprattutto dei più giovani che subiscono una riduzione di stipendio fino al 30 per cento. Questo significherà allontanare i giovani dalla magistratura". Inoltre, secondo l'Anm, la manovra "colpisce in maniera iniqua, indiscriminata e casuale. Ad esempio, un pubblico dipendente magistrato o altro funzionario, con uno stipendio lordo di 150.000 euro subirà un taglio di stipendio di 3.000 euro lordi l'anno (cioè il 2% dello stipendio), mentre un magistrato di prima nomina con uno stipendio lordo di circa 40.000 euro subirà tagli complessivi per circa 10.000 euro lordi l'anno, circa il 25% dello stipendio". L'Anm chiede al governo, "interventi strutturali che consentirebbero di ridurre le spese nel settore giustizia e di recuperare risorse per lo Stato, secondo le proposte più volte avanzate dalla magistratura associata: la soppressione dei piccoli Tribunali, delle sezioni distaccate di Tribunale e della metá degli Uffici del Giudice di pace; misure che consentirebbero di risparmiare, a regime, decine di milioni di euro".

Redazione online

03 giugno 2010

 

 

 

 

 

 

 

2010-06-02

"Ho solo accennato ad alcuni principi fondamentali della Costituzione"

Napolitano: "L'equità della manovra dipende dal governo, non da me"

"Non mi pronuncio nel merito: non posso e non intendo farlo". Berlusconi: "La spiego in Parlamento"

"Ho solo accennato ad alcuni principi fondamentali della Costituzione"

Napolitano: "L'equità della manovra dipende dal governo, non da me"

"Non mi pronuncio nel merito: non posso e non intendo farlo". Berlusconi: "La spiego in Parlamento"

Giorgio Napolitano (Eidon)

Giorgio Napolitano (Eidon)

ROMA - "Io posso solo auspicare che la manovra economica sia equa e attenta a tante esigenze, ma non la faccio io". Lo ha ricordato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano affermando che "c'è un decreto del governo che si è assunto la responsabilità e c'è il Parlamento che lo discute. Non mi pronuncio nel merito del decreto. Non posso farlo e non intendo farlo".

BERLUSCONI: "LA SPIEGO" - A quanto si apprende, Berlusconi durante il vertice governo-Pdl si sarebbe dichirato disposto a spiegare la manovra in Parlamento e che "è migliorabile in Aula, purché il saldo rimanga lo stesso".

ACCENNI - Il capo dello Stato ha spiegato che nei contatti che ha avuto con l'esecutivo ha messo "soltanto l'accento su alcune esigenze che corrispondono a principi fondamentali della nostra Costituzione". Si tratta dell'esigenza di promuovere la cultura, la ricerca, l'istruzione e la formazione al massimo livello, "condizioni per avere un futuro come Paese in Europa e nel mondo". Per quanto riguarda il confronto fra le forze politiche, il presidente ha sottolineato durante la sua passeggiata nei giardini del Quirinale aperti al pubblico per la festa del 2 giugno che "bisogna vedere, ci sono questioni su cui ci si intende di più, altre su cui prevale l'ostilità e la sordità reciproca".

STRAGI - Napolitano ha poi accennato anche alle stragi di mafia del1992-1993. "È ncessario sviluppare in modo efficace e convincente le indagini. È importante garantire la piena trasparenza dell'attività di tutti gli organi dello Stato, compresi i servizi di informazione. È importante che sul piano giudiziario si ricostruisca quello che ancora è possibile ricostruire, anche di un passato complicato e oscuro. Dal punto di vista giudiziario le indagini sono state riaperte sulla morte di Borsellino e sull'attentato alla Addaura. Non posso che augurarmi che abbiano uno sviluppo efficace e convincente. Il resto è memoria, storia, riflessioni che si incrociano".

Redazione online

02 giugno 2010

 

 

 

Fmi: "Possibile una manovra in Italia"

Poi la retromarcia: "Rapporto vecchio"

L'istituto: "Valutazioni stilate nelle settimane precedenti alle nuove misure decise dal governo"

CONTI PUBBLICI

Fmi: "Possibile una manovra in Italia"

Poi la retromarcia: "Rapporto vecchio"

L'istituto: "Valutazioni stilate nelle settimane precedenti alle nuove misure decise dal governo"

WASHINGTON - Le considerazioni contenute nel rapporto dello staff del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) "sono state rese obsolete dalla misure già prese dal governo italiano". Lo spiega all'Ansa Arrigo Sadun, responsabile per l'Italia al Fmi, spiegando che il rapporto dello staff pubblicato sul sito è stato stilato nelle settimane precedenti alla manovra del governo e quindi non ne tiene conto. "Con la manovra - spiega inoltre Sadun - il governo ha previsto aggiustamenti alla crescita, le cui stime sono ora in linea sia con quelle del Fondo sia con quelle della commissione europea. Il rapporto stilato dallo staff - aggiunge Sadun - non è modificabile e l'unica cosa che il Fmi può fare e inserire una nota aggiuntiva". I dati utilizzati dal Fondo monetario sono in effetti quelli conosciuti al 30 marzo di quest'anno.

IL RAPPORTO - Il rapporto prevedeva una riduzione del prodotto interno lordo italiano come eredità della crisi economico-finanziaria. Le stime indicavano per il 2015 un livello di Pil di circa il 10% più basso del trend storico del periodo 1990-2004 (leggi il rapporto in pdf, inglese). Per i tecnici dell'istituto di Washington le autorità italiane hanno giudicato eccessivamente pessimiste le proiezioni sui livelli di crescita, malgrado concordino con gli esperti dell'Fmi sulla notevole incertezza delle dinamiche post-crisi I tecnici di Washington scrivevano poi che se la crescita economica dovesse effettivamente rivelarsi inferiore alle stime, le autorità potrebbero vedersi costrette ad adottare ulteriori misure (ma si trattava di una valutazione precedente alla nuova manovra del governo). L'Fmi prevedeva una crescita per l'Italia pari a 0,8% quest'anno e 1,2% il prossimo. Le stime governative contenute nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblicata a inizio maggio sono invece, rispettivamente, 1% e 1,5% per quest'anno e il prossimo. La manovra correttiva appena varata dall'esecutivo italiano comprende misure per quasi 25 miliardi di euro nel biennio 2011-2012. Tra gennaio e marzo il Pil italiano è salito dello 0,5% su base congiunturale e dello 0,6% in termini tendenziali.

Redazion online

02 giugno 2010

 

 

 

Previsto anche il carcere per chi sfrutta le crisi delle imprese

Fisco, addio cartelle esattoriali

I sospetti evasori pagheranno in 90 giorni

La notifica di accertamento coinciderà con il versamento

Previsto anche il carcere per chi sfrutta le crisi delle imprese

Fisco, addio cartelle esattoriali

I sospetti evasori pagheranno in 90 giorni

La notifica di accertamento coinciderà con il versamento

ROMA - Addio alle iscrizioni a ruolo e tanti saluti alle cartelle esattoriali. Tra pochi mesi basterà l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, con le somme contestate dal fisco, per inchiodare gli evasori. Così, se oggi servono minimo due anni, due anni e mezzo, per ottenere il pagamento delle imposte dovute, domani lo Stato potrà avere ciò che gli spetta nel giro di 90 giorni. Non bastasse questo, c’è anche il nuovo accertamento sintetico, che permetterà al fisco di contestare la presunta evasione a chi spende troppo rispetto a ciò che guadagna e dichiara al fisco, salvo prova contraria a carico dei contribuenti. E se ancora non fosse sufficiente, basterà dire che arrivano le manette per gli imprenditori che truffano il fisco dopo aver chiesto una transazione sui debiti fiscali. O ricordare il nuovo redditometro, l’obbligo della fattura telematica sopra i tremila euro, lo stop alle compensazioni illecite tra crediti e debiti fiscali. Nei prossimi tre anni dalla lotta all’evasione arriveranno 20 miliardi di gettito in più. A regime il decreto con la manovra per la correzione dei conti pubblici assicurerà otto miliardi l’anno di maggiori entrate. "Per gli evasori, davvero, non ci sarà più scampo" garantisce Luigi Magistro, responsabile dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Benedetta la crisi dell’economia, dirà qualcuno.

Cartelle esattoriali

"Con un semplice tratto di penna è stato cancellato un sistema che risale all’ottocento. Oggi come allora il sistema per chiedere i tributi si basa sull’iscrizione a ruolo. Termini e procedure - sottolinea Magistro - risalgono alla notte dei tempi. Si fanno i controlli, si contesta la presunta evasione, e si manda l’avviso di accertamento". Siamo solo all’inizio. "C’è "l’iscrizione a ruolo", che avviene entro un anno. Poi i ruoli vengono "caricati" dalla società di riscossione, cioè dagli esattori, che hanno nove mesi di tempo per notificare la "cartella di pagamento". Da quel momento, se dopo sessanta giorni non arriva il pagamento di quanto richiesto, la società di riscossione può prendere provvedimenti esecutivi". Per arrivare alle ganasce all’automobile o al pignoramento dei beni, servono due anni, "Durante i quali sparisce tutto" dice Magistro. Separazioni fittizie con relativa intestazione dei beni al coniuge, cessioni ai prestanome, e il fisco resta a bocca asciutta. "Con l’esecutività dell’avviso di accertamento, per tutta la procedura bastano 90 giorni, e il rischio viene dimezzato". "Rischio notifica", lo chiamano proprio così i tecnici dell’Agenzia. "La gente si attacca a tutto. Contestano il ricevimento della raccomandata, l’indirizzo sbagliato. Fatto sta - spiega Magistro - che un terzo dell’intero contenzioso del fisco riguarda proprio le notifiche". D’ora in avanti tirarla per le lunghe non sarà più tanto conveniente: "Siamo sicuri che le nuove norme saranno un ottimo deterrente. Il nuovo sistema partirà dal luglio del 2011. Non subito, ma è una svolta epocale e anche noi dobbiamo organizzarci, perché con i tempi così stretti non possiamo proprio permetterci di sbagliare. É una sfida enorme anche per noi" assicura il direttore dell’Agenzia.

Il nuovo accertamento

L’altro strumento su cui i tecnici del fisco confidano moltissimo, anche per migliorare il rapporto di fiducia con i contribuenti, è la nuova metodologia per accertare i redditi evasi. "Oggi possiamo determinare il reddito di un cittadino basandoci su elementi induttivi. Prendiamo delle spese, come quelle per la casa, l’automobile, e risaliamo induttivamente ad un certo reddito. Se questo supera del 25% il dichiarato, per due anni consecutivi diamo corso all’accertamento. Ma il problema è proprio il contenuto induttivo: può voler dire tutto e niente". Qui entra in gioco anche il nuovo redditometro. "Con l’aggiornamento del sistema andiamo sul sicuro. Prendiamo le spese, le sommiamo e così stabiliamo il reddito. Contestiamo somme effettive: se paghi tanto non puoi guadagnare e dichiarare meno". L’accertamento automatico, poi, scatterà prima: basterà superare il reddito dichiarato del 20% in un solo anno. "Centomila euro spesi, per noi, significano centomila euro guadagnati. Salvo che tu non sia in grado di dimostrare che quelle spese siano state rese possibili ricorrendo ad altre fonti, che non ricadono nella tua base imponibile". Per esempio l’eredità della nonna, il prestito di un amico, i risparmi accumulati in passato. E occorrerà presentare le prove, per non farsi incastrare. Con il nuovo meccanismo di definizione del reddito si terrà conto anche della composizione familiare e del territorio, elementi finora sconosciuti al vecchio redditometro. "La contestazione viene rivolta sempre al singolo contribuente. Ma è chiaro che un conto è spendere centomila euro l’anno se si è single, diverso è spendere quella somma avendo cinque figli in famiglia ".

Il carcere per le truffe

La stretta sull’evasione è resa evidente dalle nuove regole sulle transazioni con il fisco chieste dalle imprese in crisi, quelle che non ce la fanno a pagare tutti i debiti fiscali. "L’accordo per il concordato fiscale si basa su una prospettazione dello stato di crisi fatta dall’impresa. Sono loro a dirci cosa hanno, e quanto possono pagare. Noi siamo pronti ad accettare queste transazioni, ma dobbiamo cautelarci di più rispetto ad oggi". Crisi e fallimenti, spesso condotti ad arte, sono uno dei canali privilegiati dell’evasione. "Chiederemo agli imprenditori una dichiarazione sostitutiva, e loro ne risponderanno penalmente, cosa che finora non succede" spiega Magistro. Le pene saranno molto severe. Se i beni sui quali il fisco può rivalersi in caso di mancato pagamento dell’importo concordato vengono alienati in modo fittizio c’è il carcere: da sei mesi a quattro anni se i beni occultati superano un valore di 50 mila euro. Da uno a sei anni se superano i 200 mila euro.

Compensazioni illecite

"Con il decreto si chiude un altro buco nero. Non sarà più possibile compensare i crediti fiscali con i debiti, se c’è una somma dovuta iscritta a ruolo. Scatta il divieto assoluto. Prima si paga la cartella, poi se resta qualcosa si può compensare" dice Magistro. dalla nuova stretta è atteso, a regime, un risparmio di quasi 2 miliardi di euro l’anno. La nuova norma fa il paio con quella dell’anno scorso che consente le compensazioni oltre una certa somma solo dopo che la certificazione dei debiti da parte dei commercialisti. Un sistema che quest’anno potrebbe portare un risparmio di quattro miliardi di euro. "Senz’altro possibile, se i dati di questi primi mesi saranno confermati", dice Magistro.

Mario Sensini

02 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-01

"confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche"

Napolitano: "Serve un grande sforzo

per risollevare le sorti dell'economia"

Il messaggio del presidente della Repubblica per la Festa del 2 giugno: "L'Italia deve crescere dal Nord al Sud"

"confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche"

Napolitano: "Serve un grande sforzo

per risollevare le sorti dell'economia"

Il messaggio del presidente della Repubblica per la Festa del 2 giugno: "L'Italia deve crescere dal Nord al Sud"

Giorgio Napolitano

Giorgio Napolitano

ROMA - Solidarietà e unità, nella società e nella politica, per uscire dalla crisi. Lo chiede, in un appello "alla responsabilità" lanciato in occasione della festa del 2 Giugno, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. "Un augurio affettuoso a quanti vivono e operano nel nostro paese per la festa che celebriamo insieme: festa dell'Italia che si unì e si fece Stato 150 anni orsono, festa della Repubblica che il popolo scelse liberamente il 2 giugno 1946" dice il Capo dello Stato. "In questo momento - prosegue - sentirsi nazione unita e solidale, sentirsi italiani, significa riconoscere come problemi di tutti noi quelli che preoccupano le famiglie in difficoltà, quelli che nei giovani suscitano, per effetto della precarietà e incertezza in cui si dibattono, pesanti interrogativi per il futuro".

GRANDE SFORZO - "Parlo dei problemi del lavoro e della vita quotidiana, dell'economia e della giustizia sociale" aggiunge Napolitano. "Stiamo attraversando, nel mondo e in particolar modo in Europa, una crisi difficile: occorre dunque un grande sforzo, fatto anche di sacrifici, per aprire all'Italia una prospettiva di sviluppo più sicuro e più forte. Per crescere di più e meglio, assicurando maggiore benessere a quanti sono rimasti più indietro, l'Italia deve crescere tutta, al Nord e al Sud. Si deve, guardando ai giovani, promuovere una migliore educazione e formazione, fare avanzare la ricerca scientifica e tecnologica, elevare la produttività del nostro sistema economico : solo così si potrà creare nuova e buona occupazione"

01 giugno 2010

 

 

 

 

APPELLO DEGLI ANTAGONISTI

"Fermate la parata del 2 giugno:

con quei soldi aiuti ai precari disoccupati"

I promotori della campagna "Sbilanciamoci": la sfilata

costa 10 milioni di euro, spesa fuori luogo con la crisi

Le frecce tricolori alla parata del 2 giugno 2009

Le frecce tricolori alla parata del 2 giugno 2009

ROMA - Quanto costa la parata militare del 2 giugno? In tempi di crisi e di pesanti tagli - perfino allo stesso bilancio della Difesa - sono in molti a chiedersi se non si potrebbe ridurre la spesa per la tradizionale sfilata di uomini e mezzi in programma a Roma mercoledì. La sinistra antagonista ne chiede - come da copione - la cancellazione: per "spazzare via le spese militari, dall'Afghanistan ai Fori Imperiali", centinaia di esponenti dei movimenti sociali organizzeranno il 2 giugno una contro sfilata a Ponte Sant'Angelo. Il tam tam è già partito sui social network. Mentre i moderati si rimpallano la domanda chiave: quanto costa la parata?

Rispondono Giulio Marcon e Massimo Paolicelli, promotori della campagna "Sbilanciamoci": la sfilata militare del 2 giugno comporta una spesa che, "di fronte alla solita inesistente trasparenza della Difesa, abbiamo calcolato in circa 10 milioni di euro".

I carabinieri a cavallo nella parata del 2009

I carabinieri a cavallo nella parata del 2009

STIME AL RIBASSO - La stima potrebbe essere al ribasso, ma è difficile dirlo con certezza, dato che nel bilancio del ministero della Difesa disponibile online non esiste un capitolo "parata", i cui costi sono semmai aggregati agli altri della gestione ordinaria, nei capitoli relativi ad ogni arma. Quel che è certo è che nel 2009, in seguito ai drammatici eventi de L'Aquila, la Difesa decise di "rendere la sfilata più sobria, riducendone la durata a soli 80 minuti, diminuendo il personale impegnato e ridimensionando i tradizionali allestimenti previsti lungo il percorso". E il ministro Ignazio La Russa annunciò che con il taglio di 10 minuti era stato risparmiato un milione di euro da destinarsi alla ricostruzione in Abruzzo. Un dono, insomma.

Reparti della marina: sullo sfondo alcune delle impalcature il cui costo sarebbe di 700 mila euro

Reparti della marina: sullo sfondo alcune delle impalcature il cui costo sarebbe di 700 mila euro

VIGILI IN STRAORDINARI - Prendendo questo risparmio a parametro, si potrebbe pensare che la parata (durata originaria 90 minuti) costi almeno 9 milioni di euro, ma i conti sono ben più complessi. Basti pensare ai costi accessori, come quelli a carico del Comune di Roma.

Da almeno due notti, un centinaio di vigili urbani fa straordinari oltre le 21 e fino alle ore piccole per consentire le "prove" dello schieramento di 264 Bandiere e Medaglieri, 5.890 militari, 500 civili, 209 quadrupedi, 284 mezzi. Tutti divisi in 7 settori dalla Cristoforo Colombo a Caracalla e il Celio. Nel frattempo si levano da Pratica di mare i 9 velivoli impiegati per l'esibizione delle Frecce Tricolori nei cieli della Capitale (martedì le prove).

Un bambino segue la parata del 2009 (Ansa)

Un bambino segue la parata del 2009 (Ansa)

SOSPENDERE TUTTO - I promotori della campagna contro le storture del bilancio pubblico hanno calcolato che con i fondi destinati alla parata militare del 2 giugno si potrebbero "coprire le indennità di disoccupazione per 32.200 precari che hanno perso il lavoro". E chiedono di sospendere la sfilata dei mezzi e delle truppe della Difesa a Roma.

"Troviamo fuori luogo - spiegano Marcon e Paolicelli - che mentre si sta per varare una manovra economica che chiede pesanti sacrifici al Paese si gettino in una anacronistica parata militare diversi milioni di euro".

Paracadutisti in parata ai Fori Imperiali (Eidon)

Paracadutisti in parata ai Fori Imperiali (Eidon)

IMPALCATURE A NOLEGGIO - Soltanto per le impalcature della parata "si spendono 700mila euro - sottolineano da Sbilanciamoci - Ed è bene ricordare che la Repubblica Italiana, come recita l'articolo 1 della Costituzione, si fonda sul lavoro e mai come in questo momento la Festa della Repubblica va dedicata non allo sfoggio di carri armati e cacciabombardieri, ma al lavoro, a chi lo perde e a chi è costretto a far fronte alla grande emergenza sociale causata dalla crisi". Pertanto, ribadiscono, "chiediamo che i soldi risparmiati evitando la parata vengano destinati a coprire l'indennitá di disoccupazione di 32.200 precari che hanno perso il posto di lavoro".

Nel 2009, aveva spiegato il ministro La Russa, il risparmio di 1 milione di euro era stato ottenuto "essenzialmente dalla riduzione delle tribune lungo dei Fori Imperiali e di altre strutture accessorie": in luogo delle costose tettoie sui posti a sedere, la Difesa aveva previsto di distribuire al pubblico "ombrelli tricolori in caso di pioggia".

FESTA DI PACE - Il sito PugliAntagonista rilancia intanto l'adunata dei pacifisti a Ponte Sant'Angelo: "Sarà un'altra festa della Repubblica, quella di chi ripudia la guerra e rifiuta la menzogna delle "missioni di pace"". Dalle 10 alle 13.30, azioni di animazione con musica, parole e colori. Partecipano gruppi musicali popolari. Poi una maratona oratoria con letture collettive degli articoli della costituzione e di poesie contro la guerra.

Ci sarà anche l'"atelier della pace" con i disegni dei bambini della scuola Iqbal Masih. Ci saranno i banchetti delle associazioni contro la guerra e per la raccolta delle firme per il referendum sull'acqua. All'iniziativa del 2 giugno partecipano una ventina tra associazioni e forum pacifisti.

Redazione online

01 giugno 2010

 

 

 

Ritratto sincero di un paese

Le parole del governatore sono applaudite da tutti. Il giorno dopo dimenticate da molti. Speriamo che almeno questa volta non sia così, perché Draghi ha detto più di quello che, con concretezza e lucidità, ha scritto. Una grande relazione. In sintesi. La lezione della crisi finanziaria è una sola: la colpa è del vuoto regolamentare americano e l’azzardo morale va sanzionato. Duramente. Le nuove regole sono però ostacolate ("Anche da molti di voi presenti") perché, si dice, freneranno la ripresa. Non è così. Dall’euro non si esce, ma si rafforzi il patto di stabilità e crescita. Non c’è solo la disciplina di bilancio. Se un Paese non fa le riforme necessarie a tutti, lavoro e istruzione per esempio, può ricevere una sanzione anche politica: la perdita del voto in sede comunitaria. L’ultima manovra del governo era necessaria e inevitabile, ma è incompleta. Si propone lodevolmente di contenere l’espansione della spesa pubblica all’1 per cento nel biennio 2011-12. Nota il governatore: negli ultimi dieci anni è cresciuta al ritmo del 4,6 per cento ogni dodici mesi.

Di colpo virtuosi? Speriamo. Se l’Italia ha sopportato meglio di altri la crisi, il merito è soprattutto della politica monetaria, meno del governo. L’estensione degli ammortizzatori sociali, però, è stata corretta ed efficace. La manovra agisce seriamente sulla spesa previdenziale (finestre ed età pensionabile), ma potrebbe abbassare il già debole tasso di crescita. Il rischio è una seconda recessione. "Macelleria sociale è l’evasione fiscale ". Solo di Iva si evadono trenta miliardi l’anno. Se l’avessimo pagata regolarmente in questi anni, il livello del debito sul prodotto lordo sarebbe fra i migliori d'Europa. Più forti dei tedeschi. L’evasione va combattuta, e il governo, ammette Draghi, si sta impegnando. Le risorse recuperate riducano le aliquote, specie sul lavoro. L’altro grande ostacolo (macigno) alla crescita è nell’espansione della criminalità organizzata e nella diffusione della corruzione. La prima incancrenisce le istituzioni e attenta alla libertà e all’incolumità dei cittadini; la seconda umilia il merito, distorce il mercato, deprime la crescita. Chi paga il conto più elevato della crisi? I giovani, le vere vittime. La riduzione degli occupati, nella fascia tra 20 e 34 anni, è stata sette volte superiore a quella degli anziani; le nuove assunzioni sono diminuite del 20 per cento; i salari d’ingresso sono fermi a 15 anni fa. E non è vero che facendo lavorare di più chi sta tra i 55 e i 64 anni (occupato solo il 36 per cento, la media europea è al 46) le opportunità per i giovani diminuiscono. Alcuni Paesi nordici lo dimostrano. Il mercato del lavoro va riformato con lo sguardo rivolto ai giovani e a chi ha meno diritti. Federalismo fiscale? Sì, purché chi spende troppo e male, paghi.

Oggi spesso viene rieletto. La riforma universitaria va nella direzione giusta. Le debolezze della nostra economia sono note, ma i punti di forza non sono pochi (risparmio privato, rapporto tra patrimonio e reddito tra i più elevati in Europa, debito estero tra i più bassi). Il vero problema è che la produttività non cresce. Il filo che unisce tutta la relazione di Draghi si può riassumere così. Il coraggio al Paese non è mancato in momenti più difficili. Perché dovrebbe venir meno ora? La crisi a livello internazionale richiede cooperazione nella responsabilità. Perché dovremmo dividerci proprio noi sulle scelte più importanti per il futuro del Paese? Non si tratta di vagheggiare improponibili governi di unità nazionale o di larghe intese, ma almeno di sperare che maggioranza e opposizione si confrontino un po’ di più sui contenuti, nella consapevolezza di far parte (tutti) della stessa comunità. È troppo sperarlo?

Ferruccio de Bortoli

01 giugno 2010

 

 

 

IL PROBLEMA

Manovra : il testo "inaccessibile"

Il testo del documento è effettivamente presente sul sito del Governo, ma è enorme e di fatto non fruibile da molti utenti, fra cui i non vedenti, a dispetto della Legge Stanca

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NOTIZIE CORRELATE

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Il canale "disabilità" di Corriere.it

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Il forum "legge e disabilità"

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Il forum "lavoro e disabilità"

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Il forum "Ditelo a noi"

MILANO - Correva l’anno 2003 quando il Parlamento italiano approvò la Legge 4 del 9 gennaio 2004, più nota coma "Legge Stanca", dal nome dell’allora Ministro per l’innovazione tecnologica. La disposizione, importante, imponeva l’accessibilità dei siti della Pubblica Amministrazione, adottando – per legge – anche in Italia standard internazionali (W3C) che garantiscano la fruibilità delle informazioni presenti in Internet a tutti i Cittadini, indipendentemente dalla disabilità o dagli strumenti informatici usati.

NON SOLO DISABILI - Fruibilità e accessibilità non sono solo problemi delle persone con disabilità, ma anche di quelle che non hanno dimestichezza con il web, che usano computer particolari, che non dispongono di collegamenti superveloci. In questi anni ci sono stati ulteriori provvedimenti ed azioni per promuovere ulteriormente l’accessibilità delle informazioni in Internet. Alcune iniziative sono anche culturalmente avanzate, come la realizzazione dell’Osservatorio sull’accessibilità dei servizi delle PA, sito istituzionale consultabile all’indirizzo http://www.accessibile.gov.it.

Il principio cardine di queste misure è uno: l’accessibilità e la fruibilità (che significa anche comprensibilità) dei servizi e delle informazioni rappresentano un indicatore – sempre più importante - di democrazia.

LA MANOVRA CORRETTIVA - Di come si possa rendere un’informazione inaccessibile, e di come il problema non riguardi solo le persone con disabilità, dà oggi un concreto esempio il sito del Governo (www.governo.it) pubblicando un testo di enorme importanza su cui vi è stato un dibattito serrato nelle ultime settimane: il decreto-legge che contiene la Manovra correttiva. Il sito del Governo ne pubblica il testo firmato dal Presidente della Repubblica in un documento che la dimensione di 14 "mega": un’enormità per un documento di testo di 200 pagine, che ne rende difficoltosa, se non impossibile, la consultazione da parte di chi non disponga di una linea super-veloce. Il perchè è presto detto: il documento è la scannerizzazione di altrettante pagine. È la fotografia dei singoli fogli e, pertanto, le dimensioni del file sono enormi ed ingestibili dal comune Cittadino. Inoltre, quel genere di documento non è consultabile da non vedenti, non consente la ricerca testuale, non consente l’estrapolazione di brani di testo. Ovviamente soluzioni alternative, anche di semplicissima realizzazione, erano alla portata dei tecnici di Palazzo Chigi, ma - con tutta evidenza – non si è ritenuto importante garantirne la massima diffusione e conoscenza.

Carlo Giacobini

01 giugno 2010

 

 

 

 

 

 

2010-05-31

Lo si apprende in ambienti del Qurinale

Manovra: Napolitano firma. Stralciata

la lista dei tagli agli enti culturali

Riduzione delle spese del ministero ma affidata a Bondi. Il presidente dell'Anm: "Magistrati pronti allo sciopero"

Lo si apprende in ambienti del Qurinale

Manovra: Napolitano firma. Stralciata

la lista dei tagli agli enti culturali

Riduzione delle spese del ministero ma affidata a Bondi. Il presidente dell'Anm: "Magistrati pronti allo sciopero"

Giorgio Napolitano (Ansa)

Giorgio Napolitano (Ansa)

ROMA - Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha firmato il decreto che contiene la manovra economica e finanziaria 2011-2012. Lo si apprende in ambienti del Qurinale. Il testo definitivo del decreto legge "è stato trasmesso domenica sera dalla presidenza del Consiglio dei ministri", riferisce una nota dell’ufficio stampa del Quirinale. Nel documento sarebbe stata stralciata la lista dei tagli ai 232 enti, fondazioni e istituti culturali per i quali aveva protestato il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi. Secondo fonti di Palazzo Chigi nel testo finale del provvedimento ci sarebbe comunque una riduzione delle spese per questo settore, affidata però alla valutazione del ministro. I magistrati, dopo l'incontro con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta sugli aspetti della manovra che riguardano la magistratura, si sono detti pronti a scioperare e "ad altre forme di lotta".

ANM: "PRONTI ALLO SCIOPERO" - "Siamo pronti allo sciopero", ha dichiarato il presidente dell'Associazione nazionale magistrati (Anm), Luca Palamara, al termine dell'incontro con Letta. "Abbiamo preso atto della conferma dei tagli che erano stati annunciati", ha proseguito Palamara. "Fino a questo momento per senso di responsabilità, avevamo congelato ogni iniziativa ma ora convocheremo il nuovo consiglio direttivo e siamo pronti allo sciopero e anche ad altre forme di protesta alternative (sciopero bianco, ndr). I magistrati vogliono fare la loro parte in un momento così difficile per il Paese, ma è grave che si preveda che chi guadagna di più paghi di meno. È inaccettabile essere considerati un costo e non una risorsa". Secondo il segretario dell’Anm, Giuseppe Cascini, "è assurdo che un magistrato che guadagna 150 mila euro se ne veda decurtati 2 mila dalla manovra, mentre uno che ne guadagna 70 mila debba contribuire alla soluzione della crisi economica con 20 mila in funzione del blocco dei primi aumenti automatici di stipendio, che sono i più consistenti e avvengono nei primi quindici anni di carriera", ha spiegato Cascini. "In questa manovra si può leggere la volontà di punire la magistratura italiana".

Redazione online

31 maggio 2010

 

 

 

la relazione annuale/"PIù POTERI PER LA RIMOZIONE DEI manager bancari scorretti"

Draghi: "Bene manovra, tagli inevitabili"

Berlusconi: riconosciuta la nostra azione

Il governatore di Bankitalia: "Ora le riforme. Ridurre le tasse con la lotta all'evasione. Corruzione frena sviluppo"

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ROMA - Crisi, riforme e crescita. Sono queste le parole d'ordine contenute nelle considerazioni finali di Mario Draghi all'Assemblea annuale della Banca d'Italia. Nel suo discorso (leggi), il governatore ha puntato il dito contro la corruzione diffusa nelle amministrazioni pubbliche del nostro Paese che, ha denunciato il numero uno di Palazzo Koch, finisce per frenare lo sviluppo. Non solo: con la crisi "i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancora più insopportabili": l'evasione "è un freno alla crescita perché richiede tasse più elevate per chi le paga", mentre "relazioni corruttive tra soggetti privati e amministrazioni pubbliche, in alcuni casi favorite dalla criminalità organizzata, sono diffuse". Una situazione davvero allarmante, certificata dalle periodiche graduatorie internazionali che "collocano l'Italia in una posizione sempre più arretrata". La "sfida" dell'Italia per superare la crisi, secondo Draghi, è quella di "coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita". Con la certezza però che "dall'euro non si torna indietro". Quanto alla manovra varata dal governo, la Banca d'Italia la promuove, apprezzandone i tagli alla spesa. "Agire era inevitabile", ha spiegato Draghi, auspicando allo stesso tempo il completamento delle riforme di pensioni e lavoro, denunciando il disagio dei giovani. La Vigilanza di Bankitalia, ha chiesto infine il governatore, deve avere più poteri per la rimozione di manager bancari scorretti.

MANOVRA - La manovra varata dal governo, con l'anticipo delle misure correttive per il 2011 e 2012 e i tagli alla spesa corrente, era "inevitabile", secondo Draghi, date le condizioni dei mercati. "Nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire, anche se le restrizioni di bilancio incidono sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana" ha specificato il governatore, sottolineando la necessità "di un attento scrutinio degli effetti della manovra per garantire il conseguimento degli obiettivi". Per il numero uno di Bankitalia poi è "urgente" rafforzare il Patto di stabilità europeo, introducendo sanzioni anche politiche per i Paesi che non lo rispettano.

BERLUSCONI - Il premier Silvio Berlusconi, attraverso una nota, ha fatto sapere di aver apprezzato "il riconoscimento che Mario Draghi ha dato all'azione di governo in termini di riduzione della spesa e lotta all'evasione fiscale, al fine del contenimento del deficit di bilancio". Quanto alla sfida lanciata dal Draghi di coniugare, attraverso riforme strutturali, risanamento dei conti e ritorno alla crescita, il presidente del Consiglio ha assicurato che si tratta di "un impegno che intendiamo proseguire sostenuti anche dallo stimolo della Banca d'Italia. Concordo con Draghi: il Paese ha forze sane e sufficienti per vincere la sfida".

GIOVANI E LAVORO - Nel suo discorso, il governatore Draghi ha più volte ribadito la necessità di riforme strutturali, prima fra tutte quella del mercato del lavoro che favorirebbe i giovani. "In molte altre occasioni - ha detto il numero uno di Bankitalia -, abbiamo affrontato il tema delle riforme strutturali. La crisi le rende ancora più urgenti" è il monito del governatore. "La crisi - ha aggiunto - ha acuito il disagio dei giovani nel mercato del lavoro". Per questo la "riforma del mercato del lavoro va completata, superando le segmentazioni e stimolando la partecipazione". "Una ripresa lenta accresce la probabilità di una disoccupazione persistente - è l'avvertimento di Draghi -. Questa condizione, specie se vissuta nelle fasi iniziali della carriera lavorativa, tende ad associarsi a retribuzioni successive permanentemente più basse".

EVASIONE FISCALE E MACELLERIA SOCIALE - Altro argomento caro al governatore della Banca d'Italia la lotta all'evasione. Secondo Draghi, le misure avviate dal governo devono necessariamente "consentire" la riduzione "delle aliquote. Il nesso fra le due azioni va reso visibile ai contribuenti" è l'opinione del governatore. Duro l'attacco agli evasori fiscali: "Macelleria sociale - ha detto Draghi - è una espressione rozza ma efficace: io credo che gli evasori fiscali siano i primi responsabili della macelleria sociale".

IVA - "Se l'Iva fosse stata pagata il nostro rapporto tra il debito e il Pil sarebbe tra i più bassi dell'Unione Europea" ha detto durante il suo intervento all'assemblea di Bankitalia il governatore. Draghi ha spiegato infatti che "tra il 2005 e il 2008 il 30% della base imponibile dell'iva è stato evaso: in termini di gettito sono oltre 30 miliardi l'anno, 2 punti di Pil".

"VIA I MANAGER SCORRETTI" - Dal numero uno di Palazzo Koch, infine, è arrivata una richiesta precisa in merito a banche e manager scorretti. La Banca d'Italia, è l'appello dei governatori, abbiano più poteri per rimuovere dalle banche, come avviene in altri Paesi e come consiglia il Comitato dei supervisori europei (Cebs), "i responsabili di gestioni scorrette o altamente rischiose prima che la situazione sia gravemente deteriorata e si debbano perciò attivare provvedimenti di rigore". Draghi ha sottolineato a tal riguardo l'azione massiccia della Vigilanza: nel 2009 le ispezioni a banche e intermediari sono state più di duecento. Inoltre, in un passaggio aggiunto a braccio alle sue considerazioni finali, Draghi ha parlato del ruolo delle Fondazioni come azionisti delle banche. "Non credo - ha voluto specificare il governatore - che sia interesse di nessuno, nemmeno delle Fondazioni, tornare agli anni '70-'80 quando la maggioranza di turno nominava gli amministratori delle banche e suggeriva anche i clienti privilegiati".

REAZIONI - Anche il Pd, come governo e maggioranza, plaude all'intervento del governatore Draghi. "Dalla relazione - ha detto Pierluigi Bersani - sono venute parole preoccupate e veritiere sulla situazione italiana. Un intervento che ha parlato di sforzo coerente ed unitario, di crescita, di riforme. È un terreno ben più alto - ha aggiunto però il segretario dei democratici attaccando l'esecutivo - di quello che ci propone la manovra, una manovra che, al di là della sua inevitabilità, emerge dalla relazione come contraria alla ripresa, inconsistente dal lato delle riforme e aleatoria dal punto di vista delle prospettive di controllo della spesa". "Condivido la relazione di Draghi, sono le stesse nostre tesi" ha commentato dal canto suo la leader di Confindustria, Emma Marcegaglia. "Bisogna ridurre la spesa e questa manovra lo fa - ha proseguito - e coniugare questo con la crescita della competitività. L'Italia ha questo problema da anni".

Redazione online

31 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-30

donadi (idv): "Mancano idee per il rilancio dell'economia e interventi strutturali"

Manovra, Pdl diviso sui tagli

L'ira di Bondi: "Esautorato"

Bocchino: "E' grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza non fosse stato avvertito"

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Bocchino: "E' grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza non fosse stato avvertito"

Italo Bocchino (Chianura)

Italo Bocchino (Chianura)

MILANO - Anche se il decreto legge sulla manovra deve ancora essere approvato dal capo dello Stato non mancano già le critiche al provvedimento. Ad incominciare dalla maggioranza che quello stesso provvedimento sarà presto chiamata ad approvare in Parlamento. "Avrei voluto che la decisione sugli enti a carattere culturale fosse stata presa insieme, il Ministero dei beni culturali non doveva essere esautorato" sottolinea il ministro della Cultura Sandro Bondi. "Io sono in totale sintonia con Tremonti sulle motivazioni che muovono la manovra, per le difficoltà in cui si muove il paese e la necessità di tagli coraggiosi. Molti degli enti che figurano in quell'elenco - aggiunge Bondi - vanno soppressi, ma alcuni come il Centro sperimentale di cinematografia, la Triennale di Milano, il Vittoriale, non possono in nessun modo essere considerati lussi". Quanto al fatto che il ministero sarebbe stato tenuto fuori dalla scelta, Bondi aggiunge: "Avrei voluto decidere insieme: il ministero non doveva essere esautorato. Ora mi metterò al lavoro con i miei collaboratori per capire quali di quegli enti sono eccellenze e quali sono inutili. Ma la scelta va fatta insieme".

I FINIANI - "Se un esponente autorevole del Pdl e del governo come Sandro Bondi dice di non aver saputo e di non condividere i tagli alla Cultura significa che c'è qualcosa di serio che non va", afferma Italo Bocchino esponente della corrente finiana del Pdl alla Camera e Presidente di Generazione Italia. "Da un lato - aggiunge Bocchino - è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, risorse che si potrebbero recuperare abolendo cose inutili e non strategiche come il Pra, l'agenzia dei segretari comunali o l'Unire, dall'altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonchè ministro, non fosse stato avvertito e consultato. Siamo dinanzi all'ennesima prova della necessità di una maggiore collegialità nelle scelte politiche del Pdl".

ROTONDI - C'è però chi nella maggioranza punta a rasserenare gli animi ed, anzi invita anche l'opposizione ad appoggiare la manovra. "Rafforzare la ripresa, rilanciare del tutto lo sviluppo, evitare la pressione fiscale, tagliare le spese inutili: è la piattaforma su cui tutti si devono ritrovare", scrive in una nota il ministro per l'Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi. "La manovra è articolata, impone certo dei sacrifici ma non tocca il capitolo delle tasse. Anzi, guarda allo sviluppo come azione per consentire che la ripresa sia più rapida. L'opposizione non si chiuda a riccio, dia piuttosto un contributo costruttivo" conclude Rotondi.

IDV - Di tutt'altro parere alcuni degli esponenti dell'opposizione. "È una manovra "lacrime e tagli" e basta. Mancano completamente idee per il rilancio dell'economia e interventi strutturali. A pagare saranno sempre gli stessi, mentre speculatori e grandi rendite improduttive non vengono toccate. Il balletto sulla firma dimostra anche il grado di confusione di questo governo, che sempre ha negato l'esistenza stessa della crisi e ora si trova a doverla fronteggiare senza essere preparato. Se non fossero stati così irresponsabili, oggi il Paese si troverebbe in condizioni diverse " afferma il capogruppo Idv Massimo Donadi.

Redazione online

30 maggio 2010

 

 

 

Le "gabbie fiscali" nel redditometro Calcoli diversi tra Nord e Sud

Studi di settore, verso lo stop per i professionisti. Subito al fisco le fatture elettroniche oltre 3 mila euro

LA MANOVRA

Le "gabbie fiscali" nel redditometro Calcoli diversi tra Nord e Sud

Studi di settore, verso lo stop per i professionisti. Subito al fisco le fatture elettroniche oltre 3 mila euro

ROMA — Prima il controllo della Ragioneria sulle spese di Palazzo Chigi: dove, tanto per dirne una, i voli blu hanno ripreso i ritmi allegri del passato. Poi l’abolizione delle Province più piccole (e ti pareva…). Quindi il taglio del finanziamento pubblico alla politica, trasformato in una spuntatina quasi indolore, tenuto conto delle risorse che i partiti ingoiano. E alla fine hanno salvato pure l’Istituto per il Commercio con l’estero, in predicato per essere inglobato nella Farnesina e nello Sviluppo economico. Sopravvivrà. In una manovra impostata per mettere finalmente a dieta la spesa pubblica e colpire qualche intollerabile rendita di posizione, che ha cominciato a perdere pezzi ancora prima di arrivare in Parlamento, il pacchetto fiscale però regge ancora.

Il nuovo fisco

Qualcuno potrebbe considerarlo un mezzo miracolo, in un Paese dove il 27% del Prodotto interno lordo sfugge regolarmente al Fisco e l’evasione veleggia paciosamente (e sfrontatamente) verso quota 100 miliardi l’anno. O forse più. E tale sarà, se uscirà indenne dalla battaglia parlamentare che già si prepara. Perché le misure della manovra fiscale, va detto, sono oggettivamente senza precedenti per una maggioranza che nel passato aveva sostenuto la politica scriteriata dei condoni e delle sanatorie. Certo, si è dovuto rispolverare il principio, anche se in forma più morbida (il tetto massimo per l’uso "legittimo" dei soldi liquidi è fissato a 5 mila euro), della tracciabilità dei pagamenti su cui aveva puntato il centrosinistra. E che il centrodestra aveva spazzato via bollandolo come una forma insensata di controllo poliziesco sul denaro, sottolineando come in caso contrario il limite per l’utilizzo del contante sarebbe sceso progressivamente fino a 100 euro. Ma la tanto contestata tracciabilità, unita ad altri due meccanismi come il nuovo redditometro e la fattura telematica potrebbe davvero rappresentare, se non altro sulla carta, un deterrente micidiale per l’evasione. Il redditometro, innanzitutto. I tecnici di Attilio Befera, il capo dell’Agenzia delle Entrate, ci stanno lavorando da settimane. Per arrivare a una soluzione completamente diversa dall’ormai desueto meccanismomesso a punto negli anni Ottanta. La grossa novità è che sarà impostato su un criterio territoriale. Diverso quindi da regione a regione, ma anche da provincia e provincia, come da città e periferia. Il redditometro dei milanesi sarà differente da quello dei romani o dei palermitani. Secondo l’idea che un avvocato o un dentista di Milano ha di sicuro maggiori possibilità economiche rispetto a quelle di un suo collega di Napoli o Reggio Calabria. Una specie di "gabbia salariale" fiscale per i ricchi e i benestanti che funzionerà sulla base di numerosi parametri. Non più soltanto la barca, la Porsche o il cavallo nel maneggio, ma pure le crociere di superlusso, le scuole private con rette astronomiche, i circoli sportivi da vip, le palestre alla moda…

Studi di settori e acquisti di lusso

La prospettiva che lascia intravedere il Fisco con l’applicazione di questo redditometro è clamorosa: l’abolizione degli studi di settore, almeno per le categorie dei professionisti. Anche perché, se il sistema funzionerà come deve, non dovrebbero sfuggire agli uomini di Befera nemmeno le spese personali particolarmente elevate e gli acquisti di beni di lusso. Ciò a causa, o meglio per merito, della fattura elettronica, obbligatoria sopra i 3 mila euro. Il grossista sarà costretto a fatturare al dettagliante il quale, a sua volta, dovrà emettere fattura al cliente finale, anche se privato cittadino. E tutto, qui sta il segreto, non resterà negli archivi dei commercianti, ma finirà all’Agenzia delle Entrate, la quale potrà tenere sotto controllo l’intera filiera. In concreto: chiunque comprasse un Rolex d’oro, un anello di diamanti, una pelliccia o un costoso abito firmato, il Fisco verrebbe a saperlo. Sempre in teoria, naturalmente.

La stretta sulle società

In questo mondo "fiscalmente perfetto" non verranno risparmiate nemmeno le società che chiudono regolarmente in perdita. Sono metà di tutte quelle iscritte alle Camere di commercio: una percentuale da una quantità esagerata di tempo al centro del sospetto che i bilanci in perdita siano frutto di elusione fiscale piuttosto che di cattive performance economiche. Tanto più perché gran parte di esse hanno soltanto la funzione di custodire qualche proprietà immobiliare o lo yacht di famiglia. Senza parlare delle società che aprono e chiudono i battenti nel giro di un anno. O anche meno. Tantissime. Decisamente troppe per non far sorgere, anche qui, il dubbio che la loro vita effimera abbia spesso motivazioni truffaldine: per esempio la fabbricazione di fatture false. Ecco perché, assicura l’Agenzia delle Entrate, saranno oggetto di controlli a tappeto. La Guardia di finanza sarebbe già al lavoro.

Banche sostituti d’imposta

Altro capitolo, quello delle ristrutturazioni edilizie che ottengono il beneficio fiscale di uno sgravio del 36% a patto che i pagamenti avvengano tramite bonifico bancario. Il fatto è che i bonifici materialmente si fanno, e anche le fatture si emettono. Ma poi alcune di loro spariscono nelle nebbie. Che fare per arginare il fenomeno senza abolire l’agevolazione per chi rimette a posto casa? Con la manovra le banche diventeranno sostituto d’imposta: tratterranno il 20% dell’importo del bonifico, che verrà automaticamente girato al Fisco. Soltanto questo piccolo accorgimento vale, secondo l’Agenzia delle Entrate, qualcosa come un miliardo di euro. Ce n’è anche per i cittadini che si vedono recapitare a casa una cartella esattoriale. D’ora in poi si dovranno scordare di prendere un po’ di tempo facendo ricorso, perché con l’iscrizione a ruolo scatterà anche l’accertamento. E si dovrà pagare subito. Inutile dire che sarebbero tutti più contenti se contemporaneamente all’introduzione di questa norma draconiana si risolvesse anche il problema delle vessazioni, ben documentate da una inchiesta di "Report", la trasmissione di Milena Gabanelli su Raitre, alle quali talvolta vengono sottoposti i comuni mortali che hanno a che fare con multe o tasse già pagate, e di cui si pretende ingiustamente il pagamento. Sarà anche, come dicono al Fisco, un problema limitato a Napoli e Roma, e la cui responsabilità andrebbe attribuita soprattutto ai Comuni. Resta sempre il fatto che di questo, nella manovra, non c’è ahimè una sola riga.

Sergio Rizzo

30 maggio 2010

 

 

 

 

LE MISURE ANTi-CRISI. L'Anm: "Per ora non scioperiamo"

Berlusconi alla fine firma la manovra

Via libera dal premier che prima aveva detto: "Firmerò quando Napolitano darà la sua valutazione"

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ROMA - Tormentato e travagliato il cammino della manovra fin dalla sua nascita. Tanto che l'ultimo passaggio del governo, quello della consegna del testo Quirinale diveniva più difficile del previsto, per l'assenza della firma del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Che però alla fine firmava. Permettendo così il vaglio costituzionale del decreto da parte del capo dello Stato. "Il testo della manovra economica, già firmato dal Presidente del Consiglio, è ora al Quirinale in attesa della valutazione del Capo dello Stato. Lunedì mattina il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, riceverà una delegazione di Intermagistrature e dell'Associazione Nazionale Magistrati" affermava alla fine una nota di Palazzo Chigi. A cui faceva eco subito dopo il Quirinale che spiegava che il Presidente della Repubblica stava esaminando il testo del decreto legge.

IL CHIARIMENTO - Un comunicato quello di Palazzo Chigi che chiariva i contorni di quello che rischiava di diventare l'ennesimo caso nei confronti del testo della manovra di cui non si conosce finora l'esatto contenuto. La manovra? "E’ all’attenzione del Capo dello Stato". Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva risposto in mattinata, all’uscita da Palazzo Grazioli, ai giornalisti che gli chiedevano a che punto fossero i lavori sulla manovra economica e se, a differenza di quanto aveva detto venerdì l’avesse firmata. "La manovra viene firmata quando il Colle avrà dato la sua valutazione", aveva concluso il premier. Questo però dopo che venerdì pomeriggio c'era già stato un colloquio di circa un'ora tra il Capo dello Stato e Silvio Berlusconi al Quirinale con all'ordine del giorno la nomina dei Cavalieri del lavoro in occasione della festa del 2 giugno. Il Cavaliere era salito al Colle nelle vesti di ministro dello Sviluppo ad interim, ma l'occasione era servita anche per fare il punto su altri temi come, per esempio, la manovra economica. Il presidente della Repubblica si sarebbe informato con il premier sul testo che fino a venerdì sera non era stato ancora trasmesso dal governo ai suoi uffici. Berlusconi, nel corso dell'incontro avrebbe spiegato a Napolitano, così come ha fatto successivamente conversando con i giornalisti, di non averla ancora firmata. Questione di ore, si spiegava in ambienti parlamentari della maggioranza, per consentire poi al Quirinale di fare le opportune valutazioni prima di dare il via libera al documento che il governo auspica possa essere messo in Gazzetta già lunedì prossimo. Provvedimento di "difficile composizione" perché ancora si devono aggiustare alcune voci all'interno della stessa maggioranza.

IL DICASTERO DELLO SVILUPPO - Durante il lungo colloquio, il Cavaliere avrebbe accennato anche al nodo della successione a Claudio Scajola spiegando al Capo dello Stato di sperare ancora di poter trovare un tecnico di rango per quel ruolo. Anche se, avrebbe ammesso, la ricerca fino ad ora non ha dato esiti positivi. Tra i nomi che circolano per il ministero dello Sviluppo ci sarebbe anche quello di Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust, che però ha precisato che la sua candidatura è nata solo sui giornali. In mattinata si era recato a Palazzo Grazioli il presidente dell'Eni Paolo Scaroni, una visita che aveva alimentato altre voci, ma che anche in questo caso non hanno trovato conferme.

ANM - Intanto l'Associazione nazionale magistrati afferma di non avere intenzione di proclamare oggi uno sciopero contro le misure previste nella manovra finanziaria, ma non è escluso che si possa arrivare ad una forma di protesta così dura se "le misure nei confronti dei magistrati fossero caratterizzate da iniquità e ingiustizia sia nei confronti di altre categorie sia all'interno della stessa magistratura, con un danno soprattutto per i magistrati più giovani". Questa la posizione espressa dal segretario del sindacato delle toghe, Giuseppe Cascini, nel corso della riunione del "parlamentino" convocato in via straordinaria proprio per discutere della manovra, per sabato mattina. "Non rinunciamo alla possibilità di proclamare uno sciopero - spiega Cascini - ma oggi sarebbe inopportuno farlo, data l'incertezza che vi è ancora sui testi. L'Anm dovrà protestare con fermezza e con ogni mezzo, anche con il ricorso allo sciopero, se ci saranno misure inique (taglio di stipendio, ndr). I magistrati non intendono sottrasi al proprio dovere di cittadini per contribuire a risolvere la grave crisi del Paese, ma ciò deve avvenire in termini di equità e di giustizia".

DI PIETRO - Sul fronte politico il leader di Italia dei valori, Antonio Di Pietro, da Reggio Calabria per un'iniziativa del suo partito critica la manovra: "I tagli di questa manovra sono contro il Sud. Non ci sono dubbi che esistano sacche di malaffare ma per coprire i buchi del debito pubblico si fanno pagare sempre i soliti e cioè i lavoratori del pubblico impiego e soprattutto i pensionati del Mezzogiorno". "Ci fanno pagare pure il minimo accesso alla vita - ha affermato l'ex pm - e se continua così oltre a privatizzare l'acqua questo governo tenterà di privatizzare anche l'aria che respiriamo, ed invece tutti abbiamo il diritto all'acqua perché è un bisogno naturale insopprimibile dell'essere umano".

Redazione online

29 maggio 2010(ultima modifica: 30 maggio 2010)

 

 

 

 

Pensioni, per l’età del ritiro varrà l’aspettativa di vita

Scuola e magistrati, spunta il recupero degli scatti congelati dalla manovra

Liquidazioni a rate per gli statali soltanto oltre 90 mila euro

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ROMA - La minaccia della rateizzazione per la buonuscita degli statali, che nell’ultima settimana ha provocato una vera e propria fuga verso la pensione da parte di chi aveva già i requisiti, è rientrata. Nella versione del decreto con la manovra di correzione dei conti pubblici inviata dal governo al Quirinale, la corresponsione a rate riguarderà solo le liquidazioni di importo superiore ai 90 mila euro. Ma non è questa l’unica concessione strappata all’ultimo momento dai sindacati. Per ora c’è solo un impegno politico, ma il governo, dopo le proteste di Cisl e Uil, sarebbe pronto a riconsiderare anche il congelamento degli scatti di carriera per gli insegnanti della scuola. E forse a fare qualcosa anche per alleggerire il peso della manovra sui magistrati.

Nel decreto le norme che bloccano gli scatti degli insegnanti non sono state toccate. Ma l’insistenza del segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, sembra aver fatto breccia nell’esecutivo. Così, nel corso dell’esame parlamentare del decreto, l’assicurazione politica che sarebbe già stata strappata dal sindacato potrebbe tramutarsi in qualcosa di più concreto. Un emendamento, o forse un ordine del giorno che impegni il governo a recuperare alla fine del 2013 gli scatti settennali che dovessero essere perduti per l’effetto del decreto, e che per gli insegnanti, colpiti anche dal congelamento dei contratti, sono l’unica forma di progressione della carriera. Una forma di recupero potrebbe essere garantita anche ai magistrati, che sono scesi in stato di agitazione ed hanno accantonato, ma solo per il momento, la minaccia di uno sciopero. Pronti a organizzare sul territorio "iniziative di protesta e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sullo stato della giustizia in Italia" e delusi per la manovra "iniqua, sperequata e incostituzionale", i magistrati saranno ricevuti domani dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Nei loro confronti il governo potrebbe considerare anche un alleggerimento del blocco dei salari, così come la decurtazione del 10% degli emolumenti corrisposti a tutti i rappresentanti degli organi di autogoverno della magistratura, anche contabile.

Mentre la manovra si addolcisce sul fronte del pubblico impiego, e dunque sul breve termine, iministri dell’Economia e del Lavoro, Giulio Tremonti e Maurizio Sacconi, si preoccupano di blindare i conti pubblici sull’orizzonte temporale più lungo. Così ieri i due ministri hanno firmato il decreto che dà attuazione definitiva alle misure già varate l’anno scorso per collegare dal 2015 l’età pensionabile all’aumento delle speranze di vita della popolazione. Entro giugno del 2014 l’Inps stabilirà, sia per gli uomini che per le donne, di quanti mesi dovrà aumentare il requisito minimo di età, oggi fissato a 65 anni, per accedere al pensionamento. La base del calcolo, che sarà effettuato dall’Istat tenendo conto dell’indice armonizzato sulla speranza di vita di tutta la popolazione residente in Italia, sarà il 2010. Il primo incremento, previsto per tutti dal primo gennaio del 2015, non sarà comunque superiore a tre mesi, mentre i successivi adeguamenti dell’età pensionabile avverranno, sulla base degli stessi criteri, ogni tre anni. Con una clausola un po’ sinistra: se Dio non voglia la speranza di vita media dovesse ridursi, di ciò non si terrà conto, ed i requisiti di pensionamento non saranno abbassati.

Mario Sensini

30 maggio 2010

 

 

 

 

Meno stato più società

Necessaria, tempestiva, utile. Si sprecano i giudizi positivi dell’Europa, del Fondo monetario, della Confindustria — "i medici pietosi" — sulla manovra del governo. Anche sufficiente? Sì, ad arrestare la febbre, che minacciava di salire. No, a curare la malattia, che è cronica. Sì, a farci "passare la nottata". No, a metterci al riparo da quelle che verranno.

La dilatazione della sfera pubblica — che ormai assorbe il cinquanta per cento della ricchezza prodotta — provoca due distorsioni. Prima: una spesa — cresciuta di 90 miliardi negli ultimi cinque anni— nelle pieghe della quale si annidano sprechi, distrazione di risorse a uso clientelare, corruzione, assistenzialismo, distribuzione a geometria variabile della ricchezza agli interessi corporativi più forti con pregiudizio del principio di equità. Il Paese si impoverisce progressivamente. Seconda: una contrazione dei margini di autonomia della Società civile e delle libertà individuali, che aumenta i costi delle transazioni private, mortifica lo spirito imprenditoriale, penalizza meritocrazia e ricerca. Il Paese ne è progressivamente sfiancato.

Il malato— lo Stato sociale— è inguaribile perché il medico (la politica) non sa curare se stesso. I governi — quale ne sia il colore, e che ne ricavano una "rendita politica" — rimediano alla prima distorsione, con manovre congiunturali, "tampone", ignorando sistematicamente la seconda. Le riforme cosiddette strutturali, che darebbero alla sfera pubblica ciò che è della sfera pubblica, riducendone le dimensioni, e alla Società civile ciò che è della Società civile, riconoscendole maggiori spazi di autonomia, non si fanno perché non convengono a nessuno. Non alla politica, non alla Pubblica amministrazione, che sono per lo status quo, non alle corporazioni e agli interessi organizzati, non all'area del parassitismo pubblico e a quella delle clientele private, che ci guadagnano. La manovra è la radiografia dello stato dei rapporti fra politica e Società civile; fra una politica— fondata sui sondaggi, e su una leadership a forte carica populista, che promette le riforme e poi non le fa per accontentare tutti— e una Società civile che, per la parte che conta, non le vuole.

La solitudine del ministro dell'Economia — assediato, in Consiglio dei ministri, dalle richieste di spesa dei suoi stessi colleghi — è paradigmatica di una sovrastruttura (la cultura) ideologica, anti-empirica e poco pragmatica, nonché anti-individualistica e anti-meritocratica, e di una struttura (la società) corporativa, chiusa, che, nei secoli, hanno prodotto, culturalmente, "il genio" isolato e, politicamente, demagoghi e populisti di successo, mai una "scuola di pensiero" organica, senza la quale il gattopardismo, il trasformismo, in definiva, la Reazione al cambiamento, diventano prassi. Lo Stato non è lo strumento a difesa dei diritti individuali del cittadino — come vuole il costituzionalismo liberale— ma, degradato a puro statalismo, pretende siano i cittadini a essere al suo servizio, secondo l'imperativo razionalista e totalitario della "volontà generale" nella quale si fondono e si annullano le autonomie e le singole libertà individuali.

Piero Ostellino

30 maggio 2010

 

 

 

 

L’intervista - Il segretario dei Democratici: non c’è una politica economica, fanno come un sarto che per due anni sbaglia il vestito, le correzioni non bastano

"A tagliare così capaci anche i bambini"

Bersani: il Pd dirà no a questa manovra, governo contro ogni logica costituzionale

L’intervista - Il segretario dei Democratici: non c’è una politica economica, fanno come un sarto che per due anni sbaglia il vestito, le correzioni non bastano

"A tagliare così capaci anche i bambini"

Bersani: il Pd dirà no a questa manovra, governo contro ogni logica costituzionale

ROMA—Il segretario del Pd non ha dubbi: il suo partito voterà "no" alla manovra. Di più, Pier Luigi Bersani accusa Tremonti di aver avuto un atteggiamento schizofrenico in politica economica e punta l’indice contro il premier e il ministro dell’Economia, che hanno agito "fuori da ogni logica costituzionale".

Onorevole Bersani, il Partito democratico accusa il governo Berlusconi di non aver fatto una manovra strutturale.

"Prima di parlare di questo dobbiamo chiederci perché si fa la manovra. Non può passare in cavalleria il fatto che essa sia il frutto amaro di due anni di politica economica sbagliata".

Beh, veramente è l’Europa che chiede a tutti i Paesi di mettere i conti a posto, non è una sortita di Berlusconi e Tremonti.

"L’Europa fa bene a chiedere di mettere i conti a posto. Ma se non li abbiamo a posto è totale responsabilità del governo. Al contrario degli altri governi europei quello italiano non ha speso nulla né per stimolare l’economia, né per salvare le banche. Per quale motivo ora dobbiamo fare un’altra manovra? Ha detto che andava tutto bene, ci ha raccontato un sacco di frottole e ha aumentato la spesa corrente, diminuito gli investimenti, abbassato la crescita, consentito minori entrate fiscali e non ha fatto nessuna riforma. Questo è il punto da cui partire: quello che hanno raccontato loro presentandoci questa manovra è un insulto alla verità".

Tornando al merito della manovra economica varata dal governo, qual è il suo giudizio, onorevole Bersani?

"Tornando al merito, questa manovra bombarda i redditi medi e bassi, ma non risolve il problema dei conti pubblici, per cui tra un anno, o anche meno, saremo da capo a dodici".

Quali riforme strutturali avreste introdotto voi?

"La riforma del fisco, le liberalizzazioni, riforme che incidano sulla pubblica amministrazione ".

Può fare degli esempi concreti, tanto perché si capisca, altrimenti, come sempre nella politica, si rischia di perdersi nelle parole?

"Prima di tutto spostare il carico su rendite, ricchezze ed evasione e alleggerirlo su imprese, lavoro e famiglie. Quanto alla pubblica amministrazione ci vogliono piani industriali, se ad esempio si abolisce il pubblico registro automobilistico ottieni dei risultati. Se fai dei proclami sui fannulloni i risultati non ci sono".

Il presidente del Consiglio sostiene che però il suo governo, nonostante la manovra, ha mantenuto la parola data e non ha aumentato le tasse.

"Che senso ha dire queste cose quando in termini di minori sevizi ho dei tagli alle retribuzioni e tutto finirà addosso alle tasche dei redditi medi e bassi? Oppure quando non dai più un’occhiata a quel che fanno le assicurazioni, al prezzo della benzina o alle farmacie? La verità è che questo governo non ha mai avuto una politica economica, ma solo una politica di bilancio che è cosa assai diversa. Anche un bambino è capace di fare i tagli lineari".

La manovra economica del governo Berlusconi "toglie" anche alle Regioni e agli enti locali. Il giudizio del suo partito su questa operazione?

"È un’operazione che si rivelerà o una catastrofe o un’illusione. Vuol dire togliere soldi all’istruzione, alla formazione professionale, ai servizi sociali, alle piccole imprese e ai trasporti. Uno che ha i redditi di Berlusconi non avrà niente di cui preoccuparsi ".

Altro capitolo cruciale, le pensioni. Non sarebbe ora di allungare l’età pensionabile, o non si può dire perché si teme il giudizio degli elettori?

"Il vero problema è un altro: c’è un’intera generazione che rischia di non avere una pensione dignitosa. Bisogna rivedere il sistema e, a parità di costi, impostare le cose per ottenere che anche questa gente abbia una pensione dignitosa in futuro".

A questo punto, onorevole Bersani, visto i giudizi che ha dato finora, sembra inutile chiederle se vi asterrete sulla manovra.

"Quando un sarto per due anni sbaglia il vestito noi non ci aspettiamo che con delle correzioni, anche positive, il vestito possa andar bene. Certo, in Parlamento presenteremo le nostre correzioni, partendo dall’idea di ottenere delle risorse dai redditi da capitale finanziario e utilizzarle per detassazioni finalizzate all’assunzione di giovani a tempo indeterminato e di potenziare gli strumenti della lotta contro l’evasione ".

Si è capito: no, no e ancora no. Però anche Tremonti dice di voler potenziare la lotta all’evasione.

"Figuriamoci: questo è un governo che ha fatto un condono fiscale vergognoso, tassando solo il cinque per cento chi doveva pagarne il 40. Non avremmo avuto la manovra se avessero fatto le cose per bene. E, a proposito di condoni, vogliamo parlare di quello edilizio che hanno intenzione di fare?".

Il Partito democratico discuterà questa manovra con le forze sociali? Sono già previsti degli incontri, delle iniziative?

"Prima dobbiamo veder bene la manovra. Le carte sono state cambiate tante volte e solo alla fine le hanno portate alla firma del presidente della Repubblica. Nessuno finora ha mai saputo bene chi ha fatto la manovra, che cosa veramente è stato varato in Consiglio dei ministri. È una vergogna, è una roba fuori da ogni logica costituzionale. È solo spiegabile con le loro risse interne e con le loro lotte di potere".

Lei è molto duro con Tremonti, eppure il ministro dell’Economia sembra non dispiacere a una parte della sinistra.

"C’è stato un po’ di conformismo attorno alle manovre tremontiane. Un errore. Il ministro dell’Economia fa mostra di avere una filosofia cosmica catastrofista e poi segue le indicazioni ottimistiche, azzurrine come il cielo che fa da sfondo alle sue conferenze stampa, di Berlusconi. È una sorta di dissociazione schizofrenica".

Tra un po’ comincerà il solito tormentone, lei è pronto, segretario? Tutti le chiederanno se il Partito democratico aderirà o meno allo sciopero generale della Cgil e alla manifestazione del 12 giugno".

"Noi faremo come sempre. Andiamo alle nostre manifestazioni. Quanto a quelle organizzate da altri, se hanno delle piattaforme coerenti con i nostri programmi, allora i dirigenti e i militanti del Partito democratico saranno presenti".

Maria Teresa Meli

30 maggio 2010

 

 

 

 

 

LE MISURE ANTi-CRISI. L'Anm: "Per ora non scioperiamo"

Berlusconi alla fine firma la manovra

Via libera dal premier che prima aveva detto: "Firmerò quando Napolitano darà la sua valutazione"

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Il premier Berlusconi (Ap)

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ROMA - Tormentato e travagliato il cammino della manovra fin dalla sua nascita. Tanto che l'ultimo passaggio del governo, quello della consegna del testo Quirinale diveniva più difficile del previsto, per l'assenza della firma del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Che però alla fine firmava. Permettendo così il vaglio costituzionale del decreto da parte del capo dello Stato. "Il testo della manovra economica, già firmato dal Presidente del Consiglio, è ora al Quirinale in attesa della valutazione del Capo dello Stato. Lunedì mattina il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, riceverà una delegazione di Intermagistrature e dell'Associazione Nazionale Magistrati" affermava alla fine una nota di Palazzo Chigi. A cui faceva eco subito dopo il Quirinale che spiegava che il Presidente della Repubblica stava esaminando il testo del decreto legge.

IL CHIARIMENTO - Un comunicato quello di Palazzo Chigi che chiariva i contorni di quello che rischiava di diventare l'ennesimo caso nei confronti del testo della manovra di cui non si conosce finora l'esatto contenuto. La manovra? "E’ all’attenzione del Capo dello Stato". Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva risposto in mattinata, all’uscita da Palazzo Grazioli, ai giornalisti che gli chiedevano a che punto fossero i lavori sulla manovra economica e se, a differenza di quanto aveva detto venerdì l’avesse firmata. "La manovra viene firmata quando il Colle avrà dato la sua valutazione", aveva concluso il premier. Questo però dopo che venerdì pomeriggio c'era già stato un colloquio di circa un'ora tra il Capo dello Stato e Silvio Berlusconi al Quirinale con all'ordine del giorno la nomina dei Cavalieri del lavoro in occasione della festa del 2 giugno. Il Cavaliere era salito al Colle nelle vesti di ministro dello Sviluppo ad interim, ma l'occasione era servita anche per fare il punto su altri temi come, per esempio, la manovra economica. Il presidente della Repubblica si sarebbe informato con il premier sul testo che fino a venerdì sera non era stato ancora trasmesso dal governo ai suoi uffici. Berlusconi, nel corso dell'incontro avrebbe spiegato a Napolitano, così come ha fatto successivamente conversando con i giornalisti, di non averla ancora firmata. Questione di ore, si spiegava in ambienti parlamentari della maggioranza, per consentire poi al Quirinale di fare le opportune valutazioni prima di dare il via libera al documento che il governo auspica possa essere messo in Gazzetta già lunedì prossimo. Provvedimento di "difficile composizione" perché ancora si devono aggiustare alcune voci all'interno della stessa maggioranza.

IL DICASTERO DELLO SVILUPPO - Durante il lungo colloquio, il Cavaliere avrebbe accennato anche al nodo della successione a Claudio Scajola spiegando al Capo dello Stato di sperare ancora di poter trovare un tecnico di rango per quel ruolo. Anche se, avrebbe ammesso, la ricerca fino ad ora non ha dato esiti positivi. Tra i nomi che circolano per il ministero dello Sviluppo ci sarebbe anche quello di Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust, che però ha precisato che la sua candidatura è nata solo sui giornali. In mattinata si era recato a Palazzo Grazioli il presidente dell'Eni Paolo Scaroni, una visita che aveva alimentato altre voci, ma che anche in questo caso non hanno trovato conferme.

ANM - Intanto l'Associazione nazionale magistrati afferma di non avere intenzione di proclamare oggi uno sciopero contro le misure previste nella manovra finanziaria, ma non è escluso che si possa arrivare ad una forma di protesta così dura se "le misure nei confronti dei magistrati fossero caratterizzate da iniquità e ingiustizia sia nei confronti di altre categorie sia all'interno della stessa magistratura, con un danno soprattutto per i magistrati più giovani". Questa la posizione espressa dal segretario del sindacato delle toghe, Giuseppe Cascini, nel corso della riunione del "parlamentino" convocato in via straordinaria proprio per discutere della manovra, per sabato mattina. "Non rinunciamo alla possibilità di proclamare uno sciopero - spiega Cascini - ma oggi sarebbe inopportuno farlo, data l'incertezza che vi è ancora sui testi. L'Anm dovrà protestare con fermezza e con ogni mezzo, anche con il ricorso allo sciopero, se ci saranno misure inique (taglio di stipendio, ndr). I magistrati non intendono sottrasi al proprio dovere di cittadini per contribuire a risolvere la grave crisi del Paese, ma ciò deve avvenire in termini di equità e di giustizia".

DI PIETRO - Sul fronte politico il leader di Italia dei valori, Antonio Di Pietro, da Reggio Calabria per un'iniziativa del suo partito critica la manovra: "I tagli di questa manovra sono contro il Sud. Non ci sono dubbi che esistano sacche di malaffare ma per coprire i buchi del debito pubblico si fanno pagare sempre i soliti e cioè i lavoratori del pubblico impiego e soprattutto i pensionati del Mezzogiorno". "Ci fanno pagare pure il minimo accesso alla vita - ha affermato l'ex pm - e se continua così oltre a privatizzare l'acqua questo governo tenterà di privatizzare anche l'aria che respiriamo, ed invece tutti abbiamo il diritto all'acqua perché è un bisogno naturale insopprimibile dell'essere umano".

Redazione online

29 maggio 2010

 

 

 

Il segretario del Partito democratico: "È falso dire che ce la chiede l'Europa"

Bersani: "Manovra ai limiti

della Costituzione"

"È il frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne e di una politica economica dissennata"

Il segretario del Partito democratico: "È falso dire che ce la chiede l'Europa"

Bersani: "Manovra ai limiti

della Costituzione"

"È il frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne e di una politica economica dissennata"

Pier Luigi Bersani (Ansa)

Pier Luigi Bersani (Ansa)

ROMA - La manovra correttiva "è il frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne e di una politica economica dissennata". Lo ha affermato il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, ai microfoni di Sky Tg24. "È uno spettacolo inverecondo, non si sa bene cosa il Consiglio dei ministri abbia approvato" ed è una situazione "ai limiti estremi del quadro costituzionale". "Poi queste carte finiscono in mano a non si sa chi, vengono rimaneggiate prima di essere portate dal presidente della Repubblica. Tutto questo - prosegue Bersani - avviene perché ci sono differenze, eufemismo per dire risse, dentro il governo. Vedremo queste carte cambiare più volte nei prossimi giorni".

FRUTTO AMARO DI DUE ANNI DI MENZOGNE - Prosegue poi il leader del Pd nel suo duro attacco alla politica economica del governo: "Vorrei sapere se nella manovra se ci sono ancora le norme che raddrizzano le procedure della Protezione civile, tanto per fare un esempio". La cosa che sconcerta di più Bersani "è che non ci si spieghi perché dobbiamo fare questa manovra. Dire che ce la chiede l'Europa è una falsità. L'Europa ci chiede i conti a posto, ma se i conti non sono a posto è tutta responsabilità del governo. Questa manovra è il frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne, di una politica economica dissennata che ci ha portato fuori binario nella spesa corrente, che ha ridotto gli investimenti, e quindi ha abbassato la crescita, e che non ha tenuto i conti a posto. Adesso si ripropone una strada sbagliata".

REPLICA BONAIUTI - A Bersani ha risposto Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: "Bersani dovrebbe essere più responsabile", ha detto a Sky Tg24. "Aumenti del salario collegati all'efficienza, vantaggi fiscali per le nuove imprese, aree senza burocrazia per il mezzogiorno e lotta all'evasione. La manovra taglia le spese, ma favorisce lo sviluppo. Altro che giochetti come dice Bersani".

Redazione online

29 maggio 2010

 

 

 

LE MISURE ANTi-CRISI. L'Anm: "Per ora non scioperiamo"

Berlusconi alla fine firma la manovra

Via libera dal premier che prima aveva detto: "Firmerò quando Napolitano darà la sua valutazione"

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Il premier Berlusconi (Ap)

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IL CHIARIMENTO - Un comunicato quello di Palazzo Chigi che chiariva i contorni di quello che rischiava di diventare l'ennesimo caso nei confronti del testo della manovra di cui non si conosce finora l'esatto contenuto. La manovra? "E’ all’attenzione del Capo dello Stato". Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva risposto in mattinata, all’uscita da Palazzo Grazioli, ai giornalisti che gli chiedevano a che punto fossero i lavori sulla manovra economica e se, a differenza di quanto aveva detto venerdì l’avesse firmata. "La manovra viene firmata quando il Colle avrà dato la sua valutazione", aveva concluso il premier. Questo però dopo che venerdì pomeriggio c'era già stato un colloquio di circa un'ora tra il Capo dello Stato e Silvio Berlusconi al Quirinale con all'ordine del giorno la nomina dei Cavalieri del lavoro in occasione della festa del 2 giugno. Il Cavaliere era salito al Colle nelle vesti di ministro dello Sviluppo ad interim, ma l'occasione era servita anche per fare il punto su altri temi come, per esempio, la manovra economica. Il presidente della Repubblica si sarebbe informato con il premier sul testo che fino a venerdì sera non era stato ancora trasmesso dal governo ai suoi uffici. Berlusconi, nel corso dell'incontro avrebbe spiegato a Napolitano, così come ha fatto successivamente conversando con i giornalisti, di non averla ancora firmata. Questione di ore, si spiegava in ambienti parlamentari della maggioranza, per consentire poi al Quirinale di fare le opportune valutazioni prima di dare il via libera al documento che il governo auspica possa essere messo in Gazzetta già lunedì prossimo. Provvedimento di "difficile composizione" perché ancora si devono aggiustare alcune voci all'interno della stessa maggioranza.

IL DICASTERO DELLO SVILUPPO - Durante il lungo colloquio, il Cavaliere avrebbe accennato anche al nodo della successione a Claudio Scajola spiegando al Capo dello Stato di sperare ancora di poter trovare un tecnico di rango per quel ruolo. Anche se, avrebbe ammesso, la ricerca fino ad ora non ha dato esiti positivi. Tra i nomi che circolano per il ministero dello Sviluppo ci sarebbe anche quello di Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust, che però ha precisato che la sua candidatura è nata solo sui giornali. In mattinata si era recato a Palazzo Grazioli il presidente dell'Eni Paolo Scaroni, una visita che aveva alimentato altre voci, ma che anche in questo caso non hanno trovato conferme.

ANM - Intanto l'Associazione nazionale magistrati afferma di non avere intenzione di proclamare oggi uno sciopero contro le misure previste nella manovra finanziaria, ma non è escluso che si possa arrivare ad una forma di protesta così dura se "le misure nei confronti dei magistrati fossero caratterizzate da iniquità e ingiustizia sia nei confronti di altre categorie sia all'interno della stessa magistratura, con un danno soprattutto per i magistrati più giovani". Questa la posizione espressa dal segretario del sindacato delle toghe, Giuseppe Cascini, nel corso della riunione del "parlamentino" convocato in via straordinaria proprio per discutere della manovra, per sabato mattina. "Non rinunciamo alla possibilità di proclamare uno sciopero - spiega Cascini - ma oggi sarebbe inopportuno farlo, data l'incertezza che vi è ancora sui testi. L'Anm dovrà protestare con fermezza e con ogni mezzo, anche con il ricorso allo sciopero, se ci saranno misure inique (taglio di stipendio, ndr). I magistrati non intendono sottrasi al proprio dovere di cittadini per contribuire a risolvere la grave crisi del Paese, ma ciò deve avvenire in termini di equità e di giustizia".

DI PIETRO - Sul fronte politico il leader di Italia dei valori, Antonio Di Pietro, da Reggio Calabria per un'iniziativa del suo partito critica la manovra: "I tagli di questa manovra sono contro il Sud. Non ci sono dubbi che esistano sacche di malaffare ma per coprire i buchi del debito pubblico si fanno pagare sempre i soliti e cioè i lavoratori del pubblico impiego e soprattutto i pensionati del Mezzogiorno". "Ci fanno pagare pure il minimo accesso alla vita - ha affermato l'ex pm - e se continua così oltre a privatizzare l'acqua questo governo tenterà di privatizzare anche l'aria che respiriamo, ed invece tutti abbiamo il diritto all'acqua perché è un bisogno naturale insopprimibile dell'essere umano".

Redazione online

29 maggio 2010

 

 

Il ministro dei Beni culturali

Bondi: "Bene il rigore della manovra,

ma no a tagli indiscriminati alla cultura"

"Avrei voluto concertare con Tremonti le riduzioni, ma ciò non è avvenuto"

Il ministro dei Beni culturali

Bondi: "Bene il rigore della manovra,

ma no a tagli indiscriminati alla cultura"

"Avrei voluto concertare con Tremonti le riduzioni, ma ciò non è avvenuto"

Sandro Bondi (Benvegnù)

Sandro Bondi (Benvegnù)

ROMA - Il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, condivide "l'esigenza di una manovra che imponga sacrifici a tutti", ma non è d'accordo "con i tagli indiscriminati alla cultura, specie se la lista degli istituti tagliati dal finanziamento pubblico contiene eccellenze italiane riconosciute nel mondo". Il ministro sottolinea le "profonde riforme della cultura, come quella delle fondazioni liriche, che modificheranno definitivamente il settore. Ma no a tagli indiscriminati che non possono essere decisi se non con il mio ministero".

RAMMARICO - "Sono convinto da tempo della necessità di ridurre gli sprechi e riorganizzare interamente la cultura italiana", ha dichiarato Bondi. "Perciò mi sono trovato in totale sintonia con la decisione del ministro Tremonti e dell'intero governo di procedere a un taglio dei fondi anche della cultura. Avrei voluto tuttavia poter concertare dove intervenire e in che modo farlo per ridurre le spese. Mi rammarico che ciò non sia avvenuto".

Redazione online

29 maggio 2010

 

 

 

 

FEDERALISMO E SPESA AL SUD

I costi politici dei tagli

Riforma seria: un assetto federale serio riduce i trasferimenti dalle regioni ricche a quelle povere

FEDERALISMO E SPESA AL SUD

I costi politici dei tagli

Riforma seria: un assetto federale serio riduce i trasferimenti dalle regioni ricche a quelle povere

La manovra in atto sui conti pubblici non è soltanto una mossa necessaria per tranquillizzare i mercati e salvare la stabilità monetaria. È anche qualcos’altro: è una sorta di anticipazione, di prova generale, dei conflitti che si manifesteranno quando si tratterà di varare, con i decreti attuativi, il federalismo fiscale. Contenere e razionalizzare la spesa, ridurre il ruolo dell’intermediazione statale, eliminare gli sprechi? Semplice a parole, complicatissimo nei fatti. La resistenza della Lega sulla questione dell’abolizione di alcune Province è assai significativa. Così come è significativa la paura del partito berlusconiano che il blocco degli stipendi degli statali e le misure anti-sprechi possano aprire, soprattutto al Sud, grandi falle nel suo bacino elettorale.

Prendiamo il caso degli enti locali. I tagli indiscriminati, dice giustamente Luca Ricolfi (La Stampa, 28 maggio), trasmettono un senso di iniquità perché colpiscono allo stesso modo gli enti virtuosi e quelli viziosi. Verissimo, ma il fatto è che misure mirate, concentrate proprio là dove si annida lo spreco, sarebbero politicamente destabilizzanti: ovviamente, i tagli selettivi colpirebbero prevalentemente (non solo, ma prevalentemente) le istituzioni locali del Mezzogiorno. Tenuto conto che il consenso del Sud è decisivo al fine di vincere le elezioni, quale governo se li può permettere? Questa è la ragione per la quale da sempre (non solo oggi), quando si tratta di varare manovre di austerità, si ricorre a tagli e blocchi indiscriminati (alle università, agli enti locali, eccetera). Si ritiene (probabilmente, con ragione) che sia politicamente meno pericoloso permettere che un senso di iniquità si diffonda fra i virtuosi che scatenare la furibonda reazione dei viziosi. Se i tagli, infatti, si concentrassero su quei territori ed enti ove sono più forti gli sprechi dovrebbero colpirli ancor più pesantemente. È politicamente più accorto spalmare le misure restrittive su tutti, diluendone così l’impatto.

Due aspetti si sommano e frenano l’opera di razionalizzazione della spesa. C’è la volontà della politica di non rinunciare a nessuno degli strumenti locali di intermediazione di cui dispone. La Lega, con le sue posizioni in difesa delle Province o del controllo municipale sui servizi, non è diversa, sotto questo profilo, dai notabili politici meridionali: cambia solo il contesto in cui l’una e gli altri operano. E c’è poi, soprattutto, la questione del Mezzogiorno, che nessuno sa più come affrontare.

Ciò ci porta al problema del federalismo fiscale. È sempre stato presentato dai suoi sostenitori come la manna. Col federalismo fiscale, ci viene detto, si ridurranno le tasse, si razionalizzerà la spesa pubblica, migliorerà la qualità dei servizi sociali. Solo vantaggi, insomma, e nessuna controindicazione. Anche chi, come chi scrive, pensa che il federalismo fiscale sarebbe una buona cosa per il Nord, dubita fortemente che tutte queste belle conseguenze si avrebbero anche nel Centro-Sud. Per una ragione generale e per una più specifica. La ragione generale è che abitudini radicate e regole informali condizionano i comportamenti degli uomini assai più delle regole formali.

Se con le suddette abitudini e regole informali va a scontrarsi una nuova regola formale (poniamo, il federalismo) è assai probabile che quest’ultima abbia la peggio, che venga aggirata o piegata a vantaggio delle prime. Sono possibili eccezioni, naturalmente, ed è sperabile che il federalismo risulti appunto una di queste felici eccezioni. Ma lo scetticismo è lecito.

La ragione più specifica ha a che fare con le condizioni del Mezzogiorno. Il "non detto" del federalismo fiscale è che esso deve ridurre sensibilmente i trasferimenti dalle regioni ricche a quelle povere o, quanto meno, istituire rigidi paletti: così rigidi da obbligare il Sud (ma anche alcune regioni non virtuose del Centro e del Nord), a razionalizzare la spesa, migliorando altresì la qualità dei servizi erogati ai cittadini. Ma come può avvenire questo miracolo?

Un acuto osservatore del Mezzogiorno (Massimo Lo Cicero, Il Riformista, 25 maggio) ha notato che il Sud sta all’Italia come la Grecia sta all’Unione europea. In entrambi i casi si tratta di obbligare il soggetto inadempiente a una dura disciplina. Ma c’è una cruciale differenza. Non è difficile per l’Unione emanare un diktat per obbligare il governo greco a cambiare registro (altra cosa è che il governo greco faccia davvero ciò che deve). Qui il ricatto, il diktat, è per così dire "esterno". Ma nel caso del Sud non c’è possibilità di ricatto esterno. Per il governo si tratta di incidere sulle proprie aree di consenso elettorale, rischiando di regalarle all’opposizione o al ribellismo sociale, o a entrambi.

Per il federalismo fiscale ci sono tre possibilità. Non si fa perché, a causa della crisi, non sono affrontabili i suoi costi di avvio. In tal caso, però, la stabilità del quadro politico è a rischio. La Lega, a causa della sua stessa ragione sociale, non può accettare questa soluzione. Oppure si fa un finto federalismo (tutto cambia nella forma e nulla nella sostanza: nessuno perde niente). Però anche un finto federalismo ha le sue controindicazioni.

Persino un finto federalismo costa. Può funzionare solo se si escogita qualche trucco che posponga il più possibile nel tempo il pagamento del conto (come ha fatto Obama con la riforma sanitaria). Infine, si fa un vero federalismo, sapientemente disegnato. Ma un vero federalismo non può che far saltare, per le ragioni dette, quanto meno a breve termine, gli equilibri politici nelle regioni che più dovrebbero modificare il proprio modus operandi. Chi se ne assumerà la responsabilità? Sulla carta ci sarebbe anche una quarta possibilità: si ricorre a soluzioni istituzionali diverse a seconda delle condizioni dei diversi territori (federalismo al Nord, controllo centralizzato sulla spesa al Sud). La migliore ricetta. Se non fosse per un piccolo dettaglio: è politicamente impraticabile.

Angelo Panebianco

29 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-28

il natante è stato realizzato dai cantieri del gruppo ferretti

Varato lo yacht di Pier Silvio Berlusconi

La nuova imbarcazione un "Custom line 124" è lunga 37 metri ed è costata circa 18 milioni di euro

il natante è stato realizzato dai cantieri del gruppo ferretti

Varato lo yacht di Pier Silvio Berlusconi

La nuova imbarcazione un "Custom line 124" è lunga 37 metri ed è costata circa 18 milioni di euro

Il varo dello yacht di Pier Silvio Berlusconi

Il varo dello yacht di Pier Silvio Berlusconi

MILANO - La crisi c'è, ma non per tutti. Mentre a Roma il governo varava una manovra da 24 miliardi di euro, ad Ancona è stato varato infatti il nuovo yacht da 37 metri di proprietà del vicepresidente di Mediaset Pier Silvio Berlusconi un "Custom line 124", da 18 milioni di euro realizzato dai cantieri del gruppo Ferretti.

IL NUOVO YACHT - Lo yacht che è dotato di 4 suite e una sala fitness può raggiungere una velocità di 27 nodi e può ospitare fino a dieci persone oltre alle sei di equipaggio. Come spiega nel dettaglio il quotidiano Romagna Oggi, si tratta della "prima unità del modello 124', nuova ammiraglia della flotta planante di Custom Line. Il maxi yacht misura oltre 37 metri ed è stato realizzato nello stabilimento produttivo di Ancona". E proprio nel capoluogo è avvenuto il tradizionale battesimo con tanto di bottiglia di spumante infranta sulla chiglia.

Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia

Altri due esemplari analoghi, già venduti, sono in produzione nei cantieri marchigiani. Il nuovo modello farà il suo debutto ufficiale al Festival de la Plaisance di Cannes, il prossimo settembre.

IL PRECEDENTE - Tre anni fa Pier Silvio Berlusconi aveva già scelto i cantieri anconetani per un altro yacht, chiamato "Suegno", della lunghezza di 30 metri e costato circa dieci milioni di euro.

Redazione online

27 maggio 2010(ultima modifica: 28 maggio 2010)

 

 

 

 

in un collegamento telefonico con Maurizio Belpietro su Canale 5

Berlusconi: "Manovra efficace senza mettere le mani nelle tasche degli italiani"

"Abbiamo rimesso barca su giusta rotta. Le critiche della Marcegaglia? Suggerisco di leggerla bene"

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Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti dopo la presentazione della manovra (Afp)

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti dopo la presentazione della manovra (Afp)

MILANO - "Abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta", dando "una risposta immediata ad una crisi improvvisa". Così Silvio Berlusconi si è soffermato sulla manovra in un collegamento telefonico con Maurizio Belpietro su Canale 5 durante la trasmissione "Mattino 5". "Non abbiamo messo le mani nelle tasche degli italiani e abbiamo fatto una manovra efficace", dice il presidente del Consiglio. "Non abbiamo fatto nessuna macelleria sociale. Abbiamo solo preso provvedimenti inevitabili, poiché da anni l'Italia viveva al di sopra delle proprie possibilità". "Non ci sono stati tagli alla sanità nè alle pensioni. Abbiamo solo chiesto a chi ha maturato il diritto al pensionamento di ritardare qualche mese e abbiamo chiesto ai dipendenti pubblici un atto di consapevolezza, cioè di stare fermi un giro con gli aumenti". "Possiamo guardare con fiducia al futuro" garantisce Silvio Berlusconi. "È in atto una ripresa dei consumi, delle esportazioni, della produzione - afferma il premier - ci sono dunque segnali positivi".

FEDERALISMO - La crisi rallenterà l'attuazione del federalismo fiscale? I decreti attuativi del federalismo fiscale "ci saranno nei tempi richiesti". Il presidente del Consiglio esclude così la possibilità di ritardi legati alla crisi economica. Comunque, "per non lasciare spazio ai retropensieri -aggiunge- abbiamo deciso di varare una commissione all'interno del Pdl, che concluderà il suo esame entro l'estate".

MARCEGAGLIA - Il giornalista gli ha chiesto delle critiche da parte del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia che ritiene la manovra priva di riforme strutturali e che non rilancia lo sviluppo. "Suggerisco di leggere con maggiore attenzione i 54 articoli della manovra, a partire dal primo capitolo sulla competitività economica e sostenibilità finanziaria", ribatte indirettamente il presidente del Consiglio. "Ci sono norme che introducono rilevanti novità strutturali, proprio in chiave di sviluppo - respingendo al mittente le critiche - ci sono i contratti di produttività, cioè gli aumenti di salario collegati all'incremento di efficienza delle imprese. C'è la fiscalità di vantaggio per le nuove imprese, le zone a zero burocrazia nel Sud. E soprattutto la riforma più strutturale di tutte che è il rafforzamento della lotta all'evasione fiscale, oltre all'abolizione degli Enti inutili e all'accorpamento di altri".

DISSENSO NEL PDL - Argomento divisione con i finiani. "Non c'è mai stato dissenso nel governo né credo ci sarà in Parlamento: il Pdl è assolutamente compatto e lo stesso presidente della Camera ha tenuto a rimarcarlo" ha detto il premier sostenendo che "anche la Lega, come sempre alleato forte e leale, appoggia la manovra con convinzione". "Quindi - ha aggiunto - non vedo problemi".

IL MILAN - Infine il calcio: "Io non riesco a capire questa domanda" ha detto Berlusconi a Belpietro che gli chiedeva numi sull'eventualità di vendita della società rossonera. "Sono la persona che ha fatto la storia del Milan, l'ho portato a vincere più trofei di quelli che ha vinto Real Madrid. Il Milan è la squadra che ha vinto più trofei nella storia del calcio e io sono il presidente che ha vinto più trofei. Il secondo dopo di me è Bernabeu, che ha uno stadio a lui dedicato a Madrid". "Al Milan ho sempre dato molta attenzione, ho fatto molti sacrifici per il Milan - dice ancora Berlusconi - e se qualcuno pensa che la mia famiglia non abbia dato al Milan sufficienti finanziamenti dico che negli ultimi anni abbiamo sempre speso più di 50 milioni all'anno. Anche troppo mi sembra".

Redazione online

28 maggio 2010

 

 

 

Manovra correttiva e invalidi:

che cosa cambia?

Le novità riguardano anche l’attività dei medici e degli operatori coinvolti nelle fasi di accertamento, con nuove responsabilità professionali, civili e penali

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MILANO - Non esiste ancora il testo definitivo del Decreto legge ("Misure urgenti finalizzate alla stabilizzazione finanziaria e alla competitività economica") approvato dal Consiglio dei Ministri il 25 maggio scorso e presentato in conferenza stampa dal Ministro dell’economia. La Manovra approvata dal Consiglio dei Ministri ha ancora parecchia strada da percorrere prima di diventare una norma definitiva. Oltre alle modificazioni del decreto legge in sede di conversione definitiva del Parlamento, sono prevedibili ulteriori emendamenti da parte dello stesso Governo al suo stesso decreto. Dai testi non ufficiali, sembrano rientrate, per ora, le intenzioni espresse dal Ministero dell’economia che prevedevano l’introduzione di un limite reddituale massimo ai fini della concessione dell’indennità di accompagnamento. Ma quali sono le novità che riguarderebbero gli invalidi civili, se il testo divenisse definitivamente legge? La risposta la troviamo nell’articolo 10 (del testo non ufficiale) è quello che tratta di "Riduzione della spesa in materia di invalidità".

ASSEGNO AGLI INVALIDI PARZIALI - L’assegno mensile di assistenza è stato finora riconosciuto agli invalidi civili parziali (dal 74% al 99%) di età compresa fra i 18 e i 65 anni di età. Per ottenere l’assegno sono previste altre due condizioni: essere iscritti alle liste di collocamento e non superare il limite reddituale annuale di 4.408,95. L’importo dell’assegno è di 256,67 euro mensili (importo 2010) per un totale annuo di 3336,71 euro. La Manovra interviene sulla percentuale minima di invalidità richiesta per la concessione dell’assegno elevandola all’85% a partire dal primo giugno 2010, limite che vale solo per le nuove domande. Rimangono fermi gli altri requisiti reddituali e di inoccupazione. Pertanto un invalido all’80%, disoccupato e privo di reddito non potrà più percepire l’assegno. Rimane il dubbio sull’effettivo impatto economico, sui bilanci dello Stato, di questa misura, visto che nel 2009 i percettori di assegno mensili di assistenza erano solo 273.726 persone (fonte: INPS).

LE REVISIONI - Il Decreto legge estende l’istituto della "rettifica per errore" - già previsto per le malattie professionali e le invalidità per lavoro – anche per le prestazioni di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap, disabilità e alle prestazioni di invalidità a carattere previdenziale (cioè le pensioni di invalidità concessa in costanza di attività lavorativa). Questo significa che l’Inps potrà rettificare, in qualunque momento, le prestazioni erogate, in caso di errore commesso in sede di attribuzione, concessione o erogazione. L’Inps può procedere alla revisione entro 10 anni, decorrenti dalla data dell’originario provvedimento errato. I termini rimangono illimitati in caso di dolo o colpa grave dell’interessato, accertati giudizialmente. Questa disposizione consente un’ancora maggiore copertura normativa ai controlli, ma pone anche un dubbio giuridico di non poco conto rispetto all’efficacia della Legge 80/2006 che ha previsto che i soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, inclusi i soggetti affetti da sindrome da talidomide, che abbiano dato luogo al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento o di comunicazione, siano esonerati da ogni visita medica finalizzata all’accertamento della permanenza della minorazione civile o dell’handicap.

I MEDICI ACCERTATORI - Il decreto rafforza quanto già previsto in materia di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici ed estende alcune norme già vigenti in materia di false attestazioni o certificazioni. Le nuove disposizioni riguardano i medici che intenzionalmente attestano falsamente uno stato di malattia o di handicap da cui cui consegua il pagamento di trattamenti economici di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. Se quei trattamenti economici vengono revocati per "accertata insussistenza dei prescritti requisiti sanitari", il medico può essere punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600. È inoltre obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di trattamenti economici di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità , nonché il danno all’immagine subiti dall’amministrazione. Infine, gli organi competenti alla revoca (Commissioni di verifica) sono tenuti ad inviare copia del provvedimento alla Corte dei conti per eventuali azioni di responsabilità. Quindi, in ogni caso, i medici vengono "segnalati" alla Corte dei conti. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto (si tratta di "penale") comporta, per il medico, la radiazione dall’albo e se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza dalla convenzione.

FALSI INVALIDI - 500 mila verifiche totali entro la fine del 2012: 100 mila nel 2010, 200 mila per il 2011 e 2012. Le effettuerà l’INPS che già ha gestito il piano straordinario nel 2009 con 200 mila controlli sulle singole posizioni degli invalidi civili. Quindi, fra il 2009 e il 2012 saranno state controllate 700 mila persone. L’operazione di controllo straordinario, si aggiunge alle routinarie attività di verifica che l’Inps dal 2004 effettua su tutti i verbali emessi dalle Aziende Usl.

ALUNNI CON HANDICAP - La Manovra entra anche nel merito delle certificazioni di "alunno con handicap" con tre evidenti convinzioni di fondo non del tutto infondate: che le attuali certificazioni siano poco precise rispetto all’indicazione della gravità e della natura delle patologie; che le successive indicazioni di necessità di sostegno educativo in realtà mascherino la necessità di assistenza alla persona che spetta agli enti locali e non all’amministrazione scolastica. Il decreto legge pertanto fissa con chiarezza l’obbligo per le Commissioni ASL di indicare nei verbali se la patologia è stabilizzata o progressiva e di specificare l’eventuale carattere di gravità dell’handicap. L’accertamento deve tener conto delle classificazioni internazionali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Se questo riferimento generico alluda all’ICD (Classificazione internazionale delle malattie) o all’ICF (Classificazione internazionale del funzionamento, della salute e della disabilità) o a entrambi, lo si comprenderà in seguito. Nello stesso comma è precisato che la Commissione che accerta la sussistenza della condizione di handicap è responsabile di ogni eventuale danno erariale derivante da valutazioni scorrette. Novità anche per il PEI, redatto successivamente alla certificazione di alunno con handicap. Il PEI – Piano Educativo Individualizzato – è uno strumento di programmazione della vita scolastica degli alunni con disabilità: evidenzia le necessità di integrazione, le risorse necessarie e impone delle responsabilità. Prevede sia interventi di carattere scolastico che altre misure finalizzate alla socializzazione e alla riabilitazione dell’alunno. Il PEI viene redatto ogni anno dagli operatori che seguono l’alunno e può essere modificato in caso di nuove o diverse esigenze. Il decreto precisa che nel PEI deve essere "compresa l’indicazione del numero delle ore di sostegno, che devono essere esclusivamente finalizzate all’educazione e all’istruzione, restando a carico degli altri soggetti istituzionali la fornitura delle altre risorse professionali e materiali necessarie per l’integrazione e l’assistenza dell’alunno disabile richieste dal piano educativo individualizzato".

Carlo Giacobini

28 maggio 2010

 

 

 

"NONOSTANTE la MANOVRA DI SACRIFICI il MIO gradimento è AL 60%"

Berlusconi cita i diari di Mussolini

"Io non ho potere, i gerarchi sì"

Al vertice Ocse di Parigi il premier recita una frase del Duce: "Posso solo decidere dove far andare il cavallo"

"NONOSTANTE la MANOVRA DI SACRIFICI il MIO gradimento è AL 60%"

Berlusconi cita i diari di Mussolini

"Io non ho potere, i gerarchi sì"

Al vertice Ocse di Parigi il premier recita una frase del Duce: "Posso solo decidere dove far andare il cavallo"

PARIGI - "Io non ho nessun potere, magari lo avevo da imprenditore, ma oggi non ce l'ho". Al vertice Ocse di Parigi Silvio Berlusconi cita i diari di Benito Mussolini e parte da un ragionamento sulla manovra economica e sulla crisi per ribadire che non ha potere. "Chi è nella posizione di capo del governo di potere vero non ne ha praticamente nulla - ha detto il premier durante una conferenza stampa -. Oso citarvi una frase di colui che era ritenuto un grande e potente dittatore, e cioè Benito Mussolini. Nei suoi diari ho letto recentemente questa frase: "dicono che ho potere, non è vero, forse ce l'hanno i gerarchi ma non lo so. Io so che posso solo ordinare al mio cavallo di andare a destra o di andare a sinistra e di questo devo essere contento"". "Quindi - ha concluso il premier - il potere, se esiste, non esiste addosso a coloro che reggono le sorti dei governi dei vari Paesi".

"CONSENSO AL 60%" - Berlusconi ha poi parlato della manovra varata dal governo, sottolineando che comunque non ha scalfito il consenso nei suoi confronti: "Mi trovo in una situazione atipica perché pur avendo fatto una manovra di sacrifici i sondaggi dicono che il mio gradimento è oltre il 60%. Io sono oggi al servizio della democrazia, di tutto e di tutti, mi possono criticare e insultare".

TRE NUOVE ADESIONI - La riunione ministeriale annuale dell'Ocse si svolge sotto la presidenza italiana di Berlusconi. È presente anche il ministro dell’Economia Tremonti. Dopo il vertice il premier ha avuto un colloquio bilaterale con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Quindi Berlusconi ha raggiunto l'ambasciata italiana per una cena di lavoro con i partecipanti al vertice. La ministeriale sancisce l'adesione all'Ocse di tre nuovi Paesi (Estonia, Slovenia e Israele) e riunisce i ministri di area economica di 40 Paesi, che rappresentano l'80% circa dell'economia mondiale: i 30 tradizionali membri Ocse, a cui si aggiungono Cile, i tre nuovi componenti e alcuni grandi Stati emergenti che stanno negoziando l'ingresso nell'organizzazione, ovvero Russia, Brasile, Cina, India, Indonesia e Sudafrica. All'ordine del giorno il problema dell'occupazione durante la fase di uscita dalla crisi, i metodi e i contenuti della nuova regolamentazione della finanza internazionale e il ruolo che educazione e innovazione possono avere nella ripresa e nella costruzione di una crescita durevole e sostenibile.

Redazione online

27 maggio 2010(ultima modifica: 28 maggio 2010)

 

 

 

il presidente della Camera Fini parla a un gruppo di giovani riuniti a Montecitorio

Fini: "In Italia non c'è dittatura

ma altre insidie: nella Carta gli antidoti"

"La Costituzione garanzia di unità nazionale. Ma non è un testo sacro, può essere migliorata"

il presidente della Camera Fini parla a un gruppo di giovani riuniti a Montecitorio

Fini: "In Italia non c'è dittatura

ma altre insidie: nella Carta gli antidoti"

"La Costituzione garanzia di unità nazionale. Ma non è un testo sacro, può essere migliorata"

Il presidente della Camera, Gianfranco Fini all'assemblea annuale di Confindustria (Ansa)

Il presidente della Camera, Gianfranco Fini all'assemblea annuale di Confindustria (Ansa)

MILANO - "Oggi non c'è una dittatura che ci minaccia, ma ci sono altre insidie. La Costituzione contiene comunque gli antidoti per combattere questi rischi". Dopo le polemiche sulla citazione di Mussolini fatta dal premier Berlusconi all'Ocse, Gianfranco Fini si rivolge così ai giovani riuniti nell'aula di Montecitorio per le assistere alle "lezioni di Costituzione, dalle aule parlamentari alle aule di scuola". "La libertà, come tutti i valori, - secondo il presidente della Camera - non basta averla conquistata una volta, ma bisogna conquistarla ogni giorno perché nessun bene è suscettibile di conquista definitiva. Ogni generazione deve dare la sua prova: non c'è una dittatura che minaccia la libertà ma ci sono altre insidie. Nella Costituzione, però, ci sono gli antidoti culturali per combattere quelle insidie".

"LA COSTITUZIONE NON È UN TESTO SACRO" - "La nostra Costituzione - ha detto il presidente della Camera - è garanzia di unità nazionale" . "Ma non è un testo sacro - ha aggiunto, non è un totem polveroso e intoccabile, ma un codice aperto di convivenza civile che tutti possiamo e dobbiamo migliorare". Citando Italo Calvino, secondo il quale i classici della letteratura non finiscono mai di dirci quello che vogliono dire, Fini ha poi sottolineato che anche la Costituzione "ha una tale densità di valori che , se letta in profondità, è sempre in grado di rispondere ai tanti interrogativi del nostro tempo. Per questo è sempre viva ed attualissima".

Durante la lezione sulla Costituzione, il leader di Montecitorio ha citato i dati Istat invitando gli studenti a non "rassegnarsi ai due milioni di giovani che fanno vita di famiglia senza studiare né lavorare". "Il nostro - ha aggiunto - è un paese con un passato difficile e che sta vivendo un momento pieno di incognite, ma grazie alla Costituzione valori importanti per superare tutto questo si sono radicati".

Redazione online

28 maggio 2010

 

 

 

 

Conti pubblici - Il caso

La fuga degli statali

per salvare la liquidazione

Corsa al pensionamento per evitare il pagamento a rate previsto dalla manovra

Conti pubblici - Il caso

La fuga degli statali

per salvare la liquidazione

Corsa al pensionamento per evitare il pagamento a rate previsto dalla manovra

ROMA —Il testo definitivo dei provvedimenti che comporranno la manovra di aggiustamento dei conti pubblici non c’è ancora, ma i suoi effetti si sentono già. Nel settore pubblico è partita una corsa forsennata al pensionamento. Negli uffici e nei corridoi dei ministeri e delle altre amministrazioni non si parla d’altro. In particolare nella scuola, ma anche fra i magistrati e negli enti pubblici. Davanti agli uffici che distribuiscono i prospetti pensionistici, in qualche momento si è formata la coda, magari anche solo per chiedere informazioni. Tutti vogliono capire quanto prenderebbero andando via ora, evitando così la rateizzazione della buonuscita (fino a tre anni) prevista dal decreto legge che arriverà in Gazzetta Ufficiale la prossima settimana.

Per riuscire a scansare la penalizzazione bisognerà che le domande siano state accolte prima che le nuove norme entrino in vigore. Solo così si potrà ottenere la liquidazione in un’unica soluzione come è stato finora. Molti lavoratori non sanno bene cosa fare. Da un lato vorrebbero evitare la tagliola sulla buonuscita dall’altro temono che, una volta presentata la domanda di pensione, siano costretti a lasciare il lavoro anche se la norma dovesse subire modifiche o magari essere cancellata durante l’esame parlamentare. È facile prevedere infatti che su questa parte della manovra saranno presentati molti emendamenti e si scateneranno molte pressioni per rivedere la norma. In soli tre giorni le domande di pensione presentate o preannunciate sono aumentate in modo esponenziale. Secondo le disposizioni contenute nel decreto all’esame del Quirinale solo le liquidazioni inferiori a 4 volte il minimo, cioè a circa 24 mila euro, verrebbero pagate in un’unica soluzione. Ma in questo caso non ricade quasi nessuno perché una buonuscita dopo 35-40 anni di servizio supera molto spesso i 50 mila euro e quindi, secondo la manovra, verrebbe pagata in tre anni.

La rateizzazione prevede infatti che per gli importi tra 24 e 48 mila euro il versamento avvenga in due anni (per esempio 24 mila il primo anno e 24 mila il secondo) e sopra i 48 mila in tre anni. Non solo. Dal 2011 in poi (pro rata) le annualità di servizio verrebbero calcolate ai fini della buonuscita con gli stessi criteri del Tfr (lavoratori privati), cioè con un’aliquota del 6,91%, anziché col più vantaggioso sistema del Tfs (dipendenti pubblici) dove viene computato l’80% dell’ultimo stipendio per gli anni di servizio. Con queste misure lo Stato risparmierebbe tra un miliardo e un miliardo e mezzo all’anno. Ma forse, a questo punto, i calcoli andranno rifatti, perché davanti a un massiccio esodo bisognerebbe considerare un maggior risparmio in termini di retribuzioni, ma anche una più forte spesa pensionistica. Il tam tam delle voci sta spingendo alla presentazione delle domande migliaia e migliaia di dipendenti dell’Inps, dell’Inail, dell’Inpdap e degli altri enti previdenziali, dove le informazioni corrono velocemente e vengono valutate in tutte le loro conseguenze sulla busta paga e sulle prospettive di pensione.

Valutazioni che stanno facendo anche i dirigenti di tutte le amministrazioni, che al danno subito sulla buonuscita aggiungono quello sulla retribuzione, che dal 2011 verrà tagliata del 5% per la parte eccedente 90 mila euro e del 10% sopra i 130 mila. Decine di direttori generali, capi dipartimento e dirigenti, anche di seconda fascia, e ispettori capo ieri hanno presentato domanda di pensione. Solo tra i dipendenti del Csm (Consiglio superiore della magistratura) sono state 5 le domande depositate. In Corte di Cassazione hanno deciso di lasciare un paio di consiglieri e dicono che qualche decina potrebbe presto seguirli. All’Inps c’è allarme perché, su 27 mila dipendenti, quasi un terzo ha i requisiti per andare in pensione di anzianità o di vecchiaia. Su circa 1.200 dirigenti, se ne andassero via alcune centinaia, l’ente entrerebbe in crisi, anche perché accanto alla fuga verso la pensione bisogna considerare l’effetto della proroga del blocco del turn over, contenuta nella stessa manovra, che consente l’assunzione di non più di due lavoratori ogni dieci che vanno in pensione.

Enrico Marro

28 maggio 2010

 

 

 

 

"NONOSTANTE la MANOVRA DI SACRIFICI il MIO gradimento è AL 60%"

Berlusconi cita i diari di Mussolini

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Redazione online

27 maggio 2010

Dalla platea nessuna reazione. Il premier: "Bene, ma allora non criticate più"

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Silvio Berlusconi e Emma Marcegaglia (Lapresse)

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ROMA - Il presidente del Consiglio ci ha riprovato, ma anche questa volta gli è andata male. Dopo avere chiesto già nei giorni scorsi in privato alla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, di entrare a far parte della squadra di governo andando ad occupare la poltrona dello Sviluppo economico lasciata vacante dal dimissionario Claudio Scajola, Berlusconi ha voluto cogliere l'occasione dell'assemblea di Confindustria per tornare alla carica con la numero uno di viale dell'Astronomia. E questa volta, pubblicamente.

"ALZATE LE MANI" - "Quando ti ho fatto la proposta di entrare a far parte dell'esecutivo - ha detto il Cavaliere, rivolgendosi alla leader degli industriali con il consueto "tu" -, mi hai risposto che tra i tuoi dubbi c'era la possibile reazione degli ambienti di Confindustria. Bene, possiamo fare subito una prova". Rivolgendosi alla platea, il premier ha chiesto agli industriali quanti di loro avrebbero gradito una partecipazione diretta della Marcegaglia all'azione dell'esecutivo: "Alzi la mano chi vedrebbe bene Emma ministro". Quello che nella mente del premier avrebbe dovuto essere forse un coup-de-théâtre, ovvero un'acclamazione popolare da cui la presidente di Confindustria non avrebbe di fatto potuto sottrarsi, però non c'è stato: le mani alzate sono state pochissime, giusto un paio quelle che le telecamere sono riuscite ad inquadrare nella panoramica sulla sala. Pronta allora la replica di Berlusconi: "Nessuno? Bene, però non lamentatevi più di coloro che sono al governo e cercano di mettere in ordine i conti disastrati ereditati dal passato".

Al. S.

27 maggio 2010

2010-05-27

"Siamo tornati ai livelli del 1985, sono andati persi cento trimestri". Appello del Papa

"Bruciati 700 mila posti di lavoro"

E Napolitano: serve politica condivisa

Grido d'allarme della Marcegaglia: il bilancio della crisi è pesantissimo, produzione industriale crollata del 25%

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La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia (Ansa)

La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia (Ansa)

MILANO - Per l’Italia il bilancio della crisi economica è "pesantissimo". E si traduce nella perdita, rispetto ai picchi del primo trimestre 2008, "di quasi sette punti di Pil e oltre 700mila posti di lavoro". Non solo: "Il ricorso alla cassa integrazione guadagni è aumentato di sei volte". Male anche la produzione industriale, "crollata del 25%, tornando ai livelli di fine 1985: cento trimestri bruciati. In alcuni settori l’attività produttiva si è dimezzata". A dipingere con tratte fosche lo scenario economico italiano è la presidente degli industriali italiani, Emma Marcegaglia. Per la numero uno di confindustria "è in corso un rimbalzo che potrebbe anche risultare superiore alle attese. La produzione sta aumentando del 7% annuo e accelera il passo. Ma su questo recupero gravano le incognite della crisi europea in atto. Comunque, non si tratterà di un duraturo innalzamento del nostro ritmo di sviluppo. Uno scenario davvero poco incoraggiante".

"NON SI CRESCE CON IL DEBITO" - L'intervento della Marcegaglia arriva all'indomani della presentazione, da parte del premier Silvio Berlusconi e del ministro Giulio Tremonti, della manovra correttiva da 24 miliardi. Un provvedimento, quello adottato dall'esecutivo, che secondo gli industriali "traccia il ridimensionamento della spesa pubblica" che però "va reso strutturale". La leader confindustriale ha spiegato che "la via al risanamento deve essere il taglio delle spese" e questo perché "non si cresce con la spesa e il debito pubblico".

"LA POLITICA DIA L'ESEMPIO" - Per Confindustria, poi, se si chiedono sacrifici al paese allora la politica deve essere la prima a dare l’esempio e ridurre "per prima ed energicamente i suoi privilegi". "E’ arrivato il momento nel quale i politici italiani, dal Parlamento e giù giù sino all’ultima comunità montana, taglino i propri stipendi e le dotazioni per le loro segreterie e collaboratori, disboschino esenzioni e agevolazioni - ha esortato Marcegaglia - La sforbiciata data con la Finanziaria agli enti e ai costi della politica è sacrosanta ma è solo un buon inizio". La diminuzione del 10% delle indennità dei membri del governo, guardata da un’ottica internazionale, è a suo giudizio, "un timido esordio". "E’ assolutamente opportuno -ha aggiunto - che vi si adeguino gli organi costituzionali. Le rinunce devono essere fatte da tutti". Inoltre la presidente chiede una razionalizzazione delle Province "il cui numero, secondo i programmi del governo, doveva diminuire. Ne è stata annunciata l’eliminazione di 10 di esse. È un inizio ma è troppo poco". Critiche anche alle poltrone nelle società pubbliche locali, oltre 25mila: "Sono soprattutto questione di potere, distribuzione di cariche, elargizione di compensi, clientelismo, e a lungo andare, di vera e propria corruzione".

IL MESSAGGIO DI NAPOLITANO - Agli industriali ha fatto arrivare un proprio messaggio anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, tornato sull'esigenza di una politica condivisa in questa fase difficile per l'economia italiana e internazionale: "Compio ogni sforzo, come è mio dovere, per rappresentare e valorizzare quel che unisce l'Italia - ha detto il Capo dello Stato -, affinchè ciò prevalga su ogni esasperazione di pur legittime distinzioni di interessi e di posizioni politiche". E ancora: "Occorre una maggiore consapevolezza, in tutte le sfere sociali e in tutte le parti politiche, della portata delle sfide che l'Italia è chiamata ad affrontare insieme con l'Europa". Napolitano ha sottolineato che in questo momento "sono in gioco non solo esigenze particolari, settoriali e immediate ma scelte di medio e lungo periodo, cui è legato il futuro del paese e delle giovani generazioni e che richiedono perciò il massimo di comprensione e- senza soffocare la dialettica della vita democratica- di condivisione, almeno nell'individuare obiettivi e grandi linee da perseguire con la necessaria coesione e continuità".

PAPA: "SALVAGUARDARE OCCUPAZIONE"- Nel frattempo, arriva l'appello di Benedetto XVI "ai responsabili della cosa pubblica e agli imprenditori a fare quanto è nelle loro possibilità per attutire gli effetti della crisi occupazionale", sottolineando comunque che in Italia "crisi culturale e spirituale" è altrettanto seria di quella economica". Il Papa lo ha detto parlando ai vescovi italiani riuniti in Vaticano nella loro 61esima assemblea generale: per il Pontefice, "alla Chiesa, infatti, sta a cuore il bene comune, che ci impegna a condividere risorse economiche e intellettuali, morali e spirituali, imparando ad affrontare insieme, in un contesto di reciprocità, i problemi e le sfide del Paese".

Redazione online

27 maggio 2010

 

 

e i comuni delle province abolite potranno scegliere a quale territorio aderire

Manovra, le novità dell'ultimo momento

Fiscalità agevolata per i premi aziendali, blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici a partire dal 2011

e i comuni delle province abolite potranno scegliere a quale territorio aderire

Manovra, le novità dell'ultimo momento

Fiscalità agevolata per i premi aziendali, blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici a partire dal 2011

Da sinistra a destra Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi (Afp)

Da sinistra a destra Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi (Afp)

MILANO - La manovra varata dal governo riserva ancora qualche sorpresa. Nel testo ufficiale del decreto ci sono infatti anche alcuni aspetti che non erano stati ancora comunicati ufficialmente.

FISCO AGEVOLATO SUI PREMI AZIENDALI - Arriva il "contratto alla tedesca" per i lavoratori italiani: il fisco e la previdenza faranno lo sconto ai "premi" dati ai dipendenti che hanno contributo a far guadagnare la propria impresa o a renderla più competitiva. La novità scatterà dal 2011 e si applicherà su importi fino a 6.000 euro per redditi non superiori a 40.000 euro. Lo prevede - secondo il testo in possesso dell'agenzia Ansa - un articolo contenuto nel testo finale della manovra che, pur non indicando la percentuale di tassazione, introduce il concetto di premialità fiscale per la parte di salario collegato agli utili aziendali.

Nel 2011 - è stabilito nella norma - sono soggette a un'imposta sostitutiva dell'Irpef "le somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato, in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegati ai risultati riferiti all'andamento economico o agli utili dell'impresa o ad ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale". La "determinazione del sostegno fiscale e contributivo" sarà definito dal governo, sentite le parti sociali.

I CRITERI DI SOPPRESSIONE DELLE PROVINCE - Bisognerà attendere invece quattro mesi per la completa soppressione delle mini-province con meno di 220 mila abitanti e la delineazione delle aree delle nuove circoscrizioni. Il testo del decreto all'articolo 5 stabilisce che "sono soppresse le province la cui popolazione residente risulti, sulla base delle rilevazioni dell'Istat al 1 gennaio 2009, inferiore a 220 mila abitanti". Le norme danno facoltà ai comuni, entro 60 giorni, di scegliere la nuova provincia tra quelle non soppresse della propria Regione e prevede 120 giorni prima che un decreto del presidente del Consiglio arrivi "alla nuova determinazione delle circoscrizioni provinciali". Ancora 2 mesi e poi saranno trasferiti i beni e le risorse delle province soppresse.

TAGLI AGLI STIPENDI - Piccoli aggiustamenti anche sul fronte dei tagli agli stipendi degli statali. Per il triennio 2011-2013 il trattamento economico complessivo dei dipendenti pubblici non potrà superare l'importo del 2010. Il "congelamento" dei trattamenti vale anche per "il trattamento accessorio previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche". Lo prevede uno degli articoli portanti del testo definitivo. Lo stesso articolo "in considerazione della eccezionalità della situazione economica internazionale" prevede nello stesso periodo un taglio del 5% per i redditi superiori ai 90.000 euro annui, e del 10% sopra i 150.000 euro.

La scure sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici non consentirà inoltre ai rinnovi contrattuali stabiliti nel 2008-2009 di superare la soglia del 3,2%. Il testo prevede che "la disposizione si applica anche ai contratti ed accordi stipulati prima dell'entrata in vigore del presente decreto" e che "i trattamenti retributivi saranno conseguentemente adeguati" dal mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto. Dal "taglio" sono salve le forze di polizia e i vigili del fuoco.

COLLABORATORI DEI MINISTRI - I compensi ai collaborati dei ministri saranno tagliati del 10%. "Le indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei ministri - è scritto nel testo - sono ridotte del 10%. La riduzione si applica sull'intero importo dell'indennità".

RINCARANO I PEDAGGI AUTOSTRADALI - Arrivano i rincari sulle autostrade, ma solo per quelle collegate con raccordi autostradali gestiti dall'Anas. La maggiorazione sarà di 1-2 euro, a seconda delle classi di pedaggio, e scatterà da luglio, cioè, "a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto". L'aumento, che non potrà superare del 25% l'attuale pedaggio, durerà fino a quando non saranno stabiliti i criteri per l'introduzione dei pedaggi sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta Anas. Servirà a investimenti e manutenzione straordinaria. Passeranno a pedaggio anche le autostrade in gestione diretta dell'Anas - come ad esempio la Salerno-Reggio Calabria.

Redazione online

27 maggio 2010

 

 

 

"Uscite fuori controllo dopo che il centrosinistra ha affidato la Sanità alle Regioni"

Il governo e la manovra da 24 miliardi

"Misure inevitabili, si è speso troppo"

Berlusconi: per anni abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Ora lotta all'evasione e ai costi inutili

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Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e il premier, Silvio Berlusconi (Eidon)

Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e il premier, Silvio Berlusconi (Eidon)

ROMA - C'è una crisi "provocata dalla speculazione" e tutti i Paesi europei, Italia compresa, "hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità". Il premier Silvio Berlusconi ha esordito così alla presentazione della manovra correttiva da 24 miliardi di euro in due anni, la cui illustrazione è in corso a Palazzo Chigi. Una manovra "che ci viene chiesta dall'Europa" perchè "salvare l'Euro significa salvare le famgilie e le imprese e in tutta Europa non c'è diversità di obiettivi".

"COLPA DELLA SINISTRA" - Quanto alla situazione italiana, il capo del governo ha individuato le responsabilità del forte deficit nei governi del passato: "quelli consociativi della Prima Repubblica" e "quello di sinistra che dieci anni fa approvò la riforma del titolo V della Costituzione dando alle Regioni un potere di spesa sganciato dalla realtà". Una riforma, quella varata dall'allora centrosinistra con un voto risicato (solo quattro consensi di scarto), "che si è rivelata dissennata e ha fatto esplodere la spesa sanitaria soprattutto nelle regioni del Sud".

"EQUILIBRATI E INEVITABILI" - A questo punto, ha detto Berlusconi, "si deve cercare una soluzione". Di qui i nuovi provvedimenti annunciati dal governo, che per il presidente del Consiglio sono al tempo stesso "equilibrati" e "inevitabili": equilibrati perché si chiede di più a chi può di più e a chi ha evaso maggiormente; e inevitabili perché fino ad oggi si è andati avanti spendendo più delle proprie risorse appesantendo così il debito. E con una spesa sociale, ha evidenziato il Cavaliere, che nel tempo si è trasformata in spesa assistenziale.

SACRIFICI NEL PUBBLICO IMPIEGO - Le misure, dunque. I 24 miliardi della manovra sono ripartiti in due anni. "Puntiamo soprattutto sulla riduzione della spesa pubblica e sulla lotta all'evasione fiscale - ha evidenziato Berlusconi -. E non abbiamo aumentato le tasse perché l'obiettivo resta quello di ridurle". Il numero uno di Palazzo Chigi non ha nascosto di chiedere "un atto di responsabilità" in particolare ai dipendenti pubblici, "perché negli ultimi anni i loro redditi sono aumentati più di quelli dei privati e poi perché godono del vantaggio della tutela del posto di lavoro e non rischiano cassa integrazione o riduzione di stipendio come invece accade nel settore privato". Per questo, è il ragionamento, spetta loro uno sforzo maggiore.

"PENSIONI TUTELATE" - Berlusconi ha poi confermato che "le pensioni sono tutelate e garantite" e che "chiediamo solo a chi si accinge di andare in pensione di restare al lavoro qualche mese di più". Poi il ruolo degli enti pubblici: "A loro chiediamo di ridurre le spese meno produttive, ma in cambio daremo loro beni demaniali che potranno valorizzare e generare nuove risorse, dando così ulteriore attuazione al federalismo fiscale". Infine il premier ha enfatizzato l'incremento della lotta all'evasione fiscale, che in Italia comporta l'equivalente 120 miliardi di euro di mancato introito: aumenteranno i controlli, ha spiegato Berlusconi, e si farà in modo di recuperare lo squilibrio che vede in alcune Regioni sacche di evasioni ormai incontrollate. Mentre in Calabria l'evasione è dell'85% ha fatto notare, in Lombardia la percentuale scende al 12%. Tra le misure adottate in questo ambito, l'abbassamento del tetto per la tracciabilità nell'uso del denaro contante da 12.500 a 5 mila euro.

"TUTTI NELLA STESSA BARCA" - Il premier ha infine sottolineato la necessità di un lavoro che trovi punti di convergenza anche con l'opposizione. "Ringrazio il presidente Napolitano per l'esortazione ad una manovra condivisa - ha sottolineato - . Facciamo nostra questa esortazione: siamo tutti nella stessa barca, che andrà avanti e supereremo anche questa situazione. Io sono un inguaribile ottimista e ne sono convinto".

TREMONTI: "ZERO IRAP PER CHI INVESTE" - Berlusconi ha poi passato la parola a Tremonti per gli aspetti più tecnici della manovra. Un testo, ha detto il ministro, "molto complesso, fatto di 54 articoli divisi su tre capi e che presentiamo in due parti una relativa alla competitività economica e una parte sulla sostenibilità finanziaria". Tremonti ha indicato tra gli obiettivi il collegamento di incrementi salariali e produttività, "perché è di interesse pubblico" e per questo motivo "vogliamo dare un premio fiscale e contributivo perchè se c'è un problema del nostro paese è quello della produttività". Ha poi voluto evidenziare il "dividendo positivo del federalismo", ovvero "la fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno". "Siamo convinti - ha detto Tremonti - che possono dire di sì a un'ipotesi che non è un regime differenziale tra nord e sud ma un anticipo di quello che sarà poi al nord: cioè 'zero Irap' per i nuovi insediamenti produttivi".

Redazione online

26 maggio 2010(ultima modifica: 27 maggio 2010)

 

 

 

 

Ma Formigoni: troppi sacrifici per le Regioni. Chiusura da Pd e Idv: solo parole

"E' equilibrata". "No, pagano i deboli"

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ROMA - "Sapevo che era pesante ma questa manovra era necessaria ed è abbastanza equilibrata.È una buona manovra, non muore nessuno. Poi vediamo ora che passa in commissione quali saranno le cose che metteranno dentro". Il commento è di Umberto Bossi, leader della Lega ed esponente di peso del governo, che giudica positivo il lavoro portato a termine da Tremonti nel definire i contorni dell'intervento di correzione dei conti pubblici. E un altro ministro, Maurizio Sacconi, nel corso di Porta a Porta ha sottolineato che "questa manovra crea un clima nuovo e più responsabile, è finita un'era nel rapporto tra cittadini e fisco e rispetto alle possibilità di spesa di uno Stato".

"C'E' SQUILIBRIO" - Berlusconi ha parlato di un intervento necessario e ha spiegato che una delle linee di azione sarà la riduzione della spesa improduttiva degli enti locali. E proprio uno dei più influenti governatori del Pdl, Roberto Formigoni, che a Palazzo Grazioli ha incontrato il premier assieme ad altri governatori del centrodestra, fa sapere che "Silvio Berlusconi ha ascoltato brevemente le nostre osservazioni sulla manovra, il governo già ieri aveva dichiarato la sua disponibilità a un confronto e nei prossimi giorni avremo una discussione sui numeri, sulle cifre". Per il capo della giunta lombarda, "la manovra è necessaria" ma è altrettanto importante "riequilibrare" gli sforzi chiesti alle varie componenti del Paese e, in particolare, quelli imposti alle Regioni. "Tutti - ha detto Formigoni - siamo pronti a fare la nostra parte ma c'è squilibrio" se guardiamo ai tagli chiesti alle Regioni e dunque, nei prossimi giorni, sarà necessario rivedere alcuni capitoli della manovra che saranno oggetto "di un confronto tecnico".

LE OPPOSIZIONI - Del tutto negativo, sul fronte opposto, il giudizio delle opposizioni. "Non è vero che non c'è alternativa alla manovra varata dal governo - ha fatto notare Stefano Fassina, responsabile Economia del Pd -. L'alternativa c'era e c'è. All'avvio della legislatura, si doveva evitare l'impennata della spesa per acquisto di beni e servizi dei ministeri, aumentata di 12 miliardi in 2 anni, con un salto del 14%. Si doveva evitare di buttare 3 miliardi di euro nel pozzo di Alitalia".E ancora: "Si doveva evitare di eliminare le misure anti-evasione, alcune delle quali oggi vengono reintrodotte, e perdere 7-8 miliardi di gettito Iva e Irpef. Una diversa gestione della finanza pubblica, insieme a riforme strutturali a sostegno della crescita oggi avrebbe evitato una mazzata che, colpendo Regioni, Province e Comuni, colpisce tutti i lavoratori, pubblici e privati, le piccole imprese, le famiglie, gli anziani. Invece, per gli evasori misure propagandistiche e in premio l'ennesimo condono. L'Unione Europea e la crisi greca sono la foglia di fico - ha concluso Fassina - per giustificare interventi che servono a compensare i fallimenti del governo, frutto di precise ed irresponsabili scelte politiche". "Annunci, promesse, bugie, il solito ottimismo da quattro soldi, il solito disco rotto per nascondere tagli feroci allo stato sociale, alle regioni, ai dipendenti pubblici, ai ministeri indiscriminatamente - ha invece evidenziato Felice Belisario, presidente dei senatori dell'Idv -. Nessun pudore da parte di chi dal ’94 ha promesso di diminuire le tasse e che ancora una volta le aumenterà per porre freno a una crisi che fino ad oggi aveva irresponsabilmente negato".

26 maggio 2010

 

 

LA SCHEDA

La manovra: ecco le misure

Le principali norme del pacchetto fiscale varato dal Governo.

LA SCHEDA

La manovra: ecco le misure

Le principali norme del pacchetto fiscale varato dal Governo.

MILANO - Dalla partecipazione dei Comuni alla lotta all'evasione fiscale, alla denuncia delle 'case fantasma', alla stretta sul contrasto al fenomeno delle imprese 'apri e chiudi', fino al codice fiscale per i non residenti e alle misure antiricilcaggio: sono solo alcune delle norme del pacchetto fiscale varato dal Governo.

Ecco quali sono le principali misure:

- PARTECIPAZIONE DEI COMUNI ALLA LOTTA ALL'EVASIONE FISCALE E CONTRIBUTIVA: gli enti locali con popolazione superiore ai 5mila abitanti devono costituire il Consiglio tributario che ha l'obbligo di segnalare elementi utili per integrare quanto dichiarato dai contribuenti.

- CASE FANTASMA: entro il 31 dicembre 2010 i titolari dei fabbricati non censiti hanno l'obbligo di denunciare l'immobile e farlo accatastare.

- ANTIRICICLAGGIO: la soglia sopra la quale è obbligatorio effettuare pagamenti con assegni non trasferibili o bonifici scende da 12.500 a 5mila euro.

- COMUNICAZIONE TELEMATICA ALL'AGENZIA DELLE ENTRATE: è obbligatorio comunicare telematicamente le cessioni di beni e le prestazioni di servizi per importi non inferiori a 3mila euro.

- REDDITOMETRO: Viene aggiornato. Entrano nuovi indicatori per risalire dal tenore di vita al reddito guadagnato. Se lo scostamento tra reddito dichiarato e quello presunto supera il 20% (finora il 25%) l'Agenzia delle Entrate può avviare una contestazione.

- FRODI INTRA-UE: la facoltà di effettuare operazioni intracomunitarie passa attraverso l'autorizzazione da parte degli uffici dell'Agenzia delle Entrate.

- IMPRESE 'APRI E CHIUDI' E IN PERDITA SISTEMICA: su di esse verranno pianificati controlli ad hoc in quanto sono a particolare rischio di frodi (false fatturazioni o frodi carosello).

- CODICE FISCALE NON RESIDENTI: i cittadini non residenti devono indicare il proprio codice fiscale all'apertura dei rapporti presso un operatore finanziario, ad esempio per conti correnti.

- CARTELLA IN SOFFITTO, ACCERTAMENTO È PRONTA CASSA: Si accelera la riscossione dell'evasione scovata nei controlli. Va in soffitta la cartella di pagamento per i tributi dovuti all'Agenzia delle entrate. Dall'1 luglio 2011 l'avviso di accertamento del fisco infatti costituirà titolo esecutivo.

- PRESTAZIONI SOCIALI AGEVOLATE: il contrasto alla loro percezione indebita sarà più efficace attraverso una centralizzazione informativa presso l'Inps.

- STOCK OPTION E BONUS: è introdotta un'ulteriore stretta su quelli percepiti da dipendenti e collaboratori del settore finanziario.

- POTENZIAMENTO SERVIZI TELEMATICI: quelli dell'amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali vengono estesi e viene anche potenziato l'uso della Posta elettronica certificata.

- CONGUAGLIO CANONE RAI: viene introdotta a favore dei pensionati con redditi non superiori ai 18mila euro la possibilità di rateizzare l'imposta dovuta a conguaglio e il pagamento del canone Rai in 11 rate senza interessi. (Fonte Ansa).

26 maggio 2010

 

 

 

 

Il documento - Le misure del governo

Dal sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze

Il documento - Le misure del governo

Dal sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze

PACCHETTO SVILUPPO

Rifinanziamento opere infrastrutturali

Il programma delle infrastrutture strategiche e il MO.S.E., nel limite massimo di 400 milioni di euro, sono rifinanziati mediante le risorse recuperate dai mutui accessi da cassa Depositi e prestiti con enti pubblici e da questi non utilizzati.

Fiscalità di vantaggio per il Sud

Nell’ambito del federalismo fiscale, alle Regioni del Sud viene trasferito il potere impositivo in materia di Irap per le nuove imprese. Le Regioni potranno quindi determinare l’aliquota dell’imposta fino ad azzerarla.

Attrazione delle imprese europee

Le imprese di Paesi membri dell’Unione europea che avviano iniziative economiche in Italia potranno scegliere il regime tributario di un qualsiasi paese dell’Unione.

Reti di imprese

Sono attribuiti vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari alle aziende appartenenti a reti di imprese riconosciute.

Zone a burocrazia zero.

Possono essere istituite nel Sud zone a burocrazia zero nelle quali le nuove iniziative economiche godono di semplificazioni amministrative: i procedimenti sono conclusi con provvedimento del Prefetto ovvero attraverso meccanismi di silenzio assenso.

Rientro dei cervelli.

Sono previste norme di incentivazione fiscale per i ricercatori residenti all’estero che vengono a svolgere la loro attività in Italia acquistando la residenza fiscale.

PACCHETTO TAGLI

COSTI DELLA POLITICA

A partire dal 1° gennaio 2011 sono ridotti del 10% il trattamento economico dei ministri e dei sottosegretari che non siano membri del Parlamento nazionale e i compensi dei componenti degli organi di autogoverno (Csm, Consigli di presidenza della giustizia amministrativa, contabile, tributaria, militare, consiglio di giustizia della Regione Siciliana) e del Cnel. E’ effettuata una riduzione dei rimborsi per le spese elettorali a favore dei partiti politici. Il taglio decorre dal primo rinnovo di Senato, Camera, Parlamento europeo e Consigli regionali. I titolari di cariche elettive che ricoprono anche incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni, hanno diritto al solo rimborso delle spese sostenute e, ove previsti, i gettoni di presenza non possono superare i 30 euro a seduta. Tutti i risparmi realizzati a partire dal 2011, nell’esercizio delle loro prerogative, dagli organi costituzionali (Presidenza della Repubblica, Camera, Senato, Corte costituzionale) e dalle regioni (attraverso tagli ai trattamenti economici di governatori, assessori e consiglieri regionali) andranno ad alimentare un apposito fondo. L’apporto di ciascun organo verrà indicato distintamente. I consiglieri comunali e provinciali percepiranno un’indennità di funzione onnicomprensiva comunque non superiore ad un quinto di quella massima del sindaco o del presidente della provincia. Inoltre le indennità previste per gli stessi saranno diminuite, per un periodo non inferiore a tre anni, del 3% per i Comuni fino a 15.000 abitanti e per le province fino a 500.000 abitanti, del 7% per Comuni fino a 250.000 abitanti e per le province tra 500.000 e 1.000.000 di abitanti e del 10% per tutti gli altri. Sono esclusi i Comuni con meno di 1.000 abitanti. Nessuna indennità o retribuzione possono avere i consiglieri circoscrizionali nonché gli amministratori di Comunità montane, unioni di Comuni, enti territoriali che gestiscono servizi e funzioni pubbliche.

COSTI DELL’AMMINISTRAZIONE

Per il triennio 2001-2013 è stabilito un taglio del 10% delle dotazioni dei Ministeri che questi potranno modulare nell’ambito del proprio bilancio. Sono escluse le risorse ordinarie per l’università e quelle destinate all’informatica, alla ricerca e al 5 per mille. Ulteriori riduzioni di spesa sono prescritte per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i ministeri senza portafoglio. Dall’entrata in vigore del decreto, la partecipazione agli organi collegiali ministeriali e degli enti statali (con l’eccezione delle Commissioni tributarie) è onorifica. Gli eventuali gettoni di presenza non possono superare i 30 euro. Identica regola vale per la partecipazione ad organi collegiali di enti anche privati che ricevono contributi pubblici. La violazione di questa norma comporta la responsabilità erariale, la nullità degli atti e, per gli enti privati, la sospensione dei contributi. Da questa misura sono esclusi, tra gli altri, Università, Camere di commercio, enti del Servizio sanitario nazionale, Enti previdenziali e assistenziali nazionali. Taglio del 10% delle indennità, compensi, gettoni e altri pagamenti corrisposti dalle Pubbliche amministrazioni, comprese le autorità indipendenti, ai componenti degli organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali, titolari di incarichi di qualsiasi tipo, inclusi i commissari straordinari. I tagli hanno decorrenza dal 1° gennaio prossimo. Il taglio non si applica ai trattamenti retributivi e di servizio. Tutti i compensi per gli incarichi conferiti a pubblici dipendenti da società partecipate, sovvenzionate, vigilate ovvero in regime di concessione sono corrisposti direttamente all’amministrazione di competenza e confluiscono nelle risorse destinate alla parte variabile della retribuzione. Tutte le società e gli enti pubblici che hanno un consiglio di amministrazione e un collegio di revisori devono ridurre, in occasione del primo rinnovo, i loro componenti rispettivamente a 5 e 3. L’adeguamento degli statuti deve essere immediato. I compensi dei componenti del cda e del collegio sindacale delle società pubbliche non quotate viene ridotto del 10%. La decorrenza è al primo rinnovo degli organi societari.

Consulenze, formazione, sponsorizzazioni, rappresentanza.

Dal 2011, le spese per studi ed incarichi di consulenza sostenute dalle Pubbliche amministrazioni – comprese le autorità indipendenti, escluse Università, enti e fondazioni di ricerca – vengono ridotte dell’80% rispetto a quelle del 2009. Stesso taglio è previsto per le spese per pubbliche relazioni, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza. Le spese di formazione (a eccezione di Forze armate e Polizia) e per missioni all’estero, escluse quelle di pace o derivanti da impegni internazionali, sono ridotte del 50% rispetto al 2009. Infine, vengono completamente abolite le spese per sponsorizzazioni. Tutti i provvedimenti hanno decorrenza dal 1° gennaio prossimo. Gli stessi tagli sono applicati alle società che fanno parte del conto economico consolidato della Pa.

Auto blu

Dal 2011 taglio del 20% rispetto alla spesa sostenuta nel 2009 per acquisto, manutenzione e noleggio di vetture di servizio e per l’acquisto di buoni taxi. Il provvedimento riguarda tutta la Pa con l’eccezione di Vigili del fuoco e forze dell’ordine.

Immobili pubblici

A partire dal 1° gennaio 2011 le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dallo Stato non possono eccedere il 2% del valore dell’immobile. Il taglio non riguarda gli interventi per la sicurezza sui luoghi di lavoro e i beni culturali. Anche gli enti locali dovranno adeguarsi a questi principi. Gli Enti previdenziali pubblici provvederanno all’acquisto di immobili adibiti ad ufficio e locati alla Pa.

Enti inutili

Sono soppressi una ventina di enti tra i quali i seguenti enti previdenziali: Ipsema, Ispesl e Ipost. I primi due confluiscono nell’Inail, il terzo nell’Inps. Sono soppressi anche Isae, Eim (Ente italiano montagna) e l’Insean (Istituto nazionale per studi e esperienze di architettura navale) con accorpamento ai ministeri di riferimento. Sono soppressi anche l’Ias (Istituto affari sociali) che confluisce nell’Isfol e l’ Enappsmsad (Ente nazionale di assistenza e previdenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori ed autori drammatici), che confluisce nell’Enpals. Il Comitato per l’intervento nella Sir è soppresso dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il relativo patrimonio è trasferito a Fintecna. I proventi derivanti dalla liquidazione degli enti disciolti sono destinati al fondo per il finanziamento della partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali di pace. Le società pubbliche non quotate in perdita per tre esercizi consecutivi non possono ricorrere ad aumenti di capitale, trasferimenti straordinari o aperture di credito.

Enti inadempienti

Verrà meno il finanziamento pubblico per circa duecento enti che non hanno risposto alle richieste di informazione inviate nei mesi scorsi per conoscere l’utilizzo dei finanziamenti a carico del bilancio dello Stato. Province Sono abolite 10 piccole

Province

(con meno di 220.000 abitanti, non ricadenti in regioni a statuto speciale)

PUBBLICO IMPIEGO

Trattamento economico pubblici dipendenti.

E’ previsto il congelamento del trattamento economico complessivo dei pubblici dipendenti, compresi i dirigenti, fino al 2013. Inoltre, nello stesso periodo, sono previsti tagli del trattamento economico secondo scaglioni in via di definizione. E’ effettuato un taglio lineare del 10% delle indennità dei capi degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri. Per il biennio 2008-2009 i rinnovi contrattuali e i miglioramenti economici del personale non contrattualizzato, con esclusione delle Forze di polizia e dei Vigili del fuoco, non possono comportare aumenti retributivi superiori al 3,2%. Nel triennio 2010-2012 è bloccato il rinnovo dei contratti e sono congelate le progressioni di carriera e i passaggi di area dei contrattualizzati. Per il personale non contrattualizzato (magistrati, militari e forze dell’ordine, diplomatici, prefetti, professori universitari) sono congelati per il triennio 2011-13 gli automatismi retributivi e le progressioni automatiche di carriera, con deroghe per l’università.

Sospensione parziale del decreto Brunetta (c.d. ciclo di valutazione)

La norma è stata stralciata.

Personale a tempo determinato

Taglio del 50% della spesa 2009 dello Stato per il personale a tempo determinato e per i co.co.co.

Turn over

L’attuale regime di turn over limitato del personale viene prorogato per due anni. Nulla cambia per l’università.

INVALIDITA’ E PREVIDENZA

Invalidità

L’Inps effettuerà accertamenti sui requisiti degli invalidi civili, con un programma di 100.000 verifiche nel 2010 e 200.000 per ciascun anno nel 2011 e nel 2012. E’ previsto per il 2011 un concorso delle Regioni ordinarie alle spese per l’invalidità civile, tenendo conto della distribuzione pro-capite della spesa per invalidità civile in ciascuna Regione.

Pensioni

E’ prevista dal 2011 una finestra mobile per le pensioni di vecchiaia, che scatta sei mesi dopo la maturazione dei requisiti (attualmente sono tre mesi). Per i trattamenti di anzianità sono confermate a regime due finestre (prima erano quattro) per il pensionamento anticipato.

SPESA SANITARIA PER FARMACI

Quote di spettanza dei grossisti

La quota di competenza dei grossisti, nella filiera distributiva dell’assistenza farmaceutica territoriale, viene ridotta dal 6,65% al 3,65%.

Aifa

Ai fini della riduzione della spesa farmaceutica, l’Aifa stabilisce i limiti alla prescrizione di farmaci da parte dei medici di famiglia.

Asl

Sono introdotte linee guida nazionali per evitare inefficienze e sprechi nell’acquisto, stoccaggio e distribuzione dei farmaci direttamente acquistati dalle aziende sanitarie.

Ospedali

Asl e ospedali devono motivare gli acquisti di beni e servizi a prezzi superiori a quelli di riferimento, sottoponendoli agli organi di controllo e revisione.

PATTO DI STABILITA’ INTERNO ED ENTI TERRITORIALI

Patto di stabilità interno

Regioni, Province e Comuni con oltre 5.000 abitanti concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel triennio 2011-13 con corrispondente riduzione dei trasferimenti statali. Sono introdotte nuove sanzioni per il mancato rispetto del Patto da parte degli enti locali.

NORME DI RAZIONALIZZAZIONE DELLA SPESA PUBBLICA

Stanziamenti non utilizzati

Gli stanziamenti non utilizzati dai Ministeri negli ultimi tre anni, sono destinati al fondo di ammortamento titoli di Stato.

ALTRE DISPOSIZIONI

Rimborsi Onu

I rimborsi dell’Onu per le missioni delle Forze armate italiane nelle missioni internazionali di pace sono utilizzati per finanziare la partecipazione dell’Italia alle missioni di pace.

Censimento

E’ indetto il 15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni Aquila Per i lavoratori autonomi, fino al 31 dicembre, è sospeso il pagamento dei contributi e dei tributi. Per tutti è sospeso il recupero dei tributi e dei contributi sospesi avverrà, a partuire dal 2011, in sessanta rate senza interessi.

26 maggio 2010

 

 

La manovra - Il pacchetto fiscale

Dal sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze

La manovra - Il pacchetto fiscale

Dal sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze

Potenziata la partecipazione dei Comuni alla lotta all’evasione. Per rendere più incisivo il contrasto, si introduce l’obbligo (finora facoltà) per gli enti locali con popolazione superiore a 5mila abitanti di costituire, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto, il Consiglio tributario che ha il compito di segnalare all’Agenzia delle entrate, alla Guardia di finanza e all’Inps gli elementi utili per integrare quanto dichiarato dal contribuente al fine di far emergere maggiori imponibili fiscali e contributivi. Per i Comuni sotto i 5mila abitanti, che fino a oggi non si siano già dotati del Consiglio tributario, viene previsto l’obbligo di riunirsi in Consorzio. L’ammontare della quota spettante ai Comuni dalla lotta all’evasione viene innalzata dal 30 al 33% delle maggiori somme riscosse, con l’aggiunta delle sanzioni civili, applicate sui maggiori contributi, che vengono riscosse. Entro 45 giorni dall’entrata in vigore del decreto, un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate emanato d’intesa con l’Inps, la Conferenza Stato- Città ed autonomie locali e la Conferenza Stato- Regioni fisserà oltre alle modalità di trasmissione ai Comuni di copia delle dichiarazioni dei redditi dei cittadini lì residenti, anche le ulteriori materie di partecipazione dei Comuni all’accertamento fiscale e contributivo.

Case "fantasma"

Entro il 31 dicembre 2010 i titolari di fabbricati non censiti, individuati attraverso la mappatura fotografica del territorio, hanno l’obbligo di denunciare l’immobile e farlo accatastare, così da generare un gettito fiscale. In mancanza l’Agenzia del territorio procede d’ufficio ad attribuire una rendita presunta all’immobile contestandone il valore anche in maniera retroattiva. L’accatastamento non comporta alcuna moratoria né a fini penali né a fini edilizio-urbanistici. Restano i poteri degli enti locali per la repressione degli abusi. Viene inoltre istituita l’Anagrafe immobiliare integrata, che riunisce le banche dati esistenti e individua la proprietà dei singoli immobili. Ci sarà infine una collaborazione più intensa tra l’Agenzia del territorio e i Comuni.

Antiriciclaggio

Si adegua alle disposizioni comunitarie, passando da 12.500 a 5mila euro, la soglia sopra la quale è obbligatorio effettuare i pagamenti di beni o servizi con assegni non trasferibili, bonifici o altre modalità di pagamento bancario, postale, o mediante sistemi di pagamento elettronico.

Comunicazione telematica all’Agenzia delle entrate

Si rafforza il contrasto e la prevenzione dell’evasione soprattutto in materia di Iva (frodi carosello e false fatturazioni) attraverso l’obbligo di comunicare telematicamente all’Agenzia delle entrate le cessioni di beni e le prestazioni di servizi per importi non inferiori a 3mila euro. La soglia mira a escludere milioni di soggetti di minori dimensioni per i quali gli oneri connessi all’adempimento non appaiono proporzionati alla pur importante finalità, concentrandosi sui veri evasori.

Aggiornamento dell’accertamento sintetico

La norma aggiorna le disposizioni sull’accertamento sintetico che risalgono ai primi anni ’70. Nel caso in cui lo scostamento tra il reddito dichiarato dal contribuente e quello determinato presuntivamente superi il 20 per cento (finora 25 per cento), l’Agenzia delle entrate può determinare che quanto speso sia frutto di un maggiore reddito non dichiarato. A tale risultato l’Agenzia può giungere mediante l’uso del redditometro (che analizza le spese sostenute per auto di lusso, barche, iscrizione a club esclusivi, leasing di beni di lusso, ecc) oppure avvalendosi di una metodologia di stima del reddito individuale basata su elementi significativi per il gruppo familiare di appartenenza: tipologia della famiglia (coppia con un figlio, single, ecc), localizzazione territoriale (Nord-Est, Nord-Ovest, Centro, Sud e isole; aree metropolitane o non metropolitane), classe di reddito familiare (voci di spesa: auto, barche, centri benessere esclusivi, acquisti a case d’aste, ecc). I diritti del contribuente sono garantiti e tutelati dalla possibilità di fornire tutti gli elementi di prova a proprio favore ( dimostrano, per esempio, che le spese siano state sostenute grazie ad eredità percepite o vincite al lotto ecc) sia prima sia dopo l’avvio del procedimento di accertamento.

Contrasto alle frodi intra-Ue

In linea con le indicazioni della Commissione europea, la facoltà di effettuare operazioni intracomunitarie passa attraverso l’autorizzazione da parte degli uffici dell’Agenzia delle entrate. All’atto della richiesta della partita Iva, infatti, l’operatore economico dovrà specificare se intende effettuare operazioni intra-Ue. In caso affermativo, vige la regola del silenzio assenso: se, cioè, entro 30 giorni l’ufficio non comunica il provvedimento di diniego, al 31° il soggetto potrà effettuare operazioni intracomunitarie e sarà inserito nell’archivio Vies. Spetterà a un provvedimento del direttore dell’Agenzia stabilire criteri e modalità per l’adeguamento delle partite Iva già attribuite alla nuova normativa.

Contrasto al fenomeno delle imprese "apri e chiudi" e in perdita sistemica

Forte stretta da parte dell’Agenzia delle entrate, della Guardia di finanza e dell’Inps nei confronti delle imprese che cessano l’attività entro un anno dalla loro nascita. Fenomeno che l’esperienza dei controlli fiscali conferma essere a particolare rischio di frodi (false fatturazioni o frodi carosello). Agenzia delle entrate e Guardia di finanza pianificheranno controlli ad hoc a livello locale sia sulle imprese che si dichiarano in perdita, per due o più periodi d’imposta, non determinata dai compensi erogati ad amministratori e soci, sia nei confronti dei circa 70mila soggetti che non sono sottoposti né agli studi di settore, né al tutoraggio riservato alle grandi imprese. Le norme mirano ad avere effetti fortemente dissuasivi.

Codice fiscale non residenti

Per completare l’archivio dei conti correnti, è previsto che anche i cittadini non residenti debbano indicare il proprio codice fiscale all’apertura dei rapporti presso un operatore finanziario (per esempio, nel momento in cui si apre un conto corrente). Incrocio tra le basi dati Inps e dell’Agenzia delle entrate per contrastare la microevasione diffusa Faro acceso sui lavoratori dipendenti che, pur avendo avuto i contributi versati, non presentano la dichiarazione dei redditi qualora obbligati. I controlli verranno assicurati attraverso il sistematico incrocio dei dati Inps-Agenzia delle entrate.

Potenziamento dei processi di riscossione dell’Agenzia delle entrate e dell’Inps

Va in soffitta la cartella di pagamento per i tributi dovuti all’Agenzia delle entrate. Dal 1° luglio 2011 l’avviso di accertamento del fisco, infatti, costituirà titolo esecutivo. Da un lato, la pretesa tributaria contenuta nell’avviso di accertamento sarà più chiara per il contribuente, dall’altro saranno contratti i tempi di riscossione. Se il contribuente non versa quanto richiesto o non propone ricorso, infatti, l’Agenzia delle entrate invia i dati a Equitalia che può procedere immediatamente al recupero delle somme non versate con gli strumenti che la legge le mette a disposizione. Analoga norma si applica ai contributi dell’Inps. Per arginare possibili abusi, inoltre, in caso di transazione fiscale stragiudiziale viene richiesta al debitore un’autocertificazione sulla veridicità e completezza della situazione patrimoniale. In caso dichiarazioni false in merito a importi rilevanti sono previste forti sanzioni. E’ poi previsto un impianto sanzionatorio per il delitto di sottrazione fraudolenta del pagamento di imposte (alienazione simulata o altri comportamenti idonei a rendere inefficaci le procedure di riscossione coattiva).

Contrasto di interessi

Con l’obiettivo di utilizzare in ottica antievasiva il contrasto di interessi tra chi fornisce e chi usufruisce di prestazioni di servizi o cessione di beni, è stata prevista una ritenuta a titolo di acconto sui bonifici disposti da coloro che sostengono spese per le quali spettano le detrazioni in dichiarazione dei redditi (per esempio, le ristrutturazioni edilizie che danno diritto alla detrazione del 36% delle spese sostenute).

Misure sulle compensazioni

Dal 1° gennaio 2011, i crediti relativi alle imposte erariali non potranno più essere compensati in presenza di ruoli erariali per i quali è scaduto il termine di pagamento. Agenzia delle entrate e Guardia di finanza vigileranno per far sì che il divieto venga rispettato. Allo stesso tempo, sarà concesso al contribuente di pagare le somme erariali iscritte a ruolo mediante la compensazione di crediti vantati.

Transfer pricing

L’Italia si allinea alle direttive Ocse in materia di transfer pricing attraverso più trasparenza da parte del contribuente, maggiore speditezza dei controlli, non applicabilità delle sanzioni per tutti i comportamenti adottati in buona fede, nel rispetto dello Statuto del contribuente.

Fondi immobiliari chiusi

Stretta sui fondi immobiliari c.d. "veicolo" attraverso il contrasto dell’utilizzo strumentale di quelli a ristretta base partecipativa, finalizzato al godimento dei benefici fiscali. Modificando la nozione civilistica dei fondi comuni di investimento immobiliare prevista dal Tuf, specificandone la funzione economica (raccolta del risparmio tra una pluralità di investitori; autonomia delle scelte di investimento della Sgr), la vigilanza di Bankitalia e il regime fiscale agevolato vengono così circoscritti ai soli fondi che gestiscono risparmio diffuso. I fondi esistenti possono adeguarsi alle nuove norme pagando un’imposta sostitutiva.

Controlli sui soggetti che aderiscono al consolidato

Vengono razionalizzate le disposizioni relative all’accertamento nei confronti dei soggetti che aderiscono al consolidato nazionale. In particolare, in considerazione della responsabilità solidale tra il soggetto consolidante e ciascuna società consolidata, l’accertamento nei confronti di tali soggetti, quanto ai redditi propri, è ricondotto ad un unico atto, emesso dall’ufficio competente sulla consolidata interessata dalle rettifiche e notificato anche alla consolidante. Finora, invece, il livello di accertamento era doppio. In questo modo, si consente a entrambi i soggetti necessariamente coinvolti nell’accertamento di partecipare sin dall’inizio alle diverse fasi del procedimento. Due gli obiettivi che in questo modo si raggiungono: migliorare l’efficienza dell’azione amministrativa e realizzare una maggiore tutela del diritto alla difesa dei contribuenti sottoposti a controllo.

Controllo sulle prestazioni sociali agevolate

Più efficace il contrasto alla percezione indebita di prestazioni sociali agevolate. Gli enti che erogano le prestazioni (per esempio, le Università o i Comuni per gli asili nido) devono inviare telematicamente all’Inps la dichiarazione sostitutiva presentata dal contribuente che chiede di usufruirne. L’Inps, incrociando i dati con quelli reddituali trasmessi dall’Agenzia delle entrate, è in grado di individuare i soggetti che fruiscono indebitamente, in tutto o in parte, delle prestazioni. I trasgressori dovranno versare agli enti interessati quanto dovuto per le prestazioni godute e all’Inps una sanzione che può arrivare fino a 5mila euro.

Sospensione in sede giudiziale della riscossione

I ruoli erariali e previdenziali possono essere sospesi dai giudici tributari per un massimo di 150 giorni (e non più - come ora - senza limite temporale) per incentivare la trattazione delle cause, assicurando all’erario la riscossione in tempi brevi.

ALTRE DISPOSIZIONI

Stock option e bonus

Ulteriore stretta sulle stock option e sugli emolumenti variabili dei dipendenti e dei collaboratori coordinati e continuativi del settore finanziario, in linea con quanto previsto dal G20

Potenziamento dei servizi telematici

I servizi telematici dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali vengono estesi e viene potenziato l’uso della Pec (Posta elettronica certificata). In questo modo si favorisce l’accesso dei cittadini ai servizi delle amministrazioni interessate, riducendo l’accesso fisico agli sportelli e contenendo l’uso della carta. Anche la cartella di pagamento potrà arrivare tramite Pec.

Circolazione codice fiscale

La pubblica amministrazione e i cittadini potranno effettuare la verifica dei codici fiscali e dei correlati dati anagrafici, in modo tale da adottare un unico criterio di identificazione dei cittadini-contribuenti.

Conguaglio e canone Rai per i pensionati

Viene introdotta, a favore dei pensionati con redditi non superiori a 18 mila euro, la possibilità di rateizzare l’imposta dovuta a conguaglio e il pagamento del canone Rai in 11 rate senza interessi.

Misure a favore della riscossione degli enti locali

Via libera all’accesso da parte dei concessionari dei tributi locali alle banche dati delle pubbliche amministrazioni, ma solo tramite i Comuni creditori.

26 maggio 2010

 

 

 

 

il ministro dell'economia al forum Ocse: "questa crisi tornante della storia"

L'Ue promuove la manovra italiana

"Gli sforzi nella buona direzione"

Tremonti : "Salva la coesione sociale". S&P: "Conti più sostenibili". Ma Epifani: "Si faccia sciopero generale"

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Il ministro Giulio Tremonti (Ansa)

Il ministro Giulio Tremonti (Ansa)

MILANO - In Italia sarà illustrata alla stampa solo nel tardo pomeriggio, ma Bruxelles promuove già la manovra italiana, varata martedì dal Consiglio dei ministri. Gli sforzi dell'Italia "vanno della buona direzione" ha detto il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, posticipando comunque un"'analisi dettaglia" degli interventi decisi. Intervenuto in mattinata al forum dell'Ocse a Prigi, anche il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha inevitabilmente commentato il via libera al provvedimento da 24 miliardi di euro. "L'Italia ha fatto una scelta molto chiara, quella di salvaguardare i livelli di stato sociale e di operare forti riduzioni di spesa dei governi centrale, regionale e locale" ha detto il ministro, insistendo a più riprese sulla necessità di "salvaguardare la coesione sociale".

LA CGIL: SCIOPERO GENERALE - Ma proprio il timore che la manovra penalizzi le fasce più deboli ha mosso Guglielmo Epifani a far scendere la Cgil sul piede di guerra. Il segretario generale del più grande sindacato italiano proporrà al Direttivo della prossima settimana uno sciopero generale contro la manovra economica da attuare entro il mese di giugno. In precedenza si terrà una manifestazione nazionale, sabato 12 giugno, di tutto il mondo del lavoro pubblico. i concluderà a piazza del Popolo e lo slogan sarà "tutto solo sulle nostre spalle". Che vuol dire - ha detto Epifani, in una conferenza stampa - che i lavoratori pubblici sono anche disposti a fare sacrifici. Ma non solo loro. "Obiettivo della protesta - ha aggiunto - è quello di cambiare i contenuti della manovra". Il pacchetto delle iniziative della Cgil prevede anche una manifestazione a Milano il 2 giugno perchè la Festa della Repubblica sia anche la Festa della Costituzione, "messa sotto attacco: dai diritti dei lavoratori allo Statuto, dall'arbitrato alla libertà d'informazione".

IL GIUDIZIO DI S&P - Un giudizio positivo sulla manovra italiana arriva però da Standard & Poor's, che considera il provvedimento un "sostegno" all'attuale rating del Paese. Secondo Trevor Cullinan, un analista dell'agenzia, "le misure, che mettono le finanze pubbliche su un binario più sostenibile e aiutano a realizzare l'atteso netto calo della spesa primaria in percentuale del Pil, daranno sostegno ai rating della Repubblica italiana" attualmente pari ad A+ con prospettive stabili sul lungo termine.

PD E IDV - In Italia però la manovra non soddisfa tutti: il provvedimento raccoglie le critiche del Pd e il no netto dell'Idv. In attesa che Berlusconi e Tremonti illustrino il contenuto della manovra (con ogni probabilità la conferenza stampa si terrà alle 18) il Partito democratico è tornato a esprimere le sue perplessità sul testo approvato dall'esecutivo. Il giudizio rimane negativo, ha fatto sapere lo stato maggiore del partito guidato da Pier Luigi Bersani. Intanto, il vicesegretario Enrico Letta ha riunito i capigruppo del partito, i responsabili economici in Parlamento e i responsabili del partito per un primo esame delle misure emerse, esame che sarà approfondito dopo la conferenza stampa del premier. Più netto e critico il giudizio dell'Italia dei Valori: Antonio Di Pietro, che torna a chiedere le dimissioni dell'esecutivo, parla di manovra a misura della "cricca" e che colpisce i soliti noti, i "più deboli". Cauta, invece, l'Udc di Pier Ferdinando Casini, mentre l'Anm protesta per le misure che riguardano i magistrati. Netto no anche dai medici del Servizio sanitario nazionale: i camici bianchi ritengono "ingiusto e iniquo" il provvedimento carato dal governo.

L'ANM - Sul piede di guerra contro la manovra anche l'Associazione nazionale dei magistrati. La Giunta esecutiva centrale del sindacato delle toghe ha proclamato infatti lo stato di agitazione e "si riserva di proporre" al proprio parlamentino, convocato per sabato 29 maggio, "immediate iniziative di protesta contro la manovra economica del governo che contiene misure inaccettabili per i magistrati e per il funzionamento del sistema giudiziario". Lo annuncia lo stesso sindacato delle toghe in una nota in cui parla di "interventi punitivi che minano l'indipendenza".

"CRISI TORNANTE DELLA STORIA" - Dal forum Ocse di Parigi, Tremonti ha spiegato, tra le altre cose, che la crisi economica attuale rappresenta "un tornante della storia" più che una "congiuntura economica". "L'intensità dei fenomeni che vediamo è storica e sta modificando la predisposizione dell'esistenza, dell'economia e della politica" ha detto il ministro dell'Economia.Il futuro dopo la crisi, secondo il titolare di via XX Settembre, deve essere costruito su due pilastri quello "tecnico" e tecnologico, ma anche quello "giuridico". "I grandi cicli dell'economia - ha chiarito il ministro - sono sempre stati legati alla tecnologia, dalla macchina a vapore al motore a scoppio, dai computer all'intelligenza artificiale". Ma i passi avanti della tecnologia, ha proseguito, non bastano se non vengono corretti gli "squilibri" in termini di regole.

FINI - Sulla manovra, e più in generale sulla crisi, è tornato a intervenire anche il presidente della Camera Gianfranco Fini. "In questo difficile quadro" sostiene il leader di Montecitorio, "continuano a pesare i nostri ritardi cronici rappresentati soprattutto dall'incapacità di selezionare adeguatamente, nel rigoroso rispetto dei vincoli di bilancio, quegli interventi pubblici necessari per la soluzione dei nodi strutturali che affliggono ancora moltissime aree territoriali del nostro Paese, e, in particolar modo, del Mezzogiorno d'Italia".

Redazione online

26 maggio 2010

 

 

 

Il partito dei riottosi

A tutti gli italiani chiamati a stringere la cinghia, Pier Carmelo Russo fa ciao ciao: come dimostra il sito livesicilia.it, è andato in pensione da dirigente della Regione Sicilia con 6.462 euro netti al mese. A 47 anni. Grazie a una leggina isolana: doveva badare al papà infermo. Cosa che non gli ha impedito giorni dopo d’assumere il gravoso incarico di assessore all’Energia.

Mille chilometri più a Nord, i sindaci trentini, fallito il tentativo di avere la pensione, si apprestano ad avere un aumento in busta paga del 7% e i loro colleghi altoatesini non hanno alle viste alcun taglio: quello di Appiano prende 9.400 euro, cioè più di Letizia Moratti a Milano, quello di Lana 7.000, più di Rosa Russo Iervolino a Napoli. Quanto alla giunta comunale di Gorizia, ha appena tentato di autoridursi le indennità ed è stata bloccata dalla Regione: non potete farlo. Cosa c’entra con la manovra da 24 miliardi? C’entra. Come ha spiegato lo stesso Giulio Tremonti raccontando della necessità di non dare denaro, di questi tempi, a enti come il Comitato per il centenario del fumetto italiano e ad altri 231 dai profili talora improbabili, "i grandi numeri si fanno anche con i piccoli numeri". E non c’è dubbio che parallelamente ai tagli dolorosi presentati ieri, tagli che hanno guadagnato l’apprezzamento al governo delle autorità europee ma anche l’immediata rivolta delle sinistre, di una parte del sindacato, dei magistrati e altri ancora, ci son pezzi di questo Paese riottosi all’ipotesi di condividere i sacrifici.

A partire dal mondo della politica e da quello che ruota intorno. Prova ne sia che la svolta più radicale, il dimezzamento dei rimborsi da un euro a 50 centesimi per ogni elettore, pare essere stato ridimensionato: forse si sforbicerà il 20%, forse il 10. Così come pare essere stato accantonato un altro segnale importante, e cioè il ripristino dei controlli della ragioneria dello Stato sui conti di Palazzo Chigi e della Protezione civile. E le misure sulle stock-options dei banchieri. Il punto è che provvedimenti coraggiosi, ustionanti e in buona parte condivisibili (vedi la lotta dichiarata all’evasione) come quelli varati, che chiedono agli italiani, dopo anni di rassicurazioni ottimistiche, di farsi carico d’una situazione pesante, richiedono la massima trasparenza. La storia ci dice che il nostro è un Paese che nei momenti più difficili sa dare il meglio. Ma deve crederci. E per crederci ha bisogno di essere rassicurato su un punto: che pagheranno davvero tutti. Nel modo più giusto.

E questa limpidezza non deve essere neppure sfiorata dal sospetto che, dietro le migliori intenzioni, si nascondano tentazioni inconfessate. E che tutta la parte "etica", inserita per dimostrare ai cittadini più colpiti che questa volta non ci sono figli e figliastri, venga goccia a goccia svuotata. Perché forse esagera il Consiglio nazionale degli architetti nel diffidare delle smentite sulla sanatoria fino a denunciare "sconcerto per il nuovo condono che incentiva l’abusivismo edilizio". Ma sarebbe insopportabile se all’ultimo secondo, in piena estate, un attimo prima di un voto di fiducia finale in Parlamento, per iniziativa di qualche misteriosa "manina", spuntasse fuori di nuovo il solito condono.

Gian Antonio Stella

27 maggio 2010

 

 

 

 

 

Tremonti: nessuna abolizione di province

Bossi: se tagliano Bergamo è guerra civile

Il ministro dell'Economia: "Notizia falsa". Il Senatùr: "Il federalismo non è a rischio: l'abbiamo fatto scrivere"

LA MANOVRA

Tremonti: nessuna abolizione di province

Bossi: se tagliano Bergamo è guerra civile

Il ministro dell'Economia: "Notizia falsa". Il Senatùr: "Il federalismo non è a rischio: l'abbiamo fatto scrivere"

Umberto Bossi

Umberto Bossi

ROMA - "È una notizia falsa. Nella manovra economica varata dal governo non ci sarà nessuna abolizione delle province". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, rispondendo ad una domanda specifica dei parlamentari Pdl, riuniti alla Camera per ascoltare l'illustrazione della manovra da parte dello stesso Tremonti e del premier, Silvio Berlusconi. Secondo quanto riferiscono alcuni dei partecipanti alla riunione, Tremonti avrebbe bloccato sul nascere la domanda relativa all'abolizione delle province, smentendo che una norma del genere sia presente in manovra. Altre fonti spiegano che, semmai, questo è un auspicio, cioè arrivare ad abolire le province inutili secondo i parametri che sono circolati in questi giorni in alcune indiscrezioni di stampa. Sempre secondo quanto viene riferito, sulla questione sarebbe intervenuto anche il premier, spiegando che innanzitutto per abolire le province occorrerebbe una norma costituzionale.

BOSSI - In precedenza, era stato Umberto Bossi a commentare la proposta di alcuni finiani di 'tagliare' tutte le province. Presenti i ministri Tremonti e Calderoli, il Senatùr aveva affermato che "andare oltre sarà difficile. Ci sono alcune province che non sono toccabili". Scherzando, il leader del Carroccio aveva aggiunto: "Se provi a tagliare la provincia di Bergamo, succede la guerra civile...".

TAGLI DURI - Commentando la manovra economica, Bossi aveva parlato di "tagli duri ma inevitabili". "Berlusconi fa sempre la cosa giusta, fa sempre bene. Questa è l'unica via per stare in piedi". Ma che sia una buona manovra, Bossi non ha dubbi e osserva come a dirlo sia stato anche l'Ocse: "Non muore nessuno" e i sacrifici "li chiede a tutti". Ma i provvedimenti mettono a rischio il federalismo? "No, non è a rischio - assicura Bossi - il federalismo non viene toccato. A scanso di equivoci, sapendo dei vizi taglierini di Tremonti, l'abbiamo fatto scrivere...".

 

Redazione online

26 maggio 2010(ultima modifica: 27 maggio 2010)

 

 

 

 

2010-05-26

Da Tremonti appello alle Regioni: va gestita insieme. No di Errani. bocciatura della Cgil

Manovra, via libera del Cdm

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Tremonti e Letta (Graffiti Press)

Tremonti e Letta (Graffiti Press)

ROMA - "La manovra dà un messaggio chiaro e cioè che lo Stato deve costare meno ai cittadini". Il premier Silvio Berlusconi ha spiegato così, secondo quanto riferito da alcuni presenti, il via libera del Consiglio dei ministri al decreto legge sulla manovra finanziaria 2011-2013 da 24 miliardi. Lotta all'evasione fiscale e nessun aumento delle tasse sono i due perni intorno al quale ruota il ragionamento del Cavaliere che mercoledì in una conferenza stampa entrerà nel dettaglio della Finanziaria con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Il sì alla manovra con riserva ("salvo successive intese per perfezionare il testo" fanno sapere fonti governative) arriva alla fine di una giornata convulsa e di una riunione durata più di 85 minuti. Al termine della quale, Berlusconi, è rientrato nella sua residenza romana a Palazzo Grazioli con Tremonti. Ad attenderli, il leader della Lega Umberto Bossi, il ministro del Carroccio, Roberto Calderoli e Roberto Cota.

LE MISURE - Il 'mix' di misure per correggere i conti appare ormai tracciato, dai tagli ai ministri, allo stop agli aumenti degli stipendi degli statali, passando alle finestre per la pensione fino ai pedaggi per i raccordi autostradali. Il testo prevede, tra le altre cose, che vengano soppresse le Province più piccole, cioè quelle sotto i 220.000 abitanti che non confinano con Stati esteri e non ricadono in Regioni a statuto speciale. E spunta anche un "contributo di soggiorno" per i turisti ospiti di alberghi romani che può essere introdotto per "Roma Capitale". Drastico, a riguardo, il giudizio del presidente di Federalberghi Bernabò Bocca. "È un'assurdità" ha detto. "È incredibile - ha spiegato - che anziché penalizzare quelli che visitano Roma di passaggio, senza lasciare alcuna ricchezza, finiscano nel mirino i turisti che invece la arricchiscono soggiornando negli alberghi, costringendoli a pagare una tassa".

TENSIONI - Prima del Consiglio dei ministri, teso incontro tra il premier e Giulio Tremonti. Al centro del botta e risposta tra Berlusconi e il ministro ci sarebbe stata ancora una volta, secondo quanto si apprende da fonti di governo, la soglia della tracciabilità dei pagamenti. Tremonti avrebbe insistito, con successo, sulla necessità di introdurre un limite più basso per i pagamenti in contanti ai liberi professionisti, mentre il presidente del Consiglio si sarebbe detto contrario a misure che considera "alla Visco". L'asticella alla fine è rimasta cinque mila euro così come chiesto in un primo momento da Tremonti.

L'APPELLO DI NAPOLITANO - In serata da Washington il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, pur ammettendo di non aver letto il testo del provvedimento, è tornato a ribadire, nella conferenza stampa in ambasciata dopo l'incontro con il presidente americano Barack Obama, che "la manovra è oggettivamente necessaria" ma che deve essere equa. "Più sarà equa socialmente - è l'auspicio del capo dello Stato - più sarà condivisa".

"NO ALLA FIDUCIA" - Revisioni dell'ultima ora a parte, il profilo del provvedimento trova le opposizioni divise. Il Pd si riserva una valutazione attenta nei prossimi giorni ma il primo giudizio del segretario Pier Luigi Bersani non è lusinghiero: "È una manovra depressiva. È solo - ha detto dalla Cina - un giro di specchi". "La favola è finita - ha aggiunto il leader dei democraticio - ci hanno raccontato che i conti erano in equilibrio, che era tutto a posto, invece non è vero niente". "Affrontiamo la discussione sulla manovra senza pregiudiziali - ha detto poi in serata il vicesegretario del Pd Enrico Letta -, leggeremo le norme, perché per adesso siamo agli annunci, e affronteremo nel merito le questioni. Chiediamo al governo di non mettere la fiducia e di porsi in condizione di discuterne". Secco anche il no dell'Italia dei Valori che chiede di tornare alle urne, mentre l'Udc sceglie la prudenza e attende di conoscere il testo nei dettagli. Il Pdl, d'altra parte, non nasconde che per gli italiani si apra una fase all'insegna dei sacrifici ma si dice convinto che le misure siano "equilibrate socialmente e politicamente".

TREMONTI E LE REGIONI - In mattinata Tremonti aveva illustrato la bozza prima agli enti locali e poi alle parti sociali, raccogliendo le perplessità dei rappresentati delle Regioni e la bocciatura della Cgil. "Questa non è una finanziaria qualsiasi. Dobbiamo gestirla tutti insieme", ha detto il titolare dell'Economia, ammettendo che non sarà una passeggiata e che ognuno dovrà fare la propria parte per risanare i conti del Paese ed evitare il "rischio Grecia", come ha sottolineato Gianni Letta. Il ministro ha spiegato anche che il forte contrasto all'evasione fiscale sarà uno dei perni del provvedimento e che bisognerà che "il gettito effettivo sia verificato nei prossimi anni". "È una manovra insostenibile per le ricadute che avrà e per i servizi ai cittadini che le Regioni devono erogare" ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani.

EPIFANI: COLPISCE LAVORATORI - Critico il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani: "Il grosso dei sacrifici lo si chiede sempre ai lavoratori, pubblici e privati e non c'e alcuna misura di sostegno a occupazione e investimenti: un reddito da un milione di euro non viene toccato, ma un lavoratore pubblico che guadagna 1.500 euro sì, così come un lavoratore privato che deve andare in pensione. Quindi è una manovra che non mantiene un profilo di equità, va cambiata in Parlamento". Quanto alla possibilità di uno sciopero generale contro la manovra, il numero uno della Cgil ha preso tempo: "Prima leggiamo bene il provvedimento, domani valuteremo e decideremo le iniziative da prendere", ha spiegato.

Redazione online

25 maggio 2010

 

 

 

 

la scheda

Manovra, ecco tutte le misure

Dallo stop agli aumenti degli stipendi degli statali, alla stretta sulle pensioni. A Roma spunta tassa di soggiorno

la scheda

Manovra, ecco tutte le misure

Dallo stop agli aumenti degli stipendi degli statali, alla stretta sulle pensioni. A Roma spunta tassa di soggiorno

MILANO - Dai tagli ai ministri, passando alle finestre per la pensione fino ai pedaggi per i raccordi autostradali. Via inoltre alle Province più piccole, cioè quelle sotto i 220.000 abitanti che non confinano con Stati esteri e non ricadono in Regioni a statuto speciale. E spunta un "contributo di soggiorno" fino a 10 euro per i turisti negli alberghi di Roma per finanziare "Roma Capitale". Il 'mix' di provvedimenti per correggere i conti appare ormai tracciato. Ecco le misure principali della manovra da 24 miliardi:

SUBITO STOP CONTRATTI PUBBLICO IMPIEGO - Stop agli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici già a partire da quest'anno. Il congelamento vale quattro anni, fino al 2013.

TAGLI AI MINISTERI, GIRO VITE SU AUTO BLU -La sforbiciata è del 10% ma su formazione o missioni si arriva al dimezzamento della spesa. Arriva anche un giro di vite sulle auto blu.

GLI ESCLUSI: PRESIDENZA CONSIGLIO E PROTEZIONE CIVILE - Saltano dal testo i tagli alla Presidenza del Consiglio e i limiti alla Protezione Civile.

TAGLI AI PARTITI - Dimezzato il contributo per le spese elettorali e stop alle quote annuali se c'è uno scioglimento anticipato delle camere. Il taglio ai rimborsi per i partiti scende dal 50 al 20%. È quanto prevedrebbe, secondo quanto si apprende, la versione del decreto legge sulla manovra approvata dal Consiglio dei ministri. La riduzione porterebbe dunque il rimborso da 1 euro a 20 centesimi per elettore. Cala del 20% (e non viene dimezzato come inizialmente ipotizzato) il contributo per le spese elettorali.

PAGAMENTI E TRACCIABILITÀ - Tetto a 5.000 euro (e non 7.000 come da prime ipotesi) per i pagamenti in contanti. Obbligo di fattura telematica oltre i 3.000 euro.

ARRIVA BANCOMAT P.A. - Addio ai libretti di deposito bancari o postali al portatore. In compenso arriva la carta elettronica istituzionale per effettuare i pagamenti da parte delle P.a.

COMUNI E LOTTA EVASIONE - I comuni che collaboreranno incasseranno il 33% dei tributi statali incassati.

TASSA SU ALBERGHI PER ROMA CAPITALE - Arriva un "contributo di soggiorno" fino a 10 euro per i turisti negli alberghi di Roma per finanziare "Roma Capitale".

STANGATA SU MANAGER E STOCK OPTION - Salgono le tasse sulle stock option ma anche sui bonus dei manager e dei banchieri che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

TEMPI SPRINT PER CARTELLE - L'accertamento e l'emissione del ruolo diventano contestuali rendendo più corto il tempo per contestazioni e ricorsi.

STRETTA SUL GIOCO CLANDESTINO - L'evasione dell'imposta sui giochi, una volta accertata, avrà riflessi anche ai fini delle imposte dirette. Nasce l'Agenzia che sostituisce i Monopoli.

CONDONO EDILIZIO E CASE FANTASMA - Confermata invece la sanatoria sugli immobili fantasma. Si ipotizza però un ampliamento di questa norma. Come in tutti i condoni la proposta potrebbe arrivare in Parlamento. La sanatoria andrà fatta entro il 31 dicembre.

PENSIONE INVALIDITÀ - Sale a 80% (altre fonti parlano dell'85%). Sotto questa soglia niente benefici. Previsti anche 200.000 controlli in più.

IRAP ZERO PER NUOVE IMPRESE SUD - Le regioni del Mezzogiorno avranno la possibilità di istituire un tributo proprio sostitutivo dell'Irap per le imprese avviate dopo l'entrata in vigore del dl con l'opportunità di ridurre o azzerare l'Irap.

RETI IMPRESA E ZONE 'ZERO BUROCRAZIA' - Tremonti annuncia la creazione di reti d'impresa, per ottenere benefici fiscali e migliorare la capacità di incidere sui mercati, ma anche zone a burocrazia zero, nelle quale per aprire un'attività ci si potrà rivolgere ad un solo soggetto.

STOP TURN-OVER P.A. - Confermato per altri due anni.

TAGLI ANCHE A MAGISTRATI - Lo stipendio verrà decurtato per il 10% nella parte eccedente gli 80.000 euro. Taglio del 10% anche per i magistrati del Csm.

MANAGER P.A., SFORBICIATA 5-10%. Sotto i fari gli stipendi oltre i 90.000 e oltre i 130.000 euro.

INSEGNATI SOSTENGO - Congelato l'organico.

DIVIDENDI A RIDUZIONE DEBITO - A partire dal 2011 500 milioni di dividendi che arrivano dalle società statali saranno impiegati per la riduzione degli oneri sul debito pubblico.

TAGLI A COSTI POLITICA PRO CASSA INTEGRAZIONE - Le riduzioni di spesa che decideranno il Quirinale, il Senato, la Camera e la Corte Costituzionale, nella loro autonomia, serviranno a finanziare la Cassa Integrazione.

PENSIONI - Dalle "finestre fisse" alla finestra "mobile" o '"a scorrimento". È quanto prevede la manovra per la decorrenza delle pensioni di anzianità o di vecchiaia. Il provvedimento varato prevede che si possa andare in pensione dodici mesi (contro gli attuali nove per effetto del sistema di finestre vigente) dopo la maturazione dei requisiti vigenti nel caso dei lavoratori dipendenti pubblici e privati. La decorrenza sale a diciotto mesi (contro i 15 attuali) dopo la maturazione dei requisiti nel caso dei lavoratori autonomi. I trattamenti pensionistici decorrono inoltre dal primo giorno del mese successivo alla scadenza dei termini del nuovo sistema di decorrenze. Per le pensioni non è dunque previsto nessun intervento strutturale che riguardi requisiti, età, quote ma solo un cambiamento nel sistema delle finestre. La novità è invece l'accelerazione dei tempi per l'aumento dell'età pensionabile a 65 anni per le donne dipendenti del pubblica amministrazione che avverrà a gennaio 2016.

DEFINANZIAMENTO LEGGI INUTILIZZATE - Si recuperano risorse attraverso il definanziamento degli stanziamenti improduttivi. Saranno destinate al fondo ammortamento dei titoli Stato.

TAGLIA-ENTI - Vengono soppressi Ipsema,, Ispel e Ipost. Ma anche l'Isae, l'Ice e l'Ente italiano Montagna. Salta o viene ridotto inoltre il finanziamento a 72 enti.

CONTROLLO MEF SU PROTEZIONE CIVILE - Si prevede tra l'altro che le ordinanze di Protezione civile con cui viene dichiarato lo stato d'emergenza siano emanate di concerto con il ministero dell'Economia.

CONTROLLO SPESA FARMACI - Acquisti centralizzati per le asl per trattare meglio il prezzo con i fornitori e interventi sui farmaci con una modifica delle quote di spettanza dei grossisti e dei farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico delle specialità medicinali di classe a.

13 MLD DA AUTONOMIE TERRITORIALI -Alle Regioni vengono chiesti tagli per oltre 10 miliardi in due anni (2011 e 2012); ai Comuni e Province vengono chiesti risparmi di 1 miliardo e 100 nel 2011 e 2 miliardi e 100 nel 2012.

PEDAGGI SU RACCORDI PER AUTOSTRADE - Si inserisce la possibilità di "pedaggiamento" di tratti di strade di connessione con tratti autostradali.

ADDIO A SIR E REL - Addio al Comitato Sir costituito per gli interventi nei settori di alta tecnologia e che prese in carico le società chimiche di Nino Rovelli, ed anche alla Rel, la finanziaria pubblica costituita qualche anno più tardi per sostenere il risanamento dell'industria elettronica. (Fonte Ansa)

25 maggio 2010

 

 

 

Preoccupati per i previsti tagli alle risorse destinate al personale

I dipendenti di Palazzo Chigi

fischiano Tremonti e Brunetta

Proteste e applausi ironici: contestano alcune delle misure previste dalla manovra economica del governo

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Preoccupati per i previsti tagli alle risorse destinate al personale

I dipendenti di Palazzo Chigi

fischiano Tremonti e Brunetta

Proteste e applausi ironici: contestano alcune delle misure previste dalla manovra economica del governo

I ministri Brunetta, Alfano, Sacconi, Tremonti e il sottosegretario Letta incontrano le parti sociali (Imagoeconomica)

I ministri Brunetta, Alfano, Sacconi, Tremonti e il sottosegretario Letta incontrano le parti sociali (Imagoeconomica)

ROMA - Proteste, applausi ironici e bordate di fischi all'indirizzo di Giulio Tremonti e Renato Brunetta da parte dei lavoratori della presidenza del Consiglio che contestano alcune delle misure previste dalla manovra economica del governo. I lavoratori di palazzo Chigi, subito dopo la fine dell'incontro tra il governo e le parti sociali, hanno aspettato i titolari dell'Economia e della Pubblica Amministrazione nel cortile del palazzo e mentre le auto dei due ministri si muovevano per uscire dall'ingresso posteriore hanno fischiato sonoramente.

I FONDI - I lavoratori della presidenza hanno inviato una delegazione dal sottosegretario Gianni Letta, contestando il taglio delle risorse e lo "spacchettamento" delle funzioni di alcuni uffici della presidenza stessa. Ad agitare i dipendenti anche i previsti tagli alle risorse destinate al personale: "i fondi destinati alla presidenza - ha spiegato una sindacalista ai cronisti - sono per il 66% destinati alla Protezione Civile e ai grandi eventi, per un 20% a favore delle spese di carattere politico e solo il resto è destinato ai dipendenti. Non chiediamo di ottenere nulla di più, ma che almeno non venga ridotto quello che è previsto oggi". (Fonte: Agi)

25 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-25

La manovra è quasi pronta. la presentazione al governo Forse già martedì

Stato più leggero, il piano dei tagli

Segnale di rigore ai mercati. Stipendi congelati, fatture telematiche, riduzioni del 10% di beni per i ministeri

La manovra è quasi pronta. la presentazione al governo Forse già martedì

Stato più leggero, il piano dei tagli

Segnale di rigore ai mercati. Stipendi congelati, fatture telematiche, riduzioni del 10% di beni per i ministeri

di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella

E chi l’avrebbe mai immaginato che la destra fosse costretta a ipotizzare la fattura telematica sopra i tremila euro o altri interventi che andrebbero a toccare dolorosamente i suoi bacini elettorali? Eppure, tra le varianti allo studio per una manovra che, obbligata a essere equa, finirà fatalmente per scontentare tutti, c’è anche questa. Come altre scelte fino a ieri impensabili. Dirompenti. Che stanno spaccando la maggioranza tra chi pensa che in fondo "i soldi in qualche modo saltan sempre fuori" e chi ritiene invece che gli italiani siano adulti che van trattati da adulti. E devono rendersi conto che la situazione, senza una svolta netta, è pesante. C'è una tabella che toglie il sonno a Giulio Tremonti. La stessa che è sul tavolo del presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet ma soprattutto su quello dei bucanieri della finanza internazionale. È una tabella dell'Ocse con i dati di quanto è aumentato tra il 1999 e il 2008 il costo del lavoro nei paesi dell'euro nel settore privato e in quello pubblico. Dice che in quello privato stiamo un po’ sopra la media: 23,7% di crescita nell'Europa a dodici, 24,8 in Italia. È vero che stiamo comunque al doppio rispetto alla Germania (12,2), ma vabbè...

Il guaio, quello vero, secondo i rigoristi, è contenuto nella prima colonna della tabella. Dove si vede come i paesi che più hanno visto impennarsi la spesa addetto nel settore pubblico sono stati l'Irlanda (110,8%), seguita dalla Grecia (109,1%), dal Portogallo (58%), dalla Spagna (53,1%). Si tratta, nell'ordine, dei paesi che sono stati via via messi sotto attacco da parte della speculazione internazionale. E chi c'è dopo la Spagna? Noi: 42,5% di aumento in termini nominali contro una media europea del 35,7. Una sproporzione netta, che diventa nettissima nei confronti dei paesi dell'elite continentale: Olanda (32,6%), Francia (31,3) e soprattutto Germania, dove il costo del lavoro nel pubblico è cresciuto del 17,1: molto meno della metà rispetto all'Italia. Ed ecco l'incubo: che i pirati della speculazione, dopo averci concesso per qualche tempo il beneficio del dubbio (evidentemente in nome della nostra tradizione manufatturiera e dell’apprezzamento per la linea del governo, pensano i tremontiani) possono in tempi brevi attaccare noi. Di qui la necessità di dare in tempi altrettanto brevi una risposta netta. Che rassicuri i mercati (al di là degli inutili lamenti su quanto siano "paranoici") sulla capacità dell'Italia di marcare una svolta.

Qual è il problema? Che rassicurare contemporaneamente i mercati internazionali e i cittadini italiani è difficile quanto volteggiare su un trapezio appeso a un piccolo aeroplano come fece Giovanni Palmiri nel cielo di piazza Duomo. Per capirci: ci sono scelte che rassicurando i mercati rischiano di seminare inquietudini tra la popolazione, altre che rassicurando la popolazione rischiano di seminare inquietudini nei mercati. Ma come fai a spiegare alla gente che la situazione è "drammatica", che la spesa pubblica nell'ultimo decennio (in cui la sinistra ma più ancora la destra si son riempite la bocca con la parola "rigore") ha continuato a salire "in grande eccesso" rispetto al Pil e che occorrono "grandi sacrifici" e "grandi cambiamenti" e una "profonda discontinuità" per rompere finalmente con quella tradizione italiana di affidarsi allo stellone perché "alla fine tutto si aggiusta"? Eppure non c’è scelta. Lo scrisse Ernesto Galli della Loggia tre anni fa e non c'è che da ripeterlo parola per parola: "L’Italia ha soprattutto bisogno di verità. Ha un gran bisogno che finalmente si squarci il velo di silenzi, di reticenze, spesso di vere e proprie bugie, che per troppo tempo il Paese ha steso sulla sua effettiva realtà". È qui che Tremonti e quanti sono convinti dell’urgenza d’intervenire con misure radicali, sanno di dire cose spinosissime.

In urto con la filosofia, il carattere, l'ottimismo del Cavaliere, che insiste nel maledire i corvi del malaugurio e nell’assicurare (con perplessità degli stessi giornali che più gli sono amici) che la manovra non toccherà questo e quello. In urto con un pezzo della destra, chiamata a scelte impopolari in contrasto con gli interessi immediati (quelli a lungo termine sono un'altra faccenda) di alcune categorie tradizionalmente considerate nel suo bacino elettorale. In urto forse soprattutto con quel mondo di dirigenti, funzionari, grand commis, "uomini di panza" ministeriali che si sono già posizionati ringhiosamente in difesa dello status quo e che vorrebbero che il peso della crisi, in nome dei grandi numeri (si rastrellano più soldi toccando i salari di 3 milioni e mezzo di statali che quelli di alcune centinaia di "padreterni ", ovvio) fosse scaricato solo sulla massa dei dipendenti anonimi. In urto infine non solo con i sindacati, ai quali sarà difficile far digerire certe scelte che molti bollerebbero automaticamente come "macelleria sociale", ma con i partiti. I quali per la prima volta, a causa della gravità dei conti, potrebbero davvero veder sottoposto a un taglio radicale quel sistema dei rimborsi elettorali che, gonfiando i soldi a dismisura, ha preso il posto del finanziamento pubblico abolito anni fa da un referendum. Ma ecco, una per una, le varie misure allo studio.

Stipendi

Congelamento sulle cifre attuali, per tre anni, di tutti gli stipendi pubblici, "senza trucchi intorno a straordinari e cose simili" e senza recupero dell'inflazione, a partire dal primo mese disponibile. Una scelta ingiusta perché andrà a colpire tutti senza alcuna distinzione tra quanti buttano sangue sul lavoro e i lavativi? Purtroppo si. E sarà poi necessario un riequilibrio. Ma "i discorsi sul merito hanno bisogno di anni, e invece qua si tratta di fare in fretta", nella convinzione che altrimenti, con la dinamica attuale, i salari "continueranno a salire in tre anni del 12%".

Tagli retribuzioni

Gli stipendi pubblici sopra i 90mila euro saranno tagliati del 5%, sopra i 120mila del 10%. A costo di scontentare una serie di categorie, dagli alti magistrati ai prefetti, i diplomatici, i capi di gabinetto, i generali... Tutta gente che conta e che ha già cominciato a dare segnali di malumore. Meglio: profondo malumore. Con minacce di ricorsi alla magistratura: con che diritto lo Stato, tocca i contratti stipulati con i suoi dipendenti?

Banchieri

Tra i punti allo studio, un brusco aumento delle aliquote fiscali sui ricavi delle stock option, che rappresentano la fonte maggiore di guadagno per i banchieri e i manager privati.

Blocco nuovi contratti

Per tre anni, parallelo al congelamento delle retribuzioni.

Finestre pensioni

Riduzione da quattro a una l’anno delle "finestre" attraverso le quali si può andare in pensione. Fermo restando un trattamento speciale per chi ha già quarant'anni di contributi.

Invalidità

L'impennata dell'ultimo decennio, che al di là delle affermazioni di principio ha visto la spesa per le pensioni di invalidità salire da 6 a 16 miliardi di euro, soprattutto a causa dell’esplosione delle indennità di accompagnamento, porterà a una maggiore severità nei controlli. Uno dei problemi è quello che il riconoscimento di handicap invalidanti viene concesso dalla regione, i soldi li deve mettere lo Stato. La soluzione prospettata è che la spesa venga per il 25% scaricata sulle regioni, che sarebbero costrette ad essere più rigide. Di più: si tornerà, con ogni probabilità, alle regole del 1988, più restrittive delle attuali.

Accompagnamento

L'ipotesi di dar l'assegno d’accompagnamento solo a chi sta sotto un tetto massimo di 30 o 35 mila euro è saltata. Accudire una persona disabile è costosissimo e, fatti i calcoli, si sono resi conto che quel tetto avrebbe dovuto essere così alto che a quel punto non valeva neppure la pena di introdurla. Peggio: la selezione avrebbe potuto paradossalmente favorire quanti dichiarano meno di quanto guadagnano. Resterà tutto come oggi.

Ministeri

Taglio orizzontale del 10% per tutti i beni e servizi. Si lamentano già tutti di essere squattrinati? Nessuna eccezione. Tranne quelle per consentire di operare alle forze dell'ordine. Basti ricordare che i carabinieri sono già oggi costretti, spesso, ad andare a recuperare dei pezzi di ricambio per le vecchie Fiat Brava dai demolitori. Far la guerra alla criminalità, in quelle condizioni, è complicato. Per ministri e sottosegretari taglio del 10% dell'indennità.

Organi costituzionali

Il problema è che Quirinale, Senato, Camera, sono entità dotate di autonomia pressoché totale. L'unica cosa che può fare il Tesoro, da quanto si capisce, è ricordare loro pubblicamente: il taglio generale alle spese sarà almeno del 10%, sarebbe opportuno se anche voi...

Rimborsi elettorali

Tema molto controverso. L'intenzione di Tremonti e dei rigoristi sarebbe quella di ridurre il contributo elettorale da 1 euro a 50 centesimi a elettore. Secondo i calcoli del Sole 24 ore la prima stretta porterebbe a un risparmio di 170 milioni. Resta da capire se i partiti che verrebbero penalizzati sulle entrate che avevano messo in conto di avere già in tasca (62 milioni a rischio per il Pdl, 54 per il Pd, 12,4 per la Lega e giù giù fino a 1 milione e 800mila euro per la destra…) se ne faranno una ragione o meno. In caso di rifuto, certo, sarebbe complicato poi raccomandare sacrifici agli altri.

Enti

Il progetto è quello di accorparne più possibile. Alcune situazioni, del resto, appaiono francamente indifendibili. Per esempio quello dell’Isae, l'istituto di ricerca del Tesoro: ha 31 ricercatori e 70 (settanta) impiegati amministrativi. Quanto all'Ice, l’Istituto per il commercio estero i cui dirigenti occupati all’estero hanno paghe principesche, potrebbe sciogliersi all’interno della Farnesina oppure essere diviso fra i ministeri degli Esteri e dello Sviluppo economico.

Lotta agli evasori

È una delle questioni sulle quali lo scontro fra chi invoca il rigore e chi le "ragioni della politica", vale a dire spesso le ragioni di bottega elettorale, rischia di essere più duro. E che potrebbe segnare una svolta radicale per un governo che nel passato aveva fatto una serie contestatissima di condoni di ogni genere. Le misure allo studio più importanti sarebbero tre. La prima, come dicevamo, è la fattura telematica che dovrebbe essere emessa per tutti gli importi superiori ai 3 mila euro e consentirebbe di lasciare, a disposizione degli investigatori, una scia indelebile. La seconda è il ripristino (non è chiaro da che soglia) della "tracciabilità" dei contanti, introdotta da Prodi con un tetto di 5 mila euro, invocata per anni come indispensabile da un pezzo della sinistra (che si spinse a teorizzare un abbassamento della soglia a 100 euro) e sbeffeggiata sul fronte opposto da Berlusconi che, considerandola una "misura di polizia", l’aveva abolita riportando in vita il limite europeo del 12.500 euro. La terza è sul fronte delle compensazioni Iva, fonte di molti abusi: stando ai progetti, non sarà più possibile il "fai da te" ma sarà richiesta una certificazione di un professionista che risulterà responsabile davanti alla legge. Di più ancora: l’accertamento fiscale per le imposte non pagate scatterà contestualmente all’immissione a ruolo, con l’esito di accorciare i tempi degli accertamenti di tre o quattro mesi.

Ristrutturazioni edilizie

Oggi è previsto lo sgravio del 36% e per ottenerlo tutti i pagamenti vanno fatti tramite bonifico bancario. Il guaio è che, stando ai risultati, molti incassano il bonifico ma poi non pagano le tasse contando sulla farraginosità dei controlli o su qualche condono futuro. L'idea è quella di delegare alle banche il ruolo di sostituto d'imposta così come oggi avviene per le aziende che trattengono le tasse dei dipendenti. Toccherebbe agli istituti di credito di trattenere il 20%.

Condono edilizio

L’ipotesi di un nuovo condono edilizio, salvo sgradevolissime sorprese (anche nel 2003, sulle prime, venne esclusa l'idea di una sanatoria generalizzata e poi si è visto com'è andata a finire: con la corsa di decine di migliaia di furbi a commettere abusi spacciati poi per precedenti…) viene solennemente scartata. Al momento par di capire piuttosto che il governo fornirà ai comuni le fotografie aeree e tutto il materiale a disposizione per stanare i proprietari dei circa 2 milioni di "case fantasma".

Costi sanità

Ci sono Asl e ospedali che pagano le siringhe più care che in farmacia? D’ora in poi dovrebbe far fede per tutti il prezzo che paga Consip, la società pubblica che fa gli acquisti per la pubblica amministrazione, la quale avrà per giunta l’obbligo di mettere tutto on line. E cosa succederà se il parametro non viene rispettato? Il rappresentante dello stato nel collegio sindacale delle Asl dovrà spiegarne i motivi in una relazione alla Corte dei conti.

Municipalizzate

Gli enti locali controllano ormai più di 5 mila società. Molte delle quali assolutamente inutili, che servono soltanto, come disse Luca Cordero di Montezemolo, da "discarica per politici trombati". A Comuni, Province e Regioni sarà vietato ripianarne le perdite al di fuori del cosiddetto "contratto di servizio". In questo caso non gli resterà che portare i libri in tribunale. Una scelta obbligata, dopo alcuni salvataggi contestatissimi, come quello dell'Amat di Palermo.

Arbitrati

Per ora, di un'abolizione degli Arbitrati non se ne parla. Lo stesso governo di centrodestra, tuttavia, si sarebbe convinto che così non si può andare avanti. Gli incarichi accessori come gli arbitrati per le opere pubbliche fanno crescere mediamente del 30% il costo degli appalti, e soprattutto arricchiscono la corporazione degli arbitri: magistrati amministrativi e contabili, burocrati pubblici, avvocati dello stato, politici. Con in più una beffa; che lo Stato soccombe nel 98% dei casi. Fra il 2005 e il 2007 questa forma di giustizia privata amministrata da pubblici funzionari che arrotondano lautamente il loro stipendio ci è costata 715 milioni: sarebbero bastati per il Passante di Mestre. E gli arbitri si sono messi in tasca 50 milioni. Morti e risorti almeno tre volte, gli arbitrati sono stati ripristinati l’ultima con un decreto legislativo messo a punto dal capo giurista di palazzo Chigi Claudio Zucchelli. Il quale nel 2008 ha fatto parte di un collegio arbitrale di tre persone incaricato di dirimere una lite fra l’Astaldi e l’Anas. Valore della controversia: 38 milioni di euro. A dir poco principesco, 1.455.000 euro, il compenso del collegio.

Consulenze

Taglio totale. Inevitabile: a dispetto di tutti gli impegni l'andazzo è ormai inarrestabile.

Sponsorizzazioni

Stando al progetto, la scelta di tanti enti locali di sponsorizzare squadre di calcio, basket e pallavolo verrebbe vietata. Decisione sacrosanta. Basti ricordare i casi della Regione Calabria che, nei guai finanziari al punto di non avere i soldi per pagare lo smaltimento dei rifiuti, scelse di sponsorizzare la nazionale di calcio. O quello della Campania che appoggia con centinaia di migliaia di euro l'anno la "Air Avellino" di basket, dove Air sta per Autoservizi Irpini: capitale al 100% nella mani della Regione. O ancora quello della Provincia di Treviso, sponsor del Treviso Calcio dal 2004 per scelta dell’allora presidente Luca Zaia: "Con questa sponsorizzazione abbiamo fatto una scelta di campo. La squadra porterà in tutta Italia il nostro progetto: "Se la vedi, ti innamori"".

Protezione civile

È impossibile, davanti alle emergenze, controllare "prima" la distribuzione dei soldi? Può darsi. Ma a quel punto è indispensabile controllare meticolosamente tutto almeno "dopo". Quindi va tutto riportato sotto la vigilanza della Ragioneria dello Stato. Insieme con i conti di tutta la Presidenza del Consiglio. La domanda è: passeranno sul serio, almeno in parte, queste scelte? Lo si vedrà nei prossimi giorni. Dipenderà anche, se non soprattutto, dai segnali che verranno dai mercati internazionali. E dal coraggio che il centro destra, e Silvio Berlusconi in prima persona, dovranno dimostrare per sfidare insieme sindacati e partiti, clientele locali e grand commis. Ma soprattutto di andare a spiegare a quegli artigiani, quei piccoli imprenditori, quei professionisti, quei commercianti che in questi anni, a forza di condoni e sanatorie, hanno pensato che il Pdl la Lega e Berlusconi e Bossi fossero sempre e comunque dalla parte loro e "contro" lo Stato, che qualcosa è cambiato. E che la nuova crisi planetaria, mentre impone alle macchine statali troppo gonfie di sgonfiarsi, chiede anche a tutti i cittadini una nuova assunzione di responsabilità.

24 maggio 2010

 

 

 

 

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Saltano i tagli alle tasse, che anzi aumentano

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Si prepara una cura da cavallo fino al 2016, che rimpinguirà il bilancio di 10 miliardi di euro l’anno

La cancelliera tedesca Angela Merkel (Ap)

La cancelliera tedesca Angela Merkel (Ap)

MILANO - Anche in Germania sono in arrivo drastiche manovre di risanamento dei conti pubblici, afferma il Financial Times lunedì in apertura: Berlino ha deciso di "dare il buon esempio" agli altri paesi dell’area euro. Per questo prepara una cura da cavallo prolungata fino al 2016, che consentirà di rimpinguare il bilancio di 10 miliardi di euro l’anno, tra aumenti delle entrate e riduzioni delle spese. Non solo salta il precedente piano di abbassare le tasse previsto dalla cancelliera Angela Merkel, ma anzi si profilano aumenti delle imposte, secondo il quotidiano, e tagli ai meccanismi di assistenza sociale che hanno consentito di tenere bassa la disoccupazione in Germania.

GLI OBIETTIVI - La portata di questi interventi "potrebbe provocare uno choc tra gli altri 15 paesi dell’area euro - prosegue l’Ft - che a loro volta devono imporre manovre di austerità", in parallelo al maxi piano di stabilizzazione dei mercati concordato con l’Ue, e che con il contributo dell’Fmi mobilita fino a 750 miliardi di euro. Dalla scure si salverebbero solo educazione, ricerca e politiche di assistenza sanitaria: "Sarebbe sbagliato risparmiare su questi segmenti", ha dichiarato a un quotidiano tedesco il ministro delle Finanze Wolfgang Scaeuble. Si profilano anche nuovi attriti in casa con l’opposizione: le proposte di risanamento hanno già innescato le critiche dei social democratici, secondo cui vanno a colpire i ceti più poveri. La Merkel però tira dritto e ha convocato una conferenza a porte chiuse della sua coalizione di centrodestra, che in due settimane dovrà preparare le linee guida del progetto di bilancio per il 2011. Obiettivi prefissati dovranno essere di tagliare il deficit dall’attuale oltre 5 per cento circa del Pil, al 3 per cento nel 2013 - la soglia massima consentita dai trattati europei - fino a giungere al quasi pareggio nel 2016: con un deficit allo 0,35 per cento del Pil come richiesto dalla Costituzione tedesca.

24 maggio 2010

 

 

 

 

 

la manovra economica - slitta a martedì l'incontro con le parti sociali

Letta: "Sacrifici duri, spero provvisori"

Napolitano: "Equità e misure condivise"

Il Capo dello Stato: "Siano prese decisioni responsabili". Bonaiuti: "Nessun condono edilizio e niente nuove tasse"

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Paolo Bonaiuti (infophoto)

Paolo Bonaiuti (infophoto)

MILANO - "È arrivato il momento dei sacrifici". Lo dice prima Paolo Bonaiuti, chiedendo "un segnale equo" a "chi guadagna di più". Lo ribadisce poi Gianni Letta: "Nella manovra ci sono sacrifici molto pesanti, molto duri, speriamo provvisori". E lo ripete infine anche Giorgio Napolitano: "I sacrifici siano distribuiti con equità tra i cittadini". Il governo è al lavoro per mettere a punto gli ultimi dettagli della manovra economica correttiva per il prossimo biennio: un pacchetto di misure pari all'1,6% del Pil che dovrebbero riportare il deficit sotto il 3% del Pil dal 5,3% dello scorso anno e rassicurare i mercati finanziari, preoccupati da un possibile allargamento della crisi della Grecia, sulla solidità dei conti pubblici italiani. Lo stesso Fondo Monetario Internazionale, del resto, chiede all'Italia di "mantenere la disciplina fiscale, ridurre il peso del debito pubblico e aumentare il tasso di crescita nel lungo periodo". Servono tagli e risparmi, insomma. La tabella di marcia prevede che il Consiglio dei ministri si riunisca martedì alle 18 per il via libera al pacchetto, dopo l'incontro con gli enti locali e le parti sociali.

BONAIUTI - "La manovra sarà di 24 miliardi - annuncia il portavoce della presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti. - Ieri sono stato dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. È stata una giornata di lavoro intenso". Qualche dettaglio? Bonaiuti, intervenendo a "La telefonata" di Maurizio Belpietro in onda su Canale 5, chiarisce che non ci sarà nessun condono edilizio ("casomai si tratta di mettere a catasto quelle due milioni di unità immobiliari") e che sono escluse nuove tasse ("Nessuno metterà le mani in tasca ai cittadini").

LETTA - Sull'argomento interviene anche Gianni Letta. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio conferma che la manovra conterrà "una serie di sacrifici molto pesanti, molto duri che siamo costretti a prendere, spero in maniera provvisoria, con una temporaneità anche già definita, per salvare il nostro Paese dal rischio Grecia. Capiamolo così e ci capiamo tutti". Letta parla di "una manovra straordinaria che chiamiamo 'Provvedimenti urgenti per la stabilità finanziaria e per la competitività economica' che ci è imposta dall'Europa così come per gli altri Paesi, dalla Spagna al Portogallo, dalla Francia alla Gran Bretagna, alla Germania, che stanno prendendo provvedimenti, nel disperato, ma spero vittorioso tentativo, di scongiurare una crisi epocale e di salvare l'Euro".

NAPOLITANO - Dagli Stati Uniti interviene anche Giorgio Napolitano: il presidente della Repubblica afferma che per affrontare la grave crisi che ha colpito l'euro "in tutta Europa occorre ridurre il debito pubblico, occorrono sacrifici distribuiti con equità tra i cittadini". "Bisogna mettere nel conto anche le proteste, che fanno parte della democrazia - prosegue Napolitano. - Quel che è importante è che le decisioni siano prese responsabilmente dalla maggioranza ed io spero siano condivise dalle forze di opposizione in Parlamento, nel comune interesse".

PD E IDV - L'opposizione attende di conoscere i dettagli della manovra, anche se si levano già voci critiche. "Basta con i balletti sulle cifre, Berlusconi dica la verità ai cittadini sulla portata della manovra, sulla situazione dei conti pubblici e dell'economia italiana", attacca Massimo Donadi, capogruppo Idv alla Camera. "Per il bene del paese - dichiara invece il capogruppo Pd in commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano - è necessario che la manovra finanziaria contenga un elevato tasso di equità sociale. Una manovra classicamente concentrata su redditi da lavoro, pensioni e stato sociale per le famiglie - aggiunge Damiano - significherebbe l'adozione di quelle ricette neo liberiste che ci hanno portati nell'attuale situazione di crisi. Sarebbe paradossale e incomprensibile per la maggioranza dei cittadini".

Redazione online

24 maggio 2010

 

 

 

Anticipazioni sulla manovra al vertice del Pdl, che ha dato un sostanziale via libera

Tremonti: tagli anche anche ai partiti

Condono per le case "fantasma". Stretta sulla spesa in materia di invalidità e poi nuovi pedaggi sui raccordi

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Condono per le case "fantasma". Stretta sulla spesa in materia di invalidità e poi nuovi pedaggi sui raccordi

(Ansa)

(Ansa)

ROMA - Dalla consulta economica del Pdl è arrivato un sostanziale via libera alla manovra finanziaria illustrata dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Durante la riunione, riferiscono alcuni partecipanti, c’è stata una discussione che è stata animata ma serena ed è stata lasciata la porta aperta su possibili ritocchi. In particolare restano alcuni punti da definire come i tagli alle remunerazioni dei manager pubblici, la riduzione del finanziamento ai partiti, la tracciabilità dei pagamenti in contanti ed infine le risorse da destinare a Roma capitale. È questo in sintesi l'esito della riunione della Consulta economica del Pdl da poco conclusasi a via dell'Umiltà secondo quanto riferito da fonti concordanti

TAGLI AI PARTITI - Il ministro dell'Economia, secondo quanto hanno riferito alcuni partecipanti alla riunione del Pdl sulla manovra, ha detto che la scure dei risparmi arriva anche sui partiti politici. Sarà infatti dimezzato il contributo di un euro a cittadino iscritto nelle liste elettorali per le elezioni alla Camera. Verranno inoltre soppresse le quote annuali dei rimborsi in caso di scioglimento anticipato del Parlamento. Se un politico che è stato eletto ha incarichi nella pubblica amministrazione, per questi può percepire solo il rimborso delle spese e un gettone di presenza al massimo di 30 euro. Inoltre, le risorse che si recupereranno dalle riduzioni di spesa di Quirinale, Senato, Camera e Corte Costituzionale saranno destinate alla cassa integrazione.

AL SUD NIENTE IRAP PER CHI AVVIA NUOVE ATTIVITA' - Arriva la possibilità per le regioni del Sud di istituire un tributo proprio sostitutivo dell’Irap per le imprese che avviano nuove attività. In sostanza, chi avvierà nuove attività al Sud dopo l’approvazione del decreto non pagherà più l’Irap attuale alle regioni.

INVALIDITA' - Il ministro ha anche confermato una stretta sulla spesa in materia di invalidità. L'elevazione percentuale di invalidità dal 74% all'80% per la concessione dell'assegno di invalidità. Previsto anche un piano di controlli: l'Inps è chiamata ad effettuare un programma di 100mila verifiche per l'anno 2010 e di 200mila verifiche annue per ciascuno degli anni 2011 e 2012 nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile. Le Regioni poi dovranno concorrere alle spese: a valere sui trasferimenti alle regioni, il 45% degli stessi sono redistribuiti tenendo conto della distribuzione pro-capite della spesa effettuata in ciascuna regione per invalidità civile.

PROTEZIONE CIVILE - Le ordinanze di Protezione Civile con cui viene dichiarato lo stato d'emergenza "sono emanate di concerto con il ministero dell'Economia". È quanto prevede la bozza della manovra finanziaria, nella parte relativa alla riorganizzazione dei poteri del Dipartimento della Protezione Civile, che è ancora in fase di elaborazione. Nella bozza si sottolinea inoltre che le calamità naturali e le catastrofi devono essere fronteggiate con "mezzi e poteri straordinari" solo se si determinano "situazioni di grave rischio per l'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente". Nel testo vi sarebbe anche la soppressione di quegli articoli delle leggi che consentono al Dipartimento la gestione dei grandi eventi. Quanto alla durata degli stati di emergenze, la bozza - non ancora definitiva - prevede che questa sia "definita in stretta correlazione con i tempi necessari per la realizzazione dei primi, indispensabili, interventi e senza che la concessione di eventuali proroghe possa essere giustificata da situazioni di inerzia o da ritardi". Per ciò che concerne le deroghe sugli appalti, invece, in caso di "assoluta eccezionalità dell'emergenza", le ordinanze possono autorizzare "soltanto per periodi di tempo prestabiliti".

RIFIUTI - Niente rimborsi per l'Iva pagata sulla Tia, la Tariffa di Igiene Ambientale, che in molti Comuni ha sostituito la Tarsu, la tassa sui rifiuti. Nella manovra ci sarà una norma interpretativa per evitare il rimborso a carico dei Comuni e delle società municipalizzate.

SANATORIA IMMOBILIARE - Tra i contenuti della manovrà ci sarà anche la sanatoria immobiliare. E riguarderà - ha spiegato il ministro dell'Economia - l'obbligo per gli interessati di dichiarazione di aggiornamento catastale con sanzioni che saranno ridotte ad un terzo.

NUOVI PEDAGGI AUTOSTRADALI - Sarà inoltre possibile porre un pedaggio su tratti stradali che connettono con le autostrade: questa, secondo quanto riferito da alcuni presenti, ha prospettato il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti alla Consulta del Pdl. Questo servirebbe a reperire risorse per le infrastrutture ed escludere Anas dal perimetro del bilancio statale.

ALIQUOTA SU STOCK OPTION E BONUS - Su stock option e bonus scatterà un'aliquota addizionale del 10%. Lo prevede sempre la manovra 2011-2012 illustrata dal ministro dell'Economia alla Consulta economica Pdl. La stretta fiscale riservata al settore finanziario - in linea con le decisioni assunte in sede G20 - sarà applicata su quelle remunerazioni che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

ALTRI DUE ANNI DI STOP AL TURN OVER NELLA PA - Il trattamento economico dei dipendenti della PA, compresi i dirigenti, non potrà superare (fino al 2013) il trattamento del 2009. Il turn over sarà inoltre limitato per altri 2 anni. I trattamenti saranno ridotti del 5% sopra i 90.000 euro di reddito per la parte che eccede i 90.000 euro e fino a 130.000. Contributo che aumenterà fino al 10%oltre i 130.000 euro. C'è poi un tetto alle 'codè contrattuali 2008-2009: cioè si prevede che i rinnovi non possano determinare aumenti superiori al 3,2%. Verso un’accelerazione dell’età di pensionamento delle donne nel pubblico impiego. E’ quanto si legge nel documento con le misure della manovra che il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, sta illustrando alla Cosnulta del Pdl.

24 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-22

messaggio del premier sulla prossima manovra finanziaria

Berlusconi: "Nessuna macelleria sociale"

"Non verranno toccate sanità, pensioni, scuola e Università". Bersani: "Batoste su ceti medi ed enti locali"

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Il documento

messaggio del premier sulla prossima manovra finanziaria

Berlusconi: "Nessuna macelleria sociale"

"Non verranno toccate sanità, pensioni, scuola e Università". Bersani: "Batoste su ceti medi ed enti locali"

Silvio Berlusconi (Ansa)

Silvio Berlusconi (Ansa)

ROMA - Silvio Berlusconi dice la sua sulla prossima manovra finanziaria, dopo il lungo incontro con Tremonti, e cerca di tranquillizzare l'opione pubblica: "Non sarà punitiva".

MACELLERIA SOCIALE - "Bisogna far sapere che non uno di questi fantasiosi provvedimenti di macelleria sociale di cui si legge su certa stampa in questi giorni risponde al vero. Noi stiamo lavorando in stretto contatto con le parti sociali. È assolutamente falso che sia alle viste un aumento delle imposte" ha detto il presidente del Consiglio in un messaggio registrato ai Promotori della Libertà. "Non verranno toccate - precisa Berlusconi - nè la sanità nè le pensioni, nè la scuola nè l'Università. È sicuro invece che il governo continuerà a mantenere i conti pubblici in ordine con una politica prudente, coniugando il rigore con l'equità e il sostegno alo sviluppo. E ripeto: non aumenteremo le tasse. Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani".

RISPETTEREMO GLI IMPEGNI UE - "Per il futuro continueremo a rispettare gli impegni che l'Ue impone a tutti i Paesi europei e cioè una riduzione del deficit, cioè del nostro disavanzo per il 2011 e per il 2012. E questo per noi significa passare dall'attuale 5% di deficit rispetto al nostro Pil, al 3% nel 2012. Faremo questa manovra e quando l'avremo messa a punto, quando sarà definita in tutti i suoi aspetti, la faremo conoscere a tutti italiani nel modo più diretto, nel modo più trasparente" ha detto anche il premier.

CON L'OPPOSIZIONE ITALIA COME LA GRECIA - "Invece - ha aggiunto - penso che alimentare ogni giorno il pettegolezzo su questi argomenti sia una grave responsabilità da parte dell'opposizione. Voi sapete bene che se il nostro Governo avesse seguito anche solo una parte delle richieste di questa opposizione cioè più spese, più debito, l'Italia sarebbe finita come la Grecia, cioè sarebbe finita male, molto male. Noi invece abbiamo garantito la credibilità dei nostri Bot e Cct sul mercato finanziario internazionale, che continua a investire nei titoli del nostro debito pubblico e così facendo abbiamo tutelato il risparmio delle famiglie, abbiamo assicurato la pensione a quasi 17 milioni di pensionati, abbiamo assicurato lo stipendio a 3 milioni e mezzo di dipendenti pubblici, senza mai mettere le mani, voglio ripeterlo, nelle tasche dei contribuenti".

BOSSI: "TROVEREMO UN EQUILIBRIO" - Sulla manovra anticrisi "io e Berlusconi cercheremo di trovare un equilibrio". Lo ha affermato il ministro delle Riforme, Umberto Bossi, a margine della festa della Polizia, in corso a Varese. "Ci incontreremo sia con Tremonti che con Berlusconi - ha sottolineato Bossi - perchè sulle cose non è che ci sia ancora chiarezza. ConTremonti avevo parlato, ma bisogna mettere in mezzo anche Berlusconi", ha aggiunto il leader della Lega Nord.

BERSANI: "CARICO SUI CETI MEDI E BATOSTA SUGLI ENTI LOCALI" - Il primo a commentare è stato il segretario del Pd: "Arrivano delle agenzie curiose: Berlusconi dice che non si tocca la sanità, non si toccano le pensioni, non si mettono tasse. Quindi problemi zero. Purtroppo i segnali che abbiamo ci dicono cose diverse, e molto serie, perchè qui non si vede nulla di nulla che metta mano a dei meccanismi e che metta in condizione il paese di spostare il carico. Il carico è di nuovo sui ceti medi e una batosta sugli enti locali".

Redazione online

22 maggio 2010

 

 

 

Conti pubblici - Il governo

Il premier frena Tremonti: servono scelte condivise

"L’Europa ha vissuto al di sopra dei propri mezzi"

Conti pubblici - Il governo

Il premier frena Tremonti: servono scelte condivise

"L’Europa ha vissuto al di sopra dei propri mezzi"

ROMA — I Paesi europei "sono consapevoli di aver vissuto al di sopra delle proprie possibilità" ed è per questo che "i governi stanno ora facendo uno sforzo per ridurre le spese". Nel giorno dell’annuncio della manovra da 27 miliardi, il premier Silvio Berlusconi la spiega con un’autocritica collettiva, al termine dell’incontro a Palazzo Chigi col presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Durao Barroso. Col quale parla della crisi greca e della risposta europea per evitare i rischi di contagio. Per l’Italia il segnale di rigore è appunto la manovra, che si annuncia severa. A tal punto che lo stesso Berlusconi ha deciso di frenare il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti che l’ha definita con l’obiettivo di portarla in tempi strettissimi, forse già martedì prossimo, all’approvazione del Consiglio dei ministri. Il premier già ieri sera ha affrontato la questione con Tremonti, rientrato appositamente da Bruxelles dove ha partecipato alla riunione della task force per la revisione del Patto di stabilità europeo e il rafforzamento della governance economica dell’Unione. Berlusconi in sostanza vorrebbe che le misure, proprio perché severe, siano discusse e condivise ad iniziare dalla stessa maggioranza. Una preoccupazione espressa ieri esplicitamente dal ministro per i Rapporti con l’Unione europea, Andrea Ronchi. "E’ necessario che la manovra sia la più condivisa possibile" ha detto Ronchi sottolineando l’esigenza del confronto prioritario "con le parti sociali, con le imprese, con le associazioni di categorie" e di interventi che "taglino gli sprechi, che diano eticità e dimostrino che questo Governo è forte e sa affrontare con coesione le varie emergenze". E poi, ha insistito Ronchi, "occorre un passaggio anche dentro il Pdl: si deve fare una discussione pure di notte perché il Pdl la manovra la deve spiegare e accompagnare". Intanto nell’incertezza "dei tempi della manovra" il ministro per il Welfare Maurizio Sacconi ha rinviato l’incontro con i sindacati previsto per lunedì prossimo.

Che la situazione richieda decisioni nette, in Italia e nel resto dell’Europa, nel momento in cui la paura per il debito greco ha dato linfa alle speculazioni contro l’euro e ha innescato i rischi di contagio, Berlusconi lo ha comunque riconosciuto dopo l’incontro con Barroso: "Tutti i Paesi europei hanno debiti importanti e invece di chiudere i bilanci con un margine attivo così da poterli ridurre progressivamente, hanno aumentato ancora di più i debiti " ha spiegato il premier ribadendo la necessità di aiutare la Grecia e di bloccare ogni timore per la tenuta dell’Unione. E a Barroso che ringraziava l’Italia e il suo premier "per il contributo dato alla soluzione " della crisi "difendendo la necessità di una risposta comunitaria e non isolata ", Berlusconi ha confermato che il nostro Paese "continuerà a dare il suo forte sostegno all'Europa: siamo uno dei Paesi fondatori. L'Italia è la nostra patria di oggi e di domani ma, quella di domani, è anche l'Europa". Sull’esigenza di una risposta unitaria ha insistito a Bruxelles anche Tremonti il quale ha rivolto il suo richiamo al collega tedesco, Wolfgang Schauble, ministro delle Finanze del governo di Berlino da cui sono arrivate nelle scorse settimane le maggiori resistenze ad un intervento di aiuto alla Grecia. "Ho citato, riferisce Tremonti, un poeta tedesco che dice: il primo passo è libero, ma il secondo passo è obbligatorio e dobbiamo farlo insieme. Ci siamo intesi".

Stefania Tamburello

22 maggio 2010

 

 

 

Retroscena - L’accusa di voler fare un tesoretto per il federalismo

Contrasti e cene vis-à-vis Berlusconi al ministro: sì al rigore ma non esageriamo

Retroscena - L’accusa di voler fare un tesoretto per il federalismo

Contrasti e cene vis-à-vis Berlusconi al ministro: sì al rigore ma non esageriamo

ROMA—Non avere il controllo diretto sui conti dello Stato, essere quasi al buio su tanti risvolti del bilancio pubblico, gestito dalla Ragioneria, è una cosa che ha sempre prodotto in Berlusconi un senso di impotenza. Una sensazione passeggera, se bilanciata dalla fiducia totale nel proprio ministro dell’Economia, molto sgradevole se alla fiducia si affiancano, come nelle ultime ore, incomprensioni, sospetti ed accuse anche molto esplicite.

Due sere fa, nello studio di Palazzo Chigi, alla sola presenza di Gianni Letta, il Cavaliere e il suo ministro hanno toccato proprio il tasto della fiducia reciproca. E’ stato un momento delicato, sono state pronunciate parole molto dirette, il capo del governo e il custode dei conti dello Stato si sono guardati negli occhi convinti ognuno di aver ragione. Nel merito la discussione definiva però due ruoli anomali e confliggenti: il Cavaliere con l’indice puntato, nelle vesti dell’accusatore; Tremonti a difendere, numeri alla mano, l’ineluttabilità delle scelte.

Se il sottosegretario alla presidenza del Consiglio abbia fatto l’arbitro, o il giudice, non si sa. Ci avrà provato. Di certo la discussione ha toccato il momento meno felice quando il premier ha rivolto al proprio ministro l’accusa di voler strafare, di preparare un manovra economica più forte del necessario non solo per le reali necessità della finanza pubblica, ma anche per un motivo contabile e politico ben preciso: favorire la Lega, il blocco di consenso del partito di Umberto Bossi e al tempo stesso accantonare più risparmi di quanti ne occorrano per il momento in cui dovrà essere varato il federalismo fiscale.

Sul punto c’è stato un confronto a tratti circostanziato, puntellato dalla lettura delle misure contenute nella bozza della manovra, compreso quell’intervento che potrebbe incidere sulle retribuzioni più alte del pubblico impiego e che il capo del governo considera discriminatorio rispetto al settore privato, convinto che avrà effetti negativi sul consenso suo personale e del Pdl.

Ovviamente le critiche sono state rispedite al mittente dal ministro, per il quale la gravità della congiuntura economica non consente alternative. Allo stesso tempo hanno giocato un ruolo i comportamenti e la disinvoltura degli uomini della Lega, in primo luogo Roberto Calderoli, che dal premier è stato invitato, con ironia, ma non troppo dolcemente, a presentare lui agli italiani, la prossima volta, la manovra economica, vista la loquacità preventiva sugli interventi di correzione dei conti pubblici.

E’ anche in questo clima che si svolgono in queste ore gli incontri al più alto livello su una manovra che segnerà l’immagine che gli italiani hanno del governo presieduto dal Cavaliere e che finirà per incidere in misura molto diretta sulla vita quotidiana di milioni di elettori.

Ieri il capo del governo, alla presenza del presidente della Commissione europea, ha abbozzato un primo tentativo di comunicazione diretta: è in corso, ha detto, uno sforzo da parte di tutti i governi per ridurre le spese e c'è la consapevolezza di tutti i Paesi europei "di aver vissuto al di sopra delle proprie possibilità". Non gli piace la parola sacrifici, ma è in sostanza quello che si appresta a chiedere, per di più a delle persone che lo hanno votato ritenendo possibile una riduzione della pressione fiscale. Ovvio che sia molto contrariato, tanto più coltivando il dubbio di dover mettere la firma su un provvedimento più pesante del necessario.

Di fronte a tutto questo scoloriscono altri dettagli. I ministri che minacciano di non approvare la manovra, se non verranno coinvolti. I problemi di metodo: forse martedì o mercoledì si riunirà la consulta economica del Pdl allargata ai ministri, dovrà dare un imprimatur politico al provvedimento, in sostanza dare l’idea di una collegialità, affiancare qualcos’altro all’immagine di Tremonti.

Quell’immagine che in questi frangenti il Cavaliere vede come antitetica alla propria: la durezza della manovra alimenta, anche all’estero, il prestigio del Custode dei conti; rischia di depotenziare, agli occhi dei proprio elettori, quello del Cavaliere. Anche per trovare un equilibro fra queste due esigenze, ieri sera, poco prima delle 22, Tremonti si è recato a casa del presidente del Consiglio.

Marco Galluzzo

22 maggio 2010

 

 

 

 

Il piano/Stretta sugli invalidi, accompagnamento solo fino a 25 mila euro

Crisi, la bozza della manovra

Ticket e tagli ai manager

Per le prestazioni specialistiche prelievo di 7,5 euro. Stipendio ridotto del 10% per manager oltre i 75 mila €

Il piano/Stretta sugli invalidi, accompagnamento solo fino a 25 mila euro

Crisi, la bozza della manovra

Ticket e tagli ai manager

Per le prestazioni specialistiche prelievo di 7,5 euro. Stipendio ridotto del 10% per manager oltre i 75 mila €

ROMA— Sono ancora solo ipotesi. Ma a tre giorni dal varo della manovra da 27,6 miliardi per il biennio 2010-2011, appaiono per la prima volta nero su bianco. Sono 119 articoli, raccolti in 41 pagine, per un decreto che conferma l’esigenza di grandi sacrifici, a cominciare già da luglio con l’introduzione di un ticket sanitario sulle visite specialistiche di 7,5 euro, per proseguire nel 2011 e nel 2012 con tagli drastici alla spesa pubblica. Il testo, ancora in bozza, non risparmia nessuno: congelamento dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego, da 4 a 2 "finestre" all’anno per andare in pensione di vecchiaia, limiti di reddito per l’indennità di accompagnamento degli invalidi, tagli agli stipendi di ministri, sottosegretari, dirigenti pubblici, consiglieri degli enti, poi il blocco degli stipendi di magistrati, militari, poliziotti, professori universitari. E, ancora, i tagli dell’8% alla spesa dei ministeri, quelli a Regioni, Comuni e Province, la soppressione di alcuni enti, come la nuovissima Difesa Spa, e l’assoggettamento della Protezione Civile ai controlli ordinari. Misure cui si aggiungono quelle del disegno di legge che accompagnerà il decreto, con il giro di vite sull’evasione fiscale e i controlli sul contante, la regolarizzazione degli immobili fantasma, la stretta sui giochi illegali, che avrà riflesso anche sul gettito fiscale, il riordino degli enti previdenza.

(Sul giornale in edicola l'articolo che analizza la manovra punto per punto)

Enrico Marro

Mario Sensini

22 maggio 2010

 

 

 

 

Non pochi i risvolti applicativi che incideranno sulla concessione

Manovra correttiva e invalidi civili

Introdotto il limite reddituale quale condizione per l’erogazione dell’indennità di accompagnamento

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MILANO - Anche per le indennità di accompagnamento verrà introdotto un limite reddituale. Queste le intenzioni espresse nella Manovra correttiva che il Governo presenterà a breve. Il limite reddituale personale dovrebbe essere di 25mila euro. Per gli invalidi coniugati oltre al limite personale c’è n’è uno "di coppia" pari a 38mila euro. Il nuovo limite riguarderà le indennità erogate dal 1 gennaio 2011. Nel caso si superino i 25mila euro sommando reddito e indennità, la provvidenza viene ridotta fino a limite reddituale. Esempio: un invalido percepisce 23 mila euro di reddito (o pensione di anzianità), il totale annuale di indennità sarebbe solo di 2 mila euro (contro i 5.760 attuali). È un passaggio epocale, perchè in tal modo anche l’indennità di accompagnamento, una provvidenza assistenziale, viene considerata, di fatto, reddito. Pertanto, in realtà, il vero limite reddituale per godere pienamente dell’indennità non è di 25mila euro, ma di 19.240 euro.

LE "VECCHIE INDENNITÀ"- Per le indennità di accompagnamento già in godimento, non è prevista la sospensione, ma nel caso di superamento di quei limiti reddituali, verrebbe sospesa la perequazione automatica annuale. Per dare un ordine di grandezza nel 2010 la perequazione dell’indennità rispetto all’anno precedente è stata di 18 euro mensili.

L’INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO: CHE COS’È? - L’indennità di accompagnamento è una provvidenza assistenziale introdotta nel 1980 a favore degli invalidi civili totali che non sono in grado di deambulare autonomamente o senza l’aiuto di un accompagnatore o non sono in grado di svolgere autonomamente gli atti quotidiani della vita. Fra le condizioni di esclusione: essere ricoverati in istituto a carico dello Stato o degli enti locali. Come detto, finora, non era previsto alcun limite reddituale poiché veniva considerata una indennità per servizi assistenziali che lo Stato non eroga.

REDDITO LORDO O NETTO? - Ma la domanda di fondo rimane quella che riguarda anche le altre prestazioni riservate agli invalidi civili: si considera il reddito netto o il reddito lordo? La risposta cela una dei veri e propri "misteri" della nostra burocrazia assistenziale.Un po’ di storia non guasta, per capire meglio.

L’ORIGINE - Agli invalidi civili, ai ciechi civili e ai sordomuti vengono erogate delle provvidenze economiche rapportate al loro grado di invalidità. Uno degli elementi che determina la concessione è il limite reddituale. Prima di concedere o confermare pensioni, assegni o indennità di frequenza, viene quindi verificato il reddito personale annuo dell’interessato. Fanno eccezione le indennità di accompagnamento per ciechi e invalidi civili, l’indennità di comunicazione per i sordomuti e l’indennità per i ciechi ventesimisti, per le quali non è previsto alcun limite reddituale.

Ma a quale reddito si deve far riferimento? La normativa di riferimento per i limiti reddituali è l’articolo 14 septies della Legge 29 febbraio 1980, n. 33: "i limiti di reddito […], sono elevati a L. […] annui, calcolati agli effetti dell’IRPEF e rivalutabili annualmente secondo gli indici di valutazione delle retribuzioni dei lavoratori dell’industria, rilevate dall’ISTAT agli effetti della scala mobile sui salari". Sono possibili due ipotesi interpretative: considerare il reddito complessivo cioè tutti i redditi che non siano esenti per legge dal calcolo dell’IRPEF, oppure considerare il reddito imponibile ai fini IRPEF. La differenza ovviamente è sostanziale.

COMPLESSIVO E IMPONIBILE - Il reddito complessivo è la somma di tutti i redditi che non siano esenti da terreni, da fabbricati, dalla prima casa, da lavoro e assimilati, da impresa ecc. È il reddito totale su cui solo successivamente si calcola il reddito imponibile deducendo il reddito della prima casa, gli oneri deducibili (es. spese di assistenza handicap) e le deduzioni per la progressività dell’imposta. Nel reddito complessivo non è compreso il TFR, come pure altri redditi che sono sottoposti a tassazione separata.

Il reddito imponibile è invece quello su cui si applica l’aliquota IRPEF, cioè su cui si calcolano le "tasse" dovuto all’Erario. È la risultante della sottrazione dal reddito complessivo degli oneri deducibili (spese e deduzione per la progressività dell’imposizione) e del reddito della prima casa. Viene cioè considerato il reddito che rimane effettivamente disponibile al contribuente e su cui, quindi, si applica l’IRPEF in sede di denuncia dei redditi o di dichiarazione sostitutiva. L’imponibile IRPEF è rilevabile nell’Unico, nel 730, nel Cud.

PARERI E SENTENZE - Interpretando letteralmente la norma del 1980 è a questo reddito che ci si dovrebbe riferire. Di questo avviso anche il Consiglio di Stato (parere n. 2283 del 14.02.1990) che ha ribadito: "Il limite di reddito […] va determinato con riguardo ai redditi che concorrono a costituire la base imponibile ai fini dell’IRPEF". Purtroppo però la prassi amministrativa (INPS e Ministero dell’Economia) ha assunto tutt’altra direzione assumendo quindi il reddito complessivo come riferimento per il limite di reddito. Una direzione diversa da quella prevista dal Legislatore.

L’abitazione è stata negli ultimi anni considerata come una necessità primaria dei cittadini, tanto da alleggerire su di questa la tassazione. Proprio per questi motivi il reddito da abitazione, come abbiamo detto sopra, va dichiarato nel reddito complessivo, ma non va considerato ai fini del reddito imponibile IRPEF. Questa considerazione non vale però quando si tratta di concedere delle provvidenze economiche agli invalidi civili.

LA LINEA DELL’INPS - Il Messaggio INPS 31976 del 21 settembre 2005, emanato in accordo con il Ministero dell’economia, ribadisce ciò che già applica da tempo e cioè che bisogna "considerare il reddito derivante dalla casa di abitazione ai fini dell’accesso al diritto a pensione di invalidità civile. Quanto sopra sulla base della considerazione della distinzione tra deducibilità dei redditi ai fini fiscali e computabilità degli stessi redditi ai fini previdenziali e sul presupposto che laddove il legislatore ha voluto escludere il reddito della casa di abitazione lo ha esplicitamente previsto". Ma, come dovrebbe ben sapere l’INPS, la pensione di invalidità civile non è una prestazione previdenziale, ma assistenziale. E diventa quasi superfluo sottolineare che con questa interpretazione non vengono dedotte dal reddito nemmeno le spese di assistenza specifica sostenute proprio a causa della disabilità. Nella sostanza: le spese, ad esempio per la badante, vengono considerate ai fini delle deduzioni, ma non vengono contemplate ai fini della concessione delle provvidenze assistenziali per invalidi, ciechi e sordi. Non è invece superfluo sottolineare che questa prassi amministrativa, contro la quale ci auguriamo vengano intentati ricorsi, comporta l’esclusione dalla concessione delle provvidenze economiche di molte persone con disabilità. Esclusione che ora riguarderà significativamente anche i potenziali titolari dell’indennità di accompagnamento.

Carlo Giacobini

Direttore Handylex

22 maggio 2010

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2010-08-20

INCHIESTA ITALIANA

Tangenti, truffe, poco lavoro

La formazione è una fabbrica di precari

Ci sono 2,3 milioni di persone in cerca di un posto, un mercato enorme per i professionisti dei corsi. Gli unici a godere dei fondi stanziati sono gli organizzatori e negli ultimi anni i casi di raggiro si sono quintuplicati. Centinaia di iniziative ma senza reali sbocchi

di DAVIDE CARLUCCI e ANTONIO FRASCHILLA

Tangenti, truffe, poco lavoro La formazione è una fabbrica di precari

Ogni uomo che perde il lavoro per loro è una straordinaria opportunità. Ogni donna che non riesce a trovarlo per loro è una risorsa. I precari sono il loro target, gli operai in esubero il loro pane quotidiano. Sono i professionisti della disoccupazione. Organizzano corsi di formazione, a volte finti, spesso inutili. E mai come ora fanno affari: con la crisi, secondo le ultime rilevazioni Istat, il numero degli italiani in cerca di lavoro è salito alla cifra record di 2,3 milioni, e altri 230mila posti si bruceranno, secondo Confindustria, entro il 2010: per loro è una manna dal cielo. Quanti sono gli enti che utilizzano i fondi per la ricollocazione dei lavoratori solo per giustificare la loro esistenza? Quali risultati hanno prodotto finora, quante persone hanno reinserito? Per rispondere a queste domande bisogna prima descrivere un sistema che attira ogni anno - oltre agli investimenti privati delle famiglie per corsi di avviamento al lavoro - finanziamenti pubblici per quasi 20 miliardi di euro.

LA TORTA

Alla cifra si arriva sommando la metà dei "32 miliardi di euro nel biennio" che secondo il ministro del Welfare Maurizio Sacconi sono a disposizione, tra fondi nazionali e comunitari, per gli ammortizzatori sociali e i 2,5 miliardi destinati alla formazione professionale. Di quest'ultima somma, una parte consistente viene destinata ai corsi per disoccupati, apprendisti, giovani alla prima esperienza o lavoratori a rischio di esclusione: a tutte queste attività, secondo l'ultimo rapporto Isfol, hanno partecipato 360mila persone. La Lombardia, tra le regioni più colpite dalla crisi, ha stanziato nel 2009 112 milioni di euro per le "doti formative". Sicilia e Campania, afflitte da disoccupazione cronica, spendono 500 milioni di euro all'anno. Tutto questo fiume di denaro alimenta gli appetiti degli speculatori?

LE INCHIESTE

"Development enterprise tourism", "cooperazione internazionale", "business administration & finance": leggendo l'elenco delle materie che s'insegnavano ai corsi formativi organizzati a Padova da alcune cooperative della Compagnia delle Opere sembrava di essere ad Harvard. Ma per la procura era una gigantesca montatura, così come erano gonfiate le ore di lezione e di lavoro svolte e il numero dei docenti impegnati: tutto per arrivare a rendicontare 561mila euro, la cifra intascata dal ministero, dall'Unione europea e dalla Regione Veneto. Pensava in grande anche Tonino Tidu, un tempo assessore Dc sardo e presidente dell'Enaip, tuttora nel consiglio nazionale delle Acli, imputato in un processo a Cagliari: avrebbe gestito, secondo l'accusa, 358mila euro di finanziamenti regionali per corsi per "operatore su pc", "addetto alle piante aromatiche e officinali" e "orticoltore" senza produrre un posto.

Di inchieste così se ne trovano in tutti i palazzi di giustizia italiani. A novembre si apre a Roma il processo al deputato Pdl Giorgio Simeoni, accusato di aver ricevuto, da assessore regionale alla Scuola, nel 2005, una tangente da 100mila euro dai titolari di una società per chiudere un occhio sui corsi di formazione inesistenti, ma regolarmente finanziati con contributi comunitari, da loro organizzati. In Liguria ogni partito aveva il suo consorzio da spingere, come sta dimostrando un'inchiesta della procura di Genova che vede coinvolti, tra gli altri, l'assessore regionale alla Pesca Giancarlo Cassini e il consigliere Vito Vattuone, del Pd, e Nicola Abbundo, del Pdl, teorico, nei tempi in cui era assessore, del "modello ligure dell'eccellenza formativa". E se in Campania gli stage dei mille partecipanti al progetto "Isola" avvenivano solo sulla carta, in Puglia, ai tempi del centrodestra, i fondi per l'inserimento dei disabili finivano in tasca ad assessori, funzionari regionali e imprenditori: così sono spariti cinque milioni di euro, assicurano i magistrati nel processo tuttora in corso. Dopo gli scandali, le giunte di Vendola hanno cercato di far pulizia tra i cosiddetti enti storici della formazione. Tra ottobre e dicembre del 2009 sono stati sospesi gli accreditamenti per quattro agenzie. Come il Cefop, il centro europeo per la formazione ed orientamento professionale, che era stato ammesso a finanziamenti per 4,2 milioni di euro per corsi come "operatore audiovisivo" e "animatore di villaggi turistici". "Ora - spiega l'assessore regionale Alba Sasso - rivedremo tutti i criteri per l'accreditamento e cercheremo di recuperare i debiti, per decine di milioni di euro, che gli enti hanno accumulato verso la Regione". Molto rigoroso nel valutare i risultati della formazione professionale attraverso monitoraggi periodici è il Friuli-Venezia Giulia. La percentuale di inserimento dei cassintegrati e dei disoccupati friulani è molto alta. Ma è così in tutt'Italia?

IL CASO SICILIA

La risposta della procura della Corte dei conti siciliana è no: per ogni corso di formazione solo un disoccupato e mezzo trova effettivamente lavoro. I costi della collettività per ogni occupato, secondo i calcoli dei magistrati contabili, ammontano a 72mila euro. Soldi che in Sicilia vanno a 400 enti privati i quali danno lavoro a 7300 persone, ai quali andrebbero aggiunti i 1800 impiegati agli sportelli multifunzionali affidati ai privati dalla Regione, che nel frattempo spende altri 60 milioni di euro per finanziare i centri per l'impiego pubblici. L'isola è tra la regioni con il più alto tasso di disoccupazione, il doppio rispetto alla media italiana. E così l'Europa attraverso il Fondo sociale dal 2003 al 2010 ha fatto piovere in Sicilia 1,5 miliardi di euro per finanziare i corsi. Il risultato? Un boom di enti che fanno capo a politici targati Mpa, Pdl, Pd e Udc, sindacati (Cisl e Uil ricevono la gran parte dei finanziamenti) e associazioni cattoliche (dai salesiani alle Acli). Tutti enti accreditati dalla Regione per far diventare i disoccupati siciliani marinai, artigiani, parrucchieri, esperti informatici, colf o badanti.

La maggior parte dei formatori sono stati assunti tra il 2006 e il 2008, a ridosso delle grandi tornate elettorali che hanno portato sul trono della Regione prima Salvatore Cuffaro e poi Raffaele Lombardo. Un ginepraio che garantisce un sussidio che va dai 400 ai 1.000 euro al mese per oltre quarantamila corsisti che ogni anno si siedono sui banchi d'oro pagati dalla Regione. Gli assessori che hanno guidato la Formazione, da Francesco Scoma a Santi Formica entrambi del Pdl, sono diventati i re dei consensi. Nella formazione la politica la fa da padrone: i nomi di Francantonio Genovese e Gaspare Vitrano del Pd, oppure quelli di Lino Leanza, numero due dell'Mpa di Lombardo, o Nino Dina dell'Udc sono a dir poco conosciuti in decine di enti di formazione. Ma anche i sindacati la fanno da padrone, in questo settore, dove si trovano a difendere i lavoratori ma anche i padroni, che sono loro stessi. Lo Ial della Cisl e l'Enfa della Uil ricevono ogni anno oltre 30 milioni di euro. Poi ci sono le associazioni cattoliche: i salesiani gestiscono ad esempio il Cnos Fap, mentre tra gli enti finanziati c'è l'Efal, che fa capo al Movimento cristiano lavoratori finito nell'occhio del ciclone per l'arresto di uno dei suoi dirigenti, l'architetto Giuseppe Liga, accusato dai pm di Palermo di essere l'erede dei boss Lo Piccolo.

I magistrati hanno scoperto che nel 2010 l'Efal, l'ente di formazione del movimento, ha ricevuto dalla Regione un sostegno di sei milioni e 336 mila euro. Fino a pochi giorni fa l'architetto era un insospettabile, ma è stata un'anticipazione dell'inchiesta finita sui giornali che aveva indotto l'Mcl a sospendere il professionista. Anche la Corte dei conti e la Guardia di finanza da tempo indagano sul business della formazione siciliana. I magistrati contabili hanno contestato a diversi enti corsi fantasma e somme non rendicontate. E ci sino stati i primi arresti, come quello di un insospettabile professore di Palermo, condannato in primo grado a 8 anni per aver intascato, attraverso conti all'estero, 9 milioni di euro dai 20 milioni ricevuti per corsi di formazione con i fondi europei.

IL NORD "EFFICIENTE"

La montagna ha partorito un topolino anche nell'efficiente Lombardia, dove 64mila persone hanno beneficiato, nel 2010, della "dote lavoro", per un totale di 45,8 milioni di euro impegnati. La metà dei fondi tuttavia, sono stati gestiti da dieci operatori. Chi sono? I soliti noti, enti di area Cl - o più in generale cattolica - come l'Enaip, lo Ial-Cisl, Obiettivo Lavoro. La maggior parte dei servizi svolti riguarda il colloquio di accoglienza di primo livello, il bilancio di competenze, il coaching e i corsi di formazione: le cifre dei destinatari, per queste voci, oscillano tra i 34mila e i 62mila. Ma se poi si passa dall'orientamento all'accompagnamento concreto al lavoro i numeri si abbassano penosamente: solo 168 allievi hanno avuto un supporto per l'autoimprenditorialità, in 94 sono stati accompagnati agli stage, 22 al tirocinio e appena 5 al "training on the job". Ma lo storico paradosso dei formatori - che non riescono a lenire la disoccupazione altrui, ma intanto trovano un posto a sé stessi - non regge più come una volta. Gigi Rossi, della Cgil, segnala il fenomeno del "precariato nei sistemi regionali della formazione professionale. E soprattutto al Nord, con la crisi - aggiunge - è diffuso l'uso, da parte degli enti, di invitare caldamente i collaboratori a trasformarsi in finti imprenditori con partita Iva".

MONTAGNE DI CARTA

Gli enti di formazione servono davvero a qualcosa o hanno finito per creare una "sovrastruttura" - come scrive l'Isfol nel suo ultimo rapporto - sganciata dalle esigenze reali del mercato del lavoro? Armando Rinaldi, dell'Atdal over 40, un'associazione che cerca di tutelare i diritti di chi perde il lavoro in età matura, assicura che "se ci fossero dati disponibili si scoprirebbe che la media dei disoccupati ha un bagaglio di ore di formazione triplo rispetto a quello di un lavoratore. Invece di un'occupazione ha trovato sulla sua strada decine di proposte formative". La Regione Lombardia ha commissionato un'indagine a un istituto di ricerca. Trenta disoccupati ultraquarantenni hanno tenuto un diario nel quale raccontavano le loro esperienze. È emerso che nelle rare occasioni in cui riuscivano a trovare lavoro i corsi di formazione non c'entravano nulla: era tutto merito delle loro conoscenze personali. Lo studio non è stato mai pubblicato.

Secondo Rinaldi per ogni corso organizzato in Lombardia 3000 euro vanno (nell'arco di sei-nove mesi) al candidato, mentre gli altri 7000 vanno agli organizzatori. "Si comincino a ribaltare le modalità di distribuzione dei fondi, erogando ai destinatari il 60-70 per cento dei finanziamenti sotto forma di reddito di sostegno". Si potrebbe trovare un utilizzo diverso dei capitali in modo da sostenere direttamente il reddito delle persone in difficoltà?

Per ottenere i contributi oggi basta - oltre a una buona capacità di lobby - compilare un formulario in cui, tra l'altro, si dimostra il fabbisogno nel territorio di competenza della figura professionale che s'intende formare. "Per esempio - scrive l'Atdal - se si propone di formare addetti al check-in aeroportuale si ricercano i dati sul traffico aereo della regione e si dice che data la crescita del traffico aereo occorre formare nuovi operatori". Angela, diplomata, ha 47 anni e da dodici frequenta corsi di formazione professionale in Lombardia. Non è mai riuscita a ottenere altro che qualche lavoretto di poche settimane all'anno in fabbrica. "Nell'ultimo corso che ho seguito, per lavorare in un asilo privato, il colloquio orientativo si è svolto tre giorni prima della fine dei corsi. Un'altra volta mi hanno costretto a scrivere un sacco di bugie sulla relazione finale. Ad esempio che avevo trovato lavoro in una fabbrica. In realtà era la mia vecchia azienda che mi richiamava". L'importante, insomma, è giustificare le spese. I risultati non contano.

(20 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-19

LO STUDIO

Imprese schiacciate dal peso della burocrazia

i ritardi costano 16,6 miliardi di euro l'anno

Una ricerca di Confartigianato sulle difficoltà che incontrano le aziende nei rapporti con le pubbliche amministrazioni. Nella classifica delle Province "amiche", in testa ci sono Ravenna, Reggio Emilia e Prato; in fondo Catanzaro, Roma e Campobasso. L'Italia agli ultimi posti nel mondo / LA CLASSIFICA 1

Imprese schiacciate dal peso della burocrazia i ritardi costano 16,6 miliardi di euro l'anno

ROMA - I ritardi e gli ostacoli della burocrazia costano alle imprese italiane 16,6 miliardi di euro ogni anno. Il cattivo funzionamento degli apparati amministrativi dello Stato, inoltre, pesa soprattutto sulle aziende che operano al Centro-Sud, mentre nelle province del Centro-Nord - in particolare di Emilia e Toscana che occupano le prime dieci posizioni - le amministrazioni risultano più attente e funzionali rispetto alle esigenze delle piccole e medie imprese. Il ritratto di un'Italia divisa in due anche su questo fronte emrege da una ricerca dell'Ufficio studi della Confartigianato.

Nella graduatoria delle migliori amministrazioni, stilata dall'organizzazione degli artigiani, ai primi tre posti ci sono Ravenna, Reggio Emilia e Prato, mentre agli ultimi tre posti ci sono Catanzaro, Roma e Campobasso. Per ogni territorio provinciale, Confartigianato ha misurato la qualità di alcuni servizi pubblici (dalla possibilità di effettuare pagamenti online ai tempi di pagamento della P.A. verso le aziende private) necessari per avviare e gestire al meglio un'attività imprenditoriale. Il risultato è che le aree con il contesto più adatto alle attività produttive risultano tutte al Nord, mentre le provincie con il maggior peso di burocrazia a carico delle aziende sono invece al Centro-Sud.

Nonostante gli esempi virtuosi, Confartigianato ha calcolato che i "disservizi" della burocrazia costano ogni anno alle aziende 16,629 miliardi di euro, circa un punto di Pil, con un peso medio di 12,334 euro per singola azienda. Oltretutto, la quota maggiore di questi oneri (circa il 76%) è a carico delle piccole imprese, con meno di dieci dipendenti. Tutto ciò, afferma Confartigianato, mette l'Italia al penultimo posto tra le 30 economie avanzate per la facilità di fare impresa, davanti solo alla Grecia, e al 78/mo posto nella classifica mondiale.

"E' impensabile che un'impresa sia favorita se si trova in provincia di Ravenna e sfavorita se è in provincia di Catanzaro; la concorrenza non è leale perché non dipende dalle capacità ma dalla sorte", accusa il presidente di Confartigianato, Giorgio Guerrini che, per eliminare le eliminare le disuguaglianze, chiede al governo di "dare attuazione concreta al provvedimento contenuto in Finanziaria sulla 'Segnalazione certificata di inizio di attività (Scia), per cui un imprenditore apre un'impresa e poi vengono vengono fatti i controlli".

A livello mondiale, le peggiori performance dell'Italia vanno dai tempi della soluzione giudiziale delle controversie commerciali (156/mo posto) ai tempi di pagamento di imposte e contributi (136/mo), dall'assunzione personale (99/mo) al trasferimento di una proprietà immobiliare (98/mo) fino all'accesso al credito (87/mo) ed alla concessione di licenze edilizie (85/mo). Se si considerano i tempi di avvio di una nuova impresa, l'Italia si colloca al 75/mo posto, ma nell'ambito delle economie avanzate è appena 21/ma tra le 27 economie Ocse.

Proprio a questo proposito, Confartigianato confida nella Segnalazione certificata di inizio attività, che dovrebbe migliorare i risultati ottenuti dalla Comunicazione Unica (dal primo aprile sostituisce le precedenti 4 procedure), ma fa notare che resta "ancora elevato" il numero di pratiche da gestire in fase di avvio e "ancora insufficiente" l'utilizzo delle tecnologie on line da parte delle pubbliche amministrazioni. Nei settori della gelateria artigianale, dell'acconciatura e dell'edilizia, ad esempio, 14 delle 16 pratiche necessarie per avviare un'impresa sono ancora escluse dai benefici della Comunicazione unica.

(19 agosto 2010)

 

 

 

 

IL CASO

Mondadori salvata dal Fisco

scandalo "ad aziendam" per il Cavaliere

La somma dovuta dall'azienda editoriale: 173 milioni, più imposte, interessi, indennità di mora e sanzioni. Una norma che si somma ai 36 provvedimenti "ad personam" fatti licenziare alle Camere dal premier. Segrate è difesa al meglio: i suoi interessi li cura lo studio tributario di Giulio Tremonti, nel '91 non ancora ministro. Marina Berlusconi mette da parte 8,6 milioni, in attesa delle integrazioni al decreto. Che puntualmente arrivano

di MASSIMO GIANNINI

Mondadori salvata dal Fisco scandalo "ad aziendam" per il Cavaliere La sede della Mondadori

Sotto i nostri occhi, distolti dalla Parentopoli privata di Gianfranco Fini usata come arma di distruzione politica e di distrazione di massa, sta passando uno scandalo pubblico che non stiamo vedendo. Questo scandalo si chiama Mondadori. Il colosso editoriale di Segrate - di cui il premier Berlusconi è "mero proprietario" e la figlia Marina è presidente - doveva al Fisco la bellezza di 400 miliardi di vecchie lire, per una controversia iniziata nel '91. Grazie al decreto numero 40, approvato dal governo il 25 marzo e convertito in legge il 22 maggio, potrà chiudere la maxi-vertenza pagando un mini-tributo: non i 350 milioni di euro previsti (tra mancati versamenti d'imposta, sanzioni e interessi) ma solo 8,6. E amici come prima.

Un "condono riservato". Meglio ancora, una legge "ad aziendam". Che si somma alle 36 leggi "ad personam" volute e fatte licenziare dalle Camere dal Cavaliere, in questi tumultuosi quindici anni di avventurismo politico. Repubblica ha già dato la notizia, in splendida solitudine, l'11 agosto scorso. Ma ora che il centrodestra discute di una "questione morale" al suo interno, ora che la propaganda di regime costruisce teoremi assolutori sul "così fan tutti" e la macchina del fango istruisce dossier avvelenati sulle compravendite immobiliari, è utile tornarci su. E raccontare fin dall'inizio la storia, che descrive meglio di ogni altra l'enormità del conflitto di interessi del premier, il micidiale intreccio tra funzioni pubbliche e affari privati, l'uso personale del potere esecutivo e l'abuso politico sul potere legislativo.

Il prologo: paura a Segrate

La vicenda inizia nel 1991, quando il marchio Mondadori, da poco entrato nell'orbita berlusconiana, decide di varare una vasta riorganizzazione nelle province dell'impero. Scatta una fusione infragruppo tra la stessa Arnoldo Mondadori Editore e la Arnoldo Mondadori Editore Finanziaria (Amef). Operazioni molto in voga, soprattutto all'epoca, per nascondere plusvalenze e pagare meno tasse. Il Fisco se ne accorge, scattano gli accertamenti, e le Finanze chiedono inizialmente 200 miliardi di imposte da versare. L'azienda ricorre e si apre il solito, lunghissimo contenzioso. Da allora, la Mondadori vince i due round iniziali, davanti alle Commissioni tributarie di primo e di secondo grado. È assistita al meglio: i suoi interessi fiscali li cura, in aula, lo studio tributario di Giulio Tremonti, nel 1991 non ancora ministro delle Finanze (lo diventerà nel '94, con il primo governo Berlusconi). Nell'autunno del 2008 l'Agenzia delle Entrate presenta il suo ricorso in terzo grado, alla Cassazione. Nel frattempo la somma dovuta dall'azienda editoriale del presidente del Consiglio è lievitata: 173 milioni di euro di imposte dovute, alle quali si devono aggiungere gli interessi, le indennità di mora e le eventuali sanzioni. Il totale fa 350 milioni di euro, appunto.

Se la Suprema Corte accogliesse il ricorso, per Segrate sarebbe un salasso pesantissimo. Soprattutto in una fase di crisi drammatica per il mercato editoriale, affogato quanto e più di altri settori dalla "tempesta perfetta" dei mutui subprime che dal 2007 in poi sommerge l'economia del pianeta. Così, nel silenzio che aleggia sull'intera vicenda e nel circuito perverso del berlusconismo che lega la famiglia naturale alla famiglia politica, scatta un piano con le relative contromisure. Che non sono aziendali, secondo il principio del liberalismo classico: mi difendo "nel" mercato, e non "dal" mercato. Ma normative, secondo il principio del liberismo berlusconiano: se dal mercato non mi posso difendere, cambio le leggi. Un "metodo" collaudato, ormai, che anche sul fronte dell'economia (come avviene da anni su quello della giustizia) esige il "salto di qualità": chiamando in causa la politica, mobilitando il partito del premier, militarizzando il Parlamento. Un "metodo" che, nel caso specifico, si tradurrà in tre tentativi successivi di piegare l'ordinamento generale in funzione di un vantaggio particolare. I primi due falliranno. Il terzo centrerà l'obiettivo.

Il primo tentativo: il "pacchetto giustizia"

Siamo all'inverno 2008. Nessuno sa nulla, del braccio di ferro che vede impegnate la Mondadori e l'Amministrazione Finanziaria. Nel frattempo, il 13 aprile dello stesso anno il Cavaliere ha stravinto le elezioni, è di nuovo capo del governo, e Tremonti, da "difensore" del colosso di Segrate in veste di tributarista, è diventato "accusatore" del gruppo, in veste di ministro dell'Economia. Può scattare il primo tentativo. E nessuno si insospettisce, quando nel mese di dicembre un altro ministro del Berlusconi Terzo, il guardasigilli Angelino Alfano, presenta il suo corposo "pacchetto giustizia" nel quale, insieme al processo breve e alla nuova disciplina delle intercettazioni telefoniche, compare anche la cosiddetta "definizione agevolata delle liti tributarie". Una norma stringatissima: prevede che nelle controversie fiscali nelle quali abbia avuto una sentenza favorevole, in primo e in secondo grado, il contribuente può estinguere la pendenza, senza aspettare l'eventuale pronuncia successiva in terzo grado (cioè la Cassazione) versando all'erario il 5% del dovuto. È un piccolo "colpo di spugna", senz'altro. Ma è l'ennesimo, e sembra rientrare nella logica delle sanatorie generalizzate, delle quali i governi di centrodestra sono da sempre paladini. In realtà, è esattamente il "condono riservato" che serve alla Mondadori.

L'operazione non riesce. Il treno del "pacchetto giustizia", che veicola la pillola avvelenata di quello che poi sarà ribattezzato il "Lodo Cassazione", non parte. La dura reazione del Quirinale, dei magistrati e dell'opposizione, sia sul processo breve che sulle intercettazioni, costringe Alfano allo stop. "Il pacchetto giustizia è rinviato al prossimo anno", dichiara il Guardasigilli alla vigilia di Natale. Così si blocca anche la "leggina" salva-Mondadori. Ma dietro le quinte, nei primi mesi del 2009, non si blocca il lavoro dell'inner circle del presidente del Consiglio. Il tempo stringe: la Cassazione ha già fissato l'udienza per il 28 ottobre 2009, di fronte alla sezione tributaria, per discutere della controversia fiscale tra l'Agenzia delle Entrate e l'azienda di Segrate. Così scatta il secondo tentativo. In autunno si discute alla Camera la Legge Finanziaria per il 2010. È il secondo "treno" in partenza, e per chi lavora a tutelare gli affari del premier è da prendere al volo.

Il secondo tentativo: la Finanziaria

Giusto alla vigilia dell'udienza davanti alla sezione tributaria della Suprema Corte, presieduta da un magistrato notoriamente inflessibile come Enrico Altieri, accadono due fatti. Il primo fatto accade al "Palazzaccio" di Piazza Cavour: il 27 ottobre il presidente della Cassazione Vincenzo Carbone (che poi risulterà pesantemente coinvolto nello scandalo della cosiddetta P3) decide a sorpresa di togliere la causa Agenzia delle Entrate/Mondadori alla sezione tributaria, e di affidarla alle Sezioni Unite come richiesto dagli avvocati di Segrate, con l'ovvio slittamento dei tempi in cui verrà discussa. Il secondo fatto accade a Montecitorio: il 29 ottobre, in piena notte, il presidente della Commissione Bilancio Antonio Azzolini, ovviamente del Pdl, trasmette alla Camera il testo di due emendamenti alla Finanziaria. Il primo innalza da 75 a 78 anni l'età di pensionamento per i magistrati della Cassazione (Carbone, il presidente che due giorni prima ha deciso di attribuire la causa Mondadori alle Sezioni Unite, sta per compiere proprio 75 anni, e quindi dovrebbe lasciare il servizio di lì a poco). Il secondo riproduce testualmente la "definizione agevolata delle liti tributarie" già prevista un anno prima dal "pacchetto giustizia" di Alfano. È di nuovo la legge "ad aziendam", che stavolta, con la corsia preferenziale della manovra economica, non può non arrivare al traguardo.

Ma anche questo secondo tentativo fallisce. Stavolta, a bloccarlo, è Gianfranco Fini. La mattina del 30 ottobre, cioè poche ore dopo il blitz notturno di Azzolini, il relatore alla Finanziaria Maurizio Sala (ex An) avverte il presidente della Camera: "Leggiti questo emendamento che consente a chi è in causa con il Fisco e ha avuto ragione in primo e in secondo grado di evitare la Cassazione pagando un obolo del 5%: c'è del marcio in Danimarca...". Fini legge, e capisce tutto. È l'emendamento salva-Mondadori, con la manovra non c'entra nulla, e non può passare. La norma salta ancora una volta. E non a caso, proprio in quella fase, cominciano a crescere le tensioni politiche tra Berlusconi e Fini, che due anni dopo porteranno alla rottura. Ma crescono anche le preoccupazioni di Marina sull'andamento dei conti di Segrate. Per questo il premier e i suoi uomini non demordono, e di lì a poco tornano all'attacco. Scatta il terzo tentativo. Siamo ai primi mesi del 2010, e sui binari di Palazzo Chigi c'è un terzo "treno" pronto a partire. Il 25 marzo il governo vara il decreto legge numero 40. È il cosiddetto "decreto incentivi", un provvedimento monstre, dove l'esecutivo infila di tutto. Durante l'iter di conversione, il Parlamento completa l'opera. Il 28 aprile, ancora una volta durante una seduta notturna, un altro parlamentare del Pdl, Alessandro Pagano, ripete il blitz, e ripresenta un emendamento con la norma salva-Mondadori.

Il terzo tentativo: il "decreto incentivi"

Stavolta, finalmente, l'operazione riesce. Il 22 maggio le Camere convertono definitivamente il decreto. All'articolo 3, relativo alla "rapida definizione delle controversie tributarie pendenti da oltre 10 anni e per le quali l'Amministrazione Finanziaria è risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio", il comma 2 bis traduce in legge la norma "ad aziendam": "Il contribuente può estinguere la controversia pagando un importo pari al 5% del suo valore (riferito alle sole imposte oggetto di contestazione, in primo grado, senza tener conto degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni)". E pazienza se il presidente della Repubblica Napolitano, poco dopo, sul "decreto incentivi" invia alle Camere un messaggio per esprimere "dubbi in ordine alla sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza, per alcune nuove disposizioni introdotte, con emendamento, nel corso del dibattito parlamentare". E pazienza se la critica del Quirinale riguarda proprio quell'articolo 3, comma 2 bis. Ormai il gioco è fatto. Il colosso editoriale di proprietà del presidente del Consiglio è sostanzialmente salvo. Per consentire alla Mondadori di chiudere definitivamente i conti con il Fisco manca ancora un banale dettaglio, che rende necessario un ultimo passaggio parlamentare. Il decreto 40 non ha precisato che, per considerare concluso a tutti gli effetti il contenzioso, occorre la certificazione da parte dell'Amministrazione Finanziaria.

Per questo, nel bilancio semestrale 2010 del gruppo di Segrate, presentato il 30 giugno scorso, Marina Berlusconi fa accantonare "8.653 migliaia di euro relativi al versamento dell'importo previsto dal decreto legge 25 marzo 2010, numero 40" sulla "chiusura delle liti pendenti", e fa scrivere, a pagina 61, al capitolo "Altre attività correnti": "Pur nella convinzione della correttezza del proprio operato, e con l'obiettivo di non esporre la società a una situazione di incertezza ulteriore, sono state attuate le attività preparatorie rispetto al procedimento sopra richiamato. In particolare si è proceduto all'effettuazione del versamento sopra richiamato. Nelle more della definizione del quadro normativo, a fronte dell'introduzione di specifiche attestazioni da parte dell'Amministrazione Finanziaria previste nelle ultime modifiche al decreto, e tenuto anche conto del fatto che gli atti necessari per il perfezionamento del procedimento e l'acquisizione dei relativi effetti non sono stati ancora completati, la società ha ritenuto di iscrivere l'importo anticipato nella posta in esame...". Ricapitolando: la Mondadori mette da parte poco più di 8,6 milioni di euro, cioè il 5% dei 173 che avrebbe dovuto al Fisco (al netto di sanzioni e interessi), in attesa di considerare perfezionato il versamento al Fisco in base alle ultime integrazioni al decreto che saranno effettuate in Parlamento. E le integrazioni arrivano puntuali, alla Camera, il 7 luglio: nella manovra 2011 il relatore Antonio Azzolini (ancora lui) inserisce l'emendamento finale: "L'avvenuto pagamento estingue il giudizio a seguito dell'attestazione degli uffici dell'Amministrazione Finanziaria comprovanti la regolarità dell'istanza e il pagamento integrale di quanto dovuto". Ci siamo: ora il "delitto" è davvero perfetto. La Mondadori può pagare pochi spiccioli, e chiudere in gloria e per sempre la guerra con l'Erario, che a sua volta gliene da atto rilasciandogli regolare "quietanza".

L'epilogo: una nazione "ad personam"?

Sembra un romanzaccio di fanta-finanza o di fanta-politica. È invece la pura e semplice cronaca di un pasticciaccio di regime. Nel quale tutto è vero, tutto torna e tutto si tiene. Stavolta Berlusconi non può dire "non mi occupo degli affari delle mie aziende": non è forse vero che il 3 dicembre 2009 (come riportato testualmente dalle intercettazioni dell'inchiesta di Trani) nel pieno del secondo tentativo di far passare la legge "ad aziendam" dice al telefono al commissario dell'Agcom Giancarlo Innocenzi "è una cosa pazzesca, ho il fisco che mi chiede 900 milioni... De Benedetti che me li chiede ma ha già avuto una sentenza a favore, 750 milioni, pensa te, e mia moglie che mi chiede 90 miliardi delle vecchie lire all'anno... sono messo bene, no?". Stavolta Berlusconi non può dire che Carboni, Martino e Lombardi sono solo "quattro sfigati in pensione": non è forse vero che nelle 15 mila pagine dell'inchiesta delle procure sulla cosiddetta P3 la parola "Mondadori" ricorre 430 volte (insieme alle 27 in cui si ripete la parola "Cesare") e che nella frenetica attività della rete criminale creata per condizionare i magistrati nell'interesse del premier sono finiti sia il presidente della Cassazione Carbone (cui come abbiamo visto spettava il compito di dirottare alle Sezioni Unite la vertenza Mondadori-Agenzia delle Entrate) sia il presidente dell'Avvocatura dello Stato Oscar Fiumara (cui competeva il necessario via libera a quel "dirottamento"?).

È tutto agli atti. Una sola domanda: di fronte a un simile sfregio delle norme del diritto, un simile spregio dei principi del mercato e un simile spreco di denaro pubblico, ci si chiede come possano tacere le istituzioni, le forze politiche, le Confindustrie, gli organi di informazione. Possibile che "ad personam", o "ad aziendam", sia ormai diventata un'intera nazione?

m.giannini@repubblica.It

(19 agosto 2010)

 

 

 

2010-08-17

TESORO

Pensioni, nel 2009 spesa +4,3%

Un assegno su due sotto i 1000 euro

I dati emergono dalla "Relazione Generale sulla situazione economica del Paese". L'aumento dovuto all'adeguamento degli assegni ai prezzi e alla rivalutazione dei trattamenti minimi

Pensioni, nel 2009 spesa +4,3% Un assegno su due sotto i 1000 euro Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

ROMA - Accelera la spesa pensionistica: nel 2009 si è attestata a quota 234,025 miliardi di euro, crescendo del 4,3% rispetto all'anno precedente e aumentando di circa un punto percentuale in rapporto al Pil (15,4%). L'incremento fra il 2007 e il 2008 era stato del 3,9%. Il dato emerge dalla "Relazione Generale sulla situazione economica del Paese", pubblicata dal ministero dell'Economia.

Nella documento si spiega che la crescita della spesa nel 2009 è legata soprattutto all'adeguamento degli assegni ai prezzi e alla rivalutazione nella misura del 100% per le fasce di importo dei trattamenti compresi tra 3 e 5 volte il trattamento minimo. L'aumento della spesa si è registrato dunque nonostante "l'inasprimento dei requisiti di accesso al pensionamento" che ha cominciato ad avere applicazione proprio dal 2009.

Nonostante gli aumenti, un assegno pensionistico su due non raggiunge l'importo di 1.000 euro. Al contrario, sono pochissime le pensioni con importo superiore ai 2.000 euro: costituiscono il 13,7%. Le donne ricevono complessivamente meno degli uomini e il 27,1% delle pensionate incassa ogni mese meno di 500 euro.

Nella suddivisione dei tipi di pensione, il gruppo più numeroso (11,4 milioni) è quello dei titolari di pensioni di vecchiaia. I meno numerosi quelli che invece percepiscono un assegno sociale (334.000) e i pensionati di guerra (293.000).

La spesa per trattamenti assistenziali - aggiunge il ministero dell'Economia - è cresciuta nel 2009 in linea con la dinamica registrata nel 2008 (+4,3% rispetto al +4,4%), "a seguito di una diminuzione degli esborsi per le pensioni di guerra e di aumenti per le prestazioni agli invalidi civili, ai non udenti e non vedenti".

(17 agosto 2010)

 

 

L'altra verità su medici e ospedali

Chi si arricchisce e chi si ferma a uno stipendio da serie c.

Chi è costretto a sessant'anni a trascorrere la notte del ferragosto in corsia e chi inaugura l'ultimo yacht ad Ansedonia.

Com'è possibile che nello stesso ospedale le buste paga ci siano così clamorosamente diverse? Quali relazioni, quali coperture e quali trucchi servono per legare pochi a indennità d'oro? A Piccola Italia, dopo la pubblicazione di alcuni scandalosi redditi agguantati nei meandri di una normativa che allarga le maglie della discrezionalità e premia i pochi e soliti noti, sono giunte testimonianze che raccontano un'altra verità sui medici e sugli ospedali. Sull'Italia e su questo cattivo tempo.

Giuseppe è pediatra oncologo, vive e lavora a Perugia: "Arrivo a circa 52 mila euro scarsi l'anno, ho 36 anni, ho due figli e moglie a carico. E sono precario. Sono specialista in oncologia, lavoro come pediatra oncologo, ho un dottorato di ricerca in ematologia e diversi altri post-it nel mio curriculum. Perché dico questo? Perché della smania e della voglia di essere "medico" non me ne resta più traccia. Della passione iniziale adesso solo routine. In reparto siamo in quattro e facciamo turni massacranti, un week end libero al mese. Non abbiamo diritto a ferie scientifiche o di aggiornamento. Non ci viene pagato lo straordinario che facciamo e ci viene

imposto di ridurre le ore di accesso notturno. L'assistenza ai malati del nostro reparto è lasciata al nostro buon cuore e al rimorso che un giorno in più di ferie possa essere troppo per loro. Ed oggi leggo di illustri colleghi che prendono fino a 600 mila l'euro l'anno. Io che non ho tempo per me ed i miei figli, che devo pregare la banca per un fido di 3000 euro, cos'altro devo aspettarmi da questa Italietta? E loro come fanno ad arrivare a tali retribuzioni? Che tristezza ed amarezza".

Maura ha cinquant'anni. E' neurologa. "La mia carriera di dipendente a tempo indeterminato è iniziata solo 12 anni fa. Prima ero dottore di ricerca in neuroscienze, successivamente Fellow negli USA e poi borsista CNR. Il mio reddito non supera i 55mila euro lordi e la mia pensione (se mai la prenderò) sarà inferiore al 50 per cento di quanto oggi guadagno. Forse non avrei limitato al penultimo rigo la descrizione delle reali condizioni economiche della "truppa", ed avrei invece marcato meglio che con tale remunerazione i medici fanno turni massacranti, non hanno il tempo di recuperare, vengono letteralmente aggrediti da tutti, schiacciati tra la riduzione delle risorse economiche e le scelte da fare per la salute del paziente, senza un riconoscimento adeguato e non solo in termini economici".

"Sono un medico ospedaliero - scrive Salvatore, da Brescia - e ho diligentemente messo sul sito del mio ospedale sia il curriculum che lo stipendio. Dopo di che io, infettivologo, mi sono trovato ad avere entrate pari o anche superiori a colleghi cardiologi, ginecologi, chirurghi, ortopedici. Dov'è il trucco? Semplice, i proventi della libera professione non vengono inclusi e quindi non sono conteggiati, così io, che non raggiungo mai i 1000 euro al mese lordi per tale voce, mi trovo come colleghi che in realtà guadagnano 10 volte tanto! E poi ho anche scoperto che i colleghi universitari non pubblicano il loro stipendio, compresi i direttori di struttura".

Luciano, ospedale di Carbonia. "Ho 45 anni ed ho iniziato a lavorare come medico ospedaliero a 35 anni. Tra la maturità scientifica, regolarmente conseguita a 18 anni, ed i 35 anni ci metta 6 anni di corso di Laurea, 4 anni di Specializzazione, il servizio militare e diversi anni di lavoro sottopagato effettuato ovunque capitasse. Ho lavorato in cliniche private per 10.000 lire all'ora. Meno di quanto davano a chi effettuava le pulizie!

Attualmente lavoro in una Divisione di Medicina svolgendo esclusivamente attività di corsia compresi i turni di guardia notturni e festivi. Noi siamo aperti 24 ore su 24 per tutti i giorni dell'anno. Sa cosa vuol dire?

Sa cosa vuol dire sentire alla radio domande del tipo: siete stati oggetto o pensate di essere stati oggetto di malasanità? Venite da noi, facciamo la denuncia e solo se la si vince ci pagate! I denunciati, siamo noi! Sa quanto dura una causa nel nostro paese? Sa quanto costa? Sa chi anticipa? E non oso pensare di fare qualche errore. Eppure sono un essere umano".

"Io - accusa Enzo - sono "costretto" , per garantire le urgenze della Unità Operativa dell'ospedale ove lavoro, a più di dieci turni di pronta disponibilità notturna e festiva (quindi almeno due domeniche al mese) al modico prezzo di 20,66 euro. Forse si dirà che moltiplicato per 12, le ore del turno di reperibilità (dalle ore 20 alle ore 8 del giorno successivo), non è male... Ma c'è un equivoco. Le 20,66 euro sono per tutte e dodici le ore del turno, e sono lorde... Per cui, sottraendo il 40% circa dell'Irpef, al netto sono 1 (uno) euro l'ora! Quindi 1 euro l'ora per essere disponibile a raggiungere in massimo 20 minuti-mezz'ora l'ospedale (ogni ritardo è punibile anche in sede penale) ed essere in grado di affrontare un'urgenza - che sia un intervento chirurgico per rottura di milza a causa di un incidente stradale oppure una consulenza per un paziente in pronto soccorso o ricoverato nei vari reparti ospedalieri. Certo, in un periodo di crisi e disoccupazione parlare di soldi da parte di chi è "priivlegiato" e guadagna come me intorno agli 80mila euro lordi l'anno stona un poco, ma bisognerebbe bussare ad altre porte, non accusare chi fa andare avanti la baracca...".

"Lavorare per più di dieci ore al giorno in ambiente ospedaliero - racconta Pierangelo, medico in Piemonte - è molto duro e si perde la concentrazione, ma in sanità ormai questo monte ore è la norma, ci si lamenta solo quando le ore diventano 13 -15... Per un giovane vecchio di 61 anni come me le mie otto ore giornaliere + 2/4 ore aggiuntive quotidiane pesano".

Marco, ospedale Brotzu di Cagliari, prende in mano il suo Cud 2010: "A riga 1 compare 66.059.85 (lordi, tenga conto che il mio scaglione è, se non sbaglio, del 43%...). Sono uno degli italiani più ricchi! Faccia un po' lei i calcoli: quanto porto a casa ogni mese dopo vent'anni di servizio?"

"La mia dichiarazione dei redditi - dice Fabio, un chirurgo di Milano - è di circa 65.000 euro senza "l'altro" (che per noi chirurghi non esiste se non per anestesisti e radiologi che per ridurre liste d'attesa lavorano in libera professione per l'azienda stessa, che paga profumatamente) dopo 20 anni di lavoro. L'impressione è che nell'ultimo decennio vi sia stata una contrazione insostenibile delle risorse umane e materiali con il solito proposito di favorire il privato convenzionato a discapito della qualità del servizio pubblico. Infatti, quel che si è ottenuto nella mia divisione di chirurgia generale, è stato di prorogare le liste d'attesa sino a due anni (ovviamente per ciò che non è urgenza e neoplasie), cioè sino a quando il paziente decide di utilizzare un'altra struttura. Nel corso dell'ultimo anno, per esempio, il turn over di pensionamento della mia divisione non è stato rispettato per gravi carenze di organico, e però non ha intaccato alcun servizio per i cittadini. Evidentemente ciò è potuto accadere grazie al nostro impegno. Da circa 12 mesi infatti non vengono rispettate le regole basilari del contratto di lavoro determinando un conseguente carico di servizi tale da rendere rischiosa la nostra opera. Non esistono riposi compensativi (un giorno di riposo dopo il week end di lavoro cumulato a tutta la settimana precedente), oltre 20 giorni di lavoro consecutivi con otto reperibilità all day and night long, più inframmezzate notti in pronto soccorso , sale operatorie cinque giorni alla settimana e via dicendo. Il mio pensiero è che le strutture ospedaliere non sono aziende. Non si può pensare di avere profitti su un costo sociale, se non sfruttando il lavoro altrui e la salute della comunità".

Da Roma, Carmen: "Io invece sono un medico ospedaliero, specialista assunta a tempi indeterminato. Vinto regolare concorso pubblico, espletato il quale ho atteso altri due anni circa per l'assunzione definitiva, causa il solito blocco. Ho una figlia minore, pago un mutuo di circa mille euro il mese, lavoro a 40 km da Roma e non svolgo attività privata. Il mio reddito imponibile arriva a 58 mila euro, ho un prestito mensile Inpdap di 300 euro, le grosse spese non posso farle in contanti, quest'anno vacanze sì, ma a casa. Lavoro bene, i pazienti mi cercano , ma l'unico modo che ho per arrotondare il mio stipendio, sono gli straordinari, e i miei colleghi sono ben felici di cedere notti che concentro quando mia figlia sta dal padre, per non darle disagio e per non pagare baby sitter... Mi infastidisce il tono insinuante che noi medici ospedalieri siamo una lobby intoccabile, che accumuliamo denaro ai danni della collettività, che non arriva invece a fine mese. Ma la quarta settimana del mese, lo so benissimo anch'io, sulla mia pelle, cosa significa... So di svolgere un lavoro che spesso fa la differenza, sul crinale della vita e la morte (sono cardiologa). Posso affermare, anche dal confronto con le retribuzioni europee, che da cardiologo turnista sono sottopagata. A proposito, scrivo dal computer di casa. Stasera, notte di ferragosto, sarò di guardia".

"Io sono un anestesista rianimatore ospedaliero di La Spezia - scrive Marco - ho letto con molto interesse e ancor più stupore il suo articolo in merito agli stipendi di alcuni medici. Sono sbigottito, perché io percepisco dopo 14 anni di servizio 70000 euro lordi annui (cud 2009) e non riesco a capire attraverso quale meccanismo si possa raggiungere certe cifre".

Gregorio si è trasferito a Honolulu, e spiega il perché: "Faccio il chirurgo negli Stati Uniti dopo aver lasciato l'Italia disgustato dalle schifezze del paese e del mondo ospedaliero. Mi sono specializzato in chirurgia dei trapianti di fegato ed intestino. Ho eseguito il primo trapianto mutiviscerale totale pediatrico mai fatto in Italia (ospedale di Bergamo). I miei anni all'estero non sono valsi a nulla. nessun incarico dirigenziale. concorsi da primario vinti dai raccomandati. Per i trapianti all'inizio il chirurgo operatore riceveva la mostruosa cifra di 600 euro lordi (poi abolita dai sindacati). Nell'ultimo anno 2006/7 per un trapianto effettuato di notte percepivo l'enormità di 20 euro l'ora!".

Donatella, di Brescia, primario, è sconsolata: "Personalmente faccio le guardie diurne e notturne e le reperibilità, i giorni festivi e in media il doppio delle ore settimanali dei miei collaboratori. L'Italia oggi soprattutto è piene di malandrini ad ogni livello. Ma si pensi anche a tutti noi che cerchiamo tra le mille difficoltà della sanità pubblica di fare onestamente il nostro lavoro, senza privilegi di casta".

(17 agosto 2010)

 

Lo stipendio dei medici, più "l'altro"

e la trasparenza fa trasparire molto poco

La legge Brunetta avrebbe imposto di mettere on line i redditi, ma un viaggio tra varie Asl rivela che su questo fronte ben poco è stato fatto. E quel che si può sapere suscita brutti pensieri: le prestazioni straordinarie gonfiano le retribuzioni

Tu hai uno stipendio, e poi un altro. Altro è la formula con cui alcune aziende sanitarie raccontano le retribuzioni integrative dei propri medici. Altro non significa altro che il monte di ore straordinarie pagate ad alcuni per sopperire le carenze di personale, i vuoti in corsia e in laboratorio, in radiologia e in anestesia. Altro non è che un modo per illustrare quanto siano a volte iniqui i tagli, quanto spreco produca l'azzeramento di ogni ingresso negli organici della sanità. Altro non è che il fondale contro cui periscono i professionisti giovani e disoccupati, perennemente poveri. A fronte della ricchezza ulteriore di chi già gode di ottimi stipendi. La parola altro, in questo caso, conferma definitivamente che l'Italia è destinato a rimanere un Paese per vecchi. Non c'è speranza né futuro per chi sia all'inizio della carriera e non sia figlio di papà. Porte sbarrate.

Il dottor Gaetano P. (ospedale di Vallo della Lucania) gode di uno stipendio di circa 84mila euro lordi l'anno. Decente, quindi. Ma fa anche altro. Sopperisce ai vuoti di organico presso gli altri enti ospedalieri. Divide i giorni per tre, la settimana per cinque, corre qui e corre lì. L'altro gli rende 109mila euro in più all'anno. Totale lordo ai fini Irpef: 213mila euro. Il dottor Domenico P. (ospedale di Sapri) ha uno stipendio di 100 mila euro l'anno. Ma con l'altro che gli vale 250 mila euro, raggiunge la cifra di 364 mila euro. Ottimo e super abbondante. Inarrivabile, e qui ci vuole nome e cognome, il caso

di Michele Verrioli, direttore del laboratorio di anatomia patologica dell'ospedale di Eboli: ha guadagnato 1700 euro lordi al giorno. Per i 365 giorni dell'anno scorso. Per un totale stratosferico di 657mila euro (107 mila di stipendio e 550 mila di altro). "Lavoro per dieci e non vado in ferie da tre anni", ha detto al quotidiano Terra. I sindacati hanno ribattuto: "Nemmeno se un giorno avesse 72 ore!".

Ancora troppo poco traspare dalle norme sulla trasparenza. E' un bel guaio e un sicuro dispiacere per il ministro Brunetta, autore della legge che avrebbe dovuto garantire luce invece che buio sul giro vorticoso delle retribuzioni pubbliche. I medici ospedalieri, per esempio. Quanti sono e quanto guadagnano? Vivono bene o male? Si arricchiscono o sono costretti a turni massacranti e a stipendi di fame? Il loro lavoro è rispettato o oltraggiato?

Piacerebbe saperlo. S'era convenuto - anzi ordinato - di mettere on line stipendi e curricula di dirigenti amministrativi e medici. Rendere pubblico tutto ciò che è al servizio del pubblico e pagato dallo Stato. Chi sei, cosa hai fatto, quanto guadagni.

Scovare i dati, nell'acqua profonda delle decine di aziende sanitarie locali, è opera non semplice. E questo breve viaggio dimostra che la nebbia è fitta e la muraglia alta, quel che viene allo scoperto è un atto di resistenza, a volte di renitenza.

Avvertenza per chi prosegue la lettura: lo stipendio medio di un medico d'ospedale si ferma spesso sulla soglia degli ottantamila euro lordi. L'età, alcune indennità di risultato lo fanno puntare verso i centomila (lordi), senza che questo tetto sia spesso toccato. E questa è la norma, la generalità delle retribuzioni. Ma tutti i sistemi complessi esibiscono anomalie di funzionamento, favoritismi, iniquità, attribuzioni di competenze superiori al giusto e al possibile. E qui l'operazione trasparenza avrebbe dovuto mitigare le sperequazioni illuminando le zone grigie, scoperchiando le amicizie riservate, i cachet ad personam.

Forse ci siamo sbagliati e abbiamo cliccato dove non avremmo dovuto, ma l'Asl di Reggio Calabria, nella sua home page, non conduce esattamente il visitatore al centro del problema. "Spiacente, nessun risultato", comunica anche l'Asl Napoli 1. Anche qui sarà colpa del cattivo puntamento del mouse. E' come una caccia al tesoro ed è indubitabile che il tesoro sia ben nascosto. Occhi di aquila ci vogliono e nervi saldi. Ad Ancona l'Asl sembra offrire i curricula ma non le retribuzioni. A Firenze anche quelli scarseggiano. In tre su parecchie decine di medici hanno depositato il corso personale degli studi e delle esperienze lavorative.

Sarà che ciascuno tiene famiglia e sarà anche che l'obbligo alla trasparenza - se maneggiato con eccessivo scrupolo - produce imbarazzi e qualche piccolo guaio. Il dirigente della sanità cilentana che raccoglie cinque piccoli ospedali della provincia di Salerno (Polla, Roccadaspide, Vallo della Lucania, Agropoli, Sapri), non propriamente il cuore dell'eccellenza italiana, ha voluto fare le cose in grande e segnalare, con implacabile determinazione, voci e sviluppi delle locali carriere. Ne è venuto fuori un quadro fosforescente, stipendi ineguagliabili. Sono decine i medici locali che scavalcano il tornante dei centomila euro annui. A fronte di uno stipendio che si situa tra i settanta e gli ottanta mila euro, la voce "altro" per le prestazioni straordinarie rese in convenzione presso gli altri ospedali della zona, innalza in modo mostruoso i redditi. Come abbiamo visto. Con il paradosso che una sanità al collasso come quella campana sforna premi a gogò.

Ad Alessandria le punte massime toccano i 171 mila euro. Di Milano non si sa, quel che traspare è nebbia fitta. Magari un navigatore più esperto saprà scovare quel che non appare neanche a Campobasso, ma che è chiaro a Bari. Dove i redditi, senza la pignoleria del commissario della Asl Sa3, sono bene in vista e in via decrescente. Si parte dal dottor Michele B. (315 mila euro) si scende a 223 mila (la dottoressa Antonietta A.) e poi via via si cala: 200, 190, 170, 140. Non male. Il grosso della truppa è fermo ai sessantacinquemila, la retroguardia non giunge a 45mila.

Traspare poco dalla trasparenza, come detto. Ma quel po' svelato già basta e mette brutti pensieri.

(14 agosto 2010)

2010-08-16

per il 2002 mancano all'appello 4,6 miliardi

Si poteva beneficiare della "sanatoria" versando la prima rata dell'importo dovuto e molti si sono limitati a quella, incassando comunque il "perdono" tributario e penale

Fisco, spunta l'evasione sul condono per il 2002 mancano all'appello 4,6 miliardi Un agente tra i fascicoli dell'archivio con gli accertamenti eseguiti dalla Guardia di finanza negli anni scorsi

ROMA - Hanno avuto il "perdono" fiscale e penale, ma non hanno finito di versare al fisco le somme concordate per beneficiare del maxi-condono 2002-2004. Sono gli evasori fiscali che, una volta ottenuta la sanatoria versando la prima rata del dovuto, non hanno più saldato il conto con l'Agenzia delle entrate. Come denuncia il sito dell'associazione Legalità ed equità fiscale (Lef) che ha pubblicato i dati, i 4,6 miliardi di euro tuttora "non pervenuti" sono la prova che il meccanismo previsto in quel condono "si sta trasformando in un ulteriore regalo per gli evasori".

Decisiva, infatti, è stata la scelta di non subordinare il condono al pagamento dell'intera somma dovuta, ma di "accontentarsi" del primo versamento in tutti i casi in cui, data l'entità delle somme dovute al fisco (superiori ai 3mila euro per le persone fisiche e ai 6mila per le società), era stata prevista la rateizzazione del debito. In sostanza, dunque, a mancare all'appello sono proprio i soldi dovuti dai maggiori evasori, cittadini o società che fossero. Il problema era già stato segnalato a novembre del 2008 dalla Corte dei conti che aveva indicato in 5,2 miliardi, il 18% dei 26 complessivi "dichiarati" dai condonati, l'importo ancora non versato a quattro anni dalla "sanatoria".

A distanza di quasi altri due anni, solo 786 milioni di euro sono stati recuperati e ciò malgrado siano state semplificate, dopo la segnalazione della Corte dei conti, le procedure per la riscossione coattiva degli importi dovuti al Fisco: ad esempio, è stato consentito al concessionario della riscossione di agire direttamente in via di espropriazione immobiliare per i debiti da condono iscritti a ruolo di importo superiore a 5.000 euro, saltando i tempi (6 mesi) previsti dalla altrimenti preliminare iscrizione di ipoteca. Nonostante ciò, quindi, a fine gennaio 2010, riporta il sito di Lef, mancavano ancora all'Erario 4,6 miliardi di euro, di cui circa 2,95 miliardi relativi a omessi versamenti (art. 9bis) e il resto (1,65 miliardi) relativo alle altre forme di condono.

L'"errore" principale dei legislatori, secondo l'associazione Lef, è stato limitarsi a stabilire procedure di recupero coattivo delle somme, anziché prevedere l'inefficacia del "perdono" per gli evasori che avessere mancato di pagare interamente l'importo stabilito per l'accesso al condono. Con questo meccanismo, chi già aveva violato la legge evadendo le tasse, ha incassato il condono sul piano tributario e penale pur senza aver chiuso i conti con il Fisco.

(16 agosto 2010)

 

 

 

2010-08-12

Tirrenia, il tribunale fallimentare

dichiara lo stato di insolvenza

Si apre la procedura di amministrazione straordinaria per la compagnia. Il segretario della Uil Trasporti annuncia il ricorso alla corte d'appello

Tirrenia, il tribunale fallimentare dichiara lo stato di insolvenza

ROMA - Il tribunale fallimentare di Roma ha dichiarato lo stato di insolvenza per Tirrenia. Si apre così la procedura di amministrazione straordinaria per la compagnia. Con questa decisione il tribunale si è quindi ritenuto territorialmente competente.

La sentenza è stata pubblicata questa mattina, dopo che il collegio presieduto da Ciro Monsurrò, affiancato dai delegati Francesco Taurisano e Fabrizio Di Marzio ha preso la decisione ieri in Camera di Consiglio. L'istanza per la dichiarazione dello stato di insolvenza era stata presentata dal commissario straordinario Giancarlo D'Andrea.

Il Tribunale di Roma con questa decisione si è pertanto ritenuto competente. L'eccezione di competenza territoriale era stata sollevata dalla Uil-Trasporti, secondo la quale il giudizio spettava al Tribunale di Napoli, dove ha sede legale il gruppo.

E proprio il segretario generale della Uil Trasporti annuncia ricorso. "Attendiamo - dice Giuseppe Caronia - di leggere le motivazioni della sentenza del Tribunale di Roma che dichiara la stato di insolvenza di Tirrenia, e ci riserviamo di ricorrere alla Corte di Appello. Rimangono comunque per intero le nostre perplessità, ed a prescindere dalle questioni di carattere legale porteremo avanti con determinazione la nostra azione sindacale di contrasto ad ogni ipotesi di 'spezzatino'". "Nessuna sentenza - continua - può comunque far sì che il Governo si scarichi dalle proprie responsabilità e non apra immediatamente un confronto sulle sorti della Tirrenia e delle migliaia di lavoratori che rischiano il posto di lavoro".

(12 agosto 2010)

 

 

 

 

Boom della vendita di telefonini

più 13,8% negli ultimi 3 mesi

Acquistati 326 milioni di cellulari. Gli smartphone trascinano tutto il settore. La Nokia si conferma in testa alla classifica, secondo posto per Samsung poi Lg. Apple sempre dietro al produttore di Blackberry

di CLAUDIO GERINO

Boom della vendita di telefonini più 13,8% negli ultimi 3 mesi

ROMA - Crescita a due cifre per la telefonia mobile anche nel secondo trimestre del 2010. In tutto il mondo sono stati venduti quasi 326 milioni di terminali, con un incremento del 13,8 % rispetto allo stesso periodo del 2009. I dati sono stati resi noti oggi da Gartner. E all'interno di questi numeri, a fare la parte del leone sono naturalmente gli smartphone che salgono al 19 %, registrando così una performance rispetto allo stesso periodo dello scorso anno del 50,5 %.

Cambia anche la "Top Ten" dei produttori di telefonini. Se Nokia mantiene, con qualche difficoltà, il primo posto con il 34,2 % del mercato (nel 2009 era al 36,8 %), Samsung - stabilmente collocata ormai al secondo posto - registra una crescita di quasi l'uno per cento, passando dal 19,3 % del secondo trimestre 2009 al 20,1 % dell'equivalente periodo 2010. Probabilmente, la multinazionale coreana è riuscita a strappare qualche centesimo di percentuale sia a Nokia che a Lg, terza classificata, che ha avuto un decremento "speculare" alla crescita Samsung, passando dal 10,7 % del 2009 al 9 % del 2010. In questa classifica Apple non riesce ancora a superare Research in Motion (Blackberry) che consolida il quarto posto con un market share nel 2010 del 3,4 %, a pari merito con Sony Ericsson (che, però, al contrario di RIM, perde rispetto al 2009 quasi un punto percentuale, acquisito, sia pure soltanto in termini numerici dalla stessa multinazionale americana che produce il Blackberry). Il melafonino nelle sue diverse versioni non supera ancora neanche Motorola, pur pressandola da vicino: la Apple passa dall'1,9 % del 2009 al 2,7 % del 2010, mentre i cellulari marchiati Motorola scendono a precipizio, lasciando sul campo quasi il 3 % di market share (dai 5,6 del 2009 ai 2,8 del 2010). L'outsider della classifica è HTC che pur non facendo numeri strabilianti, supera le rivali ZTE e G'Five entrando di prepotenza all'ottavo posto con un 1,8 % del mercato mondiale.

la fortuna di HTC è stata quella di "sposare", sin da subito, il nuovo sistema operativo realizzato da Google, "Android". Se infatti ci si sposta sulla classifica degli smartphone, si vede subito che proprio il "googlefonino" ha rapidamente scalato la vetta, collocandosi al terzo posto, con un market share del 17,2 % nel 2010 (aveva appena l'1,8 % nel secondo trimestre 2009), subito alle spalle di RIM (Blackberry) che ha perso un punto percentuale (aveva il 19 % lo scorso anno, oggi ha il 18,2 %) e della capolista Symbian (prevalentemente Nokia) che, però, ha avuto una caduta verticale di quasi il 10 % (era al 51 per cento nel 2009, oggi si attesta al 41,2 %).

Il sistema operativo dell'iPhone di Apple guadagna poco più di un punto percentuale, passando dal 13 % del 2009 al 14,2 % dell'equivalente periodo di quest'anno. Caduta libera, invece, per Microsoft Windows Mobile che perde quasi 4 punti percentuali (oggi è al 5 %, contro un 9,3 % dello scorso anno). E' evidente che la multinazionale di Redmond ha urgente bisogno di mettere a punto il suo Windows Phone 7 per evitare una vera e propria debacle totale quest'anno.

In calo anche i telefonini basati su sistema operativo "Linux-like" che dimezzano le percentuali registrate lo scorso anno (erano al 4,6 % oggi sono al 2,4 %). C'è molta attesa, però, per il sistema operativo (già in parte usato sul Nokia N900) che dovrebbe essere lanciato dalla joint venture tra la casa finlandese e l'Ibm.

In ogni caso, la crescita esponenziale di vendite dei telefonini non coincide, però, con un aumento del fatturato delle aziende produttrici. Anzi, la situazione in questo senso rischia di diventare paradossale a causa di tre fattori: il rafforzamento del dollaro con il conseguente deprezzamento dell'euro e la fortissima concorrenza che porta ad una riduzione dei prezzi dei terminali. Così, a fronte di una crescita dei "pezzi" venduti, non c'è un'equivalente crescita dei fatturati e quindi degli utili, creando un vero e proprio "loop" negativo.

(12 agosto 2010)

 

 

 

 

"Fabbricare in Italia?

Impossibile per l'auto"

Il presidente della Federauto, associazione concessionari Italiani: "Produrre da noi non conviene più. E in questo contesto la strategia Fiat è una manna dal cielo".

"Fabbricare in Italia? Impossibile per l'auto"

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Dossier

* BLOG, dite la vostra

Il numero uno dei concessionari italiani, Filippo Pavan Bernacchi, presidente della neonata Federauto, l'associazione dei concessionari d'auto di tutti i brand commercializzati in Italia, entra sul tema caldo del mondo dell'auto in Italia. Un'analisi che arriva dal rappresentante di una categoria che ha in mano il rapporto con i Clienti sia per la vendita delle vetture e dei ricambi sia per l'assistenza. Insomma da chi conosce bene il settore perché dietro un colosso come la Fiat ci sono migliaia di piccole aziende dell'indotto. Ecco la sua lettera, che riceviamo e pubblichiamo integralmente. (v.bo.)

"In Europa Occidentale produrre non conviene più. Questo è la madre di tutti i problemi. I fattori sono molteplici. Prima di tutto vi è il costo del lavoro; se paragonato a quello di Cina e India, non c'è match. Battuti in partenza. Ma anche verso i paesi dell'Europa dell'Est, o della ex-Jugoslavia, c'è un abisso. Poi c'è l'aspetto della produttività. Quei popoli hanno fame, anche di lavorare, per cui nel lavoro ci mettono l'anima e sono disponibili a sacrifici su turni notturni o festivi. Come noi nel dopoguerra, per intenderci. Si passa poi agli aspetti sindacali. I sindacati, da noi, sono stati importantissimi in passato per tutelare i lavoratori che non beneficiavano neppure dei diritti elementari. Ora però si invertito il rapporto di forza. I lavoratori sono iper-tutelati e licenziare qualcuno quando l'azienda naviga in cattive acque, o che: rema contro, non produce, si dà malato strumentalmente...

è quasi impossibile. E se un imprenditore ci prova il giudice del lavoro, molto spesso, reintegra il dipendente nel suo ruolo comminando all'azienda pesanti sanzioni. Si aggiunga l'estrema facilità con cui si può venire in possesso di un certificato medico che esime il beneficiario dal presentarsi al lavoro e il gioco è fatto. D'altronde questo è il Paese dei falsi invalidi. Poi ci sono le regole per la sicurezza sul lavoro e contro l'inquinamento. Sono sacrosante, ma in un mondo globalizzato o le adottano tutti i paesi, affrontandone i costi - che poi fanno salire i prezzi dei prodotti - oppure chi le applica è tagliato fuori dal Mercato. E quindi molte leggi dovrebbero essere paradossalmente adottate a livello mondiale: tutela lavoratori, tutela ambiente, orario settimanale, straordinari, cuneo fiscale, lavoro minorile, donne e maternità. Solo così si potrebbe competere ad armi pari. Utopia, certo, ma così stanno le cose.

E così le aziende produttrici che vogliono sopravvivere in questo mercato competitivo devono delocalizzare. Si chiudono le fabbriche in Italia, licenziando centinaia di migliaia di lavoratori, e si riaprono in Polonia, Slovenia o, perché no, in Cina o Romania. Quei paesi fanno ponti d'oro alle imprese perché gli insediamenti produttivi portano benessere e danno posti di lavoro. E quindi via agli sgravi fiscali, ad aiuti di stato, a contratti per i lavoratori "light", a occhi chiusi su molti aspetti, e chi più ne ha più ne metta.

"In questo contesto arriva un "pazzo" vero, di nome fa Sergio Marchionne. Cosa vorrebbe fare costui? Potenziare la produzione del Gruppo Fiat in Italia! Controtendenza rispetto a quasi tutte le aziende che se ne vanno bellamente all'estero. Certo, vuole anche chiudere degli stabilimenti. Ma che matrice hanno certe fabbriche? Sono state insediate per soddisfare logiche industriali o "politiche"? La risposta è la seconda. Si pensi solo ai costi logistici e di trasporto. Certo, la Fiat in passato è stata aiutata tantissimo dai Governi in carica. Come pure tutti i produttori esteri nei mercati domestici. Ma ora che lo Stato si è sfilato non ci si meravigli se Marchionne, calcolatrice alla mano, spiega che non conviene e che si deve chiudere. Non dimentichiamo anche che al Sud operano le varie mafie, e che non è pensabile che queste si fermino fuori dai cancelli degli stabilimenti. Un altro grosso problema per chi vuole fare impresa."

"Ecco perché Marchionne è un "pazzo" vero. Ma come, quasi tutti i produttori, dal tessile alla componentistica, sognano di lasciare il sacro suolo, e lui cosa vorrebbe fare? Investire una valanga di milioni di euro in Italia, potenziare gli stabilimenti, aumentare la produttività. Certo, chiede anche sacrifici (remunerati) ai lavoratori, e un nuovo approccio al bene primario e irrinunciabile che è il Lavoro. No, è troppo. Certi sindacati preferiscono non considerare che il mondo non è più quello di tre anni fa. Allora meglio contratti d'acciaio, blindati, tutelatissimi, intoccabili, nei secoli dei secoli. Peccato che ne beneficeranno sempre meno dipendenti perché gli imprenditori che possono, da qualche anno, se ne vanno all'estero. Quelli che non falliscono, ben inteso. E quindi propongo di cambiare l'articolo 1 della Costituzione da: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro" in : "L'Italia è una Repubblica democratica, un tempo fondata sul lavoro".

"Ma se nessuno lavorerà, venendo meno la capacità di spesa e la propensione all'acquisto delle famiglie, come sopravvivrà la nostra economia?"

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2010-08-06

TARANTO

Quattromila pazienti deceduti

ma la Asl continuava a pagare i medici

I camici bianchi percepivano le retribuzioni anche per gli assistiti di cui avevano emesso i certificati di morte. Iscritti nel registro degli indagati i direttori generali pro-tempore della Azienda sanitaria. Il danno all'erario sarebbe di circa 300mila euro

Quattromila pazienti deceduti ma la Asl continuava a pagare i medici

 

TARANTO - I medici di famiglia erano pagati per assistere anche i morti. Anche quelli di cui avevano diagnosticato il decesso, ma che non spettava a loro cancellare dagli elenchi degli assistiti. Sono stati ben quattromila i pazienti deceduti, ma che risultavano ancora vivi e vegeti nei registri dell'Asl di Taranto, che concorrevano alla quantificazione delle retribuzioni dei medici di base convenzionati. Un danno erariale stimato in circa 300 mila euro dalla Guardia di finanza. Incrociando i dati conservati nell'anagrafe tributaria con quelli in possesso dell'anagrafe sanitaria, le Fiamme gialle hanno scoperto la mancata cancellazione dagli elenchi di migliaia di persone decedute, per le quali lo Stato ha erogato ai medici compensi indebiti che ora dovranno restituire.

Un avviso di conclusione delle indagini preliminari, firmato dal pubblico ministero Remo Epifani, è stato notificato all'ex direttore generale Marco Urago, all'ex commissario straordinario dell'Azienda sanitaria locale Taranto 1 Carlo Sessa e all'attuale direttore generale Angelo Domenico Colasanto. Sono accusati di abuso d'ufficio per aver omesso, nell'ambito delle competenze attribuite loro dalla normativa regionale e nazionale nel comparto della spesa sanitaria, di dare corso alle procedure di aggiornamento dell'anagrafe assistiti e per avere arrecato un ingiusto profitto ai medici.

Il periodo preso in esame è quello compreso fra il 2004 e il 2008. Le indagini, che rientrano in un piano di azione disposto dal comando generale della guardia di finanza per monitorare la spesa sanitaria, sono ancora in corso per individuare altre presunte responsabilità, soprattutto per quanto riguarda la condotta dei medici, e per quantificare il danno erariale da segnalare alla Corte dei conti.

Ai medici di base il Servizio sanitario nazionale corrisponde, oltre a un assegno individuale riconosciuto per anzianità di laurea e carico assistenziale, poco più di 38 euro lordi all'anno per ogni paziente. I finanzieri del Gruppo di Taranto hanno calcolato per il momento un danno patrimoniale di 300 mila euro, ma si tratta di una cifra approssimativa. Per accertare le irregolarità sono stati confrontati i certificati di morte acquisiti nei vari comuni della provincia con i tabulati dell'anagrafe sanitaria contenenti le generalità di centinaia di migliaia di assistiti.

In molti casi erano gli stessi medici di famiglia a certificare il decesso dei pazienti, ma non ne davano comunicazione all'Asl. E così l'anagrafe si popolava di fantasmi e i medici coninuavano, in silenzio, a percepire le indennità.

La vicenda è finita anche sul tavolo della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori sanitari e i disavanzi sanitari regionali: il presidente, Leoluca Orlando, chiederà all'assessore alla Sanità della Puglia, Tommaso Fiore, ''una relazione sulla truffa''. ''La denunciata ipotesi di reato abuso - ha commentato Orlando - produce danni significativi sui costi del Servizio Sanitario nella provincia di Taranto e sulla sua credibilita'. Per questo merita ogni attenzione, non soltanto da parte della Guardia di Finanza e della Magistratura competente penale e contabile, ma anche da parte degli organi regionali e della Commissione parlamentare di inchiesta su errori sanitari regionali e su disavanzi sanitari regionali''.

(06 agosto 2010)

 

 

 

ENTI LOCALI

L'allarme della Corte dei Conti

"Debiti dei Comuni alle stelle"

L'indebitamento, stando ai dati resi noti dai magistrati contabili, supera i 62 miliardi. Cresce il numero delle amministrazioni locali con squilibri economico finanziari. Il debito pro-capite per i cittadini è di 1.300 euro

L'allarme della Corte dei Conti "Debiti dei Comuni alle stelle"

ROMA - Allarme della Corte dei Conti per l'indebitamento degli enti locali. "Il ricorso dell'indebitamento è in forte crescita, specie nei Comuni" avverte la magistratura contabile precisando che il debito finanziario dei Comuni supera i 62 miliardi. Aumenta inoltre il numero di amministrazioni locali che presentano "squilibri economico finanziari", dice ancora la Corte dei Conti, precisando che il debito finanziario "cresce limitatamente rispetto al precedente esercizio. Più spinta è la crescita del debito delle Province che raggiunge quasi 11,5 miliardi". Gli enti in disavanzo nel 2008 sono di numero crescente (da 63 a 82 enti) rispetto agli esercizi precedenti e "l'ammontare del disavanzo complessivo aumenta di oltre il 20% - si legge nella relazione -. La situazione non appare nel complesso incoraggiante, risultando in aumento gli enti interessati e le situazioni di alcuni di essi appaiono allarmanti".

Il debito per i cittadini. Ammonta a 1.300 euro a testa il debito che grava sulla testa dei cittadini per gli impegni contratti da Comuni e Province. Dai dati della Corte dei Conti emerge che il debito finanziario dei Comuni, che nel 2008 viene stimato in 62,202 miliardi (+0,55% sul 2007), "grava sulla popolazione residente per quasi 1.100 euro pro-capite ed incide sul Pil per il 3,97%" dice la magistratura contabile precisando che il debito finanziario delle Province pesa invece per 200 euro a testa e rappresenta lo 0,75% del Pil. "Considerate, in termini a-tecnici, le entrate correnti quali una sorta di prodotto interno lordo dell'ente, l'incidenza media del debito per i Comuni è di oltre il 120% e per le Province del 113,57%" si legge ancora nella relazione.

Rallenta aumento di spesa. "Le spese complessive (al netto di una operazione contabile tra Stato e Regioni) sono cresciute nell'anno dello 0,8% (contro il 7% dell'esercizio 2008) - spiegano i magistrati contabili -. Le spese correnti permangono in crescita (+2,6%), ma con una dinamica più contenuta rispetto al biennio precedente. Nell'ambito della spesa corrente la maggior crescita si registra nella spesa per consumi intermedi (+4,7), mentre diminuisce la spesa per interessi. Diminuisce la spesa in conto capitale, con una flessione di poco meno del 10% per il venir meno di alcune poste straordinarie. Le entrate regionali (anch'esse al netto della regolazione contabile Stato-Regioni) aumentano del 2,3%, ma il risultato è in gran parte riconducibile al significativo aumento dei trasferimenti, poiché le altre voci di entrata sono, invece, in decremento rispetto al 2008". Sono 12, infine, stando ai dati della Corte dei Conti, le Regioni a statuto ordinario che hanno rispettato i limiti del patto di stabilità: "Una sola Regione, la Puglia, non ha rispettato il patto nei due saldi, 2 regioni, la Campania e il Molise non hanno rispettato i limiti del saldo di cassa. Tutte le Regioni a Statuto speciale hanno rispettato i limiti del patto di stabilità, tranne la Sicilia con riguardo al saldo di cassa".

Sanità pubblica voce che incide di più. "La sanità pubblica è il settore che incide maggiormente sulla finanza regionale assorbendo circa il 73% delle risorse. La dinamica di crescita della spesa corrente per il Servizio Sanitario Nazionale che nel periodo 2000-2005 è risultata molto spinta, subisce un rallentamento nel 2009 (+0,4%) - proseguono i magistrati contabili -. Il patto per la salute prevede misure di contenimento della spesa per il personale e per l'assistenza ospedaliera, anche attraverso il ridimensionamento della rete ospedaliera. Nel 2009 il rapporto tra i costi complessivi del SSN e il Pil si è attestato al 7,2%, mantenendo il trend di crescita degli ultimi quattro anni. Gli incrementi dei costi sono superiori a quelli dei ricavi, per cui continuano a registrarsi disavanzi che si concentrano nell'area Centro Sud".

In 20 anni 442 enti in dissesto finanziario. Tra il 1989 e il 1 aprile 2010 sono 442 gli enti locali che hanno dichiarato il dissesto finanziario. La magistratura contabile evidenzia tuttavia che il maggior numero di dichiarazioni di dissesto è avvenuto proprio a ridosso degli anni dell'entrata in vigore della relativa legge (1989) mentre dal 1998 non si sono mai avuti più di 5 dissesti l'anno. Negli oltre 20 anni presi in considerazioni il numero nettamente preponderante di dissesti finanziari si è avuto un Calabria e Campania, con un totale di 127 e 113 dissesti in 22 anni. Nella Campania sono inclusi i dissesti di una provincia e di alcuni comuni. Nel 2010, fino ad aprile, erano 2 gli enti in dissesto nel Lazio, uno in Molise uno in Campania.

Al primo aprile 2010 sono 24 gli enti in dissesto per i quali non è stato ancora presentato un piano di estinzione delle passività.

(06 agosto 2010)

 

 

 

INCHIESTA ITALIANA

Quando il risparmio fa crac

venti miliardi andati in fumo

Tanto hanno perso i "bot-people", dall'Argentina alla Parmalat. Un milione gli investitori traditi, il muro delle banche. Solo il 26% è stato rimborsato

di ETTORE LIVINI

Quando il risparmio fa crac venti miliardi andati in fumo Un gruppo di risparmiatori davanti al tribunale del processo Parmalat

* ''Io, truffata dai Tango Bond''

video

IL VIDEO

Un milione di italiani coinvolti. E 20 miliardi di risparmi (a volte tutti quelli messi da parte in una vita di lavoro) andati in fumo. La contabilità dei danni patiti dagli ex-Bot-people per gli scandali e i crac finanziari di inizio millennio è un numero, purtroppo, in continua evoluzione. L'Argentina ha quasi chiuso la scorsa settimana le sue pendenze con l'ultimo drappello dei 440mila investitori tricolori travolti dal default dei Tango Bond di Buenos Aires restituendo loro il 35% di quanto avevano investito. Decine di migliaia di ex azionisti Giacomelli, Finmatica e Parmalat conservano ancora nei loro conti in banca titoli diventati carta straccia. Normale amministrazione in un paese dove l'educazione finanziaria è vicina allo zero, i debiti non li onora nemmeno lo Stato (vedi i bond Alitalia rimborsati al 70,9%) e dove gli ex-obbligazionisti della Finmek - per sperare di rivedere qualche centesimo dei 150 milioni versati nelle casse del gruppo - dovranno aspettare l'esito delle cause con le banche: prima udienza fissata nel 2017.... Il bilancio di questo Monòpoli a perdere è nei numeri: i risparmiatori italiani, orfani delle super-cedole dell'era della lira, hanno perso l'orientamento. Traditi dal miraggio di rendimenti da sogno, da truffatori di professione e da consulenti interessati hanno puntato dal 2000 ad oggi 27 miliardi su aziende e Stati finiti poi ko. E ad oggi sono riusciti a rientrare solo del 26% circa del capitale che avevano investito. C'è la speranza di recuperare ancora qualcosa? Qual è stato il ruolo, nel bene e nel male, delle banche e dei consulenti? E la durissima lezione degli ultimi dieci anni, almeno, è servita a qualcosa?

LA CLASSIFICA DEI RIMBORSI

Carta canta. Argentina e Parmalat, le due Caporetto del risparmio italiano (560mila persone e 21 miliardi in ballo) sono i casi in cui, alla fine, si è perso di meno. La doppia offerta di Buenos Aires ha garantito poco più di un terzo del capitale. Chi non ha accettato, ha ora davanti un iter giudiziario ad ostacoli ancora alle prime battute. La cura di Enrico Bondi non ha potuto salvare gli azionisti Parmalat ma ha regalato ai titolari di bond di Collecchio - travolti dal buco da 14 miliardi - un rientro forse inatteso. Il rilancio industriale del gruppo ha consentito di trasformare i loro bond in azioni. Le transazioni da 2 miliardi chiude hanno fatto correre i titoli. E oggi i "sopravvissuti" ai Tanzi hanno recuperato - dividendi compresi - quasi il 40% dei loro quattrini.

Un po' più lento è stato l'iter del gruppo Cirio. I tre commissari hanno venduto attività per circa 390 milioni, di cui 325 sono già stati girati ai risparmiatori che avevano comprato bond da Sergio Cragnotti per 1,15 miliardi. Delle sette emissioni, tre sono state rimborsate con percentuali tra il 6,25% e il 50%. "E due altre restituzioni sono ormai in rettilineo d'arrivo - assicura il Commissario Luigi Farenga - in attesa dell'appello sulla sentenza che ha obbligato Capitalia, ora Unicredit a risarcirci per 300 milioni".

I GUAI DEI PICCOLI

Il discorso è diverso per i crac minori, quelli "fuori dai riflettori della pubblica opinione", come li chiama Gianluca Vidal, commissario straordinario della Finmek. Qui di polpa da vendere ne resta poca, le cause sono più difficili da seguire. E i rimborsi si misurano con il contagocce. Giacomelli, per dire, ha portato in libri in tribunale con pochissime attività da vendere visto che dei suoi negozi di articoli sportivi controllava solo i marchi. I curatori hanno recuperato 25 milioni da una transazione con Deloitte, piazzato a prezzi di realizzo qualche piccolo asset. "Ma di soldi per ora zero", si lamenta Ernesto Falcone che in tasca si trova 6mila euro di bond del gruppo. "E zero rimarranno anche secondo noi" scommette Marco Elser, socio fondatore di Advicorp, società italo-inglese che fa un po' da punto di riferimento per i valori dei cosiddetti titoli-spazzatura. "Il motivo è semplice - spiega Vidal - . Quando queste piccole aziende stanno per fallire, le prime spese che non pagano sono le tasse e il Tfr. Fisco e dipendenti sono creditori privilegiati. E così gli obbligazionisti arrivano di solito per ultimi". E restano spesso, alla fine, con un pugno di mosche in mano. Per molti un disastro umano: "Una pensionata di 89 anni mi ha scritto che non poteva più mangiare perché aveva perso tutti i suoi risparmi, 15mila euro, con i bond Finmek - continua Vidal - . Ma io non posso farci niente. Ho fatto causa alle banche e non ho il coraggio di dirle che la prima udienza è nel 2017!". "È il solito problema italiano: la giustizia è troppo lenta", conferma Antonio Passantino, alla guida del fallimento Finmatica, ex star della new economy caduta dalle stelle alle stalle per distrazioni in bilancio. Lui ai risparmiatori ha restituito il 7% ma una nuova tranche "arriverà entro qualche mese". E per Elser il recupero finale sarà tra il 15 e il 20%.

I crac di Serie B, insomma, sono figli di un Dio minore. "Noi non siamo mai stati ricevuto da un curatore fallimentare pagato profumatamente - dice Marcello Gualtieri, rappresentante degli obbligazionisti Finpart - . Non è stato emesso un comunicato per spiegarci cosa stava succedendo, nemmeno con un sito internet". Anche se, magra consolazione, lui e i suoi soci hanno già recuperato il 15% del capitale investito.

IL RUOLO DELLE BANCHE

Luisa Riffaldi Cambieri, 80 anni, una vita di lavoro alle Generali in Piazza Cordusio a Milano, ha un sorriso amaro: "Ho vissuto la guerra, ho passato anni a tirare la cinghia. Poi, alla fine, a rovinarmi la vita è stata l'ultima persona che mi aspettavo: il mio banchiere di fiducia". "Sono stata cliente dal '52 della stessa agenzia sotto casa mia, in Porta Romana - continua - . Dieci anni fa, quando io il mio povero marito abbiamo ritirato la liquidazione, siamo andati a chieder consiglio a loro su come investirla. Di chi altro dovevamo fidarci?". Con il senno di poi è facile a dirsi: di chiunque altro. "Tutti i miei risparmi, 33mila euro, sono stati investiti in bond Parmalat. I 25mila euro messi da parte da mio marito dopo una vita alla saldatrice, sono finiti in titoli Argentini. E badi bene che avevo detto di non esser golosa di rendimenti alti". Più bassi di così, in effetti, è difficile. La signora Luisa oggi ha in tasca circa 6mila euro di azioni di Collecchio ("se non avessi 80 anni andrei ad aspettare Tanzi sotto casa con il bastone...") e un bond di Buenos Aires che verrà pagato nel 2038. "Quando avrò 108 anni!".

È stata imprudente lei o è stata mal consigliata dalla banca? "La verità è che il mondo bancario ha i suoi interessi e negli ultimi anni ha piazzato titoli ad alto rischio a investitori sprovveduti", dice forte della sua esperienza Antonio Passantino, il liquidatore di Finmatica. La vecchia Popolare Lodi regalava auto di lusso agli impiegati che riuscivano a collocare più bond del gruppo. "Per un bel po' di tempo abbiamo venduto solo polizze, certificati di investimenti e altre invenzioni finanziarie con un'unica costante: realizzare commissioni al 10% per la banca", ha ammesso "Un bancario in crisi" in una lettera a Il Sole 24 Ore pochi mesi fa.

Generalizzare, naturalmente, è un errore. Ci sono banche che hanno fatto bene il loro mestiere, altre meno. Ma qualche problema c'è, se come ricorda Elio Lanutti - parlamentare Idv e presidente della commissione finanze del Senato - "sul sito di Patti chiari, il portale voluto dalle stesse banche per garantire trasparenza e informazioni ai consumatori, i bond Lehamn sono rimasti nella categoria dei titoli a basso rischio anche dopo il crac della banca Usa".

LA STRADA (IN SALITA) DELLE CAUSE

Le banche, forse con un po' di coda di paglia, hanno provato a metterci una toppa. Già dal 2005 hanno aperto tavoli di conciliazione con i propri clienti, esaminando caso per caso se erano stati venduti prodotti finanziari a rischio senza adeguate informazioni. Dati ufficiali non ce ne sono, ma le indiscrezioni parlano di circa 30mila richieste di rimborso, accolte più o meno nel 50% dei casi con la restituzione di cifre comprese in media tra il 20 e l'80% del capitale investito. Dopo Lehman e Islanda in molti hanno preferito rimborsare, spesso al 100%, sofisticate polizze index-linked e altri prodotti strutturati la cui caratteristica principale, dal punto di vista del venditore, era il margine di guadagno altissimo. "Qualche volta gli istituti sono arrivati a ribaltare le carte in tavola - accusa Lanutti - . Come su Argentina e Parmalat dove si sono inventati "task force" per aiutare le cause dei risparmiatori contro Buenos Aires e Collecchio solo per evitare quelle contro di loro".

L'Italia del resto, come testimonia la nostra ingloriosa leadership europea per numero di vittime di Argentina e Lehman, è un paese a basso tasso di consapevolezza finanziaria. Incapace non solo di prevenire i guai ma pure di affrontarli quando capitano. Alle banche, come ai medici, si crede quasi per fede. E pochissimi, non a caso, hanno scelto la strada del muro contro muro, chiedendo loro risarcimenti per vie legali dopo essere stati travolti dai crac.

"La causa individuale costa troppo", ammette Carlo Federico Grosso, rappresentante del Comitato di 32mila correntisti di Intesa SanPaolo che si sono costituiti parte civile nei processi Parmalat incassando già 75 milioni. "A me hanno chiesto 600 euro solo per aprire la pratica, si figuri", dice la signora Luisa. Lo stesso Ombudsman bancario, l'organismo incaricato di trovare una conciliazione tra banche e risparmiatori su queste questioni, ha affrontato negli ultimi anni circa 4mila casi ogni dodici mesi, una goccia nell'oceano dei truffati. Oggi poi, grazie alle firme in calce alla voluminosa (e spesso illeggibile) documentazione informativa imposta dalle nuove norme della Mifid per testimoniare l'avvenuta informazione, le banche hanno ridotto quasi a zero i rischi di contenzioso.

L'ARMA SPUNTATA DELLA CLASS ACTION

La Mifid non è l'unica eredità normativa tricolore della stagione degli scandali. L'altra, in teoria più importante, è la nuova legge sulla class action. L'arma letale con cui - da Erin Brockovich in poi - i risparmiatori Usa hanno vinto le loro epiche battaglie contro i responsabili dei crac di inizio millennio. I vantaggi della causa collettiva - che nel solo caso Enron, per dare un'idea, ha consentito di recuperare da banche d'affari e società di rating varie 7,6 miliardi di dollari - sono chiari: tutti i presunti danneggiati si uniscono in un'unica grande azione legale coordinata da figure esperte e autorizzate. Risultato: si dividono le spese e la massa d'urto per far valere le proprie ragioni è decisamente superiore. Il potenziale è enorme. Se tutti i risparmiatori europei travolti da Enron, Tyco, Lehman e Bear Stearns varie si fossero uniti alle cause Usa avrebbero recuperato 3,6 miliardi in più, calcola il Think tank inglese Goal.

Peccato che la class action all'italiana, come spesso accade da noi, sia nata zoppa. Se non altro perché non prevede la retroattività. L'azione è possibile solo per fatti avvenuti dopo il 16 agosto 2009. Salvando così i responsabili dei crac Parmalat, Cirio & C. "Senz'altro è uno strumento utile", ammette Elser anche se "ci vorrà del tempo per riuscire a capire come farlo funzionare", dice Grosso. La legge però - dicono gli esperti - lascia molte aree grigie sulla sua applicabilità per reati legati ai crac finanziari. Toccherà così ai singoli tribunali valutarne le possibilità d'applicazione. E se il buongiorno si vede dal mattino, il cammino sarà in salita: la prima class action tricolore - una causa varata da Codacons contro IntesaSanpaolo sulle commissioni di massimo scoperto - è stata bocciata come inammissibile. La via crucis dell'armata Brancaleone del risparmio tradito nel Belpaese, purtroppo, non è ancora finita.

(06 agosto 2010)

 

 

2010-08-05

FRODI COMUNITARIE

Sequestrati beni per 700 milioni di euro

Arrestati 5 imprenditori per truffa alla Ue

L'operazione della guardia di Finanza di Catanzaro in varie regioni d'Italia contro un'organizzazione criminale che opererebbe in Calabria, responsabile di aver frodato l'Unione Europea con fatture false

Sequestrati beni per 700 milioni di euro Arrestati 5 imprenditori per truffa alla Ue

ROMA - Maxi-operazione della guardia di Finanza contro le frodi comunitarie. E' in corso di esecuzione da parte del nucleo di polizia tributaria delle Fiamme Gialle di Catanzaro che ha sequestrato, in varie regioni d'Italia, beni per 700 milioni di euro e arrestato 5 imprenditori della piana di Gioia Tauro (Rc). I reati contestati vanno dall'associazione per delinquere finalizzata alla truffa per il conseguimento indebito di ingenti contributi pubblici, al riciclaggio, alla frode fiscale.

Consistono nel patrimonio di 14 aziende del settore della trasformazione olivicola i beni, per il valore di 700 milioni di euro. Per sette delle aziende il sequestro del patrimonio è totale, mentre per le altre sette è parziale. Le aziende destinatarie del provvedimento hanno sede in Calabria e nelle Marche, mentre gli imprenditori arrestati sono tutti calabresi. L'inchiesta è stata condotta dalla procura della Repubblica di Palmi, che ha chiesto e ottenuto dal gip l'emissione delle ordinanze di custodia cautelare e il sequestro dei beni. Le persone indagate nell'inchiesta sono, complessivamente, venti

(05 agosto 2010)

 

 

 

FISCO

Evasione, recuperati 4,9 miliardi

Il 9% in più rispetto al 2009

Il direttore dell'Agenzia delle entrate ottimista sui dati dei primi sette mesi dell'anno: "Si sta diffondendo la convinzione che chi evade daneggia se stesso e la collettività"

Evasione, recuperati 4,9 miliardi Il 9% in più rispetto al 2009

ROMA - Un traguardo importante quello raggiunto, nei primi sette mesi del 2010, nella lotta all'evasione. Sono stati incassati 4,9 miliardi di euro, il 9% in più rispetto al corrispondente periodo del 2009. A fornire i dati è l'Agenzia delle entrate: "I risultati raggiunti in questi primi mesi del 2010 - ha detto il direttore del'Agenzia, Attilio Befera - rappresentano una nuova meta sulla via del recupero dell'evasione, intrapresa con vigore negli ultimi anni. Una strada che corre parallela al miglioramento del dialogo con il contribuente grazie alle nuove versioni delle comunicazioni di più larga diffusione, scritte con un linguaggio più chiaro e semplice".

Il risultato più importante, ha spiegato Befera, è che "l'azione di contrasto sta iniziando ad aggregare il consenso sociale sulla lotta all'evasione, nella convinzione che chi evade danneggia la collettività tutta e, quindi, anche se stesso oltre ogni considerazione di convenienza". I 4,9 miliardi riscossi nei primi mesi del 2010, come ha chiarito il direttore centrale Accertamento, Luigi Magistro, sono ancora più significativi se si guarda in particolare ai 2,2 miliardi (+10% rispetto allo stesso periodo del 2009) di versamenti effettuati direttamente dai contribuenti che hanno scelto di utilizzare gli istituti definitori, come l'adesione, l'acquiescenza e la conciliazione giudiziale.

I risultati quantitativi e qualitativi dell'azione complessiva di accertamento (151mila accertamenti con una maggiore imposta accertata pari a oltre 9,8 miliardi) sono in linea con quelli dello stesso periodo del 2009, mentre gli accertamenti sintetici hanno fatto registrare un forte incremento sia del numero sia della maggiore imposta accertata (+57%). Un forte balzo in avanti è stato, infine, conseguito dai controlli automatizzati delle dichiarazioni dei redditi e Iva che fanno incassare all'erario 900 milioni, pari a +28% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.

(05 agosto 2010)

 

 

 

 

LAVORO

Cig, nuovo balzo a luglio: +9,8%

I sindacati: "Il 2010 sarà un anno record"

Più 28,4% rispetto a un anno fa. L'Inps parla di "lieve" aumento, Cgil e Cisl invece considerano i dati "molto preoccupanti": "E' il boom della cig straordinaria che rischia di essere l'anticamera dell'uscita dal lavoro"

Cig, nuovo balzo a luglio: +9,8% I sindacati: "Il 2010 sarà un anno record" La protesta degli operai Eurallumina (450 in cassa integrazione) davanti alla Regione Sardegna

ROMA - A luglio torna a correre la cassa integrazione. Le richieste di cig sono aumentate del 9,8% rispetto a giugno, cancellando così i cali dei precedenti mesi. L'incremento rispetto a un anno fa è stato del 28,4% con una cifra assoluta di 113,7 milioni di ore di cassa autorizzate. Ai dati, come quasi sempre è avvenuto nell'ultimo anno, Inps e sindacati danno letture quasi opposte. Secondo l'istituto di previdenza si tratta di un rialzo "lieve", " del tutto attribuibile al boom della cassa integrazione straordinaria (+26,3%)" e in linea con la "dinamica stagionale". Per i rappresentanti dei lavoratori, invece, il 2010 finirà per essere un anno di cig record con scenari allarmanti per l'occupazione.

Passando al dettaglio, a luglio si sono registrate 27,7 milioni di ore di cig ordinaria (-48,6% su anno), 52,4 milioni per la straordinaria (+178,1%) e 33,6 milioni per quella in deroga (+113,8%). Rispetto a giugno, le domande di cig ordinaria sono cresciute di poco (+1,6%), mentre sono calate quelle per la cig in deroga (- 3,4%). In calo, infine, le domande di disoccupazione (-4,2% rispetto al luglio 2009) e quelle per mobilità (-9%).

Antonio Mastrapasqua, presidente dell'Inps, ritiene l'andamento della cig in linea con quanto accaduto l'anno scorso: "Anche per i dati tendenziali si confermano i trend ormai stabilizzati - dice - : progressiva contrazione delle richieste di cig ordinaria e aumento quasi speculare delle domande di cassa integrazione straordinaria; a conferma che l'elasticità del sistema sta garantendo una protezione efficace al mondo del lavoro".

Ben altra aria si respira nel fronte dei sindacati: "La Cig - dice Fulvio Fammoni, segretario confederale Cgil - cresce esponenzialmente, siamo oltre i 700 milioni di ore e il 2010 sarà, a tutti gli effetti, l'anno record per la cassa integrazione. Oltretutto, rispetto all'anno scorso c'è una caratteristica di fondo che aggrava la situazione: la Cig si sta in gran parte spostando sulla straordinaria, ovvero l'anticamera dell'uscita dal lavoro.

Questa è la realtà che non ha bisogno di falso ottimismo ma di politiche di sviluppo che evitino lo scivolare di questa enorme platea di lavoratori verso la disoccupazione. Politiche che mancano totalmente nella manovra e nelle politiche del governo".

I dati di luglio sono "molto preoccupanti" anche per Giorgio Santini della Cisl: "Anche se vanno evitate drammatizzazioni eccessive - dice il segretario confederale - è fonte di grande preoccupazione per il futuro dell'occupazione il livello molto alto dello stock di cig toccato a luglio, nonostante che l'attività produttiva abbia dato chiari segnali di ripresa. Sotto questo profilo è davvero preoccupante che siano proprio i settori produttivi, industria e artigianato, a segnare l'incremento di Cig più forte, oltre il 17%, rispetto a giugno".

(05 agosto 2010)

2010-08-04

FEDERALISMO FISCALE

Fiscalità comunale, via libera dal Cdm

Cedolare secca sugli affitti al 20%

Ok del governo al decreto attuativo dell'autonomia impositiva dei Comuni. Giallo sull'aliquota per le locazioni: Galan parla del 22% e La Russa del 20%. Calderoli chiarisce: "E' del 20% e partirà dal primo gennaio 2011"

Fiscalità comunale, via libera dal Cdm Cedolare secca sugli affitti al 20% Roberto Calderoli

ROMA - Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto attuativo del federalismo fiscale che disciplina l'autonomia impositiva dei Comuni. Il provvedimento ora passerà all'esame della Conferenza Stato-Regioni e del Parlamento per poi tornare al Consiglio dei ministri per l'ok definitivo. Il decreto attuativo prevede una cedolare secca sugli affitti e la tassa unica per i comuni. Nuova fumata nera, invece, per la nomina del nuovo presidente della Consob.

Al termine del Cdm, alcune dichiarazioni hanno creato incertezza sull'entità della cedolare secca. Si sa che il Consiglio ha abbassato l'aliquota, che nel testo arrivato a Palazzo Chigi era del 25% 1, ma non sono univoche le indicazioni dei ministri. Uscendo dal Consiglio, il titolare delle Politiche agricole Giancarlo Galan ha indicato il 22%, mentre il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha dichiarato: "Io mi ricordo il 20%, ma non vorrei sbagliare". Ha chiarito tutto Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione normativa: "La cedolare secca sugli affitti è al 20%, aliquota che riguarda gli affitti normali, non quelli agevolati. Partirà dal primo gennaio 2011".

La cedolare sugli affitti. L'abbassamento al 20% dell'aliquota sugli affitti, che nella prima bozza era attestata al 25%, è la vera novità di un decreto che mira a far decollare il federalismo municipale, grazie a una nuova fiscalità legata al patrimonio immobiliare. Dal 2011, dunque, le imposte sugli affitti si potranno pagare con una cedolare secca. Dal prossimo anno, secondo questa nuova opzione volontaria, ''il canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all'abitazione - come spiega il testo del provvedimento approvato oggi - può essere assoggettato, in base alla decisione del locatore, a un'imposta, operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché dell'imposta di registro e dell'imposta di bollo sul contratto di locazione. Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti la cedolare secca si applica in ragione di un'aliquota del 20 per cento''. Dure sanzioni per gli evasori e per chi dichiari importi inferiori.

L'imposta municipale "propria". Dal 2014 arriva poi la nuova imposta municipale "propria", che sarà pagata sul possesso degli immobili (escluse le prime case) e anche sulle compravendite. Lo stesso ministro Calderoli spiega che l'aliquota sulla compravendita degli immobili sarà dell'8% sulle seconde case e del 2-3% sulle prime case. L'imposta municipale propria, spiega il decreto, ''può essere istituita, a decorrere dall'anno 2014, con deliberazione del Consiglio comunale adottata entro il 30 novembre dell'anno precedente sul presupposto di consultazioni popolari svolte secondo lo statuto comunale e sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, l'imposta di registro, l'imposta ipotecaria, l'imposta catastale, l'imposta di bollo, l'imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipotecarie, i tributi speciali catastali e l'imposta comunale sugli immobili''.

L'imposta municipale "facoltativa". L'articolo 7 del decreto approvato prevede che l'imposta municipale secondaria facoltativa può essere introdotta, a decorrere dall'anno 2014, ''con esclusione degli immobili ad uso abitativo e sul presupposto di consultazioni popolari svolte secondolo statuto comunale e della conseguente deliberazione del Consiglio Comunale, per sostituire una o più delle seguenti forme di prelievo: la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari, l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza''.

(04 agosto 2010)

 

 

 

 

 

LA RIFORMA

Affitti, in arrivo la nuova tassa

cedolare secca al 25%

Passano ai Comuni tutti i tributi sulla casa, ma l'imposta unica slitta al 2014. Sarà del 20% per i canoni agevolati. Oggi il decretodi

di ROBERTO PETRINI

Affitti, in arrivo la nuova tassa cedolare secca al 25%

ROMA - Nuovo passo in avanti del federalismo fiscale. Oggi il Consiglio dei ministri varerà il decreto legislativo che istituisce l'Imu, l'imposta municipale unica (che partirà solo dal 2014, slittando di fatto alla prossima legislatura) e introduce la cedolare secca sugli affitti fin dal prossimo anno. Dal 2011 i canoni di locazione non saranno più sottoposti alla progressione dell'Irpef: ci sarà invece una aliquota fissa - con opzione volontaria - del 25%. La "cedolare" scenderà al 20% per i canoni agevolati nelle aree ad alta densità abitativa. Sanzioni raddoppiate per chi affitta in "nero". "Arriva una superpatrimoniale", ha commentato il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina.

L'Imu sarà divisa in due. La "prima" Imu sulla casa scatterà dal 2014 e varrà per tutti i Comuni: si dovrà pagare sul possesso degli immobili (escludendo le prime case) e sulle compravendite. Ci sarà poi una seconda Imu, destinata agli immobili commerciali, e "facoltativa" per i Comuni, che riunirà le attuali imposte sull'occupazione di suolo pubblico e sulle affissioni.

L'"imposta municipale propria", la "prima" Imu, arriverà nel 2014 e verrà pagata da tutti i possessori di immobili. Non peserà sulle prime case e, di fatto, sarà una tassa sulla seconda casa (inglobando probabilmente Irpef e Ici). Si verserà in quattro rate. Quale sarà l'aliquota della nuova imposta municipale? Per ora nessuna decisione, si dovrà attendere il varo del decreto del ministro dell'Economia. E' certo tuttavia che i Comuni potranno aumentare o diminuire il prelievo del 3 per mille.

Nota invece l'aliquota sui trasferimenti "tra vivi a titolo oneroso o gratuito, della proprietà di beni immobili": la tassa, che si aggiungerà all'Imu in caso di compravendita, sarà del 3% per le prime case e del 7% sulle altre (gli stessi livelli della imposta di registro che oggi si paga sulle compravendite e che sarà così sostituita). Queste ultime aliquote tuttavia potranno essere modificate dai Comuni a partire dal 2017.

C'è poi l'"imposta municipale secondaria facoltativa", la "seconda" Imu. Sarà decisa Comune per Comune, varata con una delibera del consiglio municipale e preceduta dal via libera di una consultazione popolare (anche on line). Sarà destinata agli esercizi commerciali e agli studi professionali e servirà a sostituire la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta sulla pubblicità e le pubbliche affissioni. Si pagherà in base ai metri quadrati occupati e alla durata dell'occupazione.

"Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata - è scritto nella bozza - la devoluzione ai Comuni del fisco sugli immobili è prevista la creazione di un fondo della durata di 5 anni". Il fondo "perequativo" sarà alimentato, attraverso meccanismi diversi, con lo spettro dei vari tributi sugli immobili. Infine i Comuni assumeranno un ruolo più forte nella lotta all'evasione: avranno il gettito incassato per l'iscrizione al catasto degli "immobili fantasma" mentre sale dal 33 al 50% la "compartecipazione" sugli incassi della lotta all'evasione.

(04 agosto 2010)

 

 

 

Canoni, sconti fiscali ai redditi alti

per quelli bassi dieci volte di meno

di ROSA SERRANO

Canoni, sconti fiscali ai redditi alti per quelli bassi dieci volte di meno

Su affitti da mille euro, un benestante risparmia 1.800 euro. Solo 200 per chi guadagna poco

Cedolare secca sugli affitti a due velocità. Con l'aliquota unica al 25 per cento sconti fiscali super per i proprietari di case con redditi medio-alti e mini-risparmi per quelli con una situazione reddituale più contenuta. Su canoni da mille euro mensili, i primi potranno risparmiare quasi 2 mila euro annui; i secondi dieci volte di meno. Questi, in estrema sintesi, gli effetti del decreto sul federalismo fiscale che verrà presentato oggi al Consiglio dei ministri, e che disciplina l'autonomia fiscale dei Comuni. L'ipotesi iniziale di una aliquota unica al 20% è rimasta solo per i canoni agevolati nei Comuni ad alta intensità abitativa, che tuttavia sono una minoranza rispetto al numero di affitti liberi.

I risparmi maggiori, come si diceva, riguardano i proprietari che oggi pagano un'aliquota Irpef tra il 38 e il 43 per cento. Ad esempio, un contribuente con un reddito di 60 mila euro che ha dato in affitto un appartamento con contratto libero a 1.000 euro mensili, oggi subisce su questo affitto una sforbiciata di 4.182 euro annui. Con l'introduzione della cedolare secca del 25 per cento, la tassazione si abbasserebbe a 2.550 euro, con uno sconto di 1.632 euro annui, 510 euro in meno di quella ipotizzabile con l'aliquota unica al 20%. Il risparmio supera i 1.800 euro annui per chi ha un reddito di 100 mila euro.

Ben diversa la situazione di un proprietario con un reddito annuo di 16 mila euro. Sempre con un affitto mensile libero di 1.000 euro, mentre con l'aliquota unica al 20 per cento avrebbe risparmiato 714 euro, con l'introduzione della cedolare secca al 25% il guadagno si ridurrà ad appena 204 euro mensili.

Vediamo invece cosa succede in caso di canone agevolato, concordato in sede locale fra organizzazioni della proprietà e degli inquilini, e con durata inferiore (tre anni più due rispetto ai quattro più quattro dei contratti liberi). Ipotizzando un affitto mensile di 750 euro, il proprietario con reddito annuo di 100 mila euro risparmierà con l'aliquota al 20% 1.231 euro mentre quello con un reddito annuo di 16 mila euro otterrà uno sconto di 375 euro.

Insomma, mentre con l'aliquota unica al 25 per cento sugli affitti liberi, si possono ipotizzare risparmi medi di imposta fra 200 e 1.800 euro annui, per i canoni agevolati (con aliquota al 20%) gli sconti vanno da 400 a 1.200. Ma siccome il grosso degli affitti è a canone libero, i redditi bassi finiranno per essere fortemente svantaggiati rispetto a quelli più elevati. Anzi, per alcuni di essi invece di un risparmio ci potrebbe essere un aggravio. Infatti, l'aliquota unica al 25% introdurrebbe solo un costo aggiuntivo per chi ha un reddito annuo (compreso quello di affitto) fino a 15 mila euro, con aliquota Irpef al 23 per cento. Si può ritenere che proprio per questa ragione, il decreto dà la possibilità al contribuente di scegliere tra il mantenimento del vecchio regime Irpef e la nuova aliquota. Quest'ultima, che entrerà in vigore a decorrere dal 2011, sostituirà oltre all'Irpef con le relative addizionali anche l'imposta di registro e di bollo sui contratti di affitto.

(04 agosto 2010)

 

 

 

CRISI

Gli italiani risparmiano sull'auto

Nel 2009 spesa in calo del 2,3%

I dati dell'Aci registrano, per quella che è la terza voce di spesa per le famiglie, la prima diminuzione dal 1990. In calo anche il prelievo fiscale sui veicoli. Crescono con gli incentivi le vetture in circolazione, ma si taglia su assicurazioni e carburante

Gli italiani risparmiano sull'auto Nel 2009 spesa in calo del 2,3%

ROMA - Gli italiani spendono meno per la loro auto. Nel 2009, per la prima volta dal 1990, la spesa per l'acquisto e l'utilizzo dell'automobile è di circa 165 miliardi di euro, -2,3% rispetto al 2008. Lo evidenzia l'Aci nel suo annuario statistico 2010, nel quale sottolinea il contemporaneo aumento delle auto in circolazione che raggiungono quota 36.371.790 unità (+265mila unità rispetto al 2008). Si è anche ridotto - rileva l'Aci - il prelievo fiscale per tutti i veicoli: nel 2009 sono stati versati nelle casse del fisco 57,5 miliardi, -5,6% sul 2008.

Terza voce di spesa dopo casa e alimenti. Come fa notare l'Aci, quella per l'automobile è la terza voce di spesa per le famiglie italiane, dopo la casa e l'alimentazione. Il prelievo fiscale incide per circa un terzo. Per quanto riguarda le voci più consistenti della spesa, al primo posto c'è l'acquisto: 58 miliardi di euro (+0,4%). In calo la spesa per la RC auto, che è stata di circa 15,7 miliardi di euro (-3,4% rispetto al 2008) e soprattutto quella relativa ai carburanti: 40 miliardi di euro (-10%), su cui ha inciso un prelievo fiscale del 59%.

In merito a quest'ultima voce, rileva l'Aci, si sceglie sempre di più il 'fai da te', mentre si sfrutta al meglio la concorrenza nella RC auto cambiando compagnia anche a ogni rinnovo. "Ulteriori risparmi - sottolinea il presidente dell'Aci, Enrico Gelpi - potrebbero venire da una tassazione più equa. Il bollo deve tornare ad essere bollo di circolazione, pagato in proporzione ai chilometri percorsi e in base alle emissioni di CO2".

Se diminuisce la spesa per Rc Auto e carburanti, aumenta invece quella per l'acquisto, svettata a 58,2 miliardi di euro (+0,4%). Aumenta anche l'esborso per la manutenzione, a 25,4 miliardi (+2%), per i pneumatici (7,3 miliardi,+0,2%), per i parcheggi (8,1 miliardi,+1%) e per la tassa automobilistica (5,5 miliardi,+0,5%). L'ultimo posto della classifica per voce di spesa sostenuta è occupato dai pedaggi autostradali con 4,1 miliardi (+0,8%).

Più auto in circolazione. Cala la spesa complessiva, aumentano però le auto in circolazione: nel 2009 raggiungono quota 36.371.790 unità. Nelle città si nota, tuttavia, una diminuzione del parco veicoli. Se nel 1985, infatti, il numero delle auto circolanti negli otto comuni più grandi rappresentava il 18% del totale, nel 2009 si scende al 13,5%. Solo a Firenze e Napoli risulta una leggera crescita.

La spinta degli ecoincentivi. Gli ecoincentivi - sottolinea l'Aci - hanno funzionato, facilitando lo svecchiamento del parco auto e andrebbero riproposti per evitare la crisi del settore. Nel 2009 su circa 1,9 milioni di autovetture "radiate", poco più di un milione (il 52%) erano "Euro 0" ed "Euro 1". Ciononostante, in Italia circolano ancora 7,3 milioni di auto (il 20% del totale) "euro 0" o "euro 1". L'età media delle auto è di circa 7 anni e 11 mesi. Il 37% delle auto in circolazione ha più di 10 anni di vita, con una quota di non catalizzate (le "euro 0") pari al 13% del totale.

(04 agosto 2010)

 

2010-08-02

AUTOSTRADE

Stop agli aumenti dei pedaggi

Respinto il ricorso del governo

Il Consiglio di Stato ha rigettato la richiesta di sospensiva che Anas e presidenza del consiglio avevano presentato contro la decisione del Tar. Secondo i giudici, "non ricorrono gli estremi per una misura cautelare di estrema urgenza". Il verdetto di merito il 31 agosto

Stop agli aumenti dei pedaggi Respinto il ricorso del governo

ROMA - Resta valido lo stop all'aumento dei pedaggi autostradali (e all'istituzione di nuove "stazioni di esazione") stabilito dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Il Consiglio di Stato ha infatti respinto il ricorso d'urgenza presentato dal governo e dall'Anas contro la decisione del Tar che aveva "bocciato" previsioni e aumenti contenuti nella Manovra economica.

L'organo supremo della giustizia amministrativa ha rigettato l'istanza del consiglio dei ministri e dell'Anas, rinviando la decisione di merito sulla questione all'udienza già fissata per il 31 agosto. Secondo il Consiglio di Stato, come si legge nell'ordinanza, "la situazione controversa va conservata immutata in tutti i suoi aspetti, sino alla decisione cautelare da parte del collegio" e allo stato delle cose "non ricorrono gli estremi per una misura cautelare connotata dalla estrema urgenza", quale invece era stata sollecitata dal governo.

I giudici di Palazzo Spada hanno così respinto "l'istanza di misure cautelari provvisorie" e stabilito che l'appello del governo contro l'ordinanza del Tar "potrà essere esaminato nel rispetto del contraddittorio tra le parti nella camera di consiglio fissata per il 31 agosto". Il Tar Lazio aveva bocciato gli aumenti e i nuovi "ingressi a pagamento" istituiti nella Manovra, accogliendo i ricorsi delle Province 1 di Roma, Rieti e Pescara e di decine di Comuni sull'asse Lazio-Abruzzo, i cui pendolari per lavoro verso le aree metropolitane potrebbero pagare cara l'introduzione di nuovi pedaggi. Il Tar aveva accolto il ricorso ritenendo che il pedaggio non possa essere una tassa, ma dovrebbe essere una contropartita per la fornitura di un servizio.

(03 agosto 2010)

 

 

 

Si va più tardi in pensione

online il nuovo calcolatore

Con l'approvazione della manovra economica ultimata l'entrata in vigore di una serie di novità previdenziali. Dall'elevazione dell'età per le donne della pubblica amministrazione al prolungamento del tempo di attesa tra la maturazione dei requisiti e l'effettivo pagamento della prima mensilità. E da gennaio 2015 l'età minima agganciata alla speranza di vita. INTERATTIVO: CALCOLA

 

 

Per andare in pensione bisognerà aspettare sempre di più. Mentre molto poco si fa per favorire le condizioni e la permanenza degli over 45 nei posti di lavoro, aumenta l'età per le donne nella pubblica amministrazione, viene allungata l'attesa che intercorre tra il momento in cui si maturano i requisiti e quando si riceve effettivamente la prima mensilità, e da gennaio 2015 l'età minima verrà legata all'incremento della speranza di vita. Con l'approvazione alla Camera, avvenuta giovedì 27 luglio con 321 voti favorevoli, viene ultimata l'entrata in vigore di una serie di novità che incidono significativamente sul sistema previdenziale.

Da oggi le principali novità sono state inserite nel calcolatore presente nel nostro network, grazie alla collaborazione con Mefop e Epheso, che permette di conoscere - sulla base della legislazione vigente - la data di pensionamento e l’importo della pensione netta annua. Il calcolatore, inoltre, offre la possibilità anche di fare una stima dell’ultimo reddito netto annuo da lavoro e di scoprire il tasso di sostituzione netto della pensione: ovvero quanto vale la pensione netta in termini percentuali rispetto all’ultimo stipendio netto.

La variazione introdotte. I primi effetti si sentiranno già tra pochi mesi. Da gennaio 2011 verranno ridotte da quattro a una soltanto le finestre per "uscire" dal mercato del lavoro. E così i lavoratori che avranno maturato i requisiti dopo l'ultimo giorno di dicembre del 2010, sia per le pensioni di anzianità, sia per le pensioni di vecchiaia, dovranno aspettare più tempo di quanto succedeva prima. Di fatto, il giorno dopo che si sono maturati i requisiti, i dipendenti dovranno aspettare dodici mesi. Prima poteva capitare un'attesa di qualche mese. Ora sarà sempre di un anno.

Gli autonomi dovranno aspettare ancora di più. Diciotto mesi. Lo stesso tempo che dovranno aspettare anche quei dipendenti che si ritrovano ad avere versato i contributi, anche se da dipendenti, in diversi enti previdenziali. Loro, che fino ad oggi, potevano andare in pensione come dipendenti ora vengono di fatto omologati allo status di "autonomi".

Donne e pubblica amministrazione. C'è poi la norma relativa all'età delle donne impiegate nel pubblico. Dal primo gennaio del 2012, le donne che lavorano nel pubblico matureranno i requisiti all'età di 65 anni e non più a 61 anni. Il passaggio avverrà senza alcuna gradualità. Così, ad esempio, le nate nel 1950 potranno andare in pensione nel 2011, mentre coloro che sono nate nel 1951 dovranno aspettare fino al 2016.

Tra cinque anni. Con la legge 102/2009, a partire dal 2015, l’età pensionabile sarà adeguata all’incremento della speranza di vita. I regolamenti attuativi dovranno essere emanati entro il 2014. Da allora per tutti i lavoratori i requisiti di pensionamento verranno adeguati alla speranza di vita che verrà definita dai parametri Istat. I coefficienti verranno adeguati ogni tre anni. Solo la prima volta l'adeguamento verrà effettuato dopo quattro anni e non potrà superare i tre mesi.

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2010-08-02

Si va più tardi in pensione

online il nuovo calcolatore

Con l'approvazione della manovra economica ultimata l'entrata in vigore di una serie di novità previdenziali. Dall'elevazione dell'età per le donne della pubblica amministrazione al prolungamento del tempo di attesa tra la maturazione dei requisiti e l'effettivo pagamento della prima mensilità. E da gennaio 2015 l'età minima agganciata alla speranza di vita. INTERATTIVO: CALCOLA

 

 

Per andare in pensione bisognerà aspettare sempre di più. Mentre molto poco si fa per favorire le condizioni e la permanenza degli over 45 nei posti di lavoro, aumenta l'età per le donne nella pubblica amministrazione, viene allungata l'attesa che intercorre tra il momento in cui si maturano i requisiti e quando si riceve effettivamente la prima mensilità, e da gennaio 2015 l'età minima verrà legata all'incremento della speranza di vita. Con l'approvazione alla Camera, avvenuta giovedì 27 luglio con 321 voti favorevoli, viene ultimata l'entrata in vigore di una serie di novità che incidono significativamente sul sistema previdenziale.

Da oggi le principali novità sono state inserite nel calcolatore presente nel nostro network, grazie alla collaborazione con Mefop e Epheso, che permette di conoscere - sulla base della legislazione vigente - la data di pensionamento e l’importo della pensione netta annua. Il calcolatore, inoltre, offre la possibilità anche di fare una stima dell’ultimo reddito netto annuo da lavoro e di scoprire il tasso di sostituzione netto della pensione: ovvero quanto vale la pensione netta in termini percentuali rispetto all’ultimo stipendio netto.

La variazione introdotte. I primi effetti si sentiranno già tra pochi mesi. Da gennaio 2011 verranno ridotte da quattro a una soltanto le finestre per "uscire" dal mercato del lavoro. E così i lavoratori che avranno maturato i requisiti dopo l'ultimo giorno di dicembre del 2010, sia per le pensioni di anzianità, sia per le pensioni di vecchiaia, dovranno aspettare più tempo di quanto succedeva prima. Di fatto, il giorno dopo che si sono maturati i requisiti, i dipendenti dovranno aspettare dodici mesi. Prima poteva capitare un'attesa di qualche mese. Ora sarà sempre di un anno.

Gli autonomi dovranno aspettare ancora di più. Diciotto mesi. Lo stesso tempo che dovranno aspettare anche quei dipendenti che si ritrovano ad avere versato i contributi, anche se da dipendenti, in diversi enti previdenziali. Loro, che fino ad oggi, potevano andare in pensione come dipendenti ora vengono di fatto omologati allo status di "autonomi".

Donne e pubblica amministrazione. C'è poi la norma relativa all'età delle donne impiegate nel pubblico. Dal primo gennaio del 2012, le donne che lavorano nel pubblico matureranno i requisiti all'età di 65 anni e non più a 61 anni. Il passaggio avverrà senza alcuna gradualità. Così, ad esempio, le nate nel 1950 potranno andare in pensione nel 2011, mentre coloro che sono nate nel 1951 dovranno aspettare fino al 2016.

Tra cinque anni. Con la legge 102/2009, a partire dal 2015, l’età pensionabile sarà adeguata all’incremento della speranza di vita. I regolamenti attuativi dovranno essere emanati entro il 2014. Da allora per tutti i lavoratori i requisiti di pensionamento verranno adeguati alla speranza di vita che verrà definita dai parametri Istat. I coefficienti verranno adeguati ogni tre anni. Solo la prima volta l'adeguamento verrà effettuato dopo quattro anni e non potrà superare i tre mesi.

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2010-07-29

MANOVRA

Via libera definitivo alla Camera

321 sì, 270 no e 4 astenuti

Per il voto finale in aula anche Berlusconi. Il Pd: "Tra due mesi ne servirà un'altra". L'Idv: "E' iniqua e illiberale". Bruxelles "delusa" dalla proroga per le multe sulle quote latte, valuta un'eventuale procedura di infrazione

Via libera definitivo alla Camera 321 sì, 270 no e 4 astenuti Tremonti alla Camera

ROMA - La Camera ha approvato in via definitiva alla manovra economica. Il provvedimento, su cui ieri è stata votata la fiducia 1, è passato con 321 voti favorevoli, 270 contrari e quattro astenuti. Per il voto finale si è visto a Montecitorio anche il premier Silvio Berlusconi, che ha avuto un colloquio con il ministro dell'Economia Giulio tremonti.

Tra le principali novità del testo, identico a quello approvato dal Senato (dove pure aveva incassato la fiducia), il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, la riforma delle pensioni e i tagli per Regioni, Province e Comuni. Arriva inoltre la riduzione delle retribuzioni dei manager, la stretta sull'evasione fiscale e le assicurazioni, i tagli ai ministeri e ai costi della politica. Entrano anche le norme per la libertà d'impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per oltre due milioni di 'case-fantasma'. Nel complesso la manovra vale circa 25 miliardi di euro.

Le opposizioni. Se per la maggioranza il provvedimento era necessario per evitare al Paese il rischio di crisi modello Grecia ed è equo, le opposizioni e gli Enti locali la pensano in modo completamente diverso. Nelle dichiarazioni di voto finali, il Pd ha confermato il suo giudizio negativo e ha messo in guardia dal rischio che presto arrivi una nuova correzione: "Il nostro è un parere negativo - ha affermato il capogruppo del Pd in commissione bilancio, Pier Paolo Baretta - temiamo che non risolverà i problemi e ce ne aspettiamo un'altra, non è equa e non aiuta la crescita. Tra due mesi avremo un'altra manovra, fra due mesi arriverà la finanziaria vera e allora dovremo vedere la capacità del governo di saper imprimere una svolta alla politica economica governo".

"Quella che la maggioranza si appresta a votare è una manovra iniqua ed illegale, il secondo atto di viltà politica dopo quello di aver nascosto ai cittadini la crisi. E' un provvedimento che non serve ai cittadini né tanto meno al nostro paese. Non rimette i conti dello stato in ordine, taglia risorse essenziali, aumenta le tasse, farà crescere il debito pubblico e non sostiene in alcun modo lo sviluppo - ha detto Renato Cambursano, capogruppo Idv in commissione - Questo governo e questa maggioranza hanno fallito su tutta la linea e a pagare come sempre saranno i cittadini onesti che, a causa dei tagli agli enti locali, si ritroveranno a dover pagare più tasse per i servizi essenziali".

Le questioni irrisolte. Il voto finale e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non chiudono lo strascico delle questioni irrisolte sulle quali già diversi ministri hanno assunto impegni formali da adottare molto probabilmente in autunno con la nuova legge di stabilità, la ex finanziaria. Questi i nodi che andranno sciolti nei prossimi mesi:

Diplomatici - Potrebbero arrivare modifiche al taglio lineare del 10% alla Farnesina e il blocco degli stipendi, misure contro cui hanno scioperato i diplomatici. Berlusconi ha assicurato che il governo andrà incontro alle loro richieste.

Quote latte - Sulla proroga del pagamento delle multe per le quote latte pende il verdetto di Bruxelles che ha avvertito sul rischio dell'apertura di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia. Anche oggi, dopo il voto finale, il commissario europeo all'Agricoltura Dacian Ciolos ha fatto sapere che "la Commissione Europea è delusa nell'apprendere che l'Italia ha votato una misura che sembra essere contraria alle regole dell'Ue sul rimborso delle multe per il superamento delle quote latte. Ora esaminerà sotto il profilo giuridico il testo votato e non esiterà a intraprendere l'azione necessaria contro l'Italia se la misura non è conforme alle regole Ue".

Tagli alle Regioni - E' ancora aperta la partita fra governo e Regioni sui tagli contenuti nella manovra. Il governo intende risolvere la questione con il federalismo fiscale, ma al momento non c'è nessun accordo con i governatori.

Parchi - Anche il taglio del 50% agli enti vigilati potrebbe essere rivisto con la legge di stabilità in autunno. Oltre alla ricerca c'è anche il nodo parchi su cui il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha assicurato che saranno ripristinati i fondi. La Camera, inoltre, ha approvato un ordine del giorno che impegna il governo a ricostituire un flusso di finanziamenti adeguato agli enti parco nazionali.

Sicurezza - Il governo dovrebbe dare seguito all'ordine del giorno che esclude dal congelamento degli stipendi alcune indennità delle forze armate.

Cultura - Nel mirino il taglio del 50% delle risorse destinate agli istituti culturali e le riduzioni ai trasferimenti a Regioni ed Enti locali che si ripercuoteranno sul settore. Il ministro per i Beni Culturali, Sandro Bondi, ha assunto impegni sul ripristino delle risorse per i musei.

Università - C'è l'impegno del governo a recuperare una parte del taglio di 1,3 miliardi per l'università. In particolare, ha assicurato il ministro maria stella gelmini, ci saranno 40 milioni di euro per ripristinare gli scatti di stipendio ai ricercatori.

(29 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Pedaggi, lo stop del Tar del Lazio

No aumenti per autostrade e Gra

Pedaggi, lo stop del Tar del Lazio No aumenti per autostrade e Gra

ROMA - Il Tar del Lazio ha sospeso il decreto che ha disposto l'aumento dei pedaggi autostradali. I giudici hanno accolto le richieste della provincia di Roma, del Comune di Fiano Romano e della Provincia di Pescara. Nell'ordinanza del Tar è spiegato che al pagamento deve corrispondere un servizio, e dunque l'utilizzo di un'infrastruttura, e non può trattarsi di una mera tassa.

"Il provvedimento impugnato", si legge nelle ordinanze, "per essere coerente con la finalità enunciata deve assumere il carattere di corrispettivo per l'utilizzo di una infrastruttura; al contrario, tale carattere non appare sussistente in alcune delle ipotesi evidenziate, vale a dire in tutte quelle che prevedono il pagamento del pedaggio in relazione ad uno svincolo stradale non necessario e non interessato dalla fruizione dell'infrastruttura".

(29 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-28

MANOVRA

Bersani: "Governo a colonne d'Ercole

la maggioranza ora sia responsabile"

Il segretario del Pd alla camera per la dichiarazione di voto sulla manovra chiede un passo indietro a Berlusconi e sprona l'opposizione: "Bisogna parlare di lavoro, di diritti civili, di quei cinquantamila bambini figli di immigrati che non sono nè immigrati nè italiani. Vogliamo dirgli chi sono?"

Bersani: "Governo a colonne d'Ercole la maggioranza ora sia responsabile" Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani

ROMA - Il berlusconismo ha le ore contate e l'Italia, dal punto di vista politico, naviga "in acque sconosciute": secondo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani tutto è possibile ora, e l'apposizione deve prepararsi ad affrontare al meglio questo "cruciale momento politico".

Pronunciando alla camera la dichiarazione di voto sulla manovra, il segretario ha detto che "qualcosa sta succedendo sul piano politico, qualcosa che richiede una risposta. "E' necessario che il Parlamento discuta sulla seguente domanda: a che punto siamo? Secondo me siamo arrivati alle "colonne d'Ercole" della vicenda berlusconiana...".

"Chi vince le elezioni non ha in mano il destino divino, ma una responsabilità maggiore. Mi auguro - ha aggiunto - che voi mettiate in campo una maggiore responsabilità". Sempre rivolgendosi alla maggioranza, Bersani ha chiesto di fare "un passo verso una diversa prospettiva. Noi siamo pronti a una fase di transizione che consenta una corretta democrazia". A partire dalla riforma delle legge elettorale. La fase di trasizione, secondo il segretario, deve infatti portare alla creazione "in primo luogo, di una corretta democrazia parlamentare, a partire dalla riforma elettorale". "L'Italia - ha spiegato - ha problemi stringenti, vuole riforme e vede che passiamo mesi sul tema intercettazioni, che si sarebbe risolto in 15 minuti se ci fossero state buone intenzioni. Senza contare che non si parla mai di lavoro".

Le ultime parole sono state per il centrosinistra: "Abbiamo il compito, noi opposizioni, di predisporre un progetto per questo Paese e di lanciare un messaggio diverso. Possiamo uscirne con uno sforzo comune, rimboccandoci le mani. Chi ha di più dà di più. E poi bisogna parlare di lavoro, di diritti civili, di quei cinquantamila bambini figli di immigrati che non sono nè immigrati nè italiani. Vogliamo dirgli chi sono?".

(28 luglio 2010)

 

 

 

2010-07-27

MANOVRA

Camera, il governo pone la fiducia

Per i deputati tagli di 1000 euro al mese

Il voto finale previsto per giovedì. Lungo colloquio Berlusconi-Tremonti. Di Pietro: "Si vergognino". Napolitano: "L'obiettivo della riduzione del debito pubblico richiede un impegno di ben lunga lena"

Camera, il governo pone la fiducia Per i deputati tagli di 1000 euro al mese L'Aula della Camera

ROMA - Dopo aver interrotto la discussione generale sulla manovra, il governo ha posto la fiducia sul decreto. Lo ha annunciato, nell'Aula di Montecitorio, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito. La fiducia, la numero 36 dall'inizio della legislatura, è stata posta sul testo della commissione, identico a quello approvato dal Senato. Sarà votata domani alle 17. Il voto finale del provvedimento è fissato per giovedì.

Incontro Berlusconi-Tremonti. L'obiettivo della maggioranza era quello di interrompere la maratona oratoria delle opposizioni che si erano iscritte in massa a parlare (oltre 240 deputati). In precedenza erano state respinte le pregiudiziali di costituzionalità presentate dall'opposizione. Alla Camera è arrivato anche Silvio Berlusconi, che, prima di lasciare l'Aula, ha avuto un lungo colloquio con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti.

Tagli agli stipendi dei parlamentari. Intanto l'ufficio di presidenza di Montecitorio, sulla base delle indicazioni della manovra, ha deciso che sarà di mille euro netti al mese il taglio sulla retribuzione dei deputati. Inciderà per 500 euro sulla diaria di soggiorno (oggi pari a 4.003,11 euro) e per i restanti 500 sulla somma destinata al "rapporto eletto-elettore", quei 4.190 euro destinati anche ai "portaborse". Tagli in vista per gli stipendi più alti dei dipendenti della Camera: si è decisa una riduzione del 5% delle retribuzioni tra i 90mila e i 150mila euro, e del 10% per quelle sopra i 150mila euro per il triennio 2011-2013. Prevista anche la sospensione, nel triennio, dei meccanismi di adeguamento automatico delle retribuzione.

Napolitano: "Ridurre debito pubblico". Il rigore necessario per abbattere il debito pubblico, ''imperativo di interesse nazionale'', comporterà "inevitabili sacrifici diffusi", ma "non può vedere penalizzati in modo indifferenziato tutti i comparti, tutte le voci di spesa dello Stato". Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, interviene così alla settima Conferenza degli ambasciatori d'Italia, in corso alla Farnesina. Un appuntamento che arriva nel pieno della protesta dei diplomatici per i tagli legati alla manovra 1. Per il capo dello Stato esiste "un equivoco da scongiurare: quello che l'assetto istituzionale di qualsiasi stato possa privarsi di funzioni e strutture necesariamente unitare a livello nazionale". Cita il federalismo, Napolitano, ricordando come "funzioni come quella della politica estera non sono giudicate trasferibili dal centro alle istituzioni regionali e locali, perchè non frammentabili". Poi dice chiaramente che "l'obiettivo della riduzione del debito pubblico non si esaurisce in una manovra pur pesante come quella attuale, ma richiederà un impegno di ben più lunga lena, uno sforzo costante e coerente di revisione sia di indirizzi di governo sia di comportamenti collettivo".

Sui tagli interviene anche il ministro degli Esteri Franco Frattini, chiedendo che "la Farnesina non sia privata di risorse indispensabili a consolidare l'Italia nel mondo".

(27 luglio 2010)

 

 

 

IL CASO

Quote latte, nuovo avvertimento di Bruxelles

"Ogni modifica potrebbe violare le norme Ue"

Alla vigilia del voto di fiducia sulla manovra, la Commissione europea invia una lettera all'Italia. Al Consiglio regionale della Lombardia passa l'odg che chiede la cancellazione della proroga per le multe

Quote latte, nuovo avvertimento di Bruxelles "Ogni modifica potrebbe violare le norme Ue"

BRUXELLES - Ogni modifica alle regole fissate nel 2003 sulla rateizzazione del pagamento delle multe per le quote latte potrebbe violare le norme Ue sugli aiuti di Stato. Questo il nuovo avvertimento lanciato dalla Commissione europea, con una lettera indirizzata all'Italia, alla vigilia del voto di fiducia sulla manovra 1 che prevede anche la proroga del pagamento delle multe per le quote latte.

Consiglio regionale della Lombardia chiede cancellazione proroga. Intanto, con 39 voti a favore e 25 contrari, al Consiglio regionale della Lombardia passa l'ordine del giorno del Pd, che chiede di cancellare dal maxiemendamento del governo la proroga per il pagamento delle multe. La mossa che ha permesso di avere una approvazione a maggioranza nella seduta odierna è stata quella di chiedere il voto segreto. "Quello che è accaduto oggi ci dice due cose - sottolinea Fabrizio Santantonio, consigliere regionale del Pd e primo firmatario dell'odg - da un lato il voto espresso in aula dà rappresentazione ad un disagio, presente anche a livello nazionale, che verte sull'insostenibilità della posizione volta a preservare un piccolo gruppo di allevatori al di fuori delle regole. Ma è anche un voto che ridà fiducia e credibilità alle istituzioni, perché dimostra che si crede nella legalità".

Zaia: "Delle quote latte si occupa il ministro". "Non so nulla di quanto ha dichiarato il segretario Bossi. È il ministro dell'Agricoltura che si sta occupando di quote latte". Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ex titolare del dicastero ora diretto da Giancarlo Galan, così ha risposto a chi gli chiedeva di commentare quanto ha detto il leader della Lega Nord e cioè che "dovrebbe essere proprio lui, Zaia, ad occuparsi di questo problema".

Cia: "La manovra mortifica l'agricoltura". Della manovra e delle quote latte ha parlato il presidente della Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi, che ha definito la manovra economica 'mortificante per l'agricoltura': "In essa - dice Politi - non c'è una sola parola per l'agricoltura che sta attraversando una delle crisi più difficili degli ultimi trent'anni. Vengono premiati unicamente i furbetti delle quote latte. Quindi, niente proroga (in scadenza il prossimo 31 luglio) della fiscalizzazione degli oneri sociali per le aziende che danno manodopera nelle zone svantaggiate e di montagna e niente reintroduzione del 'bonus gasolio' per le serre".

(27 luglio 2010)

 

 

2010-07-26

FISCO

"Con il federalismo Irpef e Iva ai Comuni"

Giallo sulle parole di Bossi. Calderoli smentisce

Un quotidiano locale prima e le agenzie poi attribuiscono la proposta al leader leghista. Il ministro della Semplificazione legislativa: "Abbiamo riso insieme di questa sciocchezza". Ma le immagini lasciano parecchi dubbi

"Con il federalismo Irpef e Iva ai Comuni" Giallo sulle parole di Bossi. Calderoli smentisce

CREMONA - Iva e Irpef ai Comuni: la Lega, nella persona del suo leader Umberto Bossi, convicerà il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Un'idea che lo stesso Bossi avrebbe avanzato ieri sera durante la festa del Carroccio a Soncino, in provincia di Cremona. Ma il titolare della Semplificazione legislativa e coordinatore delle Segreterie nazionali della Lega Nord Roberto Calderoli smentisce quanto riportato da vari mezzi di informazione: "La solita tempesta in un bicchiere d'acqua. Poco fa, chiacchierando con Umberto Bossi, abbiamo riso insieme della sciocchezza sul federalismo fiscale riportata oggi da un quotidiano locale (La Provincia di Cremona, ndr), e ripresa poi dalle agenzie di stampa, secondo cui, l'Irpef e l'Iva sarebbero state destinate ai comuni, quando invece, nel nostro progetto, questi tributi saranno parzialmente ad appannaggio delle regioni". "I tributi destinati ai Comuni - aggiunge Calderoli- saranno quelli relativi agli immobili, con l'esclusione della prima casa, come già anticipato dal ministro Tremonti nella sua relazione al Parlamento".

Più tardi sul sito di Telepadania, sotto il titolo "Strumentalizzate le dichiarazioni di Bossi, Irpef e Iva alle regioni!", viene linkato un video di 20 secondi in cui Bossi afferma: "Le tasse dello Stato che devono andare alle regioni sono, io penso, l'Irpef e l'Iva o una miscela tra Irpef e Iva, niente di più flessibile. La regione può usarla o cambiare". Un riferimento alle Regioni e non ai Comuni "differentemente da quanto sostenuto dai principali quotidiani nazionali", è la chiosa al file che dovrebbe essere ripreso dal comizio di ieri sera.

La Provincia di Cremona conferma che il leader della Lega ha fatto riferimento proprio ai Comuni e per avvalorare la loro tesi mostrano le foto scattate dallo Studio Fotografico Marinoni durante il comizio di Soncino: nelle immagini sia l'abbigliamento di Bossi sia lo sfondo appaiono diversi da quelli del video di Telepadania. Il filmato sembrebbe girato un giorno prima, sabato, durante la festa a Lezzeno, sul lago di Como, almeno a confrontarlo con le foto Ansa di quella sera.

Le foto del comizio a Soncino 1 - Il video 2

Le parole attribuite a Bossi. "La Lega ha già portato a casa 15 miliardi per i Comuni, ma bisogna trovare l'accordo con Tremonti e vedrete che ce la farò. Potrebbero girare nelle casse dei nostri Comuni l'Irpef e anche l'Iva, anche se in questo caso la situazione è più difficile". "Questo - avrebbe aggiunto il leader del Carroccio secondo quanto riportato - è l'obiettivo di questa estate: il federalismo fiscale, non vado nemmeno in ferie se non chiudo la partita e sapete che io sono un uomo di parola: piano piano porteremo a casa quello che si può. Tranquilli fratelli padani: il federalismo è alle porte".

Durnate la festa a Soncino il Senatur si è anche speso in difesa delle rivendicazioni dei Cobas latte, sulle quali nei giorni scorsi si sono registrate diverse fibrillazioni nella maggioranza: "Sto dalla vostra parte, e detto a Berlusconi che non può far chiudere le fattorie del Nord, la gente non capirebbe. Galan io non posso cacciarlo, ma chiederò a Zaia di scendere in campo: sta facendo bene in Veneto, ma lui ha a cuore come me la vostra situazione. E' uno che fa, non come Galan che parla e basta".

I commenti alle parole attribuite a Bossi. "Delle due, l'una: o Bossi spera di prendere in giro qualcuno oppure è in buona fede ed è lui ad essere stato preso in giro da Tremonti...", dice, prima della smentita di Calderoli, Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni economiche del gruppo Pd. "L'Iva è l'imposta che finanzierà il federalismo ed è una battaglia del Pd e vinta dal Pd - spiega Boccia - Quanto all'Irpef, come è chiaramente scolpito nella legge-delega, non si tocca. L'Irpef che è l'imposta redistributiva per eccellenza, resta alla Stato. Se Tremonti e Calderoli non lo hanno spiegato a Bossi, è grave...".

Di un'affermazione priva di logica parla il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro: "Una volta che Irpef e Iva vengono incassate dai Comuni, quali soldi vanno allo Stato? È un'affermazione senza senso e senza logica", dice l'ex pm, che sottolinea come allo Stato rimarrebbero solo i debiti. "Più in generale - dice Di Pietro- questa uscita di Bossi dimostra totale incapacità e impreprazione tecnica, oltre all'inopportunità che questo governo resti in carica".

(26 luglio 2010)

 

 

 

 

 

 

FINANZIARIA

Manovra, al via l'esame alla Camera

Mercoledì il voto di fiducia

Il decreto va approvato entro il 30 luglio. Duecento gli iscritti a parlare.

Manovra, al via l'esame alla Camera Mercoledì il voto di fiducia

ROMA - E' iniziato questa mattina l'esame della manovra economica nell'Aula della Camera. Il testo che scade il 30 luglio è stato già approvato dal Senato. L'esame è blindato, come è stato il passaggio nella commissione Bilancio. Il governo dovrebbe annunciare domani la fiducia sul decreto, che sarà votata mercoledì, con il via libero definitivo giovedì, dopo il voto degli ordini del giorno.

Gli iscritti a parlare sono duecento: tutti i deputati di opposizione più alcuni della maggioranza. Tempi stretti per il governo. I termini di conversione scadono il 30 luglio e per il 29 è già previsto nel calendario dell'assemblea di Montecitorio il disegno di legge sulle intercettazioni.

"La manovra", da detto il relatore Gioacchino Alfano, "è stata necessaria la messa in sicurezza dei nostri conti e per evitare fenomeni speculativi che si sono verificati in altri Paesi".

(26 luglio 2010)

 

 

 

 

FEDERALISMO

"Bossi chiede Irpef e Iva ai Comuni"

Calderoli smentisce: "Non è vero"

Un quotidiano locale prima e le agenzie poi attribuiscono la proposta al leader leghista: "Bisogna trovare l'accordo con Tremonti, ma ce la farò". Il ministro della Semplificazione legislativa: "Abbiamo riso insieme di questa sciocchezza"

"Bossi chiede Irpef e Iva ai Comuni" Calderoli smentisce: "Non è vero"

CREMONA - Iva e Irpef ai Comuni: la Lega, nella persona del suo leader Umberto Bossi, convicerà il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Un'idea che lo stesso Bossi avebbe avanzato ieri sera durante la festa del Carroccio a Soncino, in provincia di Cremona. Ma il titolare della Semplificazione legislativa e coordinatore delle Segreterie nazionali della Lega Nord Roberto Calderoli smentisce quanto riportato da vari mezzi di informazione: "La solita tempesta in un bicchiere d'acqua. Poco fa, chiacchierando con Umberto Bossi, abbiamo riso insieme della sciocchezza sul federalismo fiscale riportata oggi da un quotidiano locale (La Provincia di Cremona), e ripresa poi dalle agenzie di stampa, secondo cui, l'Irpef e l'Iva sarebbero state destinate ai comuni, quando invece, nel nostro progetto, questi tributi saranno parzialmente ad appannaggio delle regioni". "I tributi destinati ai Comuni - precisa Calderoli- saranno quelli relativi agli immobili, con l'esclusione della prima casa, come già anticipato dal ministro Tremonti nella sua relazione al Parlamento".

Le parole attribuite a Bossi. "La Lega ha già portato a casa 15 miliardi per i Comuni, ma bisogna trovare l'accordo con Tremonti e vedrete che ce la farò. Potrebbero girare nelle casse dei nostri Comuni l'Irpef e anche l'Iva, anche se in questo caso la situazione è più difficile". "Questo - avrebbe aggiunto il leader del Carroccio secondo quanto riportato - è l'obiettivo di questa estate: il federalismo fiscale, non vado nemmeno in ferie se non chiudo la partita e sapete che io sono un uomo di parola: piano piano porteremo a casa quello che si può. Tranquilli fratelli padani: il federalismo è alle porte".

Durnate la festa a Soncino il Senatur si è anche speso in difesa delle rivendicazioni dei Cobas latte, sulle quali nei giorni scorsi si sono registrate diverse fibrillazioni nella maggioranza: "Sto dalla vostra parte, e detto a Berlusconi che non può far chiudere le fattorie del Nord, la gente non capirebbe. Galan io non posso cacciarlo, ma chiederò a Zaia di scendere in campo: sta facendo bene in Veneto, ma lui ha a cuore come me la vostra situazione. E' uno che fa, non come Galan che parla e basta".

I commenti alle parole attribuite a Bossi. "Delle due, l'una: o Bossi spera di prendere in giro qualcuno oppure è in buona fede ed è lui ad essere stato preso in giro da Tremonti...", dice, prima della smentita di Calderoli, Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni economiche del gruppo Pd. "L'Iva è l'imposta che finanzierà il federalismo ed è una battaglia del Pd e vinta dal Pd - spiega Boccia - Quanto all'Irpef, come è chiaramente scolpito nella legge-delega, non si tocca. L'Irpef che è l'imposta redistributiva per eccellenza, resta alla Stato. Se Tremonti e Calderoli non lo hanno spiegato a Bossi, è grave...".

Di un'affermazione priva di logica parla il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro: "Una volta che Irpef e Iva vengono incassate dai Comuni, quali soldi vanno allo Stato? È un'affermazione senza senso e senza logica", dice l'ex pm, che sottolinea come allo Stato rimarrebbero solo i debiti. "Più in generale - dice Di Pietro- questa uscita di Bossi dimostra totale incapacità e impreprazione tecnica, oltre all'inopportunità che questo governo resti in carica".

(26 luglio 2010)

 

 

 

2010-07-22

MANOVRA

Regioni all'unanimità: parere negativo

Tremonti: "Verranno a trattare"

Il presidente della Conferenza delle Regioni conferma Ia richiesta di un tavolo con il governo con l'obiettivo di cambiare il provvedimento. Il ministro dell'Economia: "Clima migliorato". La reazione di Errani: "Trattativa non sia solo 'a parole'"

Regioni all'unanimità: parere negativo Tremonti: "Verranno a trattare" Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani

ROMA - Le Regioni hanno espresso, come avevano annunciato in mattinata, parere negativo sulla manovra in Conferenza Unificata. Lo riferisce il ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto. "Nessuno - commenta - si aspettava un posizione differente. La manovra non è modificabile, per noi è equa, giusta e necessaria". Quello di oggi, chiude il ministro, è "il passaggio finale e formale di posizioni già formulate".

"Abbiamo discusso e confermiamo il parere negativo alla manovra da parte delle Regioni - ha detto il presidente Vasco Errani - perché la manovra è insostenibile per i tagli pesanti che ci sono sui servizi, sulle imprese e che avranno conseguenze molto molto negative. Dunque, oltre al parere negativo confermiamo la richiesta di un tavolo con il governo con l'obiettivo di cambiare i pesi qualitativi e quantitativi della manovra per quanto riguarda le Regioni".

Tremonti: "Le Regioni tratteranno". Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi ha commentato: "Le Regioni scenderanno dai grattacieli e verranno a trattare. Il loro parere sarà negativo sulla manovra, ma il clima è migliorato". Il ministro ha poi parlato di federalismo fiscale: "Ragionando sul federalismo fiscale anche le Regioni avranno una sede e una forma di ritorno a discutere con noi e già l'atteggiamento, allegro e sereno, e le considerazioni che oggi mi ha riservato personalmente il presidente Errani mi fanno pensare che la realtà sia un po' diversa da quella che si è voluto formalizzare e forzare''. Poi il ministro ha fatto riferimento anche alla tassa sulla casa: "Noi non metteremo alcuna tassa sulla prima casa - ha ribadito Tremonti -. Non ci sarà un'imposta sulla prima casa. Quale che sia, una, bina, trina, quadrina. La prima casa è un bene costituzionale e non ci sembra giusto tassarla". Tremonti ha aggiunto che la tassa sulla prima casa potrà tornare se vinceranno le opposizioni: "Gli abbiamo dato questo suggerimento: dite nel programma elettorale che rimetterete l'Ici. L'onorevole Bersani si candida e dirà che rimetterà l'Ici. E anche l'onorevole Casini, mi pare". E poi ha aggiunto: "Non c'è stata nessuna retromarcia" sulla tassa unica sugli immobili. "Basta leggere i documenti ufficiali per verificarlo", smentendo le voci secondo le quali sarebbe arrivato "uno stop da palazzo Chigi sull'Imposta unica sugli immobili". Il ministro assicura che la tassa unica sugli immobili "è un'ipotesi che pensiamo di articolare nel tempo". Sarà "optativa" e sarà introdotta solo dai comuni che la scelgono e che dovranno prima fare un referendum e poi passare alla fase due. Cioè "semplificare e unificare tutti i tributi che ci sono o in un solo tributo o in qualcosa di meno".

Errani: "La trattativa non sia solo 'a parole'". Non si è fatta attendere la risposta di Errani al ministro dell'Economia: ''Noi siamo con i piedi ben piantati per terra e chiediamo da tempo di fare una trattativa vera e non 'a parole', considerando che, come è ormai evidente a tutti, i tagli della manovra sono insostenibili. Ci sono condizioni per una trattativa vera? Ben venga. È quello che proponiamo da sempre''. Alla replica di Errani si associa il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni: "Scenderemo dai nostri grattacieli simbolo di efficienza e di virtù e andremo in quei palazzi romani che il nostro popolo identifica con gli sprechi e il centralismo - ha detto - Andremo a difendere le ragioni dei nostri cittadini. Ma il governo apra veramente il dialogo con noi, perché così com'è la manovra è insostenibile per i nostri cittadini".

Federalismo fiscale, via libera al decreto. Intanto il Consiglio dei ministri ha dato il primo via libera al decreto attuativo del federalismo fiscale riguardante i fabbisogni standard di Comuni e Province. Il testo ora passerà all'esame della Conferenza Stato-Regioni e della commissione bicamerale per il federalismo fiscale per poi tornare dopo l'estate in Cdm per il via libera definitivo. ''Tutti i livelli di governo vedono ora il federalismo fiscale come una possibile soluzione'' ai tagli che la manovra impone alle Regioni e agli enti locali, ha spiegato il ministro per la Semplificazione Normativa, Roberto Calderoli. "Credo che per l'autunno avremo completato il quadro generale del federalismo fiscale con l'emanazione dei relativi decreti - ha detto l'esponente leghista - Quelli che paventavano come un rischio per il federalismo la manovra, oggi vedono il federalismo fiscale come l'unica soluzione e via d'uscita dalla crisi".

Chiamparino chiede chiarimenti al governo su autonomia fiscale. Il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, ha chiesto ufficialmente al governo chiarimenti affinché smentisca che ci siano da parte dell'esecutivo ripensamenti sull'autonomia impositiva dei Comuni. ''I tempi sono stretti - ha ricordato il sindaco di Torino - manca una settimana al 31 luglio; noi siamo disposti a rinviare le ferie, ma vogliamo avere una risposta dal governo che confermi l'avvio di un processo. Se così non fosse, l'accordo salterebbe perché verrebbe meno l'affidabilità reciproca''. Chiamparino ha poi ricordato che i due incontri tecnici che ci sono stati al ministero dell'Economia sulla questione non hanno portato a nessun risultato.

Regioni pronte a incontro con sindacati medici. Dopo lo sciopero del 19 luglio, le organizzazioni sindacali della dirigenza medica, veterinaria, sanitaria e amministrativa del servizio sanitario nazionale hanno chiesto un incontro al presidente della Conferenza delle Regioni per un'analisi sui contenuti della manovra. "Siamo pronti al confronto con i sindacati dei medici - ha detto Errani - e abbiamo già dato la disponibilità per un incontro da programmare nella prossima settimana. Sono molti gli aspetti che suscitano preoccupazione per il futuro del servizio sanitario nazionale. In particolare, è forte la preoccupazione per il blocco del turn over che, se applicato in sanità, potrebbe dar luogo a gravi disfunzioni e possibili disservizi". "Su questo tema - ha concluso il governatore dell'Emilia Romagna - abbiamo chiesto anche nel corso dell'incontro con il presidente del Consiglio una risposta chiara e definitiva da parte del governo".

(22 luglio 2010)

 

 

 

MANOVRA

Parlamentari, in arrivo il taglio della paga

Braccio di ferro sulle voci da toccare

I questori propongono che la sforbiciata del 10% si applichi all'indennità, la presidenza della Camera vuole applicarla a tutto lo stipendio. La riduzione oscilla da 550 a duemila euro

di ALBERTO D'ARGENIO

Parlamentari, in arrivo il taglio della paga Braccio di ferro sulle voci da toccare La Camera dei deputati

ROMA - È guerra sul taglio degli stipendi di deputati e senatori. Pacifico che deve essere del 10%, lo stabilisce la manovra anti-crisi di Tremonti. Un po' meno chiaro su quali voci della busta paga debba incidere: l'austerity va applicata solo all'indennità o a tutto lo stipendio? Per i questori di Camera e Senato - altro non sono che parlamentari - la sforbiciata deve riguardare solo l'indennità, per un totale di 550 euro al mese. Un colpo di mano rispetto alle linee guida messe a punto a fine maggio dai presidenti dei due rami del Parlamento che prospettavano un taglio del doppio, mille euro al mese, nonché la "diaria a punti", un sistema sparito dalle proposte dei questori che prevedeva un guadagno direttamente proporzionale alle presenze in aula e commissioni.

Da destra a sinistra tutti plaudono al taglio degli stipendi. Il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, parla di "buon esempio nel momento in cui chiediamo sacrifici all'Italia intera". Così come il leader dell'Udc Pierferdinando Casini che definisce il taglio "opportuno e doveroso". In linea il democratico Giorgio Merlo, che vede un provvedimento "equo e solidale". Il pidiellino Osvaldo Napoli sottolinea che "ognuno, parlamentari compresi, deve fare la propria parte". Ma nessuno osa addentrarsi nel labirinto delle cifre e così sul tavolo resta la proposta formulata tra ieri e martedì dai questori: via il 10% dell'indennità parlamentare che ammonta a 5.486 euro, ovvero decurtazione di 550 euro al mese.

Un sacrificio pari alla metà di quello prospettato a maggio grazie al quale i due rami del Parlamento puntavano a recuperare 12 milioni all'anno. E così Fabrizio Alfano, portavoce del presidente della Camera Gianfranco Fini, ha gelato l'entusiasmo dei parlamentari che - stretti tra mutui, famiglie a carico e spese di rappresentanza - stavano già brindando al pericolo scampato: quella del taglio della semplice indennità è "solo un'ipotesi tra le altre - ha detto Alfano - i questori hanno svolto un'attività istruttoria elaborando varie ipotesi ma a decidere saranno la prossima settimana gli uffici di presidenza". Poco dopo lo stesso Fini è stato ancora più chiaro dicendo che "c'è un po' di confusione, serve una riflessione perché il taglio deve ammontare al 10% di tutto lo stipendio e non solo di una parte di esso, se no non è del 10%". Fatti due calcoli onorevoli e senatori sono caduti dalla sedia: sommando tutte le voci (indennità, diaria, rimborso spese di segreteria, viaggio e telefono per un totale di oltre 21 mila euro) il taglio arriva a 2.127 euro al mese.

La decisione definitiva sul sacrificio dei parlamentari sarà presa la settimana prossima dagli uffici di presidenza composti, oltre che da Fini e Schifani, dai loro vice, dai questori e dai segretari d'aula. In più ci sono gli altri tagli confermati dai questori: per il personale di Camera e Senato ci sarà una sforbiciata del 5% per i redditi superiori a 90 mila euro e del 10% per quelli oltre i 150mila, il blocco triennale dei meccanismi di adeguamento automatico degli stipendi e il pensionamento a 60 anni rispetto ai 57 attuali. Fini ha anche parlato di una "riduzione degli stanziamenti di alcune voci di bilancio". A chi il programma non va giù a prescindere dagli importi sono Antonio Di Pietro, che vorrebbe "dimezzare numero e stipendi dei parlamentari", e il segretario dei Radicali Mario Staderini, per il quale la "vera truffa sono i rimborsi elettorali grazie ai quali ogni legislatura nelle casse dei partiti finiscono 500 milioni di euro di finanziamento pubblico a fronte di poco più di 100 milioni di spese documentate".

(22 luglio 2010)

 

dal Sito Internet de

L'ESPRESSO

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/tre-miliardi-di-euro-ai-partiti/2131285

 

Tre miliardi di euro ai partiti

di Primo di Nicola

Il finanziamento pubblico in teoria è stato abolito. Ma tra rimborsi, contributi e trucchi vari, le segreterie hanno incassato lo stesso. Incluse quelle che non esistono più, ma continuano a prendere soldi

(22 luglio 2010)

Tre miliardi di euro. Una cifra stratosferica, equivalente a quasi seimila miliardi delle vecchie lire. Sono i soldi pubblici che i partiti italiani hanno incassato in sedici anni: il tesoro nascosto della Seconda Repubblica. Una cascata di denaro prelevato dalle tasche dei cittadini e trasferito nei forzieri che sostengono la macchina politica del nostro paese. E stiamo parlando soltanto dei fondi elargiti dallo Stato a partire dal fatidico 1994, anno di svolta dopo la tempesta di Tangentopoli, segnato dall'introduzione del sistema maggioritario.

"L'espresso" ha ricostruito i mille rivoli di questo fiume di denaro, che si è modificato secondo gli assetti della politica e delle maggioranze, con formazioni che scompaiono e coalizioni in continua metamorfosi.

In questo inseguirsi di sigle e simboli, dalla contabilità bizantina, resta però un punto fermo, che ha il sapore di una truffa ai danni della cittadinanza. Perché nell'aprile 1993 il referendum per l'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti era stato approvato con una maggioranza bulgara. L'iniziativa promossa dai Radicali di Marco Pannella aveva ottenuto il 90,3 dei consensi e avrebbe dovuto decretare la fine delle trasfusioni a vantaggio dei segretari amministrativi di movimenti grandi e piccoli. Invece no: nonostante quel voto, i cittadini hanno continuato a pagare per sovvenzionare la politica. Nel disprezzo della volontà popolare espressa dal referendum, la corsa all'oro di Stato è proseguita ed addirittura aumentata.

Sommando al denaro per gli organigrammi di partito quello per i loro organi: fondi a go-go erogati a favore dei cosiddetti giornali organi di partito, come la cara vecchia "Unità" del Pci-Pds-Ds, il "Campanile nuovo" dell'Udeur di Clemente Mastella, la "Padania" di Umberto Bossi, il "Foglio" di Giuliano Ferrara e le altre decine di testate di partiti e movimenti spesso fantasma o appositamente creati che, nello stesso periodo, da soli, secondo una stima de "L'espresso" , in quella torta di tre miliardi valgono circa 600 milioni di euro. Davvero un bel bottino.

 

Caccia al tesoro

È quella scatenata dai partiti per mettere le mani sul tesoretto pubblico dei rimborsi: ben 2 miliardi 254 milioni di euro stando al calcolo fatto recentemente dalla Corte dei conti fino alle elezioni politiche del 2008, cui vanno però aggiunti un altro centinaio di milioni maturati nel 2009 grazie alle ultime europee. Come è stato possibile trasferire tanto denaro nonostante il plebiscito del referendum? Aggirando il veto al finanziamento pubblico con una nuova formula: il meccanismo dei rimborsi elettorali. Sempre pubblici, sempre pingui ma formalmente giustificati dalla volontà di tutelare la competizione democratica.

Sulla carta, però, il risarcimento a carico della collettività avrebbe dovuto coprire soltanto i costi sostenuti nella campagna. Ma i furbetti del partitino hanno subito inserito un primo trucco: come per magia, i rimborsi volano lontano dalle regole dell'economia e si plasmano su quelle della politica, per dilatarsi e lievitare. Non si calcolano sulla base dei soldi effettivamente investiti e spesi per spot, comizi e manifesti, ma in proporzione ai voti ricevuti. Quanto per l'esattezza? Una cifra che si è gonfiata senza sosta e senza vergogna, in un'autentica corsa al rialzo. Nelle politiche del 1994, le prime dopo il referendum blocca finanziamenti che segnarono la vittoriosa discesa in campo di Silvio Berlusconi, il fondo a disposizione è stato alimentato con una formula magica: 1.600 lire per ogni cittadino, non tantissimo perché all'epoca un quotidiano costava 1.300 lire ma che fatti i calcoli produce una cifra monstre. In totale, per Camera e Senato, il contributo toccò la cifra di 90 miliardi 845 milioni di lire. Un bel gruzzolo, non c'è che dire.

 

La torta che lievita

Ma, si sa, l'appetito vien mangiando, ed ecco negli anni successivi gli alchimisti parlamentari scendere in aiuto dei tesorieri di partito. I maestri del ritocchino si danno da fare e nel 1999 il contributo triplica e passa a 4 mila lire per abitante. E come è accaduto in tutte le botteghe, nel 2002 l'euro ha offerto un'occasione ghiotta per scatenare aumenti selvaggi e poco chiari. Si prevede un 1 euro per ciascun anno di legislatura: in pratica 5 euro per ogni cittadino italiano. Certo, parallelamente si cancella quel 4 per mille che dal 1997 per due anni ha dato ai cittadini la possibilità di destinare ai partiti questa percentuale dell'imposta sul reddito fino a un totale massimo di 56 milioni 810 mila euro. E poi si era ridotto il fattore di moltiplicazione: non più il totale dei cittadini ma solo il numero degli iscritti nelle liste elettorali della Camera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-07-20

Sisma, l'ammissione di Chiodi

"Finiti i fondi per l'emergenza"

Il governatore della regione Abruzzo conferma le difficoltà denunciate dal Centro e chiede un vertice con il ministro dell'Economia per affrontare il problema dei "fondi per i debiti contratti nella fase di emergenza". Cialente: "Da un mese e mezzo segnalo il problema"

Sisma, lammissione di Chiodi Finiti i fondi per lemergenza

L'AQUILA. "Non ci sono fondi per coprire i debiti contratti durante il periodo dell'emergenza terremoto". Il presidente della regione Abruzzo, Gianni Chiodi, ammette che non può far fronte alle somme dovute agli albergatori dell'Aquila e della costa che hanno ospitato e ospitano tuttora gli sfollati del terremoto 2009 e che non ha le disponibilità finanziarie per coprire i debiti contratti dalla Protezione civile nella fase di emergenza. "Da un mese e mezzo segnalo il problema", ha commentato il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente.

Chiodi scrive a Tremonti. "Con una lettera molto chiara ho chiesto per venerdì al ministro Tremonti un incontro sui fondi per i debiti contratti nella fase di emergenza", ha spiegato Chiodi. Il presidente della Regione conferma che, invece, i fondi per la ricostruzione ci sono e devono essere spesi in fretta. Ma sottolinea come "alcuni obblighi sono stati assunti, ma non ancora assolti", Il commissario ha poi elencato i conti da saldare, aperti dalla Protezione civile nella fase della prima emergenza ed ereditati dalla sua struttura.

Debiti con albergatori e aziende. Il confronto col ministro dell'Economia ha l'obiettivo di far fornte alle richieste da parte di albergatori e aziende. Alcuni degli albergatori, come denunciato dal Centro, vantano 7 mesi di arretrati e hanno minacciato di cacciare gli sfollati. Le aziende, invece, attendono i pagamenti di lavori, tra cui puntellamenti, effettuati da mesi. Alcuni piccoli imprenditori hanno denunciato mancati pagamenti per lavori, risalenti al giugno 2009, relativi al G8 dell'Aquila, commissionati dalla Protezione civile nazionale. E Chiodi ha ammesso che i fondi non ci sono.

Coinvolta anche la Protezione civile. Chiodi, che è anche commissario per l'emergenza, ha annunciato la richiesta di un incontro con Tremonti durante una riunione sulla perimetrazione dei centri storici. Il governatore ha precisato di aver richiesto la partecipazione al vertice anche "del dipartimento della Protezione civile e della Ragioneria generale dello Stato".

 

Cialente: "Problema già segnalato da un mese". L'assenza di fondi è confermata anche dal sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente. "Non ci sono soldi per coprire le spese dell'emergenza e garantire l'assistenza agli sfollati", spiega commentando la denuncia del Centro. "Da un mese e mezzo segnalo il problema", ha aggiunto, "La scorsa settimana ho pregato in ginocchio un albergatore aquilano di non sfrattare gli sfollati, del resto se i pagamenti non arrivano, queste imprese rischiano il lastrico. Il problema riguarda anche l'autonoma sistemazione. Oggi alcuni cittadini sono venuti in Comune a protestare perché siamo fermi a marzo, ma allo stato attuale la nostra ammministrazione ha già anticipato allo Stato 15 milioni di euro".

 

 

 

 

il Centro CHIETI

per l'articolo completo vai al sito Internet

2010-07-20

http://ilcentro.gelocal.it/chieti/cronaca/2010/07/20/news/terremoto-gli-hotel-mandano-via-gli-sfollati-la-regione-non-paga-rischio-il-fallimento-2181969

Terremoto, gli hotel mandano via gli sfollati

"La Regione non paga, rischio il fallimento"

La denuncia di un albergatore di Alba Adriatica, sulla costa teramana: "Quando l'emergenza era gestita dalla Protezione civile abbiamo ricevuto i primi pagamenti. Ora che è tutto in mano alla Regione, non vediamo più un euro". Così l'operatore ha accumulato debiti per 500 mila euro e entro giovedì vuole che i terremotati liberino le stanze. Il suo caso non è l'unico e il governatore Gianni Chiodi ammette: i soldi per l'emergenza sono finiti venerdì vertice con Tremonti e protezione civile. "Da un mese e mezzo segnalo il problema", ha commentato il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente

 

 

 

2010-07-18

Tremonti: "No a governi tecnici

Ma c'è una questione morale"

Intervista al ministro dell'Economia. "Grazie alla manovra l´Italia è allineata all´Europa. E la P3? Una cassetta di mele marce. Nessuna alternativa a Berlusconi e nessun governo tecnico, l'Europa non approverebbe"

di MASSIMO GIANNINI

Tremonti: "No a governi tecnici Ma c'è una questione morale" Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

"Il governo Berlusconi è forte, e non esistono alternative credibili. Né governi tecnici, né larghe intese. Sono fuori dalla storia, e l'Europa non approverebbe". Giulio Tremonti non ha dubbi. A dispetto degli scandali della P3 e dei conflitti sulla manovra, vede un'Italia solida e coesa, e un governo in pieno "controllo", da qui alla fine della legislatura. Il ministro dell'Economia nega conflitti e dimissioni. "Mai minacciato nulla. Tutt'al più ho detto qualche volta "non firmo"".

Difende il Cavaliere su tutta la linea. Dalla P3, "al massimo una cassetta di mele marce", alle intercettazioni, "tutt'al più una legge-bavaglino". E sbarra la strada a qualunque ipotesi di governo tecnico alla Draghi, o di larghe intese senza Berlusconi. "Governo tecnico? Governo di unità nazionale? Sono figure che sembrano stagionalmente incastrarsi nella forma di una geometria variabile che ricorda un vecchio caleidoscopio. Avrei preferito proseguire il discorso che abbiamo iniziato come discorso sulla "democrazia dei contemporanei"...".

D'accordo, allora, partiamo pure dalla "democrazia dei contemporanei". Cosa intende dire?

"La democrazia dei contemporanei è diversa da quella "classica", e questa a sua volta era diversa dalla democrazia della agorà. E pure sempre è necessaria, la democrazia. Ed è ancora senza alternative - la democrazia - pur dentro la intensissima "mutatio rerum" che viviamo e vediamo. Intensa nel presente come mai nel passato, dalla tecnologia alla geografia. La scienza muta l'esistenza. La "medicina", la "ars longa" sempre più estende il suo campo, non più solo sulla conoscenza del corpo umano, ma essa stessa ormai capace di ricrearlo per parti. L'iPad muta le facoltà mentali, crea nuovi palinsesti, produce in un istante qualcosa di simile a quello che per farsi ci ha messo tre secoli, nel passaggio dal libro a stampa alla luce elettrica. Per suo conto, Google vale e conta strategicamente ormai come e forse più di uno Stato G7. E poi è cambiata di colpo la geografia economica e politica. Di colpo, perché i venti anni che passano dalla caduta del muro di Berlino ad oggi sono un tempo minimo, un tempo non sviluppato sull'asse della lunga durata tipica delle altre rivoluzioni della storia".

Dove porta questo ragionamento sul cambiamento della democrazia?

"Se cambia la geografia, la politica non può restare uguale. La politica come è stata finora è stata costruita sulla base territoriale chiusa tipica dello Stato-nazione, su confini impermeabili che concentravano nello Stato il monopolio della forza. E la politica era la forma di esercizio e di controllo della forza. La stessa democrazia era rapporto tra rappresentanza e potere. Ora non è più così. L'asse si sta inclinando, la rappresentanza cresce, il potere decresce, eroso e diluito dallo spazio globale. E la crisi radicalizza questa asimmetria. La crisi genera domande crescenti d'intervento. I popoli chiedono interventi sempre più forti, a governi sempre più deboli".

Giusto, basta guardare alla debolezza del governo Berlusconi...

"Non è così. Il mio ragionamento vale per tutti i governi. La formula di soluzione e reazione politica non può essere più solo nazionale, ma internazionale. Ed è questo il senso politico della "poliarchia" disegnata nell'enciclica "Caritas in veritate". È proprio questo quello che si sta facendo in Europa in questi mesi, in questi giorni, costruendo sopra gli Stati una nuova "architettura politica"".

Ministro, per favore, passiamo dalla filosofia alla cronaca di questi giorni. Parliamo delle difficoltà dell'Italia e del suo governo. Qui si parla di crisi, di elezioni anticipate, di governi di transizione...

"In Italia la formula di soluzione non può essere quella del governo tecnico. Per due ragioni. Primo, perché non c'è una "melior pars" fatta di ottimati, di tecnici, di illuminati, capaci di governare la complessità. Li vedo, certo, ma non li vedo capaci di governare. Secondo, perché un governo di questo tipo, non basato sul voto popolare, non avrebbe chance di prendere posto al tavolo dell'Europa".

Cioè? Lei sta dicendo che l'Europa avrebbe il potere di dire no a un governo tecnico in Italia?

"È così. E non solo perché l'Europa è costruita sul canone della democrazia, ma soprattutto perché l'Europa, avviata a prendere la forma di un comune destino politico, presuppone e chiede comunque una base di stabilità e di forza. Questa derivante solo dalla politica e dalla democrazia. Tipico il caso della Grecia: la fiducia europea è stata indirizzata verso il governo greco legittimamente eletto. La negatività, verso un ruolo esclusivo del Fondo monetario internazionale, era basata sulla diffidenza verso una formula che sarebbe stata più debole, proprio perché solo tecnica. La tecnica può essere solo complementare alla politica, e non sostitutiva".

Ma chi si potrebbe opporre, invece, a un governo politico di larghe intese, di cui parlano in molti, nel Pd e nell'Udc?

"La casistica delle larghe intese si presenta solo in due scenari. Dopo elezioni che evidenziano la bilaterale insufficienza delle forze in campo, o per effetto di un trauma. Francamente, nel presente dell'Italia non vedo un trauma tanto forte da spingere verso questa ipotesi di soluzione. Non un trauma "economico", non un trauma "esterno", non un trauma "giudiziario"".

Sull'economia, in realtà, il trauma lo abbiamo rischiato di brutto con l'attacco dei mercati, e forse continueremo a rischiarlo oggi e nei prossimi mesi. Non è così?

"Il trauma economico è stato ipotizzato subito, appena dopo la costituzione di questo governo, a fronte della crisi che arrivava. L'ipotesi non si è verificata. Era un'ipotesi basata tanto su di una insufficiente e solo parziale analisi della realtà, quanto sulla sottovalutazione della forza del governo. 2008, 2009, 2010. Siamo ormai verso il terzo autunno, e puntualmente per ogni autunno si prevedeva e ora si prevede la crisi. Una crisi esterna, causata dallo scatenarsi della speculazione finanziaria sul nostro debito pubblico. Una crisi interna, con la rottura dell'ordine e della coesione sociale. In questi anni la sinistra ha puntato sulla paura, come se questa fosse un'ideologia congiunturale sostitutiva. Non è stato così, non è così, non sarà così".

Ma è stato lei a dire che senza la manovra rischiamo la fine della Grecia...

"Appunto, senza la manovra. In realtà nel 2008 siamo partiti con la legge finanziaria triennale e siamo andati avanti sulla stessa linea. I numeri dell'Italia sono ormai allineati nella norma e nella media europea. Avrebbe potuto essere diverso, e non è stato. E questo è stato certo per la forza propria e sottovalutata dell'Italia. Ma anche, si vorrà ammettere, per la visione e per la forza nell'azione di governo".

Eppure, basta parlare con un po' di ambasciatori per sapere che i nostri partner occidentali temono per la tenuta politica del governo Berlusconi. Lo può negare?

"Sarebbe questo il secondo trauma, quello "esterno". Una volta si diceva "tintinnare di sciabole". Ora, in un'età più pacifica, si parla di "voci di Cancelleria". Francamente non mi pare che si tratti di dati rilevanti. Per due ragioni. Perché la crisi postula la stabilità come valore superiore. E poi perché non pare che tanti altri governi siano in condizioni di forza superiore a quella dell'Italia. Per essere chiari, in giro per l'Europa non vedo governi tanto forti e tanto determinati e determinanti. Ma, all'opposto, tutti impegnati nella gestione delle proprie crisi interne. Gestione che, in giro per l'Europa, non mi sembra più forte della nostra, ma spesso anche contraddittoria, incerta e contestata. In realtà, siamo tutti impegnati in Europa nella costruzione di una architettura nuova di comune e superiore interesse. Il ruolo dell'Italia nello scenario europeo è forte, richiesto e reputato. Il ruolo di Silvio Berlusconi è forte. E, nel mio piccolo, per esempio martedì sono invitato in Germania a Friburgo per la "Lezione europea". E non come professore di università, ma come ministro della Repubblica italiana".

Eppure la vostra maggioranza rischia ogni giorno l'implosione interna. Che mi dice delle inchieste, dei ministri che si dimettono, dello scandalo della P3?

"Per scelta politica, tendo sempre ad analisi di sistema. È certo che non si tratta solo di una mela marcia. C'è qualcosa di più. Forse, e anzi senza forse, è venuta fuori una cassetta di mele marce. Ma l'albero non è marcio, e il frutteto non è marcio. La combinazione perversa è tra le condotte personali e la crisi generale. La crisi postula la salita, e non la discesa nella scala dell'etica, e se vuole anche dell'estetica".

Quindi anche lei, come il premier, pensa che questi siano solo polveroni?

"La politica deve sempre distinguere tra ciò che è "reato" e ciò che è "peccato", e non confondere l'uno con l'altro. Ci può essere reato senza peccato, come ci può essere peccato senza reato. I dieci comandamenti sono una cosa, i codici una cosa diversa. Un discorso politico serio deve e può essere avviato anche in casa nostra su questo campo. Anzi è già iniziato, ma proprio per questo non può essere generalizzato e banalizzato".

Banalizzato? Qui ci sono pezzi di Stato e di governo che cercano di infiltrarsi e condizionare le decisioni della magistratura, in nome di "Cesare". Dove vede la banalità?

"Per banalità intendo la "banalità del male". E anche per questo non credo che puntare sulla valanga delle intercettazioni renda un buon servizio all'etica politica".

Le ultime intercettazioni ci hanno però permesso di svelare le trame intorno all'eolico, e alla nuova cupola ribattezzata appunto P3...

"Le ultime intercettazioni costituiscono una lettura interessante. Ne emerge un bestiario fatto di faccendieri sfaccendati, di "poteri" impotenti, se si guarda i risultati, di reati più "tentati" che "consumati". Più si affolla la scena, più tutto si confonde. E la presunta "tragedia" si fa commedia. Questo non vuol dire che non ci sia una questione morale...".

Meno male: riconosce che esiste una questione morale nel centrodestra?

"Ma quella morale è una questione generale. Questo è un Paese in cui molti "governi" locali si sono clonati e derivati in galassie societarie "parallele". Spesso più grandi dei governi stessi. E non sempre sotto il controllo democratico e giudiziario. Leggasi la monografia della Corte dei Conti. Mezza Italia è in dissesto sanitario. E questo riduce drammaticamente la "cifra" della morale pubblica. Troppo spesso i fondi pubblici sono una pipeline verso gli affari. Oggi l'affare degli affari è quello dell'eolico, almeno questo non inventato da noi. Vastissime aree del Paese sono deturpate da pale eoliche sorte all'improvviso, in un territorio che nei secoli passati non ha mai avuto i mulini a vento. E forse ci sarà una ragione. È in tutto questo che vedo la grande questione morale, questo è l'albero storto che va raddrizzato. E per farlo non vedo alternative al federalismo fiscale. L'unica, l'ultima forma per riportare nella trasparenza e nell'efficienza la cosa comune".

Nel frattempo, per nascondere tutto ai cittadini, il governo vara la legge-bavaglio. Lei è d'accordo anche con questo?

"La traccia possibile di una discussione seria su di un tema serio, come quello della dialettica tra il diritto alla privacy e il diritto all'informazione, si è persa in un labirinto. E solo ora forse può essere ritrovata. Più che di bavaglio, pare che si trattasse di un "bavaglino". Si è troppo confuso, e non certo solo da parte nostra, fra i mezzi e i fini".

Bavaglino, dice lei? E allora perché avete paralizzato per questo il Parlamento per ben due anni, a discutere di intercettazioni, invece di parlare dei problemi veri del paese?

"Al Parlamento è bastato un mese per fare la "manovra". Un'azione effettiva, la prima fatta in Europa e qui dall'Italia. Altrove siamo ancora allo stadio dei disegni, dei documenti, dei propositi, delle reazioni di piazza. Da noi non è stato così. E la "manovra" non è stata solo finanza, ma anche politica. Per la prima volta è riduzione del perimetro dello Stato, con l'effettivo azzeramento di trenta enti pubblici, dei costi del governo e della politica".

Ministro, a parte i tagli alle Regioni, nella manovra non c'è niente di strutturale...

"Nella manovra è stata fatta la riforma delle pensioni più seria d'Europa in questi anni e pari data c'è stata Pomigliano, con il lavoro che non esce ma torna in Italia e nel Mezzogiorno. E forse queste due, pensioni e Pomigliano, sono due P più importanti della P3. Con rispetto parlando, e con orgoglio parlando, l'azione del governo contro la criminalità organizzata ha un'intensità e un'efficacia finora non conosciute. E forse anche questo va messo sul piatto della giustizia".

Ma le Regioni? Perché i governatori protestano? Perché Formigoni dice che dovrà tagliare i servizi ai cittadini?

"Qui vale la dialettica tesi, antitesi, sintesi. Il processo politico ha funzionato subito con i Comuni e le Province, e si sta chiudendo ora anche con le Regioni. Come Comuni e Province, così le Regioni hanno infine fatto propria la nostra ipotesi di discuterne all'interno del federalismo fiscale tanto municipale quanto regionale. E alla fine il bilancio mi sembra positivo. Nell'insieme la manovra è stata fatta su una vastissima base di consenso sociale".

E la crescita? Anche su questo il piatto della manovra è miseramente vuoto. Può negarlo?

"Come le ho detto, i numeri italiani sono allineati alla media europea. Nella manovra, oltre alla stabilità finanziaria, c'è comunque una prima "cifra" dello sviluppo. Dalle reti di impresa alla drastica riduzione della burocrazia. Più in generale nel tempo presente non esiste lo sviluppo in un Paese solo, non si fa lo sviluppo con la Gazzetta ufficiale, soprattutto avendo il terzo debito pubblico del mondo. Del resto la ripresa in atto è portata più che dalle politiche economiche, dal cambio sul dollaro. E tuttavia certo molto deve esser fatto ancora. Dalla "battaglia per il diritto", troppe regole sono infatti un costo e un limite allo sviluppo, per arrivare alla ricerca, per cui dovrebbe essere fatto un maxi fondo d'investimento pubblico, alla combinazione tra la riforma degli istituti tecnici, cui devono concorrere anche le imprese, ed il contratto di apprendistato".

Bersani la invita da tempo ad andare in Parlamento, a discutere della crisi. Perché lei si rifiuta?

"La sequenza non può essere prima chi e poi cosa, e cioè prima si sceglie chi governa e poi si decide cosa si fa. Questa sequenza riflette un eccesso di odio antropomorfo. Prima si deve discutere sul cosa".

E dello scontro tra il premier e Fini cosa mi dice. Quello non è un pericolo, per la tenuta del Pdl?

"Anche questo tema rientra nell'idea antropomorfa della politica, che non mi appartiene".

Non può negare che l'altro scontro dentro la maggioranza riguarda lei e il presidente del Consiglio. È vero che venerdì scorso persino Gianni Letta l'ha rimproverata in Consiglio dei ministri?

"Oggi ci abbiamo riso sopra. Vedo un eccesso di confusione tra "personale" e "politico". Certo, in politica conta anche il personale, ma su troppi "scontri" ho letto troppo folklore...".

È vero o no che lei minaccia quasi ogni giorno le dimissioni?

"Non ho mai minacciato le dimissioni, ma spesso ho detto "non firmo". E alla fine il voto è sempre arrivato, positivo e convinto. Tutto quello che ho fatto, e forse anche un po' più della politica economica, l'ho fatto convinto di fare comunque quello che mi sembrava bene per il mio Paese. E non avrei potuto farlo senza Berlusconi e Bossi, o contro Berlusconi e Bossi. E sarà così anche nel prossimo autunno e oltre".

(18 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Pd: "Tremonti imbarazzato e imbarazzante"

La Lega lo promuove: "Con lui la riforma fiscale"

Reazioni dopo l'intervista del ministro a Repubblica. Penati: "L'unica cosa che lo preoccupa è tranquillizzare Berlusconi". Reguzzoni: "Intesa Bossi-Berlusconi". Idv: "Non basta dire che c'è una questione morale per mettersi a posto con la coscienza"

ROMA - "Il Governo Berlusconi è forte e non esistono alternative credibili: nè governi tecnici, nè larghe intese". Intervistato da Repubblica 1 il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, chiude la porta alle ipotesi di un nuovo governo. Parole che il Pd commenta con durezza. "L'unica cosa che preoccupa Tremonti è tranquillizzare Berlusconi di non essere interessato alla successione e tentare in modo imbarazzato di prendere le distanze da un sistema di corruttele interno al governo che si rivela essere sempre più sistema. Sul paese reale e sui suoi problemi solo risposte imbarazzanti. Il problema di questo governo e di questa maggioranza non sono la mela o la cassetta, ma l'albero perchè, la dove non è malato, è asfittico" sottolinea il capo della segreteria politica di Bersani, Filippo Penati.

Di tutt'altro tenore la reazione della Lega che, con Marco Reguzzoni, capogruppo della Lega Nord alla Camera, scommette sulla tenuta del governo: "Non c'è dubbio che l'intesa Bossi-Berlusconi prosegua duratura e forte e noi concluderemo la legislatura dando al Paese la prima vera riforma fiscale dopo 40 anni".

Lapidario il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa: "E' ovvio che Tremonti dica 'no' a un governo di larghe intese e difenda questo stato delle cose: ormai è lui che guida il vapore, e non più Berlusconi".

E a Tremonti che, nel pieno dell'inchiesta sulla cosidetta P3, ammette la presenza di una "questione morale", Massimo Donadi, presidente dei deputati di Idv replica secco: "Chi ha senso di responsabilità e rispetto delle istituzioni, di fronte a quello che sta emergendo, dovrebbe mettere in atto una bella opera di bonifica dei frutteti e dei vigneti. Non basta dire che c'è una questione morale per mettersi a posto con la coscienza".

(18 luglio 2010)

 

 

 

Sciopero nazionale dei medici

Fitto: "Proporremo un patto alle Regioni"

Domani 19 luglio potranno saltare le visite specialistiche, gli esami diagnostici e le operazioni chirurgiche. Cozza (FPCGIL Medici): "Chiediamo scusa ai cittadini, ma i tagli mettono in gioco il bene prezioso della sanità pubblica". Sit-in a Montecitorio

Sciopero nazionale dei medici Fitto: "Proporremo un patto alle Regioni"

ROMA - Anche i medici contestano i tagli della manovra. Domani sciopero nazionale unitario di 24 ore di medici, veterinari e dirigenti della sanità pubblica. Negli ospedali e nei presidi territoriali pubblici potranno saltare centinaia di migliaia di visite specialistiche ed esami diagnostici, e verranno cancellate le circa 40.000 operazioni chirurgiche previste. Saranno comunque garantite le urgenze. Alle ore 12 si terrà un sit-in a piazza Montecitorio a Roma: i camici bianchi accompagneranno la manifestazione al suono delle vuvuzelas, le rumorose trombette rese famose dai mondiali di calcio in Sudafrica. Intanto il ministro Raffaele Fitto sui tagli propone un compromesso alle Regioni. "L'ipotesi - dice - è quella di definire nei prossimi mesi un 'patto' tra esecutivo e governatori, sui contenuti dei tagli. Vedremo come spalmarli e come saranno suddivisi. Una linea di gradualità, ma anche di collaborazione".

"Chiediamo scusa ai cittadini per i disagi - ha dichiarato Massimo Cozza, segretario nazionale FPCGIL Medici - ma è in gioco il bene prezioso della sanità pubblica". "Fino ad oggi - ha continuato Cozza - il nostro grido di allarme per i tagli alla sanità determinati dalla manovra economica del governo è rimasto inascoltato. Domani ci vogliamo far sentire, con il primo sciopero nazionale unitario da quando è in carica il governo Berlusconi, andando anche in camice bianco davanti alla Camera dei Deputati, dove si avvia la discussione sulla manovra economica".

Tutti i sindacati concordano sul fatto che "il governo e il Parlamento hanno dimostrato di non avere alcun interesse per la salute dei cittadini italiani e per i professionisti chiamati a tutelarla, perseguendo un progressivo impoverimento del servizio pubblico, destinato ad un ruolo residuale, povero per i poveri".

I 118 mila medici della sanità italiana protestano perché a loro avviso il testo finale del provvedimento "non contiene alcuna risposta ai temi sollevati nell'ultimo mese: nessuna risposta sul blocco del turnover che determinerà nei prossimi quattro anni una carenza di circa 30 mila medici e dirigenti sanitari necessari al funzionamento degli ospedali e dei servizi territoriali, anche a fronte del licenziamento della metà dei precari in settori fondamentali quali il pronto soccorso e i trapianti; nessuna risposta sulla precarizzazione di tutti gli incarichi professionali, non rinnovabili a prescindere da merito e competenze, che spalanca le porte all'invadenza della politica; nessuna risposta sul congelamento della progressione economica prevista e finanziata dal contratto nazionale e non dalla spesa pubblica, e sulla mancata retribuzione dei turni notturni e festivi; nessuna risposta alla richiesta di attenzione per i giovani medici esageratamente penalizzati nel trattamento economico e nelle prospettive di carriera".

(18 luglio 2010)

2010-07-17

Regioni, dal 2001 al 2008 spesa +50%

per le nuove funzioni della Bassanini

I dati dell'ufficio studi della Cgia di Mestre. Il forte aumento percentuale è dovuto al trasferimento delle nuove competenze. A crescere è stata soprattutto la spesa corrente. In testa la Basilicata e l'Emilia Romagna (oltre il +100%)

Regioni, dal 2001 al 2008 spesa +50% per le nuove funzioni della Bassanini Il governatore dell'Emilia Romagna Vasco Errani

VENEZIA - Tra il 2001 e il 2008 la spese totali delle Regioni italiane sono aumentate del 50% circa (esattamente del 47,7%). La Basilicata (+102,3%) e l'Emilia Romagna (+100,7%) sono le due realtà territoriali che hanno registrato le variazioni più importanti. Sempre nello stesso periodo , invece, l'inflazione è cresciuta Del 17,5%. I dati emergono da un'analisi pubblicata dalla Cgia di Mestre. Tuttavia il forte aumento percentuale della spesa non è da valutare come un aumento degli sprechi: infatti nel 2001, come ricorda la stessa Cgia, sono andate a regime le disposizioni della legge Bassanini (approvata nel '97), che ha conferito nuove funzioni e nuove competenze alle Regioni e agli enti locali. Nello stesso anno si è chiuso anche il processo di trasferimento in materia sanitaria.

A livello di macroarea la crescita più sostenuta si è verificata al Centro (+69,2%), seguono il Nord (+52%) e infine il Sud (+33,7%). "I numeri ci dicono che sono state le Regioni del Centro a spendere di più - sottolinea il segretario della Cgil Giuseppe Bortolussi - Tuttavia, va sottolineato che la spesa totale va calibrata al numero di abitanti a cui si rivolge e al fatto che gli importanti aumenti di spesa avvenuti nel regioni del Centro-Nord, spesso hanno incrementato la qualità e la quantità dei servizi offerti ai cittadini".

Semmai, gli analisti della Cgia sottolineano come l'aumento della spesa abbia privilegiato le spese correnti. "Quello che ci preoccupa - dice infatti Bortolussi - è che a fronte di un aumento della spesa totale pari a 66,2 miliardi di euro (con una variazione percentuale nazionale pari al +47,7%), di questi ben 49 sono riconducibili ad aumenti delle spese correnti. Vale a dire che il 74% dell'aumento della spesa totale delle Regioni è addebitabile alle spese correnti. Ovvero, a quelle destinate alla produzione ed al funzionamento dei servizi prestati e non ad investimenti". Tra il 2001 e il 2008 la spesa corrente è cresciuta del 50,5%, con punte massime nel Lazio (+125,7%), nel Molise (+100,2%) e nell'Emilia Romagna (+69,7%). Anche in questo caso è il Centro Italia a registrare la variazione di crescita più sostenuta: +93%. Nel Nord l'aumento si attesta al 51,1% e al Sud al 27,9%.

Analizzando poi in dettaglio le quattro principali funzioni di spesa, che messe assieme costituiscono mediamente il 70% del totale di ciascuna Regione, e cioè sanità, amministrazione generale, interventi in campo economico e trasporti, è la sanità ad aver registrato l'aumento percentuale maggiore, con una crescita della spesa a livello nazionale del 55,6%. A livello regionale è stato il Molise a segnare l'incremento più deciso (+122,6%). Tra le tre macroaree è ancora una volta il Centro a marcare la variazione di crescita più sostenuta: +90,9%. Seguono il Nord con il +45,9% e il Sud con il +44,5%.

Per quanto riguarda le spese per l'amministrazione generale (stipendi, funzionamento della macchina burocratica, affitti, etc.), l'incremento medio nazionale è stato del +41,4%, con una punta massima del +129,6% in Calabria. Il Centro, con il +47,2%, mantiene la leadership nazionale anche se il Sud lo incalza con una variazione pari al + 46,3%. Chiude il Nord con il + 35,3%.

Gli interventi a sostegno delle imprese, invece, hanno registrato a livello nazionale un calo del 12%. Il picco massimo di crescita, comunque, lo si è raggiunto in Umbria (+146,5%). Se al Centro l'aumento è stato del +32,9%, al Nord c'è stato un +2,6%, mentre al Sud è sceso del 33,4%.

Infine, i trasporti. L'aumento medio è stato del +29,7%. In Calabria, la variazione della spesa ha raggiunto, addirittura, il + 246,1%. Se al Centro la variazione è stata del +61,2%, al Nord si è attestata al +52,9%. Male al Sud: la contrazione è stata del -6,2%.

(17 luglio 2010)

 

 

 

 

 

2010-07-16

MANOVRA

Cultura, salvi gli istituti storici

scure su celebrazioni e enti regionali

Bondi redistribuisce i tagli: boccia Pavese e promuove Cavour. Martedì il piano dei tredici milioni. Sacrifici anche per le fondazioni maggiori

di CARLO ALBERTO BUCCI

Cultura, salvi gli istituti storici scure su celebrazioni e enti regionali Firenze, l'Accademia dei Georgofili

ROMA - Saranno i comitati per le celebrazioni degli uomini illustri, insieme con i piccoli istituti di cultura radicati nel territorio, a pagare il prezzo più alto dei tagli imposti dalla manovra finanziaria ai Beni culturali. Gli interventi disposti dal Collegio romano, sede del ministero, non prevedono la ventilata scure del 50% sui contributi a ciascun beneficiario. Ma un'operazione chirurgica tendente a fare economia salvando soprattutto le realtà di rilievo nazionale.

Martedì il ministro Sandro Bondi illustrerà nel dettaglio i tagli per 13 milioni di euro ripartiti dal suo staff, mentre la manovra finanziaria del governo fa la spola dal Senato alla Camera in vista dell'approvazione entro fine mese. Nel forziere che il suo dicastero deve a malavoglia versare al ministro dell'Economia Tremonti, sono finiti praticamente tutti i 3,5 milioni e mezzo che servivano a sostenere le associazioni nate per ricordare la nascita di Cesare Pavese o quella di Mario Soldati. I comitati falcidiati sono circa una trentina e tutti, ad eccezione di quello nazionale per i 200 anni dalla nascita di Cavour, resteranno con i rubinetti a secco.

Il tributo alla manovra d'estate si compone anche di risparmi e di prelievi effettuati sul già magro bilancio ministeriale: 4 milioni in tutto cui aggiungere i 9 di taglia. Qualcosa al gruzzolo di 13 milioni di tagli arriva anche dagli istituti di cultura più autorevoli e antichi - dall'Accademia fiorentina della Crusca alla Fondazione Cini, dall'Istituto Gramsci a quello intitolato a Luigi Sturzo - che spesso sono anche quelli che beneficiano degli aiuti più consistenti (sopra i 100mila euro l'anno) da parte dello Stato. I big dovranno tirare un po' la cinghia - spiegano al Collegio romano - poiché i loro budget saranno leggermente limati. Ma scansano la mannaia. Che si abbatterà invece sulle istituzioni di carattere regionale.

La maggior parte dei 9 milioni di tagli arriva insomma soprattutto su realtà concentrate sulle glorie locali: tremano istituti come quello di scienze sociali Nicolò Rezzara di Vicenza, che riceveva 25mila euro l'anno, o quello lombardo, accademia di scienze e lettere, di Milano, che faceva molto conto sui 60mila euro in arrivo da Roma. Istituti come quello di studi italo-tedeschi di Merano o il "tostiano" di Ortona è molto probabile che dovranno dall'anno prossimo rivolgersi agli enti locali per avere i 30mila euro che ricevevano ogni anno dalla capitale. Ma è difficile che troveranno ascolto dalle ragionerie di Comuni, Province e Regioni, infuriate per i tagli a loro volta ricevuti dal governo, come documentato dalle proteste registrate al convegno romano di Federculture di dieci giorni fa.

Dai tagli integrali dei Beni culturali si sarebbero salvati tutti i 16 istituti che ricevono sopra i 100mila euro l'anno: come le Fondazioni Basso, Cini, Einaudi; ma mantengono l'aiuto anche l'Accademia dei Georgofili di Firenze o la Rossini di Pesaro che, nella lista dei 121 presenti nella "Tabella" triennale dei beneficiati dal Mibac, ricevono 40mila e 30mila euro l'anno. Completamente salvi dalla scure anche gli istituiti "ex lege": 14 centri di cultura, dalla Triennale di Milano alla Quadriennale di Roma, alla Biennale di Venezia.

(16 luglio 2010)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-07-15

Manovra, sì del Senato alla fiducia

Ora il decreto va alla Camera

L'aula di palazzo Madama ha detto sì alla fiducia chiesta dal governo sul maxiemendamento alla manovra correttiva. I sì sono stati 170, i no 136, nessun astenuto. Il testo, che deve essere convertito in legge entro fine luglio, passa ora all'esame della Camera. Intanto le Regioni accantonano la decisione delle riconsegna delle deleghe. I Comuni annunciano il loro no

14:50 Comuni diranno no a conferenza unificata

I Comuni esprimeranno in conferenza unificata parere negativo sulla manovra. Lo ha detto il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, al termine del Consiglio nazionale dell'associazione dei Comuni anticipando quanto è scritto in un ordine del giorno che è stato approvato dall'assemblea dei sindaci con l'astensione di sei amministratori (Udc e Rifondazione comunista)

13:04 Tremonti: "Avanti così"

Il ministro dell'Economia a margine dell'assemblea dell'Abi: "Andiamo avanti così: le pensioni, la Fiat a Pomigliano, stabilità.... e naturalmente fiducia. Perché fiducia porta fiducia"

12:27 Fitto: bene unità Regioni e voto Senato

"Saluto con compiacimento la ritrovata unità di intenti delle Regioni nella prosecuzione di un confronto costruttivo con il governo che per parte sua, a questo confronto, non ha mai fatto mancare la propria piena disponibilità" dichiara il ministro per gli Affari Regionali, Raffaele Fitto. "Le decisioni assunte dalla Conferenza delle Regioni sono una buona notizia che si aggiunge a quella altrettanto importante per il sistema paese rappresentata dal voto favorevole del Senato alla manovra"

12:16 Marcegaglia: necessaria ma in finanziaria misure per crescita

La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, pur con qualche riserva, giudica positivamente la manovra del governo. Ma sottolinea che a settembre nella finanziaria "chiederemo più interventi per la crescita, la ricerca, l'innovazione e la detassazione del secondo livello di contrattazione". Perché, ha aggiunto la leader degli industriali a margine dell'assemblea dell'Abi, "come ha detto Draghi, il rigore è necessario ma dobbiamo tornare a crescere"

12:14 Polverini soddisfatta per documento unitario

"Sono soddisfatta, abbiamo mantenuto la compattezza della Conferenza che come ho già detto in questi giorni è un valore" ha detto il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. "Riguardo alla questione deleghe - ha aggiunto - si è trovata una posizione unanime sull'accantonare questa decisione anche perché sarebbe stato complesso per le Regioni consegnare una parte importante delle loro prerogative e servizi in un momento in cui addirittura chiediamo di occuparci di più funzioni"

12:09 Formigoni: Regioni continuano a marciare unite

"Le Regioni continuano a marciare unite e a ritenere insostenibile questa manovra. Poi chiediamo al governo di aprire finalmente il tavolo sul federalismo, ribadiamo con forza che deve esserci piena congruità tra competenze e fondi e chiediamo una commissione per verificare i costi della pubblica amministrazione in tutti i suoi comparti". Così il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni

12:08 Zaia: nessun vincitore, bene tavolo federalismo

"Non ha vinto nessuno. La cosa più importante di questo documento ritengo sia la richiesta di attivare subito il tavolo sul federalismo" ha detto il governatore del Veneto, Luca Zaia, subito dopo l'approvazione del documento da parte delle Regioni durante la seduta della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

12:08 Cota: bene confronto, no a muro contro govenro

E' soddisfatto il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, del documento approvato oggi dalle Regioni. "E' un documento positivo: non si parla più di restituzione delle deleghe e si imposta il confronto con il governo in modo costruttivo, non con un muro contro muro: questa è la via da seguire"

12:03 Errani: unità Regioni è un valore

Nessun passo indietro delle Regioni assicura il presidente della Conferenza, Vasco Errani. "Abbiamo trovato una sintesi - spiega - nessuno di noi vuole politicamente riconsegnare le deleghe. L'unità della Conferenza in un momento così difficile è un valore per le istituzioni di questo Paese. Siamo soddisfatti del risultato ottenuto oggi". Errani spiega che "Continua il nostro impegno per ottenere una risposta positiva alle nostre ragioni. Chiediamo di cambiare questa manovra iniqua e insostenibile, vogliamo la piena applicazione del federalismo fiscale e la piena corrispondenza tra le deleghe trasferite e le risorse. Non rinunciamo in alcun modo al confronto col governo, noi vogliamo la leale collaborazione"

11:50 Regioni, subito tavolo sul federalismo fiscale

Le Regioni chiedono al governo "di aprire immediatamente un tavolo per accelerare la piena attivazione del federalismo fiscale e costruire un percorso condiviso per riequilibrare la ricaduta dei tagli sotto il profilo quantitativo e qualitativo" previsti dalla manovra. Così scrivono i governatori delle Regioni e delle Province autonome in un documento approvato oggi all'unanimità dalla Conferenza. Quest'ultima chiede infine di dare immediato avvio ai lavori della Commissione straordinaria per la verifica dei costi di funzionamento di tutte le pubbliche amministrazione, come assicurato dal presidente del Consiglio nell'incontro del 9 luglio scorso

11:46 Regioni: per tutte continua a essere insostenibile

"La Conferenza delle Regioni e delle province autonome all'unanimità conferma tutte le posizioni contenute nei documenti assunti in queste settimane sulla manovra che considera insostenibile per le ricadute sui bilanci regionali". E' quanto scrivono i governatori in un documento nel quale sostengono come sia fondamentale che "alle deleghe trasferite debbano corrispondere le relative risorse"

11:44 Regioni: no a riconsegna deleghe

Per confermare "l'unità piena della Conferenza delle Regioni e delle province autonome la decisione della riconsegna delle deleghe viene accantonata". E' questo quanto scrivono, all'unanimità, i presidenti delle Regioni in un documento nel quale si dicono "fiduciosi che il percorso delineato di confronto con il governo abbia un esito pienamente positivo"

11:42 Il testo passa alla Camera

Il testo, che scade il 30 luglio, passa ora all'esame della Camera che avrà due settimane per la definitiva conversione in legge. A Montecitorio il testo arriva 'blindato' e dovrebbe essere approvato senza modifiche e con un altro voto di fiducia entro fine mese

11:35 Sì del Senato alla fiducia

Sì dal Senato alla fiducia chiesta dal governo sul maxiemendamento alla manovra correttiva. I sì sono stati 170, i no 136, nessun astenuto. Hanno votato a favore i senatori del Pdl, della Lega e dell'Mpa, contrari Pd, Idv, Udc e Api. I senatori a vita non hanno partecipato al voto

11:04 Polverini: spazio per unità e dialogo con il govenro

"C'è ancora spazio per l'unità e per riprendere il dialogo con il governo" ha detto il presidente della Regione Lazio Renata Polverini a margine dell'odierna seduta della Conferenza delle Regioni

11:02 Errani: non rinunciamo a lavorare per cambiarla

"Da qui a quando arriveranno le conseguenze di questa manovra ci sarà tempo di lavorare; noi non rinunciamo a cercare di cambiarla" ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, arrivando alla sede della Conferenza per l'inizio dei lavori. "I tagli sono squilibrati", ha ripetuto Errani

11:01 Cota alla conferenza delle Regioni

Arrivando alla riunione, Roberto Cota, governatore del Piemonte, ha detto di non sapere se ci sono margini per una soluzione comune all'interno dell'assemblea delle regioni. Ai giornalisti che gli chiedevano se oggi i governatori troveranno una posizione unitaria, ha risposto: "Non lo so, vedremo"

11:00 Zaia: serve dialogo con governo

"Oggi abbiamo l'opportunità di incontrarci e capire il da farsi. Da parte mia c'è la volontà di trovare una soluzione e di metterci sulla carreggiata giusta: quella del dialogo con il governo" è la posizione espressa dal presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, appena arrivato alla Conferenza delle Regioni. "Dovremo lavorare fino al 2011 - ha detto il governatore - per parlare delle ricadute che avrà la manovra. Intanto va fatto partire subito il tavolo sul federalismo fiscale"

10:59 Formigoni: Regioni sempre unite in questi anni

"La Conferenza delle Regioni è sempre stata unita in questi anni; andiamo a lavorare, abbiamo una mattinata per confrontarci" ha detto il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, arrivando alla sede della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

10:58 Draghi: giusto fare presto, vedremo risultati

"Era inevitabile agire al più presto", dice il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, parlando all'assemblea dell'Abi della manovra economica. "Se la correzione possa effettivamente consentire di raggiungere gli obiettivi di indebitamento netto potrà essere valutato solo nei prossimi mesi, anche tenendo conto del quadro macroeconomico e delle sue retroazioni sul bilancio", ha poi aggiunto Draghi, indicando anche che "la stima degli effetti del contrasto all'evasione presenta incertezze"

10:51 Iniziata prima chiama per voto fiducia al Senato

Dopo la conclusione delle dichiarazioni di voto è iniziata la prima chiama per il voto di fiducia richiesto dal governo sulla manovra economica

10:48 Garavaglia (Lega): sì a misure strutturali

La manovra correttiva contiene anche "misure strutturali", a partire dagli interventi sulle pensioni, e la Lega Nord è pronta a votare sì alla fiducia posta dal governo nell'Aula del Senato sul maxiemendamento. Lo afferma il senatore della Lega Massimo Garavaglia nel corso del suo intervento durante le dichiarazioni di voto nell'Aula di Palazzo Madama

10:27 Gasparri (Pdl): si apre stagione di crescita e sviluppo

"Grazie alla manovra apriremo una stagione di crescita e sviluppo" ha detto il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri sottolineando "il forte consenso delle parti sociali". "In Germania sono stati tagliati i dipendenti pubblici, in Italia no. Si riducono le forze armate, in Italia no. In Francia c'è la rivolta contro la riforma previdenziale, noi abbiamo fatto una grande riforma senza un'ora di sciopero e con il consenso del Paese e delle classi sociali. In Gran Bretagna si taglia la spesa pubblica del 25%, si aumenta l'Iva. In Spagna il calcio va meglio della politica". Alle nuove generazioni - replica Gasparri alla Finocchiaro - ci si pensa tutelando i conti pubblici"

10:21 Finocchiaro (Pd): no a manovra iniqua

"Questa manovra è fortemente iniqua e recessiva destinata a impoverire il Paese di ogni prospettiva di crescita e sviluppo" afferma il presidente dei senatori Pd, Anna Finocchiaro, nel suo acceso intervento in aula al Senato durante il quale alzando il tono della voce ha richiamato il presidente Schifani chiedendo silenzio: "Non riesco a parlare con questo brusio e non riesco a farmi sentire da nessuno". La senatrice ha ricordato il tasso di disoccupazione giovanile che in Italia è al 25,4% ''più del triplo del tasso nazionale e più alto di quello europeo che è del 19,8%. Critiche poi ai tagli ai tasferimenti alle Regioni che si troveranno costrette a ridimensionare i servizi e all'unica modifica concessa, ossia quella di fare decidere ai governatori dove tagliare. "Il riferimento all'Europa - dice Finocchiaro rivolgendosi a Tremonti - non può valere per il saldo contabile e non valere per il trattato di Lisbona, per l'istruzione, per il lavoro. Le parole austerità e rigore hanno un senso se insieme c'è un'altra parola: giustizia"

10:03 D'Alia (Udc): no a provvedimento iniquo

Il senatore Gianpiero D'Alia ha motivato il no dell'Udc alla manovra accusando il governo di aver messo in campo un provvedimento "iniquo e inadeguato" che va a colpire soprattutto le famiglie monoreddito, e con figli. "La fiducia - ha detto D'Alia - non è atto di coraggio o di forza, è figlia della soggezione politica e della schiavitù a una piccola parte del Paese. La fiducia che votate oggi è un atto di sottomissione al vero padrone del governo, cioè alla Lega Nord"

09:56 Mascitelli (Idv): no a fiducia

Il senatore Alfonso Mascitelli ha annunciato il voto contrario dell'Italia dei Valori perché ritiene che la questione sulla fiducia posta dal governo "è l'ennesima menzogna che si sta propinando al nostro Paese, perché non potrà stabilizzare i conti pubblici". Ma soprattutto perché la questione di fiducia posta dal governo "è un atto di viltà politica - ha detto Mascitelli - di aver fuggito ogni occasione di confronto politico e con le istituzioni. E' viltà politica aver tentato fino all'ultimo di introdurre condoni, mortificare diritti acquisti. Diamo atto alla Lega, almeno loro sono riusciti ad avere la proroga ulteriore di pagamenti sanzionatori a 15 e 20 anni"

09:54 Pistorio (Mpa): questa volta votiamo sì

"Pacta sunt servanda e quindi questa volta votiamo la fiducia al governo" afferma il senatore Giovanni Pistorio nel corso del suo intervento durante le dichiarazioni di voto sulla fiducia. Il movimento per le Autonomie- Alleati per il Sud evidenzia sopratutto le luci e le ombre legate agli interventi sul mezzogiorno e sottolinea come grazie anche al contributo dei propri senatori si sia trovata comunque una "soluzione soddisfacente" nel corso dell'esame parlamentare

09:52 Cocer carabinieri in seduta permanente

"Il Cocer Carabinieri, dopo le allarmanti notizie che pervengono sul decreto della manovra correttiva, ha deciso di permanere ininterrottamente nella propria sede fino a data da destinarsi, per monitorare gli sviluppi del provvedimento, in modo che non venga ulteriormente danneggiato il personale rappresentato e senza escludere azioni più forti nel caso in cui le aspettative del personale vengano disattese" si legge in una nota pubblicata sul sito dell'Arma

09:45 Bruno (Api): è iniqua, votiamo no

La manovra "è iniqua, insufficiente, modesta" e per questo "annunciamo il nostro voto contrario": lo afferma il senatore dell'Alleanza per l'Italia (Api) Franco Bruno nel corso del suo intervento durante le dichiarazioni di voto. La manovra varata dal governo è "stata contestata in tutta Italia. Non ci sono - sottolinea il senatore dell'Api - le risorse per il federalismo e comunque quello che c'è non serve al Paese. Tremonti lo sa ma lo deve nascondere"

09:44 Tremonti al Senato durante dibattito

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti è arrivato al Senato per presenziare al dibattito sul voto di fiducia posto dal governo sul maxiemendamento con le misure della manovra economica

09:37 Al via le dichiarazioni di voto

Al via le dichiarazioni di voto, nell'Aula del Senato, sulla fiducia chiesta dal governo sulla manovra. Il voto si terrà nel corso della mattinata. Il testo, che deve essere convertito in legge entro fine luglio, passerà poi all'esame della Camera

09:36 Ancora tensioni nel Pdl

Messa in sicurezza la manovra con la richiesta del voto di fiducia contestato dall'opposizione, le preoccupazioni sulla stabilità del governo continuano a riguardare le tensioni interne al Pdl e l'iter del disegno di legge sulle intercettazioni. Le dimissioni di ieri di Nicola Cosentino, sottosegretario all'Economia, hanno solo abbassato la temperatura delle polemiche

09:35 I tagli previsti per Regioni, Province e Comuni

Tra i tagli, spiccano quelli per Regioni, Province e Comuni. I governatori, in particolare, minacciano - con l'eccezione dei presidenti leghisti di Veneto e Piemonte - di restituire al governo le loro deleghe in materia di servizi e incentivi economici. Torneranno a riunirsi nei prossimi giorni per esaminare la situazione

09:34 Le modifiche del maxiemendamento

Il maxiemendamento del governo recepisce tutte le modifiche della Commissione bilancio: dilazionamento delle tasse per le popolazioni colpite dal terremoto in Abruzzo, blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, novità sulle pensioni per le donne del pubblico impiego, riduzione degli stipendi dei manager e dei budget a disposizione dei ministeri, taglio dei costi della politica. Entrano in vigore anche le nuove norme per la libertà d'impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per le case non accatastate

09:34 Oggi il voto di fiducia

E' previsto per oggi al Senato il voto di fiducia chiesto dal governo sul maxiemendamento che modifica il decreto sulla manovra economica approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 25 maggio con misure di risparmio pari a 25 miliardi di euro

 

 

 

 

Un salto nel buio

di TITO BOERI

A scatola chiusa, meglio sigillata, il Senato oggi voterà la manovra economica. Avremo il solito maxiemendamento (un solo articolo per circa 600 commi) da approvare o rigettare nella sua totalità: o tutto o niente. Sarà un voto di fiducia, politico anziché sui contenuti della manovra. Fin qui nulla di nuovo. Ma questa volta i senatori voteranno ancora più al buio del solito. Dovranno davvero fidarsi dell'esecutivo: a poche ore dal voto dell'Aula non era infatti ancora disponibile la tabella che riassume e quantifica gli effetti delle variazioni apportate al testo originario del decreto nell'ultimo mese e mezzo. Come spesso accade, queste modifiche vengono introdotte all'ultimo momento dai sottosegretari e possono anche differenziarsi significativamente da quelle approvate in Commissione Bilancio.

La manovra è importante, ma piccola al cospetto degli altri paesi europei. Se da noi ci sono "lacrime e sangue", chissà cosa dovrebbero dire i cittadini francesi e belgi, che subiscono un aggiustamento fiscale tre volte superiore al nostro. Per non parlare dei cittadini di paesi nell'epicentro della crisi con aggiustamenti da cinque (Portogallo) a dieci (Irlanda) volte maggiori del nostro. Non possiamo che augurarci che non si rendano fra un anno necessari nuovi interventi correttivi, date dimensioni e crescita inarrestabile del nostro debito pubblico. Aumenta di 1.300 euro al secondo. Ci sono, peraltro, molte scommesse nel decreto, dal successo della lotta all'evasione, che conta per un terzo della manovra, al fatto che i tagli ai consumi intermedi dei Ministeri siano tagli veri e non semplici rinvii di spese ad esercizi futuri. Le misure draconiane inizialmente previste in caso di accertamento di somme dovute al fisco sono state fortemente depotenziate in Commissione Bilancio dopo le proteste di Confindustria e questo non potrà che avere effetti significativi sulle entrate.

Se il governo aveva poco margine nel decidere l'entità dell'aggiustamento, posti i vincoli internazionali, e certamente non poteva fare una cura dimagrante ancora meno impegnativa, certamente aveva ampi margini nel decidere la composizione (fra maggiori entrate e minori spese), la qualità (gli effetti sulla crescita economica) e il profilo distributivo della manovra. È principalmente su questi aspetti che deve essere, dunque, giudicato il suo operato.

La composizione della manovra è molto diversa da quella inizialmente annunciata e da quanto previsto in altri paesi. Ben il 40 per cento dell'aggiustamento è legato a maggiori entrate, anziché a minori spese. Nel Regno Unito i tagli alle spese (soprattutto dei ministeri) contribuiscono fino all'80 per cento della manovra. Anche in Belgio, Germania, Irlanda e Spagna la parte preponderante della manovra avviene sul lato delle spese. I nostri tagli alle spese sono peraltro fortemente concentrati (al 60 per cento) sulle autonomie locali. È quanto avviene, in paesi come Germania e la Svizzera, dove in gran parte il federalismo c'è già e c'è un legame forte fra tasse e gestione della spesa a livello locale, che impone maggiore disciplina ai politici nella gestione dei bilanci decentrati. Da noi il rischio che questi tagli si trasformino in aumento del debito locale è molto più forte. I tagli all'amministrazione centrale dello Stato sono stati inoltre ulteriormente depotenziati dal passaggio parlamentare. Gli emendamenti agli articoli 6, 7, 8 e 9 della manovra sono tutto un fiorire di deroghe. Come dire, i tagli meglio farli fare agli altri.

La qualità della manovra non è certamente migliorata dopo gli emendamenti. Sono state accolte le richieste dei gruppi che avevano maggiore potere contrattuale. Stupisce, in questo quadro, lo scarso peso politico delle Regioni, che non sono riuscite minimamente a incidere sul testo. I commi sulla cosiddetta "premialità" sono una presa in giro. Come possono le Regioni mettersi d'accordo nel ripartire una quota (circa un ottavo) dei tagli? Chiunque subirà in questa redistribuzione tagli ancora più consistenti prevedibilmente si opporrà strenuamente a "premi" dati ad altre Regioni. Il fatto è che i nuovi Governatori della Lega hanno rotto il fronte, forse perché hanno portato a casa il rinvio del pagamento delle rate delle quote latte, un'operazione che costerà fino a 25 milioni di euro di multa al contribuente italiano. Si è, invece, evitato accuratamente di ricalibrare la manovra verso interventi a sostegno della crescita e dell'occupazione e riforme strutturali. Mentre altrove la manovra sostiene la ricerca, da noi i tagli più consistenti hanno sin qui riguardato proprio l'istruzione terziaria. Scelta quanto meno singolare.

È solo peggiorato in Parlamento il profilo distributivo della manovra. Sancito l'abbandono di ogni intervento di contrasto alla povertà, con l'esaurimento della carta acquisti, messo da parte ogni disegno di ampliamento della copertura degli ammortizzatori sociali, si è operato chirurgicamente per introdurre trasferimenti dai ricchi ai poveri. Il blocco degli automatismi stipendiali nella scuola e nell'università colpisce coloro che hanno le retribuzioni più basse, i più giovani, che subiscono perdite fino a un terzo del loro reddito netto, secondo le stime di Baldini e Caruso (www.lavoce.info 1), quando i docenti con maggiore anzianità vengono quasi del tutto risparmiati dai tagli. I politici, che dovevano dare l'esempio a tutti, sono stati ulteriormente messi al riparo: il passaggio parlamentare ha annullato il taglio degli stipendi dei consiglieri di amministrazione degli enti finanziati dallo stato e ha ripristinato le indennità dei consiglieri circoscrizionali nei Comuni più grandi. Dopo aver ascoltato per giorni i titoli di testa del Tg1 annunciare copiosi tagli dei costi della politica, ci siamo accorti un mese e mezzo fa che questi presunti tagli offrivano un contributo di meno di un milione ad una manovra di quasi 25 miliardi. Adesso anche quel meno di un milione sembra sparito nel nulla. Neanche il simbolo di un taglio alla politica ci hanno lasciato. Ma non lo verremo certo a sapere dal Tg delle 20.

(15 luglio 2010) © Riproduzione riservata

Bollette gas "contenute da ottobre"

Allarme per incentivi delle rinnovabili

Il presidente dell'Autorità per l'energia e il gas in Parlamento fa il punto: "I consumatori beneficino delle dinamiche di mercato. Se non si distribuisce il costo degli incentivi sulla fiscalità rischio "aumento tariffe oltre il 20% da qui al 2020"

Bollette gas "contenute da ottobre" Allarme per incentivi delle rinnovabili

ROMA - L'autorità per l'energia e il gas annuncia un contenimento delle bollette del gas dal prossimo ottobre. "Per trasferire sollecitamente ai consumatori i primi benefici emergenti dalle nuove dinamiche del mercato internazionale (rinegoziazioni di contratti di lungo termine e mercati spot) - ha spiegato il presidente dell'Autorità per l'energia Alessandro Ortis nella relazione annuale al Parlamento - opereremo un contenimento dei prezzi al consumo a partire dal primo ottobre prossimo, prima dei maggiori consumi invernali delle famiglie". L'iniziativa, "rispettosa dei contratti in essere e dell'equilibrio economico-finanziario degli operatori di settore, è pienamente giustificata in base alle informazioni in nostro possesso; rappresenta comunque - ha concluso Ortis con una stilettata a Eni - una surroga di effetti che dovrebbero invece emergere da un vero mercato all'ingrosso, così come già nel settore elettrico".

"Sono necessarie una revisione della durata e del livello delle incentivazioni, con particolare attenzione al solare fotovoltaico e una correzione dei malfunzionamenti del mercato dei certificati verdi", ha poi aggiunto Ortis, secondo cui "senza interventi, c'è il forte rischio di un aumento delle bollette fino a oltre il 20%, da qui al 2020". Secondo Ortis è necessaria la "massima efficienza" nello sfruttamento delle fonti rinnovabili, mentre "oggi il nostro sistema è molto inefficiente; il costo sopportato dai consumatori per il raggiungimento degli obiettivi citati è superiore a quello necessario. Il livello eccessivamente elevato delle incentivazioni genera inoltre distorsioni e opacità nel settore. Nel 2010, come peraltro avevamo preannunciato quasi due anni fa, il costo delle incentivazioni per le rinnovabili (fonti assimilate CIP6 escluse) supererà i 3 miliardi di euro: quasi il 10% del costo annuale del sistema elettrico nel suo complesso. Considerando che l'energia incentivata è dell'ordine dei 20 miliardi di kWh, l'incentivo medio risulta pari a circa il doppio del valore dell'energia prodotta; così paghiamo l'energia incentivata 3 volte quella convenzionale". Per questo Ortis ribadisce la necessità di "spostare una parte degli oneri per l'incentivazione delle rinnovabili dalla bolletta alla fiscalità generale". Qualora, invece, "si volessero mantenere in tariffa gli incentivi per le rinnovabili, potrebbe essere opportuno che le politiche energetiche-ambientali-industriali, proprie di Governo e Parlamento, si limitassero a fissare gli obiettivi quantitativi e temporali per ciascuna fonte, lasciando poi che sia l'Autorità (già impegnata in materia di tariffe) a stabilire le modalità per farli rispettare al minimo costo, in modo efficiente"

(15 luglio 2010)

 

 

 

 

 

 

Bce: "Ripresa debole, urgente risanare i conti"

Anche Draghi insiste: "Accelerare il riequilibrio"

Disoccupazione al massimo dal '98 e mercati condizionati dalla paura: una situazione ancora problematica quella descritta nel Bollettino della banca centrale. Il governatore: "Le banche siano più vicine alle piccole imprese"

Bce: "Ripresa debole, urgente risanare i conti" Anche Draghi insiste: "Accelerare il riequilibrio"

ROMA - Secondo il Consiglio direttivo della Bce "si prospetta un ritmo di incremento moderato e ancora discontinuo del Pil in termini reali nel corso del tempo e in tutte le economie e i settori di attività dell'area euro". Lo si legge nel Bollettino di luglio dell'Eurotower. La Bce si attende infatti "che la ripresa dell'attività sia frenata dal processo di aggiustamento dei bilanci in corso in diversi comparti e dalle prospettive per il mercato del lavoro".

"Spingere sul risanamento dei conti" - "Il risanamento dei conti pubblici dovrà essere notevolmente superiore all'aggiustamento strutturale dello 0,5% del Pil su base annua stabilito come requisito minimo nel Patto di stabilita e crescita", afferma la Bce, che sottolinea "l'importanza capitale di ripristinare gli equilibri di bilancio nel periodo successivo alla crisi".

Disoccupazione verso la stabilizzazione - ''In maggio il tasso di disoccupazione dell'area euro è stato pari al 10% e si attesta sul livello più elevato dall'agosto 1998. In prospettiva, gli indicatori sono migliorati dai loro minimi, suggerendo una stabilizzazione della disoccupazione nell'area nei prossimi mesi".

Paura sul mercato dei bond - "I mercati dei titoli di Stato dell'area euro hanno continuato a risentire pesantemente delle notizie sulle prospettive dei paesi dell'aerea che presentavano posizioni di bilancio problematiche. Sebbene i timori per il rischio sovrano siano sembrati attenuarsi leggermente a seguito dell'annuncio del meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria e del programma della Bce relativo ai mercati dei titoli, le preoccupazioni degli investitori hanno avuto il sopravvento", si osserva nel Bollettino.

Draghi: "Accelerare rientro da squilibri" - ''E' indispensabile un'accelerazione del rientro dagli squilibri dei conti pubblici''. Lo ha detto il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nel suo intervento all'assemblea dell'Abi. ''L'effetto sulla ripresa - ha aggiunto Draghi - sarà positivo se il risanamento contribuirà a ridurre gli spread sui titoli sovrani che spesso costituiscono il benchmark per la determinazione del costo del credito da parte delle banche. Ma se la nube di incertezza - ha aggiunto Draghi - che permane nei bilanci bancari non verrà rimossa, le difficolta di provvista continueranno''.

Per quanto riguarda nel dettaglio la situazione italiana, Draghi si è soffermato sulla manovra economica approvata dal governo e ha sottolineato come ''nonostante i costi in termini di crescita che la manovra implica nel breve periodo, era inevitabile agire al più presto''. Tuttavia, ha aggiunto il governatore, se la correzione possa effettivamente consentire il raggiungimento degli obiettivi di indebitamento netto potrà essere valutato solo nei prossimi mesi. ''La stima degli effetti del contrasto all'evasione presenta incertezze - ha aggiunto Draghi - e per contenere la dinamica della spesa è necessaria una decisa correzione di rotta rispetto alle tendenze dell'ultimo decennio. Il riordino dei conti pubblici e la crescita sono insieme - ha aggiunto - condizioni essenziali per la stabilità finanziaria e questa è a sua volta il pilastro su cui poggia una crescita durevole".

"All'obiettivo della crescita va orientata - secondo Draghi - la necessaria ricomposizione dell'intero bilancio pubblico. Muovono in questa direzione le riforme già avviate nella pubblica amministrazione e quelle che innalzeranno l'età di pensionamento. Il contenimento dell'evasione fiscale - ha concluso Draghi - può essere un'importante leva di sviluppo se correlato alla riduzione delle aliquote gravanti sui contribuenti onesti''.

Redditi stagnanti, lavoro incerto - Anche se l'economia italiana beneficia della ritrovata vivacità degli scambi internazionali, afferma Draghi, con il volume delle esportazioni che cresce del 9% quest'anno e del 5 per cento il prossimo, consumi e investimenti restano deboli, perché i redditi ristagnano e le prospettive di occupazione sono incerte.

A livello mondiale, osserca il governatore, la ripresa ''è diseguale, dalla tenuta incerta, ma prosegue''. Il Fondo monetario Internazionale ''stima una crescita del prodotto globale intorno al 4,5% quest'anno ed il prossimo: l'8-10% in alcuni grandi paesi emergenti, l'1 o poco più nell'area euro''. Ma, insiste Draghi, ''la ripresa, trainata dalla crescita del commercio internazionale rimane esposta a rischi: la perdurante debolezza della domanda interna nei nostri paesi; turbolenze nei mercati finanziari che, ancora fragili, reagiscono in maniera eccessiva all'acuita percezione dei rischi sovrani; possibili tensioni inflazionistiche nei paesi emergenti, che indurrebbero a politiche più restrittive''.

Draghi alle banche: "Soddisfare domanda di credito delle PMI". Rivolgendosi poi in particolare alle banche, il governatore della banca d'Italia ha chiesto che "gli istituti bancari siano più vicini alle piccole e medie imprese, pur erogando il credito con prudenza e lungimiranza". La domanda di credito delle imprese, fa notare il governatore, "aumenta, ma si ha l'impressione che le imprese piccole dicano che questa domanda non viene soddisfatta".

(15 luglio 2010)

 

 

 

IL MAXI EMENDAMENTO sul QUALE il GOVERNO HA POSTO la FIDUCIA.

Tremonti: "L'austerità è necessaria"

Manovra, il governo pone fiducia al Senato

Il ministro dell'Economia all'assemblea annuale di Confcooperative: "Un errore lo Stato centralizzato. Il federalismo serve a raddrizzare l'albero storto della finanza pubblica italiana"

Tremonti: "L'austerità è necessaria" Manovra, il governo pone fiducia al Senato Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

ROMA - "Non so se sia una ideologia ma l'austerità certamente è una necessità e una responsabilità". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che all'assemblea di Confcooperative ha sottolineato: "Siamo ad un tornante della storia, non solo per noi ma per tutti i paesi". L'austerità, ha aggiunto, "è una necessità che significa solidarietà e responsabilità". E ha ricordato che l'austerità è alla base della manovra: stamane il governo ha posto la questione di fiducia nell'Aula del Senato sul maxiemendamento al decreto legge. Il voto si terrà entro domani, dopodichè il testo che deve essere convertito in legge entro fine luglio passerà all'esame della Camera.

Infatti la crisi, ha sottolineato il ministro davanti alla platea di Confcooperative, "ha reso evidente che l'albero della finanza pubblica italiana è cresciuto storto". Tutto è iniziato, ha spiegato, "agli inizi degli anni '70 quando tutto è stato centralizzato. All'inizio di quel decennio l'Italia era l'unico Paese che non aveva una finanza locale. La finanza pubblica italiana era più federalista ai tempi del fascismo che dopo". Nel momento in cui tutto è stato centralizzato, ha ribadito Tremonti, "lo Stato ha trovato solo la strada del debito pubblico. Il federalismo serve a raddrizzare l'albero storto della finanza pubblica italiana".

In una Europa "che produce più debito che ricchezza, più deficit che Pil", la crisi, ha sottolineato Tremonti, ha segnato il passaggio necessario ad una diversa visione: "Non si può continuare così, è chiaro a tutti. Non si tratta di una fase ma di un tornante della storia". Di fronte alla crisi "nell'insieme il Paese ha tenuto, tiene e terrà".

Il ministro, che si è rivolto esplicitamente al leader della Cisl Raffaele Bonanni per ringraziare quanti hanno avuto "grande senso di responsabilità", ha quindi indicato che nonostante posizioni diverse nell'insieme la coesione sociale ha tenuto. La manovra economica, ha detto, contiene "elementi di riforma, e non solo congiunturali". E, ha aggiunto: "nessuno ha avuto l'idea" di una frattura "del clima di coesione sociale. E' questo è dovuto ad un profondo senso di responsabilità nel Paese". La manovra è stata, ha detto Tremonti, un "primo atto di condivisione" della necessità di un cambiamento netto rispetto al passato resa evidente dalla cris

(14 luglio 2010)

 

 

 

 

Napolitano, appello alla coesione

"Oppure il Paese si perde"

Il capo dello Stato riafferma la "lungimiranza" della Costituzione che "salda in un unico articolo inscindibilità della nazione e promozione delle autonomie". Sulla crisi economica: "Dovere di tutti ridurre debito"

Napolitano, appello alla coesione "Oppure il Paese si perde" Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

UDINE - "Senza coesione l'Italia si perde". Il presidente della Repubblica in visita a Udine rilancia un forte appello all'unità nazionale, riaffermando la "lungimiranza" della Costituzione vigente che "salda in uno stesso articolo l'inscindibilità della nazione italiana e la promozione delle autonomie". Su questo tema il presidente, incontrando il sindaco Furio Honsell, ha poi lanciato un monito: "Si riveda ciò che è necessario rivedere, si garantisca il massimo di snellezza e semplificazione nell'articolazione del nostro Stato", ha detto Napolitano raccomandando di salvare i vari livelli di autonomia regionale e locale e di riconoscere "l'importanza decisiva dei Comuni che sono le istituzioni più vicine ai cittadini e ai loro bisogni".

Oggi, ha aggiunto Napolitano, si deve proseguire sulla strada tracciata perché "un'Italia unita senza la coesione nazionale si perderebbe nel grande e tumultuoso fiume della globalizzazione. L'unità nazionale si può promuovere facendo conoscere la Costituzione e promuovendo le autonomie. Io sono profondamente impegnato nella difesa dei valori costituzionali. Ma piuttosto che usare l'espressione 'difendere la Costituzione' amo dire che è necessario far vivere e attuare la Costituzione, attuare anche il nuovo Titolo V che ha segnato la strada per uno sviluppo anche in senso federalistico del principio autonomistico che trovò già forma felice nella prima formulazione della Costituzione".

Napolitano ha poi ricordato la tragedia che ha colpito la Regione nel '76. "Tuttora è vivissimo nella memoria di tutti gli italiani l'esempio che le popolazioni del Friuli hanno dato dopo il terremoto", ha detto rivolgendosi al sindaco Honsell, ricordando lo sforzo straordinario, il senso civico e la capacità di autogoverno che furono dimostrati in occasione della ricostruzione e che sono state successivamente confermate e che risultano "ancora oggi capacità non diminuite".

Come aveva già fatto ieri da Trieste, Napolitano è tornato sulle difficoltà della crisi economica e la dissestata situazione dei conti pubblici: "Nessuna parte politica - ha detto il presidente - può sottrarsi alla responsabilità collettiva di alleggerire in modo decisivo e di consolidare il bilancio pubblico riducendo il debito che noi abbiamo accumulato e che è un pesante fardello sulle nostre spalle".

"Abbiamo problemi seri, dovuti a una difficoltà dell'economia internazionale" e per questo, ha ribadito, "si devono adottare misure straordinarie per consolidare i bilanci pubblici, esigenza riconosciuta in tutta Europa". In questo momento più che mai è necessario scegliere le priorità alle quali destinare le risorse e per Napolitano ai primi posti ci sono cultura, formazione e ricerca. "Sono convinto che dobbiamo credere fortemente nelle priorità da accordare a investimenti pubblici, sollecitando al tempo stesso anche quelli privati, nel campo della ricerca e della formazione", ha concluso il presidente. Il capo dello Stato ha inoltre affermato la necessità di approvare la riforma dell'ordinamento universitario all'esame del Senato.

(14 luglio 2010)

 

 

Manovra, scure sugli stipendi ai prof

governo fa marcia indietro su disabili

Un milione di addetti alla scuola (insegnanti e non) vedranno bloccati gli scatti, con perdite a fine carriera da 29 a 42 mila euro a testa. L'esecutivo ripristina il tetto di 20 alunni nelle classi che accolgono disabili

di SALVO INTRAVAIA

Manovra, scure sugli stipendi ai prof governo fa marcia indietro su disabili

LA MANOVRA economica anticrisi del governo colpisce duramente gli stipendi dei docenti e dei lavoratori della scuola. Ma almeno fa un passo indietro sui disabili ripristinando il tetto massimo di venti alunni nelle classi frequentate da portatori di handicap. Il limite era stato cancellato da un emendamento al disegno di legge da 25 miliardi, approvato due giorni fa in commissione Bilancio al Senato ma questa mattina il governo, nel presentare il maxiemendamento sul quale ha posto la questione di fiducia, è ritornato sui suoi passi.

"Nel maxiemendamento - ha riferito il presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, al termine della conferenza dei capigruppo - il governo ha apportato delle modifiche alla parte che riguardava il numero degli alunni nelle classi con disabili, togliendo la norma che avrebbe cancellato il limite di 20 alunni". Il testo precedente aveva suscitato le vibranti polemiche delle opposizioni e delle associazioni di alunni disabili. Anna Serafini, presidente del Forum infanzia e adolescenza del Pd, esprime "grande soddisfazione per il ritiro dell'emendamento sul tetto dei 20 alunni per classi con disabili". "E' una vittoria frutto della battaglia che come Pd abbiamo condotto insieme alle più significative associazioni del settore, come Fish e Fand, al mondo della scuola, ai sindacati e alle professioni. Ciò dimostra - prosegue - che quando si hanno idee e valori forti come quelle della difesa dei diritti dei bambini disabili e quando ci si impegna tutti insieme, questi valori fanno breccia anche in chi ha posizioni politiche diverse".

L'emendamento presentato dai senatori Giuseppe Esposito e Cosimo Latronico (Pdl) non lasciava spazio a dubbi. "Le classi e le sezioni delle scuole e istituti di ogni ordine e grado che accolgono alunni con disabilità possono essere costituite anche in deroga al limite previsto dall'articolo 5, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81". Cioè: 20 alunni per classe. Una variazione che avrebbe consentito al ministero dell'Istruzione, di concerto con quello dell'Economia, di stipare più alunni anche nelle classi con disabili. Infatti, in tutto il primo ciclo dell'istruzione italiana (dalla scuola dell'infanzia alla media) le classi che accolgono uno o più disabili rappresentano la maggioranza. Alla materna sono addirittura 89 su 100. E la norma che prevede un tetto massimo agli alunni per classe, sforato in tantissimi casi, riduce le possibilità di tagliare ulteriori posti in organico.

Ma i più colpiti dalla scure della manovra sono gli insegnanti e gli Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) della scuola come mai era accaduto prima. E questo nonostante le aperture del ministro Tremonti di qualche settimana fa e le rassicurazioni di buona parte del sindacato. Ma allo stato dei fatti, cioè dopo il passaggio dell'articolato in commissione bilancio, il blocco degli scatti di stipendi automatici per il personale della scuola non è stato minimamente toccato.

I due commi che "massacrano", come dichiarano i Cobas, la scuola sono nell'articolo 8 (il comma 14) e nel successivo articolo 9 (il comma 23). Il primo spiega, in maniera piuttosto criptica, che "Fermo quanto previsto dall'articolo 9, le risorse di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono comunque destinate, con le stesse modalità di cui al comma 9, secondo periodo, del citato articolo 64, al settore scolastico". Un modo per dire che il 30 per cento dei "risparmi" effettuati in tre anni nel comparto scuola, per effetto del taglio di 133 mila posti, che erano destinati a premiare il merito verranno destinati a coprire il miliardo di debiti che lo stato ha nei confronti delle scuole. E addio merito.

Il comma 23 dell'articolo 9 stabilisce semplicemente che "Per il personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) della scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti". Fatti due conti, un milione di addetti alla scuola (insegnanti e non) vedranno bloccati gli scatti sessennali automatici, con una perdita che fino a fine carriera si aggira dai 29 ai 42 mila euro a persona. Ma non solo: pensioni e buonuscite saranno più leggere e i meno fortunati vedranno calare il potere d'acquisto del proprio salario del 20 per cento in appena 9 anni. In questo modo il governo conta di ricavare quasi 19 miliardi di euro. E anche il contratto, già scaduto nel 2009, non verrà rinnovato per un triennio.

Sulla questione degli scatti la protesta del mondo della scuola non si è fatta attendere: i Cobas hanno proclamato lo sciopero degli scrutini, la Flc Cgil uno sciopero generale e gli altri sindacati una manifestazione. Insomma: tutti contro Tremonti, che un paio di settimane fa apre a Cisl, Uil e Gilda lasciando intendere che il gruzzolo del 30 per cento (2 miliardi di euro in tutto, ma ancora da verificare) poteva essere stornato per ripristinare gli scatti degli insegnanti. Ma gli emendamenti approvati finora in commissione Bilancio al senato parlano un'altra lingua.

"La destinazione delle risorse previste dal presente comma - a proposito del 30 per cento, si legge in uno dei tanti emendamenti presentato dal relatore, il senatore Azzolini - è stabilita con decreto di natura non regolamentare del ministro dell'Istruzione dell'università e della ricerca di concerto con il ministro dell'Economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative". E a proposito degli scatti, alla fine del famigerato comma 23 è stata aggiunta la dicitura: "E' fatto salvo quanto previsto dall'art. 8, comma 14", che consentirebbe al governo di stornare i risparmi per finanziare il blocco degli scatti ma che per la senatrice del Pd, Mariangela Bastico, non garantisce gli insegnanti.

(14 luglio 2010)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-07-12

Quote latte, Galan contro Lega

"Si dimetta chi causa multe Ue"

Il ministro dell'Agricoltura attaccai parlamentari che chiedono il rinvio dei pagamenti: "Massima fiducia in Tremonti". Produttori italiani alla manifestazione davanti alla sede del Consiglio Ue. Il commissario Ciolos: "Italia deve rispettare norme"

Quote latte, Galan contro Lega "Si dimetta chi causa multe Ue" Il ministro delle politiche agricole, Giancarlo Galan

BRUXELLES - Le quote latte dividono la maggioranza. Appena arrivato a Bruxelles per il Consiglio Ue dei ministri europei dell'Agricoltura, il ministro Giancarlo Galan è tornato ad attaccare la Lega e il suo lobbismo in favore degli allevatori: "Spero che il Parlamento italiano abbia un minimo di dignità", ha detto Galan che si è domandato "con quale credibilità un ministro può affrontare una battaglia come questa per la politica agricola comune. Con quale faccia si presenta in un consesso europeo quando in Italia deliberatamente i parlamentari della maggioranza vanno contro le norme europee?". Il riferimento è all'emendamento alla manovra economica

presentato dal relatore Azzollini in Senato e che ha procurato una dura lettera di richiamo 1 da parte del commissario all'Agricoltura Dacian Ciolos, che ha avvertito che l'Italia rischia ora una procedura d'infrazione.

Alla domanda se intenda dimettersi, il ministro ha risposto: "Si dimetterà chi causa multe e sanzioni europee all'Italia". Il ministro aveva preannunciato le sue possibili dimissioni dall'incarico se il Parlamento italiano avesse approvato la proroga a fine anno del pagamento delle multe da parte di quegli allevatori che non hanno rispettato le quote latte stabilite dall'Ue. La Lega Nord appoggia la battaglia di questi allevatori, in contrasto con il Pdl. "Oggi sono qui a Bruxelles - ha aggiunto - per dare una sensazione di serietà alla presenza italiana a Bruxelles; mentre là difendono un piccolo manipolo di trasgressori". "Il guaio ora è - ha concluso Galan - che tutti in Europa vedono quel che facciamo noi e questo ci deve preoccupare".

Ho fatto quello che ha detto Berlusconi. "Se sono qui, oggi a Bruxelles, evidentemente il presidente del Consiglio Berlusconi mi ha detto di fare quello che ho fatto. Mi sarei probabilmente dimesso se, giovedì sera a casa di Berlusconi, prima del Consiglio dei ministri, lui mi avesse detto: 'Giancarlo lascia perdere, sai gli accordi, gli equilibri, chiudi un occhio, cosa cosa vuoi che sia una multa in più o una in meno, o ancora, non dire niente, trova una scusa per non andare'. Se Berlusconi avesse detto cosiì probabilmente a quest'ora, non sarei a Bruxelles, sarei a casa'', ha argomentato Galan.

Massima fiducia in Tremonti. Galan, poi, ha detto di confidare nel collega dell'Economia Giulio Tremonti per arrivare ad una soluzione che sia degna di un ''Paese civile''. ''La mia massima fiducia è in Tremonti, perché non credo abbia voglia di giocarsi la reputazione per inserire un emendamento del genere'', dice Galan, riferendosi alla norma che rinvia al 31 dicembre il pagamento delle multe sulle quote latte, rinvio per il quale l'Italia rischia l'apertura di una procedura d'infrazione da parte dell'Unione Europea. E a chi insiste nel chiedergli quali siano le sue intenzioni, l'ex governatore del Veneto ripete: ''A casa non ci vado, intanto perché darei troppa soddisfazione a chi sarebbe contento che me ne andassi. E poi perché ci sono tante, ma tante cose da mettere a posto e quella delle quote latte è una di queste''.

La minaccia della Ue. Sulle quote latte l'Italia "deve rispettare le norme Ue: la legislazione è molto chiara": secondo il commissario all'Agricoltura Dacian Ciolos, insomma, non c'è spazio per negoziare con quegli allevatori che chiedono una proroga nel pagamento delle sanzioni per il superamento delle quote. "Spero che l'Italia prenderà tutte le misure necessarie per rispettare la legge sulle quote latte - ha detto Ciolos al termine del Consiglio Agricoltura che si è tenuto oggi a Bruxelles - altrimenti l'Ue dovrà agire". L'avvertimento era arrivato già il 10 luglio proprio dal commissario all'Agricoltura che, in una lettera inviata a Galan, anch'egli fortemente contrario all'emendamento approvato per un solo voto in commissione al Senato che prevede un rinvio a dicembre del pagamento delle rate a carico degli agricoltori per le multe per le quote latte (a partire dalla rata del 30 giugno). Le parole di Ciolos non lasciano dubbi sulle intenzioni della Ue: se l'emendamento sulle quote latte "dovesse essere adottato la Commissione sarebbe costretta ad avviare la procedura appropriata ai sensi del Trattato", scatterebbe cioè la procedura d'infrazione. "Non c'è alcun dubbio che la sospensione dei pagamenti, prevista nell'emendamento, sarebbe non solo in netto contrasto con il diritto Ue ma anche con i ripetuti impegni, assunti a livello politico dal Governo italiano, di imporre una rigorosa ed efficiente applicazione del regime delle quote latte in Italia" scrive ancora il commissario Ue, prendendo tuttavia nota del fatto che il ministro italiano "ha espresso netta contrarietà a tale emendamento". Inoltre, "sospendere i pagamenti sarebbe non solo in contrasto" con la Decisione unanimemente adottata dal Consiglio nel 2003, "ma priverebbe - sottolinea ancora Ciolos - anche gli agricoltori italiani interessati dei vantaggi finanziari di quel piano che consiste nel pagare i prelievi senza interessi su 14 anni invece di pagare l'intero debito in una unica soluzione". "Mi è d'obbligo sottolineare - prosegue il commissario - che il diritto Ue impone all'Italia di assicurare l'effettiva riscossione dei prelievi sulle eccedenze dovuti dai produttori di latte". Perciò, se sospendesse l'applicazione del piano di rateizzazione approvato nel 2009, "l'Italia sarebbe ancora più distante dall'adempimento dei suoi obblighi di riscossione ai sensi del diritto Ue. Questo aggraverebbe le preoccupazioni cui la Commissione ha recentemente dato voce nel suo rapporto al Consiglio del 26 Marzo 2010 a riguardo dell'estrema lentezza - bacchetta ancora Ciolos - con la quale l'Italia opera l'esazione dei prelievi sulle eccedenze che non sono oggetto del piano di rateizzazione del 2003". Nella missiva Ciolos ricorda tra l'altro al ministro delle Politiche agricole che la strada della richiesta dilazionatoria sulla annosissima vicenda delle quote latte (la loro introduzione risale ormai a 26 anni fa con l'allora ministro Pandolfi) è già stata battuta dall'Italia, ma senza successo: "Il suo predecessore ha già effettuato una richiesta di dilazione del pagamento della sesta rata prevista dal piano di rateizzazione del 2003", richiesta però rigettata a suo tempo dalla Commissaria Fischer Boel in ragione del fatto che l'accordo prevedeva chiaramente il rimborso mediante rate annuali di uguale importo.

La protesta dei trattori. Dopo sei mesi di tregua, i produttori del latte manifestano oggi davanti alla sede della Commissione Ue dove è previsto l'arrivo di migliaia di agricoltori con i loro trattori. Da stamane la sede del Consiglio Ue, dove si tiene la riunione dei ministri agricoli dei 27, e il palazzo Berlaymont, sede dell'esecutivo europeo, sono circondati da cavalli di frisia per tenere a distanza i manifestanti e molti sono i poliziotti mobilitati. Alla manifestazione di Bruxelles - indetta dall'European Milk Board (Emb) - saranno presenti anche oltre un centinaio di produttori italiani, partiti ieri sera da Brescia in due pullman. Li guida Roberto Cavaliere, rappresentante nazionale del Copagri e membro dell'Emb. "Se da parte degli allevatori c'è la volontà di pagare, 'senza furbizie', una volta accertata la realtà dei fatti - spiega Cavaliere -, vorremmo che da parte dell'Amministrazione vi fosse adeguata sensibilità e disponibilità per venire incontro ad aziende che stanno resistendo strenuamente al fallimento con il solo obiettivo di dare seguito ad una prospettiva di produzione di latte effettivamente italiano. "È ormai chiaro - aggiunge - a tutti che l'Italia subisce un import selvaggio ed illegale di prodotto sulla cui provenienza e salubrità non vi sono certezze. Le ultime cronache testimoniano, anzi, rischi per la salute umana, oltre che danni per l'economia. Chiediamo solo questo: accertamento della verità e disponibilità a sostenere le aziende sull'orlo del baratro per il superamento della grave crisi, oggi più che mai caratterizzata da un saldo nettamente negativo tra costi e ricavi".

(12 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-11

I tagli uccidono il federalismo regionale

addio a 5 miliardi di autonomia impositiva

I trasferimenti da fiscalizzare non ci sono più: sono stati già sforbiciati dal decreto. Emendamento-beffa del governo: nella costruzione federalista non si calcola la manovra

di ROBERTO PETRINI

I tagli uccidono il federalismo regionale addio a 5 miliardi di autonomia impositiva I governatori Errani, Formigoni e Polverini

ROMA - L'espressione più densa di sarcasmo e un po' macabra, l'ha usata il governatore della Puglia, Nichi Vendola, venerdì scorso, il giorno della rottura tra le Regioni e Tremonti. "Faranno il federalismo col morto", ha detto. Non è andato tanto lontano dalla realtà perché nella battaglia delle cifre che segna ormai da mesi il federalismo fiscale ci sono pochi punti fermi e - è bene dirlo subito - la manovra d'estate e il mancato accordo, rischiano di ammazzare anche quelli.

Il primo punto fermo è un numero che compare nell'"Allegato 2" elaborato dalla Copaff, cioè la Commissione tecnica paritetica per il federalismo fiscale, che il 30 giugno ha corredato di cifre la relazione presentata dal ministro dell'Economia Tremonti. La tabella ci dice che i trasferimenti alle Regioni che devono essere soppressi, per lasciare il posto alla fiscalizzazione, cioè alla trasformazione in gettito tributario (ovvero regolari e affidabili compartecipazioni alle tasse che lasceranno le mani libere alle Regioni sul piano finanziario), valgono 7,4 miliardi.

Significa che tolti sanità, assistenza, istruzione e trasporti, che la Costituzione considera funzioni fondamentali e che non saranno finanziate con la fiscalità regionale, restano una serie di funzioni (turismo, imprese, famiglia, sostegno agli affitti, politiche giovanili, montagna e protezione civile) la cui gestione finanziaria (spese e tasse) passerà alle Regioni.

Come si è arrivati a questa cifra? Dai trasferimenti che lo Stato dà alle Regioni (pari a 96,5 miliardi) sono state tolte sanità, assistenza e istruzione. Ma l'operazione non è stata semplice perché è stato necessario verificare un requisito in più sulla cifra emersa: le somme "fiscalizzabili" devono essere strutturali e permanenti. Altrimenti come trasformare in "tasse" delle spese una tantum?

Così si è scoperto che i già esigui 7,4 miliardi, che dovrebbero essere l'embrione del federalismo, non sono tutti disponibili e nemmeno strutturali. Intanto ci sono 1,8 miliardi di fondi relativi a competenze regionali ma che sono nelle mani di vari ministeri e di Palazzo Chigi che non vogliono cederli. Altri fondi - 756 milioni - sono poi la ragione stessa della vita di altri ministeri (politiche giovanili, famiglia, protezione civile e montagna): difficili da cedere. Infine, la polpa e la sorpresa: 4,8 miliardi, strutturali e finanziati, relativi alle deleghe appartenenti alle Regioni e trasformabili da trasferimenti in gettito fiscale "puro e responsabile".

Ma ecco il colpo di scena finale. La cifra di 4,8 miliardi è quasi uguale a quella tagliata dalla manovra, ovvero 4,5 miliardi. Il federalismo viene ucciso nella culla. Perché il taglio è strutturale e dunque non si potrà fiscalizzare nulla. Così il decreto attuativo del federalismo, atteso per maggio 2011, rischia di non avere alcuna base. Se ne è accorto anche il governo che, paradossalmente, ha aggiunto un comma all'articolo 14 della manovra che recita: "In sede di attuazione dell'art. 8 della legge 42, in materia di federalismo fiscale, non si tiene conto del primo e del secondo periodo del presente comma". Altrimenti il federalismo sarebbe veramente una costruzione metafisica.

(11 luglio 2010)

 

 

 

2010-07-10

MANOVRA

Le Regioni si rivolgono a Napolitano

Le associazioni: "Rischio recessione culturale"

Lettera aperta al governo di Federculture, Civita, Fai, Italia Nostra, Legambiente e WWF. Il 26 scioperano i diplomatici italiani, che denunciano un "preludio allo smantellamento" del ministero. Il segretario del Pd Bersani si unisce alle richieste dei governatori. Quote latte, la Ue avvisa: "Rischio infrazione"

Le Regioni si rivolgono a Napolitano Le associazioni: "Rischio recessione culturale" Il segretario del Pd Pierluigi Bersani

ROMA - Proseguono le proteste nei confronti della manovra che il governo varerà nei prossimi giorni. E se i diplomatici italiani annunciano uno sciopero per il 26 luglio, parlando di uno "smantellamento" della Farnesina, e il presidente della Conferenza delle Regioni Errani si rivolge al Capo dello Stato Napolitano, per ribadire che i governatori intendono rimettere le deleghe, sei associazioni culturali e ambientali scrivono al governo, paventando il rischio di una "recessione culturale nel Paese" a causa dei tagli operati dalla manovra. E, sull'emendamento che riguarda le quote latte, la Ue avvisa: se dovesse essere confermato, l'Italia verrà sottoposta alla procedura d'infrazione.

Appello delle Regioni a Napolitano. All'indomani della rottura avvenuta al termine del vertice con il premier Berlusconi e il ministro dell'Economia Tremonti, le Regioni si rivolgono al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, confermando l'orientamento, se la manovra economica non cambierà, di trovare la strada per restituire allo Stato le deleghe per funzioni che non sono più in grado di esercitare.

Preoccupati per le ricadute sul territorio, i governatori si riuniranno in una conferenza straordinaria mercoledìprossimo, mentre la manovra sarà al vaglio dell'aula di Palazzo Madama, e non escludono di proseguire i lavori del Parlamentino anche il giorno dopo, il giovedi del voto di fiducia al Senato. Intanto, secondo quanto ha appreso l'agenzia Agi, dopo il muro contro muro andato in scena con il premier Silvio Berlusconi e il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, è stato lo stesso presidente della Conferenza delle Regioni a informare telefonicamente il Capo dello Stato delle preoccupazioni dei Governatori. Vasco Errani lo aveva annunciato, quando a nome della Conferenza, aveva chiesto di incontrare le massime cariche dello Stato. Un colloquio telefonico di pochi minuti in cui Errani avrebbe illustrato le buoni ragioni delle amministrazioni regionali nel confronto con il Governo e la ferma intenzione di proseguire un dialogo vero ed efficace, evitando scontri istituzionali.

L'intervento di Bersani. Anche il segretario del Pd Pierluigi Bersani interviene nello scontro tra il governo e le Regioni, e chiede ai governatori di spiegare chiaramente ai cittadini quali sono i tagli ai servizi essenziali che saranno costrette a fare a causa delle misure previste dalla manovra, che pesano per oltre il 50 per cento sugli enti locali, e in particolare proprio sulle Regioni.

Intervenendo al convegno del Pd a Venezia "L'isola che c'è", una scuola politica del partito dedicata agli amministratori locali, Bersani ha detto: "Si si abbassa di 14 miliardi di euro la soglia della finanza regionale locale: o sono 14 miliardi di meno di servizi o sono 14 miliardi in più di tasse. Vogliamo toglierne uno per gli sprechi? Saranno 13 miliardi, saranno 12, ma questo sta succedendo".

"Adesso le Regioni farebbero bene a spiegare ai cittadini di cosa si sta parlando - ha aggiunto Bersani - di quali servizi precisamente si sta parlando. Penso che nei prossimi giorni verranno fuori i temi crucialissimi che si stanno discutendo in queste ore: i trasporti pubblici locali, gli interventi per le piccole imprese, i servizi per la ricerca, la non autosufficienza, i servizi sociali, gli interventi sull'ambiente. Noi abbiamo le nostre proposte, garantiamo i tempi e garantiamo 24 miliardi di euro. Volete guardare le nostre proposte? C'è un modo diverso di fare questa manovra, abbiamo scritto dove andare a prendere i soldi e dove metterli in modo diverso. Certo, se si va avanti a colpi di fiducia e non si riesce mai a discutere, il problema diventa serio".

La protesta dei diplomatici. I diplomatici italiani annunciano per il 26 luglio uno sciopero contro la manovra economica, della quale "non possono accettare quei tagli, alle risorse ed al funzionamento della loro carriera di servitori del Paese, che di fatto preludono allo smantellamento della Farnesina". Lo annuncia un comunicato del Sindacato Nazionale Dipendenti Ministero Affari Esteri (Sndmae)."I diplomatici e tutti i lavoratori della Farnesina sono impegnati - si legge nel comunicato in cui si annuncia lo sciopero - a promuovere l'internazionalizzazione delle nostre imprese e ad appoggiarle quando investono e quando partecipano a gare e commesse. Senza l'impegno dei diplomatici, ci sarebbero meno posti di lavoro in Italia e meno ricchezza per il nostro Paese, le cui aziende hanno ormai - e devono avere, per vivere e prosperare - come orizzonte i mercati mondiali. Il Ministero degli Esteri, i diplomatici che dirigono le sedi all'estero e gli uffici a Roma, tutto il personale della Farnesina devono essere sostenuti perché il risultato del loro lavoro viene toccato con mano dagli italiani. Dagli italiani che scommettono sul mondo e da quelli che vogliono conoscerlo, e che la Farnesina non lascia soli in caso di crisi. Il Ministero degli Esteri, ricordiamolo, produce molto più di quanto costi al Paese".

E quella delle associazioni culturali. Federculture, Civita, Fai, Italia Nostra, Legambiente e WWF hanno diffuso oggi una lettera aperta, indirizzata al premier, al ministro per i Beni culturali e al ministro dell'Economia, nella quale si sottolinea che "l'Italia è a rischio recessione culturale", e che i tagli operati dalla Finanziaria mettono in discussione "la tutela e la promozione del nostro patrimonio culturale e ambientale, sancita dall'art.9 della Costituzione", e penalizzano "un settore vitale che contribuisce positivamente all'economia del Paese, con conseguenze negative sulle possibilità di uscita dall'attuale crisi e sulle prospettive di una futura e duratura crescita".

"La riduzione del 50% delle risorse destinate agli istituti culturali - si legge ancora nella lettera - quasi fossero tutti enti inutili, senza l'individuazioen di criteri o parametri oggettivi che valutino l'effettiva esistenza di sprechi, decreterà un ulteriore e indiscriminato abbassamento dell'intervento pubblico per la cultura, che mette ormai a rischio quantità e qualità dei servizi culturali nel Paese".

Quote latte, la Ue: "Italia a rischio infrazione". Se l'emendamento alla manovra sulle quote latte "dovesse essere adottato, la Commissione sarebbe costretta ad avviare la procedura appropriata ai sensi del Trattato", scatterebbe cioè la procedura d'infrazione. Lo scrive il commissario europeo all'Agricoltura Dacian Ciolos in una lettera al ministro delle politiche agricole Giancarlo Galan, aggiungendo di appoggiare "pienamente la netta posizione" espressa da Galan in materia. Ieri in commissione al Senato è passato per un voto un emendamento che prevede lo slittamento a fine anno (dal 30 giugno) della restituzione delle multe da parte degli agricoltori, sulle quote latte.

(10 luglio 2010)

 

 

 

 

Berlusconi chiede l'aiuto di Bertone

"E' il momento che l'Udc torni da noi"

Il tentativo fallito del Cavaliere a cena da Vespa con Draghi e Geronzi. Il Cavaliere offre all'ex alleato il ministero degli Esteri e la vicepresidenza. Ma il centrista blocca le avances

di FRANCESCO BEI

Berlusconi chiede l'aiuto di Bertone "E' il momento che l'Udc torni da noi" Pierferdinando Casini

GIOVEDI' SERA. Poco prima di mezzanotte, una mercedes nera targata Città del Vaticano s'allontana per la discesa di via Gregoriana, a due passi da piazza di Spagna. Seduto dietro, il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Poco dopo, dallo stesso portoncino, escono nella notte romana Cesare Geronzi e Mario Draghi. Cosa ci facevano alla stessa tavola il primo collaboratore del Papa, il governatore della Banca d'Italia e il presidente di Generali? Assistevano all'ultimo, caparbio, tentativo del Cavaliere di evitare lo sfarinamento della sua maggioranza, iniettando forze fresche - quelle dei centristi di Pier Ferdinando Casini - in un momento di grande difficoltà.

L'occasione la crea Bruno Vespa che, con l'idea di voler festeggiare "con qualche amico" i suoi 50 anni di giornalismo, offre la sua terrazza su Trinità de Monti per una spericolata (e per ora infruttuosa) operazione politica. Dunque Berlusconi. Accompagnato da Gianni Letta, il premier appare da subito deciso a tentare l'affondo finale. Anche la cornice - da Bertone, rappresentante del Vaticano a Geronzi, custode del nuovo assetto finanziario italiano - sembra creata apposta per accerchiare Casini. Almeno così spera Berlusconi, che stavolta è pronto a mettere tutto sul piatto pur di imbarcare "Pier Ferdinando" e lasciare a terra quel "traditore" di Fini. La presenza del segretario di Stato vaticano, agli occhi del premier, dovrebbe rendere più "ragionevole" il cattolico Casini. Una convinzione tratta dai contatti con i vertici d'Oltretevere, per i quali Letta aveva ricevuto un incarico preciso. Così, dopo un vago richiamo alle "comuni radici del Ppe", il Cavaliere mette i piedi nel piatto: "Pier, noi apparteniamo alla stessa famiglia, i nostri elettori sono gli stessi. Cosa ci fai in quella compagnia di giro? Il tuo posto è alla guida del paese accanto a me. Se solo volessi potresti fare il vicepresidente del Consiglio, saresti il numero due del governo. Sceglieresti tu il successore di Scajola e magari potreste avere anche la Farnesina". Un'offerta succulenta e del resto il premier ha assoluto bisogno di tamponare l'emorragia finiana, costi quel che costi. Di cedere alle richieste del presidente della Camera non lo prende nemmeno in considerazione. Anzi, sta provando a sfilare a Fini tutti gli interlocutori. Compreso Francesco Rutelli, che non a caso è stato invitato da Gaetano Quagliariello ad aprire gli incontri estivi della fondazione Magna Carta.

"Fini ti ha già fregato una volta - ricorda Berlusconi a Casini - ha detto che rompeva con me e poi è corso a fare il Pdl lasciandoti da solo. Se tornassi con noi nessuno potrebbe dirti niente". Ma il leader dell'Udc, nonostante molti dei suoi non aspettino altro, anche stavolta delude il suo interlocutore. E non è solo la volontà di non farsi utilizzare contro Fini, prestandosi all'accusa di trasformismo parlamentare. Casini i suoi 39 deputati sarebbe anche disposto a concederli, ma solo in cambio di un "forte segnale di discontinuità" rispetto all'attuale maggioranza. Un "cambio di passo" che non potrebbe che essere marcato da una "crisi di governo" e dalle conseguenti dimissioni del premier. "Non posso semplicemente aggiungermi a voi - spiega dunque al Cavaliere - perché vorrebbe dire rinnegare tutto quello che abbiamo detto e fatto finora. Non si può cambiare la base parlamentare del governo senza tornare al Quirinale e noi non facciamo la ruota di scorta, mi dispiace". Altra cosa sarebbe se si presentasse un nuovo governo: "Silvio, a guidarlo saresti sempre tu, ma sarebbe una nuova maggioranza per un nuovo programma. Riforme difficili, anche impopolari, da fare insieme per uscire dalla crisi. In questo caso potremmo anche valutare l'ipotesi". Bertone ascolta in silenzio e non si intromette. Berlusconi appare teso, protesta. "Io non posso aprire una crisi al buio, come puoi chiedermi questo? Dovrei ammettere che abbiamo fallito e invece stiamo facendo e abbiamo fatto tanto". C'è poi un'altra preoccupazione che agita il Cavaliere e gli impedisce di dar corpo alla richiesta di Casini. Alla cena da Vespa non ne fa cenno, ma ieri - riferendo della serata a più di un ministro - confessa il suo vero cruccio: "Se si apre una crisi di governo la palla passa al Quirinale. Come faccio a fidarmi?". È lo spettro di un nuovo Dini, di un governo di transizione come quello nato nel '95 sotto l'ala protettrice di Scalfaro.

(10 luglio 2010)

 

 

 

 

MANOVRA

Regioni, rottura definitiva col governo

"Ridiamo le deleghe, appello a Napolitano"

Niente accordo nell'incontro con Berlusconi. Bossi: "Volevano tutto o niente". Il provvedimento in Aula. Ok dai Comuni. Sì alla dilazione delle multe per le quote latte

di ROBERTO PETRINI

Regioni, rottura definitiva col governo "Ridiamo le deleghe, appello a Napolitano" Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti

ROMA - No alle Regioni, sì all'intesa con i Comuni. Si chiude con una clamorosa rottura l'atteso vertice, convocato ieri a Palazzo Chigi tra i governatori, Berlusconi e Tremonti. Dopo una riunione durata 90 minuti, i presidenti delle Regioni sono scesi in sala stampa per rendere pubblico tutto il loro disappunto: "L'esito è stato molto negativo", ha detto Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, e ha annunciato che si appellerà al Quirinale. "Le istituzioni si rispettano non si offendono e non si insultano", ha aggiunto. "Nessun emendamento, la manovra resta invariata e immodificabile nei soldi e nei saldi", ha commentato poco dopo il ministro dell'Economia in una conferenza stampa con i Comuni. A vuoto il tentativo di mediazione di Berlusconi, che ha proposto qualche giorno in più per il confronto, per il "no" di Tremonti a modificare il timing di approvazione della manovra. A vuoto anche la mediazione che aveva tentato Bossi: "Avevo proposto uno sconto di un miliardo - ha detto ieri sera il leader della Lega in un comizio a Milano - ma le Regioni hanno detto no: volevano tutto o niente".

Nella prossima Conferenza Stato-Regioni, dunque, sarà posta all'ordine del giorno la minacciata restituzione delle deleghe delle Regioni. Per essere operativa tuttavia il rinvio al mittente di trasporti, imprese e servizi sociali, necessita di una norma: Formigoni propone di inserirla "già nella manovra" al Senato. "Se le Regioni vogliono restituirci le deleghe comincino con quelle sull'invalidità dove abbiamo un numero enorme di pensioni, i treni dei pendolari cammineranno lo stesso", ha polemizzato Tremonti. "Esternazione sgradevole", ha ribattuto Errani. A fare da cornice allo scontro una guerra dei numeri per stabilire se i tagli incidono più sullo Stato centrale o sulle Regioni. Tremonti, giovedì, aveva detto che la spesa dello Stato è di 84 miliardi. Neanche per idea, hanno replicato i governatori: per arrivarci hanno tolto anche i trasferimenti che lo Stato fa agli enti pubblici, per 100 miliardi: lo spesa dello Stato è di 195,19 miliardi. Quella delle Regioni invece viene sovrastimata: per Tremonti è di 171 miliardi, per i governatori solo di 36 (perché dicono bisogna correttamente togliere la spesa per interessi, personale, sanità e non solo i trasferimenti a Comuni e Province). È evidente come le percentuali di incidenza dei tagli in questo modo varino: 0,44 sullo Stato centrale e 17,1 per cento sulle Regioni (secondo le cifre dei governatori). Mentre per il Tesoro lo Stato centrale pagherebbe il 10% e le Regioni solo il 3.

Accordo fatto, almeno stando alle dichiarazioni di ieri del presidente dell'Anci Chiamparino e di Tremonti, con i Comuni e le Province. "Nessun emendamento" nella manovra, ma l'impegno a far partire le nuove tasse uniche municipali ("ad invarianza di pressione fiscale", ha precisato Chiamparino) con decreto entro il 31 luglio (per le province entro settembre). Previsto anche lo smaltimento dei residui passivi e, a decreti varati, la possibilità di rimodulare il patto di stabilità. "Siamo pragmatici e non ideologici, abbiamo un metodo di lavoro comune", ha detto Tremonti. Approvata, inoltre, la dilazione per le quote latte (contro il parere del ministro dell'Agricoltura Galan). Esulta Bossi: "Abbiamo salvato gli allevatori padani". La Commissione Bilancio ha concluso i lavori approvando la manovra che ora passa all'aula del Senato.

(10 luglio 2010)

 

 

 

 

IL RETROSCENA

Berlusconi tenta l'ultima mediazione

Tremonti lo zittisce: attento ai mercati

"Possiamo rifletterci ancora". Ma il ministro gli parla all'orecchio e lo stoppa. Il premier ai governatori: "Quello è rigido, poi aggiusteremo le cose"

di ROBERTO MANIA

Berlusconi tenta l'ultima mediazione Tremonti lo zittisce: attento ai mercati Silvio Berlusconi

ROMA - "State tranquilli, poi ci rivedremo e proveremo a cambiare. Quello è rigido: mi sta dicendo che se modifichiamo qualcosa lunedì crollano i mercati". Parole di Silvio Berlusconi ai governatori del centro-destra, appena conclusa la riunione della rottura tra governo e Regioni nella Sala Verde di Palazzo Chigi. Quello è Giulio Tremonti, ministro dell'Economia, oppure - come lo presenta ai suoi ospiti lo stesso premier, per prenderne le distanze, chiaramente - "il responsabile per il governo della manovra economica chiesta dall'Unione europea". Insomma, Berlusconi e Tremonti costretti, questa volta, a convivere. Più o meno separati al governo, come si era già capito nel tesissimo vertice di Arcore di qualche giorno fa. L'uno che mal digerisce il rigorismo dell'altro perché produce malessere e tanto dissenso nei sondaggi e nel mondo reale; l'altro che cerca nel primo ministro l'appoggio che non c'è più.

In quel tavolo stracolmo di ministri e governatori, al terzo piano del palazzo del governo, va in scena il duplice strappo: uno istituzionale, tra Stato centrale e Regioni; l'altro politico, tra Berlusconi e il suo ministro dell'Economia. Che, a un certo punto, lo zittisce pure. Berlusconi, infatti, sta dicendo ai governatori quello che pensa davvero e che ad alcuni di loro ha già detto in conversazioni private: "Abbiamo ascoltato le vostre posizioni che in gran parte conoscevamo. Possiamo fare un'ulteriore riflessione. Ci aggiorniamo alla prossima settimana". Tremonti raggela, sposta il microfono, si volta alla sua destra e parla fitto all'orecchio del primo ministro. Da quel momento Berlusconi dirà solo un'altra frase. Parlerà Tremonti che vuole chiudere questa partita, tagliare in due anni 8,5 miliardi di trasferimenti alle Regioni. Punto. Nessuna mediazione, nessun rinvio, nessun cambiamento, nessun nuovo appuntamento, nessun aggiornamento.

Dice Tremonti: "Anche la tempistica parlamentare è importante. Oggi si chiude in Commissione. Non ci sono alternative". Replica il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani: "Non obbligateci a uscire da qui e dire che siamo costretti a consegnare le deleghe. Lavoriamo giorno e notte, se volete". Ancora Tremonti: "Comprendo, ma penso proprio che non ci siano alternative. Non è possibile un maxi - emendamento che devii dal testo già votato. E anche se fosse possibile, ma non lo è, sarebbe devastante per il Paese e sui mercati. I numeri sono quelli e non si possono cambiare. Lunedì avremmo grossi problemi sulla reputazione dell'Italia". La paura dei mercati, dunque, che potrebbero farci pagare le nostre incertezze mentre gli altri paesi europei come Germania e Francia, di certo meno esposti all'attacco degli speculatori, hanno già approvato le rispettive manovre finanziarie.

D'altra parte Tremonti la sua linea l'aveva già dettata mercoledì scorso in quel comunicato congiunto con il presidente del Consiglio nel quale concedeva solo tempi più lunghi per far rientrare dal deficit le Regioni con la sanità disastrata, tre delle quali (Lazio, Campania e Calabria) - aspetto non secondario - strappate alla sinistra alle ultime elezioni di marzo. Questioni politiche ancor prima che sociali ed economiche. Che il lombardo Tremonti ha subìto più che condiviso. Ora non concede più niente. Linea inamovibile. Ribadita ieri: "I numeri non sono casuali, ma il frutto di una lunga e determinata riflessione. Ci siamo attenuti alle richieste dell'Europa. Dobbiamo ridurre la spesa pubblica perché aumentare le tasse sarebbe insostenibile in Europa. Siamo il continente che produce più debiti che ricchezza. Dunque non ci sono margini di discussione, non ci sono alternative e non saremmo credibili se modificassimo qualcosa. Per noi i numeri sono quelli e quando dico noi, dico l'Europa". L'ultima frase di Berlusconi, per strappare il sorriso: "Permettetemi una battuta: non tutto deve essere rispettato al 100 per cento. Siamo in Italia... Insomma questo Paese è sempre andato avanti". Tremonti serra le labbra, abbassa lo sguardo e nessuno riesce a ridere in quella sala.

(10 luglio 2010)

 

 

Regioni, rottura definitiva col governo

"Ridiamo le deleghe, appello a Napolitano"

Niente accordo nell'incontro con Berlusconi. Bossi: "Volevano tutto o niente". Il provvedimento in Aula. Ok dai Comuni. Sì alla dilazione delle multe per le quote latte

di ROBERTO PETRINI

Regioni, rottura definitiva col governo "Ridiamo le deleghe, appello a Napolitano" Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti

ROMA - No alle Regioni, sì all'intesa con i Comuni. Si chiude con una clamorosa rottura l'atteso vertice, convocato ieri a Palazzo Chigi tra i governatori, Berlusconi e Tremonti. Dopo una riunione durata 90 minuti, i presidenti delle Regioni sono scesi in sala stampa per rendere pubblico tutto il loro disappunto: "L'esito è stato molto negativo", ha detto Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, e ha annunciato che si appellerà al Quirinale. "Le istituzioni si rispettano non si offendono e non si insultano", ha aggiunto. "Nessun emendamento, la manovra resta invariata e immodificabile nei soldi e nei saldi", ha commentato poco dopo il ministro dell'Economia in una conferenza stampa con i Comuni. A vuoto il tentativo di mediazione di Berlusconi, che ha proposto qualche giorno in più per il confronto, per il "no" di Tremonti a modificare il timing di approvazione della manovra. A vuoto anche la mediazione che aveva tentato Bossi: "Avevo proposto uno sconto di un miliardo - ha detto ieri sera il leader della Lega in un comizio a Milano - ma le Regioni hanno detto no: volevano tutto o niente".

Nella prossima Conferenza Stato-Regioni, dunque, sarà posta all'ordine del giorno la minacciata restituzione delle deleghe delle Regioni. Per essere operativa tuttavia il rinvio al mittente di trasporti, imprese e servizi sociali, necessita di una norma: Formigoni propone di inserirla "già nella manovra" al Senato. "Se le Regioni vogliono restituirci le deleghe comincino con quelle sull'invalidità dove abbiamo un numero enorme di pensioni, i treni dei pendolari cammineranno lo stesso", ha polemizzato Tremonti. "Esternazione sgradevole", ha ribattuto Errani. A fare da cornice allo scontro una guerra dei numeri per stabilire se i tagli incidono più sullo Stato centrale o sulle Regioni. Tremonti, giovedì, aveva detto che la spesa dello Stato è di 84 miliardi. Neanche per idea, hanno replicato i governatori: per arrivarci hanno tolto anche i trasferimenti che lo Stato fa agli enti pubblici, per 100 miliardi: lo spesa dello Stato è di 195,19 miliardi. Quella delle Regioni invece viene sovrastimata: per Tremonti è di 171 miliardi, per i governatori solo di 36 (perché dicono bisogna correttamente togliere la spesa per interessi, personale, sanità e non solo i trasferimenti a Comuni e Province). È evidente come le percentuali di incidenza dei tagli in questo modo varino: 0,44 sullo Stato centrale e 17,1 per cento sulle Regioni (secondo le cifre dei governatori). Mentre per il Tesoro lo Stato centrale pagherebbe il 10% e le Regioni solo il 3.

Accordo fatto, almeno stando alle dichiarazioni di ieri del presidente dell'Anci Chiamparino e di Tremonti, con i Comuni e le Province. "Nessun emendamento" nella manovra, ma l'impegno a far partire le nuove tasse uniche municipali ("ad invarianza di pressione fiscale", ha precisato Chiamparino) con decreto entro il 31 luglio (per le province entro settembre). Previsto anche lo smaltimento dei residui passivi e, a decreti varati, la possibilità di rimodulare il patto di stabilità. "Siamo pragmatici e non ideologici, abbiamo un metodo di lavoro comune", ha detto Tremonti. Approvata, inoltre, la dilazione per le quote latte (contro il parere del ministro dell'Agricoltura Galan). Esulta Bossi: "Abbiamo salvato gli allevatori padani". La Commissione Bilancio ha concluso i lavori approvando la manovra che ora passa all'aula del Senato.

(10 luglio 2010)

 

 

 

 

Conto energia: meglio tardi che mai

imagesLa lunga fase di incertezza che stava paralizzando il settore delle rinnovabili in Italia si è conclusa almeno per il capitolo sul conto energia approvato dalla Conferenza unificata Stato – Regioni. Il nuovo conto energia, che riconosce una tariffa incentivante fissa e garantita per 20 anni a partire da quando l’impianto entra in esercizio, sarà in vigore dal primo gennaio 2011 al 31 dicembre 2013. Tra le novità c’è la divisione degli impianti in diverse classi di potenza con incentivi decrescenti: nel corso del 2011 ci saranno tre variazioni di tariffe con un calo del 6% ogni quadrimestre, poi ci sarà una diminuzione del 6 % l’anno sia nel 2012 che nel 2013. Inoltre la potenza incentivabile, che ora è di 1.200 megawatt, arriverà a 3 mila e si aggiungeranno altri 200 megawatt per il fotovoltaico a concentrazione e 300 megawatt per gli impianti integrati con caratteristiche innovative (cancellata la distinzione tra gli impianti "parzialmente integrati" e quelli "integrati", ora si parla di "impianti realizzati su edifici" e di "altri impianti"). Vengono infine concessi premi del 5 % se l’impianto è collocato su discariche, cave, ex aree industriali, siti da bonificare, in sostituzione di coperture in eternit. Misure salutate con soddisfazione dal settore delle rinnovabili (la riduzione degli incentivi viaggia di pari passo con la riduzione dei costi dei pannelli e l’aumento di efficienza) anche se alcune critiche non sono mancate. "Al momento la cosa più importate è che il conto energia e le linee guida siano stati approvati, anche se troviamo ingiustificato il taglio alle tariffe incentivanti per gli impianti superiori ai 5 megawatt con la scusa che tolgono terreno all’agricoltura: anche gli incentivi al fotovoltaico sulle serre, che l’agricoltura invece la sostengono, vengono tagliati", ha commentato il presidente di Asso Energie Future, Massimo Daniele Sapienza.

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Scritto sabato, 10 luglio 2010 alle 16:29 nella categoria Energia, rinnovabili. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.

 

 

 

"I signori delle spiagge"

E allo Stato solo le briciole

Fatturano più di due miliardi. Così le coste diventano un business per i privati. Ma i gestori dei lidi non ci stanno. L'asta sugli arenili scatenerà gli appetiti delle multinazionali delle vacanze

di MICHELE SMARGIASSI

"I signori delle spiagge" E allo Stato solo le briciole

ROMA - Questa sabbia che sfrigola sotto le piante dei piedi, questo bollente mare immobile è pura polvere d'oro. Ma lo Stato Italiano è un Re Mida dissoluto e prodigo, e la butta dalla finestra. Oltre 100 milioni di euro potrebbero entrare ogni anno nelle casse pubbliche solo applicando meglio le norme che già esistono. Diverse centinaia, se ci decidessimo ad affittare a prezzi di mercato quei 4.042 chilometri di costa balneabile, gloria e vanto e ormai unico patrimonio dell'Italia solatìa, che da decenni regaliamo per pochi spiccioli (97 milioni di euro nel 2009) a 25 mila padroni dell'ombra, che collettivamente ne ricavano ogni anno fino a trenta volte di più: almeno due miliardi di fatturato, più probabilmente un terzo miliardo in nero. Continuiamo a chiamarli tutti "bagnini", ma è una definizione ormai priva di senso.

Ci sta dentro il romagnolo stagionale in infradito che rastrella ogni mattina l'arenile come faceva il nonno, e il professionista romano in cravatta che subaffitta a peso d'oro un complesso a più piani con piscina, fitness club e ristorante. Tutti ugualmente "concessionari" del Demanio, tutti affidatari di un patrimonio nazionale, il litorale, di fatto privatizzato da decenni, che i più furbi o intraprendenti hanno trasformato in un business da nababbi versando all'erario canoni ridicoli. Un patrimonio di tutti che arricchisce pochi, un "sistema" in cui gestioni oneste e convenienti si mescolano a selvaggi sfruttamenti; una realtà di cui lo Stato, parola di Corte dei conti, ha perso del tutto il controllo.

A meno che non succeda qualcosa, e forse sta succedendo. L'estate 2010 è l'estate dell'ansia per padroni e padroncini delle spiagge. La novità viene da Bruxelles,

Nuove regole: L'Unione europea ha dato all'Italia il termine del 2015 poi il rinnovo delle concessioni non sarà più automatico

e sta sconvolgendo un "sistema arenile" che aveva resistito a tutti gli assalti. Cosa dice la Ue? Che sulla base della "direttiva Bolkenstein" del 2006 sulla concorrenza l'Italia deve abolire il "diritto d'insistenza", cioè i rinnovi automatici sempre agli stessi affidatari, pratica che già sollevò nel 2006 le perplessità del Garante per la concorrenza ("sistema premiale", "rendita di posizione"). E dovrà (sotto minaccia di sanzioni) mettere all'asta le concessioni. Il governo italiano è riuscito a strappare solo un rinvio al 2015. Ed è il caos. La paura. La rivolta. "Il governo ha mostrato le terga a Bruxelles e ora siamo in una valle di lacrime", grida da Viareggio Carlo Monti, leader dei balneari versiliani, "rischiamo la decadenza degli stabilimenti, nessuno spende un euro per riparare una sdraio se non è sicuro di poter restare". Cortei al ministero, sindaci allarmati.

L'Emilia Romagna ha tentato di aggirare della direttiva europea concedendo vent'anni di proroga ai bagnini meritevoli: bocciata impietosamente dalla Cassazione. "Le gare si faranno, punteremo a farle con criteri giusti", ripiega l'assessore Maurizio Melucci. Molta confusione sotto il cielo azzurro: la situazione è eccellente. Mai il "sistema spiaggia" s'è mostrato così nudo come ora che scricchiola sotto la minaccia di una banale legge di mercato. Perché vero mercato, il sistema spiaggia non lo è mai stato. Affittuari perpetui che fanno profitti su un bene pubblico, e vendono a carissimo prezzo ciò che non è loro. Fate un giro su Google, o su eBay: Silvi Marina: 30 metri di litorale, vendesi concessione a 300 mila euro. Tortoreto: 68 metri, 280 ombrelloni: 1,3 milioni di euro. Lido di Savio, 140 ombrelloni, 850 mila euro.

Pisa, metratura imprecisata, 2,2 milioni. Tirrenia, 1600 metri quadri, 150 ombrelloni, 2 milioni. Forte dei Marmi, 60 ombrelloni su 27 metri di battigia: 4 milioni. Com'è possibile ammortizzare cifre del genere nei sei anni tradizionali di una concessione? Se i famigerati "Studi di settore" dell'Agenzia delle entrate stimano "congrua" una dichiarazione dei redditi da 12,8 mila euro annui a fronte di un fatturato medio di 120 mila euro per stabilimento, come possono esserci bagnini che dichiarano addirittura perdite nette sui 6 mila euro con fatturati di 137 mila? E quel 9% di titolari di concessione che dichiarano ricavi sotto i 30 mila euro annui?

LA SABBIA È D'ORO

Eppure non è così profonda, l'ombra degli ombrelloni. L'Italia dei servizi balneari è diseguale, ma l'indice "ombrellone + due lettini" è comunque un metro di misura. Si va dai 15/20 euro al giorno della Romagna ai 40/50 della Versilia ai 60-80 delle esclusive calette liguri. Chi conosce il mercato non fatica a fare due conti: un "bagno" medio in buona posizione può fatturare (si fa per dire: non c'è obbligo di scontrino) tra i 130 e i 200 mila euro a stagione. Se c'è il bar, fanno altri 150-200 mila, il doppio se il bar è anche ristorante. E quanto pagano allo Stato queste aziendine estive? Questo si sa con precisione. Il canone è fissato per legge. Eccone i mirabolanti importi annui: 1,19 euro per metro quadro di arenile, 3.39 euro per metro quadro di superficie coperta (che sia un ripostiglio o un ristorante non fa differenza).

Risultato: per un bagno medio di 2000 metri quadri, con un centinaio di ombrelloni e un ristorante da 200 metri quadri, l'affitto annuo è di 3.448 euro. Fa meno di dieci euro al giorno. Venti, se calcoliamo solo la "stagione". Insomma basta la rendita di un solo ombrellone a pareggiare il costo della concessione demaniale. Non che lo Stato non ci abbia provato, a colmare la ridicola sproporzione. Ma è sempre stato sconfitto dalla resistenza di una categoria finora compattissima e coccolata (e temuta). Nel 2003 il governo rincarò i canoni del 300%. Sembra tanto: ma il triplo di pochissimo è sempre poco. Esplose lo stesso la rivolta dei bagnini: dopo quattro anni nessuno aveva pagato il rincaro, poi cancellato dalla Finanziaria del 2007. Che tentò un ripiego: impose alle Regioni di rivedere al rialzo le categorie di "valenza turistica", abolendo la classe C e ricollocando in classe A (con quasi raddoppio del canone) gli arenili pregiati.

Ebbene: nessuna regione, "neppure quelle con spiagge di eccezionale attrattiva", lo ha fatto. La quasi totalità degli stabilimenti balneari italiani risulta tuttora collocata in classe B. A Rimini, ad esempio, Perla dell'Adriatico, una sola spiaggia è in classe A, quella del felliniano Grand Hotel, mentre un chiosco continua a pagare massimo 769 euro anche se è di fatto un ristorantino da 250 metri coperti, che se fosse oltre il lungomare pagherebbe d'affitto tra 50 e 80 mila euro. Cosa spinge le Regioni a sottovalutare il reddito potenziale delle spiagge? Perché in una stagione di tagli ai servizi essenziali nessuna ha voluto aprire un po' quel rubinetto che gocciola appena?

La risposta è semplice: chi glielo fa fare, a un assessore regionale al turismo, di inimicarsi la categoria cruciale dei bagnini senza guadagnarci nulla, cioè solo per far arrivare più soldi allo Stato centralista? Infatti hanno ritoccato solo (al 10%) la quota dei canoni che resta in tasca alla Regione. E così, per rivalità tributarie fra istituzioni del medesimo Stato si è andati al disastro contabile: il bilancio 2007 prevedeva un introito di 215 milioni, ne incassò solo 85, per l'ira dell'Agenzia del Demanio che ha ipotizzato perfino "il possibile profilarsi di danni erariali" da addebitare alle regioni inadempienti. Solo in Versilia il mancato adeguamento ha fatto perdere alle casse pubbliche 14 milioni di euro in tre anni.

LA BATTAGLIA DEGLI INCAMERATI

Potrebbe finire in niente anche la battaglia più cruenta attualmente in corso sugli arenili: quella degli "incamerati". Le 25 mila concessioni demaniali marittime non sono tutte capannine e ombrelloni. Una piccola quota, circa 900, è fatta di veri e propri edifici, anche a più piani, in muratura o comunque "non facilmente rimovibili". Sono i grandi imprenditori della battigia, società complesse, con gestioni in subaffitto; tra questi ci sono i grandi complessi con muro di cinta e biglietto d'ingresso a dispetto della norma del libero accesso. Secondo la legge, anche se costruiti a spese del concessionario, quegli edifici sono "incamerati" dallo Stato, cioè resteranno proprietà pubblica.

In cambio, finora, i gestori pagavano canoni ridicoli. Ma qui una legge del 2006 ha calato la mannaia: per le "pertinenze", così si chiamano queste concessioni "pesanti" (tra cui anche cinema, discoteche, piscine, il celebre Delfinario di Rimini), i canoni sono schizzati a quote quasi di mercato. Un esempio, Rimini, ristorante Lo Squero, tempio del pesce: da 5 a 65 mila euro l'anno, più tre anni di arretrati: "se è così chiudiamo", minaccia il titolare Londei. Però per vent'anni avete pagato l'affitto con la mancia del primo cliente della serata. "Può essere, ma ora è troppo. E quello là davanti", indica l'arenile, "perché allora continua a pagare dieci o venti volte di meno? Solo perché ha le pareti di legno?".

"Forse era meglio accettare l'aumento del 300% nel 2003", si pente Gianni Invino, gestore della discoteca Bahamas, balzato da 6 a 140 mila euro annui. I "grandi concessionari" dunque non ci stanno, e invocano la spalmatura della stangata sui piccoli: rincarare meno e rincarare a tutti, è il grido di battaglia delle associazioni di categoria Sib e Fiba. Questo ovviamente fa arrabbiare i "piccoli", e il fronte del mare si rompe: "Devono pagare loro che fanno i veri profitti, non noi ‘bifolchi'", reagisce colorito Giorgio Mussoni, bagnino da quattro generazioni, fondatore di Oasi, il sindacato dei bagnini "come una volta": "Noi paghiamo anche il servizio di salvamento, 16 mila euro, e loro no; noi puliamo la spiaggia e loro no, offriamo gabinetti e docce gratis a chiunque e loro no, facciamo prezzi popolari e diamo il mare a tutti, alla fine ci resta poco in tasca, ma siamo noi a tener su la tradizione di ospitalità della Riviera".

Ma i "grandi" non ci sentono. Hanno tutti fatto ricorso. Sarà un braccio di ferro. Con la segreta speranza di tirare in lungo fino all'avvento del federalismo demaniale, quando dovranno negoziare non più con Tremonti ma con un assessore. E allora le cose potrebbero cambiare, perché a livello locale i "grandi bagnini" godono di una certa simpatia politica. Basta guardare cos'è successo a chi ha provato a tirar giù i reticolati e i muri che in gran parte del centro-sud impediscono il libero accesso alla battigia: in Puglia la legge dell'assessore Minervini, che aveva minacciato le ruspe, è per ora naufragata di fronte all'ostruzionismo del centro-destra; in Abruzzo la maggioranza Pdl ha appena autorizzato i bagnini a recintare gli stabilimenti, con una legge ribattezzata dalle minoranze "una porcata". Chi la dura, dunque, la vince ancora.

GLI AFFITTI DI CARTONE

Di fatto per le spiagge d'oro si continuano a pagare affitti di cartone, che quest'anno, sfiorando la beffa, sono stati addirittura ridotti del 3,4% da un "conguaglio Istat". Ci sono tuttora chioschi, sulle spiagge italiane, che pagano meno di un euro al giorno: il prezzo di un caffé. Sempre che lo paghino: in Sicilia la morosità accertata dalla Regione è del 25%. Del resto sul bagnasciuga c'è di tutto. Spiagge "libere" in realtà occupate dai lettini di noleggiatori abusivi, bagni interamente in nero (tre sequestrati a Barletta due mesi fa); spiagge gestite da istituti religiosi che si trasformano in stabilimenti commerciali, per non dire dell'evasione fiscale pura e semplice: sul litorale di Ostia la Guardia di finanza ha accertato redditi sottratti al fisco per 5 milioni di euro in tre anni, in aumento del 146% nel 2009; a Ravenna in maggio un singolo stabilimento ha dovuto restituire al fisco 650 mila euro.

Così la geografia delle coste d'Italia diventa un puzzle che non torna mai. Se i canoni di concessione sono identici per legge da Ventimiglia a Trieste, com'è possibile che, tabelle del Demanio alla mano, una concessione renda in media 13.600 euro se è in Veneto, e solo 2.012 se è nelle Marche? Differenze di dimensione? Ma allora perché un metro di arenile frutta allo Stato 116,2 euro l'anno se è in Romagna, e solo 10 in Puglia? Solo il recupero di questi scarti di redditività farebbe piovere sulle regioni meridionali una manna da 17 milioni di euro l'anno: che si preferisce invece lasciare in tasca ai privati. Denuncia con sconforto la Corte dei conti: "non è possibile stabilire quanto lo Stato incassa dalle concessioni", il demanio marittimo è una realtà fiscalmente "fuori controllo", prevale ormai "una sorta di asserita impotenza a modificare la situazione".

Migliorerà con la devolution? O un solo caos si dividerà in quindici piccoli caos (tante le regioni costiere)? Le Regioni più efficienti, potendo finalmente incassarle in proprio, forse ritoccheranno finalmente le concessioni al rialzo; quelle più clientelari forse erediteranno il "grigio tollerato" centralista. E l'Italia balneare sarà ancora più squilibrata. In questa situazione la spinta liberista dell'Ue, sacrosanta in teoria, potrebbe produrre tutto il contrario nella pratica. "Il mercato sta crollando", denuncia l'assessore Cinquini a Viareggio, "nessuno compra uno stabilimento non sapendo se nel 2015 lo gestirà ancora". Proprio nessuno? Forse qualcuno in grado di rischiare c'è. Grandi catene già attive nella ristorazione, ad esempio, possono scommettere sulla possibilità di vincere le future gare grazie alle proprie economie di scala, e intanto rastrellare concessioni a prezzi di saldo. Si profila lo spettro dei bagni-autogrill, della McSpiaggia? Possibile.

"Distruggeremmo la professionalità costruita in un secolo, la cultura dell'accoglienza che ha fatto la nostra fortuna", paventa l'assessore Gamberini di Rimini. Per altri lo spettro è più inquietante: chi ha soldi da investire anche in piena crisi? "Rischio infiltrazioni mafiose", il presidente Assobalneari Renato Papagni ha avvisato il governo. La richiesta: le future gare privilegino i concessionari uscenti che abbiano dimostrato professionalità e investimenti. Ragionevole: ma potrebbe anche essere la scusa per lasciare tutto come sta. Entro dicembre il governo deciderà come rispettare l'ordine di Bruxelles senza buttare a mare il meglio della tradizione balneare italiana. Col rischio, però, di salvare anche il peggio.

(10 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-08

Scioperano i mezzi pubblici

Da stasera fermi bus e metro

La protesta dei sindacati Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugltrasporti, Orsa Trasporti, Faisa e Fast "a sostegno della vertenza per il nuovo contratto della mobilità che va avanti da due anni"

Scioperano i mezzi pubblici Da stasera fermi bus e metro

ROMA - Per viaggiatori e pendolari in tutta Italia si prepara un venerdì di passione: è stato confermato per il 9 luglio lo sciopero nazionale di 24 ore nel trasporto pubblico locale e ferroviario. Nel rispetto delle fasce di garanzia e dei servizi minimi i treni si fermeranno dalle 21 di giovedì 8 luglio alle 21 di venerdì 9, mentre per bus, metro e tram lo stop riguarderà l'intera giornata di venerdì secondo modalità locali.

Lo sciopero è stata proclamato da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugltrasporti, Orsa Trasporti, Faisa e Fast "a sostegno della vertenza per il nuovo contratto della mobilità che va avanti da due anni". "Le ragioni - spiegano i sindacati - sono rafforzate dall'ennesima interruzione, causata da Asstra e Anav, del negoziato. Le due associazioni hanno preso impegni precisi con il ministero dei Trasporti, in un settore di servizio pubblico e di trasporto collettivo e in una fase economica e sociale particolarmente delicata per il Paese".

Bus e tram, lo stop città per città. A Roma i mezzi pubblici si fermeranno dalle 8,30 alle 17,30 e dalle 20 a fine servizio. Il Campidoglio ha fatto sapere le telecamere di controllo ai varchi Ztl saranno disattivate nella fascia diurna.

A Milano lo stop sarà dalle 8,45 alle 15 e dalle 18 al termine del servizio. Saranno isituite corse sostitutive

solo per il Malpensa Express. Per il ramo LeNord (Milano-Asso, Milano-Como, Milano-Novara, Milano-Varese-Laveno, Milano-Malpensa e Brescia-Iseo-Edolo) saranno rispettate le seguenti fasce di garanzia: dalle 6 alle 9 e dalle 16,30 alle 19,30. Per il solo Malpensa Express, durante gli orari dello sciopero, saranno istituite corse sostitutive da via Paleocapa, con partenza agli stessi orari del treno

A Napoli sciopero dalle 8,30 alle 17 e dalle 20 a fine servizio. Metronapoli informa che si potrebbero verificare, in particolare, disservizi su Linea 1, Linea 6 e Funicolari

A Torino dalle 9 alle 12 e dalle 15 a fine servizio

A Firenze dalle 9,15 Alle 11,45 e dalle 15,45 al termine del servizio

A Venezia-mestre dalle 9 alle 16,30 e dalle 19,30 a fine servizio

A Genova dalle 9 alle 17 e dalle 20 a termine servizio

A Bologna dalle 8,30 alle 16,30 e dalle 19,30 a fine servizio

A Palermo dalle 8,30 alle 17,30

A Cagliari dalle 9,30 alle 12,45, dalle 14,45 alle 18,30 e dalle 20 alla fine del servizio

In Trentino sciopererà il servizio urbano-extraurbano e la ferrovia Trento-Malè-Marilleva e saranno garantiti i servizi dalle 05,30 alle 08,30 e dalle 16 alle 19

Treni. Il fermo dei treni si concluderà alle 21 di venerdì. Trenitalia ha attivato un numero verde (800.89.20.21) operativo fino alla fine della protesta. Informazioni si potranno trovare anche sul web (www.ferroviedellostato.it), chiamando il call center 892021 e consultando punti informativi, biglietterie e uffici assistenza delle stazioni. Sarà comunque assicurato il collegamento fra Roma Termini e l'aeroporto di Fiumicino attraverso il "Leonardo Express" o il ricorso a servizi autobus sostitutivi. Per i treni regionali, saranno garantiti i servizi essenziali nelle fasce orarie 6-9 e 18-21.

(08 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Berlusconi: "Fiducia? Atto di coraggio"

Il governo convoca le Regioni

L'incontro è previsto per domani alle 11. Bersani replica al premier: "Più che coraggio è paura. Non reggono tre anni ma può essere pericoloso". La discussione generale alla Camera slitta al 26 luglio. Via libera alla stangata da 235 milioni sulle assicurazioni

Berlusconi: "Fiducia? Atto di coraggio" Il governo convoca le Regioni Il presidente dell'Anci Chiamparino e della Conferenza delle Regioni Errani

ROMA - "Porre la fiducia è stato un atto di coraggio. Se il governo dovesse andare sotto andiamo a casa". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi, parlando della manovra economica nel corso di un'intervista a Studio Aperto 1. "Non mi si parli di coraggio dopo 33 voti di fiducia", ha replicato il segretario del Pd Pierluigi Bersani a margine di un convegno a Roma, "questo significa avere paura non coraggio". In serata, parlando alla festa dell'Unità di Roma, il leader democratico ha rincarato: "Non reggeranno tre anni", ma si è detto preoccupato sulle future azioni del governo, nonostante la sua debolezza, che potrebbero essere "pericolose". Dopo aver ricordato le contrapposizioni interne alla maggioranza sulla vicenda Brancher e sulla legge sulle intercettazioni, Bersani ha detto: "Siamo ormai al secondo tempo del berlusconismo, ma potrebbe essere un periodo pericoloso. Abbiamo visto come agisce alza il telefono e promette una cosa a Confindustria, poi i terremotati aquilani neanche li riceve. Questa fase lega la questione sociale alla questione democratica, e qui entra in gioco il nostro ruolo".

La discussione generale sulla manovra economica alla Camera slitta intanto dal 23 luglio al 26 luglio. E' quanto ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. A riferirlo è il presidente dei deputati del Pd, Dario Franceschini, al termine della riunione. L'esponente democratico ha inoltre ribadito le critiche alla decisione del governo di annunciare la fiducia al provvedimento: "L'annuncio da parte di Tremonti e Berlusconi quando la manovra non è ancora all'esame dell'aula del Senato è un fatto grave, irrituale e che non ha precedenti e svuota ancora di più il ruolo del Parlamento".

Sempre sul fronte della manovra, si riapre il confronto tra il governo e gli enti locali, con questi ultimi che contestano le misure che li obbligano a tagliare servizi essenziali. Dopo una serie di riunioni tenute nel mattino dai vari stati maggiori e una conferenza stampa congiunta in cui si annunciava la volontà delle autonomie locali a non partecipare alle conferenze Unificata e Stato-Regioni in mancanza di un faccia a faccia con il presidente del Consiglio, è arrivato nel pomeriggio da Palazzo Chigi, a firma del premier Berlusconi e del ministro dell'Economia Tremonti, l'annuncio che fissava l'incontro con le Regioni per domani, venerdì 9, alle 11.

L'annuncio del governo è stato ben accolto dai rappresentanti degli enti locali. Il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani l'ha definito come "il primo passo utile per avviare un confronto nel merito. Naturalmente l'incontro dovrà prevedere la presenza di tutti i protagonisti, quindi anche Comuni e Province", che per il momento non sono stati convocati.

A questo proposito, il presidente dell'Anci, l'associazione dei Comuni italiani, si è mostrato fiducioso: "Tendo a credere che la convocazione delle sole Regioni all'incontro con il presidente del Consiglio sia il frutto di una svista e non un goffo tentativo di incrinare il fronte delle autonomie locali e regionali; tentativo che sarebbe inevitabilmente destinato a fallire. Noi comunque rimaniamo in attesa delle risposte alle proposte che abbiamo avanzato".

Mentre Errani ha già anticipato i temi della discussione che intende affrontare con il governo: "La mia speranza è che sia possibile fare una discussione nel merito sulla manovra, almeno per come è stata presentata dal governo. I tagli previsti non sono equilibrati. Noi siamo disposti a collaborare e siamo pronti a far fronte agli sprechi, che debbono essere ridotti. Spero che le Regioni e le Autonomie locali possano spiegarlo al Premier".

"L'incontro di domani è un risultato importante, almeno per quanto riguarda le Regioni con i piani di rientro che per noi sono un problema più grave di quanto sia la manovra", ha aggiunto il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, a margine dell"East Forum' organizzato a Roma da Luiss e Unicredit.

Intanto un emendamento del relatore Antonio Azzolini (Pdl), approvato dalla commissione Bilancio del Senato, prevede che i magistrati ordinari, militari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato non subiranno il blocco degli stipendi previsto dalla manovra ma, in compenso, si vedranno tagliate del 15% le indennità speciali, previste per sostenere gli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attività, nel 2011, 2012 e 2013. Considerando che il valore economico annuo pro capite della indennità speciale ammonta a circa 13.390 euro, la norma produrrà un taglio pro capite del 15% nel 2011 pari a 2.009 euro, del 25% nel 2012 pari a 3.348 euro e del 32% nel 2013 pari a 4.285 euro.

La commissione Bilancio del Senato ha inoltre approvato un altro emendamento del relatore Azzollini, che prevede l'aumento della tassazione Ires delle imprese assicurative stabilendo che "la variazione delle riserve tecniche obbligatorie relative al ramo vita concorre a formare il reddito dell'esercizio in misura pari al 90%". Le imprese saranno chiamate alla cassa già con l'acconto di novembre. In deroga allo statuto del contribuente entro il 30 novembre prossimo dovranno infatti versare il 50%.

La norma, spiega la relazione tecnica dell'emendamento, determina un aumento del gettito stimato in circa 234 milioni di euro su base annua, "determinato applicando alla variazione delle riserve tecniche obbligatorie del ramo vita la percentuale di indeducibilità prevista". Il primo appuntamento alla cassa frutterà allo Stato 88 milioni. La misura serve a finanziare il fondo da 160 milioni nel biennio 2011-2012 destinato al finanziamento del comparto sicurezza e alcune richieste fiscali delle imprese.

(08 luglio 2010)

 

 

 

"A rischio il processo Fininvest-Cir"

Il Pd scova una norma "anti-Mesiano"

Nell'emendamento che introduce la figura dell'ausiliario del giudice, un comma che di fatto sospende il procedimento per nove mesi. I democratici: "Alfano ministro ad personam". Salta la prova assunta dal cancelliere

"A rischio il processo Fininvest-Cir" Il Pd scova una norma "anti-Mesiano" Silvio Berlusconi

ROMA - Nell'emendamento presentato ieri dal governo alla Manovra che introduce la figura dell'ausiliario del giudice spunta una norma che potrebbe di fatto sospendere il processo Fininvest-Cir per nove mesi. La norma, destinata a far discutere, è contenuta nel comma 18 dell'emendamento 48.0.1000.

A confermare l'ipotesi è il capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, che ribattezza la previsione del governo come "anti-Mesiano" dal nome del giudice "duramente attaccato dalle reti tv della famiglia Berlusconi per aver firmato la sentenza che obbliga la Fininvest a risarcire la Cir di 750 milioni per l'affare Mondadori".

Il comma 18 dell'emendamento del governo recita testualmente: "Nei procedimenti civili contenziosi aventi ad oggetto diritti disponibili che, alla data di entrata in vigore della presente legge, pendono dinanzi alla Corte d'Appello, il giudice, su istanza di parte, anche con decreto pronunziato fuori udienza, rinvia il processo per un periodo di sei mesi per l'espletamento del procedimento di mediazione".

Secondo la Ferranti, "nelle pieghe dell'emendamento governativo c'è l'ennesima scandalosa norma ad personam che serve unicamente a salvare gli interessi della famiglia Berlusconi". La parlamentare democratica prosegue ironizzando sulle dichiarazioni d'intenti del Guardasigilli a proposito della velocità della giustizia: "Il ministro Alfano per fare un favore al premier tira il freno a mano e rallenta tutti i processi civili".

Ieri il gruppo democratico aveva individuato un'altra norma che poteva influire sul contenzioso, in quanto volta a ridurre i processi tributari pendenti. Secondo il Pd, in base all'emendamento, Mondadori potrebbe estinguere la pendenza pagando il 5% del dovuto. L'ipotesi era stata smentita dal sottosegretario all'Economia, Luigi Casero.

Nel frattempo le modifiche al testo originario continuano. Dopo i rilievi della commissione Giustizia del Senato il cancelliere non potrà assumere la prova, l'ausiliario potrà sostituire il giudice "solo se le parti ne facciano concorde richiesta" e sarà il giudice a fissare l'udienza per il giuramento dell'ausiliario. Gli ausiliari potranno essere magistrati onorari, anche se cessati dal servizio da non più di 5 anni, avvocati con anzianità di iscrizione all'albo di almeno 5 anni, notai, anche collocati a riposo, magistrati collocati a riposo, avvocati dello Stato collocati a riposo, docenti o ricercatori universitari, anche collocati a riposo.

(08 luglio 2010)

 

 

 

 

La manovra si abbatte sulle assicurazioni

Il presidente dell’Ania, l’associazione che raggruppa le imprese assicuratrici, Fabio Cerchiai, ha definito "un grave errore" l’emendamento alla manovra che prevede un aumento dell’Ires sulle compagnie di assicurazione. "E’ un provvedimento contro i risparmiatori e in questo momento non ce n’è affatto bisogno", ha aggiunto il presidente di Unipol, Pierluigi Stefanini. Per l’Ania, ha chiarito Cerchiai, la misura della manovra è un modo per "mettere le mani nelle tasche degli italiani". E la pensano così anche le associazioni dei consumatori che, solo per quanto riguarda l’emendamento della manovra, si schierano senza alcun dubbio a fianco dell’Ania: "Si tratta si un’ulteriore tassa a carico dei consumatori", si legge in una nota di Adiconsum.

Qui finisce l’accordo tra associazioni dei consumatori e Ania, tuttavia. L’Ania ha presentato stamane il rapporto annuale, dal quale emerge che il premio medio dell’assicurazione auto in Italia in 5 anni si è ridotto dell’11,8%. Un dato che contrasta con le rilevazioni Istat, che per il solo 2009 hanno individuato un aumento medio del 2,9%, e soprattutto con quelle delle associazioni dei consumatori, che denunciano aumenti ben maggiori. Secondo Federconsumatori e Adusbef, per esempio, "le tariffe, dal 1994 ad oggi, hanno registrato una crescita del 173%, e rispetto allo scorso anno del 18%".

Chi parla di aumenti, Istat compreso, secondo l’Ania, non tiene conto degli effetti dei bonus per gli assicurati che non causano sinistri, degli sconti alla clientela e del fatto che ogni anno un crescente numero di assicurati cambia compagnia alla ricerca del prezzo più conveniente. Naturalmente ogni assicurato sa che le tariffe non sono uguali per tutti, che gli automobilisti virtuosi sono avvantaggiati, però risulta difficile convincersi di un robusto calo delle tariffe negli ultimi anni. Gli automobilisti italiani hanno così poca fiducia negli eventuali ’sconti’ ottenibili cambiando compagnia, da usare con molta parsimonia Internet e i motori di ricerca che permettono di effettuare simulazioni e confronti. Un atteggiamento scettico che ha frenato e frena tuttora in Italia, a differenza di altri Paesi come la Gran Bretagna, il decollo delle compagnie che operano esclusivamente in Rete e per telefono.

Se ci sono dati e percentuali molto diversi sull’andamento delle tariffe negli ultimi anni, c’è invece una piena convergenza di vedute sul fatto che già da quest’anno le tariffe Rc auto cresceranno per varie ragioni, a cominciare dall’aumento dei costi dei risarcimenti, che ammontano in media a 4000 euro. Ed è ancora da stabilire quanto peserà in generale sugli assicurati l’aumento dell’Ires introdotto dalla manovra, nel caso in cui l’emendamento approvato oggi dovesse arrivare alla stesura finale così com’è.

Scritto giovedì, 8 luglio 2010 alle 20:39 nella categoria Senza categoria. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.

 

 

 

 

2010-07-04

MANOVRA

Recupero crediti fiscali, allarme imprese

"Costretti a pagare prima delle sentenze"

Da 150 a 300 giorni la durata massima della sospensione degli atti di recupero dei crediti verso l'amministrazione. E' la proposta avanzata in Commissione Bilancio al Senato. "Ma la durata media dei soli procedimenti di primo grado supera i 700 giorni" protestano Confindustria e Rete Imprese

Recupero crediti fiscali, allarme imprese "Costretti a pagare prima delle sentenze" Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria

ROMA - Le misure contenute nella manovra finanziaria, relative alla riscossione e alla compensazione dei debiti e dei crediti fiscali verso l'amministrazione, preoccupano le imprese italiane. Così, Confindustria e Rete Imprese (che raggruppa Confcommercio, Confartigianato, Cna, Casartigiani e Confesercenti) tornano ad ammonire: la proposta, avanzata in Commissione Bilancio al Senato, di portare da 150 a 300 giorni la durata massima della sospensione giudiziale degli atti di recupero dei crediti verso l'amministrazione "non risolve il problema", perché la durata media dei soli procedimenti di primo grado "supera i 700 giorni".

Se passasse questa norma, spiegano gli organismi, "il contribuente sarebbe costretto - pena il pignoramento - a pagare gli importi richiesti dall'amministrazione, pur essendo ancora in attesa di sentenza e a fronte di pretese che nella grande maggioranza dei casi risulteranno successivamente non fondate. Ciò non è accettabile, darà luogo a contenziosi, anche in punto di legittimità costituzionale, in molti casi porterà a conseguenze irreparabili, specie per le piccole e medie imprese. Per rimediare al problema, occorre che la sospensiva duri quantomeno sino alla sentenza di primo grado".

L'altra misura che desta allarme riguarda il divieto di effettuare compensazioni fra crediti e debiti fiscali in presenza di accertamenti anche di importo modesto (1.500 Euro). "Il divieto di compensazione può essere imposto, ma solo quando vi sia la piena certezza del debito fiscale, ossia quando lo stesso sia iscritto a ruolo definitivo".

A riguardo, si fa notare che il titolo della rubrica recita: "Preclusione alla autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi". Nel testo dell'articolo 31 si fa invece riferimento a debiti "iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori" e si omette la qualificazione "definitivo". "Stupisce e allarma il fatto che, sino ad oggi, non si è riscontrata alcuna disponibilità da parte del Governo a introdurre nel testo questa qualificazione, che appare invece assolutamente necessaria per tutelare i diritti dei contribuenti".

(04 luglio 2010)

 

 

 

 

Service Tax per i comuni

Una torta da 26 miliardi

Il gettito della nuova tassa su case e immobili, tra Irpef, Ici e imposte catastali. Più benefici al Nord: Il 30% degli incassi finirebbe ai sindaci di Lombardia e Lazio, solo 5 miliardi al Sud

di LUCIO CILLIS

Service Tax per i comuni Una torta da 26 miliardi Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, con Giulio Tremonti

ROMA - La service tax, nuova tassa comunale sugli immobili che accorperà Ici, Irpef sulla casa, l'imposta ipotecaria, catastale e di registro porterà nelle casse di 8.100 Comuni italiani circa 26 miliardi all'anno, 16 al netto dell'Ici. I maggiori benefici, tra l'altro, andranno tutti a favore delle Regioni del Nord Italia. Questa è la stima fatta dalla Cgia di Mestre che ha analizzato gli effetti e soprattutto i benefici della tassa unica che sarà approvata dal governo nelle prossime settimane e che rientra nel pacchetto di misure previsto dalla legge sul federalismo fiscale.

L'obiettivo è quello di dare una maggiore autonomia ai Comuni che avranno a disposizione una nuova arma impositiva più agile e semplice di quelle oggi presenti nell'arcobaleno di balzelli sul mattone pagati dai cittadini. Le prime case, è bene chiarire, ne saranno escluse, mentre all'interno della service tax, prenderanno posto tutte le tasse sulla casa, dall'Irpef all'Ici sugli immobili, l'imposta ipotecaria, catastale e di registro.

Secondo la stima effettuata dalla Cgia, il gettito totale di questa nuova imposta sarà di circa 26 miliardi di euro ogni anno (precisamente 25,97 miliardi di euro). Se da questo importo si "stornano" i 10 miliardi circa di gettito Ici (su seconde case, come ad esempio gli immobili ad uso commerciale o artigianale), che confluiscono ogni dodici mesi nelle casse comunali, agli oltre 8.100 Comuni d'Italia finiranno quasi 16 miliardi. Soldi che, attualmente, i proprietari di immobili versano direttamente nelle casse dello Stato. Per contro, lo Stato ridurrà i trasferimenti ai Comuni per un importo equivalente ovvero, 16 miliardi di euro.

Secondo gli artigiani di Mestre i sindaci avranno alcuni vantaggi dall'introduzione di questa nuova imposta sulla casa: "Innanzitutto - spiega Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia - i primi cittadini avranno una maggiore autonomia impositiva. Oggi i trasferimenti statali sono decisi a Roma e sono in costante calo. Con la nuova imposta spetterà ai Comuni variare verso il basso o verso l'alto l'ammontare delle aliquote e, quindi, il gettito fiscale. Inoltre - aggiunge - i sindaci avranno un incentivo in più per combattere efficacemente il sommerso e l'abusivismo che gravita attorno al settore edilizio: così facendo aumenteranno la base imponibile e, conseguentemente, il gettito derivante dall'applicazione di questa imposta".

Ma è ai Comuni del Nord che la service tax garantirà gli importi più rilevanti in termini di gettito pro capite. Soprattutto in quelle realtà dove i livelli di reddito e il valore economico degli immobili sono maggiori. Infatti, in termini di gettito, la nuova imposta garantirà alle casse dei Comuni valdostani mediamente 704,2 euro ogni residente. A quelli liguri 670,7 pro capite e a quelli emiliano-romagnoli 611,7 euro. Nel Lazio potrebbero arrivare oltre 2 miliardi di euro, pari 586,1 euro di gettito pro capite. Chiude la classifica la Calabria con 194,7 euro.

"Se è vero che in linea teorica per i Comuni è una partita di giro, vale a dire che per le loro casse non cambierà pressoché nulla - conclude Bortolussi - essere pagati direttamente dai cittadini anziché dallo Stato attraverso i trasferimenti, rimane il fatto che i Sindaci del Nord avranno una base imponibile maggiore, rispetto ai colleghi del Sud, su cui gestire l'autonomia impositiva".

(04 luglio 2010)

 

 

 

 

Arbitrato, condoni e previdenza

Tutti i trucchi della strategia dei refusi

Se due indizi fanno una prova, due refusi finiscono per dare corpo a una strategia. Al ministro Saconi i diritti d'autore sul "refuso" entrato nel gergo della politica

di ROBERTO MANIA

Arbitrato, condoni e previdenza Tutti i trucchi della strategia dei refusi

ROMA - Un refuso tira l'altro. Prima quello sulle pensioni, poi quello sulle tredicesime di poliziotti, professori e magistrati. Così se due indizi fanno una prova, due refusi finiscono per dare corpo a una strategia: la strategia dei refusi, appunto. Coltivata dal governo, assecondata, nel segreto dell'emendamento, da alcuni parlamentari della maggioranza. A nobilitarla è stato - pare senza una vera strategia di marketing - il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Perché sono tutti suoi i diritti d'autore sul "refuso" entrato prepotentemente nel gergo della politica all'insegna del "pop".

È stato lui il primo a parlarne. Ma se nuovo è il termine, vecchio, e largamente sperimentato, è lo schema di gioco: il governo - vale per la giustizia come per quasi tutti i provvedimenti di politica economica - non scopre per intero le sue carte e affida ai parlamentari prescelti le proposte più hard (tutti i condoni fiscali ed edilizi sono passati così), poi aspetta di "vedere di nascosto l'effetto che fa", come canterebbe Enzo Jannacci. Quando si scatena la tempesta, l'esecutivo fa fare marcia indietro ai parlamentari, altrimenti va in gol. Su pensioni e tredicesime, per ora, gli è andata male. E motu proprio ha già fatto dietrofront sulla stretta alle invalidità e sul blocco degli scatti di anzianità nella scuola.

La strategia impone la figura del parlamentare del refuso. Per la manovra da 25 miliardi, è stato prescelto il presidente della Commissione Bilancio del Senato, Antonio Azzollini (classe 1953), che è anche sindaco di Molfetta e che non è nuovo a interpretare il ruolo. Da anni è iscritto al "partito dei condonisti", avendoli fatti passare tutti dallo scranno di presidente della Commissione e giustificandoli tutti in vista della grande riforma del fisco che, però, è ancora da venire. "Scegliendo Azzollini hanno un po' esagerato - commenta il democratico Enrico Morando che dal '94 fa parte della Bilancio - perché è nello stesso tempo presidente della Commissione e relatore del provvedimento. Davvero c'è il rischio di far diventare il Parlamento un passacarte delle decisioni governative".

Ma, sia chiaro, Azzollini, berlusconiano doc e acerrimo nemico del conterraneo Raffaele Fitto, è solo, per quanto nient'affatto ingenuo, un portatore d'acqua, anche se i maligni osservano come la carica di presidente della commissione parlamentare abbia probabilmente favorito la crescita industriale della sua Molfetta. Gli emendamenti, anche quello sul blocco dei pensionamenti nonostante i 40 di contributi, sono stati pensati e scritti dai tecnici del governo, Ragioneria in testa.

C'è chi dice che per quello sulle pensioni abbia contribuito anche il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, fedelissimo del governo ma soprattutto, oltreché del sottosegretario Gianni Letta, del titolare del Lavoro Sacconi. Che, vista la buriana, l'ha sconfessato. Ma non era propriamente un refuso. Dice Pier Paolo Baretta, capogruppo del Pd alla Commissione Bilancio di Montecitorio: "La norma che a partire dal 2016 aggancia l'età del pensionamento alle aspettative di vita non prevede alcuna deroga. Quindi, dal 2016, i 40 anni di contributi non saranno più sufficienti per andare in pensione indipendentemente dall'età. I 40 anni sono già saltati. Altro che refuso!".

Anche sull'arbitrato sul lavoro, con l'aggiramento dell'articolo 18 sui licenziamenti, Sacconi ha affidato buona parte della strategia al senatore Maurizio Castro, con il quale ha da anni un rapporto strettissimo, tanto più che quella era una delega affidata al governo. Il riesame imposto dal Capo dello Stato ha fatto in parte modificare le norme.

I condoni sono il terreno prediletto per applicare la strategia del refuso. "Sono tutti passati così, da quelli nell'edilizia a quello fiscale tombale del 2003", ricorda Morando. E la mossa del condono - questa volta - l'aveva provata il quarantaseienne abruzzese Paolo Tancredi per tutti, ormai, "il senatore dei condoni". Ma forse, insieme ai colleghi Cosimo Latronico e Gilberto Picchetto Fratin, ha esagerato: un condono edilizio esteso alle aree protette sommato a un condono fiscale tombale. È stato travolto dalle critiche, provenienti anche da Palazzo Chigi. Alla fine, a proposito dell'emendamento, ha detto: "È stato un errore firmarlo. Ma ne abbiamo firmati a centinaia, assediati dalle associazioni di categoria e anche dai colleghi deputati".

Va da sé che per evitare tutti questi refusi non basterebbe nemmeno un correttore di bozze vecchio stile.

(04 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Berlusconi, è il turno del Tg4

"Nessun taglio alle tredicesime"

All'indomani dell'intervento su Tg1, Tg2, Gr2 e Tg5, il presidente del Consiglio parla al telegiornale di Emilio Fede. Smentisce la notizia sulla riduzione delle tredicesime per magistrati, poliziotti e docenti. E attacca ancora sul ddl intercettazioni: "Gli italiani sono i più spiati al mondo". Poi, "la lobby giornalisti-toghe": "Vogliono detronizzarmi e demonizzarmi, ma non ci riusciranno"

Berlusconi, è il turno del Tg4 "Nessun taglio alle tredicesime" Silvio Berlusconi

ROMA - Era rimasto solo il Tg4. All'indomani dell'intervento andato in onda in contemporanea su Rai1, Rai2, Gr2 e Tg5, Silvio Berlusconi parla al telegiornale di Emilio Fede. La nuova intervista al premier permette al Tg5 delle 20 di rilanciarne subito i contenuti come primo titolo, e al Tg1 come terzo e primo di politica italiana. Ormai l'occupazione militare delle televisioni è in atto.

Il presidente del Consiglio interviene di nuovo per smentire la notizia dei tagli alle tredicesime 1 di magistrati, poliziotti e docenti ("non ci sarà alcuna riduzione"), provvedimento sul quale il governo aveva già annunciato una marcia indietro dopo le proteste della Lega (con il ministro dell'Interno Maroni che si era detto "amareggiato") e dei sindacati della pubblica sicurezza. Ma anche per parlare del ddl sulle intercettazioni ("Gli italiani sono i più spiati al mondo") e per attaccare per l'ennesima volta "la lobby giornalisti-toghe" responsabile, a suo giudizio, di un tentativo di "demonizzazione" e "detronizzazione" che però, assicura, non andrà a buon fine: "A me non mi detronizza nessuno - afferma - io vado avanti, per il bene dell'Italia".

ASCOLTA L'AUDIO DELL'INTERVENTO 2

Tredicesime, nessuna riduzione. Nella manovra economica "non ci sarà alcuna riduzione delle tredicesime". Berlusconi al Tg4 dice di voler "smentire le notizie" sui tagli previsti da un emendamento alla manovra che avrebbero riguardato alcune categorie di lavoratori, fra cui carabinieri e poliziotti, magistrati e docenti. Una notizia sulla quale il governo aveva già fatto marcia indietro dopo lo stop della Lega 3 ("Tremonti leverà quella norma", aveva detto in giornata il ministro della Difesa, Ignazio La Russa) e dopo la protesta montata in poche ore e trasversale, dai sindacati di pubblica sicurezza all'opposizione fino alla Rete. Le parole del premier arrivano dopo una bufera, e relativo dietrofront sulla norma. "Lunedì - aveva già assicurato il sottosegretario all'Economia, Luigi Casero - il governo chiederà al relatore alla manovra, Antonio Azzollini, di cancellarla". Anche se, spiegano sia Casero sia Azzollini "si trattava solo di una norma di salvaguardia". Ovvero: o si congelano gli aumenti oppure l'altra possibilità era proprio quella di intervenire sulle tredicesime. Ma il clamore è così forte da far propendere per la cancellazione, confermata da Berlusconi.

La legge bavaglio, la lobby giornalisti-toghe. Sulla legge bavaglio il premier insiste, "siamo tutti spiati, non è tollerabile" dice, ribadendo quanto già affermato poche settimane fa citando numeri, sulle intercettazioni nel nostro Paese, poi smentiti dallo stesso ministero della Giustizia. Ripete che ad opporsi a una regolamentazione delle intercettazioni è "solo la lobby di giudici e giornalisti". E spiega la sua interpretazione del ddl: questa legge "è una difesa del diritto dei cittadini a non essere spiati e a non vedersi pubblicare sui giornali le conversazioni private, anche quelle che non hanno aluna rilevanza penale. Difende la privacy, impedisce la violazione del segreto istruttorio e impedisce di trasformare gli articoli di giornale in sentenze di colpevolezza anticipate come purtroppo è accaduto finora".

"Sciopero contro la stampa, doverosa provocazione". Nuovo attacco alla stampa, dopo la polemica agitata pochi giorni fa contro i giornali che "disinformano". "Quando ho detto che ci vorrebbe uno sciopero contro i giornali era una provocazione doverosa". La polemica è contro le cronache di alcuni quotidiani sulla sua missione internazionale in Canada e poi in Brasile: lo sciopero, continua, sarebbe a suo parere un segnale contro il modo in cui "i giornali distorcono la realtà", perché la stampa ha il compito "di informare correttamente e di controllare il potere" ma, aggiunge, "troppo spesso siamo di fronte a un'informazione schierata e a senso unico che non esita a disinformare e che sostiene che in italia non c'è libertà di stampa, cosa che non è assolutamente vera".

"La sinistra? Sa solo insultare". Il premier definisce "un'anomali tutta italiana" l'"ostilità preconcetta dell'opposizione". E osserva che "soprattutto nei momenti di crisi ci sarebbe bisogno di un confronto politico serrato ma sereno, nell'interesse del Paese. Invece ci troviamo di fronte a una raffica sistematica di no su tutto, senza che ci venga fatta una sola proposta alternativa". E ricorda che "questa legislatura era nata sotto il segno del rinnovamento della politica e l'allora segretario del Pd aveva assicurato di voler fare un'opposizione costrutiva e la disponibilità a fare insieme le riforme istituzionali". Poi, continua, "abbiamo visto come è andata a finire, il Pd ha cambiato tre segretari, si è indebolito seguendo l'ala più giustizialista e illiberale del centrosinistra. Quindi noi dobbiamo andare avanti da soli, a me non riesce a demoralizzarmi nessuno, andiamo avanti continuando a realizzare tanti ottimi risultati per il bene dell'Italia e degli italiani".

(03 luglio 2010)

 

 

 

 

Polizia, lo stop della Lega: ""No ai tagli"

La Russa: "Pronti a levare quella norma"

Bricolo: "Nessuno può pensare di mettere le mani sui loro stipendi". Protestano i sindacati. Maroni: "Nessun conseguenza sulla sicurezza, amareggiato dai sindacati delle forze di polizia e dai prefetti"

Polizia, lo stop della Lega: ""No ai tagli" La Russa: "Pronti a levare quella norma" Protesta dei sindacati di polizia davanti a Montecitorio

ROMA - "Non siamo disposti a tagliare la tredicesima alle forze di polizia, ai carabinieri e ai vigili del fuoco. Stiano tranquilli poliziotti e carabinieri: la Lega Nord si è già attivata affinché non siano penalizzati. Svolgono una funzione fondamentale per la sicurezza del Paese e nessuno può pensare di mettere le mani sui loro stipendi". Federico Bricolo, presidente della Lega Nord al Senato, mette in chiaro la contrarietà del Carroccio all'emendamento del relatore al decreto fiscale che prevede il taglio delle tredicesime per le forze di polizia. 1 E lo fa mentre la protesta per i tagli cresce e diventa trasversale. Al punto che il governo cerca di correre ai ripari: "Tremonti leverà quella norma - assicura il ministro della Difesa Ignazio La Russa - e mi ha preannunciato che con ogni probabilità eliminerà anche la semplice possibilità, facoltativa, di optare per questa soluzione, anziché per il taglio degli aumenti a seguito di promozioni". Una linea concordata con il ministro dell'Interno Roberto Maroni che affida il suo pensiero al portavoce: "I tagli non incideranno sulla sicurezza e parte di questi saranno compensati dalle risorse che ogni giorno vengono sottratte alla criminalità organizzata". Il ministro si dice, inoltre, "sorpreso e amareggiato" dall'attacco mosso dai sindacati delle forze di polizia e dei prefetti che hanno chiesto un intervento dal capo dello Stato e del premier contro i tagli. "Chi al Viminale ha seguito l'iter della manovra sa bene come iaroni si sia impegnato, senza fare dichiarazioni pubbliche, incontrando Tremonti e ottenendo anche alcuni risultati".

E si muove anche il presidente del Senato Renato Schifani che ha chiamato il presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama, Antonio Azzollini, per invitarlo "a riflettere attentamente sull'opportunità di ritirare al più presto l'emendamento". Immediata la replica: "Quando e se il governo lo chiederà

lo ritireremo. Era un'opzione. Se non ci sarà, non ci sarà".

Le opposizioni. Per il leader del Pd, Pierluigi Bersani, "ormai stanno impazzendo. E questo perché se un governo conservatore in Inghilterra attacca la rendita finanziaria, qui in Italia invece si attaccano le tredicesime di poliziotti e insegnanti. Tutto questo vuol dire che si è davvero persa la testa". L'Idv attacca, per bocca di Antonio Borghesi: "Se questa norma non viene eliminata, il governo completerà il massacro del settore che si trova già in gravissime difficoltà a causa della legge Brunetta del 2008".

Sindacati di polizia. Tornano a farsi sentire i sindacati di polizia. 2 "La manovra resta iniqua ed i correttivi proposti dalla maggioranza in Commissione sul taglio delle tredicesime ci indignano - affermano Giuseppe Tiani, segretario del Siap, ed Enzo Letizia, segretario dell'Anfp. "Si colpiscono umiliando i figli e le moglie dei poliziotti durante le festività natalizie che sono il simbolo dell'unità familiare - sostengono le due organizzazioni sindacali - Si è così ottusi, pure, da non capire che i commercianti aspettano il Natale per prendere una boccata d'ossigeno che lenisca un po' il lungo periodo di crisi".

Proteste in Rete. La rabbia rimbalza anche in Rete. Centinaia sono i messagi che si trovano sui vari social network. Dice un agente: "I tagli ci volevano proprio visto che non sapevo più dove mettere i soldi che mi danno!!!". Un pompiere attacca: "E' confortante sapere che almeno in questo il governo ha avuto un pensiero per chi lavora a garantire la pubblica incolumità...". E persino sul Fan Club di Berlusconi si leggono messaggi di questo tenore: "Tagliare le tredicesime ai poliziotti mi sembra pura follia. Se Silvio non mette a tacere i cretini che avanzano simili proposte, penso che questo governo duri poco". Gli fa eco un altro simpatizzante: "Ma lo sa il senatore Azzolini che lo stipendio di un poliziotto è di 1.500,00 euro e che molte famiglie aspettano la tredicesima per ripianare i debiti contratti (prestiti) per sopravvivere durante l'anno? Fate uno scatto d'orgoglio e rinunciate voi politici e manager pubblici alla tredicesima. Sono profondamente deluso".

Magistrati. Si fanno sentire pure i magistrati, altra categoria colpita dagli interventi sulle tredicesime. "Siamo in attesa di chiariementi da parte del governo - dice il segretario dell'Anm Giuseppe Cascini - La misura non è quantificabile, perché il taglio della tredicesima può essere o del 10% o di tutta, e la differenza è abissale".

La Russa. Dopo le proteste arriva la dichiarazione di La Russa: "Questa ipotesi non è neanche stata presa in seria considerazione né da me né dal ministro Maroni con cui mi sono sentito questa mattina. L'abbiamo notificato pubblicamente e io ho appena finito di parlare con Tremonti che ne ha preso atto. In parole povere, sia da me che da Maroni è stato specificato che anche ove la norma che dà la facoltà di optare per il taglio delle tredicesime venisse inserita, noi fin da ora dichiariamo che non intendiamo avvalercene in nessun caso. In sintesi non vi è nessuna ipotesi che prevede la possibilità di un taglio delle tredicesime per il personale del comparto sicurezza". "Rimane aperta - conclude il titolare della Difesa - la richiesta di considerare la particolarità del comparto sicurezza per quanto riguarda l'aumento degli stipendi a seguito delle promozioni".

(03 luglio 2010)

 

 

 

 

Manovra, per polizia e magistrati

ipotesi riduzione delle tredicesime

L'emendamento in Commissione Bilancio al Senato. Casini: "Ipotesi sconcertante". Ma il blocco nella P.A. potrà essere flessibile. Sparisce intanto l'innalzamento dei 40 anni di contributi, corretto il "refuso"

Manovra, per polizia e magistrati ipotesi riduzione delle tredicesime

ROMA - Per le forze di polizia, i vigili del fuoco, i magistrati, i professori universitari e i diplomatici potrebbe arrivare una riduzione delle tredicesime. E allo stesso tempo sarà data la possiblità di 'esentare' alcune voci delle retribuzioni dal blocco previsto per i dipendenti del pubblico impiego. Lo prevede uno dei tre nuovi emendamenti del relatore, Antonio Azzollini, depositato in commissione Bilancio al Senato. Oltre a magistrati e polizia la riduzione, che dovrà essere decisa attraverso un Dpcm, su iniziativa dei ministri competenti di concerto con il Mef, potrebbe riguardare anche avvocati e procuratori dello Stato e il personale di carriera diplomatica (che compare interamente nella legge 165 del 2001). Mentre per i magistrati potrà essere emanato un decreto su delibera degli organi di autogoverno.

Secondo il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini si tratta di un'ipotesi sconcertante. "Spero solo che l'emendamento che prevede il taglio delle tredicesime per le Forze dell'Ordine, assieme a quelle di molte altre categorie, sia solo un nuovo clamoroso refuso di questa maggioranza sulla manovra - ha detto - Sarebbe gravissimo colpire il simbolo della legalità e della sicurezza nel nostro Paese, già vessato da una situazione in cui è contingentata persino la benzina per le auto di pattuglia. Chi è incaricato di garantire la sicurezza dei cittadini ha già subito troppe umiliazioni negli ultimi anni. Ma se questa fosse davvero la volontà del governo, contrasteremo con ogni mezzo in Parlamento questa sconcertante iniziativa".

Lo stesso decreto prevede che alcune voci vengano escluse dal blocco triennale per i dipendenti del pubblico impiego, tra cui: le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, il conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno e gli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva. Inoltre si stabilisce che a partire dal primo gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013 "l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale" non potrà superare "il corrispondente importo dell'anno 2010" che dovrà essere ridotto in misura "proporzionale alla riduzione del personale in servizio".

"Conseguentemente" l'emendamento prevede, al fine di assicurare i risparmi di spesa previsti dalla manovra, la possiblità di intervenire sulla tredicesima mensilità: "La tredicesime spettante al predetto personale può essere ridotta con decreti di natura non regolamentare" del presidente del Consiglio e degli organi di autogoverno. Possono inoltre essere emanati "distinti decreti" per: il personale dirigente e non delle forze armate, dei vigili del fuoco, il personale di magistratura, i professori e ricercato universitari, per il personale di carriera prefettizia, per il personale diplomatico e il personale della carriera dirigenziale penitenziaria.

Intanto si registra un colpo d'acceleratore sull'agganciamento dei requisiti di pensionamento all'aumento dell'aspettativa di vita. Una nuova versione dell'emendamento del relatore alla manovra prevede infatti che la riforma (secondo cui l'aggiornamento dei requisiti alla speranza di vita deve esserci ogni tre anni) parta il primo gennaio del 2015. La novità della proposta di modifica è che il secondo adeguamento scatterà già dal primo gennaio 2016, e non tre anni dopo, come previsto originariamente.

Sempre sul fronte pensionistico, come annunciato ieri dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi, nella nuova versione dell'emendamento in cui non c'è nessun riferimento all'innalzamento dei 40 anni di contributi come sufficienti per andare in pensione. Era stato il titolare del Lavoro a parlare di "refuso da correggere" 1, dopo che la novità introdotta nel testo del relatore Antonio Azzolini aveva scatenato critiche feroci da parte di sindacati e opposizioni. Quindi, chi matura 40 anni contributivi può andare in pensione indipendentemente dall'età anagrafica e senza ulteriori attese.

"Non c'è problema, è tutto risolto - ha detto questa mattina Sacconi a margine dell'assemblea di Coldiretti - parliamo solo della norma relativa ai 40 anni di contributi, solo di questo segmento piccolo, purtroppo. È già risolto. E' stato risolto e il testo è stato pulito". A chi gli chiedeva come fosse stato possibile un refuso di questo tipo, il ministro ha ripetuto: "Mi spiace, è tutto risolto. Basta, la negatività è stata risolta. Risolto, risolto, non c'è più".

Per Piero Fassina, responsabile Economia e lavoro del Pd, "non c'è stato nessun refuso. L'emendamento, infatti, è stato scritto direttamente dal ministero dell'Economia. La retromarcia di Sacconi è dovuta, quindi, alle contraddizioni del governo, alla superficialità e all'approssimazione con cui intervengono sui diritti dei lavoratori". Ancora più duro l'ex ministro Cesare Damiano: "L'armata brancher-leone ha colpito ancora: un altro scivolone del governo, questa volta sulle pensioni di anzianità. Deve intervenire il ministro Maurizio Sacconi che declassa un grave incidente a semplice refuso. L'importante è che il governo faccia marcia indietro sul tentativo di allungare la permanenza al lavoro per coloro che hanno maturato i 40 anni di contributi. Nessuna delle riforme precedenti, Maroni e Damiano, aveva toccato questo diritto pensionistico. Il Partito democratico si batterà anche per impedire che questi lavoratori siano coinvolti nelle nuove finestre mobili".

"Mai una volta che si sbaglino a vantaggio dei cittadini - commenta il capogruppo dell'Idv in commissione Finanze al Senato, Elio Lannutti - il governo ogni tanto prova a far passare qualche porcheria nelle more di un emendamento, poi vede la reazione sdegnata e fa finta che sia stato un errore". Sacconi, fa notare il senatore, "poco prima aveva detto che quella controriforma non avrebbe interessato una grande platea di cittadini, poi ha fatto marcia indietro parlando di refuso".

(02 luglio 2010)

 

 

 

2010-07-02

Tremonti contro le Regioni del Sud

Duello con Errani. Il Pd: "Basta insulti"

Il ministro dell'Economia all'assemblea nazionale di Coldiretti. "Cialtroneria di chi prende solo soldi e poi non li spende. La gestione dei fondi Ue delle regioni del Sud è scandalosa". Il presidente della Conferenza delle Regioni al contrattacco. Pd: "Spesa è in linea, il ministro vuole coprire i tagli"

Tremonti contro le Regioni del Sud Duello con Errani. Il Pd: "Basta insulti" Giulio Tremonti

ROMA - "Per colpa della cialtroneria di chi prende soldi e non li spende", al Sud sono stati spesi solo 3,6 miliardi di risorse comunitarie a fronte di una cifra pari a 44 miliardi per il periodo 2007-2013. Così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che nel suo intervento all'assemblea nazionale di Coldiretti ha aggiunto: "Nei prossimi anni i soldi per il Mezzogiorno saranno di più e non di meno, quindi non si può continuare con questa gente che sa protestare e non sa dare servizi per i cittadini".

Le regioni del Sud hanno posto in essere "uno scandaloso percorso" nella gestione dei fondi comunitari, ha sottolineato Tremonti nel corso dell'assemblea di Coldiretti. "Dei fondi comunitari sul programma 2007-2013 questi signori ne hanno spesi solo 3,6 miliardi mentre cresceva la protesta contro i tagli subiti, aumentavano i capitali non usati. Più il Sud declinava, più i fondi salivano - ha evidenziato il ministro - Questa cosa è di una gravità inaccettabile". Secondo il ministro "la colpa non è dell'Ue né dei governi nazionali di destra o sinistra. La colpa è della cialtroneria di chi prende i soldi e non li usa".

Errani contrattacca. "Bisogna guardare le Regioni che non spendono bene", replica il presidente della Conferenza delle Regioni Secondo Errani si deve avere oggi più che mai "senso e rispetto delle istituzioni anche se non vanno di moda. Diversamente non c'è futuro".

Poi lo stesso Errani aggiunge: "Stiamo attendendo che la presidenza del Consiglio ci dica quando ci incontrerà, noi confidiamo molto in questo incontro. E visto che abbiamo una posizione cosi' responsabile e ragionevole auspichiamo che il presidente del Consiglio sappia valorizzare e quindi coerentemente, trovare le condizioni per cambiare la manovra cosi' come ci e' stata presentata".

"Occorre a tutti i livelli - conclude il presidente - più rispetto. E' in atto una iniziativa per delegittimare le Regioni e gli Enti locali", ha aggiunto, spiegando che si riferisce in particolare alla "relazione del ministero dell'Economia sul federalismo fiscale, nella quale sono espressi giudizi ingiusti e ingenerosi".

Il Pd: "Tremonti fa il furbo". "Il ministro continua a fare il furbetto e a giocare con i numeri per tentare di coprire i pesanti colpi inferti dal governo Berlusconi-Bossi al Mezzogiorno". Così Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro della segreteria PD, secondo il quale "la spesa dei fondi strutturali nei primi due anni del ciclo 2007-2013 è sostanzialmente in linea con le previsioni, come documentato dal dipartimento Politiche di sviluppo".

"Infatti - continua Fassina - i 44 miliardi di fondi strutturali destinati al Mezzogiorno riguardano 7 anni e il profilo di spesa previsto è crescente nel tempo in funzione della realizzazione dei progetti. Ovviamente, le amministrazioni regionali hanno notevoli problemi gestionali da affrontare, ma le parole di Tremonti - osserva - tentano di giustificare il taglio del FAS, già attuato, per 20 miliardi di euro e tentano anche di preparare il terreno per i tagli in arrivo attraverso i decreti sul federalismo fiscale. In ogni caso, il ministro è pagato per risolvere i problemi, non per insultare e l'accelerazione dei programmi di investimento non si fa con i tagli".

(02 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Manovra, per polizia e magistrati

ipotesi riduzione delle tredicesime

L'emendamento in Commissione Bilancio al Senato. Ma il blocco nella P.A. potrà essere flessibile. Sparisce intanto l'innalzamento dei 40 anni di contributi, corretto il "refuso"

Manovra, per polizia e magistrati ipotesi riduzione delle tredicesime

ROMA - Per le forze di polizia, i vigili del fuoco, i magistrati, i professori universitari e i diplomatici potrebbe arrivare una riduzione delle tredicesime. E allo stesso tempo sarà data la possiblità di 'esentare' alcune voci delle retribuzioni dal blocco previsto per i dipendenti del pubblico impiego. Lo prevede uno dei tre nuovi emendamenti del relatore, Antonio Azzollini, depositato in commissione Bilancio al Senato. Oltre a magistrati e polizia la riduzione, che dovrà essere decisa attraverso un Dpcm, su iniziativa dei ministri competenti di concerto con il Mef, potrebbe riguardare anche avvocati e procuratori dello Stato e il personale di carriera diplomatica (che compare interamente nella legge 165 del 2001). Mentre per i magistrati potrà essere emanato un decreto su delibera degli organi di autogoverno.

Lo stesso decreto prevede che alcune voci vengano escluse dal blocco triennale per i dipendenti del pubblico impiego, tra cui: le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, il conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno e gli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva. Inoltre si stabilisce che a partire dal primo gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013 "l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale" non potrà superare "il corrispondente importo dell'anno 2010" che dovrà essere ridotto in misura "proporzionale alla riduzione del personale in servizio".

"Conseguentemente" l'emendamento prevede, al fine di assicurare i risparmi di spesa previsti dalla manovra, la possiblità di intervenire sulla tredicesima mensilità: "La tredicesime spettante al predetto personale può essere ridotta con decreti di natura non regolamentare" del presidente del Consiglio e degli organi di autogoverno. Possono inoltre essere emanati "distinti decreti" per: il personale dirigente e non delle forze armate, dei vigili del fuoco, il personale di magistratura, i professori e ricercato universitari, per il personale di carriera prefettizia, per il personale diplomatico e il personale della carriera dirigenziale penitenziaria.

Intanto si registra un colpo d'acceleratore sull'agganciamento dei requisiti di pensionamento all'aumento dell'aspettativa di vita. Una nuova versione dell'emendamento del relatore alla manovra prevede infatti che la riforma (secondo cui l'aggiornamento dei requisiti alla speranza di vita deve esserci ogni tre anni) parta il primo gennaio del 2015. La novità della proposta di modifica è che il secondo adeguamento scatterà già dal primo gennaio 2016, e non tre anni dopo, come previsto originariamente.

Sempre sul fronte pensionistico, come annunciato ieri dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi, nella nuova versione dell'emendamento in cui non c'è nessun riferimento all'innalzamento dei 40 anni di contributi come sufficienti per andare in pensione. Era stato il titolare del Lavoro a parlare di "refuso da correggere" 1, dopo che la novità introdotta nel testo del relatore Antonio Azzolini aveva scatenato critiche feroci da parte di sindacati e opposizioni. Quindi, chi matura 40 anni contributivi può andare in pensione indipendentemente dall'età anagrafica e senza ulteriori attese.

"Non c'è problema, è tutto risolto - ha detto questa mattina Sacconi a margine dell'assemblea di Coldiretti - parliamo solo della norma relativa ai 40 anni di contributi, solo di questo segmento piccolo, purtroppo. È già risolto. E' stato risolto e il testo è stato pulito". A chi gli chiedeva come fosse stato possibile un refuso di questo tipo, il ministro ha ripetuto: "Mi spiace, è tutto risolto. Basta, la negatività è stata risolta. Risolto, risolto, non c'è più".

Per Piero Fassina, responsabile Economia e lavoro del Pd, "non c'è stato nessun refuso. L'emendamento, infatti, è stato scritto direttamente dal ministero dell'Economia. La retromarcia di Sacconi è dovuta, quindi, alle contraddizioni del governo, alla superficialità e all'approssimazione con cui intervengono sui diritti dei lavoratori". Ancora più duro l'ex ministro Cesare Damiano: "L'armata brancher-leone ha colpito ancora: un altro scivolone del governo, questa volta sulle pensioni di anzianità. Deve intervenire il ministro Maurizio Sacconi che declassa un grave incidente a semplice refuso. L'importante è che il governo faccia marcia indietro sul tentativo di allungare la permanenza al lavoro per coloro che hanno maturato i 40 anni di contributi. Nessuna delle riforme precedenti, Maroni e Damiano, aveva toccato questo diritto pensionistico. Il Partito democratico si batterà anche per impedire che questi lavoratori siano coinvolti nelle nuove finestre mobili".

"Mai una volta che si sbaglino a vantaggio dei cittadini - commenta il capogruppo dell'Idv in commissione Finanze al Senato, Elio Lannutti - il governo ogni tanto prova a far passare qualche porcheria nelle more di un emendamento, poi vede la reazione sdegnata e fa finta che sia stato un errore". Sacconi, fa notare il senatore, "poco prima aveva detto che quella controriforma non avrebbe interessato una grande platea di cittadini, poi ha fatto marcia indietro parlando di refuso".

(02 luglio 2010)

 

 

PENSIONI

"Dal 2016 non bastano 40 anni di contributi"

Poi il dietrofront: "E' stato un refuso"

La modifica, in un emendamento alla manovra presentato dal relatore Azzollini. I sindacati attaccano. Sacconi prima dice che il "governo valuterà", poi annuncia che la misura sarà "cancellata".

"Dal 2016 non bastano 40 anni di contributi" Poi il dietrofront: "E' stato un refuso"

ROMA - Dal 2016 non basteranno più 40 anni di contributi per andare in pensione. Lo prevede, o forse sarebbe meglio dire prevedeva, un emendamento alla manovra presentato dal relatore Antonio Azzolini. Di fronte alle immediate proteste dei sindacati, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi", ha prima frenato dicendo che il governo avrebbe valutato l'emendamento, poi ne ha decretato la scomparsa. " "E' stato un refuso, lo cancelleremo. Non era intenzione né mia, né di Azzollini, né di Tremonti", ha detto.

L'emendamento. Il testo di Azzolini accoglie anche l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne del pubblico impiego. Ma la vera novità è l'insufficienza dei 40 di contributi per andare in pensione, conseguenza delle misure che prevedono che dal primo gennaio 2016 tutti i requisiti di pensionamento verranno aggiornati, ogni tre anni, sulla base dell'incremento della speranza di vita calcolata dall'istat. Adeguamento che, stando all'emendamento, riguarderà non solo i requisiti anagrafici, ma anche il requisito unico dei 40 anni di contribuzione che consente di andare in pensione a prescindere dall'età. Misure che si 'sommano' agli effetti analoghi prodotti dall'introduzione della cosiddetta 'finestra mobile' prevista dalla manovra.

In attuazione - si legge nell'emendamento - del decreto legge dello scorso anno che già interveniva sul fronte previdenziale si stabilisce che ''a decorrere dal primo gennaio 2016 i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva e il requisito contributivo di 40 anni ai fini del conseguimento del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica sono aggiornati a cadenza triennale con decreto direttoriale del ministero del lavoro di concerto con il ministero dell'economia da emanarsi almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento''.

L'adeguamento all'aspettativa di vita scatterà anche per le pensioni sociali. In pratica, a partire dal 2016, anche chi dovrebbe percepire l'assegno più basso, quello che il precedente governo Berlusconi portò a circa 500 euro (il vecchio milione di lire) vedrà spostarsi l'età in avanti a seconda dei successivi adeguamenti dell'Istat.

L'adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all'aumento delle aspettative di vita calcolato dall'Istat comporterà al 2050 un aumento di circa 3,5 anni nella media del periodo lavorativo. Il numero di soggetti che maturano i requisiti nel periodo 2016-2020 saranno circa 400.000 in media. L'operazione, secondo la relazione tecnica, comporterà, nel periodo 2016-2020, 7,838 miliardi di risparmi: 60 milioni nel 2016, 800 milioni nel 2017, 1,725 miliardi nel 2018, 1,920 nel 2019 e 3,333 nel 2020.

La relazione tecnica spiega, inoltre, che la norma comporterà una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica in rapporto al Pil di circa 0,1-0,2 punti percentuali attorno al 2020 crescente fino a 0,5 punti percentuali al 2030, per poi decrescere a 0,4 punti al 2040 e a 0,2 punti percentuali al 2045, attestandosi a questo livello anche alla fine del periodo di previsione dopo una fase di effetto sostanzialmente nullo.

Lamonica (Cgil): "Dopo i 40 anni nessun beneficio". Vera Lamonica della segreteria confederale della Cgil esprime un giudizio ''molto negativo'' sull'emendamento, in particolare sulla parte che sottopone all'adeguamento alle aspettative di vita anche il requisito dei 40 anni di contributi. ''L'emendamento - spiega Lamonica - peggiora la situazione perché un lavoratore con 40 anni di contributi incappa non solo nella finestra mobile, che significa l'allungamento di un anno, ma anche nell'applicazione dei coefficienti sull'attesa di vita. Per di più dal lavoro oltre i 40 anni non ricevono nessun beneficio contributivo, cioè vanno in pensione dopo ma i contributi non producono nulla''.

Bonanni (Cisl): "Stop a nuove penalizzazioni". "Con la manovra correttiva, ai lavoratori che hanno già raggiunto 40 anni di contribuzione è stato chiesto un sacrificio enorme, applicando anche a loro la 'finestra scorrevole' di 12 mesi. Ora è necessario evitare che debbano subire, dopo il 2015, ulteriori penalizzazioni". Così il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, contesta l'emendamento del relatore Azzolini al provvedimento correttivo di finanza pubblica. "L'applicazione del meccanismo automatico che dal 2015 lega il differimento dei requisiti pensionistici all'aumentata aspettativa di vita non può e non deve riguardare anche i lavoratori che hanno già 40 anni di contributi, che in molti casi hanno iniziato a lavorare in giovane età e che, quindi, hanno diritto a continuare ad accedere al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica".

Proietti (Uil): "Emendamento incomprensibile". Per la Uil parla il segretario confederale Domenico Proietti. "Non comprendiamo l'emendamento del relatore Azzollini relativo al legame dell'aspettativa di vita anche all'età contributiva necessaria al pensionamento - dichiara Proietti in una nota -. Un ulteriore aumento dell'età di pensione che penalizza chi ha 40 anni di contribuzione senza per altro aumentare la prestazione pensionistica futura".

(01 luglio 2010)

 

2010-07-01

PENSIONI

Dal 2016 non bastano 40 anni di contributi

Sindacati insorgono, governo frena

La modifica presentata dal relatore Azzollini prevede un aggiornamento a cadenza triennale con decreto del ministero del Lavoro in base alla variazione della speranza di vita

Dal 2016 non bastano 40 anni di contributi Sindacati insorgono, governo frena

ROMA - "Il governo valuterà l'emendamento". Le parole del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, stridono come una frenata rispetto all'emendamento alla manovra, presentato dal relatore Antonio Azzollina del Pdl, con cui dal 2016 si vorrebbero cancellare i 40 anni di contributi quale requisito sufficiente per andare in pensione. Ma le parole del ministro fanno seguito anche alla durissima presa di posizione dei sindacati, decisi a evitare "nuove penalizzazioni", usando le parole di Raffaele Bonanni, a lavoratori già colpiti dalla manovra correttiva.

L'emendamento del relatore Azzollina accoglie anche l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne del pubblico impiego. Ma la vera novità è l'insufficienza dei 40 di contributi per andare in pensione, conseguenza delle misure che prevedono che dal primo gennaio 2016 tutti i requisiti di pensionamento verranno aggiornati, ogni tre anni, sulla base dell'incremento della speranza di vita calcolata dall'istat. Adeguamento che, stando all'emendamento, riguarderà non solo i requisiti anagrafici, ma anche il requisito unico dei 40 anni di contribuzione che consente di andare in pensione a prescindere dall'età. Misure che si 'sommano' agli effetti analoghi prodotti dall'introduzione della cosiddetta 'finestra mobile' prevista dalla manovra.

In attuazione - si legge nell'emendamento - del decreto legge dello scorso anno che già interveniva sul fronte previdenziale si stabilisce che ''a decorrere dal primo gennaio 2016 i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva e il requisito contributivo di 40 anni ai fini del conseguimento del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica sono aggiornati a cadenza triennale con decreto direttoriale del ministero del lavoro di concerto con il ministero dell'economia da emanarsi almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento''.

L'adeguamento all'aspettativa di vita scatterà anche per le pensioni sociali. In pratica, a partire dal 2016, anche chi dovrebbe percepire l'assegno più basso, quello che il precedente governo Berlusconi portò a circa 500 euro (il vecchio milione di lire) vedrà spostarsi l'età in avanti a seconda dei successivi adeguamenti dell'Istat.

L'adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all'aumento delle aspettative di vita calcolato dall'Istat comporterà al 2050 un aumento di circa 3,5 anni nella media del periodo lavorativo. Il numero di soggetti che maturano i requisiti nel periodo 2016-2020 saranno circa 400.000 in media. L'operazione, secondo la relazione tecnica, comporterà, nel periodo 2016-2020, 7,838 miliardi di risparmi: 60 milioni nel 2016, 800 milioni nel 2017, 1,725 miliardi nel 2018, 1,920 nel 2019 e 3,333 nel 2020.

La relazione tecnica spiega, inoltre, che la norma comporterà una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica in rapporto al Pil di circa 0,1-0,2 punti percentuali attorno al 2020 crescente fino a 0,5 punti percentuali al 2030, per poi decrescere a 0,4 punti al 2040 e a 0,2 punti percentuali al 2045, attestandosi a questo livello anche alla fine del periodo di previsione dopo una fase di effetto sostanzialmente nullo.

Le polemiche

Sacconi: "Il governo valuterà l'emendamento". I sindacati insorgono e il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, lascia intendere che i giochi non sono ancora fatti: il governo farà le sue valutazioni. "Sullo specifico segmento relativo ai lavoratori che accumulano 40 anni di contributi ci sarà una riflessione - dice Sacconi a skytg24 -. Lo valuteremo nelle prossime ore. Valutiamo in particolare questa situazione, però non è né socialmente né economicamente rilevante. Nel 2016 non saranno moltissimi coloro che potranno vantare 40 anni di contributi".

Lamonica (Cgil): "Dopo i 40 anni nessun beneficio". Vera Lamonica della segreteria confederale della Cgil esprime un giudizio ''molto negativo'' sull'emendamento, in particolare sulla parte che sottopone all'adeguamento alle aspettative di vita anche il requisito dei 40 anni di contributi. ''L'emendamento - spiega Lamonica - peggiora la situazione perché un lavoratore con 40 anni di contributi incappa non solo nella finestra mobile, che significa l'allungamento di un anno, ma anche nell'applicazione dei coefficienti sull'attesa di vita. Per di più dal lavoro oltre i 40 anni non ricevono nessun beneficio contributivo, cioè vanno in pensione dopo ma i contributi non producono nulla''.

Bonanni (Cisl): "Stop a nuove penalizzazioni". "Con la manovra correttiva, ai lavoratori che hanno già raggiunto 40 anni di contribuzione è stato chiesto un sacrificio enorme, applicando anche a loro la 'finestra scorrevole' di 12 mesi. Ora è necessario evitare che debbano subire, dopo il 2015, ulteriori penalizzazioni". Così il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, contesta l'emendamento del relatore Azzolini al provvedimento correttivo di finanza pubblica. "L'applicazione del meccanismo automatico che dal 2015 lega il differimento dei requisiti pensionistici all'aumentata aspettativa di vita non può e non deve riguardare anche i lavoratori che hanno già 40 anni di contributi, che in molti casi hanno iniziato a lavorare in giovane età e che, quindi, hanno diritto a continuare ad accedere al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica".

Proietti (Uil): "Emendamento incomprensibile". Per la Uil parla il segretario confederale Domenico Proietti. "Non comprendiamo l'emendamento del relatore Azzollini relativo al legame dell'aspettativa di vita anche all'età contributiva necessaria al pensionamento - dichiara Proietti in una nota -. Un ulteriore aumento dell'età di pensione che penalizza chi ha 40 anni di contribuzione senza per altro aumentare la prestazione pensionistica futura".

 

 

(01 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Pedaggi, via alla stangata sui pendolari

anche 120 euro al mese tra casa e lavoro

Così 1.270 chilometri di strade diventano a pagamento. L'Anas compenserà il taglio dei fondi statali colpendo chi vive fuori dalle grandi città

di VALENTINA CONTE

Pedaggi, via alla stangata sui pendolari anche 120 euro al mese tra casa e lavoro

ROMA - Non sarà una stangata, ma per molti è già il "balzello di Tremonti". Iniquo, intollerabile e in un periodo di crisi. Il doppio rincaro delle tariffe, in vigore da oggi sulle autostrade italiane, ha fatto arrabbiare proprio tutti: sindaci, commercianti, cittadini. E tra ricorsi al Tar e barricate ai caselli, a pagare di più alla fine saranno i pendolari. Chi vive, cioè, alle porte delle grandi città e, ogni giorno, su tangenziali, raccordi, anelli è costretto alla transumanza per lavoro o studio. Andata e ritorno, cinque giorni a settimana, costeranno anche 120 euro al mese.

L'aumento è dunque doppio: quello generale (fino al 5%) che colpisce tutte le tratte (un millesimo al Km per le auto, 3 per i camion) e quello nuovo che renderà a pagamento 1.270 chilometri di strade fino a ieri gratuite.

Entrambi a vantaggio dell'Anas (83 milioni l'incasso 2010): il primo per i maggiori canoni chiesti alle concessionarie private, il secondo "a riduzione del contributo statale", cioè minori trasferimenti. "Noi non ci guadagniamo un euro", fanno sapere da Anas che con il suo presidente Pietro Ciucci assicura: "Non è una stangata", visto che il viaggio Roma-Milano in fondo "costerà solo 50 centesimi in più". In realtà, dai calcoli di Autostrade per l'Italia, sono 1,80 euro in più per le auto, balzello compreso, e 4,40 in più per i camion.

Ma come funzionano i nuovi pedaggi? Le tariffe forfettarie intanto sono di 1,20 euro per le auto e 2,40 per i camion (1 e 2 euro più Iva). Un po' più basse per le piccole tratte, perché non possono per legge superare il 25% di quanto dovuto in totale: se il ticket è di un euro il rincaro lo porterà a 1,25. I balzelli si pagheranno nei 26 caselli indicati dal decreto, in entrata ed uscita. Ad esempio, chi arriva a Roma da A1 (nord o sud), A12, A24 paga una quota in più, quella del Raccordo anulare, ai 9 caselli di accesso alla città, sommando il balzello al normale ticket. Chi parte da Roma, deve comunque la quota Gra che pagherà al casello di uscita, qualunque esso sia. Se parto da Roma, direzione Bologna, pagherò a Bologna. Per la Roma-Milano, si passa da 33,10 euro a 34,90. Per la Roma-Firenze Certosa, si paga due volte il balzello: una in "quota Gra", l'altra in quota Firenze-Siena, altra strada Anas sottoposta al salasso: i 14,80 euro di ieri, oggi lievitano a 17,50.

I paradossi, però, si sprecano. A Torino 1, ad esempio. La strada per l'aeroporto di Caselle, oggi strada Anas gratuita e non dotata di caselli propri, incasserà l'obolo da quelli della tangenziale: Settimo, Falchera, Bruere. Ma se si prende dal centro della città, la strada per Caselle è ancora gratis. Un operaio che vive a Settimo e lavora nell'indotto auto di Rivoli, invece, paga 20 centesimi in più: da 1,10 a 1,30. Tutti i giorni, due volte al giorno. Ancora, chi vive a Fiano Romano 2, al nord della capitale, e lavora sulla Salaria, esce di solito a Settebagni, dunque neanche sfiora il Gra, ma dovrà versare il balzello perché Fiano Romano è nell'elenco dei caselli "piovra".

Sempre a Roma, chi entra da est e usa la A24 per venire a lavorare o studiare in città, non si serve del Gra eppure verserà di più. Ancora, la Roma-Fiumicino verrà pagata da chi si serve della Roma-Civitavecchia, perché lì ci sono i caselli, ma certo non è diretto in aeroporto. Senza parlare delle merci. Secondo la Cna, l'aggravio per il settore sarà di 3 milioni di euro l'anno solo su Roma, dove ogni giorno circolano 35 mila mezzi pesanti: di questi, 15 mila entrano dai caselli. I sindaci del Chianti, domani presidieranno il casello di Firenze-Certosa 3, nel giorno del Palio. Anche lì chi utilizza quel passaggio ed è diretto in Chianti, non usa la Firenze-Siena, ora non più gratuita, eppure deve sborsare il relativo balzello. Per finire, il capolavoro. La Salerno-Reggio. Percorrerla gratis è ancora possibile: basta evitare i caselli di Cava dè Tirreni e Nocera ed entrare o uscire a Battipaglia. Semplice.

(01 luglio 2010)

 

2010-06-29

Un condono sui beni archeologici

mini-multa per tenerli in casa

Chiunque detenga un reperto mai denunciato, potrà ottenere il deposito per tent'anni. La sanatoria prevede un pagamento di un terzo del valore presunto. Un provvedimento più volte proposto, e sempre subissato dalle proteste delle associazioni che tutelano il patrimonio artistico

di FRANCESCO ERBANI

Un condono sui beni archeologici mini-multa per tenerli in casa

ROMA - Più volte proposto, altrettante volte ricacciato indietro, subissato dalle proteste di tutte le associazioni che tutelano il patrimonio artistico, torna l'archeocondono, la norma che depenalizza il possesso illecito di un bene archeologico in cambio di una modesta multa. Al momento circolano almeno due bozze di un articolo diviso in 11 commi intitolato "Disposizioni in materia di emersione e catalogazione di beni archeologici, nonché revisione delle sanzioni penali", entrambe maturate in ambienti parlamentari del Pdl.

Modifiche sono ancora possibili, ma un punto in comune le varie versioni dell'articolo ce l'hanno: finire dentro la manovra finanziaria (all'interno del maxi emendamento con le modifiche che il governo presenterà) e giungere in porto blindate e sicure. In sostanza chiunque detenga un reperto mai denunciato, in Italia o all'estero, e dunque in violazione della legge, può ottenere dallo Stato una "concessione in deposito" della durata di trent'anni, rinnovabili, e può anche trasferirlo in eredità. Il tutto dichiarando il possesso e pagando una somma che si aggira intorno a un terzo del valore di quel bene.

Non è la prima volta, dunque, che si attenta a uno dei pilastri della tutela in Italia, introdotto dalla legge del 1909 e poi sempre confermato, quello per cui solo lo Stato può fare o autorizzare scavi e tutto ciò che viene rinvenuto è di sua proprietà. Qualcosa di diverso c'è, però, fra queste proposte di sanatoria e le precedenti. In quelle era previsto che si diventasse proprietari del bene. Stavolta si parla di un deposito (anche se non viene esplicitamente vietata la vendita). E poi più alta è la multa: nel 2004 si tentò di far passare un emendamento alla Finanziaria, firmato da Gabriella Carlucci e da altri suoi colleghi, che fissava il pagamento al 5 per cento del valore. Adesso, inoltre, si aggiunge che la Soprintendenza può contestare la valutazione fatta e chiedere un'integrazione.

Ma la sostanza è chiara, stavolta come allora. Il fine, dichiarano i proponenti, è quello di far emergere un patrimonio sommerso e di consentirne la catalogazione. Eppure il punto cruciale è un altro: in cambio di pochi spiccioli, che poco ristoro potrebbero portare al bilancio dello Stato e persino alle esangui casse dei Beni culturali, tutti quelli che possedevano al 31 dicembre 2009 un bucchero etrusco o un'anfora greca, recuperati chissà come, non saranno più punibili.

Anche se hanno violato l'articolo 712 del codice penale, che persegue chi ha acquistato oggetti di dubbia provenienza. "Ottime notizie per tombaroli, depredatori e trafficanti di antichità, collezionisti finti e mercanti disonesti", scrisse su queste pagine Salvatore Settis quando venne presentato l'emendamento Carlucci. "Dopo aver mortificato il settore dei beni culturali in ogni modo e aver messo sul lastrico la cultura italiana, ora il ministro tenta di far cassa, letteralmente raschiando il barile", sostiene l'ex ministro Giovanna Melandri. E conclude: "Come dice un vecchio proverbio: al peggio non c'è mai fine".

(29 giugno 2010)

 

 

 

 

2010-06-28

Berlusconi ancora contro i giornali

"Servirebbe uno sciopero dei lettori"

Il premier se la prende con la stampa per la copertura del G20: "Una presa in giro, da mesi vedo disinformazione inconcepibile". Di Pietro: "E' allergico alla libertà di stampa". Finocchiaro: "Berlusconi ossessionato". Siddi: "Aggressione continua e ingiustificata"

Berlusconi ancora contro i giornali "Servirebbe uno sciopero dei lettori" Il premier Silvio Berlusconi

SAN PAOLO (Brasile) - "I giornali disinformano. I lettori dovrebbero scioperare per insegnare a chi scrive a non prenderli in giro". Il premier Silvio Berlusconi, a San Paolo del Brasile per una visita istituzionale, ha inaugurato il viaggio attaccando la copertura dedicata dalla stampa italiana al vertice G20 in Canada: "I resoconti sono l'esatto contrario della riunione", ha detto. "Da molti mesi", ha aggiunto, "vedo una disinformazione inconcepibile".

Immediate le reazioni. Secondo il leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro, "il presidente del Consiglio è allergico alla libertà di stampa e a chi, con la schiena dritta, esercita il suo mestiere raccontando la verità. In realtà i giornali che disinformano sono proprio quelli di sua proprietà. Vogliono descrivere il Paese del Bengodi, quando la realtà è un'altra. Vogliono scaricare tutta la responsabilità dell'attuale grave crisi economica sui lavoratori, sui precari, sugli insegnanti e su tutte le famiglie che non arrivano alla fine del mese. Quindi Berlusconi, se proprio vuole parlare di disinformazione, cominci a condannare le sue televisioni e i suoi giornali. Ma sappiamo che questo è impossibile, visto che è lui a dettare la linea".

Per Anna Finocchiaro, le dichiarazioni del premier "sono l'ennesima testimonianza di un'ossessione per la libertà di informazione". Per combatterla, prosegue il capogruppo del Pd al Senato, Berlusconi "non si ferma davanti a nulla e non esita a incitare gli italiani a non pagare il canone tv oppure, come accaduto oggi, a non acquistare i quotidiani". Affermazioni "gravissime, ma purtroppo non sorprendenti. Ancora più incredibili" secondo Finocchiaro, se riconducibili al "protagonista assoluto del conflitto di interessi" . Secondo Finocchiaro "tutto questo non è più tollerabile. E' una ragione in più per partecipare alla manifestazione del 1 luglio a Roma, per difendere la libertà d'informazione e contro tutti i bavagli".

Il segretario Fnsi, Franco Siddi, parla di "aggressione continua, ingiustificata e fondata sulla verità invertita. E' ben curioso che il capo del governo proponga uno sciopero contro i giornali: siamo all'inversione della verità e della realtà, sistematica". E Roberto Natale, presidente del sindacato giornalisti, definisce il premier "spudorato oltre ogni limite"

(28 giugno 2010)

 

 

FINANZIARIA

Berlusconi: "Rivedremo la manovra"

Bonaiuti smentisce, ma c'è il video

Dopo il G20 canadese, il premier in Brasile, dove apre ma rimanda la questione al suo ritorno in Italia. La precisazione del suo portavoce non trova conferma nelle immagini. Formigoni: "Il nostro fronte è unito, tutti pronti a restituire le deleghe"

Berlusconi: "Rivedremo la manovra" Bonaiuti smentisce, ma c'è il video

TORONTO - Le agenzie battono una dichiarazione di Berlusconi che apre a modifiche della manovra in grado di soddisfare le richieste delle Regioni. Poco dopo arriva la smentita del portavoce di Palazzo Chigi, ma le riprese televisive confermano tutto.

GUARDA IL VIDEO 1

"Pasticcio" a San Paolo. "Rivedremo la manovra", risponde il presidente del Consiglio, giunto a San Paolo del Brasile dopo la conclusione del G20 in Canada, a una specifica domanda dei giornalisti italiani sulla possibilità di apportare modifiche in Parlamento. Con i cronisti che gli riferiscono delle proteste delle Regioni contro i tagli previsti e della richiesta da parte loro di un incontro con il presidente del Consiglio, Berlusconi taglia corto: "Vediamo, per il momento siamo qui...".

Poco dopo arriva la precisazione di Paolo Bonaiuti: "Il presidente del Consiglio ha risposto con un sì alla domanda se intenda incontrare le Regioni, ma quel sì non si riferiva certo alla possibilità di rivedere neanche su quel punto una manovra già delineata. Le riprese televisive posso confermare quanto stiamo asserendo". Parole che però non trovano conferma nelle immagini tv.

Berlusconi: "Basta sprechi". Prima di lasciare il Canada, Berlusconi aveva usato toni piuttosto duri nei confronti dei governatori. "Abbiamo messo gli occhi dentro l'amministrazione dello Stato, le regioni, le province e i comuni e ci si è accapponata la pelle", aveva detto, parlando accanto al ministro dell'Economia Giulio Tremonti, "è chiaro che chi ha la responsabilità di governare le Regioni difenda lo staus quo, perché molto spesso si tratta di abolire enti, il che vuol dire persone che si devono cercare un altro lavoro. E' sempre difficile e doloroso. Ma non si può andare avanti così a sprecare i soldi dei cittadini". Quindi, aveva aggiunto il premier, "mettiamoci di buzzo buono anche a riportare al 3% il rapporto tra deficit e Pil, poi diamoci l'obiettivo" di portare a zero, come concordato, il deficit di bilancio. Questo può essere fatto "riducendo gli sprechi, cassando i benefici".

Il Cavaliere aveva poi rivendicato i meriti del governo: "Siamo stati i primi a imboccare la strada" del consolidamento di bilancio accompagnato da un sostegno allo sviluppo". La manovra, aveva sostenuto, persegue entrambi gli obiettivi: da un lato mette in sicurezza i conti, dall'altro non affossa la crescita visto che le tasse non sono aumentate e il governo ha investito "quasi 10 miliardi" per sostenere il mondo delle imprese. Quindi Berlusconi si era vantato di aver previsto il flop della proposta di Berlino di tassare le transazioni finanziarie: "L'esplicita richiesta della cancelliera tedesca non ha trovato seguito e io sono stato buon profeta nel dire che trovare accordo di tutti sarebbe stato difficilissimo".

Formigoni: "Regioni unite". "La posizione delle Regioni è unanime e siamo pronti a restituire le deleghe. Siamo uniti, è inutile che qualcuno faccia il furbo e cerchi di vedere distanze che non ci sono". Formigoni smentisce le notizie secondo le quali il fronte dei presidenti delle Regioni contrari alla manovra si starebbe incrinando. E lo fa dopo la richiesta di cinque governatori (Lazio, Campania, Abruzzo, Molise e Calabria) di "riaprire il confronto" 2 con il ministro Tremonti. Poi rincara: "Siamo tutti pronti a restituire le deleghe. Non va concepito come un gesto di polemica. Noi siamo una parte della Repubblica italiana e vogliamo contribuire con le nostre idee, con le nostre proposte a disegnare una manovra che è indispensabile, ma nella quale i sacrifici vanno ripartiti in maniera equa tra tutti i comparti".

"Tremonti mi ha appena confermato che, rientrato a Roma, ci vedrà. E' chiaro che gli esporremo, secondo noi, le questioni più critiche della manovra" dice la presidente della Regione Lazio Renata Polverini.

Nega divisioni anche Vasco Errani, governatore dell' Emilia Romagna e presidente della Conferenza Stato-Regioni: "Non ci sono spaccature, ho parlato questa mattina con il presidente Iorio e con il presidente Polverini e l'unità della Conferenza è pienamente confermata".

(28 giugno 2010)

 

 

 

 

"Sulla manovra riaprire il confronto"

Cinque governatori scrivono a Tremonti

I presidenti di Lazio, Campania, Calabria, Abruzzo e Molise chiedono di ripristinare un "dialogo costruttivo", tenendo conto "delle condizioni di svantaggio di alcune regioni"

"Sulla manovra riaprire il confronto" Cinque governatori scrivono a Tremonti La presidente della regione Lazio, Renata Polverini

ROMA - Cinque regioni italiane hanno chiesto ufficialmente al ministro dell'economia di riaprire il confronto sulla manovra. In una lettera inviata a Giulio Tremonti, Renata Polverini della regione Lazio, Stefano Caldoro della Campania, Giuseppe Scopelliti della Calabria, Michele Iorio del Molise e Giovanni Chiodi dell'Abruzzo sono stati molto chiari: un tavolo di confronto è necessario, ed è opportuno ripristinare un dialogo non solo sulla crisi che soffoca il Paese, ma anche riguardo alle particolari condizioni di svantaggio in cui si trovano alcune regioni.

"Con questa lettera - si legge in un comunicato - i presidenti chiedono attenzione, in considerazione delle pesanti e gravi eredità lasciate ai rispettivi territori dalle passate amministrazioni, che già li penalizzano, e a cui si sta facendo fronte con concrete azioni di risanamento. Sono anche queste le questioni sulle quali i presidenti vogliono confrontarsi con il ministro tremonti per verificare insieme le soluzioni migliori".

Proprio ieri la Polverini ha incontrato a Napoli il collega della Campania Caldoro, discutendo della manovra e lasciando prefigurare un asse tra le due regioni.

(27 giugno 2010)

 

 

 

 

Secessione, Bossi minaccia

"Per la violenza c'è sempre tempo"

Il leader del Carroccio: "Ho scelto la via pacifica, ma...". Poi rilancia il decentramento dei ministeri: "L'Economia deve essere spostato a Milano, l'Industria a Torino e il Turismo a Venezia"

Secessione, Bossi minaccia "Per la violenza c'è sempre tempo" Bossi con il figlio

ROMA - "Noi siamo destinati a veder nascere la Padania, non c'è santo che tenga. La Padania sta a noi se farla in maniera pacifica o violenta: io preferisco la via pacifica, perché per l'altra via c'è sempre tempo a utilizzarla, ma ora bisogna portare a casa il più possibile in Parlamento". Umberto Bossi, intervistato da Affaritaliani.it, torna a usare i toni "barricaderi" della Lega delle origini, chiedendo che il ministero dell'economia venga spostato a Milano. "Dopo il federalismo verrà il momento del decentramento dei ministeri. Non sarà facile, perché tutti saranno contro di noi. Ma è mai possibile non avere un ministero a Milano?".

Torna, nelle parole del leader del Carroccio, la richiesta di maggiore importanza del Nord: "Non possiamo solo pagare e non avere niente, dobbiamo anche contare e il fine ultimo è portare un ministero a milano, quello delle finanze. E poi quello dell'industria a Torino e per esempio quello del turismo a Venezia".

Capitolo Nazionale. Dopo le polemiche sulle parole prima dell'incontro con la Slovacchia, Bossi torna sull'argomento. Venendolo anche di coloriture politiche. "Così come avevano fatto i romani costruendo il colosseo anche nel calcio il meccanismo della nazionale è di far dimenticare alla gente i veri problemi: noi invece vogliamo che la gente capisca che bisogna cambiare per dare ai nostri figli un sistema migliore di quello romanocentrico". Netta, poi, la bocciatura degli azzurri. "Si vedeva che erano una squadra e un allenatore sbagliati. Ed è per questo motivo che quando un giornalista me lo ha chiesto ho risposto, scherzando, che per vincere l'italia avrebbe dovuto comprare delle partite. Ed è successo il finimondo".

(28 giugno 2010)

 

 

2010-06-23

Manovra, l'ammissione del Tesoro

Frena il Pil: - 0,5% nel triennio 2010-12

Il dato emerge dalla tabella integrativa della relazione unificata dell'economia e della finanza pubblica (ruef), presentata oggi dal ministero dell'Economia in Commissione bilancio al Senato

Manovra, l'ammissione del Tesoro Frena il Pil: - 0,5% nel triennio 2010-12 Il ministro Tremonti

ROMA - La manovra economica del Governo all'esame della Commissione Bilancio del Senato avrà un impatto negativo sulla crescita economica pari allo 0,5% del Pil nel triennio 2010-2012. Il dato emerge dalla tabella integrativa della relazione unificata dell'economia e della finanza pubblica (ruef), presentata oggi dal ministero dell'Economia in Commissione bilancio al Senato. E suona come un'ammissione e una conferma degli effetti recessivi 1 della manovra di cui aveva già riferito in commissione il capo della ricerca economica di Bankitalia, Salvatore Rossi. Alle stesse conclusioni erano arrivate anche Corte dei conti e Istat. L'impatto sarà negativo dello 0,1% nel 2010 e dello 0,2% nel 2011 e nel 2012.

Pil. Per effetto della manovra, quindi, il Pil nel 2010 crescerà dello 0,9% e non dell'1% come previsto dalle ultime stime del Governo contenute nella ruef. Secondo fonti tecniche, l'effetto depressivo della manovra sarà compensato nel triennio per effetto della migliore evoluzione delle variabili macroeconomiche.

Occupazione. Stando alla tabella che aggiorna i dati della ruef, l'impatto della manovra sull'occupazione, rispetto alle stime della relazione unificata presentata dal Governo qualche settimana fa, sarà nullo nel 2010 mentre determinerà una riduzione nel 2011 pari allo 0,1% e dello dello 0,2% nel 2012 e nel 2013. Situazione simile anche per i dati sulla disoccupazione: il calo, sempre nullo nel 2010, sarà pari a -0,1% nel 2011, -0,3% nel 2012 e -0,5% nel 2013. Le riduzioni percentuali per quanto riguarda i salari totali e dei redditi totali sono dello 0,5% nel 2011, dello 0,6% nel 2012 e nel 2013.

Investimenti. Quanto agli investimenti, secondo la tabella, l'impatto è pari a zero per quest'anno, a -1,1% nel 2011, a -1,3% nel 2012, a -0,5% nel 2013.

Consumi. Per quelli classificati come 'privati' si registra una riduzione dello 0,2% per il 2010, dello 0,1% nel 2011 e nel 2012, mentre sul fronte di quelli 'collettivi' si registra un miglioramento di 0,1% nel 2010. Un dato che negli anni successivi è negativo: nel 2011 la riduzione percentuale è dello 0,4, nel 2012 dello 0,2 e nel 2013 0,1%.

(23 giugno 2010)

 

 

 

 

FINANZIARIA

Tremonti chiude a possibili modifiche

le Regioni all'attacco del governo

Il ministro: "Dia di più chi ha di più". Errani: "Federalismo a rischio". I primi cittadini che hanno protestato davanti a palazzo Madama per i tagli Chiamparino: "Possibile una revisione del patto di stabilità"

Tremonti chiude a possibili modifiche le Regioni all'attacco del governo Il presidente dell'Anci Chiamparino

ROMA - Disponibile a modificare la parte della manovra relativa ai tagli per i Comuni, ma mantenendo invariati i saldi, e disponibile anche a rivedere il patto di stabilità interno. Questa la posizione del ministro dell'economia Giulio Tremonti, che ha incontrato oggi, accompagnato dal ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, una delegazione dell'Anci guidata dal presidente Sergio Chiamparino. Chiusura netta, invece, nei confronti delle Regioni con il presidente Vasco Errani che avverte: "Così è a rischio il federalismo".

I Comuni. "L'incontro è stato interlocutorio - ha riferito il sindaco di Torino - ma qualche apertura sui tagli da parte del ministro c'è stata, anche se a saldi invariati". Dal titolare di via xx settembre è arrivata anche "la disponibilità a discutere sulla revisione del patto di stabilità".

Nell'incontro si è parlato anche dell'Imu ed è stato il presidente dell'Anci a sostenere che potrebbe trattarsi di una tassa vicina alla "service tax" proposta dai Comuni. "Sottolineo che "potrebbe avvicinarsi" - ha spiegato Chiamparino - perchè ancora dobbiamo vedere il testo e quindi non possiamo esprimere un giudizio. Potrebbe essere un'imposta unica locale sugli immobili, esclusa la prima casa, alla quale poter aggregare anche altre imposte locali".

Fin da stamattina centinaia di sindaci hanno protestato davanti a Palazzo Madama contro i tagli previsti dalla manovra del Governo. Alcuni indossando le fasce tricolori listate a lutto, altri addirittura un cappio al collo. La delegazione si è presentata anche in Senato, incontrando il presidente Renato Schifani: "Non è entrato nel merito della questione - ha detto Chiamparino - perchè non è il suo ruolo istituzionale, ma ci ha garantito un ampio percorso parlamentare per la manovra finanziaria".

Gli oltre 8mila comuni italiani hanno chiesto che i tagli vengano redistribuiti più equamente. Sono a rischio, ha ribadito Chiamparino, gli asili nido, i trasporti pubblici locali, l'assistenza, la scuola, l'ambiente e le infrastrutture per la mobilità. Sulla disponibilità del ministro a rivedere il patto di stabilità, il sindaco di Torino non ha voluto esprimere giudizi, e ha precisato che "l'esito non è scontato, ma i primi approcci con i tecnici ci fanno pensare che qualche spiraglio c'è".

Nell'incontro con il ministro Tremonti ed i rappresentanti degli enti locali sulla manovra si è parlato anche dell'Imu ed è stato il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, a sostenere che si potrebbe trattare di una tassa che si avvicini alla 'service tax' proposta dai Comuni. "Sottolineo che potrebbe avvicinarsi - ha detto Chiamparino - perchè ancora dobbiamo vedere il testo e quindi non possiamo esprimere un giudizio".

Secondo il presidente dell'Anci potrebbe essere un'imposta unica locale sugli immobili, esclusa la prima casa, alla quale si potrebbero aggregare anche altre imposte locali.

Le Regioni. Di tutt'altro tenore l'incontro che lo stesso Tremonti ha avuto con i rappresentanti delle Regioni. In questo caso dal ministro è arrivata una chiusura totale. "Non abbiamo alternative sui saldi - ha spiegato il ministro - sui soldi e sulla distribuzione. Tante volte e abbiamo simulato ipotesi diverse di riduzione della spesa anche a carico del governo centrale" che, comunque, ha già subito "forti riduzioni in passato" e altre riduzioni non sono possibili. Tremonti ha ribadito che è necessario andare avanti con la manovra varata dal governo: "pensiamo che sia arrivato il momento della logica evangelica secondo cui chi più ha può più dare". Indicando nelle Regioni a statuto speciale la "cassaforte" dalla quale tirare fuori più soldi. Una posizione che non piace per niente a Vasco Errani presidente della conferenza delle Regioni. "L'incontro con il governo è stato molto negativo: non abbiamo trovato, dal governo, nessuna sostanziale apertura". Poi ha aggiunto: "Questa manovra di fatto mette il federalismo fiscale in una condizione di non praticabilità". Mnetre il governatore del Trentino Lorenzo Dellai insorge: "Noi abbiamo già dato e queste provocazioni del ministro sarebbe bene rimanessero a Roma. Nel senso che i problemi non si risolvono mettendo le Regioni una contro l'altra".

(23 giugno 2010)

 

 

 

 

Tasse, adesso spunta l'Imu

L'imposta casa torna ai Comuni

La misura dovrebbe riguardare l'accorpamento delle imposte legate ai servizi. Pronto il decreto sul federalismo fiscale. Tremonti: "Ma non è l'Ici" di BARBARA ARDU'

Tasse, adesso spunta l'Imu L'imposta casa torna ai Comuni

ROMA - Tutt'altro che accantonato, il federalismo fiscale arriverà sul tavolo del governo nei prossimi giorni. È Giulio Tremonti ad annunciarlo dal palco della festa per il 236° anniversario della Guardia di Finanza. E col federalismo fiscale potrebbe rispuntare una tassa sugli immobili. "Nei prossimi giorni, avendo lavorato in silenzio - ha detto il ministro dell'Economia - presenteremo in parlamento, oltre ai costi standard per la spesa sanitaria nelle Regioni, e oltre agli studi di settore da applicare su tutti i livelli di governo, la bozza del decreto-base del federalismo fiscale". E lì dentro che, aggiunge Tremonti, c'è il "ritorno ai Comuni del potere fiscale nel loro comparto naturale di competenza: immobiliare e territoriale". Il pensiero va subito all'Ici, ma il ministro Roberto Calderoli smentisce categoricamente una simile ipotesi. "L'Ici non c'entra nulla. È quella che è (per le seconde case ndr) e tale rimarrà. Quello che abbiamo in mente - aggiunge il ministro per la semplificazione - è una vera rivoluzione. Prima di annunciarla però, ne parleremo con i Comuni". E anche Tremonti precisa che non si tratta dell'Ici, quando legge le agenzie di stampa battono la notizia.

Un giallo, quello su un possibile ritorno dell'Ici sulla prima casa (eliminata per tutti gli italiani ricchi e poveri dal premier poco dopo l'insediamento a Palazzo Chigi), che dura non più di un paio d'ore. Non c'è dubbio però che Tremonti abbia parlato di "ritorno dell'imposizione fiscale ai Comuni su immobili e territorio". Che però non vuol dire solo Ici. "Né tantomeno l'introduzione di una nuova tassa", rassicura Calderoli. Più probabile l'accorpamento di imposte che oggi sono spezzettate, come quella di registro o sui rifiuti, oltre naturalmente ale tasse sugli immobili. D'altra parte il ministro per la Semplificazione ne aveva parlato tempo fa, battezzandola service-tax. In realtà il nuovo nome sarebbe Imu (Imposta municipale unica).

Qualche dubbio però a Enrico Morando (Pd), gli passa per la testa. "Se si parla di immobili - commenta - è difficile parlare di altro se non di Ici. Magari stanno pensando a una riorganizzazione della tassa, il che non sarebbe una cattiva idea. Prodi l'aveva tolta per la prima casa - aggiunge Morando che siede nella Commissione finanze del Senato - ma in base al valore dell'immobile. Berlusconi l'ha tolta per tutti, ma con la crisi che morde bisogna far pagare chi ha di più. Proprio ieri la Gran Bretagna ha aumentato il prelievo sui capital gain al 28%, altro che il nostro 12".

Tremonti ha parlato di federalismo fiscale, ma non solo. Ha elogiato le Fiamme gialle per aver portato alla luce 22,2 miliardi di euro di evasione fiscale in soli cinque mesi. E citando Gianni Agnelli ha annunciato che "La festa è finita", sia perché era inevitabile che la crisi "avrebbe travolto e trasformato il mercato dell'auto", sia per allontanare "l'illusione che la spesa pubblica sia o possa essere una variabile indipendente dal Pil".

(23 giugno 2010)

 

 

 

 

La favola fiscale

 

NEL 2001 fu il leggendario "meno tasse per tutti". In questo 2010 siamo passati al celebre "non metteremo le mani nelle tasche degli italiani". La favola fiscale di Silvio Berlusconi vive di slogan di sicuro effetto mediatico, ma di oscuro impatto politico. Fu così nella seconda legislatura: a dispetto degli annunci, le tasse non calarono affatto. Rischia di essere così anche in questa terza legislatura: non solo aumenta la pressione fiscale, ma presto i comuni potranno reintrodurre anche l'Ici sulla casa.

Al di là delle precisazioni e delle smentite di rito, l'annuncio del ministro dell'Economia non si presta ad equivoci. Giulio Tremonti dichiara che nella bozza del decreto base sul federalismo sarà previsto "il ritorno ai Comuni del potere fiscale, nel loro comparto naturale di competenza: immobiliare e territoriale". La formula sembra un po' criptica, ma non lo è affatto. Dietro alla cortina fumogena delle parole, il ministro sta lanciando due messaggi precisi.

Il primo è un messaggio esplicito agli amministratori locali, soprattutto quelli della Lega, che protestano contro la stangata prevista dalla manovra. Tremonti dà ai sindaci mano libera per coprire i buchi di bilancio causati dal taglio dei trasferimenti con la solita "toppa" delle imposte. Detto altrimenti: quello che il governo centrale vi toglie con una mano, voi ve lo potete riprendere con l'altra.

Il secondo è un messaggio implicito agli italiani, già provati da una crisi recessiva durissima. Tremonti spiega ai contribuenti che, dopo il varo del decreto attuativo del federalismo, i comuni potranno reintrodurre l'imposta comunale sugli immobili. Non la chiameranno più Ici. Inventeranno l'acronimo più originale. Ma la sostanza per i cittadini non cambia: le tasse che non vi saranno prelevate dalla mano del governo centrale ve le sfileranno dal portafoglio le mani dei comuni.

Così, oltre al danno, siamo alla solita beffa. Nel 2006 Prodi eliminò l'Ici sulla prima casa per i redditi più bassi, fino a 50 mila euro. Nel 2008 Berlusconi vinse le elezioni promettendo la completa eliminazione dell'Ici anche per i redditi più alti, superiori ai 50 mila euro. Ora, per rispettare la falsa promessa di "non mettere le mani nelle tasche degli italiani", il governo ci ripensa. Ma, come sempre, lascia che a fare il "lavoro sporco" siano i sindaci, con la scusa dell'attuazione del federalismo (di cui si occuperà l'apposito Brancher). Del resto: perché assumersi una responsabilità, quando si può più utilmente assumere un ministro?

(23 giugno 2010)

 

 

2010-06-22

Manovra: i farmacisti sul piede di guerra "Faremo pagare tutti i medicinali"

di Maurizio Paganelli

Il mondo farmaceutico si ribella alla manovra economica del governo. La minaccia, molto concreta per alcune regioni, è di far pagare a breve tutti medicinali ai cittadini attualmente rimborsati dal Servizio sanitario nazionale. E una proposta di un taglio secco del 3,3% del prezzo dei farmaci all’origine

La rabbia dei farmacisti contro la manovra economica del governo porta a spaccature interne, una velata minaccia (concreta però in alcune regioni) di far pagare a breve tutti medicinali ai cittadini (la fascia A, rimborsata dal Servizio sanitario nazionale) e una proposta di un taglio secco del 3,3% del prezzo dei farmaci all’origine. L’inquieto mondo farmaceutico di fronte ai provvedimenti economici mobilita tutte le proprie risorse e contatti lobbistici in Parlamento, preparando decine di emendamenti alla manovra, ma nel frattempo si divide e litiga.

LE PROPOSTE - In una conferenza stampa che si è svolta oggi, martedì 22, la presidente di Federfarma Annarosa Rocca ha ribadito l’impossibilità di accettare le "penalizzazioni" per le farmacie contenute nell’articolo 11 del provvedimento del governo (Una "tassa del 3,65% da versare alle Asl") lamentando i conti in rosso delle 17mila farmacie italiane che per il 60-70% del bilancio sono legate ai farmaci erogati dal Servizio sanitario . "La convenzione, che risale al 1998, con il Servizio sanitario è ormai sempre più disattesa dalla parte pubblica in termini di regole modificate unilateralmente e di ritardi insopportabili in alcune regioni dei rimborsi dovuti", ha specificato Annarosa Racca, "Ringraziamo i senatori che hanno presentato emendamenti alla manovra. Per ora il Governo ha solo espresso l’intenzione di esentare le circa 1500 farmacie sovvenzionate dallo Stato. Non basta. Nel giro di pochi mesi saremo costretti a sospendere l’erogazione dei farmaci in regime di Servizio sanitario. Una manovra equa sarebbe distribuire sull’intera filiera, dall’industria al grossista al farmacista, il costo previsto nel nostro settore (600 milioni): sarebbe sufficiente tagliare del 3,3% i prezzi dei farmaci, con risparmi generalizzati anche e soprattutto sul fronte ospedaliero, dove lo sforamento dai tetti previsti è ormai fuori controllo".

LE DIVISIONI - Il je accuse della presidente viene all’indomani di un "presunto" dimissionamento annunciato dal presidente di Federfarma Lazio, Franco Caprino (e un interim al vicepresidente Cesare Quey). Le "colpe" della Racca sarebbero legate proprio alla debolezza della reazione rispetto alla manovra economica. Il commento di Annarosa Racca è stato assai signorile: "Dispiacciono questi personalismi e rancori: eventuali cambiamenti avvengono con le procedure e regole fissate. Mi sembra tutto illegittimo. Se ne parla nelle sedi previste, a luglio. Non è tempo di dividersi".

NELLE REGIONI - Le farmacie della Campania sono, in queste condizioni, già sul piede di guerra. Probabile, come ha confermato il presidente regionale di Federfarma, Michele Di Iorio, il passaggio entro fine mese al pagamento diretto dei farmaci da parte dei cittadini. "Non abbiamo altre vie, le Asl invece di pagare gli enormi arretrati con noi ci annunciano che pagheranno i debiti con le banche: non reggiamo più". Dall’Emilia Romagna tutta la delusione dei farmacisti che hanno creduto nei nuovi servizi territoriali.

Il presidente regionale Domenico Del Re si è detto sconfortato: "Il governo aveva varato un provvedimento e chiesto a gran voce una farmacia aperta al territorio con nuovi servizi per i cittadini, dalle analisi alle prenotazioni di esami e visite. Sono forti investimenti a nostro carico. In Emilia siamo stati tra i primi, pensavamo di poter esportare la nostra esperienza: così tutto si ferma". I rischi sono anche sul fronte occupazionale: si prevedono circa 17 mila esuberi nel settore. E la convenzione con il Servizio sanitario da rivedere completamente.

LE REAZIONI - La richiesta del taglio dei prezzi dei farmaci di fascia A colpirebbe in primis l’industria che ha sempre criticato questa modalità di intervento. Domani Farmindustria si riunisce nell’assemblea annuale: forse gli industriali avranno qualcosa da ridire. Per ora "low profile": il silenzio (forse) è d’oro.

(Giugno 22, 2010)

 

 

Tassa sulle banche, si va avanti

C'è il sì di Francia, Germania e Gb

I tre Paesi hanno pubblicato una dichiarazione congiunta con la quale comunicano la prossima introduzione dell'imposta. Berlusconi l'aveva definita "ridicola". Pd: "Tremonti riferisca su posizione italiana"

Tassa sulle banche, si va avanti C'è il sì di Francia, Germania e Gb Il cancelliere britannico dello scacchiere Osborne

LONDRA - Dopo l'intesa raggiunta in sede Ue il 17 giugno, 1 e a pochi giorni dal G20 di Toronto, i governi di Gran Bretagna, Francia e Germania fanno il primo passo verso l'effettiva introduzione di una tassa sulle banche. I tre governi hanno infatti pubblicato una dichiarazione congiunta, poco dopo l'annuncio del cancelliere dello Scacchiere britannico George Osborne su una tassa in questo senso in Gran Bretagna da inizio 2011. "Alla luce dell'accordo in seno al G20 secondo il quale il settore finanziario dovrebbe apportare un contributo giusto e sostanziale alle spese generate dagli interventi governativi per il salvataggio del sistema bancario - si legge nella dichiarazione pubblicata sul sito del ministero del Tesoro britannico - i governi francese, britannico e tedesco propongono di introdurre una tassa basata sugli utili delle banche".

Pd: "Tremonti riferisca in Parlamento sulla posizione italiana". Sulla dichiarazione la posizione del Governo italiano resta ancora poco chiara e il Pd, per bocca di Francesco Boccia, chiede al ministro Tremonti di riferire in Parlamento prima del vertice: "L'Italia rischia di diventare il fanalino di coda dell'Europa e di lasciare che altri Paesi diano la strada. Infatti, a pochi giorni dall'avvio del vertice del G20, non è ancora chiara la posizione del governo Berlusconi in merito ad una questione cruciale come la proposta di Francia, Germania e Gran Bretagna", ha detto Boccia. E ha aggiunto che i democratici sostengono "dai primi maggio che è tempo di elaborare proposte in questo senso, anche per impedire che gli speculatori possano farla franca senza pagare mai un euro" Cosa ne pensa il governo, si chiede il Pd? "Chiediamo che prima del vertice il ministro Tremonti riferisca in Parlamento sulla posizione che verrà sostenuta in occasione dell'incontro di Toronto".

Cosa prevede la dichiarazione. "La tassa britannica - spiega la dichiarazione - è stata annunciata oggi, la Francia presenterà i dettagli nella prossima finanziaria e la Germania ha annunciato le linee generali di una tassa sulle banche a fine marzo e presenterà una legge entro fine estate". Queste tasse, si legge nella dichiarazione, "possono differire una dall'altra, riflettendo le condizioni economiche e i sistemi fiscali differenti tra un paese e l'altro, ma il livello della tassa terrà conto della necessità di assicurare un equilibrio". I tre governi "vogliono appplicare completamente l'ambizioso programma di riforma del settore finanziario del G20, e sono ansiosi di poter discutere queste proposte con i partner internazionali al G20 del 24 giugno", conclude il documento.

Evidentemente i governi di Francia, Germania e Gran Bretagna hanno ritenuto opportuno procedere immediatamente all'introduzione della tassa, prevenendo ostacoli e dibattiti che avrebbero potuto ostacolarne o rallentarle l'attuazione.

(22 giugno 2010)

 

 

 

 

TOSSICODIPENDENZE

La crisi intacca il mercato della droga

dal 2009 consumatori in calo del 26%

Presentata a Palazzo Chigi la Relazione annuale sull'uso di sostanze stipefacenti e sullo stato delle tossicodipendenze. Fra i giovani resistono gli stimolanti e la cannabis e si diffonde la cocaina, si registrano più ricoveri ma meno decessi. E la droga "viaggia" anche sul web

La crisi intacca il mercato della droga dal 2009 consumatori in calo del 26% Un sequestro di cocaina

ROMA - La crisi intacca anche il mercato degli stupefacenti: nel 2009 i consumatori sono diminuiti del 25,7% rispetto all'anno precedente. Nel 2008 erano 3.934.450, nel 2009 sono scesi a 2.924.500. In calo anche i consumi di tutte le sostanze. Si inverte così una tendenza che durava da anni. E i motivi sono probabilmente legati alla crisi economica, che ha ridotto la disponibilità di denaro. E' quanto si evince dalla Relazione annuale al Parlamento sull'uso di sostanze stupefacenti e sullo stato delle tossicodipendenze, presentata oggi a Palazzo Chigi dal sottosegretario Carlo Giovanardi.

Adolescenti, resistono gli "stimolanti". Il calo dei consumi vale sia per la popolazione generale che per quella studentesca (15-19 anni) ed è "spalmato" su tutte le sostanze stupefacenti. Guardando l'andamento temporale negli ultimi 12 mesi, è da rilevare una diminuzione particolarmente significativa (-9%) della cannabis nella popolazione generale, mentre per gli studenti diminuiscono tutti i consumi tranne quello di stimolanti. Per entrambe le categorie, si conferma la forte tendenza al policonsumo, vale a dire l'uso di più droghe o di droga insieme ad alcol.

La cocaina più diffusa fra gli studenti. Più in particolare, gli studenti consumano più cocaina rispetto alla popolazione generale (l'1,6% l'ha consumata negli ultimi 30 giorni contro lo 0,4%) e molta più cannabis (12,3% contro 3%). Il consumo di spinelli cresce con l'età dai

15 ai 19 anni. Per quanto riguarda la popolazione generale, per l'eroina cala il consumo occasionale mentre resta stabile quello frequente o quotidiano; cala anche il consumo occasionale di cocaina.

Più ricoveri, meno decessi. I ricoveri in ospedale per uso di cocaina sono aumentati nel 2009 del 4,2% rispetto all'anno precedente, e quelli per uso di cannabinoidi del 5%. Diverse le classi di età più frequentemente coinvolte: più giovani per la cannabis (20-24 anni), per la cocaina 30-39 anni, per l'eroina 35-44 anni. La media nazionale è di 41,7 ricoveri ogni 100 mila abitanti. Si conferma, poi, la tendenza alla diminuzione dei decessi per droga: nel 1999 erano stati 1.002, nel 2009 sono stati 484. Aumenta l'età media delle persone morte per droga. La regione più critica è l'Umbria, con un tasso medio tre volte superiore a quello nazionale. E si continua a morire soprattutto per eroina, ma anche per cocaina, rispetto alla quale si registra un aumento delle overdose.

La droga viaggia sul web. Online si offre, si acquista, si attivano blog, forum e social network per scambiarsi consigli e informazioni. Negli ultimi anni, rileva la relazione, si registra uno spostamento sempre più marcato dell'offerta e della commercializzazione di sostanze via Internet. Ci sono "farmacie" online che vendono sostanze di ogni tipo senza alcuna prescrizione medica, e drugstore dove è possibile acquistare sostanze vietate. Si sono sviluppati blog, forum, chatroom, social network dedicati alla discussione sulle varie droghe. Gli utenti si scambiano informazioni, consigli e "istruzioni per l'uso". Informazioni che spesso riguardano nuove sostanze che appaiono sul mercato: il Sistema d'allerta nazionale del Dipartimento antidroga ne ha già individuate una serie e in particolare alcuni cannabinoidi sintetici e altre meno note come il "mefedrone".

(22 giugno 2010)

 

 

 

Patto tra Lumia e Cracolici

via al cantiere del Pd federato

I due dirigenti hanno deciso di realizzare un Pd autonomo e federato con gli organi nazionali. Sabato ne parleranno con i parlamentari. Il primo obiettivo è trattare con il presidente della regione sulle decisioni futuredi Palazzo d'Orleans

"Occorre mettere in piedi un Pd Sicilia autonomo e indipendente dal correntismo romano, che possa sedersi al tavolo con Lombardo per dettare l'agenda delle riforme da fare e da portare a termine". Il senatore dei democratici Beppe Lumia proclama così lo strappo autonomista dai vertici nazionali del partito. Di questo progetto, ma con una posizione più moderata, farà parte il capogruppo all'Ars Antonello Cracolici che ritiene indispensabile tenere il collegamento con i vertici nazionali: "Un Pd autonomo e federato a quello nazionale - dicono i due in una nota congiunta - è la prospettiva per costruire un partito radicato nella società e nei territori capace di mettere al primo posto gli interessi della siciliani, con una visione moderna e innovativa della Regione". Sabato alle 10 all'hotel San Paolo Palace di Palermo, Cracolici e Lumia incontreranno parlamentari e dirigenti territoriali del Pd per parlare di questo e per valutare le iniziative da assumere rispetto alle riforme ancora da fare alla Regione siciliana e sulle modalità di attuazione di quelle già approvate dall'Ars.

(22 giugno 2010)

 

 

 

 

 

 

2010-06-19

Bersani: "Il Paese ha bisogno del Pd

Da Berlusconi arrivano solo balle"

A Roma la kermesse contro la manovra. Il segretario: "Abbiamo in testa un'altra Italia, comincia la campagna d'estate sui temi sociali e democratici". "C'è la crisi, i più ricchi devono pagare di più". "Quante volte dobbiamo dirci liberali prima di toccare un petroliere?". Il Carroccio è molle con i miliardari..."

Bersani: "Il Paese ha bisogno del Pd Da Berlusconi arrivano solo balle"

ROMA - "Questa manifestazione non è la fine della nostra mobilitazione ma l'inizio. Abbiamo in testa un'altra Italia e oggi comincia la campagna d'estate sui temi sociali e democratici". Pierluigi Bersani, a Roma, chiama a raccolta il Pd. Concludendo la manifestazione contro la manovra economica varata dal governo, il segretario del Pd delinea le future mosse del partito, attacca Berlusconi ('da lui solo balle') e chiama alla mobilitazione la platea: "Questo è il Pd che io ho in testa. Un partito con mani, cuore, testa e piedi dentro la società, dentro i problemi della gene comune". Questo, insiste Bersani, "è il modo di essere che ci darà la strada di un grande partito popolare". Ma avverte il segretario "questo non è il punto di arrivo, ma l'inizio, gambe in spalla perché inizia la campagna d'estate" che si svolgerà soprattutto nelle "migliaia di feste che saranno la nostra vetrina vivente".

E' una chiamata all'orgoglio quella del segretario democratico che prende di mira sia Berlusconi che la Lega ("dura sull'Inno d'Italia e molle con il Cavaliere"). Senza tralasciare "un bel pezzo di classe dirigente", imprenditoriale e giornalistica, malata di "conformismo" che, insieme al berlusconismo "sarà considerata responsabile dei prezzi che il Paese pagherà".

Affondo a Berlusconi. Bersani cita l'articolo 1 della Costituzione e sferra il primo affondo al premier: "Si

vede chiaro dai suoi messaggi che la sua memoria, che pure è vivida, non arriva al secondo comma, allora glielo ricordiamo noi: quelle forme e quei limiti sono una magistratura indipendente, una libera informazione, e che tutti sono uguali di fronte alla legge. Se tutto questo non si può cambiare e se non gli piace va a casa". Quella incarnata da Berlusconi, continua Bersani, "è la teoria di un uomo solo al comando che non ci ha portati mai da nessuna parte. Ha risolto i problemi suoi, non quelli degli italiani". "La loro è una macchina - continua il segretario democratico - tarata per fare consenso non per governare. Non riesce ad affrontare i problemi, a guardarli in faccia come abbiamo fatto noi stamattina. Ma noi non permetteremo che una crisi sociale acuta porti acqua al mulino della crisi democratica, al cancro dell'antipolitica e dell'antistato".

Manovra. ''Abbiamo capito qual e' la ricetta della manovra: non c'e' un'idea e ci riportera' allo stesso punto di prima dopo aver dato un'altra botta ai redditi medio bassi'' dice Bersani. Che parla di manovra ''sbagliata, depressiva, che riduce i consumi e gli investimenti, e dove non c'e' nulla che sappia di crescita e di sviluppo. Più di 2000 emendamenti e nemmeno un'idea". Una manovra, che mette in entrata i soldi che arriveranno in lotta a evasione: "E' un pilastro virtuale. E se casca il pilastro virtuale casca la casa. E con gli strumenti che ha messo, temo che la casa sia traballante'. Una manovra, infine, che, visti i tagli dei trasferimenti, "dà una pistola in mano alle Regioni e ai Comuni perchè sparino al popolo".

Le proposte del Pd. Lotta all'evasione e il semplice principio che chi ha di più deve contribuire di più. "Ma quante volte dobbiamo dirci liberali prima di toccare un petroliere? Ma quanti turni devono fare gli operai perchè si possa toccare un petroliere?" scandisce dal palco Bersani. "Andremo a disturbare anche i protagonisti del più colossale scudo-imbroglio - dice l'ex ministro prodiano - se gli evasori avessero pagato il giusto con 105 miliardi avremmo fatto due manovre. Ma il governo li premia esentandoli dal redditometro". Poi, tra gli applausi, continua: "Ma quante volte dobbiamo dirci liberali prima di toccare un petroliere? Ma quanti turni devono fare gli operai perchè si possa toccare un petroliere?". Tra gli emendamenti del Pd, ci sono meccanismi per rafforzare la tracciabilità dei pagamenti "e visto che la hanno reintrodotta dopo due anni Berlusconi e Tremonti dovrebbero pagare personalmente la differenza". Il Pd propone, tra l'altro, la soppressione delle Province nelle città metropolitane, la cancellazione delle norme in deroga sugli appalti, "la rivisitazione" del ponte sullo Stretto, la centralizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione. Quanto alla riduzione dei costi della politica Bersani chiede di accelerare sulla riduzione del numero dei parlamentari

La Costituzione. A Berlusconi che chiede di cambiarla e dare più poteri al premier, Bersani replica esaltando i valori della carta. "E' la più bella del mondo, che ci ha dato il meglio che siamo. "Dobbiamo darle nuovo vigore affinchè possa darci il meglio di quello che saremo. Siamo indietro noi, non la Costituzione".

Frecciata all'opposizione. C'è chi, tra le file dell'opposizione, attacca il Pd, ma Bersani a questo gioco non ci sta. "C'è chi, per far vedere quanto è contro Berlusconi, se la prende con noi - ricorda il segretario del Pd - Noi non diremo mai una parola più che positiva verso le altre forze di opposizione e chi non fa così si prende le sue responsabilità".

Gli altri interventi. Prima del segretario erano saliti sul palco il presidente dell'Emilia Romagna Vasco Errani ( "non alzeremo bandiera bianca, non ci convinceranno che questa manovra non cambia") e il sindaco di Torino Sergio Chiamparino ("con questa manovra vengono tagliate le risorse e le ginocchia"). Ed ancora Mila Spicola, una professoressa di Palermo protagonista di un intervento lodato da Bersani ("l'eroe dei tempi moderni è l'insegnante nelle periferie delle città"), l'attore Fabrizio Gifuni ("il governo compie un genocidio culturale"), l'ex presidente della Provincia dell'Aquila Stefania Pezzopane, un rappresentante delle forze dell'ordine e uno dei lavoratori dell'ex Eutelia. "Oggi abbiamo capito cosa ci perde un insegnante, un operaio e un poliziotto e abbiamo capito cosa ci perde Berlusconi: zero" chiosa Bersani.

(19 giugno 2010)

 

 

 

2010-06-18

FIAT

Marchionne contro i sindacati

"A Termini sciopero per la Nazionale"

Attacco dell'ad del Lingotto a pochi giorni dal referendum tra gli operai: "In Polonia lavorano meglio che in Italia". Elkann: "Martedì sarà un giorno importante". Landini (Fiom): "La consultazione è illegittima"

Marchionne contro i sindacati "A Termini sciopero per la Nazionale"

Il corteo a Mirafiori

TORINO - Alta tensione sul destino dello stabilimento Fiat di Pomigliano. E' arrabbiato Sergio Marchionne per la piega presa dalla vicenda, "era un accordo che doveva essere estremamente semplice". L'ad del Lingotto usa toni polemici, duri. Attacca frontalmente sindacati e lavoratori: "Smettiamo di prenderci per i fondelli. Lunedì scorso lo stabilimento di Termini Imerese è andato in sciopero e l'unica ragione era che stava giocando la Nazionale italiana". E ancora: "Come lo hanno fatto a Termini, lo hanno fatto a Pomigliano, lo fanno tutti gli altri stabilimenti italiani - dice il manager -. O facciamo il nostro lavoro seriamente o se no la Fiat non è interessata. Se si vuole ammazzare l'industria ditemelo. L'Italia - aggiunge - non avrà un futuro manifatturiero, l'industria non esisterà più".

Marchionne è critico anche nei confronti degli stabilimenti italiani. Parla del livello di qualità con cui viene lavorata la Panda in Polonia, "perché è elevato più che nei nostri stabilimenti", spiega. "La Panda la producono in Polonia, l'hanno prodotta bene con un livello di qualità che non è mai stato raggiunto in uno stabilimento italiano. Mai. Quindi - conclude - attenzione a criticare gli altri". E a Cofferati che lo paragona a

Cesare Romiti, replica: "non lo conoscevo, può darsi che avesse

ragione lui". Dal referendum del 22 giugno, Marchionne si aspetta un risultato positivo con "una percentuale tale da permettere di poter utilizzare lo stabilimento".

Oggi intanto i lavoratori delle carrozzerie e della powertrain di Mirafiori hanno scioperato (e sono scesi in corteo) contro l'accordo che la Fiom non ha voluto firmare. Secondo la Fiom di Torino ha incrociato le braccia oltre l'80% dei lavoratori delle carrozzerie di Mirafiori. "La risposta dei lavoratori - osserva Federico Bellono, segretario generale della Fiom torinese - è stata eccezionale, come non si vedeva da anni. E' un segnale di cui tutti dovrebbero tenere conto, la Fiat innanzitutto, ma non solo". "Lo sciopero di Mirafiori dimostra solo che l'accordo di Pomigliano è nato morto", commenta Giorgio Cremaschi, volto storico della Fiom. Per la Fiat, invece, l'adesione è stata del 30% alle carrozzerie e del 2,8% alla powertrain.

FOTO La protesta a Mirafiori

Questa è la situazione a pochi giorni dal referendum del 22 giugno a Pomigliano, quando i lavoratori saranno chiamati a dire la loro sull'intesa siglata solo da Cisl e Uil. "Sarà sicuramente un giorno importante" si limita a dire il presidente della Fiat John Elkann. "Mi aspetto un esito positivo, una percentuale tale da permetterci di poter utilizzare lo stabilimento" spiga Marchionne. Mentre il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, confida "in un esito positivo" e auspica che "la Fiom possa ripensarci. Siamo davanti a un'azione che va contro la storia, che riporta dalla Polonia investimenti in Italia. Credo che un no significhi anche creare un vero problema alla capacità di attrarre investimenti nel paese".

E' proprio sul voto che si accende lo scontro tra sindacati. Ieri il segretario nazionale della Fiom, Maurizio Landini, aveva invitato i lavoratori ad andare comunque a votare per evitare ritorsioni anche se, ha aggiunto, "non c'è alcuna trattativa: è la Fiat che deve ripensarci e il referendum è del tutto illegittimo". "La Fiom non ha firmato e non firma quell'accordo - ha detto Landini -. E' grave quello che sta succedendo a Pomigliano". Secondo Landini "il referendum di Pomigliano è illegittimo almeno per due motivi: il primo è che si mette in discussione una violazione della Costituzione, il secondo è che non è libero. Noi non a caso non diamo alcuna indicazione di voto e non vogliamo che gli operai di Pomigliano diventino degli eroi, perchè sappiamo come è la situazione quando uno è sotto ricatto".

Dura la replica dello Slai Cobas: "E' come dire a un commerciante di pagare il pizzo perché altrimenti la camorra lo uccide" dice Vittorio Granillo, del coordinamento nazionale dello Slai Cobas che si asterrà dal voto considerando il referendum "illegittimo". Sul fronte politico il Pdl si schiera per il via libera all'accordo, mentre il segretario del Pd Pierluigi Bersani ribadisce il suo ''sì con riserva'' chiedendo, però, che questa vertenza non sia "ideologizzata o portata a modello da trasferire in tutto il Paese".

(18 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

dal Sito Internet de

L'ESPRESSO

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/zitti-che-i-cinesi-costano-meno/2129212

Zitti, che i cinesi costano meno

di Eugenio Scalfari

Sacconi e Tremonti sono il tandem perfetto per abolire i diritti dei lavoratori italiani. Attraverso il ricatto

(18 giugno 2010)

Operai Fiat in corteo a Pomigliano Operai Fiat in corteo

a PomiglianoSacconi. Il ministro del Lavoro Sacconi. Anzi il ministro del Welfare e del Lavoro Maurizio Sacconi. Ex socialista. Di sinistra. Lombardiano come Cicchitto. Poi craxiano. Cicchitto, craxiano mai, però iscritto alla P2. Sacconi no, alla P2 no o almeno non risulta. Però ateo. Ma da tre o quattro anni in cerca. Poi in dubbio. Poi quasi in vista. Infine dal 2008 convertito, uomo di fede. Come Bondi. Cicchitto invece no, la fede no. Brunetta, ex socialista anche lui, non si sa ma si tende a credere che non sia in cerca e quindi non trova. Tremonti, anche lui un passato socialista pare l'abbia avuto.

O forse socialdemocratico, tipo Tanassi. Lui sempre in cerca. Ieri oggi domani. La fede però sì: Dio, Patria, Famiglia. Lo Stato? Poco. La politica? Moltissimo. La politica deve comandare. Anche Sacconi su quel punto è d'accordo: la politica sì, lo Stato no. Del resto anche Carlo Marx: tanta politica, tanta rivoluzione, per abolire lo Stato. Uomini duri e puri. Marx però Patria e Famiglia poco anzi niente.

Sacconi e Tremonti, Tremonti e Sacconi, un tandem perfetto. Prego passi lei. Ma vuole scherzare? Prima lei. Lei traccia il solco, io mi limito a difenderlo. Troppo gentile, però non si strapazzi. Per carità, è un piacere e un dovere. Il capo comunque è Berlusconi. E ci mancherebbe! Su questo concordano anche Gasparri e Quagliariello. Basta.

L'ultima uscita di Sacconi avviene a Santa Margherita Ligure, convegno dei giovani industriali, padrona di casa Federica Guidi. I Guidi di Bologna. Parenti di San Guido? No, quello sta a Bolgheri in duplice filar. La Guidi di Bologna vuole cambiare la Costituzione nel punto che vieta di sottoporre al referendum abrogativo le leggi fiscali. Emma Marcegaglia dice no, è una dissennata sciocchezza, mica si possono abolire le tasse col referendum! Ma la Guidi insiste. Una provocazione. Come la pensa Sacconi?

Ecco che arriva Sacconi. Sale sul palco. Di ben tutta la possa egli soverchia, con quel che segue. Tremonti ancora non c'è ma è già stato avvistato tra Portofino e Rapallo. Viene per annunciare l'abolizione dell'articolo 41 della Costituzione. Standing ovation dei giovani.

Sulla provocazione della Guidi, Sacconi non si pronuncia, ha altro da fare. Infatti sta preparando l'abolizione dello Statuto dei lavoratori. Lo sostituirà con lo Statuto dei lavori. Un refuso? Macché, avete capito bene: dei lavori. Forse al singolare: del lavoro. Che testoni: al plurale, dei lavori, i lavori sono tanti. Anche i lavoratori. Sì, ma stanno diminuendo ed è un bene che sia così: diminuiscono i lavoratori, aumenta la produttività. Assiomatico. Moderno. Soprattutto moderno. Applausi in sala, standing ovation. Sapete che vi dico? Aboliamo anche il contratto nazionale. Addirittura? Marcegaglia: "Sì, ma....". Sacconi: "Senza se e senza ma". Marcegaglia: "Vede, serve alle Pim". Sacconi: "Lei mi è simpatica, ma almeno alleggeriamolo." Applausi convinti. "Servirà solo per la manutenzione", standing ovation.

L'evento è quello di Pomigliano. Marchionne riporta la Panda in Patria, cinquemila operai italiani, ma in cambio niente più orari, niente più riposi, lavoro flessibile, prendere o lasciare. Hanno accettato felici. Bonanni: "Non è un ricatto". E chi l'ha mai pensato? Marchionne però vuole il referendum e vuole che anche la Fiom sia d'accordo. Sacconi della Fiom se ne frega. E poi l'evento di Pomigliano è un caso particolare. Eccezionale. Comunque siamo per il contratto aziendale. Caso per caso. Produttività. Lavorare di più, guadagnare di meno. Ma non ci staranno. Invece ci staranno. Ci vorranno i carabinieri. Ma quali carabinieri? Basterà dire la verità: o così oppure delocalizziamo. Spostiamo la produzione in Cina, o in Corea, magari in Indonesia. Ma vorremmo favorirvi, voi delle tante Pomigliano d'Italia. Però mangiate questa minestra perché i cinesi costano molto meno di voi.

È la modernità, bellezza. Vengo anch'io? No, tu no.

 

 

 

 

 

 

 

 

Manovra, la carica degli emendamenti

Più di duemila, la metà della maggioranza

Assalto in Commissione bilancio del Senato: il Pdl presenta 1.116 proposte di modifica. I finiani tornano a chiedere deduzioni per Irpef e Irap. Il Pd: "Restituire il gettito della lotta all'evasione ai contribuenti onesti"

Manovra, la carica degli emendamenti Più di duemila, la metà della maggioranza

La commissione bilancio del Senato

ROMA - Sono 2.550 gli emendamenti presentati dai vari gruppi parlamentari alla manovra in discussione in commissione Bilancio al Senato. Quasi la metà (1.205) sono della maggioranza. Il gruppo del Pdl è in testa quanto a proposte di modifica con 1.116 emendamenti. Dalla Lega sono arrivate 89 proposte di modifica, dal Pd 823. L'Italia dei Valori ha presentato 149 emendamenti, 293 l'Udc e 80 dal gruppo misto. Gli ordini del giorno sono in totale 43. Al momento non sono state presentate proposte di modifica dal relatore Antonio Azzollini e dal governo. La commissione Bilancio e' convocata per martedi' alle 15 con la replica di relatore e governo e poi iniziera' l'esame degli emendamenti. Da calendario, la manovra sarà in aula il primo luglio.

Stamattina il capogruppo Pdl a Palazzo Madama, Maurizio Gasparri aveva annunciato la costituzione di un ''comitato'' di valutazione per individuare un pacchetto di emendamenti ''significativi'' e ''qualificanti'' su cui portare avanti il confronto e la battaglia politica. Mentre per il presidente del Senato, Maurizio Schifani la manovra ''a saldi invariati'' e' ampiamente discutibile e migliorabile attraverso il confronto aperto tra le forze parlamentari.

Per quanto riguarda gli emendamenti Pdl, alla componente finiana sono riconducibili una novantina di proposte di modifica, tra cui un ''pacchetto-Baldassarri'' che ripropone la cedolare secca sugli affitti, deduzioni Irpef (da 500 a 1.000 euro con processo graduale) e Irap a partire da un monte salari da 1,5 miliardi. Sicurezza,

universita' cedolare sui canoni concordati d'affitto i temi degli altri finiani che indicano a copertura accise sui tabacchi, minori detrazioni su societa' petrolifere. Non entra nel 'pacchetto' dei finiani il taglio delle province, perchè, si spiega, necessiterebbe di una modifica costituzionale e le ipotesi di semplice accorpamento non porterebbero risparmi significativi.

Il Pd, invece, punta sugli assegni per i figli, il taglio dell'Irap e un "forfettone" per pmi, tassa più alta per chi 'scuda' i capitali e una redistribuzione dei sacrifici tra i diversi comparti della pubblica amministrazione per alleggerire il peso della manovra su regioni ed enti locali e renderla invece più stringente sullo stato centrale: "La logica dei nostri emendamenti è dire che almeno una parte dell'esito della lotta all'evasione fiscale vada restituita ai contribuenti onesti".

(18 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

Zitti, che i cinesi costano meno

di Eugenio Scalfari

Sacconi e Tremonti sono il tandem perfetto per abolire i diritti dei lavoratori italiani. Attraverso il ricatto

(18 giugno 2010)

Operai Fiat in corteo a Pomigliano Operai Fiat in corteo

a PomiglianoSacconi. Il ministro del Lavoro Sacconi. Anzi il ministro del Welfare e del Lavoro Maurizio Sacconi. Ex socialista. Di sinistra. Lombardiano come Cicchitto. Poi craxiano. Cicchitto, craxiano mai, però iscritto alla P2. Sacconi no, alla P2 no o almeno non risulta. Però ateo. Ma da tre o quattro anni in cerca. Poi in dubbio. Poi quasi in vista. Infine dal 2008 convertito, uomo di fede. Come Bondi. Cicchitto invece no, la fede no. Brunetta, ex socialista anche lui, non si sa ma si tende a credere che non sia in cerca e quindi non trova. Tremonti, anche lui un passato socialista pare l'abbia avuto.

O forse socialdemocratico, tipo Tanassi. Lui sempre in cerca. Ieri oggi domani. La fede però sì: Dio, Patria, Famiglia. Lo Stato? Poco. La politica? Moltissimo. La politica deve comandare. Anche Sacconi su quel punto è d'accordo: la politica sì, lo Stato no. Del resto anche Carlo Marx: tanta politica, tanta rivoluzione, per abolire lo Stato. Uomini duri e puri. Marx però Patria e Famiglia poco anzi niente.

Sacconi e Tremonti, Tremonti e Sacconi, un tandem perfetto. Prego passi lei. Ma vuole scherzare? Prima lei. Lei traccia il solco, io mi limito a difenderlo. Troppo gentile, però non si strapazzi. Per carità, è un piacere e un dovere. Il capo comunque è Berlusconi. E ci mancherebbe! Su questo concordano anche Gasparri e Quagliariello. Basta.

L'ultima uscita di Sacconi avviene a Santa Margherita Ligure, convegno dei giovani industriali, padrona di casa Federica Guidi. I Guidi di Bologna. Parenti di San Guido? No, quello sta a Bolgheri in duplice filar. La Guidi di Bologna vuole cambiare la Costituzione nel punto che vieta di sottoporre al referendum abrogativo le leggi fiscali. Emma Marcegaglia dice no, è una dissennata sciocchezza, mica si possono abolire le tasse col referendum! Ma la Guidi insiste. Una provocazione. Come la pensa Sacconi?

Ecco che arriva Sacconi. Sale sul palco. Di ben tutta la possa egli soverchia, con quel che segue. Tremonti ancora non c'è ma è già stato avvistato tra Portofino e Rapallo. Viene per annunciare l'abolizione dell'articolo 41 della Costituzione. Standing ovation dei giovani.

Sulla provocazione della Guidi, Sacconi non si pronuncia, ha altro da fare. Infatti sta preparando l'abolizione dello Statuto dei lavoratori. Lo sostituirà con lo Statuto dei lavori. Un refuso? Macché, avete capito bene: dei lavori. Forse al singolare: del lavoro. Che testoni: al plurale, dei lavori, i lavori sono tanti. Anche i lavoratori. Sì, ma stanno diminuendo ed è un bene che sia così: diminuiscono i lavoratori, aumenta la produttività. Assiomatico. Moderno. Soprattutto moderno. Applausi in sala, standing ovation. Sapete che vi dico? Aboliamo anche il contratto nazionale. Addirittura? Marcegaglia: "Sì, ma....". Sacconi: "Senza se e senza ma". Marcegaglia: "Vede, serve alle Pim". Sacconi: "Lei mi è simpatica, ma almeno alleggeriamolo." Applausi convinti. "Servirà solo per la manutenzione", standing ovation.

L'evento è quello di Pomigliano. Marchionne riporta la Panda in Patria, cinquemila operai italiani, ma in cambio niente più orari, niente più riposi, lavoro flessibile, prendere o lasciare. Hanno accettato felici. Bonanni: "Non è un ricatto". E chi l'ha mai pensato? Marchionne però vuole il referendum e vuole che anche la Fiom sia d'accordo. Sacconi della Fiom se ne frega. E poi l'evento di Pomigliano è un caso particolare. Eccezionale. Comunque siamo per il contratto aziendale. Caso per caso. Produttività. Lavorare di più, guadagnare di meno. Ma non ci staranno. Invece ci staranno. Ci vorranno i carabinieri. Ma quali carabinieri? Basterà dire la verità: o così oppure delocalizziamo. Spostiamo la produzione in Cina, o in Corea, magari in Indonesia. Ma vorremmo favorirvi, voi delle tante Pomigliano d'Italia. Però mangiate questa minestra perché i cinesi costano molto meno di voi.

È la modernità, bellezza. Vengo anch'io? No, tu no.

 

 

 

2010-06-17

Bossi: "Non penalizzare le regioni virtuose"

I sindaci da Napolitano: in piazza il 23 giugno

Il presidente del Senato assicura: "un confronto ampio e costruttivo" a Palazzo Madama. Sacconi: "Credo che alla fine si possa trovare un'intesa con gli enti locali, ma riflettano sui tagli possibili". Il leader del Carroccio: "Stasera vedo Tremonti". Chiamparino annuncia la protesta

Bossi: "Non penalizzare le regioni virtuose" I sindaci da Napolitano: in piazza il 23 giugno

Il presidente del Senato Renato Schifani

ROMA - Giusti i sacrifici per il risanamento dei conti pubblici, ma non si intacchi il diritto alla salute. A chiederlo è il presidente del Senato, Renato Schifani, mentre il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, conferma che il governo è intenzionato a venire incontro alle preoccupazioni delle Regioni per i tagli agli enti locali. Per Umberto Bossi "uno spiraglio c'è" e il leader del Carroccio annuncia un incontro in serata con Tremonti. Sergio Chiamparino, presidente Anci, chiede all'esecutivo un incontro e preannuncia una manifestazione dei sindaci il 23 giugno prossimo davanti a Palazzo Madama, in concomitanza con la seduta della Conferenza Stato-città. Poi guida una delegazione di sindaci in un incontro con il presidente Giorgio Napolitano sulla "iniquità" della manovra, raccogliendo l'attenzione del Capo dello Stato. Per il leader Cgil, Guglielmo Epifani, allungandosi l'elenco delle critiche, aumentano le possibilità di modifiche alla manovra. Intanto, sono iniziate le assemblee nei tribunali con cui magistrati e personale amministrativo vogliono sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi della giustizia. Rinviata per un problema formale della Commissione di garanzia, invece, la giornata di sciopero, proclamata per il 12 luglio, dai sindacati dei medici e dirigenti del servizio sanitario nazionale, che confermano quella del 19 luglio.

Fazio: "Forse no blocco turn over per Sanità". "Il blocco del turn over" previsto dalla manovra"

secondo la nostra lettura pare non debba interessare il comparto Sanità perché interessa i dipendenti dello Stato e non i trasferimenti delle Regioni" ha detto il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, in una pausa dell'incontro con i sindacati di medici e dirigenza del sistema sanitario nazionale sulla manovra. Sulla questione, ha aggiunto il ministro, "stiamo procedendo a un approfondimento anche con il ministero dell'Economia". Ma "gli stipendi dei dirigenti della sanità - ha spiegato Fazio - vengono dai trasferimenti alle Regioni del fondo sanitario nazionale e non dallo Stato". Per questo "non sembrano essere affetti dalla manovra".

Chiamparino: "Napolitano sensibile alle nostre esigenze". Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, incontra al Quirinale una delegazione di sindaci dell'Anci, l'associazione nazionale dei comuni, sulla manovra economica. La delegazione è guidata dal presidente Anci, e sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, che al termine del colloquio commenta: "Il presidente Napolitano si è dimostrato attento e particolarmente sensibile alle proposte e alle esigenze dei Comuni. Mi pare di potere dire che le nostre richieste siano state recepite". Chiamparino dice di aver riferito che i Comuni chiedono al governo di riaprire quanto prima un tavolo del confronto. "Bisogna ritornare alle cifre iniziali che la manovra prevedeva per i Comuni e bisogna rivedere il Patto di stabilità. Questo ci permetterà di assumerci appieno le nostre responsabilità". Il presidente Napolitano, secondo quanto hanno riferito i sindaci, ha invitato i Comuni a far capire bene quali sarebbero le conseguenze della manovra sugli enti locali.

Sindaci in piazza. Mentre Chiamparino annuncia una manifestazione dei sindaci per il 23 giugno prossimo, davanti al Senato, in concomitanza con la seduta della Conferenza Stato-città che deve discutere delle proposte di emendamenti avanzate dall'Anci sulla manovra, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, dichiara: "I Comuni sono oggettivamente i più colpiti dalla manovra, molto più delle Regioni".

Schifani: "Sacrifici non intacchino diritto alla salute". "La riduzione strutturale della spesa pubblica non è rinviabile né sono più accettabili sprechi e privilegi", premette Schifani, nel suo intervento alla presentazione della relazione sull'attività della Commissione di garanzia sullo sciopero dei servizi pubblici essenziali. "Ma i sacrifici, pur necessari, non possono intaccare le tutele fondamentali, come quella della salute, che rappresentano sul piano della giustizia e dell'equità la difesa dei più deboli ed emarginati". Il presidente del Senato assicura anche che "la manovra all'esame di Palazzo Madama non può che essere aperta al confronto parlamentare e il mio impegno sarà di garantire a tale confronto i giusti tempi perché esso sia ampio e costruttivo".

Sacconi: "Venire incontro alle Regioni". Il ministro del Lavoro conferma l'intento del governo di venire incontro alle richieste delle Regioni: "Credo che alla fine si possa trovare un'intesa", dice Sacconi. "Quello che conta è che le Regioni, come lo Stato, riflettano su se stesse. Non hanno proprio nessun ente, agenzia, da sciogliere tra le tante prodotte in questi anni?" conclude Sacconi, ricordando che con la manovra il governo ha sciolto quindici enti.

Bossi: "Stasera vedo Tremonti". Presso la sala del governo di Montecitorio si svolge un vertice tra il presidente della Camera, Gianfranco Fini e il leader della Lega, Umberto Bossi. Che al termine del faccia a faccia premette di non aver parlato della manovra con Fini, poi commenta: "E' un bel problema, la manovra non tocca il federalismo, ma le Regioni si sentono nude, di avere troppo poco. Bisognerà trovare la via per aiutare le Regioni più virtuose". Poi Bossi annuncia: "Stasera vedo Tremonti, è difficile, ma per le Regioni qualcosa si può fare".

Formigoni: "Regioni virtuose, non lo Stato". Bossi vorrebbe favorire gli enti virtuosi? Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, sfrutta la sponda offerta dal leader del Carroccio per ribadire che le Regioni hanno diminuito il proprio debito del 6,21%, mentre quello dello Stato, e in particolare dei ministeri, è aumentato di oltre il 10%. "I risparmi delle regioni virtuose - precisa Formigoni a Radio24 - hanno addirittura sormontato gli sprechi di quelle non virtuose". Per questo "la manovra è una somma ingiustizia". Per Formigoni, contrariamente a quanto affermato da Bossi, la manovra mette a serio rischio il federalismo fiscale: manca la "base materiale e cancella il principio su cui si fondano i costi standard basati sulle regioni più virtuose, perché i tagli della manovra sono lineari".

Errani: "Fondato l'allarme delle Regioni". "Le dichiarazioni rilasciate da diversi ministri dimostrano che l'allarme lanciato dalle Regioni sull'insostenibilità e sulla iniquità della manovra è fondato - afferma in una nota il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani - E' un primo passo in avanti. Ora attendiamo i fatti. Deve essere chiaro a tutti che ci sono in gioco servizi essenziali per i cittadini in settori come il trasporto pubblico locale, il welfare, la sanità e il sostegno alla piccola e media impresa".

Finocchiaro: "Sforzo comune per le nuove generazioni". In una nota, Anna Finocchiaro, presidente del gruppo Pd al Senato, non discute la necessità della manovra correttiva ma ritiene "che ci siano delle grandi assenze, norme che possono favorire le nuove generazioni nell'accesso al lavoro, nelle professioni, nell'intrapresa, nella loro formazione". "Credo che dovremmo fare lo sforzo, mi auguro comune - dice Finocchiaro - di introdurre elementi che possano innescare crescita, sviluppo, prospettiva. E in particolare questo lo faremo con un pacchetto di emendamenti appositi per quanto riguarda le ragazze e i ragazzi italiani".

Bindi: falsi invalidi alibi per "ridurre tutele ai più deboli". "Non passa giorno che non si levino voci preoccupate. Regioni, Comuni, professionisti della salute, insegnanti, è un coro assordante di proteste. Il governo rifletta sulle profonde iniquità che stanno venendo alla luce". E' il monito di Rosy Bindi, presidente dell'assemblea nazionale del Pd, che poi solleva il dubbio. L'iniquità più odiosa "è senz'altro la falsa lotta ai cosiddetti falsi invalidi". I tagli "colpiranno i servizi sanitari e socio-assistenziali, limitando ulteriormente le possibilità di assistenza, mentre il passaggio dal 74% all'85% della percentuale di invalidità finirà per escludere da un modesto assegno mensile tantissime persone con gravi handicap e disabilità".

Magistrati Consiglio di Stato, sciopero il primo luglio. Mentre nei tribunali sono iniziate oggi le 'assemblee' promosse da magistrati, avvocati e personale giudiziario con lo scopo di sensibilizzare i cittadini ai "gravi problemi che attanagliano la giustizia", i magistrati del Consiglio di Stato fanno sapere che aderiranno allo sciopero del primo luglio, assieme a tutti gli altri togati, rinunciando alla retribuzione perché quel giorno a Palazzo Spada non si tengono né udienze né adunanze.

Anm: "Tagli e attacchi, ma non siamo casta". Così Nino Di Matteo, presidente dell'Anm di Palermo, all'assemblea dell'associazione sui tagli alla magistratura della manovra finanziaria. "L'associazione è stanca dei continui tagli e attacchi alla magistratura. Non ci stiamo ad apparire come casta". Sulla manovra economica "non arretreremo di un solo millimetro, per la tutela e la difesa del settore giustizia", ribadisce il presidente dell'Anm Luca Palamara intervenendo oggi all'assemblea indetta dal Patto per la Giustizia nel tribunale di Roma e alla quale hanno preso parte magistrati, avvocati e personale amministrativo. "Soprattutto - aggiunge - non arretreremo sulla iniquità della manovra e sugli aspetti di irragionevolezza, compresi quelli relativi alle retribuzioni".

(17 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Ue, intesa per la tassa sulle banche

Cameron: "Mai poteri da Londra a Bruxelles"

La proposta sull'imposta sulle transazioni finanziarie sarà avanzata al prossimo G20 ma Merkel avverte: "Pronti a procedere anche da soli". Il premier britannico: "Niente euro per noi". Accolta la richiesta italiana di considerare il debito privato nella valutazione dei conti pubblici. Tremonti: "Un nostro successo"

Ue, intesa per la tassa sulle banche Cameron: "Mai poteri da Londra a Bruxelles"

BRUXELLES - I leader Ue hanno raggiunto l'intesa sull'introduzione di una tassa sulle banche di cui ogni paese deciderà i criteri. I 27 avrebbero anche concordato di inserire nelle conclusioni una frase in cui ci si impegna pure a promuovere l'idea di una tassa sulle transazioni finanziarie nel corso della prossima riunione del G20 a Toronto, come chiesto da Francia e Germania. E proprio la cancelliera Merkel ha messo in chiaro che se anche il G20 non dovesse appoggiarla, la Ue andrà avanti da sola e la tassa potrebbe entrare in vigore già nel 2012.

Si tratta di un "prelievo" sugli istituti finanziari per far sì che contribuiscano al costo della crisi: l'idea era già nella bozza di conclusioni discussa questa mattina dai capi di Stato e di governo dei 27 Paesi dell'Unione Europea. "Bisogna tassare chi ha messo a rischio il mercato", ha affermato la cancelliera tedesca Angela Merkel, sostenendo "l'idea sia di una tassa sulle banche sia di una tassa sulle transazioni finanziarie". Il consiglio europeo intende inoltre rafforzare la parte sia preventiva che correttiva del Patto di stabilità e crescita con possibili sanzioni o incentivi collegati al risanamento dei conti pubblici. Anche il bollettino della Banca Centrale Europea diffuso oggi "guarda con favore l'impegno di adottare, ove necessario, ulteriori misure volte ad assicurare il conseguimento degli obiettivi di bilancio per e oltre il 2010". Tuttavia, ha detto il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel

Barroso, "il taglio dei bilanci non deve soffocare la crescita". Mentre l'Ocse avverte: "Non si può fare tutto solo riducendo la spesa, si deve fare in qualche modo anche aumentando le imposte".

In serata, da registrare la soddisfazione di Tremonti per il comportamento della delegazione italiana: ""Ho appena parlato per telefono con il presidente Berlusconi - ha detto il ministro dell'Economia a Roma - ha ottenuto uno straordinario successo per il nostro Paese. Le politiche europee considereranno il debito pubblico ma anche la dinamica e la complessiva stabilità".

Il "muro" di Cameron. Londra "non sosterrà mai un trasferimento di poteri da Westminster a Bruxelles": lo ha affermato il premier britannico David Cameron, al termine del vertice Ue, ribadendo che "questa è una linea rossa invalicabile" per il suo governo. Cameron guarda con interesse alle tendenze intergovernative in atto in Europa, contro i progetti di una maggiore integrazione europea: "E' questa la direzione che io voglio", ha rilevato. Però ha sottolineato che "è nell'interesse della Gran Bretagna che la zona dell'euro sia un successo". Cameron ha ricordato la grande quantità di scambi tra Gran Bretagna e partner, e la necessità di avere "un approccio pragmatico". Ha però ribadito che la sterlina "non entrerà a fare parte della moneta unica". Cameron ha accolto con favore la decisione di non appoggiare l'ipotesi di creare nuove istituzioni per il governo dell'economia e l'accordo raggiunto affinché sull'esame delle manovre Bruxelles tenga conto delle prerogative nazionali.

"Chi ha provocato la crisi venga alla cassa". Accantonata dal G20 delle finanze di inizio mese, l'idea di creare una nuova tassa a carico delle banche, ma anche di tutta la finanza, rispunta al vertice dei capi di stato e di governo dell'Ue. A sostenere questa proposta sono innazitutto Germania e Francia, e oggi la cancelliera Angela Merkel, giungendo al consiglio europeo ha affermato che bisogna "invitare con più insistenza coloro che sono responsabili della crisi a passare alla cassa ". La Merkel voleva sfruttare il vertice di oggi per cercare una posizione comune dell'Ue in vista delle riunioni di capi di stato e di governo di G8 e di tutto il G20 a fine giugno in Canada. Oltre alle banche, Parigi e Berlino volevano convincere gli altri partner europei a creare una nuova tassa anche sulle transazioni finanziarie. Finora anche a livello europeo non erano state trovate intese su questo versante, quindi quella di oggi è una grossa novità.

Prelievo sulle banche: appuntamento a ottobre. Il prelievo sulle banche, si sottolinea nel documento. dovrebbe comunque essere parte di un quadro "credibile". Per i 27 occorre portare avanti con "urgenza" la valutazione sulle caratteristiche del prelievo e le questioni relative a "condizioni di parità" nella sua applicazione. Il vertice chiede quindi a Consiglio e Commissione di effettuare i necessari approfondimenti e riferire nuovamente in materia al vertice che si terrà il prossimo ottobre.

Considerare anche il debito privato. Per quanto riguarda le procedure di sorveglianza sui bilanci pubblici, nella bozza si afferma che deve essere data "un'importanza di gran lunga maggiore ai livelli di indebitamento e alla sostenibilità" come previsto inizialmente dal Patto di stabilità e di crescita. Trova così conferma l'apertura alla richiesta italiana di considerare, nella valutazione della dinamica dei conti pubblici, non solo il debito pubblico ma anche quello privato e in ogni caso un dato aggregato di entrambi i fattori. Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri Franco Frattini aveva minacciato il veto dell'Italia qualora le nuove regole non avessero tenuto conto di questo parametro.

La posizione italiana. "Nel documento di stamani è stato inserito il riferimento al debito privato. Un passo in avanti rispetto al documento di Lussemburgo, sul quale io avevo fatto un blocco completo: nel documento di oggi il debito privato entra tra i parametri di convergenza per il patto di stabilità", ha detto Frattini ai giornalisti. "La maggiore resistenza è già stata espressa dalla Germania che ha un debito privato molto grande ma una perplessità così forte non è stata espressa finora da nessun altro paese. La Francia è possibilista. Belgio, Polonia e Spagna sono a favore", ha precisato il titolare della Farnesina.

Favorire anche la crescita. Nella bozza si legge ancora come nel mettere a punto nuove manovre "la priorità dovrebbe essere data a strategie di risanamento dei conti pubblici favorevoli alla crescita e imperniate soprattutto sul contenimento della spesa. Il miglioramento del potenziale di crescita dovrebbe essere considerato fondamentale per agevolare il risanamento dei conti pubblici nel lungo termine".

Il bollettino Bce di giugno. "E' essenziale che tutti i Paesi onorino gli impegni di correggere i disavanzi e i debiti pubblici elevati e di ridurre la vulnerabilità delle proprie finanze", sottolinea la Banca Centrale Europea nel bollettino mensile di giugno, in linea con la bozza in discussione al Consiglio Europeo. Secondo la Bce a tale scopo "andrebbero specificate in ogni aspetto le misure concrete di aggiustamento necessarie per conseguire gli obiettivi di bilancio. Tutti i Paesi devono fare in modo che sia garantita la fiducia nella sostenibilità dei conti pubblici".

Misure per favorire la ripresa. Ma la Bce sottolinea anche l'importanza di adottare riforme strutturali "di cruciale importanza", che "rafforzino la crescita e l'occupazione". Tra queste, sottolinea la Bce, "le contrattazioni salariali dovrebbero consentire un opportuno aggiustamento dei salari alle condizioni di competitività e di disoccupazione. Altrettanto essenziali sono le misure tese a incrementare la flessibilità dei prezzi e la competitività non di prezzo". Per quanto riguarda i Paesi dell'area euro, Padoan ha affermato: "In alcuni casi gli aggiustamenti fiscali sono talmente importanti, che sarebbe pericoloso farli solo con tagli". Quanto all'Italia, il vice segretario dell'Ocse ha sottolineato: "La dinamica del debito in Italia è migliore di quella di altri paesi, che hanno un debito più basso ma una dinamica più pericolosa".

L'Ocse: "Non solo tagli, anche aumenti tasse". Mentre l'Ocse ammonisce: "Non si può fare tutto solo riducendo la spesa, si deve fare in qualche modo anche aumentando le imposte. E' non è indifferente per la crescita decidere quali imposte aumentare", ha detto il vice segretario generale e capo economista dell'organizzazione, Pier Carlo Padoan, a margine della Conferenza internazionale su 'Investimenti di lungo termine nell'età della globalizzazione'.

(17 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

Ue, "necessario prelievo"

sugli istituti finanziari

BRUXELLES - I Paesi dell'Unione europea dovrebbero introdurre un "prelievo" sugli istituti finanziari per far sì che contribuiscano al costo della crisi. Questa la "necessità" su cui il Consiglio Europeo concorda secondo quanto si legge nella bozza di conclusioni che sarà discussa questa mattina dai capi di Stato e di Governo dei 27.

(17 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

2010-06-16

INCONTRO AL SENATO

Manovra, il Pdl apre alle Regioni

Formigoni: "I sacrifici verranno ripartiti"

Una delegazione dei governatori a colloquio con parlamentari del Pdl e dei partiti di opposizione. Gasparri: "Necessario confrontarci e discutere". Finocchiaro (Pd): "Azione comune per riequilibrare le misure". Bossi al presidente della Lombardia: "Non esageri"

Manovra, il Pdl apre alle Regioni Formigoni: "I sacrifici verranno ripartiti"

I governatori Errani, Polverini e Formigoni

ROMA - Il governo si mostra aperto alle richieste delle Regioni. Lo ha affermato in mattinata il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri, ma soprattutto lo ha confermato nel pomeriggio il premier Silvio Berlusconi, dopo un incontro con una delegazione dei governatori. "Berlusconi ha confermato la sua impostazione: la cifra totale della manovra non può mancare, anche perchè è stata concordata con l'unione europea, ma sarà rivista la ripartizione delle voci e dei sacrifici", ha riferito il presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni, lasciando Palazzo Grazioli"Abbiamo spiegato le nostre ragioni e i nostri numeri - ha detto - visto che il decreto prevede 10 miliardi di tagli alle Regioni".

''Vedremo, nell'esame in Commissione e nel confronto con il governo, quali spazi ci siano'' per venire incontro alle esigenze delle Regioni, aveva detto già questa mattina Gasparri, al termine dell'incontro che tra una delegazione di presidenti delle Regioni, guidata da Vasco Errani, il Pdl e successivamente i gruppi di opposizione (Pd, Idv e Udc). Mentre dal leader della Lega Umberto Bossi arrivava però uno stop nei confronti del governatore della Lombardia Roberto Formigoni, che ieri aveva lamentato con toni durissimi la retromarcia di fatto sul federalismo, e l'inconstituzionalità della manovra: "Formigoni non deve esagerare".

La richiesta delle Regioni rimane quella di modificare la manovra, ora all'esame di Palazzo Madama,

perché i tagli previsti mettono a rischio i servizi. ''Mi sembra si stia facendo strada la consapevolezza delle buone ragioni che noi rivendichiamo, sia presso le forze sociali che parlamentari. Il problema che poniamo - ha riferito Errani - non attiene la lotta agli sprechi, che deve esserci, ma i tagli a monte, dal trasporto pubblico alle politiche sociali che toccano i cittadini''. Ciò che ha chiesto Errani è di ''riequilibrare'' la manovra che così com'è pesa troppo sulle Regioni.

Gasparri, da parte sua, ha presso atto della posizione espressa dalle Regioni e ha concluso: ''Le Regioni ritengono eccessivi i tagli e chiedono una rimodulazione tra i diversi comparti. Sono consapevoli che la manovra vada fatta e che i saldi non si cambiano. I capitoli che gestiscono sono importanti, dalla sanità al trasporto pubblico, alle politiche per la famiglia. E' necessario confrontarci e discutere''.

Il capogruppo Pd, Anna Finocchiaro, ha affermato che ''non si capisce l'accanimento della manovra su Regioni e Comuni che sono chiamati a sostenerne il peso più di quanto non tocchi all'amministrazione centrale''. Anna Finocchiaro ha poi detto che incontrerà Gasparri per ''capire se sia possibile costruire un'azione comune per riequilibrare la manovra''. Intanto il segretario del Pd Pierluigi Bersani ha presentato un pacchetto di emendamenti alla manovra del governo: in sintesi "per ora mi limito a dire che dobbiamo spostare il carico a parità di entrate, non è vero che non c'è spazio di riduzione delle tasse per chi le paga, se si comincia a far pagare chi adesso sfugge". Secondo Bersani, "se non facciamo questa coraggiosa operazione lasciamo al palo la crescita".

(16 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

POMIGLIANO

Marcegaglia: "Non posso credere

che il sindacato abbia risposto no"

Casini: "Mi auguro che i lavoratori dimostrino maggiore intelligenza di una parte del sindacato". Bersani: "Ci vuole buona volontà e fantasia, ma nessun diritto costituzionale è aggirabile con un accordo"

Marcegaglia: "Non posso credere che il sindacato abbia risposto no"

Emma Marcegaglia

ROMA - "Secondo noi è incredibile che ci sia un no". Commenta così la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, il no della Fiom all'accordo con Fiat su Pomigliano. Incredibile, dice, "davanti ad una azienda che va contro la storia, prende produzioni dalla Polonia e le riporta in Italia, investe 700 milioni di euro". Quanto al referendum in azienda "attendiamo - aggiunge la leader degli industriali - di vedere cosa vogliono fare i lavoratori".

Sempre sul tema dello stabilimento Fiat si è pronunciato anche il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini: "Bisogna arrivare ad un accordo", ha detto arrivando all'assemblea di Confcommercio. "Mi auguro che tra i lavoratori ci sia più intelligenza di quanto c'è stata da una parte del sindacato", ha aggiunto. Secondo Casini non c'è altra strada: un'intesa con l'azienda non può essere evitata. "Non ci sono alternative all'accordo. L'alternativa è perdere posti di lavoro e mandare la Fiat fuori dal territorio nazionale. C'è una sola scelta: l'accordo". Casini si è infine detto convinto che "i lavoratori mostreranno più intelligenza di qualche rappresentante sindacale".

Anche il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, in un'intervista all'Unità, ha affermato che "la partita è delicatissima, mi rifiuto di pensare che, giunti a questo punto non si possa arrivare ad un accordo. Ci vuole buona volontà, fantasia. Bisogna sentire la voce dei lavoratori. In ogni caso, Pomigliano non sarà un modello".

Ed ha aggiunto: "Non credo che nessuno, nemmeno la Fiat o il ministro Sacconi, possa pensare che un diritto costituzionale sia aggirabile da un accordo. Non abbocchiamo all'amo di chi ce la racconta così. Sacconi - ha detto ancora Bersani - dice che vede un grande orizzonte fatto di deroghe ad ogni livello. Se lo sogna. La Costituzione non è derogabile. In ogni caso, c'è un fatto oggettivo: siamo di fronte al primo caso in Europa di rientro della produzione esternalizzata".

(16 giugno 2010)

 

 

 

 

IL DOSSIER

La fabbrica che non spreca un minuto

Così nasce l'operaio a ciclo continuo

Il taglio delle pause consentirà di produrre 25 auto in più al giorno. Si riducono al minimo i tempi morti, tutti i pezzi sono più vicini alla postazione, il lavoratore deve solo muovere il busto. A Pomigliano arriva la metrica del lavoro alla giapponese, con tanto di computer e tabelle cronometriche da far rispettare di PAOLO GRISERI

NELLA giornata della tuta blu di Pomigliano saranno 25.200. Non uno di meno, non uno di più. 25.200 secondi per lavorare, per ripetere 350 volte la stessa operazione che dunque non può durare meno di 72 secondi. Perché così dice la metrica. Anche le fabbriche, come le orchestre, ce l'hanno. Sono le regole che danno il ritmo alla linea e che dunque stabiliscono l'intensità di lavoro dei singoli operai. Tutti devono, inevitabilmente, muoversi allo stesso ritmo. Una danza faticosa. Da un secolo le regole di quella danza sono al centro della contrattazione sindacale. Hanno nomi astrusi: Tmc1, Tmc2, Ergo-Uas. Il primo a imporle fu, nel 1911, un ingegnere della Pennsylvania, Frederick Taylor, che spezzettò il lavoro degli operai in decine di micro movimenti stabilendo per ciascuno un tempo massimo di svolgimento. Dalla nascita del taylorismo ad oggi lo schema è rimasto sostanzialmente lo stesso. Perché in nessun luogo come sulle linee di montaggio il tempo è denaro. Uno degli ostacoli nella trattativa sindacale su Pomigliano è stato, per molte settimane, la riduzione delle pause da 40 a 30 minuti giornalieri. Un'inezia? Per molti sì, non per le tute blu. Facciamo un esempio: sulla linea della futura Panda la differenza di 10 minuti equivale a 8,3 operazioni in più per turno, quante se ne fanno in 600 secondi. Che diventano 25 automobili in più nell'arco della giornata. In un anno quei piccoli dieci minuti sono diventati 6.650 automobili.

La metrica della linea cambia con il cambiare del prodotto ma anche con le modifiche all'organizzazione del lavoro. Un professore giapponese, Hajime Yamashina, ha adattato alla Fiat i dettami del World class manufacturing, il sistema di organizzazione del lavoro che riduce al minimo i tempi morti. Rino Mercurio, un manutentore di Mirafiori, spiega che "con il wcm tutti i pezzi sono più vicini alla postazione. Prima dovevi fare quattro passi per andare a prenderli, ora è sufficiente una torsione del busto". Passi in meno, secondi in più per lavorare sulla linea. Si chiama efficienza.

Gli uomini che organizzano la danza, da Taylor in poi, sanno che tutto si basa sul lavoro dei cronometristi. Per tradizione i "cronu", come li chiamavano gli operai torinesi di inizio Novecento, non sono mai stati molto amati. Sono in genere ex operai che si sistemano di fianco a chi lavora con l'orologio in mano e misurano il tempo necessario a svolgere un'operazione. Un tempo la regola non scritta diceva che quando arriva il cronometrista è meglio rallentare. Ma questo lo sapeva anche il cronometrista e dopo aver misurato, tagliava i tempi in una lotta infinita con i suoi ex compagni di lavoro: "Oggi nell'epoca dei computer dice Rino - i cronometristi li vedi poco. Lavorano più con le tabelle che con l'orologio".

La metrica di Pomigliano è già stata adottata a Mirafiori sulla linea della Mito. Si chiama Ergo-Uas e considera per la prima volta gli aspetti ergonomici, gli effetti dello sforzo fisico sui tempi di esecuzione: un'operazione più faticosa viene premiata con un maggior tempo di esecuzione. Si chiamano "fattori di maggiorazione": dall'1 per cento al 13 per cento a seconda della fatica richiesta: "Ma ormai - lamenta Ugo Bolognesi, operaio di linea - le operazioni sono quasi tutte all'1 per cento. Con il sistema precedente c'era una maggiorazione standard del 5 per cento e così, nel passaggio, ci abbiamo perso". Il sistema Ergo-Uas unito alla razionalizzazione dell'ambiente di lavoro introdotto con il wcm (quello che elimina i passi per andare a prendere i pezzi) è in grado, secondo la Fiat, di fare il miracolo: di produrre 280 mila auto all'anno con una sola linea. Quasi un'auto al minuto: "Un ritmo infernale" dicono i sindacalisti. A Melfi, dove si arriva a produrre oltre 300 mila Grande Punto all'anno, le linee sono due. Con una sola linea, tutto diventa più veloce e più vulnerabile: le richieste Fiat contro l'assenteismo e gli scioperi nascono, in sostanza, dall'esigenza di garantire quella velocità. Perché la danza delle tute blu non si interrompa.

(16 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

La crescita ha bisogno di concorrenza

il punto

La crescita ha bisogno di concorrenza

Il governo torna ad annunciare un grande piano di liberalizzazioni per ridare slancio all'economia italiana. Il premier Silvio Berlusconi lo sta studiando con il ministro Giulio Tremonti. E' una buona notizia. Ma l'esperienza consiglia un po’ di scetticismo. In questi giorni, per esempio, è stato varato lo sportello unico per l'autorizzazione delle nuove imprese. Perfetto. Togliere burocrazie inutili è una forma di liberalizzazione delle procedure che, al netto dell'impatto ambientale, fa sempre bene. Ma l'Italia è già oggi il Paese europeo con il più alto numero di partite Iva. Un arcipelago infinito di microaziende, spesso ditte individuali o poco più. Il problema principale non è come aumentarne la quantità ma come creare un habitat, giuridico, finanziario, culturale e fiscale, che ne favorisca la crescita. E la soluzione non è semplice ove si consideri la naturale resistenza dei piccoli imprenditori ad accrescere le dimensioni delle loro società che, dicono spesso, vanno bene come sono. Se la vocazione all’esportazione è una misura della qualità di un’impresa, l’Italia dovrebbe essere messa bene. Le imprese manifatturiere esportatrici italiane con più di 20 addetti sono 26.234 contro le 19.274 tedesche e le 14.900 francesi. E però, in un commercio mondiale dove tutti gli occidentali perdono quota per effetto dell'espansione di Cina, India e di tutti gli altri emergenti, l'export italiano perde il 32 per cento del peso che aveva nel 1990 mentre quello tedesco nello stesso periodo perde solo il 20 per cento. La vocazione all’export non esaurisce la questione della qualità delle imprese. L’annunciato sportello unico a questo fine può poco.

Sulle liberalizzazioni, d’altra parte, l’Italia non è all’anno zero. Un quindicennio di storia dei tre settori più importanti —energia elettrica, gas e telecomunicazioni — ha fatto ormai capire che le liberalizzazioni aiutano davvero. Ma che non possono sostituire la politica industriale e la "politica delle proprietà". La bolletta della luce è rimasta sostanzialmente la stessa del 1996 a moneta costante, benché il prezzo del petrolio si sia moltiplicato per 3,5 volte. Il differenziale con la Francia nucleare è rimasto invariato, al netto degli incentivi per le rinnovabili e dei cosiddetti oneri di sistema. È un grande risultato della concorrenza. Ma se l’Italia avesse un vero parco di centrali nucleari e a carbone, se non avesse foraggiato il Gotha del capitalismo privato con il Cip 6, avrebbe fatto sicuramente meglio. Comunque sia, grazie alla liberalizzazione, che ha mosso investimenti per 20 miliardi e ha portato l’Enel a farsi multinazionale, abbiamo centrali a ciclo combinato tra le più efficienti del mondo. Potremmo stare meglio se le forniture di gas fossero meno legate ai contratti take or pay, a loro volta legati al petrolio, e più al mercato spot ormai stabilmente al ribasso. Ma qui ci si scontra con l’Eni, un orgoglio del Paese che, tuttavia, esprime un groviglio di interessi intrecciati alla politica e ai rapporti di questa con i fornitori. Un problema non solo italiano, se anche in Francia e in Germania il gas costa il doppio rispetto agli Usa. Non è un caso che l’infrastruttura di trasporto, gasdotti e stoccaggi, sia rimasta al guinzaglio del cane a sei zampe. Ci permettiamo di dubitare, felici di sbagliarci, che l’attuale svolta liberalizzatrice cambi qualcosa all’Eni. Positivo è certamente il bilancio nelle telecomunicazioni. I prezzi, a parità di servizi, sono calati nettamente. Buona parte dell’occupazione e degli investimenti che l’ex monopolio ha ridotto sono stati recuperati dai nuovi entranti. Ma anche qui, come per l’energia elettrica, la liberalizzazione mostra ormai alcuni limiti. Se è vero che il futuro dell’energia sarà il nucleare (per ora le rinnovabili sono un business assistito e in parte legato alla malavita a caccia di incentivi), ebbene il nucleare sarà fatto da uno o due cartelli di imprese dominanti. La base della produzione tornerà a essere monopolistica. La concorrenza si farà su un segmento. Lo stesso accade nei telefoni: le reti di nuova generazione, dicono i concorrenti di Telecom Italia, dobbiamo farle con una società unica. Bene. E che cos’è questo se non il cartello della connettività? E di quanto si ridimensiona il settore dove si esercita la concorrenza, se i servizi vengono prodotti e offerti sul web da milioni di specialisti sparsi nel mondo e sempre più aggregabili dai nuovi monopolisti mondiali, Google e Apple, forti del primato tecnologico? In questo nuovo contesto, risaltano i problemi delle proprietà. Le privatizzazioni, vedi Telecom e Autostrade, sono state fatte senza un disegno industriale e, dunque, senza attenzione alle compagini azionarie che ne sarebbero derivate. Le conseguenze si sono viste. Ma anche quando lo Stato è rimasto nel capitale, a parte il settore elettrico, si è rivelato assai conservatore. All’Eni non meno che alla Rai, dove la permanenza della mano pubblica è il primo puntello della posizione dominante di Mediaset nella raccolta pubblicitaria. Di qui lo scetticismo di cui sopra.

Massimo Mucchetti

15 giugno 2010

 

 

 

IL COMMENTO

L'anomalia del Lodo Marchionne

di TITO BOERI

Questo è un accordo necessario, inevitabile. Di cui non andare certo fieri perché mette a nudo i limiti del nostro sistema di relazioni industriali, dei regimi di contrattazione e la persistente arretratezza del Mezzogiorno. Renderlo un esempio, caricarlo di significati, come hanno fatto in questi giorni sia il Ministro Sacconi, sia alcune frange estreme del sindacato, equivale a giocare cinicamente con il lavoro, la principale fonte di reddito di 5.000 famiglie in una delle zone più povere del nostro paese.

L'unica vera lezione su scala nazionale da trarre da questa vertenza è che una riforma seria delle regole che governano la contrattazione e le rappresentanze sindacali non è più rinviabile. L'anomalia di questo accordo è che si deve occupare di due questioni che normalmente non dovrebbero competere alla contrattazione aziendale.

Il primo problema è quello degli impegni vincolanti che le parti possono prendere. C'è un'impresa che deve decidere dove investire 700 milioni per la produzione della nuova Panda, sapendo bene di avere potere contrattuale solo prima di avere compiuto questa scelta. Adesso che la Fiat sta decidendo se investire in Italia o in Polonia, può dettare le sue condizioni. Una volta fatto l'investimento, sarà la controparte, forte di una scelta per l'azienda irreversibile, a poter dettare le sue condizioni. Naturale che un'impresa che si trova in una situazione di questo tipo chieda delle garanzie, voglia assicurarsi che i patti sottoscritti prima di realizzare l'investimento verranno rispettati dopo, una volta che questo è stato attuato. Se anche un solo sindacato non firma, questo avrà poi mano libera nel rinegoziare un accordo che impone turni molto pesanti. Per questo motivo la Fiat impone clausole che limitino il ricorso allo sciopero degli straordinari una volta realizzato l'investimento. Il problema non si porrebbe se avessimo una legge sulle rappresentanze che vincola i lavoratori al rispetto degli impegni presi dai loro rappresentanti, liberamente eletti, che rispondono regolarmente del loro operato di fronte ai lavoratori. Se questi rappresentanti non riescono a trovare un accordo tra di loro, saranno i lavoratori a scegliere con gli strumenti della democrazia diretta, mediante un referendum che vincoli poi tutti al rispetto delle volontà della maggioranza.

Il secondo problema è quello delle misure contro l'assenteismo. Le nuove tecnologie previste per Pomigliano d'Arco sono efficienti solo con tassi di assenteismo fisiologici, come quelli che si osservano mediamente nelle imprese private italiane. Non lo sono con i picchi di assenteismo registrati in passato a Pomigliano, in occasione di partite di calcio, tornate elettorali e altri eventi, che nulla hanno a che vedere con la diffusione di malattie fra le maestranze. Questi comportamenti non sono stati sin qui sanzionati in alcun modo. Al contrario, sono stati protetti dalla camorra (e dai suoi sindacati gialli) anche quando hanno obiettivamente messo a rischio i posti di lavoro degli altri lavoratori. Non c'è stata neanche sanzione sociale contro questo assenteismo. Ora l'azienda vuole scoraggiare questi comportamenti, liberandosi dall'obbligo di retribuire i lavoratori responsabili di questi ingiustificati picchi di assenteismo.

Entrambi i problemi dovranno essere affrontati nei tempi ristretti imposti dalle strategie della Fiat e dei suoi concorrenti. Bene allora affidarsi al pragmatismo. Ad esempio, l'azienda torinese potrebbe rinunciare alla clausola di responsabilità in cambio della sottoscrizione dell'accordo da parte della Fiom, che si oppone soprattutto a questa clausola. L'azienda potrebbe anche impegnarsi una campagna di informazione sui costi collettivi dell'assenteismo e di contrasto delle infiltrazioni della camorra fra le rappresentanze dei lavoratori, in collaborazione col sindacato. Sarebbe anche un modo per la Fiat di saldare una piccola parte del debito che ha accumulato nei confronti dello Stato italiano, così generoso in tutti questi anni ne confronti dell'azienda torinese. Bene ricordare che l'accordo contempla un ulteriore intervento del contribuente mediante l'utilizzo dei fondi della Cassa Integrazione in deroga.

Il tempo residuo prima del referendum fissato per martedi prossimo può essere sfruttato per trovare un accordo su queste basi. Nel frattempo fondamentale che la politica si astenga dall'intervenire. Meglio se il Presidente del Senato ieri, invece di intervenire anche lui sulla vicenda, avesse cercato di fare spazio nell'agenda di Palazzo Madama al disegno di legge sulle rappresentanze, di cui primo firmatario è il senatore Paolo Nerozzi. E' un modo per spingere il sindacato a trovare finalmente un accordo su queste regole indispensabili. Il Ministro del Lavoro farebbe invece bene a discutere col titolare del dicastero all'economia di norme più efficaci che possano favorire un legame più stretto fra salari e produttività, tali da scoraggiare comportamenti opportunistici di aziende e dipendenti. E' dal 1997 che il contribuente paga di fatto incentivi alla contrattazione di secondo livello che si sono rivelati sin qui del tutto inefficaci. Stranamente la manovra "lacrime e sangue" li ha non solo confermati, ma addirittura ampliati. Quella stessa manovra ha svuotato la pseudo intesa del gennaio 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali, che prevede la sostituzione del TIP, tasso di inflazione programmata, con l'IPCA, indice dei prezzi al consumo armonizzato. Doveva essere l'ISAE, uno degli enti aboliti dal Governo, a stimare questo parametro. Non potrà certo essere un datore di lavoro, come lo Stato che ha assorbito i dipendenti dell'Isae, a fornire questo numero da cui dipendono gli incrementi salariali per milioni di dipendenti. Bene cogliere la palla al balzo per rivedere davvero le regole della contrattazione coinvolgendo questa volta la Cgil.

(16 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

2010-06-15

FEDERALISMO

Le regioni contro la manovra

"A rischio incostituzionalità"

Per i governatori la manovra rende di fatto impossibile l'attuazione del federalismo fiscale, e obbliga a tagli massicci nei servizi, dai trasporti alla sanità ai contributi per le famiglie. Da Bruxelles ampia approvazione alle misure di riduzione del deficit

Le regioni contro la manovra "A rischio incostituzionalità"

Il governatore della Lombardia Formigoni con il ministro dell'Economia Tremonti

ROMA - E' muro contro muro tra le Regioni e il governo per i tagli ai trasferimenti contenuti nella manovra economica: in un documento approvato all'unanimità dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, i governatori denunciano il mancato coinvolgimento e il rischio di incostituzionalità del provvedimento. Nei giorni scorsi, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti aveva ribadito l'indisponibilità del governo a ritoccare i saldi previsti dalla manovra.

E tuttavia da Bruxelles arriva un'ampia approvazione del contenuto della manovra: "Le autorità italiane - scrive la Commissione europea nelle valutazioni pubblicate oggi sulle azioni intraprese da 12 Paesi nell'ambito delle procedure di deficit eccessivo - stanno attuando le misure di consolidamento fiscale per il 2010, prese nell'ambito del pacchetto approvato nell'estate del 2008 per il periodo 2009-2011, come raccomandato dal Consiglio, riducendo il deficit del 2010 dello 0,5% del Pil. Inoltre è confermato l'obiettivo di un deficit del 5% del Pil per il 2010". Inoltre, sottolinea la Commissione, "il governo ha adottato il 25 maggio scorso un decreto legge che specifica le misure a sostegno degli sforzi aggiuntivi di consolidamento per il 2011-2012, che ricadono principalmente sulla spesa corrente".

Le contestazioni delle Regioni. Alle Regioni "vengono tolti i soldi ma non le funzioni:

questo contraddice quanto disposto dalla Corte Costituzionale", ha detto il governatore della Lombardia Roberto Formigoni. "C'è dunque un rischio di incostituzionalità della manovra, dal momento che la Corte Costituzionale afferma che deve esservi un collegamento diretto tra le funzioni conferite e le risorse necessarie per il loro esercizio".

Nel documento approvato all'unanimità, i governatori denunciano: "La manovra è stata costruita dal governo senza condivisione né sulle misure né sull'entità del taglio, riproponendo una situazione di assenza di coinvolgimento diretto". I governatori sottolineano anche come "sostanzialmente si riducono i margini della riforma del federalismo fiscale" e questo, scrivono, "è un problema gravissimo".

Ma non si tratta solo del federalismo fiscale: le Regioni assicurano che si troveranno nell'impossibilità di assicurare i servizi essenziali se i tagli verranno approvati in via definitiva. "La manovra riduce di un terzo il contributo per il trasporto pubblico locale: noi abbiamo dei contratti con Trenitalia la quale, sapendo di questi tagli, probabilmente taglierà un terzo dei treni e magari licenzierà anche un terzo del personale", dice Formigoni. "E Trenitalia può farci anche causa e magari vincerla - ha aggiunto il governatore - perch noi abbiamo stipulato dei contratti". Formigoni ha poi fatto notare come la manovra tagli completamente i fondi per la famiglia, pari a 130 milioni: "Non erano tanti - ha detto - ma vengono completamente spazzati via".

"Attendiamo che si svolga il tavolo con il governo per la verifica e la coerenza di tutti i numeri: sulla base di questo presenteremo i nostri emendamenti", precisa il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani. "Siamo convinti comunque di riuscire a convincere il governo a rivedere la manovra - ha aggiunto il governatore della Basilicata, Vito De Filippo- un ripensamento è doveroso".

Un ripensamento viene auspicato anche dal governatore del Piemonte Roberto Cota: "Ciò che mi preme sottolineare è che non vengano colpite le regioni virtuose. Che quindi ci sia una necessaria differenziazione. In questo senso ho colto la disponibilità del governo".

(15 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

OCCUPAZIONE

Fiat: firmato accordo separato, Fiom resta sul 'no'

Tremonti : "È la rivincita dei riformisti"

Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento presentato dal Lingotto. Referendum il 22 giugno. Il presidente del Senato commenta la difficile trattativa: "No ai veti su Pomigliano"

Fiat: firmato accordo separato, Fiom resta sul 'no' Tremonti : "È la rivincita dei riformisti"

Renato Schifani

ROMA - Accordo separato sullo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco. Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento, integrato, presentato dal Lingotto. La Fiom ha confermato il suo no. I sindacati dei metalmeccanici firmatari dell'accordo hanno promosso un referendum tra i lavoratori che si terrà il prossimo martedì 22 giugno. La Fiat ha sottoposto ai sindacati dei metalmeccanici un nuovo documento in cui viene aggiunto il 16mo punto relativo alla istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni, come era stato richiesto dalle organizzazioni che venerdì scorso avevano già dato un primo ok.

''L'accordo di oggi non sblocca gli investimenti'' pari a 700 milioni di euro circa della Fiat per lo stabilimento di Pomigliano ''che sono legati all'esito del referendum tra i lavoratori''. Lo ha detto il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, al termine dell'incontro che si è concluso con un accordo separato. ''La Fiat ci ha detto - ha spiegato - che bloccherà gli investimenti quando la stragrande maggioranza dei lavoratori dirà sì all'intesa''. I lavoratori ''devono capire - ha sottolineato - che la posta in gioco è molto alta''.

Rivincita dei riformisti. "È la rivincita dei riformisti su tutti gli altri". Così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha commentato la firma dell'accordo.

Brunetta: "Inaccettabile riferimento di Fiom a Costituzione". Il riferimento

alla Costituzione da parte della Fiom è ''inaccettabile'' e rappresenta ''un uso improprio'' della Carta fondamentale. È quanto sostiene il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, parlando della posizione del sindacato dei metalmeccanici sull'accordo con Fiat per lo stabilimento di Pomigliano. Brunetta, nel corso del suo intervento a un convegno organizzato dalla fondazione Magna Carta, commentando le argomentazioni della Fiom, ha affermato: ''Mi sembra si faccia un uso improprio della Costituzione, tutti hanno i loro diritti però questo mi pare eccessivo''.

Il 'no' di Fiom. "Vogliamo dirlo con chiarezza: i lavoratori di Pomigliano sono messi in una condizione di ricatto tra la chiusura dello stabilimento e l'accettazione di condizioni di lavoro in deroga alle leggi e ai contratti". Lo ha dichiarato Enzo Masini, responsabile del settore auto per la Fiom. Del referendum "discuteremo domani - ha detto Masini - abbiamo convocato l'assemblea degli iscritti della Fiom a Pomigliano", nel corso della quale "discuteremo anche sulle iniziative da prendere". I punti del testo, ha inoltre sottolineato, "non sono assolutamente cambiati. Il testo è lo stesso e la minaccia di licenziare i singoli lavoratori non è cambiata, c'è tutta. È stata solo istituita una commissione paritetica". Per Masini, il negoziato non è stato "paritario".

Sacconi: "La Fiom non è più come una volta". Nello stabilimento della Fiat di Pomigliano d'Arco "c'è un sindacato coraggioso che si mette in gioco, si compromette e accetta la sfida della competizione e c'è un sindacato paralizzato da un blocco ideologico". Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, va all'attacco della Fiom. "Purtroppo - ha detto Sacconi - la Fiom non è più quella di una volta, perché un'aristocrazia operaia non avrebbe mai commesso l'errore di allontanarsi dalla sua base".

"Pomigliano è un banco di prova per tutti. Non può e non deve prevalere la logica dei veti incrociati. Non è più il tempo del no o della fuga. Per salvare l'occupazione e la dignità del lavoro serve uno sforzo comune ed un sano realismo. Pomigliano non deve chiudere". Lo ha affermato il presidente del Senato Renato Schifani nel suo intervento presso la sala capitolare del palazzo della Minerva, in occasione del rapporto Cisf 2009 su 'Il costo dei figli'. Parole dirette alla Fiom, unico sindacato ad non essere d'accordo con l'intesa proposta della Fiat.

Schifani poi ha parlato della crisi e della manovra economica varata dal governo. Definendola "un passaggio necessario ed urgente". "Non inganniamoci e non inganniamo: serve contenere per tempo e stabilmente la spesa pubblica. Il tempo delle cicale è finito" afferma il presidente del Senato, Renato. Che invita "maggioranza ed opposizione al confronto vero, perchè serve il contributo di tutti per preservare la coesione sociale e nazionale".

E anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, nel corso del suo intervento alla presentazione della relazione annuale dell'Antitrust, ha puntato il dito contro alcuni "nodi strutturali che se non risolti possono spingere il Paese lungo una fase di pericoloso declino. Serve quindi un efficace strategia di crescita che affiancata a quella della stabilità possa garantire alla comunità nazionale il pieno recupero di competitività sulla scena internazionale". Una strategia di crescita che passa anche per l'intervemto pubblico. "Questo non significa partecipazioni statali, ma capacita' di verificare i comportamenti dei privati e la loro riconducibilita' a regole necessarie per garantire correttezza e trasparenza'' dice Fini.

Schifani, inoltre, ha assicurato che le due Camere taglieranno i loro costi: "Spese superflue e privilegi sono oggi un'arroganza insopportabile. Il Senato e la Camera daranno segnali chiari ed inequivocabili di sobrietà ed equità".

(15 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Il testo dell'accordo su Pomigliano

1) Orario di lavoro

La produzione della futura Panda si realizzerà con l'utilizzo degli impianti di produzione per 24 ore giornaliere e per 6 giorni la settimana, comprensivi del sabato, con uno schema di turnazione articolato a 18 turni settimanali.

L'attività lavorativa degli addetti alla produzione e collegati (quadri, impiegati e operai), a regime ordinario e ferma la durata dell'orario individuale contrattuale, sarà articolata su tre turni giornalieri di 8 ore ciascuno a rotazione, secondo i seguenti orari:

•primo turno dalle ore 6.00 alle ore 14.00, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 13.30 alle ore 14.00;

•secondo turno dalle ore 14.00 alle ore 22.00, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 21.30 alle ore 22.00;

•terzo turno dalle ore 22.00 alle ore 6.00 del giorno successivo, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 5.30 alle ore 6.00.

La settimana lavorativa avrà pertanto inizio alle ore 6.00 del lunedì e cesserà alle ore 6.00 della domenica successiva.

Lo schema di orario prevede il riposo individuale a scorrimento nella settimana.

L'articolazione dei turni avverrà secondo lo schema di turnazione settimanale di seguito indicata: 1° - 3° - 2°

Il 18° turno, cadente tra le ore 22.00 del sabato e le ore 6.00 del giorno successivo, sarà coperto con la retribuzione afferente la festività del 4 Novembre e/o con una/due festività cadenti di domenica (sulla base del calendario annuo), con i permessi per i lavoratori operanti sul terzo turno maturati secondo le modalità previste dall'accordo 27 Marzo 1993 (mezz'ora accantonata sul terzo turno per 16 turni notturni effettivamente lavorati pari a 8 ore) e con la fruizione di permessi annui retribuiti (P. A. R. contrattuali) sino a concorrenza.

Le attività di manutenzione saranno invece svolte per 24 ore giornaliere nell'arco di 7 giorni la settimana per 21 turni settimanali. L'attività lavorativa degli addetti (quadri, impiegati e operai), a regime ordinario, sarà articolata su 3 turni strutturali di 8 ore ciascuno, con la mezz'ora retribuita per la refezione nell'arco del turno di lavoro a rotazione e con riposi individuali settimanali a scorrimento.

L'orario di lavoro giornaliero dei lavoratori addetti al turno centrale (quadri, impiegati e operai) va dalle ore 8.00 alle ore 17.00, con un'ora di intervallo non retribuito.

Per i quadri e gli impiegati addetti al turno centrale si conferma l'attuale sistema di flessibilità dell'orario di lavoro giornaliero (orario in entrata dalle ore 8 alle ore 9 calcolato a decorrere dal primo dodicesimo di ora utile). In alternativa, su richiesta delle Organizzazioni Sindacali nel caso in cui intendessero avvalersi della facoltà di deroga a quanto previsto dal D. Lgs. 66/2003 e successive modifiche e integrazioni in materia di riposi giornalieri e settimanali.

Lo schema di orario per lo stabilimento prevede, a livello individuale, una settimana a 6 giorni lavorativi e una a 4 giorni. L'articolazione dei turni avverrà secondo lo schema di turnazione settimanale di seguito indicata: 3° - 2° - 1°

Nella settimana a 4 giorni saranno fruiti 2 giorni consecutivi di riposo secondo il seguente schema:

- lunedì e martedì

ovvero

-mercoledì e giovedì

ovvero

-venerdì e sabato.

Preso atto delle richieste da parte delle Organizzazioni Sindacali dei lavoratori, al fine di non effettuare il 18° turno al sabato notte, lo stesso viene anticipato strutturalmente alla domenica notte precedente. Pertanto il riposo settimanale domenicale avviene dalle ore 22 del sabato alle ore 22 della domenica.

2) Lavoro straordinario

Per far fronte alle esigenze produttive di avviamenti, recuperi o punte di mercato, l'azienda potrà far ricorso a lavoro straordinario per 80 ore annue pro capite, senza preventivo accordo sindacale, da effettuare a turni interi.

Nel caso dell'organizzazione dell'orario di lavoro sulla rotazione a 18 turni, il lavoro straordinario potrà essere effettuato a turni interi nel 18° turno, già coperto da retribuzione secondo le modalità indicate al capitolo orario di lavoro, o nelle giornate di riposo.

L'Azienda comunicherà ai lavoratori, di norma con 4 giorni di anticipo, la necessità di ricorso al suddetto lavoro straordinario e terrà conto di esigenze personali entro il limite del 20% con sostituzione tramite personale volontario.

Con accordo individuale tra azienda e lavoratore, l'attività lavorativa sul 18° turno potrà essere svolta a regime ordinario, con le maggiorazioni del lavoro notturno: in tal caso non si darà corso alla copertura retributiva collettiva del 18° turno.

Il lavoro straordinario, nell'ambito delle 200 ore annue pro capite, potrà essere effettuato per esigenze produttive, tenuto conto del sistema articolato di pause collettive nell'arco del turno, durante la mezz'ora di intervallo tra la fine dell'attività lavorativa di un turno e l'inizio dell'attività lavorativa del turno successivo. In questo caso la comunicazione ai lavoratori del lavoro straordinario per esigenze produttive saranno effettuate con un preavviso minimo di 48 ore.

3) Rapporto diretti-indiretti

Con l'avvio della produzione della futura Panda e in relazione al programma formativo saranno riassegnate ai lavoratori le mansioni necessarie per assicurare un corretto equilibrio tra operai diretti e indiretti, garantendo ai lavoratori la retribuzione e l'inquadramento precedentemente acquisiti, anche sulla base di quanto previsto dall'art. 4, comma 11, Legge 223/91. Inoltre, a fronte di particolari fabbisogni organizzativi potrà essere richiesto ai lavoratori, compatibilmente con le loro competenze professionali, la successiva assegnazione ad altre postazioni di lavoro.

4) Bilanciamenti produttivi

La quantità di produzione prevista da effettuare per ogni turno, su ciascuna linea, e il corretto rapporto produzione/organico saranno assicurati mediante la gestione della mobilità interna da area ad area nella prima ora del turno in relazione agli eventuali operai mancanti o, nell'arco del turno, per fronteggiare le perdite derivanti da eventuali fermate tecniche e produttive.

5) Organizzazione del lavoro

Per riportare il sistema produttivo dello stabilimento Giambattista Vico alle migliori condizioni degli standard internazionali di competitività, si opererà, da un lato, sulle tecnologie e sul prodotto e, dall'altro lato, sul miglioramento dei livelli di prestazione lavorativa con le modalità previste dal sistema WCM e dal sistema Ergo-UAS.

Le soluzioni ergonomiche migliorative, derivanti dall'applicazione del sistema Ergo-UAS, permettono, sulle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo, un regime di tre pause di 10 minuti ciascuna, fruite in modo collettivo, nell'arco del turno di lavoro, che sostituiscono le attuali due pause di 20 minuti ciascuna. Sui tratti di linea meccanizzata denominati "passo - passo", in cui l'avanzamento è determinato dai lavoratori mediante il cosiddetto "pulsante di consenso", le soluzioni ergonomiche migliorative permettono un regime di tre pause di 10 minuti ciascuna, fruite in modo collettivo o individuale a scorrimento sulla base delle condizioni tecnico-organizzative, che sostituiscono le attuali due pause di 20 minuti ciascuna. Per tutti i restanti lavoratori diretti e collegati al ciclo produttivo le soluzioni ergonomiche migliorative permettono la conferma della pausa di 20 minuti, da fruire anche in due pause di 10 minuti ciascuna in modo collettivo o individuale a scorrimento.

Con l'avvio del nuovo regime di pause, i 10 minuti di incremento della prestazione lavorativa nell'arco del turno, per gli addetti alle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo e per gli addetti alle linee "passo-passo" a trazione meccanizzata con "pulsante di consenso", saranno monetizzati in una voce retributiva specifica denominata "indennità di prestazione collegata alla presenza".

L'importo forfetario, da corrispondere solo per le ore di effettiva prestazione lavorativa, con esclusione tra l'altro delle ore di inattività, della mezz'ora di mensa e delle assenze la cui copertura retributiva è per legge e/o contratto parificata alla prestazione lavorativa, per tutti gli aventi diritto, in misura di 0,1813 euro lordi ora. Tale importo è onnicomprensivo ed è escluso dal TFR, dal momento che, in sede di quantificazione, si è tenuto conto di ogni incidenza sugli istituti legali e/o contrattuali e pertanto il suddetto importo forfetario orario è comprensivo di tutti gli istituti legali e/o contrattuali.

6) Formazione

E' previsto un importante investimento in formazione per preparare i lavoratori e metterli in condizioni di operare nella nuova realtà produttiva. Le attività formative si svolgeranno contemporaneamente alla ristrutturazione degli impianti e saranno fortemente collegate alle logiche WCM. I corsi di formazione saranno tenuti con i lavoratori in cigs e le Parti convengono fin d'ora che la frequenza ai corsi sarà obbligatoria per i lavoratori interessati. Il rifiuto immotivato alla partecipazione nonché l'ingiustificata mancata frequenza ai corsi, oltre a dar luogo alle conseguenze di legge, costituirà a ogni effetto comportamento disciplinarmente perseguibile.

Non sarà richiesto a carico Azienda alcuna integrazione o sostegno al reddito, sotto qualsiasi forma diretta o indiretta, per i lavoratori in cigs che partecipino ai corsi di formazione.

7) Recuperi produttivi

Le perdite della produzione non effettuata per causa di forza maggiore o a seguito di interruzione delle forniture potranno essere recuperate collettivamente, a regime ordinario, entro i sei mesi successivi, oltre che nella mezz'ora di intervallo fra i turni, nel 18° turno (salvaguardando la copertura retributiva collettiva) o nei giorni di riposo individuale.

8) Assenteismo

Per contrastare forme anomale di assenteismo che si verifichino in occasione di particolari eventi non riconducibili a forme epidemiologiche, quali in via esemplificativa ma non esaustiva, astensioni collettive dal lavoro, manifestazioni esterne, messa in libertà per cause di forza maggiore o per mancanza di forniture, nel caso in cui la percentuale di assenteismo sia significativamente superiore alla media, viene individuata quale modalità efficace la non copertura retributiva a carico dell'azienda dei periodi di malattia correlati al periodo dell'evento. A tale proposito l'Azienda è disponibile a costituire una commissione paritetica, formata da un componente della RSU per ciascuna delle organizzazioni sindacali interessate e da responsabili aziendali, per esaminare i casi di particolare criticità a cui non applicare quanto sopra previsto.

Considerato l'elevato livello di assenteismo che si è in passato verificato nello stabilimento in concomitanza con le tornate elettorali politiche, amministrative e referendum, tale da compromettere la normale effettuazione dell'attività produttiva, lo stabilimento potrà essere chiuso per il tempo necessario e la copertura retributiva sarà effettuata con il ricorso a istituti retributivi collettivi (PAR residui e/o ferie) e l'eventuale recupero della produzione sarà effettuato senza oneri aggiuntivi a carico dell'azienda e secondo le modalità definite.

Il riconoscimento dei riposi/pagamenti, di cui alla normativa vigente in materia elettorale, sarà effettuato, in tale fattispecie, esclusivamente nei confronti dei presidenti, dei segretari e degli scrutatori di seggio regolarmente nominati e dietro presentazione di regolare certificazione. Saranno altresì individuate, a livello di stabilimento, le modalità per un'equilibrata gestione dei permessi retribuiti di legge e/o contratto nell'arco della settimana lavorativa.

9) Cigs

Il radicale intervento di ristrutturazione dello stabilimento Giambattista Vico per predisporre gli impianti alla produzione della futura Panda presuppone il riconoscimento, per tutto il periodo del piano di ristrutturazione, della cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione per due anni dall'avvio degli investimenti, previo esperimento delle procedure di legge.

In considerazione degli articolati interventi impiantistici e formativi previsti nonché della necessità di mantenimento dei normali livelli di efficienza nelle attività previste, non potranno essere adottati meccanismi di rotazione tra i lavoratori, non sussistendone le condizioni.

10) Abolizione voci retributive

A partire dal 1° gennaio 2011 sono abolite le seguenti voci retributive, di cui all'accordo del 4 maggio 1987 Parte III (Armonizzazione normativa e retributiva):

-paghe di posto

-indennità disagio linea

-premio mansione e premi speciali.

Le suddette voci, per i lavoratori per i quali siano considerate parte della retribuzione di riferimento nel mese di dicembre 2010, saranno accorpate nella voce "superminimo individuale non assorbibile" a far data dal 1° gennaio 2011 secondo importi forfettari.

11) Maggiorazioni lavoro straordinario, notturno e festivo

Sono confermate le attuali maggiorazioni comprensive dell'incidenza sugli istituti legali e contrattuali.

12) Polo logistico di Nola

E' confermata la missione del polo logistico della sede di Nola.

Eventuali future esigenze di organico potranno essere soddisfatte con il trasferimento di personale dalla sede di Pomigliano d'Arco.

13) Clausola di responsabilità

Tutti i punti di questo documento costituiscono un insieme integrato, sicché tutte le sue clausole sono correlate ed inscindibili tra loro, con la conseguenza che il mancato rispetto degli impegni eventualmente assunti dalle Organizzazioni Sindacali e/o dalla RSU ovvero comportamenti idonei a rendere inesigibili le condizioni concordate per la realizzazione del Piano e i conseguenti diritti o l'esercizio dei poteri riconosciuti all'Azienda dal presente accordo, posti in essere dalle Organizzazioni Sindacali e/o dalla RSU, anche a livello di singoli componenti, libera l'Azienda dagli obblighi derivanti dalla eventuale intesa nonché da quelli derivanti dal CCNL Metalmeccanici in materia di:

-contributi sindacali

-permessi sindacali retribuiti di 24 ore al trimestre per i componenti degli organi direttivi nazionali e provinciali delle Organizzazioni Sindacali

ed esonera l'Azienda dal riconoscimento e conseguente applicazione delle condizioni di miglior favore rispetto al CCNL Metalmeccanici contenute negli accordi aziendali in materia di:

-permessi sindacali aggiuntivi oltre le ore previste dalla legge 300/70 per i componenti della RSU

-riconoscimento della figura di esperto sindacale e relativi permessi sindacali.

Inoltre comportamenti, individuali e/o collettivi, dei lavoratori idonei a violare, in tutto o in parte e in misura significativa, le presenti clausole ovvero a rendere inesigibili i diritti o l'esercizio dei poteri riconosciuti da esso all'Azienda, facendo venir meno l'interesse aziendale alla permanenza dello scambio contrattuale ed inficiando lo spirito che lo anima, producono per l'Azienda gli stessi effetti liberatori di quanto indicato alla precedente parte del presente punto.

14) Clausole integrative del contratto individuale di lavoro

Le clausole indicate integrano la regolamentazione dei contratti individuali di lavoro al cui interno sono da considerarsi correlate ed inscindibili, sicché la violazione da parte del singolo lavoratore di una di esse costituisce infrazione disciplinare di cui agli elenchi, secondo gradualità, degli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari conservativi e ai licenziamenti per mancanze e comporta il venir meno dell'efficacia nei suoi confronti delle altre clausole.

(14 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

2010-06-10

Salta il taglio delle mini-province

Ma alla fine erano rimaste solo in quattro

Il relatore del provvedimento Donato Bruno ha presentato un emendamento che sopprime l'art.18. Del resto il provvedimento si era molto ridimensionato rispetto alla prima e ben più ampia formulazione del ministro dell'Economia Tremonti

Salta il taglio delle mini-province Ma alla fine erano rimaste solo in quattro

ROMA - Salta il taglio delle mini-province inserito nella carta delle autonomie. Il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera e relatore del provvedimento, Donato Bruno, secondo quanto spiegano diversi esponenti dell'opposizione, ha presentato un emendamento soppressivo dell'articolo 14 del provvedimento che prevedeva, appunto, la cancellazione delle province sotto i 200 mila abitanti.

La norma, che al momento avrebbe riguardato quattro enti locali, era prevista nel ddl sulle autonomie. Già costituiva una consistente marcia indietro rispetto al progetto originario, che al contrario prevedeva il taglio di una ventina di province. Le quattro province che sarebbero sparite in base all'ultima formulazione del provvedimento erano Vercelli (180.111 abitanti) in Piemonte; Isernia (88.895 abitanti) in Molise; Fermo (176.488 abitanti) nelle Marche, e Vibo Valentia (167.334 abitanti) in Calabria. In bilico Crotone, Biella e Verbano, che però già ieri si erano "salvate".

Probabilmente a spingere per il ritiro del provvedimento è stata la constatazione che a questo punto la soppressione di sole quattro province non si sarebbe tradotto in un risparmio apprezzabile (qualcuno addirittura ventilava una maggiore spesa) e soprattutto sarebbe risultato un'ingiustizia ai danni di una Regione piccola come il Molise, che ha solo due province (infatti il presidente della Regione Michele Iorio si era detto pronto alla "prima guerra sannita").

Ieri sera il ritiro del provvedimento era stato chiesto anche dal leader della Lega Umberto Bossi, che aveva sostenuto che con l'abolizione "non cambia niente" dal punto di vista dei costi, dal momento che "i lavoratori vengono scaricati in regione" e, in ogni caso, c'è anche "un problema di identità e soprattutto in quelle più vecchie possono venir fuori casini".

(10 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

La scure s'abbatte sui trasporti locali

3,5 miliardi in meno per i pendolari

Lombardia, Puglia e Toscana rischiano i tagli più pesanti per effetto delle misure contenute nella manovra. Che si faranno sentire già nel 2010

La scure s'abbatte sui trasporti locali 3,5 miliardi in meno per i pendolari

ROMA - Un fendente che taglia circa 3,5 miliardi di euro nel trasporto locale in Italia. Se la percentuale della riduzione secca dei trasferimenti alle Regioni verrà confermata e andrà ad alleggerire le risorse destinate a bus, metro e ferrovie locali, già dai prossimi mesi si vedranno i primi effetti negativi. La seconda parte del 2010 e il 2011 saranno lacrime e sangue, soprattutto per pendolari e studenti che rischiano di vedere scomparire fino ad un quarto dei servizi di trasporto oggi esistenti su strade e ferrovie.

Gli studenti di alcune regioni, come la Puglia, saranno forse costretti a rinunciare al contributo che li aiuta a contenere i costi degli abbonamenti. Di sicuro i passeggeri dei convogli regionali di gran parte dello Stivale dovranno fare a meno dei (promessi) treni che dovevano andare a rinforzare il parco dei mezzi riservati ai pendolari e migliorare la qualità del viaggio. In molti altri casi saranno orari, corse, mezzi, il cosiddetto parco rotabile, a dover subire le modifiche più significative e dannose per chi prende i mezzi pubblici. Con la riduzione della frequenza nei passaggi dei pullman che collegano più province o di autobus e metropolitane nei comuni.

La scure che sta per abbattersi sugli Enti locali, però, non colpirà tutti allo stesso modo. Lombardia (e Milano) il Lazio (e Roma), la Puglia, la Campania (e Napoli) in particolare soffriranno una diminuzione pesantissima, con fondi bloccati e rinnovamento del parco macchine rinviato sine die. Nel caso della Sicilia, potrebbero materializzarsi degli aggiustamenti sui prezzi dei biglietti in alcuni capoluoghi e sarà più difficoltoso raggiungere l'entroterra utilizzando le ferrovie. La Campania dovrà fare a meno di circa 420 milioni di euro tra 2011 e 2012 solo per il trasporto pubblico.

La Liguria, per contro, subirà minori tagli rispetto ad altre Regioni meno fortunate. Tra queste la tartassata Toscana, che dei 500 milioni trasferiti fino ad oggi da Roma per il Tpl ne vedrà arrivare solo 300 dopo un taglio di 200 milioni. Un blocco pari al 40% del totale. A rischio anche gli attuali livelli tariffari. In Emilia Romagna, infine, la riduzione dei trasferimenti è prossima ad un quarto rispetto ad oggi.

(10 giugno 2010)

 

 

 

PUBBLICO IMPIEGO

Cdm, ok a aumento età pensionabile

Dal 2012 le donne arriveranno a 65 anni

Le risorse saranno destinate a interventi per il sociale. Brunetta: "Non serve a fare cassa". Bersani: "Provvedimento insensato". Approvato l'emendamento per il taglio degli stipendi dei dirigenti Rai. Tetto massimo per i manager a 311 mila euro

Cdm, ok a aumento età pensionabile Dal 2012 le donne arriveranno a 65 anni

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi

ROMA - Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera all'equiparazione dell'età delle pensioni di vecchiaia tra uomini e donne nel pubblico impiego. L'Italia rispetterà così una richiesta del governo di Bruxelles. Le donne andranno in pensione a 65 anni a partire dal primo gennaio 2012. Oltre a questo, il Cdm ha anche approvato il taglio degli stipendi dei dirigenti Rai e ha fissato il tetto massimo per quelli dei manager, che non devono superare i 311 mila euro.

Fondo sociale dedicato alle donne. La disposizione sull'aumento dell'età pensionabile sarà introdotta attraverso un emendamento alla manovra e le risorse che deriveranno dal risparmio dell'innalzamento pensionabile dell'età delle donne andranno in un Fondo vincolato ad 'azioni positive' per la famiglia e le donne. Lo ha deciso il Consiglio dei ministri, accogliendo la richiesta fatta dal ministro per le pari opportunità Mara Carfagna.

"Impatto modesto". "L'impatto di questa norma è molto modesto, si parla di una platea stimata in circa 25mila donne nell'arco temporale da qui al 2012". Così il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, sull'aumento dell'età pensionabile per le donne nel pubblico impiego. "L'impatto effettivo è molto molto contenuto", dice. Il problema con l'Ue "è l'equiparazione" con gli uomini, ha ricordato Sacconi, ma non era percorribile una strada diversa: "Immaginate come verrebbe accolta

dai mercati finanziari una riduzione per l'età degli uomini". Il ministro ha anche aggiunto che non è detto che le donne impiegate nella Pubblica amministrazione dovranno aspettare i 65 anni per andare in pensione. Potranno sfruttare l'anzianità contributiva: ''Molte donne nell'impiego pubblico, a differenza di quello privato, raggiungono l'anzianità contributiva".

Scalone unico. L'aumento dell'età delle donne per le pensioni di vecchiaia nel pubblico impiego avverrà con uno scalone unico a 65 anni a partire dal 1 gennaio 2012 e, dunque, "senza fasi intermedie".

"Non serve a fare cassa". L'innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni per le donne del pubblico impiego "non serve a fare cassa". Lo dice il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. Secondo Brunetta, i risparmi "saranno pari a zero nel 2010 e 2011, di 50 milioni nel 2012 e di 150 milioni nel 2013". Si tratta, inoltre, spiega il ministro, di un provvedimento che non riguarda il settore privato.

Piccolo sacrificio delle donne che aiuterà il Welfare. Servirà a potenziare i servizi all'infanzia e per la non autosufficienza il "piccolo sacrificio a carico delle donne imposto dalla Ue". Il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna spiega così l'aumento dell'età per la pensione vecchiaia delle donne.

Bersani: "Innalzamento inaccettabile e insensato". L'innalzamento dell'età pensionabile delle donne che lavorano nel settore pubblico è "inaccettabile e non sensato", soprattutto se le risorse risparmiate non venissero utilizzate per garantire alle donne stesse "parità di condizioni di lavoro e di vita" con gli uomini. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, a margine di un convegno, commenta con queste parole la decisione del Consiglio dei ministri di innalzare l'età pensionabile delle donne del settore pubblico. "Siamo da sempre affezionati all'idea che questo problema si risolve con la flessibilità in uscita per tutti", spiega Bersani. Si tratta di prevedere "una soglia minima per l'età pensionabile e poi, per alcuni anni, una flessibilità in uscita in rapporto al livello di pensione percepita". Di sicuro, "questo modo di procedere non è accettabile, né sensato. In ogni caso, sarebbe del tutto inaccettabile se le risorse ricavate da questa misura non andassero ad un fondo ad hoc destinato a garantire alle donne italiane parità di condizioni di lavoro e di vita rispetto alle donne europee".

Taglio stipendi Rai. Via libera del Consiglio dei Ministri all'emendamento firmato da Roberto Calderoli e Umberto Bossi: il governo ha deciso di tagliare gli stipendi dei dirigenti Rai e di modificare il provvedimento 177 del 2005, ovvero il testo unico dei servizi media radio-televisivi. Per chi percepisce un compenso che va dai 90mila ai 150mila euro il taglio è del 5%, sopra quella cifra il taglio raggiunge il 10%.

Tetto stipendi manager fissato a 311mila euro sopra retribuzione base. Fissato dal Consiglio dei ministri anche il tetto agli stipendi dei manager della pubblica amministrazione, che non deve superare i 311 mila euro, retribuzione del primo presidente della Corte di cassazione. Lo ha annunciato il ministro Brunetta, precisando che nella determinazione del limite non è computato il corrispettivo globale per il rapporto di lavoro o il trattamento pensionistico corrisposti all'interessato. Sono esclusi dall'applicazione del tetto Bankitalia e le autorità indipendenti.

(10 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

Economia

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PUBBLICO IMPIEGO

Cdm, ok a aumento età pensionabile

Dal 2012 le donne arriveranno a 65 anni

Le risorse saranno destinate a interventi per il sociale. Brunetta: "Non serve a fare cassa". Bersani: "Provvedimento insensato". Approvato l'emendamento per il taglio degli stipendi dei dirigenti Rai. Tetto massimo per i manager a 311 mila euro

Cdm, ok a aumento età pensionabile Dal 2012 le donne arriveranno a 65 anni

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi

ROMA - Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera all'equiparazione dell'età delle pensioni di vecchiaia tra uomini e donne nel pubblico impiego. L'Italia rispetterà così una richiesta del governo di Bruxelles. Le donne andranno in pensione a 65 anni a partire dal primo gennaio 2012. Oltre a questo, il Cdm ha anche approvato il taglio degli stipendi dei dirigenti Rai e ha fissato il tetto massimo per quelli dei manager, che non devono superare i 311 mila euro.

Fondo sociale dedicato alle donne. La disposizione sull'aumento dell'età pensionabile sarà introdotta attraverso un emendamento alla manovra e le risorse che deriveranno dal risparmio dell'innalzamento pensionabile dell'età delle donne andranno in un Fondo vincolato ad 'azioni positive' per la famiglia e le donne. Lo ha deciso il Consiglio dei ministri, accogliendo la richiesta fatta dal ministro per le pari opportunità Mara Carfagna.

"Impatto modesto". "L'impatto di questa norma è molto modesto, si parla di una platea stimata in circa 25mila donne nell'arco temporale da qui al 2012". Così il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, sull'aumento dell'età pensionabile per le donne nel pubblico impiego. "L'impatto effettivo è molto molto contenuto", dice. Il problema con l'Ue "è l'equiparazione" con gli uomini, ha ricordato Sacconi, ma non era percorribile una strada diversa: "Immaginate come verrebbe accolta

dai mercati finanziari una riduzione per l'età degli uomini". Il ministro ha anche aggiunto che non è detto che le donne impiegate nella Pubblica amministrazione dovranno aspettare i 65 anni per andare in pensione. Potranno sfruttare l'anzianità contributiva: ''Molte donne nell'impiego pubblico, a differenza di quello privato, raggiungono l'anzianità contributiva".

Scalone unico. L'aumento dell'età delle donne per le pensioni di vecchiaia nel pubblico impiego avverrà con uno scalone unico a 65 anni a partire dal 1 gennaio 2012 e, dunque, "senza fasi intermedie".

"Non serve a fare cassa". L'innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni per le donne del pubblico impiego "non serve a fare cassa". Lo dice il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. Secondo Brunetta, i risparmi "saranno pari a zero nel 2010 e 2011, di 50 milioni nel 2012 e di 150 milioni nel 2013". Si tratta, inoltre, spiega il ministro, di un provvedimento che non riguarda il settore privato.

Piccolo sacrificio delle donne che aiuterà il Welfare. Servirà a potenziare i servizi all'infanzia e per la non autosufficienza il "piccolo sacrificio a carico delle donne imposto dalla Ue". Il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna spiega così l'aumento dell'età per la pensione vecchiaia delle donne.

Bersani: "Innalzamento inaccettabile e insensato". L'innalzamento dell'età pensionabile delle donne che lavorano nel settore pubblico è "inaccettabile e non sensato", soprattutto se le risorse risparmiate non venissero utilizzate per garantire alle donne stesse "parità di condizioni di lavoro e di vita" con gli uomini. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, a margine di un convegno, commenta con queste parole la decisione del Consiglio dei ministri di innalzare l'età pensionabile delle donne del settore pubblico. "Siamo da sempre affezionati all'idea che questo problema si risolve con la flessibilità in uscita per tutti", spiega Bersani. Si tratta di prevedere "una soglia minima per l'età pensionabile e poi, per alcuni anni, una flessibilità in uscita in rapporto al livello di pensione percepita". Di sicuro, "questo modo di procedere non è accettabile, né sensato. In ogni caso, sarebbe del tutto inaccettabile se le risorse ricavate da questa misura non andassero ad un fondo ad hoc destinato a garantire alle donne italiane parità di condizioni di lavoro e di vita rispetto alle donne europee".

Taglio stipendi Rai. Via libera del Consiglio dei Ministri all'emendamento firmato da Roberto Calderoli e Umberto Bossi: il governo ha deciso di tagliare gli stipendi dei dirigenti Rai e di modificare il provvedimento 177 del 2005, ovvero il testo unico dei servizi media radio-televisivi. Per chi percepisce un compenso che va dai 90mila ai 150mila euro il taglio è del 5%, sopra quella cifra il taglio raggiunge il 10%.

Tetto stipendi manager fissato a 311mila euro sopra retribuzione base. Fissato dal Consiglio dei ministri anche il tetto agli stipendi dei manager della pubblica amministrazione, che non deve superare i 311 mila euro, retribuzione del primo presidente della Corte di cassazione. Lo ha annunciato il ministro Brunetta, precisando che nella determinazione del limite non è computato il corrispettivo globale per il rapporto di lavoro o il trattamento pensionistico corrisposti all'interessato. Sono esclusi dall'applicazione del tetto Bankitalia e le autorità indipendenti.

(10 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

PREVIDENZA

Salvi i diritti

maturati entro il 2011

Le donne della Pa che entro il 31 dicembre dell'anno prossimo maturano il diritto a lasciare il lavoro potranno mantenerlo anche dopo la riforma

Salvi i diritti maturati entro il 2011

ROMA - Una clausola di salvaguardia per le statali che matureranno i requisiti per andare in pensione entro il 31 dicembre 2011. Lo prevede la bozza di riforma dell'età pensionabile per le statali che il Consiglio dei ministri esamina oggi.

La norma punta a consentire alle statali - che in base all'attuale normativa potrebbero andare in pensione a 61 anni anche durante il 2011 - di mantenere il requisito anche negli anni successivi, quando per tutte le altre scatta l'innalzamento a 65 anni di età.

(10 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

Rai, star a peso d'oro

di Emiliano Fittipaldi

Esclusivo: da 1,2 milioni di euro di Vespa ai 400 mila di Pupo, ai 600 mila di Cappon, stipendiato per non lavorare

Fabio Fazio

L'alto dirigente della Rai fa l'occhietto furbo. "Emanuele Filiberto fa un'audience pazzesca, ma l'azienda oggi preferisce non stipulare contratti lunghi e onerosi. Il principe lo paghiamo ad apparizione: non buttiamo i soldi noialtri. Quanto gli diamo? Circa 20 mila euro a botta. Lordi, però".

Ventimila sono tanti o pochi per una serata su RaiUno? L'aristocratico di casa Savoia, piaccia o no, è da un annetto un Re Mida degli ascolti, e anche se in una serata guadagna quanto un operaio della Fiat in un anno intero, qualcuno a viale Mazzini pensa che se li meriti tutti. "È il mercato tv, bellezza", ti senti rispondere.

FOTO Cachet da divi, da Conti a Giletti

In effetti in Italia il duopolio e la grande generosità del concorrente costringono l'azienda di Stato a pompare da tempo gli stipendi di dirigenti, conduttori, show man e giornalisti. Nel mondo catodico non c'è crisi che tenga, le buste paga sono sempre in rialzo. Come le polemiche, ormai all'ordine del giorno. Il caso del contratto di Santoro, con stipendio da 700 mila euro lordi l'anno e conseguente liquidazione milionaria, ha scatenato una tempesta culminata con gli strali del ministro Roberto Calderoli. Il leghista pretende che gli stipendi d'oro di viale Mazzini siano sforbiciati. Non dice, però, quali.

Lo scorso dicembre Renato Brunetta annunciò che i compensi di giornalisti e conduttori si sarebbero dovuti inserire"nei titoli di testa e di coda", e da allora tutti chiedono maggiore trasparenza. In attesa che il governo e l'azienda pubblicizzino i dati, "L'espresso" ha ottenuto dai piani alti di viale Mazzini parte degli stipendi dei divi Rai. Sono le cifre segretissime dei contratti 2009-2010, dati che a volte sommano un fisso alle cosiddette indennità di funzione, stipendioni che - va detto - vanno divisi per il numero delle puntate e che sono legati (si spera) al ritorno pubblicitario del nome.

 

Partiamo dai dirigenti. Il presidente Paolo Garimberti e il direttore generale Mauro Masi hanno dichiarato di guadagnare, rispettivamente, 448 mila e 715 mila euro l'anno. Sappiamo che i sette consiglieri del cda prendono 98 mila a testa. Tra i vicedirettori quello meglio piazzato è Giancarlo Leone, che guadagna circa 470 mila euro l'anno, mentre l'astro nascente Lorenza Lei tocca solo i 350 mila, esattamente quanto il collega amato da Bossi Antonio Marano. Gianfranco Comanducci, amico storico di Cesare Previti e vicino al Pdl, prende circa 440 mila euro. Nel 2002 la sua retribuzione era di "soli" 235 mila euro. Tra incrementi retributivi, scatti di carriera, promozioni e gratifiche lo stipendio oggi è quasi raddoppiato.

Un altro che non si può lamentare è il direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce, che viaggia sui 400 mila euro l'anno, mentre il direttore di RaiUno Mauro Mazza, designato da Gianfranco Fini, prende 300 mila euro. Pure il giovane Marco Simeon, neo capo delle relazioni istituzionali, a fine mese può sorridere: il suo contratto tocca i 190 mila euro lordi. Sorprende, invece, che Claudio Cappon, l'ex direttore generale voluto da Romano Prodi, continui a percepire circa 600 mila euro senza avere - in pratica - alcun incarico di peso. "Io ho un contratto a tempo indeterminato. La Rai avrebbe due possibilità", spiega Cappon, "potrebbe liquidarmi dandomi i soldi che mi spettano o assegnarmi la direzione di una controllata. Per ora non ha fatto nulla, e il rischio di un contenzioso è alto". Come fa un'azienda pubblica a pagare 600 mila euro un manager a vuoto, è un mistero.

Qualcuno, per un ruolo impegnativo, prende molto meno. "È vero, guadagno 150 mila euro l'anno, a volte 180, dipende dal numero delle puntate. E mi sembrano più che sufficienti, sono soddisfatta così": Milena Gabanelli porta a casa con il suo "Report" ascolti a doppia cifra, ed è la giornalista meno pagata della lista de "L'espresso". Meno ricca, per esempio, di Monica Setta, l'eroina di "Il fatto del giorno", in onda ogni pomeriggio su RaiDue, che prende 200 mila euro.

Tra gli uomini, Giovanni Minoli, ex direttore di RaiEducational e oggi capo della struttura che si occuperà della programmazione in occasione dei 150 anni dell'unità d'Italia, ha uno stipendio che arriva, tra fisso e indennità, a 550 mila euro. Il numero di puntate che conduce e di cui è autore supera le 200 l'anno. Bruno Vespa, che è esterno, prende invece più del doppio: 1,2 milioni, mentre "Ballarò" porta nelle tasche di Giovanni Floris 450 mila euro l'anno. Anche il conduttore in forza a RaiTre uscendo dall'azienda oggi guadagna più di prima, assumendosi come contropartita, dicono i suoi, "i rischi insiti in una collaborazione a tempo". Il contratto di Minzolini non è nella lista, ma una fonte autorevole giura che è simile a quello di Gianni Riotta, "forse qualcosa di più". Riotta nel 2007 prendeva un fisso da 560 mila euro, con bonus che potevano far lievitare la busta paga fino a 610 mila. Chissà cosa ne pensa Lamberto Sposini, ex vice di Enrico Mentana al Tg5, che oggi come conduttore di "La vita in diretta" ha un contratto da circa 250 mila euro l'anno.

Veniamo alle star dell'intrattenimento. Il monte stipendi Rai supera di poco il miliardo di euro, e un decimo finisce nei conti correnti dei contrattisti esterni: alcuni vip vengono pagati attraverso i cosiddetti accordi di volume tra la Rai e altre società come Magnolia ed Endemol. Una delle dive più pagate è Antonella Clerici: il contratto in scadenza era di circa 1,5 milioni, cachet che comprendeva anche la conduzione del Festival di Sanremo. Il nuovo accordo, pare, sarà ritoccato al rialzo. Il suo successore all'Ariston dovrebbe essere Carlo Conti, che oggi guadagna 1,3 milioni l'anno. "Un affare", chiosano da viale Mazzini, "vista la mole di serate che dirige". Conti è l'uomo-ovunque: fa "L'eredità" tutti i santi pomeriggi, "I migliori anni" il venerdì sera, da un po' "Voglia di aria fresca", per non contare le serate Rai in cui gioca a fare l'ospite.

La famiglia Angela ha invece un profilo diverso, come diverse sono le buste paga di padre e figlio: insieme costano poco più di un milione di euro, ma 750 mila sono per Piero, solo 300 mila appannaggio di Alberto. Se tutti sanno che Fabio Fazio sfiora i 2 milioni l'anno per il suo "Che tempo che fa", seguito dai 700 mila di Serena Dandini impegnata a difendere le serate (sempre si RaiTre) di "Parla con me", nessuno sa che Pupo ha strappato un contratto da 400 mila euro l'anno, di poco inferiore a quello firmato da Max Giusti: il comico che conduce dal 2008 "Affari tuoi" ed è ora in onda con "Stasera è la tua sera" prende circa mezzo milione.

Massimo Giletti, eroe settimanale dell'Arena di "Domenica In" e giurato in "Ciak...si canta", guadagna invece 350 mila euro l'anno, 50 mila in più dell'ex zarina dell'azienda Alda D'Eusanio, in onda sempre la domenica ma su RaiDue. Molto meno guadagna la show girl che ha sostituito con grandi polemiche la Clerici alla "Prova del cuoco": la giovane Elisa Isoardi da Cuneo, classe 1982, prende per spiegare ricette e ospitate varie 180 mila euro tondi tondi. Non male, visto che il più anziano Osvaldo Bevilacqua, dal 1977 al timone di "Sereno variabile", può contare su 250 mila euro l'anno. Guarda tutti dall'alto in basso l'immenso Pippo Baudo: il mito resiste anche nel cachet, visto che i 900 mila euro l'anno sono riservati davvero a pochi.

(10 giugno 2010)

 

 

 

 

Camera, Governo battuto due volte

Passano due emendamenti Pd

Applausi all'approvazione delle due modifiche alla riforma della "governance" del Servizio sanitario nazionale. Prima firmataria, Livia Turco: "Più peso ai cittadini". Riforma che ritorna in commissione. Decisive le assenze nel Pdl

Camera, Governo battuto due volte Passano due emendamenti Pd La Camera dei deputati

ROMA - Governo battuto per due volte di seguito su altrettanti emendamenti del Pd, nell'aula della Camera, alla riforma della "governance" della Sanità. L'assemblea di Montecitorio ha approvato due proposte di modifica al testo di cui è prima firmataria Livia Turco. Dai banchi dell'opposizione si sono levati forti applausi.

Gli emendamenti riguardano la "governance" della Sanità e sono riferiti al primo articolo del testo. In dettaglio, si tratta dell'emendamento 1.33 (passato con 247 sì e 242 no) e 1.34 (251 sì e 245 no). Il relatore ha chiesto una riunione del comitato dei Nove. Dopo la sospensione della seduta, l'annuncio che la riforma della governance della Sanità torna in commissione Affari sociali.

"Enorme soddisfazione" per Livia Turco. "Si tratta di due modifiche importantissime per il sistema sanitario - dichiara la prima firmataria dei due emendamenti e capogruppo in commissione Affari sociali alla Camera -. Grazie al Pd la voce dei cittadini avrà un peso maggiore nella gestione della sanità. Il primo emendamento su cui è andato sotto il governo permette ai sindaci di partecipare alla programmazione delle politiche socio-sanitarie; il secondo riguarda la diretta partecipazione alla stessa programmazione delle associazioni dei cittadini. Finalmente un coinvolgimento attivo da parte della cittadinanza che potrà incidere in base alle proprie necessità e opinioni".

La sconfitta della maggioranza sui due emendamenti è stata determinata prevalentemente dalle assenze nelle file del Pdl. "Nel Pdl che ha rumoreggiato ancora ieri contro la vicepresidente Bindi - spiega Erminio Quartiani, segretario d'aula del Gruppo Pd della Camera - ben 75 deputati in una votazione e 74 nell'altra non erano in aula". Dai tabulati della seconda votazione si evince che gli assenti Pdl erano 38, il 14,18% dei componenti del gruppo al netto dei deputati in missione (36). Sostanzialmente presente la Lega (mancavano solo cinque deputati e sei erano in missione). Il gruppo con la più alta percentuale di assenze è stato l'Udc, malgrado Pier Ferdinando Casini abbia sottolineato che il suo gruppo sia stato determinante nel risultato: all'appello mancavano sette deputati centristi, il 17,95% del gruppo.

(10 giugno 2010)

 

2010-06-06

le dichiarazioni del primo ministro del Regno Unito al Sunday Times

Cameron: "Per la Gran Bretagna

in vista anni di sacrifici"

L'appello ai cittadini "Dobbiamo avere la gente dalla nostra parte, o il debito pubblico ci schiaccerà"

le dichiarazioni del primo ministro del Regno Unito al Sunday Times

Cameron: "Per la Gran Bretagna

in vista anni di sacrifici"

L'appello ai cittadini "Dobbiamo avere la gente dalla nostra parte, o il debito pubblico ci schiaccerà"

Il primo ministro britannico David Cameron (Reuters)

Il primo ministro britannico David Cameron (Reuters)

MILANO - La Gran Bretagna va incontro ad "anni di sacrifici". L'economia del Paese si trova in uno stato peggiore di quanto si pensasse e i tagli, quando arriveranno, saranno "dolorosi". A suonare il campanello d'allarme è David Cameron, primo ministro del Regno Unito. Il neo premier conservatore, in un'intervista rilasciata al Sunday Times, è tornato a battere sul tasto "dell'enorme debito pubblico con cui abbiamo a che fare"."Se non facciamo qualcosa - ha spiegato Cameron - finiremo per pagare degli interessi sul debito di 50, 60, 70 miliardi di sterline. Sono cifre pazzesche, più di quanto spendiamo per l'istruzione dei nostri figli o per la difesa della nazione". Cameron ha poi attaccato le previsioni per la crescita economica - il 3% nel 2011 - stilate dal governo laburista: "Non ci sarà nessun trampolino per la ripresa", ha detto. Quindi la medicina. "Bisogna affrontare i conti dello stato sociale, del settore pubblico e la dimensione della burocrazia accumulata in questi anni".

APPELLO AI CITTADINI - "La qualità di un vero uomo di Stato è di assumere la buona decisione spiegando alla gente gli obiettivi che ci sono dietro ai sacrifici", ha detto Cameron. "Un debito enorme deve essere gestito. Incrociare le dita aspettando la crescita e sperando che scompaia non è una risposta", e poi ha aggiunto: "Il Paese è "scoperto". E gli interessi su questo scoperto si mangiano ciò che la nazione avrebbe dovuto spendere per altro. Dobbiamo avere la gente dalla nostra parte nel corso di questo difficile viaggio", ha proseguito il leader dei conservatori. Secondo i dati dell'Ufficio di Statistica nazionale, il deficit pubblico ha raggiunto i 156,1 miliardi di sterline nel 2009/2010, pari all'11,1% del Pil, un dato record.

CLEGG: NON SI TORNA AGLI ANNI 80 - Allo stesso tempo, però, il vicepremier Nick Clegg, leader dei Liberaldemocratici, ha lanciato segnali distensivi: niente tagli selvaggi come al tempo della Thatcher. A colloquio con l'Observer, Clegg ha dispensato la sua dose di "zucchero". "Responsabilità nella spesa - ha detto - non significa tornare agli anni Ottanta: noi faremo le cose diversamente, non permetteremo il ritorno delle differenze tra nord e sud del Paese". Clegg ha poi ricordato che alcuni dei pacchetti di riduzione della spesa pubblica più rigorosi sono stati recentemente portati avanti da governi di "centro-sinistra" come i "socialdemocratici in Svezia, l'amministrazione di Clinton i USA e i liberali in Canada".

Redazione online

06 giugno 2010

 

 

 

MANOVRA

Calderoli: "Sacrifici anche dal calcio

Figc ridimensioni premi ai giocatori"

Il ministro della Semplificazione annuncia per giovedi in Cdm l'emendamento per i tagli agli stipendi Rai. Intanto Gasparri esclude la regolarizzazione di abusi e Brunetta dà l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne a 65 anni "già nel prossimo Cdm". Casini: "A forza di sanatorie, questo Paese perde il senso della legalità". Idv: "Schiaffo agli onesti"

Calderoli: "Sacrifici anche dal calcio Figc ridimensioni premi ai giocatori"

Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione

ROMA - Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato, smentisce la volontà del suo gruppo di introdurre in sede parlamentare nella manovra economica un condono edilizio. "Non ci sarà nessun condono - dice Gasparri a SkyTg24 commentando le indiscrezioni di stampa degli ultimi giorni - e mi stupisco che se ne continui a parlare, dopo che la realizzabilità di un nuovo condono è già stata smentita". Intanto, il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta annuncia una decisione sull'innalzamento dell'età pensionabile delle donne già nel prossimo Consiglio dei ministri e Casini sulla questione dice: "Accettiamo la sfida dell'Europa, ma aiutiamo le donne che hanno una maternità". Intanto, il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli comunica che l'emendamento sui tagli agli stipendi Rai sarà in Cdm giovedi prossimo. E, in clima Mondiali, rivolge al mondo del calcio l'appello a partecipare concretamente ai sacrifici degli italiani.

Calderoli: "Tagli stipendi Rai, giovedi in Cdm". Il ministro per la Semplificazione normativa annuncia che l'emendamento alla manovra per tagliare gli stipendi della Rai verrà portato giovedi in Consiglio dei Ministri. L'esponente leghista non anticipa i contenuti del testo. "L'emendamento è già scritto - spiega Calderoli -, ma prima di divulgarlo alla stampa preferisco che sia discusso in Cdm".

Calderoli: "Figc ridimensioni premi a calciatori". "E' giusto che anche il mondo del calcio partecipi ai sacrifici degli italiani di fronte alla crisi" premette Calderoli in una conversazione con l'agenzia Ansa. Poi, il ministro rivolge alla Figc e alle società di calcio il suo invito. "In vista dei Mondiali - dice Calderoli - faccio appello alla Figc affinché gli eventuali premi che spetteranno ai calciatori vengano ridimensionati rispetto alla crisi. Anzi sarebbe un bel gesto se calciatori e Federcalcio ne devolvessero parte a titolo onorifico". Quanto alle società di calcio, Calderoli chiede che "ridimensionino gli ingaggi", tenuto conto che i Cip 6 "hanno drogato il mercato. Sugli stipendi dei calciatori non possiamo intervenire, sul Cip 6 sì ". Calderoli fa riferimento alla schiera di petrolieri italiani proprietari di società calcistiche. Il Cip 6 è una delibera del Comitato Interministeriale Prezzi che stabilisce gli incentivi per l'energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e assimilate. Tra gli impianti che percepiscono gli incentivi sono previste anche le raffinerie.

 

Pensioni donne, Brunetta: "Troveremo soluzione". Brunetta ha ricordato che il governo ha previsto l'equiparazione tra uomini e donne a partire dal 2018. "Ma l'Europa dice che questo lasso di tempo è troppo lungo", ha detto Brunetta. "Si tratterà di trovare una giusta mediazione, penso che si troverà una soluzione equilibrata. Non il 2018, non il 2012, probabilmente - ha concluso - un'interessante via di mezzo".

Pdl: nessun già emendamento deciso. "Come ha già detto più volte il presidente della Commissione bilancio al Senato, Azzolini - precisa una nota diffusa dal gruppo Pdl del Senato - è prematuro parlare di emendamenti alla manovra economica. Siamo evidentemente in una fase interlocutoria. Stiamo valutando varie ipotesi che il vertice del gruppo Pdl potrà fare proprie e decidere di sostenere con convinzione. Ciò non toglie che ciascun parlamentare abbia il diritto, previsto dal regolamento, di presentare proposte di modifica, che non necessariamente saranno approvate. Questo vale anche per ipotesi di condoni che la sinistra in queste ore sta cavalcando pretestuosamente e che evidentemente non ci saranno".

La polemica non si placa. Ma la polemica, sul fatto che quantomeno l'ipotesi di un condono ci sia, non accenna a smorzarsi. "L'idea di far cassa con il terzo condono edilizio dell'era Berlusconi è l'ennesimo schiaffo in faccia agli italiani onesti". Il presidente dei senatori dell'Italia dei Valori, Felice Belisario critica la poposta fatta da alcuni senatori del Pdl. "Il governo - ha aggiunto Belisario - dica immediatamente che è irricevibile, altrimenti si tratta del solito trucco, già utilizzato in occasione dello scudo fiscale, di far passare per iniziativa parlamentare una decisione presa a Palazzo Grazioli con il benestare di Tremonti".

Secondo Belisario "in realtà da Berlusconi e dai suoi complici continua a passare sempre il solito messaggio, eludere le leggi diffondendo così la filosofia della cultura dell'illegalità che l'Italia dei Valori non si stancherà di combattere. Speriamo - conclude - di non essere soli nella battaglia sia contro il condono edilizio che contro le cosiddette case fantasma che altro non sono se non un condono mascherato".

Anche Enrico Letta, vicesegretario del Pd, annuncia battaglia "contro le tentazioni di condono edilizio presenti nella manovra e già ventilate da senatori del Pdl".

"No ai condoni, sì a modifiche". Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini si dice disponibile a discutere con la maggioranza sulla manovra. Ma pone una condizione. "Se Berlusconi non fa più propaganda, accogliamo il suo invito a discutere. Se continua a fare propaganda - dice Casini a sky tg24 - allora non accetto il dialogo. Non abbiamo insultato nessuno". E poi, in merito alla proposta di correzioni della manovra con un nuovo condono, Casini aggiunge: "Non ci stiamo. Sono contrario al piccolo condono perché- afferma - a forza di condoni, questo Paese perde il senso della legalità e il tasso etico si abbassa brutalmente. Diciamo no ai condoni, sì alle modifiche. Io accetto di discutere in Parlamento - conclude - ma si tratta di fare le cose serie". Casini, poi, ha parlato anche della questione pensioni, dicendo che la sfita lanciata dall'Europa va accettata e bisogna alzare l'età pensionabile anche per le donne, "ma se le donne hanno una maternità - ha aggiunto il leader dell'Udc -, consentiamo loro di utilizzare una corsia di due anni o nel momento in cui hanno i figli o nel momento in cui andranno in pensione, cioè cerchiamo di aiutare le donne che hanno una maternità e diamo in questo modo una mano concreta alla famiglia".

(06 giugno 2010)

 

 

 

 

 

2010-06-04

Il blocco degli stipendi

costa 1.700 euro a testa

Il calcolo dei mancati aumenti previsti nella manovra, dagli impiegati, ai medici, ai prof. E i giudici perdono fino a 18mila euro in tre anni. Nell stesso periodo le università avranno 26.500 occupati in meno di LUISA GRION

Il blocco degli stipendi costa 1.700 euro a testa

ROMA - Da qui a tre anni gli stipendi degli statali perderanno, in media 1.700 euro. Soldi che sarebbero dovuti arrivare nelle buste paga dei dipendenti pubblici entro il 2012 grazie ai rinnovi contrattuali e alle normali progressioni di carriera, ma che il vento della manovra correttiva ha spinto via lontano. I redditi degli statali resteranno fermi, insensibili al costo della vita: così ha deciso la Finanziaria che dovrà mettere in sesto i conti dello Stato. Pochi tagli veri e propri, ma tanti pesanti freni: dalla sanità alla scuola, dai ministeri agli enti locali, alla magistratura.

Meno soldi, ma in diversi casi anche meno lavoro: uno studio della Flc-Cgil stima, per esempio, che alla fine di questo buio periodo, l'Università si sveglierà con 26.500 precari in meno, occupati mandati a casa alla scadenza del tempo determinato. Di questi 20 mila sono docenti a contratto.

Meno soldi, ma anche meno formazione: la manovra prevede che a partire dal gennaio 2011 le risorse destinate a tale voce siano tagliate del 50 per cento. Per la scuola, ciò vuol dire che i milioni a disposizione dagli attuali 8 diventino 4. E che - considerati tutti i lavoratori dalle elementari alle superiori - l'investimento pro capite sarà di 5 euro a lavoratore.

Meno soldi e quindi una minor capacità di spesa, con buona pace del rilancio dei consumi e dell'economia. Dal punto di vista degli stipendi, infatti, i conti si fanno presto: i rinnovi contrattuali del pubblico impiego - 3,3 milioni di dipendenti circa - si muovono in base all'Ipca (indice europeo armonizzato dei prezzi al consumo) che da oggi al 2012 darebbe diritto ad un recupero sull'inflazione del 6 per cento. Considerato che nel periodo in questione salterà anche il rimborso riconosciuto come "vacanza contrattuale", ecco che la perdita media della categoria si attesta, nei tre anni, a 1.700 euro lordi. Certo non per tutti il taglio sarà uguale: ci saranno variazioni legate alle diverse quote di parte fissa e variabile della retribuzione, alla diversa struttura degli incentivi, ma, comunque sia, il tutto si tradurrà in un mancato guadagno per ciascuna categoria.

 

La premessa vale anche per i magistrati, colpiti dalla Finanziaria nonostante la versione originaria del testo sia stata ammorbidita dopo un appello rivolto al Presidente della Repubblica. Qui, secondo le stime dell'Associazione nazionale magistrati, si arriva ad una perdita secca in busta paga fino a 18 mila euro lordi. I tagli veri e propri riguarderanno solo i magistrati con una discreta anzianità alle spalle, per via della riduzione del 5 per cento riferita alla quota di stipendio che supera i 90 mila euro, ma il blocco alla progressione economica e agli adeguamenti triennali colpiranno soprattutto le nuove leve. Considerati tutti i tagli e i mancati guadagni attribuiti alle funzione pubblica, Michele Gentile, responsabile del comparto per la Cgil considera che "l'intero settore mette sul piatto 1.850 milioni di euro: lo scippo della vacanza contrattuale vale da solo 600 milioni di euro". Un conto "troppo alto, inaccettabile se si considera che i tanto decantati tagli alla politica si sono fermati a 72 mila euro".

(04 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

PREVIDENZA

Pensioni, cosa cambia

con la manovra

Un anno di attesa per i dipendenti pubblici e 18 mesi per gli autonomi, addio alle finestre, liquidazioni a rate. Le novità dopo i provvedimenti del governodi ANTONELLA DONATI

Pensioni, cosa cambia con la manovra

ROMA - Un anno di attesa per i dipendenti pubblici e 18 mesi per gli autonomi, per poter avere la pensione. Per chi matura i requisiti dal 1° gennaio del prossimo anno non ci saranno più le finestre ma un'attesa prestabilita e uguale per tutti, anche per chi raggiunge i 40 anni di età. Le novità sul pagamento delle liquidazioni per gli statali, invece, sono già una realtà. Ecco in dettaglio quello che prevede il decreto con la manovra appena entrato in vigore

Da gennaio tempi lunghi sia per la vecchia che per l'anzianità - A partire da gennaio prossimo, dunque, chi matura il diritto all'accesso al pensionamento di vecchiaia, potrà incassare la pensione dopo 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti in caso sia dipendente pubblico. L'attesa sarà, invece, di 18 mesi per artigiani, commercianti, coltivatori diretti e iscritti alla gestione separata.

Sparisce, dunque, il meccanismo dell finestre, in quanto non si tiene più conto di periodi standardizzati ma si fa riferimento solo alla data di presentazione della domanda. La pensione, quindi, scatta a scadenze personalizzate.

Attesa più lunga anche per chi ha 40 anni di contributi - Questo meccanismo non fa differenza neppure in caso di diritto alla pensione raggiunto con il massimo di contributi. Anche chi ha maturato i 40 anni, infatti, dovrà attendere 12 o 18 mesi per poterla incassare.

Nessuna novità per chi ha in corso il preavviso -Non cambia nulla nella decorrenza della pensione, invece, per i lavoratori dipendenti che avevano in corso il periodo di preavviso alla data del 30 giugno 2010 e che maturano i requisiti di età anagrafica e di anzianità contributiva richiesti per il conseguimento del trattamento pensionistico entro la data di cessazione del rapporto di lavoro. Nessuno slittamento neppure per i lavoratori per i quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiungimento di limite di età.

 

Tempi ridotti per chi è in mobilità - Resta in vigore l'attuale sistema delle finestre, ma solo per 10.000 trattamenti l'anno, per chi è in mobilità ordinaria sulla base di accordi sindacali stipulati entro il 30 aprile 2010 e matura i requisiti per il pensionamento entro il periodo di pagamento dell'indennità, e per chi è in "mobilità lunga". Attesa ridotta anche per i lavoratori che, all'entrata in vigore del decreto, sono titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore.

Liquidazioni, chi le prende a rate - Per quel che riguarda invece la liquidazione dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, le norme prevedono che questa venga pagata:

- in un unico importo annuale se l'ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è complessivamente pari o inferiore a 90.000 euro;

- in due importi annuali se l'ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è complessivamente superiore a 90.000 euro ma inferiore a 150.000 euro. In tal caso il primo importo annuale è pari a 90.000 euro e il secondo importo annuale è pari all'ammontare residuo;

- in tre importi annuali se l'ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è complessivamente uguale o superiore a 150.000 euro. In tal caso il primo importo annuale è pari a 90.000 euro, il secondo importo annuale è pari a 60.000 euro e il terzo importo annuale è pari all'ammontare residuo. Liquidazione ancora intera, invece, nel caso di collocamenti a riposo per raggiungimento dei limiti di età entro la data del 30 novembre prossimo.

Le novità sulle pensioni direttamente a casa - Sarà comunque più facile, da ora in poi, avere tutte le informazioni sullo stato della propria situazione contributiva. L'Inps ha infatti provveduto ad inviare lettere personalizzate a tutti i dipendenti con il Pin per l'accesso ai servizi on line che consentono anche di presentare la domanda di pensione direttamente sul sito dell'Inps e di seguire tutta la pratica. Per chi avesse già il Pin è sufficiente andare nell'area "servizi al cittadino". Chi non è ancora registrato, invece, può presentare la richiesta da questa pagina del sito.

© Riproduzione riservata (04 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

Manovra, Alfano ai magistrati: "Sciopero politico"

Anm: "Lottiamo contro misure punitive"

Il ministro della Giustizia attacca la scelta dei magistrati: "Chiediamo a loro sacrifici così come al resto del Paese. Ma mi batterò contro i tagli agli stipendi delle giovani toghe"

Manovra, Alfano ai magistrati: "Sciopero politico" Anm: "Lottiamo contro misure punitive"

Il ministro Alfano

ROMA - "Lo sciopero dei magistrati è uno sciopero politico, il governo chiede ai magistrati un sacrificio così come lo chiede alle altre componenti del Paese, però mi batterò e mi impegnerò a fianco dei giovani magistrati perchè su questo aspetto si chiede un costo individuale troppo alto". All'indomani della proclamazione dell'agitazione delle toghe contro la manovra economica, il ministro della Giustizia Angelino Alfano rimanda al mittente le critiche dei magistrati. Aprendo, però, sui tagli ai giovani magistrati.

Alfano ammette infatti che non tutto nella manovra è senza pecche. In particolare la questione dei tagli alle retribuzioni. "Ai giovani magistrati si chiede un costo individuale troppo alto a fronte di un gettito complessivo abbastanza basso per il Paese, quindi mi impegnerò per risolvere nel percorso di conversione questo aspetto del problema" precisa il Guardasigilli ai microfoni del Tg2 da Lussemburgo, dove si trova per il Consiglio Ue della Giustizia. Aspetto, questo, sottolineato anche dalle toghe. "Un pubblico dipendente (magistrato o altro funzionario) con uno stipendio lordo di 150.000 euro subirà un taglio di stipendio di 3.000 euro lordi l'anno (cioè il 2% dello stipendio), mentre un magistrato di prima nomina con uno stipendio lordo di circa 40.000 euro subirà tagli complessivi per circa 10.000 euro lordi l'anno (circa il 25% dello stipendio)" dice l'Anm.

Ieri le toghe avevano parlato di "misure eccessivamente penalizzanti", di "tagli iniqui alle retribuzioni" e di "destrutturazione del servizio giustizia". Per la giunta esecutiva centrale dell'Anm "questa manovra incide unicamente sul pubblico impiego, senza colpire gli evasori fiscali, i patrimoni illeciti, le grandi rendite e le ricchezze del settore privato; paralizza l'intero sistema giudiziario e scredita e mortifica il personale amministrativo; e svilisce la dignità della funzione giudiziaria e mina l'indipendenza e l'autonomia della magistratura".

Poi l'Anm si concentra sul pacchetto di interventi decisi dal governo, che toccano le retribuzioni delle toghe. Sottolinenando come i magistrati più giovani subiranno "una riduzione di stipendio fino al 30%". Una critica, questa, che anche Alfano mostra di condividere.

E all'affondo di Alfano replica, immediatamente, l'Anm. Che nega la coloritura politica dell'agitazione: "Vedendo la manovra - dice il presidente dell'Anm, Luca Palamara - sicuramente emergono degli aspetti che ci portano a ritenere che sia mossa da intenti punitivi".

(04 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Manovra, Alfano ai magistrati: "Sciopero politico"

Anm: "Lottiamo contro misure punitive"

Il ministro della Giustizia attacca la scelta dei magistrati: "Chiediamo a loro sacrifici così come al resto del Paese. Ma mi batterò contro i tagli agli stipendi delle giovani toghe"

Manovra, Alfano ai magistrati: "Sciopero politico" Anm: "Lottiamo contro misure punitive"

Il ministro Alfano

ROMA - "Lo sciopero dei magistrati è uno sciopero politico, il governo chiede ai magistrati un sacrificio così come lo chiede alle altre componenti del Paese, però mi batterò e mi impegnerò a fianco dei giovani magistrati perchè su questo aspetto si chiede un costo individuale troppo alto". All'indomani della proclamazione dell'agitazione delle toghe contro la manovra economica, il ministro della Giustizia Angelino Alfano rimanda al mittente le critiche dei magistrati. Aprendo, però, sui tagli ai giovani magistrati.

Alfano ammette infatti che non tutto nella manovra è senza pecche. In particolare la questione dei tagli alle retribuzioni. "Ai giovani magistrati si chiede un costo individuale troppo alto a fronte di un gettito complessivo abbastanza basso per il Paese, quindi mi impegnerò per risolvere nel percorso di conversione questo aspetto del problema" precisa il Guardasigilli ai microfoni del Tg2 da Lussemburgo, dove si trova per il Consiglio Ue della Giustizia. Aspetto, questo, sottolineato anche dalle toghe. "Un pubblico dipendente (magistrato o altro funzionario) con uno stipendio lordo di 150.000 euro subirà un taglio di stipendio di 3.000 euro lordi l'anno (cioè il 2% dello stipendio), mentre un magistrato di prima nomina con uno stipendio lordo di circa 40.000 euro subirà tagli complessivi per circa 10.000 euro lordi l'anno (circa il 25% dello stipendio)" dice l'Anm.

Ieri le toghe avevano parlato di "misure eccessivamente penalizzanti", di "tagli iniqui alle retribuzioni" e di "destrutturazione del servizio giustizia". Per la giunta esecutiva centrale dell'Anm "questa manovra incide unicamente sul pubblico impiego, senza colpire gli evasori fiscali, i patrimoni illeciti, le grandi rendite e le ricchezze del settore privato; paralizza l'intero sistema giudiziario e scredita e mortifica il personale amministrativo; e svilisce la dignità della funzione giudiziaria e mina l'indipendenza e l'autonomia della magistratura".

Poi l'Anm si concentra sul pacchetto di interventi decisi dal governo, che toccano le retribuzioni delle toghe. Sottolinenando come i magistrati più giovani subiranno "una riduzione di stipendio fino al 30%". Una critica, questa, che anche Alfano mostra di condividere.

E all'affondo di Alfano replica, immediatamente, l'Anm. Che nega la coloritura politica dell'agitazione: "Vedendo la manovra - dice il presidente dell'Anm, Luca Palamara - sicuramente emergono degli aspetti che ci portano a ritenere che sia mossa da intenti punitivi".

(04 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

2010-06-03

MANOVRA

Anm proclama lo sciopero dei magistrati

Berlusconi: "Con Tremonti lealtà e amicizia"

Contro le decisioni del Governo si mobilitano tutte le magistrature che esprimono il loro dissenso nei confronti di "tagli iniqui e penalizzanti". Berlusconi: "Certo del senso di responsabilità della maggioranza"

Anm proclama lo sciopero dei magistrati Berlusconi: "Con Tremonti lealtà e amicizia"

ROMA - La manovra varata dal Governo non piace all'Associazione nazionale magistrati che ha indetto uno sciopero di tutta la categoria contro gli effetti della misure 1 ritenute "ingiustamente punitive". Tempi e modalità dell'astensione dal lavoro delle toghe saranno decisi sabato dal 'parlamentino' del sindacato delle toghe. Il 'pacchetto' che i vertici dell'Anm proporranno tra due giorni al comitato direttivo centrale prevede anche giornate di protesta e mobilitazione con "sospensione delle attività di supplenza".

Intanto una nota del portavoce del presidente del Consiglio diffusa da Palazzo Chigi cerca di mettere a tacere le ipotesi di tensioni tra il premier e il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: ''Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, - è scritto nella nota- sta lavorando con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, su due punti essenziali: a) sulla manovra di stabilizzazione finanziaria. Una manovra basata sull'impegno europeo e poi sviluppata attraverso un comune e intenso lavoro di preparazione. Nell'ambito di una grave crisi finanziaria, la più grave nel mondo dopo quella del 1929, il Governo Berlusconi è fermamente convinto di avere fatto la cosa giusta, nel tempo giusto, nell'interesse dell'Italia. Il Governo la presenterà in Parlamento forte delle sue convinzioni, certo del senso di responsabilità della sua maggioranza; b) su ciò che è necessario e possibile per rendere il nostro Paese competitivo sulla crescita, a partire da un grande progetto di liberalizzazione delle attività economiche''.

La nota si chiude con un riconoscimento al lavoro condiviso e al legame personale: ''Fuori dai giochi e dagli intrighi di palazzo, Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti hanno lavorato insieme e continueranno a lavorare insieme legati, oltre che dall'impegno di Governo, da una leale ed antica amicizia personale''.

La protesta dell'Anm. Mentre sembra essere tornato l'accordo tra il premier e il ministro dell'Economia, non si placa il malumore dei magistrati. Il comitato ribadisce "l'assoluta contrarietà alle misure eccessivamente penalizzanti per i magistrati contenute nel decreto legge che, invece, non incide su alcuna delle fonti di spreco delle risorse del settore più volte segnalate. Partecipare consapevolmente allo sforzo di risanamento richiesto al Paese non significa accettare tagli iniqui alle retribuzioni e un'ulteriore destrutturazione del servizio giustizia".

Per la giunta esecutiva centrale dell'Anm "questa manovra incide unicamente sul pubblico impiego, senza colpire gli evasori fiscali (già beneficiati da numerosi condoni), i patrimoni illeciti, le grandi rendite e le ricchezze del settore privato; paralizza l'intero sistema giudiziario e scredita e mortifica il personale amministrativo; e svilisce la dignità della funzione giudiziaria e mina l'indipendenza e l'autonomia della magistratura".

Il pacchetto di interventi decisi dal governo, inoltre, "incide in misura rilevante sulle retribuzioni dei magistrati nella prima fase della carriera, soprattutto dei più giovani che subiscono una riduzione di stipendio fino al 30%.

Questo significherà allontanare i giovani dalla magistratura; colpisce in maniera iniqua, indiscriminata e casuale. Ad esempio: un pubblico dipendente (magistrato o altro funzionario) con uno stipendio lordo di 150.000 euro subirà un taglio di stipendio di 3.000 euro lordi l'anno (cioè il 2% dello stipendio), mentre un magistrato di prima nomina con uno stipendio lordo di circa 40.000 euro subirà tagli complessivi per circa 10.000 euro lordi l'anno (circa il 25% dello stipendio)".

"Il governo metta in atto interventi strutturali". L'Anm rinnova al governo la richiesta di "interventi strutturali che consentirebbero di ridurre le spese nel settore giustizia e di recuperare risorse per lo Stato, secondo le proposte più volte avanzate dalla magistratura associata: la soppressione dei piccoli Tribunali, delle sezioni distaccate di Tribunale e della metà degli Uffici del Giudice di pace; misure che consentirebbero di risparmiare, a regime, decine di milioni di euro; il recupero delle pene pecuniarie e delle spese di giustizia, circa 1 miliardo di euro l'anno; la sospensione dei processi con imputati irreperibili (che costano decine di milioni di euro solo per il pagamento delle spese di patrocinio)". I magistrati - conclude la nota della Giunta - "intendono denunciare all'opinione pubblica e al Paese le gravi disfunzioni del sistema giudiziario, rappresentando le attività di supplenza di cui si fanno carico quotidianamente nell'interesse dei cittadini".

(03 giugno 2010)

 

 

 

2010-06-02

La sferzata di Napolitano su manovra e legge bavaglio

''Penso che dal confronto ancora in corso possano uscire soluzioni, se non condivise da tutti, piu' accettabili per tutti''. Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, commentando il dibattito politico e parlamentare sul ddl intercettazioni.

A chi gli chiedeva un commento sulla preoccupazione diffusa sui rischi per un'informazione limitata, Napolitano ha replicato che, ''mi pare che la discussione sia ancora del tutto aperta. Non c'e' stata nessuna scelta definitiva. Da parte della maggioranza si discute ancora di emendamenti. C'e' stato un rinvio in commissione. Mi auguro che ci sia il massimo avvicinamento possibile fra posizioni finora contrapposte. Siccome da parte dell'opposizione si intende dare, mi pare, un contributo alla soluzione dei problemi, penso che si possa arrivare a soluzioni piu' accettabili per tutti''. ''I problemi - ha aggiunto il capo dello Stato - sono molto complessi. Sono quelli della garanzia della liberta' di stampa e della liberta' d'indagine, e anche della garanzia del rispetto

della dignita' e della privatezza delle persone''.

Giorgio Napolitano ha anche parlato della manovra economica dell'esecutivo, dicendo che e' responsabilita' del Governo assicurare che le misure contenute nella manovra economica siano eque. ''Io posso solo auspicare che la manovra economica sia equa, sia attenta a tante esigenze, ma - ha detto Napolitano ai giornalisti - le manovre non le faccio io. C'e' un decreto del Governo che si e' assunto la responsabilita' e c'e' il Parlamento che lo discute. Non mi pronuncio nel merito del decreto. Non posso farlo e non intendo farlo''.

Il capo dello Stato ha spiegato che nei contatti che ha avuto col governo ha messo ''soltanto l'accento su alcune esigenze che

corrispondono a principi fondamentali della nostra Costituzione''. Si tratta dell'esigenza di promuovere la cultura, la ricerca, l'educazione e la formazione al massimo livello, ''condizioni per avere un futuro come Paese in Europa e nel mondo'' .

02 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-02

CONTI PUBBLICI

L'Idv presenta 'contromanovra' da 65 miliardi

33 per il risanamento e 32 per lo sviluppo

Presentatate da Di Pietro le misure alternative a quelle del governo. Tra i tagli quasi abolizione dei vitalizi, delle auto blu e della totalità delle province. Maggiore tassazione delle rendite, reintroduzione dell'Ici. Ma forte riduzione del carico fiscale sulle famiglie e sulle impresedi ROSARIA AMATO

L'Idv presenta 'contromanovra' da 65 miliardi 33 per il risanamento e 32 per lo sviluppo

Il presidente dell'Idv Antonio Di Pietro

ROMA - Soppressione di tutte le province (a eccezione di Roma, Milano e Napoli), reintroduzione dell'Ici (fatte salve le esenzioni stabilite dal governo Prodi), blocco quasi totale delle auto blu, addizionale del 7,5 per cento sui capitali regolarizzati tramite scudo fiscale, eliminazione del vitalizio ai parlamentari e ai consiglieri regionali: sono alcune delle norme contenute nella 'contromanovra' presentata stamane dal presidente dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro a Montecitorio. Una finanziaria da 65 miliardi di euro, dei quali 40 per il 2011 e 25 per il 2012, e che, ha spiegato l'ex pm, intende promuovere equità e sviluppo, oltre a ridurre la spesa. "Proponiamo una manovra biennale di più di 65 miliardi, di cui 33,5 dedicati alla riduzione del deficit e 32 allo sviluppo, in particolare attraverso la riduzione del carico fiscale a lavoratori e piccole e medie imprese". Di Pietro ha sottolineato come, al contrario, la manovra approvata dal governo sia "depressiva", e rischi di rallentare la ripresa (rischio tra l'altro segnalato nei giorni scorsi tanto dal presidente dell'Istat Enrico Giovannini in occasione del Rapporto Annuale che dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi all'Assemblea Annuale).

"Proponiamo una manovra anticiclica pari a quasi quattro punti di Pil per il biennio 2011-2012, che riduca anche la pressione fiscale trasferendola almeno in parte dal lavoro, dalle famiglie e dalle imprese, alla rendita speculativa - ha detto Di Pietro - La manovra Tremonti non va in questa direzione ed è recessiva, anche se condividiamo alcune delle misure proposte. L'Europa ha bisogno di una politica espansiva concertata, che tenga a freno la speculazione e generi una crescita equilibrata". "I tagli - ha aggiunto il leader dell'Idv - devono essere, inoltre, accompagnati da riforme strutturali, dal fisco al welfare, per rilanciare la crescita, ridurre stabilmente il deficit dei conti pubblici ed ottenere il consenso delle popolazioni, consenso senza il quale ogni manovra rischierebbe di essere vanificata dalle resistenze di ampi settori di cittadini".

 

Le misure in dettaglio. La contromanovra dell'Idv prevede, come detto, misure di risanamento per l'ammontare di 33,5 miliardi di euro (24,1 miliardi nel 2011 e 9,4 nel 2012) e interventi per lo sviluppo per 32 miliardi (16 per le famiglie e 16 per le imprese). Le risorse arriverebbero dalla lotta all'evasione fiscale (27,8 miliardi, dei quali 20,6 nel 2011 e 7,2 nel 2012); dal taglio dei costi della politica (24,75 miliardi, dei quali 13 nel 2011 e 11,75 nel 2012), e dai tagli alla spesa pubblica (13 miliardi, dei quali 6,5 dal 2011). Tra le misure più rilevanti, prevista dall'Idv la completa soppressione delle province, con l'unica eccezione di Roma, forse con Milano e Napoli perché, spiega l'onorevole Antonio Borghesi, estensore della manovra, "altrimenti sarebbe necessaria una legge di riforma costituzionale, mentre mantenendo una o due province è sufficiente la legge ordinaria". Il risparmio previsto è di tre miliardi. Dal blocco quasi totale delle auto blu (fatte salve dieci vetture per la presidenza del Consiglio, per i Comuni con oltre un milione di abitanti e poche altre istituzioni) arriverebbero cinque miliardi. Anche l'Idv abrogherebbe gli enti inutili, ma non ritiene convincente la lista compilata dal ministero dell'Economia (stralciata poi dalla manovra su indicazione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano), e propone piuttosto quella stilata diversi anni fa dall'allora ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, e che prevedeva l'abrogazione di 119 strutture).

Equità e lotta all'evasione fiscale. Ancora, l'Idv chiede la reintroduzione dell'Ici, dalla quale si otterrebbero 1,7 miliardi l'anno (rimarrebbero le esenzioni introdotte dal governo Prodi). Tasserebbe con l'aliquota del 20 per cento le plusvalenze finanziarie speculative (esclusi naturalmente i rendimenti dei titoli di Stato): si otterrebbero 1,2 miliardi l'anno. Intensificherebbe la lotta all'evasione fiscale: tra le misure previste un redditometro a riscossione immediata, attraverso il quale si procederebbe alla determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche e delle società di capitale minori (3 miliardi). Tasserebbe con un'addizionale del 7,5 per cento i capitali regolarizzati tramite lo scudo fiscale (arrivando così al 12,5 per cento previsto dalla legge per l'imposta sostitutiva applicata alle rendite finanziarie, e ottenendo 7,5 miliardi di euro).

Nuove entrate e tagli di spesa. L'Idv metterebbe poi all'asta le frequenze liberate dal passaggio al digitale terrestre, "come hanno fatto altri Paesi: Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia", guadagnando così tre miliardi. Eliminerebbe il vitalizio per i parlamentari e i consiglieri regionali, ottenendo un miliardo l'anno. Ridurrebbe i consumi intermedi della Pubblica Amministrazione, anche attraverso un rafforzamento del ruolo della Consip (l'ente pubblico che bandisce le aste per gli enti pubblici, ottenendo quasi sempre ingenti risparmi sulle forniture, ndr), incassando così 5 miliardi l'anno. E poi abolirebbe i finanziamenti a opere ritenute inutili, a cominciare dal ponte sullo Stretto di Messina.

Misure per lo sviluppo: famiglie e imprese. La controfinanziaria dell'Idv ripartisce poi equamente tra famiglie e imprese misure per la riduzione fiscale e di promozione alla crescita per l'equivalente di 32 miliardi. Per le famiglie (16 miliardi) previsti aumenti delle detrazioni, alleggerimento del carico Irpef sui redditi bassi e medi da lavoro e pensione, estensione degli ammortizzatori sociali anche ai lavoratori atipici. Mentre i 16 miliardi destinati alle piccole e medie imprese verrebbero utilizzati per la riduzione del costo del lavoro e per permettere il pagamento dell'Iva al momento dell'incasso e non in anticipo, come avviene oggi.

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2010-06-01

2 GIUGNO

Napolitano: per risollevarsi dalla crisi

servono un grande sforzo e sacrifici

Nel messaggio di auguri agli italiani per la Festa della Repubblica il Capo dello Stato torna a sollecitare un confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche

Napolitano: per risollevarsi dalla crisi servono un grande sforzo e sacrifici Giorgio Napolitano

ROMA - Giorgio Napolitano lancia un nuovo appello agli italiani in cui chiede solidarietà e responsabilità per uscire dalla crisi. "Serve un grande sforzo, fatto anche di sacrifici", per risollevare le sorti dell'economia e risolvere i problemi delle famiglie e dei giovani, "per crescere di più e meglio", ha detto il Capo dello Stato nel messaggio di auguri agli italiani per la Festa del 2 Giugno, tornando a sollecitare - dopo l'invito a un impegno condiviso 1 rivolto ieri alle amministrazioni pubbliche - un confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche.

"Un augurio affettuoso a quanti vivono e operano nel nostro paese per la festa che celebriamo insieme: festa dell'Italia che si unì e si fece Stato 150 anni orsono, festa della Repubblica che il popolo scelse liberamente il 2 giugno 1946", ha detto, "in questo momento, sentirsi nazione unita e solidale, sentirsi italiani, significa riconoscere come problemi di tutti noi quelli che preoccupano le famiglie in difficoltà, quelli che nei giovani suscitano, per effetto della precarietà e incertezza in cui si dibattono, pesanti interrogativi per il futuro".

"Parlo dei problemi del lavoro e della vita quotidiana, dell'economia e della giustizia sociale", ha aggiunto, "Stiamo attraversando, nel mondo e in particolar modo in Europa, una crisi difficile: occorre dunque un grande sforzo, fatto anche di sacrifici, per aprire all'Italia una prospettiva di sviluppo più sicuro e più forte. Per crescere di più e meglio, assicurando maggiore benessere a quanti sono rimasti più indietro, l'Italia deve crescere tutta, al Nord e al Sud. Si deve, guardando ai giovani, promuovere una migliore educazione e formazione, fare avanzare la ricerca scientifica e tecnologica, elevare la produttività del nostro sistema economico: solo così si potrà creare nuova e buona occupazione".

"Il confronto tra le opposte parti politiche deve concorrere al raggiungimento di questi risultati, e non produrre solo conflitto, soltanto scontro fine a se stesso", ha affermato il Capo dello Stato, "Si discutano in questo spirito le decisioni che sono all'ordine del giorno; si scelga in questo spirito - nel Parlamento, nelle istituzioni regionali e locali e nella società - tra le diverse proposte che si dovranno liberamente esprimere". Quindi, ha concluso Napolitano, "ci accomuni un forte senso delle responsabilità cui fare fronte perché l'Italia consolidi la sua unità, si rinnovi, divenga più moderna e più giusta e si dimostri capace di dare il suo contributo alla causa della pace e della giustizia nel mondo."

(01 giugno 2010)

 

 

 

2010-05-31

ASSEMBLEA BANKITALIA

Manovra, Draghi promuove i tagli

"Evasione causa della macelleria sociale"

Per via Nazionale la manovra era "inevitabile", ma ne vanno monitorati gli effetti e soprattutto bisogna agire per favorire la ripresa. Per questo, servono riforme strutturali. Il mercato del lavoro deve offrire prospettive ai giovani. Dall'euro "non si torna indietro"di ROSARIA AMATO

Manovra, Draghi promuove i tagli "Evasione causa della macelleria sociale"

Il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi

ROMA - La manovra economica approvata dal consiglio dei Ministri arriva al momento giusto e interviene in modo corretto, riducendo la spesa primaria, ma "la correzione dei conti pubblici va accompagnata con il rilancio della crescita". Nelle "Considerazioni finali" lette stamane all'Assemblea ordinaria dei Partecipanti il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi esprime un giudizio positivo sulle misure della finanziaria: "Nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire, anche se le restrizioni di bilancio incidono sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana". Una medicina amara, dunque, ma indispensabile sulla quale via Nazionale si riserva comunque "un attento scrutinio degli effetti, per garantire il conseguimento degli obiettivi". Soprattutto, Draghi ricorda che la crisi rende ancora più urgenti le riforme strutturali, necessarie al rilancio del Paese: "La caduta del prodotto accresce l'onere per il finanziamento dell'amministrazione pubblica; i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancora più insopportabili; la stagnazione distrugge capitale umano, soprattutto tra i giovani". Riferendosi ai guasti dell'evasione fiscale, il governatore della Banca d'Italia, con una soprendente aggiunta 'a braccio' al testo scritto, parla di "macelleria sociale", espressione cara agli esponenti dell'estrema sinistra, che Draghi definisce "rozza ma efficace". "Se l'Iva fosse stata pagata il nostro rapporto tra il debito e il Pil sarebbe tra i più bassi dell'Unione Europea", spiega. La sfida di oggi, conclude dunque il governatore, è quella di "coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita".

 

LE "CONSIDERAZIONI FINALI" DI DRAGHI

Una regolamentazione universale per la finanza. La lezione della crisi è però molto più ampia, e naturalmente va ben oltre i confini italiani, ricorda Draghi: "La crisi ci ha ricordato in forma brutale l'importanza dell'azione comune, della condivisione di obiettivi, politiche, sacrifici. E' una lezione che vale per il mondo, per l'Europa, per l'Italia". Il governatore della Banca d'Italia sottolinea pertanto ancora una volta l'importanza di una regolamentazione "universale, almeno nei suoi principi fondamentali", "dell'industria dei servizi finanziari". "Rafforzare le difese del sistema è indispensabile, nei singoli paesi e a livello internazionale. Fare banca sarà meno redditizio ma anche meno rischioso", afferma Draghi.

Dall'euro non si torna indietro. C'è anche un'altra importante lezione che la Banca d'Italia invita a cogliere dalla crisi, e in particolare dai suoi ultimi sviluppi europei, con riferimento alla Grecia: "Se è stato illusorio pensare che la moneta da sola potesse 'fare' l'Europa, oggi l'unica via è quella di rafforzare la costruzione europea nella politica, con un governo dell'Unione più attivo, nella disciplina dei bilanci pubblici e nel progresso delle riforme strutturali, con un nuovo patto di stabilità e crescita al tempo stesso più vincolante e più esteso". Tenendo presente che, per via Nazionale, "l'euro vive con tutti i suoi membri, grandi e piccoli, forti e deboli". Dall'euro, insomma, ammonisce Draghi, "non si torna indietro".

Gli effetti della crisi: famiglie e imprese. Le conseguenze della crisi per l'Italia sono state drammatiche: nel biennio 2008-2009 il Pil è sceso di 6 punti e mezzo, "quasi la metà di tutta la crescita che si era avuta nei dieci anni precedenti", ricorda Draghi. E ancora: "Il reddito reale delle famiglie si è ridotto del 3,4 per cento, i loro consumi del 2,5 per cento. Le esportazioni sono caudte del 22 per cento". "L'incidenza della Cassa integrazione guadagni sulle ore lavorate nell'industria è salita al 12 per cento alla fine del 2009. L'occupazione è diminuita dell'1,4 per cento; il numero di ore lavorate del 3,7 per cento. I fallimenti d'impresa sono stati 9.400 nel 2009, un quarto in più rispetto all'anno precedente". Anche se una parte delle imprese si era invece attrezzata ad affrontare il peggio: "Stanno soffrendo sopratutto le imprese più piccole, spesso dipendenti da rapporti di subfornitura. Le aziende che avevano avviato processi di ristrutturazione prima della crisi hanno retto meglio l'urto; oggi presentano delle prospettive migliori", tanto da prevedere per il 2010 "un aumento del fatturato di 3 punti superiore a quello di imprese simili non ristrutturate". E' anche una questione di dimensioni: "Tra le imprese industriali con 50 e più addetti che hanno investito in ricerca e sviluppo nel triennio precedente la crisi, l'aumento previsto del fatturato è di oltre il 6 per cento".

Gli effetti positivi della politica economica. E' andata male, ma sarebbe potuta andare peggio. A fare la differenza è stata la politica economica, sottolinea Draghi: "La politica economica ha limitato il danno, in una misura stimabile in due punti di Pil, attribuibili per circa un punto alla politica monetaria, per mezzo punto agli stabilizzatori automatici inclusi nel bilancio pubblico, per il resto alle misure di ricomposizione di entrate e spese decise dal governo". E di conseguenza, "la crescita del disavanzo pubblico è risultata inferiore a quella delle altre economie avanzate".

Manovra tempestiva e "inevitabile". A questo punto però è diventato inevitabile prendere "misure dirette al rientro del disavanzo", che la crisi ha comunque ampliato. La manovra approvata dal governo va pertanto nella giusta direzione, a giudizio di via Nazionale: "Il rapporto tra debito pubblico e Pil era diminuito di 187 punti percentuali tra il 1994 e il 2007. In questo biennio di recessione è aumentato di 12 punti, al 115,8 per cento. Nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire, anche se le restrizioni di bilancio incidono sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana".

Ma va coniugata con il ritorno alla crescita. Tagliare la spesa è indispensabile, ma l'Italia deve tornare crescere. La sfida di oggi, sottolinea Draghi, è quella di "coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita". Una sfida che "si combatte facendo appello agli stessi valori che ci hanno permesso insieme di vincere le sfide del passato: capacità di fare, equità,; desiderio di sapere, solidarietà".

Gli evasori responsabili della "macelleria sociale". Per crescere servono anche le riforme. Innanzitutto deve essere combattuta in modo radicale l'evasione fiscale, gravoso freno alla crescita "perché richiede tasse più elevate per chi le paga; riduce le risorse per le politiche sociali, ostacola gli interventi a favore dei cittadini con redditi modesti". Il governatore fa una piccola ma durissima aggiunta a braccio al testo scritto: "Credo che gli evasori siano tra i responsabili della macelleria sociale, espressione rozza, ma efficace". Il valore aggiunto sommerso, secondo stime dell'Istat, ricorda Draghi, ammonta al 16 per cento del Pil. Tra il 2005 e il 2008 è stato evaso il 30 per cento della base imponibile dell'Iva: "in termini di gettito, sono oltre tre miliardi l'anno, 2 punti di Pil". Tanto che "se l'Iva fosse stata pagata il nostro rapporto tra il debito e il Pil sarebbe tra i più bassi dell'Unione Europea". "Combattere l'evasione", a giudizio della Banca d'Italia, "deve essere una leva di sviluppo", anche attraverso la riduzione delle aliquote: "il nesso tra le due azioni va reso visibile ai contribuenti".

Il mercato del lavoro: giovani sempre più a disagio. Tra le riforme non rinviabili c'è quella del mercato del lavoro, che deve "superare la segmentazione e stimolare la partecipazione", soprattutto dei giovani, il cui disagio, ricorda Draghi come già aveva fatto qualche giorno fa l'Istat nel Rapporto Annuale, è stato fortemente acuito dalla crisi. "Nella fascia di età tra 20 e 34 anni la disoccupazione ha raggiunto il 13 per cento nella media del 2009. sottolinea il governatore della Banca d'Italia - La riduzione rispetto al 2008 della quota di occupati tra i giovani è stata quasi sette volte quella osservata tra i più anziani. Hanno pesato sia la maggiore diffusione fra i giovani dei contratti di lavoro a termine sia la contrazione delle nuove assunzioni, del 20 per cento". Urge allora una riforma vera, anche perché "i giovani non possono da soli far fronte agli oneri crescenti di una popolazione che invecchia", e perché la "disoccupazione persistente" nelle fasi iniziali della carriera lavorativa "tende ad associarsi a retribuzioni successive permanentemente più basse". Aprire il mercato del lavoro ai giovani non significa certo aggravare il conflitto generazionale, tutt'altro, rileva Draghi: "I paesi europei ad alto tasso di occupazione nella fascia 55-64 anni sono anche quelli con la maggiore occupazione giovanile".

Riforma pensioni. La relazione di Draghi contiene anche un apprezzamento per la riforma delle pensioni: "Nel 2009 il governo ha compiuto un passo importante collegando in via automatica, dal 2015, l'età minima di pensionamento alla variazione della speranza di vita". Nella stessa direzione "si muovono gli interessi sulle cosiddette finestre e sulla normativa per le donne nel pubblico impiego". Per cui adesso, conclude Draghi, "il processo di riforma del sistema pensionistico potrà essere completato con misure volte a uniformare gradualmente le età di pensionamento dei diversi gruppi di lavoratori, rendere più tempestivi gli aggiustamenti dei coefficienti del regime contributivo, offrire maggiore flessibilità nel pensionamento".

Combattere la corruzione, rilanciare il Mezzogiorno. Nelle "Considerazioni finali" il governatore torna più volte sulle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, e sul loro vero significato, che è uno solo: bisogna superare il divario tra Nord e Sud , che frena lo sviluppo dell'intero paese. E per farlo, occorre combattere la corruzione e la criminalità organizzata: "Studi empirici dimostrano che la corruzione frena lo sviluppo economico. Stretta è la connessione tra la densità della criminalità organizzata e il livello di sviluppo: nelle tre Regioni del Mezzogiorno in cui si concentra il 75 per cento del crimine organizzato (Sicilia, Calabria e Campania, ndr) il valore aggiunto pro capite del settore privato è pari al 45 per cento di quello del Centro Nord".

I valori dell'Italia unita. Così come sottolinea l'importanza di un'unione monetaria inclusiva anche dei paesi più deboli, Draghi chiede un'Italia che riscopra i suoi valori unitari, e senza temere di cadere nella retorica fa due esempi, riferiti al passato. "La più grande sfida sul piano delle riforme strutturali fu affrontata quando l'Italia appena unita entrò nel consesso europeo con il 75 per cento di analfabeti, contro il 30 per cento del Regno Unito e il 10 per cento della Svezia". Una sfida vinta, una vittoria "alla base del miracolo economico dell'ultimo dopoguerra". Draghi ricorda poi anche la grave crisi di bilancio del 1992: anche in questo caso una sfida difficile vinta dal paese, con tutte le sue componenti.

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Berlusconi: "Draghi riconosce il nostro impegno"

Bersani: "Da Draghi prospettiva ben diversa"

Analoga la posizione di Epifani: "La manovra parla di equità e solidarietà, la finanziaria no". Bonanni: "Bene l'attacco all'evasione fiscale". Marcegaglia: "Ha condiviso le stesse cose che abbiamo detto noi, in particolare sulla riduzione della spesa"

Berlusconi: "Draghi riconosce il nostro impegno" Bersani: "Da Draghi prospettiva ben diversa"

Il premier Berlusconi

ROMA - Il premier Silvio Berlusconi apprezza "il riconoscimento che Mario Draghi ha dato all'azione di governo in termini di riduzione della spesa e lotta all'evasione fiscale, al fine del contenimento del deficit di bilancio" nelle sue Considerazioni finali. "E' dall'inizio della legislatura - prosegue Berlusconi in una nota di commento alla relazione di Bankitalia - che il governo ha fatto propria la sfida lanciata dal governatore per coniugare, attraverso riforme strutturali, risanamento dei conti e ritorno alla crescita. Un impegno che intendiamo proseguire, sostenuti anche dallo stimolo della Banca d'Italia. Concordo con Draghi: il Paese ha forze sane e sufficienti per vincere la sfida".

"Ha promosso sostanzialmente la manovra", afferma con altrettanta soddisfazione il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, in Cina con la Missione Economica italiana. "In modo particolare ho apprezzato le considerazioni sul sistema previdenziale e sull'efficacia delle misure adottate tanto per le finestre mobili quanto per i regolamenti che dal 2015 determineranno l'aggancio tra l'età della pensione e l'aspettativa di vita", aggiunge Sacconi. Soddisfazione anche da parte di Confindustria: "Ha condiviso le stesse cose che abbiamo detto noi - afferma la presidente, Emma Marcegaglia - In particolare l'opinione che è essenziale ridurre la spesa pubblica, una riperimetrazione della spesa e il saperla coniugare con la crescita e la competitività".

Mentre il segretario del Pd Pierluigi Bersani sottolinea come, pur promuovendo la manovra, Draghi in realtà vada ben oltre: "Dalla relazione di Mario Draghi sono venute parole preoccupate e veritiere sulla situazione italiana. Un intervento che ha parlato di sforzo coerente ed unitario, di crescita, di riforme. E' un terreno ben più alto di quello che ci propone la manovra, una manovra che, al di là della sua inevitabilità, emerge dalla relazione come contraria alla ripresa, inconsistente dal lato delle riforme e aleatoria dal punto di vista delle prospettive di controllo della spesa".

 

Ancora più critico Sandro Gozi, responsabile delle politiche europee del Pd: "Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha confermato che la manovra varata dal governo non presenta alcuna strategia per il rilancio della crescita del nostro Paese. Oltre a ricordare quanto le famiglie italiane stiano pagando il peso della crisi, il governatore ha messo all'indice l'apartheid che continua a riguardare i giovani tra i 20 e i 34 anni, sempre più ai margini del mercato del lavoro, e ha bollato come 'macelleria sociale' gli effetti della corruzione e dell'evasione fiscale".

Anche il segretario della Cgil Guglielmo Epifani sottolinea come Draghi chieda di andare oltre i tagli alla spesa: "E' una relazione abbastanza onesta, che contiene due parole importanti, unite alla politica dei sacrifici: equità e solidarietà. Parole che non ho trovato nella manovra correttiva del governo". Quanto al riferimento ai giovani fatto da Draghi, il segretario della Cgil ha detto che "è una sfida che bisogna saper raccogliere".

Positivo anche il commento del segretario della Cisl Raffaele Bonanni, "Credo che sia importante che abbia detto che la vera macelleria sociale si fa quando si evadono le tasse e quando si perpetuano gli sprechi. Attraverso il contrasto

dell'evasione si può arrivare ad una riforma fiscale che è la cosa a cui miriamo noi. Quindi, ringrazio il governatore della Banca d'Italia". Analoga la posizione della Uil: "Condividiamo, in particolare, la denuncia sull'evasione fiscale, fatta dal governatore della Banca d'Italia, Draghi che l'ha definita la vera 'macelleria sociale'", dichiara in una nota il segretario confederale Antonio Foccillo.

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LA POLEMICA

Italia Futura attacca Tremonti

"Imperatore dei marziani"

Italia Futura attacca Tremonti "Imperatore dei marziani"

Giulio Tremonti

ROMA - Sul sito di Italia Futura, la fondazione di Luca di Montezemolo, è apparso questa mattina un durissimo editoriale contro il ministro Tremonti, firmato con uno pseudonimo. Il titolare del Tesoro viene definito "l'imperatore dei marziani".

Ecco alcuni stralci del pezzo.

"Questa mattina, proseguendo il censimento di coloro che dopo decenni di politica sembrano essere appena sbarcati da un altro pianeta, Zamjatin (pseudonimo usato dall'editorialista ndr) ha letto con attenzione l’intervista che il ministro dell’� economia Giulio Tremonti ha concesso ad uno dei principali quotidiani italiani (il Corriere della Sera ndr).

Eppure Zamjatin si è chiesto se l’intervistato fosse proprio il ministro dell’economia, o se invece si trattasse di un filosofo della storia che in questo difficile giorno voleva distrarre i lettori con considerazioni sui tempi lunghi dell’umanità e sul valore profetico che le sue visioni hanno mostrato nel corso degli anni. Sì, perché dall’intervista si apprende che il filosofo Tremonti già nel 2008 aveva scritto il copione della crisi nel suo libro "La paura e la speranza"; già nel 1997 aveva rinverdito le basi "dell’illuminismo giuridico" nel suo libro "Lo Stato criminogeno"; già nel 1994 aveva denunciato il "drammatico errore politico" della globalizzazione nel suo libro "Il fantasma della povertà". Così come Zamjatin vi ha trovato poche notizie sulla manovra economica ma certamente molti spunti per dottissime conversazioni estive.

Non tutti i popoli sono fortunati come gli italiani, che alla guida dell’economia si trovano un filosofo e non un semplice ministro. Ma per Zamjatin è stato inevitabile domandarsi se il filosofo della storia Tremonti, dotato di tanta capacità di previsione, sia lo stesso che in questo quindicennio è stato ministro delle finanze e dell’economia per un totale di circa otto anni. O se il Tremonti antielitario che oggi descrive il "tornante della storia … avvertito più dal basso che dall’alto, più che dai popoli che dalle élites" sia lo stesso che occupa da anni la presidenza dell’Aspen Institute che tanta élite riunisce con tanta efficacia. O se si tratti dello stesso uomo politico che ha incarnato molteplici parti in commedia sin da quando, ormai trent’anni fa, si è affacciato sulla scena del potere romano. Perché Tremonti è lo stesso che è stato dapprima nel motore del riformismo socialista con Reviglio, poi esponente del nuovismo post-democristiano con Segni, quindi transfuga nelle file del primo Berlusconi, poi ancora avversario della moneta unica europea, successivamente l’indimenticabile ministro della finanza creativa e della cartolarizzazione, quindi l’� uomo di riferimento della Lega nel cuore del berlusconismo, quindi l’oracolo che prevedeva ogni crisi internazionale, poi il ministro nuovamente indimenticabile dell’ennesimo condono, quindi colui che cinguettava con gli immortali spiriti anticapitalisti della sinistra per silenziare gli economisti e infine l’alfiere del rigore. Tutte incarnazioni diverse per un unico percorso personale, naturalmente legittimo ma altrettanto naturalmente lontano da ogni coerenza politica che non sia quella della più tenace promozione di sé. Un percorso che oggi raggiunge il suo apice, soprattutto laddove il ministro scopre che la vera anomalia italiana è "l’e vasione fiscale colossale". Non c’è dubbio. A Tremonti spetta a buon diritto la corona di Imperatore dei Marziani".

(31 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

2010-05-30

Manovra, i dubbi dei finiani

"Se Bondi critica problemi seri"

Il vicecapogruppo Pdl Bocchino dopo le critiche del ministro della Cultura ai tagli: "Impensabile togliere risorse al bene più prezioso del nostro Paese"

Manovra, i dubbi dei finiani "Se Bondi critica problemi seri"

Italo Bocchino

ROMA - "Se un esponente autorevole del Pdl e del governo come Sandro Bondi dice di non aver saputo e di non condividere i tagli alla Cultura significa che c'è qualcosa di serio che non va", afferma Italo Bocchino vicecapogruppo del Pdl alla Camera e presidente di Generazione Italia, esponente dell'ala finiana del Pdl. Ieri il ministro della Cultura aveva espresso perplessità sulla parte della finanziaria che impone pesanti riduzioni di bilancio a enti e isituti di cultura e ricerca: "Condivido l'esigenza di una manovra che imponga sacrifici a tutti - ha detto Bondi - ma non sono d'accordo con i tagli indiscriminati alla cultura, specie se la lista degli istituti tagliati dal finanziamento pubblico contiene eccellenze italiane riconosciute nel mondo".

"Da un lato - rileva Bocchino - è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, risorse che si potrebbero recuperare abolendo cose inutili e non strategiche come il Pra, l'agenzia dei segretari comunali o l'Unire, dall'altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonchè ministro, non fosse stato avvertito e consultato. Siamo dinanzi all'ennesima prova della necessità di una maggiore collegialità nelle scelte politiche del Pdl".

(30 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

Calderoli: "Federalismo, no marce indietro

Piuttosto riduciamo i tagli alle Regioni"

Il ministro leghista: "Sui numeri Tremonti ha fatto un po' di terrorismo, la riduzione degli stipendi non è così forte"

di RODOLFO SALA

Calderoli: "Federalismo, no marce indietro Piuttosto riduciamo i tagli alle Regioni" Roberto Calderoli

MILANO - Ministro Calderoli, non solo l'opposizione dice che con questa manovra da lacrime e sangue sarà impossibile fare il federalismo fiscale. Lo sostiene anche il presidente della Lombardia Formigoni, e per tutta risposta lei annuncia l'anticipo a giugno dei decreti sui costi standard e sull'autonomia impositiva: ma come faranno i conti a quadrare?

"Sono sconvolto, chi parla di federalismo a rischio o è ignorante o in malafede. Per un mese hanno detto che costava troppo, poi sono passati alla tesi del tesoretto messo da parte da Tremonti con questa manovra per finanziarlo, e negli ultimi quindici giorni hanno concluso che non ci sono soldi per farlo. Io sono il primo a riconoscere che l'intervento sulle Regioni è stato pesante, e penso anche che qualcosa si possa migliorare".

Però?

"Formigoni e tutti questi signori si mettano d'accordo e prendano atto che questo anticipo di cui parlo non costa niente".

Un esempio concreto?

"Un pacemaker costa 220 euro in Campania e 430 in Trentino. Sembra che a Napoli siano più virtuosi, ma poi si scopre che in quella Regione su otto pacemaker acquistati solo uno viene impiantato, gli altri sette spariscono. Se fissiamo il costo standard a 250 euro, siamo sicuri che le Regioni virtuose risparmieranno, le altre salteranno in aria".

E l'autonomia impositiva?

"Per i Comuni c'è già, con la service tax che accorperà tutti i tributi locali e sostituirà le imposte in capo allo Stato. Confermo: si può partire a giugno".

Su questa manovra c'è stato un durissimo braccio di ferro nel governo e nella maggioranza, ha vinto Tremonti, e voi leghisti siete stati decisivi...

"Chi ha le responsabilità di gestire i numeri, perché fa il ministro dell'Economia, ha anche il dovere di farli condividere ai suoi compagni di squadra che magari non masticano alla perfezione la materia. Alla fine molti hanno capito quel che all'inizio non potevano capire. C'era il timore di un eccesso di terrorismo da parte di Tremonti, finalizzato a far passare la manovra".

E questo timore l'aveva anche il presidente del Consiglio?

"Beh, lui l'economia un po' la conosce, e quando io stesso ho avuto la possibilità di spiegargli bene che ci sarebbero stati sacrifici per tutti, altrimenti avremmo portato i libri in tribunale, ha condiviso l'entità e lo spirito di questa manovra".

Sacrifici per tutti, lei dice.

"Certo. Io ho voluto giocare d'anticipo cominciando a indicare i tagli alle indennità di parlamentari: il dieci per cento sulla parte di stipendio decisa dallo Stato, circa 5.500 euro, il resto dipende dall'autonomie delle Camere, e mi auguro che i presidenti dei due rami del Parlamento taglino sul resto".

Per ora, almeno, non è molto. Il grosso dei risparmi arriverà dai tagli ai dirigenti del pubblico impiego.

"Intanto non pagano il dieci per cento: hanno il blocco dello stipendio del cinque solo sopra i centomila euro, e solo nel secondo scaglione si arriva al dieci. E se qualcuno adesso si mette a scappare in pensione perché ha paura che gli venga rateizzato il Tfr, dico che non è un servitore dello Stato: se ne vada pure. Ci sarebbe un discorso da fare anche sugli stipendi dei consiglieri regionali".

Non sono equiparati a quelli dei parlamentari?

"Non sempre, le Regioni possono anche decidere diversamente e pagare i consiglieri più dei parlamentari. Se lo fanno, io sono per una soluzione "spintanea": gli tagliamo i trasferimenti dalla Stato".

C'è stata un po' freddezza con il Quirinale, non si capisce bene quale testo sia stato sottoposto al Presidente...

"Succede sempre, tutti i decreti legge stanno qualche giorno dal Capo dello Stato per i necessari aggiustamenti".

Bersani non la pensa così e parla di "spettacolo inverecondo".

"Grande scorrettezza, lui è stato al governo e sa benissimo come vanno queste cose".

Ma senza la Lega questa manovra sarebbe passata?

"Abbiamo sempre dimostrato un alto senso di responsabilità, una volta decisa una cosa, noi garantiamo che si farà. Dagli altri sono venuti dei distinguo troppo facili, e lo dice uno che all'inizio non era così caldo con l'euro. Ma se la moneta unica salta, non ci saranno più i risparmi delle famiglie, non ci sarà più niente".

(30 maggio 2010)

 

 

 

 

GOVERNO

Manovra, il giallo della firma

tensione premier-Quirinale

Sfiorato lo scontro diplomatico. Berlusconi: "Il mio ok dopo il Colle", ma poi arriva la retromarcia di Palazzo Chigidi CARMELO LOPAPA

Manovra, il giallo della firma tensione premier-Quirinale

ROMA - Le ultime scintille sulla manovra "lacrime e sangue" si accendono nella notte tra venerdì e sabato. Lo staff di Tremonti da un lato, quello del sottosegretario Letta dall'altro. Il ministero dell'Economia costretto, nelle battute conclusive, a tornare sui propri passi sulle sforbiciate agli stipendi dei magistrati e al finanziamento ai partiti (ridotto al 10 per cento), come sul condono dei presunti 2 milioni di alloggi fantasma. Tutt'altro che dettagli per Palazzo Chigi, il premier Berlusconi vuole spuntarla. E alla fine il suo plenipotenziario Letta sembra farcela. Ma sono ore in cui in cui torna a salire anche la tensione col Quirinale e non solo per una questione di tempi.

Il decreto da 24 miliardi di euro parte alla volta del Colle con un ritardo che ha già creato imbarazzi, dato che il testo, in teoria, il Consiglio dei ministri lo aveva approvato martedì. "La verità? In quella seduta lo abbiamo dato per approvato, "salvo intese" come si dice in gergo, lasciando di fatto carta bianca a Giulio" raccontava ancora ieri un ministro pidiellino. Gli uffici del presidente Napolitano attendono, chiedono lumi sulle misure solo abbozzate, richieste che sono dubbi. Fatto sta che, stretto tra l'intransigenza sui conti di Tremonti e l'attesa del Quirinale, il premier Berlusconi lascia Palazzo Grazioli alla volta di Porto Rotondo poco prima delle 10 abbastanza stanco, stressato. Come se non bastasse, ci sono anche i finiani già al lavoro su alcune "correzioni" da apportare al testo. Saranno emendamenti "aggiuntivi", dei quali Gianfranco Fini - perplesso su alcuni aspetti - ha iniziato a parlare con il "suo" Mario Baldassarri, presidente in commissione Finanze al Senato.

 

Sta di fatto che il Cavaliere parte salutando i cronisti con una gaffe pacchiana: "La manovra sarà firmata quando il Colle darà la sua valutazione". Un'anomalia, dato che la sua firma su quel provvedimento doveva essere stata apposta (sempre in teoria) in Consiglio dei ministri cinque giorni fa. Gli uffici del Quirinale non mancano di far notare l'irritualità di quanto dichiarato e, su input del solito Letta, poco dopo le 13.30 arriverà la nota di Palazzo Chigi che correggerà il tiro: "Il premier ha già firmato". Qualcuno, come il finiano Briguglio, dà all'accaduto una lettura politica: "Il presidente, per difendere il suo primato da Tremonti, ha dovuto trasformare la sua firma da atto burocratico in una sorta di sigillo reale". Altri, i berlusconiani, lasciano trapelare l'insofferenza ormai palese per la prassi della limatura dei decreti con l'ufficio giuridico del Colle. "Senza polemica, ma stiamo assistendo al progressivo passaggio da una Repubblica parlamentare a una presidenziale" fa notare il vicecapogruppo Pdl Osvaldo Napoli. Al Colle, incuranti delle polemiche, lavorano sulla manovra, riflettori puntati sul condono più o meno mascherato. Consapevoli che questa non è più la fase della moral suasion, ma quella in cui ognuno dovrà assumersi la propria responsabilità. Sarà un esame rapido, domani riaprono i mercati.

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L'EDITORIALE

Finanziaria colabrodo

senza equità né crescita

di EUGENIO SCALFARI

DOMANI la manovra arriverà finalmente in Parlamento. Domani il governatore Mario Draghi leggerà la sua relazione annuale alla Banca d'Italia. Domani, alla riapertura delle Borse, si vedrà se i mercati si saranno stabilizzati o lanceranno nuovi attacchi contro i fondi sovrani e contro l'euro.

Nel frattempo la manovra ha perso per strada alcuni pezzi. La soppressione delle Province è stata per ora abbandonata. I tagli e i congelamenti stipendiali di alcune categorie, tra le quali i magistrati, sono stati attenuati.

L'opposizione parlamentare, mai consultata durante l'iter del decreto, si è incattivita. La Cgil, anch'essa platealmente ignorata, ha preannunciato lo sciopero generale per il 25 giugno. Ma l'impianto e i saldi del decreto sono quelli approvati dal Consiglio dei ministri: 24 miliardi nel biennio 2011-2012 per riportare il deficit entro la soglia del 3 per cento fissata dalla Commissione europea e dal Consiglio dei ministri dell'Unione.

Si può dunque dare un giudizio sull'insieme di questi fatti, anche se non saranno pochi gli emendamenti che il decreto subirà nel corso del dibattito parlamentare. Ma affinché il giudizio sia adeguatamente documentato occorre articolarlo sui tre obiettivi che la manovra si propone: risanamento del bilancio, equità, crescita.

La Confindustria questo giudizio l'ha già dato: positivo per quanto riguarda il risanamento del bilancio, negativo per quanto riguarda la crescita. Analogo giudizio hanno dato la Cisl e la Uil.

La Cgil è stata negativa sia sulla crescita sia sull'equità. L'Europa ha plaudito sull'abbattimento della spesa pubblica ma ha raccomandato di far di più per la crescita; identica l'opinione del Fondo monetario e dell'Ocse. La Banca centrale europea teme una crescita troppo lenta. Timori analoghi ha manifestato Draghi parlando qualche giorno fa. Ascolteremo domani la sua relazione.

Intanto la speculazione attende con le armi al piede, incoraggiata dagli articoli dell'"Economist" e del "Financial Times". Vedremo domani se sui mercati splenderà il sole o diluvierà.

* * *

I 24 miliardi di aggiustamento erano e sono necessari. Semmai ci si può chiedere perché tanta urgenza. Potevano esser tagliati alla fine di giugno o addirittura in settembre e il governo avrebbe avuto più tempo per studiar meglio i provvedimenti e consultare l'opposizione e tutte le parti sociali.

Se la fretta ha avuto come motivazione la difesa dei titoli emessi dal Tesoro, a nostra opinione quella motivazione è sbagliata: la manovra di riduzione della spesa non incide sulle aste dei Bot e dei Btp, come non hanno inciso sull'andamento dei titoli spagnoli gli aggiustamenti di spesa approvati dal governo di Madrid.

Comunque, forse troppo in fretta, quell'aggiustamento Tremonti doveva farlo e l'ha fatto. Le vere ragioni della fretta derivano probabilmente dalla contrapposizione politica tra lui e Berlusconi che infatti - nonostante le smentite di rito - è arrivata ormai al calor bianco e non fa presagire nulla di buono. Ma questo è un altro discorso, che si sta svolgendo tutto in stretto gergo politichese e perciò di ardua traduzione.

* * *

Metà della manovra pesa sui dipendenti dello Stato, l'altra metà sulle Regioni e sui Comuni. Dal punto di vista geografico il peso maggiore si scaricherà sul Mezzogiorno perché la cosiddetta fiscalità di vantaggio in favore degli investimenti nel Sud è aria fritta come è aria fritta l'intero capitolo dedicato all'aumento della produttività: quando la domanda langue, l'investimento non è stimolato in misura apprezzabile e l'edilizia privata e pubblica sono ferme, la produttività resta un'aspirazione consegnata ad un improbabile e comunque lontano futuro.

Nel frattempo ci sono 2 milioni di giovani tra i 20 e i 30 anni di età che sono scomparsi dalla scena, hanno interrotto gli studi, non hanno alcuna formazione professionale, non si sono neppure iscritti negli elenchi dei disoccupati. Due milioni di fantasmi, in buona parte concentrati nel Sud e in Veneto, ai quali nessuno pensa salvo i genitori che debbono mantenerli. Una situazione assurda e inaudita, un bacino potenziale per le organizzazioni criminali come unica contropartita all'inedia.

La logica dei tagli e dei congelamenti previsti per i dipendenti pubblici è formalmente corretta: hanno avuto negli anni scorsi incrementi retributivi decisamente maggiori di quelli dei dipendenti privati e quindi possono "star fermi per un giro" per riallinearsi con i loro colleghi del privato.

Questa "fermata" si effettua tuttavia su livelli stipendiali molto bassi, pari mediamente a 1.200-1.300 euro netti mensili. Il taglio complessivo supera mediamente il 20 per cento se vi si comprendono liquidazioni e altri compensi; cioè riduce la media in prossimità dei 1.000 euro. E' vero che di altrettanto si riduce la spesa pubblica la quale, ricordiamolo, è cresciuta dal 2007 al ritmo di 2 punti di Pil all'anno. Ma l'incremento stipendiale degli statali rappresenta solo una parte dell'aumento di spesa e neppure la parte maggiore. Forse si sarebbe dovuto operare con più incisività sul resto.

Infine un'altra motivazione, in questo caso politica: gli "statali" votano in maggioranza a sinistra. Il loro scontento non peserà se non marginalmente sul consenso raccolto dal governo. "Abbasso gli statali" è uno slogan che viaggia in tandem con quello di "Roma ladrona": piace alla Lega e questa è una ragione in più per spiegare le scelte che il governo ha compiuto.

* * *

L'altra metà dell'aggiustamento grava su Regioni (8 miliardi), Comuni (3 miliardi), Province (0,6 miliardi). Lo Stato riduce per 11,6 miliardi i suoi trasferimenti. Gli Enti locali vedano loro dove tagliare, grasso ce n'è. Oppure aumentino le imposte di loro competenza. O infine taglino i servizi.

Credo che grasso da tagliare effettivamente ci sia e sarà un bene se verrà eliminato. Non vorrei che crescessero i debiti con le banche. Ma potranno anche affittare o vendere i beni demaniali in corso di trasferimento. Nel complesso questa parte della manovra non sembra pessima. Colpirà più i Comuni (che hanno però meno grasso) che le Regioni.

La Lega, una volta tanto, è divisa. Alcuni pensano che il centralismo di Tremonti faccia a pugni col federalismo; altri vedono nella manovra un colpo di frusta che affretterà il federalismo fiscale. La verità non sappiamo quale sia perché il federalismo è tuttora un oggetto misterioso. Una cosa peraltro è evidente: il federalismo avrà comunque un costo e un governo senza soldi non sarà in grado di affrontarlo fino a quando il fabbisogno non si sarà stabilizzato e il deficit non sarà rientrato nelle norme europee. Perciò se ne parlerà nel 2012 se tutto va bene. Aggiungo un'osservazione a proposito di federalismo: il passaggio all'autonomia fiscale e istituzionale, se sarà effettivo e non simulato, sarà un fatto rivoluzionario e accentuerà la disparità tra Regioni efficienti e Regioni - cicala, gran parte delle quali si trovano nel Sud.

Sull'inefficienza sudista sono state ormai scritte intere biblioteche e i numeri del resto stanno a dimostrare che non si tratta di opinioni ma di fatti. Pochi ricordano tuttavia che il livello di reddito disponibile per i meridionali è meno della metà del reddito del Nord. Dunque: gestione amministrativa inefficiente, livello delle risorse bassissimo.

Come sarà finanziato nel Sud il passaggio dall'inefficienza all'efficienza? Ci sarà una diminuzione di occupati, un taglio di consulenti, un taglio di pensioni di invalidità, insomma una compressione del potere d'acquisto dei meridionali. Questo è certo. E' anche inevitabile e necessario. Perfino utile. Ma quella è gente che si è arrangiata per sopravvivere. Chi li deve aiutare per non crepare di stenti? O debbono arruolarsi nella camorra e nella 'ndrangheta? Le donne nella prostituzione e i maschi nella malavita?

Ci vorrà dunque un trasferimento dal Nord al Sud in quella fase; sarà cospicuo e durerà per molti anni. Impegnerà le finanze pubbliche che dovranno "metter le mani nelle tasche". Di chi? Di quali contribuenti? Ci avete pensato?

Aggiungo un'altra osservazione: il nostro Sud è qualcosa di simile alla Grecia rispetto all'Europa. La speculazione lo sa. Perciò concentrerà il tiro sull'Italia in corrispondenza all'attuazione del federalismo.

Finirà nel solo modo possibile: un federalismo al Nord e un'accentuazione di centralismo statale al Sud. Italia a due velocità. Sono prospettive raccapriccianti.

* * *

Tutto ciò detto, credo che Tremonti abbia fatto quello doveva. Molti errori, molte lacune nel risanamento del bilancio, ma l'aggiustamento ci sarà. Non al cento per cento ma almeno al 51.

Questo risanamento vuol dire che i conti non erano sani. Ci si poteva pensare prima. Molti l'avevano previsto da un pezzo. Furono insultati e chiamati anti-italiani. Tutto ciò è arcinoto e Tremonti e Berlusconi lo sanno benissimo: il fatto che continuino a insultare la sinistra nel momento stesso in cui si dimostra che la sinistra non faceva che certificare la realtà, è semplicemente vergognoso.

Ora però è il momento di dare un giudizio sulla parte della manovra riguardante la crescita economica. Ebbene non c'è assolutamente niente da dire in proposito per la semplice ragione che provvedimenti per la crescita nel decreto non ci sono. Non ce n'è neanche l'ombra. Lo stesso ministro dell'Economia, nella conferenza stampa con cui ha presentato il decreto, ha detto che la ripresa sarà molto lenta.

Bisognerebbe stimolarla, ma ci vogliono soldi che non ci sono. Ne hanno dilapidati un bel po' nei due anni di governo ma ora la cassa è vuota, l'avanzo netto delle spese correnti è sotto zero, lo stock del debito è risalito al 117 del Pil.

Stimolare la ripresa, incrementare l'aumento del Pil, si ottiene con uno sgravio fiscale sul ceto medio, sul lavoro dipendente, sul cuneo fiscale. Per finanziarlo bisogna colpire l'evasione e i patrimoni. Non con un prelievo "una tantum" ma con un'imposta sulle cose per tassare di meno i redditi e accrescere così la domanda.

Lotta all'evasione e spostamento dell'onere tributario dalle persone alle cose per portare l'incremento del Pil dall'1 per cento almeno al 2.

Questo bisognerebbe fare. Tremonti non l'ha neppure pensato, perciò su questa questione merita uno zero. E' sperabile che il Parlamento lo obblighi a pensarci seguendo così le indicazioni dell'Ocse, del Fmi, della Commissione europea, della Bce, della Confindustria, della Cgil, dell'opposizione parlamentare. Del Capo dello Stato. E anche dell'odiato Mario Draghi.

(30 maggio 2010)

 

 

 

LA MANOVRA

Il Centro sperimentale senza fondi

Così il Paese perde la sua memoria

Lo storico istituto romano, che ha formato generazioni di registi, sceneggiatori, attori e tecnici di fama mondiale, rischia di morire per effetto dei taglidi FRANCO MONTINI

Il Centro sperimentale senza fondi Così il Paese perde la sua memoria

ROMA - Anche Gabriel Garcia Marquez ha studiato e si è diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia (CSC), richiamato dall'eccellenza e dal prestigio di una scuola, apprezzata a livello mondiale. Fondato nel 1935, il CSC ha formato intere generazioni di registi, sceneggiatori, tecnici e interpreti e ora rischia di morire per effetto della manovra del governo. Sono stati allievi del CSC Michelangelo Antonioni e Alida Valli ed anche oggi gran parte dei nomi che contano nel cinema italiano provengono da questa scuola, dalla generazione di Bellocchio e della Cavani a quella di Verdone, Virzì, Archibugi. Così come fra gli attori hanno frequentato il CSC Riccardo Scamarcio e Alba Rorhwacher. Il CSC è un importante polo produttivo specializzato nella realizzazione di documentari, cortometraggi ma anche film "normali" come per citare un esempio recente "Dieci inverni", opera prima molto premiata di Valerio Mieli, neodiplomato del CSC. E ancora il CSC è una biblioteca specializzata frequentata da studiosi di tutto il mondo; una casa editrice che produce libri e periodici di cinema ed è soprattutto l'ente incaricato di preservare, conservare e diffondere la memoria storica del cinema italiano. Infatti fa parte del CSC anche la Cineteca nazionale dove sono custoditi migliaia di film.

Si tratta insomma di una sede di attività rilevantissime dal punto di vista culturale e proprio perché prive di fini di lucro sostenute da sempre, ovvero fin dalla nascita del CSC, con fondi pubblici. Cosa accadrebbe se queste risorse venissero improvvisamente cancellate? La riposta è molto semplice e drammatica: il CSC semplicemente scomparirebbe.

Anche Francesco Alberoni, presidente del CSC è incredulo e allibito. "Tagliare i fondi statali - dice Alberoni - significa cancellare il CSC. Una decisione di questo tipo o è demenziale, scaturita dalla mente di qualche burocrate incompetente che ignora cosa sia il CSC, o peggio ancora criminale, frutto della volontà di ferire a morte il cinema italiano".

"Anche in termini semplicemente economici - dice Alberoni - cancellare il CSC significherebbe distruggere un patrimonio di decine e decine di milioni di euro, una cifra ben più consistente dei dieci milioni che lo Stato assegna ogni anno al CSC. Presso la Cineteca nazionale infatti sono conservati migliaia e migliaia di pellicole che richiedono un trattamento particolare. I film devono essere custoditi in appositi "cellari" a temperatura ed umidità costante per evitare il deterioramento. Tutto ciò richiede costi per il personale, per l'acquisto delle apposite strutture e per il pagamento delle bollette elettriche. Senza soldi saremmo semplicemente costretti a spegnere gli interruttori e mandare al macero i film".

A qualcuno verrebbe in mente di fare qualcosa di analogo con i libri della Biblioteca nazionale? E come se non bastasse il meglio, o l'assurdo, è che una legge dello Stato prevede che obbligatoriamente una copia di ogni film che viene prodotto in Italia debba essere depositata presso la Cineteca nazionale. Ma come si potranno conservare i film se si tagliano i fondi? "Non si può pensare che tutto ciò accada" commenta Alberoni. Ma evidentemente al governo qualcuno lo ha pensato.

© Riproduzione riservata (30 maggio 2010)

 

 

 

MANOVRA FINANZIARIA

Contributi azzerati a 29 enti

la cultura milanese in rivolta

Le Fondazioni nel mirino: "Così rischiamo di chiudere". E annunciano un appello al governo

di DAVIDE CARLUCCI

Contributi azzerati a 29 enti la cultura milanese in rivolta Il Toti, una delle attrazioni del Museo Leonardo da Vinci

È rivolta, tra le fondazioni culturali lombarde, per i tagli annunciati nella manovra finanziaria. Per 29 enti - su un totale nazionale di 232 - si chiudono i rubinetti, salvo la possibilità di accedere, in futuro, a eventuali contributi per chi ne farà "documentata e motivata richiesta". "Così rischiamo di chiudere", dicono i presidenti degli istituti, che stanno preparando un appello congiunto da mandare al governo. La penalizzazione potrebbe colpire eccellenze come la Triennale o il Museo nazionale di Scienza e tecnologia. E a farne le spese potrebbero essere turisti, scolaresche e studiosi: "Finora l'accesso alla casa di Manzoni era gratuito. Ora potremmo chiedere il pagamento di un biglietto o chiudere la biblioteca", annuncia Giammarco Gaspari, presidente della fondazione centro nazionale di studi manzoniani.

Nella lista nera, che il Governo nella serata di ieri promette già di rivedere, c'è di tutto, dal comitato nazionale "Un secolo di fumetto italiano" di Milano al "centro di cultura scientifica Alessandro Volta" di Como. Luisa Finocchi, direttrice della fondazione Mondadori, parla di "taglio indiscriminato" che "ci costringe tutti a misure drastiche: mi auguro che le istituzioni culturali si muovano in modo unitario". Il contributo ministeriale alla Mondadori, che raccoglie 26 fondi - dichiarati dalla Soprintendenza di interesse storico - di scrittori ed editori e materiale fotografico e audiovisivo dal 1844 a oggi, attualmente è (su un bilancio di oltre 700mila euro) di 25mila euro all'anno. "È lo stesso dal 1995 - dice Finocchi - Ma nel frattempo molti finanziamenti pubblici sono venuti meno. Non so come riusciremo ad andare avanti". Non basterà il nuovo fondo? "Ma noi già ora le nostre richieste si basano su rendiconti precisi e dettagliati. Nessuno è contrario alla valutazione della qualità. Ma chi valuta? E con quali risorse?". Nella lista dei tagli pure l'altra fondazione editoriale in città, la Feltrinelli, che aveva appena annunciato la costruzione di una nuova sede a Polta Volta.

LE ISTITUZIONI NEL MIRINO

Preoccupato anche Antonio Padoa Schioppa, il giurista che presiede l'istituto lombardo, l'accademia di Scienze e lettere di Milano: "I soldi che riceviamo ora, 60mila euro all'anno, servono solo ad accendere la luce e a pagare sei dipendenti. Per il resto lavoriamo tutti gratis. Ma a questo punto si chiude". L'istituto, voluto da Napoleone nel 1797 e inaugurato da Alessandro Volta nel 1803, è una delle più prestigiose espressioni della Milano figlia dell'Illuminismo: "Organizziamo ogni anno pubblicazioni e cicli di conferenze di alta divulgazione umanistica e scientifica, con la caratteristica oggi molto attuale dell'interdisciplinarietà", spiega Padoa Schioppa.

Annalisa Zanni dirige invece il museo Poldi Pezzoli, riconosciuto dal 1881 come ente di interesse nazionale. "Il contributo ministeriale era stato già decurtato del 12 per cento nel 2007 e nel 2008, e del 20 per cento nel 2009. Riceviamo 30mila euro ma abbiamo costi di gestione pari a 900mila euro all'anno. E anche la Provincia di Milano ha annunciato tagli". La fondazione pesa così sempre di più sulle casse del Comune di Milano, che contribuisce con 100mila euro. Sarà difficile organizzare mostre, come quella prevista a ottobre su Botticelli nella collezione lombarda, che di solito attirano visitatori da tutta Europa. "Ma noi terremo duro, con il rigore che ci ha sempre contraddistinti in quanto privati".

Nell'elenco dei tagli figura anche l'Istituto per la storia dell'arte lombarda, che sta censendo 20mila beni culturali degli enti sanitari della regione e le ville storiche della Brianza per preparare itinerari turistici tematici: un'attività che serve anche al turismo, come spiega Ferdinando Zanzottera, del consiglio di presidenza, che aggiunge: "I nostri contributi, per ragioni burocratiche, erano stati già eliminati e speravamo di riottenerli. Ora questa notizia ci lascia increduli".

(30 maggio 2010)

 

 

 

 

 

CONTI PUBBLICI

Manovra, il testo all'esame del Quirinale

Bersani: "Uno spettacolo inverecondo"

L'annuncio in una nota di Palazzo Chigi che corregge Berlusconi, che aveva detto: "Viene firmata quando il Colle dà la sua valutazione". Il segretario del Pd: "Siamo ai limiti estremi del quadro costituzionale". Bonaiuti: "Sia più responsabile"

Manovra, il testo all'esame del Quirinale Bersani: "Uno spettacolo inverecondo"

ROMA - "Il testo della manovra economica, già firmato dal Presidente del Consiglio, è ora al Quirinale in attesa della valutazione del Capo dello Stato". Lo comunica una nota di palazzo Chigi che corregge quanto affermato in precedenza da Silvio Berlusconi il quale, ai cronisti che gli chiedevano se avesse firmato il provvedimento, aveva risposto: "E' all'attenzione del capo dello Stato. Viene firmato quando il Colle darà la sua valutazione". Ma quella di cui parla il capo del governo sarebbe una procedura in verità non proprio ortodossa poiché, di prassi, al Colle giungono testi già firmati dal premier. Tant'è che ambienti del Quirinale fanno sapere che Napolitano sta esaminando la manovra trasmessa già firmata dal presidente del Consiglio. Come vuole la "regola".

Le parole pronunciate in mattinata da Berlusconi suscitano subito le critiche del leader dell'Idv Antonio Di Pietro: "Non si può coinvolgere Napolitano su un provvedimento di cui ancora non si hanno le linee definite, tirandolo dentro in questioni politiche. Mi auguro che il presidente raddrizzi queste affermazioni improvvide". Poi l'ex pm lancia l'allarme: "Temo che le tensioni possano sfociare in un'autentica rivolta sociale".

Parole pesanti arrivano dal segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Che ai microfoni di Sky Tg24 definisce la manovra come il "frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne e di una politica economica dissennata che ci ha portato fuori binario nella spesa corrente, che ci ha ridotto gli investimenti e quindi abbassato la crescita e che non ha tenuto i conti a posto come si è visto. E adesso si ripropone una strada che per noi è sbagliata". Bersani parla di "uno spettacolo inverecondo, non si sa bene cosa il Consiglio dei ministri abbia approvato" e di una situazione "ai limiti estremi del quadro costituzionale". Tutto questo avviene, spiega, perché ci sono "delle differenze, per dirlo con un eufemismo, delle risse penso, dentro al governo e quindi vedremo carte cambiare in questi giorni. Vorrei sapere se ci sono ancora le norme che raddrizzano le procedure della Protezione civile, tanto per fare un esempio dei dieci che si potrebbero fare". E poi Bersani lamenta il fatto che "non si spieghi perché dobbiamo fare questa manovra. Non è mica una grandine questa manovra qui... Dire che è l'Europa che ce la chiede è una falsità, l'Europa ci chiede i conti a posto ma se i conti non sono a posto è tutta una responsabilità del governo".

 

Al leader democratico replica il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti. Bersani "dovrebbe essere più responsabile. La manovra taglia le spese, ma favorisce lo sviluppo. Altro che giochetti, come dice il segretario Pd". Più tardi, una precisazione del ministro della Cultura, Sandro Bondi, sul provvedimento: "Condivido l'esigenza di una manovra che imponga sacrifici a tutti - dice - ma non sono d'accordo con i tagli indiscriminati alla cultura, specie se la lista degli istituti tagliati dal finanziamento pubblico contiene eccellenze italiane riconosciute nel mondo". Sì dunque, sottolinea il ministro, a "profonde riforme della cultura come quella delle fondazioni liriche, ora in Parlamento, che modificherà definitivamente il settore. Ma no a tagli indiscriminati che non possono essere decisi se non con il mio ministero".

Nel colloquio avuto ieri con Napolitano, Berlusconi aveva rimarcato di non aver avuto ancora il modo di conoscere il provvedimento nella sua totalità e aveva sottolineato il fatto che sarebbe stato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti in prima persona a portarlo avanti. Nel faccia a faccia al Colle, Berlusconi avrebbe accennato anche al nodo della successione di Scajola al ministero dello Sviluppo economico: il premier conterebbe di trovare un tecnico di rango, e dopo il "no grazie" di Emma Marcegaglia circola il nome di Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust. Che tuttavia precisa: la sua candidatura è nata solo sui giornali.

Le critiche continuano. Sulla tassa di soggiorno a Roma e in altre città italiane sdice "esterrefatto" il presidente degli albergatori italiani, Bernabò Bocca, "il turismo italiano è stanco di essere considerato un semplice bancomat fiscale a richiesta", aggiunge. Sembra sfumare, per ora, l'ipotesi di uno sciopero dei magistrati. Il parlamentino dell'Anm sarebbe orientato a non ricorrere a questa forma di protesta. "Bisogna mettere in campo iniziative, ma nei limiti della responsabilità - dice il segretario dell'Associazione nazionale magistrati Giuseppe Cascini - organizzando nelle varie sedi azioni comuni con il personale amministrativo". Bocciatura, invece, per lo sciopero bianco: "E' senza via di uscita, se per una volta dici che non fai un'udienza senza il cancelliere, poi lo devi fare sempre".

Il governo, però, si difende. Parla il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi: "Questa manovra è di spessore e di qualità".

(29 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Al Quirinale senza il decreto

l'imbarazzo di Berlusconi

Il testo della manovra arriva oggi, ma sul Colle c'è irritazione per avere appreso le notizie solo dai giornali. Per il dopo Scajola spunta il presidente Antitrust Catricalà

di FRANCESCO BEI

Al Quirinale senza il decreto l'imbarazzo di Berlusconi

ROMA - "Presidente, per dirle la verità Tremonti il decreto non l'ha fatto vedere nemmeno a me. Ma mi ha assicurato che arriverà ad horas". Con un pizzico di imbarazzo, ieri Silvio Berlusconi ha confermato al presidente della Repubblica quello che ormai in molti nel governo sospettavano:la manovra da 25 miliardi, 1 approvata all'unanimità martedì pomeriggio dal Consiglio dei ministri, semplicemente ancora non c'è. Il "vero" decreto è rimasto chiuso per due giorni al ministero di via XX Settembre, in attesa che Tremonti tornasse ieri sera da Parigi e stringesse gli ultimi bulloni.

Un ritardo - forse colmato già stamane con una rapida trasmissione dell'incartamento al Quirinale - che ha provocato una certa irritazione al capo dello Stato, costretto ad apprendere dai giornali le novità sulla Finanziaria. Così anche i dubbi che il presidente della Repubblica sembra avere su alcune parti del provvedimento, come il condono edilizio, al momento restano senza risposta: "Non sappiamo nemmeno se nel decreto quelle cose ci saranno veramente - si lascia andare un uomo del Colle - aspettiamo di leggerlo".

Il premier, nell'ora e mezzo di colloquio, ha riferito quindi a Napolitano dei colloqui avuti a Parigi al vertice Ocse, dove tutti i leader presenti "hanno considerato la nostra manovra necessaria per stabilizzare l'euro". Quanto al capo dello Stato, si è preoccupato di ribadire l'importanza che i saldi finali non vengano toccati, "perché l'obiettivo resta quello di rientrare sotto il 3 per cento nel rapporto deficit-Pil entro il 2012". L'altra questione che sta a cuore a Napolitano è riuscire ad ottenere la "massima condivisione possibile" in Parlamento sulle misure anticrisi, che devono essere "le più eque possibili". Ma Berlusconi, riferiscono i suoi, è sempre più scettico: "L'opposizione è già sulle barricate, avete sentito Bersani. Da noi ci sarà la massima apertura ma non mi aspetto niente".

Il problema del premier è che, dalla sua stessa maggioranza, aumentano le pressioni per cambiare il testo di Tremonti. Indicativo del clima interno è stato lo svolgimento teso dell'assemblea del gruppo parlamentare alla Camera, alla quale il ministro dell'Economia e Berlusconi hanno preso parte martedì sera. "Mi dispiace - ha esordito Tremonti - ma la manovra non posso farvela vedere. Sarebbe scortese nei confronti del Quirinale, voi capirete". Una frase che ha suscitato un brusio di disapprovazione in sala, visto che già da alcuni giorni i giornali ne avevano pubblicato ampie anticipazioni. "Quello che avete letto non è vero - ha replicato Tremonti - e le bozze sono uscite per l'infedeltà di qualche ufficio... sapete, quando si vanno a toccare delle sacche di privilegio c'è chi prova a sabotare". Una giustificazione che non ha convinto i deputati, tanto che alla fine della riunione nella sala sarebbero rimasti soltanto in trenta.

L'altra grana che il premier deve risolvere al più presto è quella della successione a Claudio Scajola. "Stiamo lavorando ma non ho ancora trovato la persona adatta", ha riferito il Cavaliere al capo dello Stato. Fosse per lui, Berlusconi avrebbe già nominato Paolo Romani, ma sa che Napolitano preferisce su quella poltrona delicata un esterno di prestigio. E, vista la difficoltà del momento, palazzo Chigi ritiene strategico mantenere un buon rapporto con il presidente della Repubblica. Andata buca la candidatura della Marcegaglia, il nome su cui si sta ragionando è quello di Antonio Catricalà, attuale presidente dell'Antitrust. A un giornalista suo amico, Berlusconi ha confidato di essere in cerca di "qualcuno che bilanci il peso di Tremonti". E Catricalà, legato a doppio filo a Gianni Letta (che resta l'unico contrappeso al ministro dell'Economia), potrebbe essere il candidato giusto. Il problema ora è convincere Catricalà a rinunciare al sogno di planare sulla poltrona di presidente della Consob.

(29 maggio 2010)

 

 

 

 

Via il doppio stipendio ai ministri

il Parlamento boccia la proposta

L'Assemblea nazionale dice no all'emendamento proposto dal socialista Dosiere che avrebbe impedito ai componenti del governo eletti in amministrazioni locali di continuare a prendere due retribuzioni

Via il doppio stipendio ai ministri il Parlamento boccia la proposta Il premier francese Fillon

PARIGI - I ministri francesi che ricoprono incarichi elettivi in amministrazioni locali continueranno a prendere il doppio stipendio. L'Assemblea nazionale ha infatti bocciato, con amplissimo margine, un emendamento al progetto di legge che riforma le collettività locali il cui scopo era proprio impedire che i componenti del governo fossero retribuiti due volte. Una scelta che fa discutere, tanto più in un momento in cui gran parte dei governi europei, compreso quello italiano, si sono impegnati a ridurre questo tipo di spesa.

"Il ridimensionamento del tenore di vita dei ministri francesi non avrà luogo", scrive il sito internet del settimanale francese Le Nouvel Observateur commentando la bocciatura della proposta fatta dal socialista Rene Dosiere. Se fosse passata, la nuova norma avrebbe fatto sì che i membri dell'esecutivo che sono anche sindaci o sono stati eletti in organismi locali non prendessero "nessuna remunerazione per i loro mandati locali, nessuna indennità, nessun vantaggio".

"In un momento in cui molti Stati europei hanno deciso di ridurre le spese dei loro ministri per accompagnare i piani di rigore - prosegue Le Nouvel Obs - Dosiere, che conosce bene i conti del governo, ha anche chiesto un aumento a 'zero volume' (senza cioè tener conto dell'inflazione) delle sue spese". Niente da fare. L'Assemblea nazionale ha fatto quadrato contro l'iniziativa, senza nemmeno "un commento da parte della maggioranza o del governo". "Questa decisione mostra in modo emblematico l'esistenza di una linea politica che avvantaggia sempre di più i privilegiati a scapito dei più deboli - denunciano in un comunicato i due portavoce dei Verdi, Jean-Louis Roumegas et Djamila Sonzogni - Questo voto ha un'importante valenza simbolica".

Con il cumulo delle cariche lo stipendio mensile di un ministro può passare in alcuni casi dai 14.000 ai 21.000 euro, aveva avvertito Dosiere, sottolineando che nel momento in cui i francesi "devono stringere la cinghia, i responsabili politici dovrebbero dare l'esempio". Il deputato ha inoltre evidenziato un aumento delle spese dell'Eliseo del 2,5% nel 2009, corrispondente a 114,287 milioni di euro. Il premier Francois Fillon aveva recentemente invitato la sua squadra di governo a ridurre le spese del 10%.

(29 maggio 2010)

 

 

 

 

 

Economia

FINANZIARIA

Manovra, scoppia il caso federalismo

Berlusconi: "Non l'ho ancora firmata"

Il premier: "Decreti fiscali si faranno". Il Carroccio in trincea. Il Pd: "Il progetto è morto e Bossi sta zitto". Polemica indiretta tra Il premier e Confindustria: "Non vedono riforme? Leggano meglio il testo. Abbiamo risposto ad attacco speculativo contro i nostri Bot senza precedenti". Ma i finiani: "Hanno ragione le imprese"

Manovra, scoppia il caso federalismo Berlusconi: "Non l'ho ancora firmata"

ROMA - Prima le critiche aspre di categorie ed enti locali. Poi la tensione sul federalismo, e le polemiche indirette con gli imprenditori. Il percorso della manovra si accompagna a forti fibrillazioni ed anche ad un caso politico. Infatti Silvio Berlusconi, uscendo dal Quirinale, dice: "Non ne ho parlato con il presidente Napolitano, la manovra non è ancora arrivata perché non l'ho firmata".

In giornata il premier aveva difeso la Finanziaria. "Abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta - ha detto - una risposta immediata ad una crisi improvvisa". Una polemica con Confindustria che ieri lo aveva bacchettato sulla mancanza di riforme strutturali. "Non ho messo le mani nelle tasche degli italiani e abbiamo fatto un intervento efficace sui conti". Per il Cavaliere il governo si è dimostrato coeso e l'unità della compagine è stata riconosciuta in questa occasione "anche da Fini, mentre la Lega da alleato forte e leale sostiene convintamente il provvedimento anche perché alcuni contenuti corrispondono alla logica federalista".

Passaggio polemico, invece, sui dubbi di Confindustria, che ieri ha chiesto oltre al rigore le riforme e il rilancio dello sviluppo. Il premier ha risposto secco: "Suggerisco di leggere con maggiore attenzione i 54 articoli della manovra, a partire dal primo capitolo su competitività economica e sostenibilità finanziaria. Ci sono norme che introducono rilevanti novità strutturali, in chiave di sviluppo, dalla fiscalità di vantaggio fino a zone a zero burocrazia. La riforma più strutturale di tutte con il rafforzamento della lotta all'evasione fiscale". "La speculazione - ha poi aggiunto - aveva deciso di attaccare la stabilità e la solvibilità dei nostri Bot. Un fatto mai successo in passato, c'era il rischio che venissero colpiti i salari, le pensioni, i ricavi delle imprese. Rischiava di farci male. Da parte del governo non c'è stato neanche un attimo di esitazione e abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta e senza mettere le mani in tasca agli italiani".

 

I finiani con Confindustria. Dà invece ragione agli imprenditori il vicepresidente dei deputati del Pdl, Italo Bocchino. Che, sul sito di Generazione Italia scrive che nella manovra manca "quasi del tutto la parte dedicata allo sviluppo, come rilevato giustamente ieri da Emma Marcegaglia". "Senza la crescita economica - prosegue Bocchino - il rapporto deficit/Pil è destinato a restare alto. Troppo alto. Per questo, dopo aver approvato questa manovra di tagli alla spesa, dovremo iniziare ad affrontare il tema delle riforme strutturali che il nostro Paese attende da troppo tempo".

"Metteremo tutto nero su bianco, con appositi emendamenti che discuteremo preventivamente sia all'interno del Pdl che della maggioranza e, il giorno dopo l'approvazione di questa manovra, il Pdl deve presentare una proposta organica e condivisa di riforme strutturali per favorire la crescita economica. E' una questione non più rinviabile''.

La Lega e l'allarme di Formigoni. Al governatore lombardo, che oggi su Repubblica attacca la manovra sostenendo che così si dice addio al federalismo, risponde il presidente del Piemonte Roberto Cota: "Sul federalismo Berlusconi ha parlato chiaro". "Il federalismo - aggiunge Cota - non solo non costa niente ma è proprio quella riforma strutturale di cui anche ieri è stata invocata la necessità all'Assemblea di Confindustria".

Stamattina, sul tema, il premier aveva affermato che i decreti attuativi del federalismo fiscale saranno approvati nei tempi richiesti"

Ma il Pd attacca: "Bossi è come le tre scimmiette: lui non vede, non sente e non parla. Ma sa fin troppo bene che il federalismo non c'è più. L'unica, vera riforma che il parlamento poteva varare nel corso di questa legislatura si è dissolta come neve al sole perchè la manovra finanziaria di Tremonti le ha inferto un colpo letale. Bossi lo sa e ci stupisce il suo assordante silenzio".

Dello stesso parere anche l'Udc, che con Maurizio Ronconi parla di "training autogeno" del Carroccio. "Oramai è una illusione che non può essere coltivata se non con esercizi di auto convincimento. Il federalismo non si farà perchè non ci sono più i soldi ma soprattutto perchè non è più consentito dal tacito ma solidissimo patto europeo".

Cei: "Sbagliato il federalismo senza solidarietà e unità nazionale". "Un federalismo fiscale, senza essere ancorato all'unità nazionale e a una crescita solidale, manca il suo obiettivo". E' quanto ha ribadito il presidente della Cei, cardinal Angelo Bagnasco, nella conferenza stampa a conclusione della 61esima assemblea generale dei vescovi italiani. Di fronte alla richiesta di un suo giudizio sul possibile fallimento del federalismo fiscale, il porporato ha risposto: "Bisogna salvaguardare due beni fondamentali: l'unità profonda del Paese, che è valore acquisito per tutti e da cui non si può e non si deve retrocedere per nessun motivo; e dall'altra la crescita solidale di tutte le parti del Paese. Un federalismo che non dovesse garantire questa crescita delle diverse parti del Paese in un vincolo di solidarietà, non raggiunge l'obiettivo".

(28 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

Economia

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FINANZIARIA

Manovra, scoppia il caso federalismo

Berlusconi: "Non l'ho ancora firmata"

Il premier: "Decreti fiscali si faranno". Il Carroccio in trincea. Il Pd: "Il progetto è morto e Bossi sta zitto". Polemica indiretta tra Il premier e Confindustria: "Non vedono riforme? Leggano meglio il testo. Abbiamo risposto ad attacco speculativo contro i nostri Bot senza precedenti". Ma i finiani: "Hanno ragione le imprese"

Manovra, scoppia il caso federalismo Berlusconi: "Non l'ho ancora firmata"

ROMA - Prima le critiche aspre di categorie ed enti locali. Poi la tensione sul federalismo, e le polemiche indirette con gli imprenditori. Il percorso della manovra si accompagna a forti fibrillazioni ed anche ad un caso politico. Infatti Silvio Berlusconi, uscendo dal Quirinale, dice: "Non ne ho parlato con il presidente Napolitano, la manovra non è ancora arrivata perché non l'ho firmata".

In giornata il premier aveva difeso la Finanziaria. "Abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta - ha detto - una risposta immediata ad una crisi improvvisa". Una polemica con Confindustria che ieri lo aveva bacchettato sulla mancanza di riforme strutturali. "Non ho messo le mani nelle tasche degli italiani e abbiamo fatto un intervento efficace sui conti". Per il Cavaliere il governo si è dimostrato coeso e l'unità della compagine è stata riconosciuta in questa occasione "anche da Fini, mentre la Lega da alleato forte e leale sostiene convintamente il provvedimento anche perché alcuni contenuti corrispondono alla logica federalista".

Passaggio polemico, invece, sui dubbi di Confindustria, che ieri ha chiesto oltre al rigore le riforme e il rilancio dello sviluppo. Il premier ha risposto secco: "Suggerisco di leggere con maggiore attenzione i 54 articoli della manovra, a partire dal primo capitolo su competitività economica e sostenibilità finanziaria. Ci sono norme che introducono rilevanti novità strutturali, in chiave di sviluppo, dalla fiscalità di vantaggio fino a zone a zero burocrazia. La riforma più strutturale di tutte con il rafforzamento della lotta all'evasione fiscale". "La speculazione - ha poi aggiunto - aveva deciso di attaccare la stabilità e la solvibilità dei nostri Bot. Un fatto mai successo in passato, c'era il rischio che venissero colpiti i salari, le pensioni, i ricavi delle imprese. Rischiava di farci male. Da parte del governo non c'è stato neanche un attimo di esitazione e abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta e senza mettere le mani in tasca agli italiani".

 

I finiani con Confindustria. Dà invece ragione agli imprenditori il vicepresidente dei deputati del Pdl, Italo Bocchino. Che, sul sito di Generazione Italia scrive che nella manovra manca "quasi del tutto la parte dedicata allo sviluppo, come rilevato giustamente ieri da Emma Marcegaglia". "Senza la crescita economica - prosegue Bocchino - il rapporto deficit/Pil è destinato a restare alto. Troppo alto. Per questo, dopo aver approvato questa manovra di tagli alla spesa, dovremo iniziare ad affrontare il tema delle riforme strutturali che il nostro Paese attende da troppo tempo".

"Metteremo tutto nero su bianco, con appositi emendamenti che discuteremo preventivamente sia all'interno del Pdl che della maggioranza e, il giorno dopo l'approvazione di questa manovra, il Pdl deve presentare una proposta organica e condivisa di riforme strutturali per favorire la crescita economica. E' una questione non più rinviabile''.

La Lega e l'allarme di Formigoni. Al governatore lombardo, che oggi su Repubblica attacca la manovra sostenendo che così si dice addio al federalismo, risponde il presidente del Piemonte Roberto Cota: "Sul federalismo Berlusconi ha parlato chiaro". "Il federalismo - aggiunge Cota - non solo non costa niente ma è proprio quella riforma strutturale di cui anche ieri è stata invocata la necessità all'Assemblea di Confindustria".

Stamattina, sul tema, il premier aveva affermato che i decreti attuativi del federalismo fiscale saranno approvati nei tempi richiesti"

Ma il Pd attacca: "Bossi è come le tre scimmiette: lui non vede, non sente e non parla. Ma sa fin troppo bene che il federalismo non c'è più. L'unica, vera riforma che il parlamento poteva varare nel corso di questa legislatura si è dissolta come neve al sole perchè la manovra finanziaria di Tremonti le ha inferto un colpo letale. Bossi lo sa e ci stupisce il suo assordante silenzio".

Dello stesso parere anche l'Udc, che con Maurizio Ronconi parla di "training autogeno" del Carroccio. "Oramai è una illusione che non può essere coltivata se non con esercizi di auto convincimento. Il federalismo non si farà perchè non ci sono più i soldi ma soprattutto perchè non è più consentito dal tacito ma solidissimo patto europeo".

Cei: "Sbagliato il federalismo senza solidarietà e unità nazionale". "Un federalismo fiscale, senza essere ancorato all'unità nazionale e a una crescita solidale, manca il suo obiettivo". E' quanto ha ribadito il presidente della Cei, cardinal Angelo Bagnasco, nella conferenza stampa a conclusione della 61esima assemblea generale dei vescovi italiani. Di fronte alla richiesta di un suo giudizio sul possibile fallimento del federalismo fiscale, il porporato ha risposto: "Bisogna salvaguardare due beni fondamentali: l'unità profonda del Paese, che è valore acquisito per tutti e da cui non si può e non si deve retrocedere per nessun motivo; e dall'altra la crescita solidale di tutte le parti del Paese. Un federalismo che non dovesse garantire questa crescita delle diverse parti del Paese in un vincolo di solidarietà, non raggiunge l'obiettivo".

(28 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

Manovra, colpiti i dipendenti pubblici

le donne più tardi in pensione

Tagli anche sulla sicurezza sul lavoro. Via libera al condono

Manovra, colpiti i dipendenti pubblici le donne più tardi in pensione

Previsto il condono sugli abusi edilizi

Ecco i punti principali della bozza di manovra discussa dal Consiglio dei ministri. Il governo ha dato il via libera alla manovra, ma il testo non è stato illustrato ed è emerso che ci sarà bisogno di approfondimenti su alcune questioni prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Stop agli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici. Il congelamento parte già da quest'anno e durerà vale quattro anni, fino al 2013. "Il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio", previsto dagli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche "non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell'anno 2009". Il turn over nella Pubblica amministrazione è confermato per altri due anni. Sforbiciata del 5.10% agli stipendi dei manager pubblici oltre i 90.000 e oltre i 130.000 euro.

Donne in pensione più tardi. L'elevamento dell'età pensionabile delle lavoratrici del Pubblico impiego a 65 anni avverrà in anticipo, a gennaio del 2016, anziché nel 2018 come precedentemente ipotizzato. Il provvedimento prevede un'accelerazione dell'età pensionabile delle lavoratrici pubbliche con una diversa scansione dell'elevamento dell'età necessaria per andare in pensione fino ad arrivare alla soglia dei 65 anni. In particolare è previsto che dal primo gennaio 2010 il requisito anagrafico per andare in pensione sale di un anno, sarà di 62 anni al luglio 2011, di 63 a gennaio del 2013, di 64 anni a luglio 2014 e di 65 anni a gennaio del 2016.

Soglia di tracciabilità dei contanti. Sembra sia stato uno dei provvedimenti più controversi e non si capisce se il Consiglio dei ministri sia riuscito ma scioglierlo. La bozza prevede che la soglia per la tracciabilità del contante scenda dagli attuali 12.500 euro a 7.000 euro. Questo è uno dei punti controversi. Secondo alcune fonti ci si sarebbe attestati a 7.500 euro, secondo altre si sarebbe scesi a 5.000. Obbligo di fattura telematica oltre i 3.000 euro.

 

Enti locali. Alle Regioni vengono chiesti tagli per oltre dieci miliardi di euro in due anni (2011 e 2012). Ai Comuni e Province si chiede di ridurre le spese di un miliardo e 100 milioni nel 2011 e di due miliardi e 100 milioni nel 2012. I Comuni che collaboreranno riceveranno il 33% dei tributi statali incassati.

Tagli agli stipendi di ministri e parlamentari. A partire dal primo gennaio 2011 lo stipendio complessivo di ministri, sottosegretari e parlamentari è ridotto del 10% rispetto al trattamento del 2010. Nella bozza anche la riduzione delle spese del Quirinale, del Senato, della Camera e della Corte costituzionale. L'entità dei tagli sarà comunque decisa autonomamente dalle singole amministrazioni. I risparmi che si otterranno per gli anni 2011-2012 e 2013 andranno al fondo per le politiche sociali.

Tagli ai ministeri. Sforbiciata del 10%, ma su formazione o missioni si arriva a dimezzare la spesa. Giro di vite anche sulle auto blu. Dal testo approvato sarebbero saltati i tagli alla presidenza del Consiglio.

Tagli anche sulla sicurezza. Esenzione per la pubblica amministrazione da alcune norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. La misura prevede che non si applichino alle amministrazioni pubbliche gli articoli 28 e 29 del decreto legislativo 81 del 2008 che riguardano il capitolo della valutazione dei rischi.

Tagli ai partiti. Cala del 20% (e non del 50% come inizialmente ipotizzato) il rimborso per le spese elettorali: non più un euro, ma 80 centesimi per ogni elettore.

Tagli alle retribuzioni dei magistrati. Lo stipendio verrà decurtato del 10% nella parte eccedente gli 80.000 euro. Riduzione del 10% anche per i magistrati del Csm.

Manager e stock option. Aumentano le tasse sulle stock option ma anche sui bonus dei manager e dei banchieri che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

Fondo per Roma Capitale. Un fondo di 200 milioni per il "concorso al sostegno degli oneri derivanti dall'attuazione del piano di rientro" del debito di Roma. L'accesso al fondo è consentito a condizione che il Tesoro verifichi l'applicazione da parte del Comune di una serie di misure di contenimento della spesa che vanno dalla conformazione ai costi standard per i servizi a una razionalizzazione delle partecipazioni societarie oltre che a una riduzione dei costi per il funzionamento dei propri organi, "compresi i rimborsi dei permessi retribuiti riconosciuti per gli amministratori". Tra le possibilità date al Comune di Roma ci sono l'introduzione di un "contributo di soggiorno" fino a 10 euro per i turisti che alloggiano negli alberghi della capitale e l'imposizione di altri tributi come un aumento del 4 per mille dell'Ici o una tassa di 1 euro sugli imbarchi. Il sindaco Gianni Alemanno parla di "notizie imprecise".

Ecco il condono. La regolarizzazione degli immobili fantasma, che consentirà di dichiarare eventuali cambiamenti catastali che non sono stati precedentemente comunicati, dovrà avvenire entro il 31 dicembre di quest'anno. Chi non ha dichiarato l'aggiornamento catastale di un immobile dovrà farlo e si vedrà così ridotte le sanzioni di un terzo. I possessori dovranno presentare una dichiarazione di accatastamento che avrà effetto a partire dal gennaio 2009: si dovranno quindi pagare le imposte sugli ultimi due anni e le sanzioni saranno ridotte a un terzo. La sanatoria sarà possibile anche su interventi edilizi che abbiano determinato una variazione della cubatura. Dal gennaio 2011 scattano i controlli di Comuni e Agenzia del Territorio e le contestazioni comportano l'applicazione di una rendita presunta e la richiesta retroattiva dei tributi.

Pensioni. Rinvio delle finestre per il pensionamento e per il riordino degli enti.

Invalidità, via i nuovi tetti di reddito. Sono stati cancellati dall'articolo 9 sulla riduzione della spesa in materia di invalidità i nuovi tetti di reddito che erano stati ipotizzati come requisiti per l'indennità di accompagnamento. E' invece confermata l'elevazione dal 74% all'80% della percentuale di invalidità per la concessione dell'assegno, per le domande presentate dal primo gennaio 2011. E' anche previsto un concorso delle Regioni alle spese per l'invalidità civile con un accantonamento dei trasferimenti, per il 2011, "nella misura del 45%".

Scuola. Congelato l'organico degli insegnanti di sostegno. Non ci sarà il blocco del turn over per l'università.

Farmaci. Acquisti centralizzati per le Asl in modo da trattare meglio il rpezzo con i fornitori. Modifica delle quote di spettanza dei grossisti e dei farmacisti sul rpezzo di vendita al pubblico delle specialità medicinali di classe a.

Pedaggi su raccordi per le autostrade. Si introduce la possibilità di applicare un pedaggio su tratti di connessione con tratti autostradali.

Irap al Sud. Le regioni meridionali avranno la possibilità di istituire un tributo proprio sostitutivo dell'Irap per le imprese avviate dopo l'entrata in vigore del decreto, con l'opportunità di ridurre o azzerare l'Irap.

Soppresse alcune Province. Le Province con un numero di abitanti inferiori a 220.000, che non confinano con Stati esteri e che non sono nelle regioni a Statuto speciale, saranno soppresse a partire dalla prossima legislatura provinciale. Le competenze e gli uffici saranno trasferiti ad altre Province.

Società statali. A partire dal prossimo anno 500 milioni di dividendi che arrivano dalle società statali saranno utilizzati per la riduzione degli oneri sul debito pubblico.

Enti soppressi. Vengono eliminati Ipsema, Ispel e Ipost. Ma anche l'Isae e l'Ente italiano montagna. Non è chiaro se nell'elenco figuri anche l'Ice. Salta o viene ridotto il finanziamento a 72 enti. Spariranno anche il Comitato Sir (costituito per gli interventi nei settori di alta tecnologia) e la Rei (la finanziaria pubblica creata per sostenere il risanamento dell'industria elettronica).

Addio ai libretti al portatore. I libretti di deposito bancari o postali esistenti alla data di entrata in vigore del decreto dovranno essere eliminati entro il 30 giugno del 2011. Arriva la carta elettronica istituzionale per effettuare i pagamenti da parte della pubblica amministrazione.

(25 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-28

Manovra, scoppia il caso federalismo

La Lega: "Garantisce Berlusconi"

Formigoni attacca le misure del governo: "Così addio alla riforma". Il premier: "Decreti fiscali si faranno". Il Carroccio in trincea. Il Pd: "Il progetto è morto e Bossi sta zitto". Polemica indiretta tra Il premier e Confindustria: "Non vedono riforme? Leggano meglio il testo...". Ma i finiani: "Hanno ragione le imprese". Bocchino preannuncia emendamenti.

ROMA - Prima le critiche aspre di categorie ed Enti locali. Poi la tensione sul federalismo, e le polemiche indirette con gli imprendtitori. Il percorso della manovra si accompagna a forti fibrillazioni. E promette nelle prossime ore altre discussioni.

Berlusconi difende la manovra. "Abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta", dando "una risposta immediata ad una crisi improvvisa". Così Silvio Berlusconi è tornato a difendere - polemizzando anche con gli imprenditori - la manovra economica. In un collegamento telefonico con Canale 5 ha ripetuto di "non aver messo le mani nelle tasche degli italiani e di aver fatto un intervento efficace sui conti.

Per il Cavaliere il governo si è dimostrato coeso, e l'unità della compagine è stata riconosciuta in questa occasione "anche da Fini, mentre la Lega da alleato forte e leale sostiene convintamente il provvedimento anche perchè alcuni contenuti corrispondono alla logica federalista".

Passaggio polemico, invece, sui dubbi di Confindustria, che ieri ha chiesto oltre al rigore le riforme e il rilancio dello sviluppo. Il premier ha risposto secco: "Suggerisco di leggere con maggiore attenzione i 54 articoli della manovra, a partire dal primo capitolo su competitività economica e sostenibilità finanziaria. Ci sono norme che introducono rilevanti novità strutturali, in chiave di sviluppo, dalla fiscalità di vantaggio fino a zone a zero burocrazia. La riforma più strutturale di tutte con il rafforzamento della lotta all'evasione fiscale".

I finiani con Confindustria. Dà invece ragione agli imprenditori il vicepresidente dei deputati del Pdl, Italo Bocchino. Che, sul sito di Generazione Italia, scrive come nella manovra manchi "quasi del tutto la parte dedicata allo sviluppo, come rilevato giustamente ieri da Emma Marcegaglia". "Senza la crescita economica - prosegue Bocchino -, il rapporto deficit/Pil è destinato a restare alto. Troppo alto. Per questo, dopo aver approvato questa manovra di tagli alla spesa, dovremo iniziare ad affrontare il tema delle riforme strutturali che il nostro Paese attende da troppo tempo".

 

"Metteremo tutto nero su bianco, con appositi emendamenti che discuteremo preventivamente sia all'interno del Pdl che all'interno della maggioranza e il giorno dopo l'approvazione di questa manovra, il Pdl deve presentare una proposta organica e condivisa di riforme strutturali per favorire la crescita economica. E' una questione non piu' rinviabile''.

La Lega e l'allarme di Formigoni. Al governatore lombardo, che oggi su Repubblica attacca la manovra sostenendo che così si dice addio al federalismo, risponde il presidente del Piemonte Roberto Cota: "Sul federalismo Berlusconi ha parlato chiaro". "Il federalismo - aggiunge Cota - non solo non costa niente ma è proprio quella riforma strutturale di cui anche ieri è stata invocata la necessità all'Assemblea di Confindustria".

Stamattina, sul tema, il premier aveva affermato che i decreti attuativi del federalismo fiscale saranno approvati nei tempi richiesti"

Ma il Pd attacca: "Bossi è come le tre scimmiette: lui non vede, non sente e non parla. Ma sa fin troppo bene che il federalismo non c'è più. L'unica, vera riforma che il parlamento poteva varare nel corso di questa legislatura si è dissolta come neve al sole perchè la manovra finanziaria di Tremonti le ha inferto un colpo letale. Bossi lo sa e ci stupisce il suo assordante silenzio".

Dello stesso parere anche l'Udc, che con Maurizio Ronconi parla di "training autogeno" del Carroccio. "Oramai è una illusione che non può essere coltivata se non con esercizi di auto convincimento. Il federalismo non si farà perchè non ci sono più i soldi ma soprattutto perchè non è più consentito dal tacito ma solidissimo patto europeo".

(28 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

Formigoni attacca la manovra

"Meno servizi e addio federalismo"

Il governatore della Lombardia: "Dovremo tagliare il 30% delle nostre spese. Avremo tre miliardi in meno nel biennio". La finanziaria è squilibrata e le risorse per il federalismo fiscale non ci sono più" di RODOLFO SALA

Formigoni attacca la manovra "Meno servizi e addio federalismo"

MILANO -"Ribadisco: questa manovra non è equilibrata e mette a forte rischio il federalismo fiscale".

Lei insiste, presidente Formigoni. Ma i leghisti non stanno prendendo affatto bene questo suo grido d'allarme.

"Non sono io a creare tensioni con i nostri alleati. Li ho fatti preoccupare certo, ma la realtà è questa: le risorse per il federalismo fiscale con i tagli annunciati non ci sono più. Bisogna prenderne atto. Lo dico al governo, in un'ottica di piena collaborazione: attenti, c'è qualcosa che non va. E lo dico da federalista convinto, almeno quanto la Lega".

È l'entità della manovra che la preoccupa?

"I numeri sono quelli, c'è poco da fare: 24 miliardi di risparmi. Ce lo chiede il nostro governo, oltre che l'Europa: va bene, accetto. Ma tutti i comparti dello Stato - ministeri, Regioni, province e Comuni - devono contribuire, con una ripartizione equa dei sacrifici. Purtroppo non è così".

E com'è?

"Per le Regioni i tagli sono di 4,5 miliardi nel 2011 e di 5,5 nel 2012. Dieci miliardi su un totale di 24: vuol dire che le Regioni dovranno sopportare più del 45 per cento del carico. Mentre i tagli di spese dei ministeri sono stati fissati al dieci per cento. Per questo parlo di manovra per noi insostenibile e priva di equilibrio.

Quindi?

"Lo abbiamo appena deciso, all'unanimità, alla conferenza delle Regioni: la quota di tagli dev'essere uguale per tutti gli enti dello Stato. Partiamo da una base comune: io penso si possa portare innalzare di due o tre punti quel dieci per cento. Questa è la nostra richiesta al governo".

Ma se i numeri non cambiassero, quale sarebbe l'impatto della manovra in Lombardia, la Regione che lei presiede?

"Saremmo costretti a tagliare 700 milioni nel 2011 e 800 nel 2012: in tutto un miliardo e mezzo di spesa bloccata per rispettare il patto di stabilità. Non è finita".

E cioè?

"È previsto, sempre per la Lombardia, un ulteriore taglio di 1,5 miliardi su altri finanziamenti, a cominciare da quelli legati alla leggi Bassanini che da una decina d'anni hanno trasferito alcune competenze dallo Stato alle Regioni. Fanno tre miliardi in meno nel biennio, e siccome il bilancio proprio della Lombardia (escluso cioè il comparto della sanità) è di dieci miliardi, significa che dovremo tagliare il 30 per cento delle nostre spese, con pesanti ricadute sui servizi sociali, l'istruzione, le politiche a favore delle imprese e quelle ambientali".

Lei ritiene che ci siano margini per trattare, sulla base delle proposte che avete avanzato?

"Abbiamo chiesto e ottenuto l'apertura di un tavolo tecnico-politico con il governo, per verificare tutti i numeri e ripartire le quote di tagli in maniera più proporzionata".

Sulle Province da abolire c'è un po' di confusione: lei come la pensa?

"Sarei un po' più coraggioso. Indicando un criterio: la virtuosità degli enti, si tratti di Province, Comuni, Regioni o ministeri".

In concreto?

"Quelli che sfondano il tetto fissato dal patto di stabilità vanno chiusi".

Addirittura?

"Gli si pone un aut aut: due anni di tempo per rientrare dai debiti, altrimenti i Comuni e le Province inadempienti vengono accorpati, e i ministeri - certo, anche loro - cancellati. Il principio è semplice: chi rompe paga. Quanto alle Province, dire che vanno abolite quelle piccole non ha senso".

Perché?

"Ci sono Province sotto i 220mila abitanti, ma virtuose: come Sondrio, per restare in Lombardia. Altre più grandi e spendaccione: sono queste da abolire. Vale anche per gli invalidi civili: nella manovra c'è un taglio indiscriminato del 15 per cento per tutte le Regioni, ma quelle come la nostra che hanno applicato correttamente la legge nazionale, e non hanno neppure un falsa pensione di invalidità, non devono essere penalizzate".

(28 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

IL RETROSCENA

Il gelo degli imprenditori

sul Cavaliere dimezzato

di ALBERTO STATERA

Il gelo degli imprenditori sul Cavaliere dimezzato

È bastato lo slogan del partito "nonbastista" recitato a più riprese da Emma Marcegaglia nella sala dell'Auditorium di Renzo Piano dedicata a Santa Cecilia Martire a rendere insolitamente domo Silvio Berlusconi.

Il premier parla a una platea di "colleghi" imprenditori per la prima volta perplessi se non disincantati di fronte al suo pacato pallore oratorio. La manovra tremontiana è corretta, va bene per rallentare la spesa e arginare l'evasione "ma non basta", ha ripetuto come un mantra Emma, forse inconsapevolmente replicando il classico topos "benaltrista" del vecchio Partito comunista italiano ("Ci vuole ben altro", risuonava spesso alla fine dei Comitati centrali) sullo sfondo del Politburo confindustriale nel quale per la prima volta, tra gli anziani, spiccava, l'esile figura del giovane John Elkann.

Come stanco del solito copione dell'ottimismo a tutti i costi, quasi spento, il premier ha "regalato" a Emma il discorso scritto e ha tentato quel che di solito gli viene meglio: la divagazione forte e spiazzante, capace fin qui di infiammare le conformiste platee confindustriali. Arrabbiato era arrabbiato, mentre Emma parlava, si agitava sulla sedia e sbuffava: ma che vogliono, gli abbiamo dato tutto, la manovra l'abbiamo fatta con loro. Ma stavolta è come se l'adrenalina l'avesse tradito o se la sintonia con una parte importante del suo popolo avesse subìto un improvviso vulnus ai tempi della crisi globale. La manovra di Tremonti nasce con la Confindustria, con la Cisl e la Uil, ma da imprenditore e da presidente del Consiglio - garantisce un premier terreo, ma composto e verbalmente misurato - so che "non basta".

 

Sottoscrive a malincuore il "nonbastismo" confindustriale. Per questo ha offerto a Emma il ministero delle Attività produttive, che Scajola ha dovuto lasciare travolto dalle imprese della Cricca. "Se la volete ministro alzate la mano". E qui si consuma forse, nel deserto di tre braccia timidamente sollevate in una sala popolata di tremila anime, la fine di un'epoca. Quella che da Vicenza in poi vide consessi frementi applaudire al tempo stesso critiche motivate e apodittiche affermazioni di inesistenti successi lanciate dal premier.

Gelo sul tavolo del Politburo, sguardo verso le scarpe in prima fila del governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, che aveva applaudito ripetutamente la relazione marcegagliesca, mentre ironizza in milanese stretto Fedele Confalonieri. Si compiace per la generosa proposta presidenziale soltanto Paolo Scaroni, regnante sull'Eni, ma alla ricerca di nuova collocazione e forse, in qualche ambulacro dell'Auditorium, Paolo Romani, detto "il sottosegretario di famiglia", non solo per la cura delle televisioni, ma anche perché assessore al comune di Monza, dove si occupa della valorizzazione dei terreni della famiglia Berlusconi, il quale spera di succedere a Scajola.

Interessanti quelle tre isolate mani sollevate nell'immenso Auditorium mentre il premier decreta "allora non ve la potete prendere con quei poveracci che stanno al governo" e invita i presenti a leggere il libro "Il governo del fare". Il più evidente sobbalzo berlusconiano, braccio a braccio in prima fila con Luca Montezemolo, era stato quando la presidente, osando dubitare della mistica del fare, aveva scandito: "Se la maggioranza dovesse ridursi, per litigi e divisioni, all'impotenza si chiuderebbe nell'insuccesso la lunga promessa di una politica del fare". Per il resto erano scivolati via solo con qualche sbuffo di fastidio i cento "Non basta". Non bastano il rafforzamento del fondo di garanzia, la moratoria sui mutui, i tavoli con il sistema bancario, il fondo per la capitalizzazione delle piccole e medie imprese. Non basta mettere in ordine i conti pubblici senza riforme strutturali. Non bastano le liberalizzazioni nel commercio e nelle professioni, tema sul quale Emma evoca addirittura "un'opposizione dura", con la Confindustria che non esiterà a "mettersi di traverso". Non basta neanche la sforbiciata data ai costi della politica, "soltanto un buon inizio". E - figurarsi - non basta neanche lo pseudofederalismo tremontian-leghista. Emma comunque non va e non ha mai pensato per un momento di andare con Berlusconi. Perché i suoi non la lasciano, nonostante le frizioni interne nascoste con voti bulgari, o perché questo governo "non basta"?

E' come se nella Sala Santa Cecilia l'antipolitica abbia cominciato a scalfire persino l'icona dell'imprenditore-politico che ne ha fatto il "teatrino" di tutte le nefandezze, proponendosi come l'alternativa imprenditoriale. In due ore di banali filmini amatoriali (ma quanti soldi hanno assorbito dei 506 milioni che costa ogni anno la burocrazia confindustriale?), di rievocazioni storiche del simpatico professor Valerio Castronovo, nei dieci minuti di pallida performance del premier deluso dal suo popolo d'elezione, l'unica vera ovazione è scattata quando la presidente ha detto: "La politica dà occupazione a troppa gente ed è l'unico settore che non conosce crisi o cassa integrazione". E subito ci ha collegato un appello: "Nessuna fornitura e appalto deve più avvenire senza una gara pubblica. Basta con lavori e commesse ad amici e compari a prezzi gonfiati". Difficile scorgere l'espressione del sottosegretario Gianni Letta, campione con Guido Bertolaso dei "Grandi eventi". Ma come sempre sarà stato sorridente e pensoso.

Presa dal "nonbastismo", Emma ha dismesso ieri il "qualchecosismo", come lo chiamava Francesco Saverio Nitti, riferendosi a quelli che comunque "bisogna fare qualcosa". A Berlusconi non è andata proprio giù. Ora si accettano scommesse sul solito convegno dei Giovani a Santa Margherita Ligure fra due settimane. Gira voce che ci sarà il presidente Giorgio Napolitano, ma che il presidente Berlusconi, deluso, diserterà i nipotini ingrati.

(28 maggio 2010)

 

 

 

 

 

Berlusconi cita Mussolini all'Ocse

"Io non ho nessun potere"

Durante la conferenza stampa a Parigi il presidente del Consiglio riporta una frase dai diari del Duce. Bindi (Pd): "Ma allora che ci sta a fare a Palazzo Chigi?". Orlando (Idv): "Si prenda un periodo di riposo"

Berlusconi cita Mussolini all'Ocse "Io non ho nessun potere" Il tavolo della conferenza stampa a Parigi

PARIGI - Conferenza stampa del vertice Ocse a Parigi. L'Italia è presidente di turno. E Berlusconi cita i diari di Benito Mussolini. ""Come primo ministro non ho mai avuto la sensazione di essere al potere, quando ero imprenditore e avevo 56mila collaboratori avevo la sensazione di avere del potere. In una vera democrazia sono al servizio di tutti, tutti mi possono criticare e magari anche insultare. Chi è in questa posizione non ha veramente potere", dice il presidente del Consiglio. Poi tira in ballo i diari del Duce, letti "recentemente": "Oso citarvi una frase di colui che era considerato come un grande dittatore: dicono che ho potere, ma io non ho nessun potere, forse ce l'hanno i gerarchi, ma non io. Io posso solo decidere se far andare il mio cavallo a destra o a sinistra, ma nient'altro". "Lo stesso succede a me, tanto che tutti hanno il diritto sia di criticarmi che di insultarmi...", aggiunge il premier. "Quindi - conclude - il potere se esiste non esiste addosso a coloro che reggono le sorti dei governo dei vari Paesi". Il che non impedisce che Berlusconi vanti durante la conferenza stampa un gradimento altissimo: "Malgrado la manovra di sacrificio, il mio apprezzamento come primo ministro è oltre il 62%".

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LE REAZIONI. Le parole di Berlusconi suscitano immediate reazioni in Italia. "Citare Mussolini durante l'incontro dell'Ocse a Parigi - commenta il portavoce dell'Idv Leoluca Orlando - è l'ennesima gaffe internazionale di un capo del governo che scherza su tutto, ormai privo di ogni freno inibitorio". E ancora: "Quello del presidente del Consiglio è l'atteggiamento di chi vive una profonda condizione di insicurezza. Noi riteniamo che Berlusconi debba dimettersi oppure si debba concedere un periodo di riposo per il bene dell'Italia. Limiti i danni che sta facendo alle credibilità del nostro Paese e ai diritti degli italiani e ci risparmi almeno il saluto romano e la camicia nera".

"Ma se Berlusconi non ha potere, cosa ci sta a fare a Palazzo Chigi? Oppure sta dando del gerarca a Tremonti?", si chiede Rosy Bindi, vicepresidente della Camera e presidente dell'assemblea del Pd. "Non vedo l'ironia - continua - nella citazione di un dittatore che ha dominato con durezza e violenza l'Italia e che ha usato con grande spregiudicatezza la comunicazione per mistificare la realtà e ingannare gli italiani che ha precipitato in una terribile guerra mondiale. Non vorrei che le parole del premier tradissero in realtà l'insofferenza, altre volte dichiarata, per i limiti e le articolazioni del potere che sono alla base dei sistemi liberaldemocratici. Ma prendere esempio da Mussolini per dolersene, in un contesto internazionale, è davvero surreale".

Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria del Pd, ricorda che "l'Italia ha una storia che nessuno, nemmeno il presidente del Consiglio, può permettersi di banalizzare o di distorcere. Non erano pochi i poteri di Mussolini e non lo sono stati per venti lunghi anni di dittatura con tutte le tragedie che questo ha comportato". "Berlusconi eviti di utilizzare per l'ennesima volta un incontro internazionale come una passerella per esibirsi in show di cattivo gusto - aggiunge l'esponente democratico - Nel momento in cui si chiedono sacrifici ai cittadini italiani, a chi ha la responsabilità di governo è richiesto un di più di sobrietà e di serietà. Quanto all'attualità nessun governo ha mai avuto una maggioranza parlamentare così ampia. Questa forza nei numeri non ha evitato al governo un grave fallimento della sua politica economica, evidentemente non è questione di poteri ma di idee. Infine, a proposito i diari di Mussolini, se sono quelli che gli ha passato Dell'Utri, sono falsi".

Per il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, "le parole pronunciate da Berlusconi a Parigi suonano come un'umiliazione della democrazia e della Costituzione su cui il presidente del Consiglio ha giurato e che, lo ricordiamo, nasce proprio dalla vittoria sul fascismo". "Con l'autoparagone a Benito Mussolini - prosegue - Berlusconi conferma la sua tentazione di voler creare le condizioni per una svolta autoritaria, accentrando in sé tutti i poteri, e dimostra che il rischio concreto di una svolta antidemocratica in Italia esiste".

IL PRECEDENTE. Non è la prima volta che Berlusconi cita Mussolini. La gaffe più clamorosa risale al settembre 2003. In quella circostanza il Cavaliere consegnò a un giornalista straniero parole destinate a suscitare un'aspra polemica politica. Il concetto espresso era il seguente: "Mussolini non ha mai ammazzato nessuno, Mussolini mandava la gente a fare vacanza al confino". All'epoca il cronista del britannico The spectator saltò sulla sedia, al pari dell'opposizione che gridò all'apologia del fascismo. Poco dopo Berlusconi tentò di correre ai ripari: "Non ho mai inteso rivalutare Mussolini, ho reagito da patriota, da italiano vero, rispetto a una comparazione tra Mussolini e Saddam Hussein che non ho accettato. Ancora una volta la sinistra strumentalizza una chiacchierata estiva. Si tratta di una nuova puntata di un tormentone...".

Il caso cui fa riferimento Migliavacca risale invece al 2007, quando Marcello Dell'Utri annunciò di aver ricevuto dai figli di un partigiano deceduto cinque presunti diari manoscritti dal Duce, contenenti appunti dal 1935 al 1939. Alcuni storici come Francesco Perfetti li giudicarono autentici, altri come Giovanni Sabatucci, Valerio Castronovo, Emilio Gentile e Denis Mack Smith manifestarono scetticismo. In seguito L'espresso pubblicò i risultati di uno studio approfondito 2 che chiarisce come si tratti di un falso: Gentile e il presidente dei grafologi italiani Roberto Travaglini constatarono macroscopiche discrepanze storiche e una calligrafia non riconducibile a Mussolini. Questi diari non erano una novità: per la prima volta comparvero nel 1980, offerti in vendita al Time di Londra che li fece visionare ad alcuni esperti e li rifiutò. Nei primi anni '90 vennero proposti alla casa d'aste Sotheby's che ne certificò la falsità. Nel 1992 qualcuno provò a venderli all'editore Carlo Feltrinelli 3 e anche stavolta furono rifiutati. Nel 2004 toccò all'Espresso 4 che li fece analizzare da Gentile e Travaglini e non li comprò. Tre anni più tardi furono acquistati da Dell'Utri che malgrado l'opinione di tanti esperti continua a proclamarne l'autenticità.

(27 maggio 2010)

 

 

 

 

Taglio delle province, è ancora giallo

Pedaggio sulla Salerno-Reggio

Via quelle sotto i 220 mila abitanti, ma il presidente dell'Upi assicura che Berlusconi gli ha detto che non c'è e poi lo stesso premier afferma che "non c'è nessun accenno". Congelamento dei salari pubblici fino al 2013 e tetto del 3,2% anche sui contratti già in vigore

Taglio delle province, è ancora giallo Pedaggio sulla Salerno-Reggio

Il ministero dell'Economia

ROMA - Bisognerà attendere quattro mesi per la completa soppressione delle mini-province con meno di 220 mila abitanti e la delineazione delle aree delle nuove circoscrizioni. E' quanto emerge dal testo definitivo del decreto legge della manovra che, all'articolo 5 stabilisce che "sono soppresse le province la cui popolazione residente risulti, sulla base delle rilevazioni dell'Istat al 1 gennaio 2009, inferiore a 220 mila abitanti".

Le norme danno facoltà ai Comuni, entro 60 giorni, di scegliere la nuova provincia tra quelle non soppresse della propria Regione e prevede 120 giorni prima che un decreto del presidente del Consiglio arrivi "alla nuova determinazione delle circoscrizioni provinciali". Ancora 2 mesi e saranno trasferiti i beni e le risorse delle province soppresse.

Ma il giallo che sembrava risolto ha invece una nuova puntata. "Nessuna norma nella manovra riguarda l'abolizione delle province", ha detto questa mattina il presidente dell'Upi (l'associazione di categoria), Giuseppe Castiglione, durante la conferenza stampa seguita all'Ufficio di presidenza dell'associazione, riferendo di una telefonata avuta poco prima sia con il premier Silvio Berlusconi, sia con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico Letta.

Versione confermata nel tardo pomeriggio dal presidente del Consiglio durante la conferenza stampa tenuta a Parigi per il vertice dell'Ocse: "Nel decreto non c'è nessun accenno alle Province", ha detto rispondendo alla domanda rivoltagli sull'argomento da un giornalista.

I provvedimenti in 54 articoli. E' composto da 54 articoli e tre allegati, per un totale di 150 pagine, il testo finale del decreto legge messo a punto dal governo. Il provvedimento è suddiviso in tre diversi ''titoli'': il primo relativo alla stabilizzazione finanziaria (art. da 1 a 17), il secondo sul contrasto all'evasione fiscale e contributiva (art.17-39), il terzo su sviluppo e infrastrutture (art.40-54).

 

Salari pubblici congelati. Per il triennio 2011-2013 il trattamento economico complessivo dei dipendenti pubblici non potrà superare l'importo del 2010. Il ''congelamento'' dei trattamenti vale anche per ''il trattamento accessorio previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche''. Lo prevede uno degli articoli portanti del testo definitivo. Lo stesso articolo ''in considerazione della eccezionalità della situazione economica internazionale'' prevede nello stesso periodo un taglio del 5% per i redditi superiori ai 90.000 euro annui, e del 10% sopra i 150.000 euro.

La scure sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici, inoltre, non consentirà ai rinnovi contrattuali stabiliti nel 2008-2009 di superare la soglia del 3,2%. Si stabilisce espressamente che ''la disposizione si applica anche ai contratti ed accordi stipulati prima dell'entrata in vigore del presente decreto'' e che ''i trattamenti retributivi saranno conseguentemente adeguati'' dal mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto. Dal ''taglio'' sono salve le Forze di Polizia e i Vigili del Fuoco.

Gratis incarichi aggiuntivi dei dirigenti. Stop alla moltiplicazione dei salari per i doppi incarichi per i dirigenti pubblici. La manovra - è scritto nel testo finale del provvedimento - prevede la ''disapplicazione'' delle norme che autorizzano ''quote di salario'' legati ''all'espletamento di incarichi aggiuntivi''.

Taglio anche per i collaboratori dei ministri. I compensi ai collaborati dei ministri saranno tagliati del 10%. ''Le indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei ministri - è scritto nel provvedimento - sono ridotte del 10%. La riduzione si applica sull'intero importo dell'indennita''.

Pedaggio anche sulla Salerno-Reggio Calabria. Non solo i raccordi autostradali, ma anche autostrade in gestione diretta dell'Anas - come ad esempio la Salerno-Reggio Calabria - saranno sottoposti all'applicazione del pedaggio. ''Entro 45 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge sono stabiliti criteri e modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa, in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria oltre che quelli relativi alla gestione, nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio''.

Sulle autostrade collegate con raccordi autostradali gestiti dall'Anas ci sarà una maggiorazione di 1-2 euro, a seconda delle classi di pedaggio, e scatterà da luglio, cioè, come scritto in burocratese, ''a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto''. L'aumento, che non potrà superare del 25% l'attuale pedaggio, durerà fino a quando non saranno stabiliti i criteri per l'introduzione dei pedaggi sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta Anas. Servirà a investimenti e manutenzione straordinaria.

Sconti fiscali ai premi di produttività. Il fisco e la previdenza faranno lo sconto ai ''premi'' dati ai dipendenti che hanno contributo a far guadagnare la propria impresa o a renderla più competitiva. La novità scatterà dal 2011 e si applicherà su importi fino a 6.000 euro per redditi non superiori a 40.000 euro. Il testo, pur non indicando la percentuale di tassazione, introduce il concetto di premialità fiscale per la parte di salario collegato agli utili aziendali. Sono soggette a un'imposta sostitutiva dell'Irpef ''le somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato, in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegati ai risultati riferiti all'andamento economico o agli utili dell'impresa o ad ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale''.

Enti previdenziali nell'Inps. Gli istituti previdenziali Ipsema (Istituto di previdenza per il settore marittimo), Ispesl (Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro) sono soppressi e le relative funzioni sono attribuite all'Inail, e l'Ipost (Istituto postelegrafonici) è assorbito dall'Inps.

Sanatoria case "fantasma". Obbligo di denuncia al catasto, con sanzione ridotta a un terzo, per gli edifici rilevati con i rilievi aerei che non risultano iscritti. Eventuale attribuzione di rendita presunta con effetto retroattivo.

Evasione recuperata, un terzo ai Comuni. Il 33% delle maggiori entrate sarà attribuito ai Comuni che avranno partecipato all'accertamento e recupero.

Stretta sull'invalidità. Sale dal 74 all'80% la percentuale di invalidità per ottenere l'assegno. L'Inps effettuerà 100.000 controllo nel 2010 e 200.000 l'anno nel 2011 e 2012. Le Regioni dovranno concorrere alle spese per l'invalidità civile.

Corte Costituzionale: "Sacrifici anche noi". La Corte Costituzionale intende dare il proprio contributo ai sacrifici richiesti anche alle Istituzioni dalla manovra, impegnandosi ad aggiungere alla riduzione degli stipendi dei Giudici il taglio di altre spese della Consulta. "La Corte costituzionale - sottolinea la Consulta in una nota- intende proseguire nella linea di rigore e di contenimento della spesa per il proprio funzionamento, che ha già portato alla sua autonoma decisione di rinunciare, sin dal 2008, ad ogni incremento della dotazione che da quella data non è stata più rivalutata, con conseguente risparmio per le finanze pubbliche.

Inoltre, tenuto conto della manovra economica in via di elaborazione, ha già posto all'esame ulteriori misure di tagli alle proprie spese (per personale ed acquisto di beni e servizi) che, in aggiunta alla riduzione degli emolumenti dei Giudici della Corte, stabiliti per legge, possano ulteriormente contribuire alla riduzione della spesa pubblica".

(27 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Autostrade, tangenziali e raccordi

ecco le arterie a rischio pedaggio

La manovra finanziaria prevede di intodurre il pagamento su 23 infrastrutture di competenza dell'Anas. Tra i tratti più importanti la Salerno-Reggio Calabria, il Grande raccordo anulare di Roma, l'autostrada Roma-Fiumicino, la superstrada tra Firenze e Siena e la bretella tra Torino e l'aeroporto di Caselle.

Autostrade, tangenziali e raccordi ecco le arterie a rischio pedaggio

ROMA - Undici autostrade e 12 raccordi autostradali per un totale di 23 autostrade su tutto il territorio italiano, tra cui la Salerno-Reggio Calabria, la Roma-Fiumicino, la Palermo-Catania e il Grande raccordo nazionale. Tante sono le autostrade dell'Anas dove attualmente non si paga il pedaggio e dove, in base alle disposizioni della manovra, potrebbe essere introdotto il pagamento.

Ecco l'elenco completo:

Autostrade: A3 - autostrada Salerno-Reggio Calabria; A18dir diramazione di Catania; A19 - autostrada Palermo-Catania; A19 dir - Palermo diramazione per via Giafar; A29 autostrada Palermo-Mazara del Vallo; A29 dir - autostrada Alcamo-Trapani; A29dirR/A - diramazione per Birgi; A29 racc. - diramazione per Punta Raisi; A29 racc bis - raccordo per via Belgio; A91 - autostrada Roma-Aeroporto di Fiumicino; A90 - autostrada Grande raccordo anulare

Raccordi autostradali: raccordo tangenziale nord città di Bologna; raccordo autostradale Salerno-Avellino; raccordo autostradale Siena-Firenze; raccordo autostradale di Reggio Calabria; raccordo autostradale Scalo Sicignano-Potenza; raccordo autostradale Bettolle-Perugia; raccordo autostradale Pavia-autostrada A/7 'Milano-Serravalle'; raccordo autostradale Ferrara-Porto Garibaldi; raccordo autostradale di Benevento; Raccordo autostradale Torino-aeroporto di Caselle; raccordo autostradale Ascoli-Porto d'Ascoli; raccordo autostradale Chieti-Pescara.

Immediate le reazioni. Secondo il Codacons "un pedaggio sulla Salerno-Reggio Calabria è semplicemente paradossale -afferma il presidente Carlo Rienzi - considerando i cantieri eternamente aperti da decenni e i disagi patiti dagli automobilisti che utilizzano tale arteria, dovrebbero essere i cittadini ad essere pagati quando si avvalgono della A3". "Per quanto riguarda il Grande raccordo anulare - prosegue Rienzi - un pedaggio è assolutamente impensabile, perchè avrebbe come conseguenza quella di spingere gli automobilisti della capitale, che magari utilizzano tutti i giorni il Gra, ad avvalersi di strade alternative, paralizzando in modo definitivo il traffico della città. Il sindaco Alemanno dovrebbe far capire al Governo che la situazione della viabilità romana è unica in tutto il mondo, e non consente in alcun modo di mettere a pagamento strade utilizzate quotidianamente dai cittadini".

Simile il tono del vicepresidente della Provincia di Bologna Giacomo Venturi, secondo cui "l'inserimento della tangenziale scombina i piani dell'amministrazione che per la quattro-corsie a nord della città aveva altri progetti: pedaggio sì, ma collegato alla realizzazione del passante nord e per finanziare il servizio ferroviario metropolitano".

(27 maggio 2010)

2010-05-27

ASSEMBLEA CONFINDUSTRIA

Marcegaglia: "Pieno sostegno alla manovra

ma servono riforme per rilanciare lo sviluppo"

"Il Paese deve tornare a crescere in modo sostenuto". Appello ai sindacati: "Serve una grande Assise dell'Italia delle imprese e del lavoro. Incontriamoci entro l'estate". E al governo: non cada in "litigi e divisioni", avanti senza ripensamenti sulla strada delle liberalizzazionidi ROSARIA AMATO

Marcegaglia: "Pieno sostegno alla manovra ma servono riforme per rilanciare lo sviluppo"

La presidente di Confindustria Emma Marcegaglia

ROMA - Un sì convinto alla manovra, ma un appello al governo perché non si fermi a un risanamento obbligato, ma prosegua sulla strada del rilancio del Paese, mantenendosi unito "senza urne" e senza cadere nella trappola nei conflitti interni. E un altro appello a tutti i sindacati per "una grande Assise delle imprese e del lavoro" da convocare entro l'estate. Sono le linee principali della relazione che la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ha presentato stamane all'Auditorium Parco della Musica di Roma. Sciogliendo la riserva espressa nelle ultime ore, Marcegaglia ha espresso "pieno sostegno alla linea di rigore del ministro dell'Economia e approvata martedì dall'Esecutivo", dal momento che "la manovra varata dal governo contiene misure che Confindustria chiede da tempo". Pur apprezzando, Confindustria chiede però al governo di fare un importante passo in avanti, dal momento che "mancano, però, interventi strutturali per incidere sui meccanismi di formazione della spesa pubblica": "Servono riforme per rilanciare lo sviluppo". L'obiettivo primario del risanamento infatti è monco senza un serio progetto di crescita: "Vive in noi una grande ambizione - sottolinea la presidente di Confindustria - tornare a crescere in modo sostenuto". Al tempo stesso, al governo Marcegaglia chiede con forza di non fare un passo indietro sulle liberalizzazioni, altrimenti c"noi ci metteremo di traverso e sarà opposizione dura", minaccia.

Per "un'Italia capace di stare a testa alta nel mondo", occorre stringere le fila, e trovare coesione. In particolare, al governo Marcegaglia chiede ancora di mantenersi unito, superando "litigi e divisioni" che porterebbero all'impotenza. L'armonia è però necessaria anche tra imprenditori e sindacati, nessuno escluso: "Serve una grande Assise dell'Italia delle imprese e del lavoro. E' questa la proosta che rivolgiamo a tutte le organizzazioni sindacali e alle associazioni datoriali. Incontriamoci subito. Diamoci l'obiettivo di una grande intesa per la crescita. Entro l'estate". Un appello che però non implica nessun passo indietro rispetto alla linea scelta, e nessun passo verso le tesi della Cgil: "Il nuovo modello contrattuale funziona. Lo dimostrano i rinnovi conclusi. Ai sindacati voglio dirlo con sincerità, anche a quella parte che non ha firmato l'accordo nel febbraio 2009". Il passo indietro viene invece chiesto piuttosto a Epifani: "Arroccarsi dietro i no non aiuta a risolvere i gravi problemi del Paese. L'opinione pubblica fa sempre più fatica a capire la logica della distinzione per principio".

 

Le conseguenze della crisi. La relazione di Emma Marcegaglia ripercorre il periodo durissimo appena passato, e non ancora concluso: "L'ultimo anno e mezzo è stato durissimo. A marzo 2009 avevamo perso 26 punti di produzione industriale rispetto ai massimi pre-crisi. A marzo 2010 eravamo ancora sotto di oltre 20 punti". Una condizione che, confessa Marcegaglia, si è riflettuta sul proprio mandato di presidente di Confindustria: "Il mio mandato giunge oggi esattamente alla metà del suo tempo. Sono stati anni difficili, anzi difficilissimi. Per me è stata una responsabilità molto pesante". Tuttavia Marcegaglia taglia corto sulle polemiche interne di questi giorni, lanciando un caloroso grazie ai colleghi industriali: "Grazie al calore, alla passione, alla forza che tutti voi mi avete trasmesso. Non ho parole adeguate per esprimere ciò che mi avete dato".

Cento trimestri bruciati. "Per l'Italia il bilancio della crisi è stato pesantissimo. - ricorda Marcegaglia - Rispetto ai picchi del primo trimestre 2008, abbiamo perso quasi sette punti di Pil e oltre 700mila posti di lavoro. Il ricorso alla Cassa integrazione guadagni è aumentato di sei volte. La produzione industriale è crollata del 25%, tornando ai livelli di fine 1985: 100 trimestri bruciati". Ma la ripresa è già iniziata: "E' in corso un rimbalzo che potrebbe anche risultare superiore alle attese. La produzione industriale sta aumentando del 7% annuo e accelera il passo".

Venir fuori dalla bassa crescita. Non è certo però il momento di cantare vittoria: "Su questo recupero gravano le incognite della crisi europea in atto". Soprattutto, il problema per l'Italia non è solo quello di uscire dalla crisi, ma anche quello di uscire dalla spirale di bassa crescita che l'affligge da molto più tempo: "Tra il 1997 e il 2007 il PIL è aumentato dell'1,4% l'anno contro il 2,5% del resto dell'Eurozona, il 3% degli Stati Uniti. Il reddito per abitante è arretrato di sette punti rispetto alla media dell'area euro. Uno scenario davvero poco incoraggiante".

Spezzare la spirale di crescita bassa. E allora bisogna andare oltre: "Bisogna spezzare la spirale fatta di scarsità di investimenti. Fuga di giovani. Imprese che faticano a crescere e la cui dimensione media tende a diminuire. Un ambiente sfavorevole alle iniziative imprenditoriali". Il governo, ribadisce Marcegaglia, ha fatto le scelte giuste, dall'inizio della crisi a oggi: "In condizioni molto difficili, il governo ha saputo frenare il disavanzo pubblico, e avviarne la riduzione, ora. Gli interventi delola Finanziaria 2011-2012 si muovono correttamente per rallentare la spesa e arginare l'evasione".

I conti in ordine non bastano, servono le riforme. Tuttavia, rileva la presidente di Confindustria, "questa maggiore disciplina non è stata il frutto di una scelta politica maturata con lungimiranza e senso di responsabilità. Ma è stata imposta dall'andamento dei mercati". E inoltre "mettere i conti pubblici in ordine non basta e non è neppure duraturo senza profonde riforme strutturali". Confindustria ha consegnato a tutti i presenti un accurato studio sulle riforme necessarie: si chiama "Italia 2015. Le imprese per la modernizzazione del Paese". Gli interventi principali a giudizio di Confindustria sono però stati anticipati da Marcegaglia nella relazione: riguardano le infrastrutture (si chiede di "elevare stabilmente al 2,5% del Pil gli investimenti in opere pubbliche"), l'energia, la ricerca (l'Italia deve recuperare il ritardo), il capitale umano (si chiede di promuovere la meritocrazia), il fisco (si chiede di ridurre le tasse su imprese e lavoratori e di combattere seriamente l'evasione fiscale), la giustizia (si chiede un intervento serio sui tempi inaccettabili dei processi). "Sono alcune delle proposte essenziali per raccogliere e vincere la sfida che abbiamo lanciato a Parma: tornare a crescere stabilmente ad almeno il 2%", spiega Marcegaglia.

Ceduti alla Germania 32 punti di competitività. Riforme ineludibili perché "la bassa crescita italiana si traduce in bassi salari, penalizza il potere di acquisto delle famiglie, aggrava il problema del debito pubblico. Alla lunga, mina la democrazia e incattivisce la società". "La lenta crescita - prosegue Marcegaglia - nasce dal cattivo andamento della produttività. Nell'industria manifatturiera, tra l'avvio dell'euro e il 2007, il costo del lavoro per unità di prodotto è cresciuto in Italia del 19%, mentre si è ridotto del 7,5% in Francia e del 9,8% in Germania. Abbiamo ceduto ai tedeschi ben 32 punti di competitività. Non ci si deve poi stupire se l'Italia cresce poco".

Ritornare alle liberalizzazioni, ridurre la spesa pubblica. La colpa non è tanto delle imprese che, sottolinea Marcegaglia, "operano in un contesto poco accogliente". Anche se naturalmente i margini di miglioramento sono molto ampi anche per gli imprenditori: le imprese piccole, ricorda la presidente di Confindustria, non riescono a fare ricerca e innovazione e a esportare. "Per queste ragioni le reti di impresa possono rappresentare uno strumento utile da usare per accrescere la competitività, stimolando la cooperazione a livello tecnologico, commerciale e produttivo". Al governo però Confindustria continua a chiedere con forza di sciogliere "il nodo irrisolto tra Stato e mercato": "Le liberalizzazioni mancate continuano a penalizzare il Paese". E minaccia: "Se il governo prosegue con questa marcia indietro noi ci metteremo di traverso". Fondamentale anche ridurre la spesa: "La spesa pubblica italiana deve diminuire di almeno un punto di Pil l'anno per i prossimi tre anni. Il programma pluriennale di riduzione dovrà proseguire fino a farla scendere ai livelli tedeschi pre-crisi. Non è impossibile. E' necessario. Nessuna voce è intoccabile. Non è più accettabile il ritornello che la spesa pubblica è incomprimibile".

Il governo si mantenga unito. Ma la spesa non deve solo ridursi, deve anche diventare efficiente. Per prendere le "decisioni all'altezza dei problemi" il governo deve rimanere unito: "Se la maggioranza dovesse ridursi, per litigi e divisioni, all'impotenza, allora non potrà esserci maggior crescita. E si chiuderebbe nell'insuccesso la lunga promessa di una politica del fare, proprio nel momento in cui la crisi ci obbliga a concentrarci su alcune scelte decisive per l'Italia".

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ASSEMBLEA CONFINDUSTRIA

Berlusconi a Marcegaglia

"Vieni a fare il ministro dello Sviluppo"

Il premier chiede il "permesso" agli industriali: "Che ne direste?". E al loro no replica: "Allora non potete prendervela con il governo". E assicura: "Non abbiamo fatto alcuna marcia indietro sulle liberalizzazioni"di ROSARIA AMATO

Berlusconi a Marcegaglia "Vieni a fare il ministro dello Sviluppo"

Il premier Berlusconi e la presidente di Confindustria Marcegaglia

ROMA - Marcegaglia al posto di Scajola. La proposta arriva dal presidente del Consiglio Berlusconi, testimone la platea di Confindustria, riunita per l'Assemblea Annuale all'Auditorium Parco della Musica di Roma. Appena Marcegaglia finisce la sua relazione, Berlusconi prende la parola, mostra il discorso scritto precisando che non lo leggerà, e dice: "Per la prima volta c'è al governo un imprenditore, che cerca di governare l'Italia come faceva con le sue imprese, con concretezza. Ma ho bisogno di essere aiutato. Quando ti ho proposto di venire ad assumere la responsabilità del ministero dello Sviluppo tu mi hai risposto: 'Come la prendono in Confindustria'? Ora ti ripropongo l'offerta, e agli industriali presenti chiedo: "Voi come la prendereste?". E propone una votazione per alzata di mano, ma non si alza alcuna mano in sala. "Dite di no? E allora poi non prendetevela con il governo...", conclude il premier, senza perdere il suo buon umore.

L'intervento di Berlusconi è poi proseguito per dieci minuti scarsi, una brevità che i presenti non sanno se attribuire al disappunto per il no alla proposta rivolta alla Marcegaglia, o a una certa freddezza con gli industriali. La stessa relazione della presidente, nel sottolineare l'apprezzamento nei confronti della manovra, ha parlato di "pieno sostegno alla linea di rigore del ministro dell'Economia", quasi a voler marcare la distanza con un Berlusconi che le indiscrezioni volevano più 'colomba' rispetto al Tremonti 'falco'. E comunque all'apprezzamento ha fatto seguire una lunga lista di "compiti" che il governo dovrebbe affrontare nei prossimi mesi, sottolineando come da sola la manovra non basti a far risalire il Paese.

 

Il premier ha mostrato comunque di apprezzare il contenuto della relazione, "tranne alcuni punti": "Non abbiamo fatto alcuna marcia indietro sulle liberalizzazioni, anzi continuiamo in questa direzione", ha protestato. Dando ampie assicurazioni sulla 'tenuta' del governo: "Avanti tutta, ce la faremo anche questa volta. La maggioranza è coesa. "Qui c'è Gianfranco Fini - ha aggiunto guardando il presidente della Camera seduto in prima fila - che può garantire che in Parlamento la maggioranza sarà coesa, voterà i provvedimenti del governo e rispetterà il mandato che ci è stato dato dagli elettori''.

Berlusconi ha rinnovato l'appello all'ottimismo: "Senza ottimismo e fiducia non andremmo da nessuna parte. In una situazione di crisi chi ci crede può migliorare le performance e le quote di mercato". E gli industriali lo sanno bene, ha ribadito Berlusconi, che si è complimentato con gli imprenditori per "la passione e la capacità di rischiare. In voi non ho mai incontrato atteggiamenti di scoramento".

Ma non ha risparmiato una dura critica ai governi precedenti: "Non ve la potete prendere con questi poveracci del governo che hanno ereditato la situazione da chi ha governato nei decenni precedenti ed è riuscito persino a moltiplicare per 8 il debito pubblico".

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QUIRINALE

L'appello di Napolitano agli industriali

"Insieme per far crescere il Paese"

Il messaggio del capo dello Statoall'assemblea di Confindustria: "Serve condivisione su obiettivi e linee da perseguire". Benedetto VXI: "Politici e imprenditori attutiscano gli effetti della crisi occupazionale"

L'appello di Napolitano agli industriali "Insieme per far crescere il Paese"

ROMA - "Dobbiamo fare crescere il paese più e meglio. Questo è possibile solo facendolo crescere insieme". Giorgio Napolitano lancia il suo appello all'unità del Paese in un messaggio video inviato all'assemblea di Confindustria. "Sono vicino all'impegno e ai valori che voi rappresentate", premette Napolitano nel suo discorso in cui più volte ha richiamato l'importanza della ricorrenza dell'Unità d'Italia accostandola a quella dei cento anni di Confindustria. Il capo dello Stato ha spiegato che sono di fronte al paese "scelte di medio e lungo periodo" e che ci vuole "condivisione su obiettivi e linee da perseguire". "Compio ogni sforzo, come è mio dovere, per rappresentare e valorizzare quel che unisce l'Italia, affinchè ciò prevalga su ogni esasperazione di pur legittime distinzioni di interessi e di posizioni politiche - continua il capo dello Stato - Occorre una maggiore consapevolezza in tutte le sfere sociali e in tutte le parti politiche, della portata delle sfide che l'Italia è chiamata ad affrontare, insieme con l'Europa, in un mondo che è profondamente cambiato e tende ancora a cambiare".

Grande enfasi ha posto il presidente della Repubblica sul centocinquantenario dell'Unità: "Se nel 1860-61 non si fosse unita, l'Italia non sarebbe entrata nella modernità", "se non mantenesse salda la sua unità, l'Italia sparirebbe dalla scena europea e mondiale". Il capo dello Stato ha sottolineato che bisogna "rinsaldare l'unità" e superare "le incompiutezze". Per Napolitano un "contributo essenziale può venire dal mondo degli imprenditori", soprattutto per quelle qualità che secondo il presidente della Repubblica in questo momento sono indispensabili per il paese e che sono "europeismo, coesione nazionale e coraggio civile".

Benedetto XVI. "Chiedo ai responsabili della cosa pubblica e agli imprenditori di fare quanto è nelle loro possibilità per attutire gli effetti della crisi occupazionale". Benedetto XVI si rivolge così ai vescovi italiani riuniti in questi giorni in assemblea generale in Vaticano. E lo fa puntando l'attenzione sulle conseguenze della crisi economica.

(27 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

LA CONFERENZA STAMPA

Berlusconi difende la manovra

"Sacrifici necessari per salvare l'euro"

Il premier incolpa i governi della sinistra e della Prima Repubblica per le difficoltà dei conti pubblici. "Abbiamo ridotto la mano dello Stato e non aumentato le tasse". "Speriamo in collaborazione dell'opposizione"

Berlusconi difende la manovra "Sacrifici necessari per salvare l'euro"

ROMA - Accusa i governi passati, dagli Anni '80 agli esecutivi della sinistra. Ribadisce che la manovra non è un aggiustamento tradizionale dei conti. La definisce un intervento equilibrato, che taglia la spesa, riduce la mano dello Stato e penalizza chi ha di più. Sottolinea che non sono state aumentate le tasse. Annuncia misure di contrasto all'evasione fiscale. Dice che se arriveranno proposte valide dall'opposizione le accetterà. Infine nega che ci siano state divisioni nel governo. Silvio Berlusconi difende la finanziaria da 24 miliardi.

Accanto a lui c'è Giulio Tremonti, da molti considerato il vero vincitore della partita sul deficit. Ma che, da subito, non sembra voler prendersi sulle spalle l'intero carico di impopolarità delle misure varate. E infatti segnala che una manovra così, per la sua importanza, non può che essere in primo luogo del capo del governo.

Crisi provocata da speculazione . "La crisi è stata provocata dalla speculazione", e si tratta di "una situazione senza precedenti", dice il Cavaliere. "La manovra è chiesta dall'Europa, e i sacrifici richiesti sono indispensabili per difendere la nostra moneta. Difendere l'euro significa salvare il nostro Paese, la sfida è questa".

Colpa della sinistra. Ma per il Cavaliere la colpa è anche del "governo della sinistra" che ha fatto una "riforma costituzionale dissennata che ha fatto esplodere i costi della sanità". E anche a una domanda sulle polemiche nella maggioranza rispetto alla tassa di soggiorno a Roma la risposta è stata: "E' colpa della sinistra che ha dissestato i conti della capitale".

Meno Stato nell'economia

. "La migliore ricetta contro la speculazione è la riduzione della spesa pubblica e dell'intervento dello Stato nell'economia", dice Berlusconi, che parla di "un sistema irresponsabile" e della necessità di "provvedimenti equilibrati e inevitabili".

"Chiediamo agli statali un gesto di responsabilità". "Con la manovra chiediamo un atto di responsabiità ai dipendenti pubblici, i loro redditi sono aumentati rispetto a quelli privati". Il motivo per il presidente del Consiglio sta nel fatto che "i dipendenti pubblici non rischiano di andare in cassa integrazione e sono tutelati dal posto pubblico".

"Pensioni garantite". "Tutte le pensioni sono tutelate e garantite. Nessun intervento sull'entità delle pensioni, chiediamo solo a chi si appresta ad andare in pensione di restare un pò di più".

Mezzogiorno, evasione inaccetabile. "Nel Sud ci sono percentuali inaccettabili" di evasione" ad esempio "l'85% in Calabria e il 63% in Sicilia". Quindi "i controlli inseriti dalla manovra sono il primo rimedio al malcostume", ha detto il premier.

Tremonti e l'apprezzamento Ue. Il ministro dell'Economia ha citato in risposta alle critiche l'apprezzamento "quasi istantaneo di una grande agenzia di rating che vede una prospettiva di stabilità nel ungo termine". "Inoltre", dice, "abbiamo le dichiarazioni positive dell'Ocse e siamo in attesa di altri istituti che comunicano apprezzamento".

La manovra, ha aggiunto, è un "intervento giusto tempestivo ed efficace. Fatto per il bene comune contenuto nel bilancio pubblico. In una parola abbiamo fatto il nostro dovere. Non c'erano alternative per tempi e contenuti".

Poi conferma alcune indiscrezioni sul testo a proposito dell'Irap al Sud ("I nuovi insediamenti produttivi nel mezzogiorno "non la pagheranno") e sostiene che "per le Regioni l'intervento è pesante ma non insostenibile".

(26 maggio 2010)

 

 

 

 

 

"Hanno tentato di farmi fuori"

i sospetti del Cavaliere

Berlusconi teme un accordo contro di lui da parte di Tremonti, la Lega e i poteri forti. "C'è chi ha messo in gioco la fine del berlusconismo"

di CLAUDIO TITO

"Hanno tentato di farmi fuori" i sospetti del Cavaliere Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti

"C'E' QUALCUNO che stavolta sta giocando davvero contro di me". Trentasei ore vissute sull'onda dei sospetti. Ogni parola letta in controluce. E gli "alleati più leali" che si rivelano "non più affidabili". Per Silvio Berlusconi non si è trattato solo di discutere la manovra economica "più pesante della mia vita", ma anche di rivedere la gerarchia delle alleanze. Di allontanare i sospetti del "complotto". Riformulare le amicizie dentro il governo.

A cominciare dal rapporto con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e con la Lega di Umberto Bossi. E già, perché dietro ogni singola misura, si è giocato qualcosa di più di una semplice battaglia sui numeri. Come ha ripetuto ieri mattina lo stesso Cavaliere, "è stato messo in gioco il "berlusconismo"". E i protagonisti non sono stati solo il titolare del Tesoro e il sottosegretario Letta, Bossi e Gianfranco Fini. Secondo il premier, si sono improvvisamente attivate le lobby più potenti. Quei "poteri forti" che hanno cercato di coagularsi intorno ai protagonisti della vicenda. "Per farmi fuori, per preparare un altro governo, per profilare un'emergenza nazionale". L'ombra del "complotto", insomma, che ha innervosito il presidente del consiglio e che si è stesa persino sul "socio" più leale: il Senatur.

Da tempo, del resto, molti ministri hanno seguito il braccio di ferro tra Letta e il capo del Tesoro, come la rappresentazione plastica di un duello più ampio. Con il sottosegretario spalleggiato dall'uomo forte della finanza, Cesare Geronzi, una parte della gerarchia ecclesiastica e dai giornali d'area che in questi giorni hanno infatti agitato lo spauracchio di un esecutivo tecnico. Con Tremonti, invece, sostenuto dalla Lega, da alcune banche del nord, da una parte della Finanza cattolica che nel mondo tremontiano ha le sembianze di Ettore Gotti Tedeschi, presidente del potentissimo Ior, e da settori del centrosinistra. Uno scontro nel quale Berlusconi ha sempre svolto la parte dell'arbitro, ma che ora teme di non poter più controllare. "Forse - è stata la sua riflessione - qualcuno pensa di poter cambiare la posta".

Infatti, nonostante l'armistizio firmato in extremis, il capo del governo è stato durissimo con il ministro dell'Economia. "Giulio - ha ripetuto anche ieri sera il Cavaliere - ha costruito la manovra come se volesse smentire tutto quello che ho fatto in questi anni". Non solo. Tutti provvedimenti, a suo giudizio, sono stati concordati solo con i Lumbard, e in particolare con il ministro Roberto Calderoli, scatenando le ire di tutti gli altri dicasteri. Ma soprattutto il premier ha scorto un obiettivo ben preciso: "Hanno calcato la mano - si è lamentato - per mettere al riparo il federalismo fiscale. Pensano che l'Ue non accetterebbe la riforma federalista se prima non diamo garanzie sui conti. Ma i progetti della Lega non possono venire prima di tutto il resto". Il suo dubbio, dunque, è che il pacchetto "tremontiano" contenga in sé una sorta di "tesoretto" da utilizzare proprio per il federalismo fiscale. Sospetti che il titolare di Via XX Settembre ha respinto con decisione. Lo ha fatto l'altro ieri nell'ufficio di Berlusconi a Palazzo Chigi e lo ha ripetuto ieri prima della conferenza stampa congiunta. "Senza un intervento rapido, salta tutto: mi sono mosso su una linea molto delicata. Dopo quel che è accaduto in Grecia, dovevamo dare un segnale ai mercati. Lo faccio per il bene di tutti. Il mio rigore non ha altre ragioni se non la stabilità finanziaria del Paese e il suo futuro".

Eppure nella cena di martedì sera a Via del Plebiscito, Berlusconi ha sentito parlare l'intero stato maggiore leghista solo ed esclusivamente di federalismo fiscale. Ha ascoltato il Senatur definirlo "un'occasione da non perdere". Tant'è che proprio negli ultimi giorni ha provato ad accorciare le distanze con Fini. Una mossa tattica. Per frenare l'irruenza del Carroccio, ha rispolverato il "vecchio" alleato. "Se fate così - è stata la mossa compiuta con Bossi - cosa dico a Fini?". Ha persino incontrato l'odiato finiano Italo Bocchino e riesumato la commissione sui costi del federalismo suggerita dall'ex leader di An e che concluderà i lavori a fine giugno. Una sponda che stavolta Fini ha colto. Ma non per siglare la pace - "niente sarà più come prima" - bensì per dimostrare di avere ragione quando si lamenta che "il governo è a trazione leghista".

Sta di fatto, che fino al ritorno di Napolitano in Italia le misure verranno ulteriormente limate. Il premier ha imposto di alzare il tetto per la tracciabilità, ha elevare la soglia per imporre la tassa del 10% sugli stipendi pubblici (sopra i 150 mila euro) e ha reclamato di rinviare la cancellazione delle province. Tutti emendamenti che Tremonti sta apportando al suo testo. In più, ha imposto al suo ministro le parole d'ordine con cui presentare la manovra: "non siamo in recessione", "facciamo tutto per colpa della Grecia", "le tasse le abbasseremo". Ma il feeling tra i due sembra definitivamente rotto. E tutti se ne sono accorti martedì sera quando il Cavaliere, nella riunione a Via del Plebiscito, si è improvvisamente bloccato e lanciato un'occhiataccia di fuoco al ministro che gli sedeva accanto: "Giulio, perché scrivi quello che dico?". "Mi segno le barzellette che racconti".

(27 maggio 2010)

 

 

 

 

IL COMMENTO

L'iniquità irresponsabile

di MASSIMO GIANNINI

"Più di così non si poteva fare", dice Berlusconi della manovra approvata dal governo "salvo intese", con una formula da vecchio pentapartito della Prima Repubblica. Almeno su questo il presidente del Consiglio ha ragione: 24 miliardi sono tanti, per un Paese che da una decina d'anni perde competitività e produttività e langue con un tasso di crescita dello 0,5%. Tuttavia meglio di così non solo si poteva, ma si doveva fare. Su questo il premier ha torto marcio.

Non sono in discussione la necessità politica e l'urgenza economica di questa legge finanziaria fuori stagione, fatta di "sacrifici duri" e varata in corsa "per evitare che l'Italia faccia la fine della Grecia", secondo la definizione-shock usata tre giorni fa da Gianni Letta. Sono invece in discussione altri due aspetti, non meno essenziali: l'irresponsabilità ideologica e l'iniquità sociale. L'irresponsabilità ideologica è iscritta nel codice genetico del berlusconismo, come forma di negazione della realtà e di manipolazione della verità. Questa "manovra epocale", o "tornante della storia" secondo la prosa enfatica di Tremonti, è precipitata sul Paese in un improvviso clima di "emergenza nazionale". Per più di due anni il premier ha raccontato che la crisi non c'è mai stata, o che comunque era già finita. In meno di due settimane si scopre invece che rischiamo la bancarotta. Un drammatico cambio di fase. Per gli italiani è un trauma psicologico, per il governo un cortocircuito politico. L'unico modo per uscirne sarebbe stata una grande operazione di onestà, e dunque una forte assunzione di responsabilità. Berlusconi, in sostanza, avrebbe dovuto presentarsi in tv e dire: signore e signori, i fatti mi hanno dato torto, ho sbagliato la mia analisi sulla crisi, me ne scuso e vi chiedo di fare, tutti insieme, un grande sforzo per salvare il nostro Paese e la moneta unica.

Questo sarebbe stato un "discorso sul bene comune", comprensibile e condivisibile. Esattamente quello che è mancato in queste ore, e che deve essersi perduto in questi giorni nell'aspro braccio di ferro tra il premier e il suo ministro del Tesoro. Ieri, in conferenza stampa, Berlusconi ha continuato a negare l'evidenza, segnando una "cesura" arbitraria tra la crisi finanziaria partita due anni fa in America con i mutui subprime, trasformatasi poi in crisi mondiale per le economie reali, e la crisi "speculativa" contro l'euro esplosa in queste ultime settimane. Ha scoperto oggi che "abbiamo un debito pubblico insostenibile per colpa dei governi della Sinistra" (dov'è stato lui dal '94 in poi, e perché dal 2001 al 2006 ha azzerato l'avanzo primario che Ciampi aveva faticosamente portato al 5% del Pil?). Ha scoperto oggi che "abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità", e per questo "dobbiamo ridurre la presenza dello Stato in economia". Una lettura auto-assolutoria, che finge di non vedere le connessioni di questo disastro globale, per occultare le omissioni del governo di fronte ad esso.

Tremonti, al contrario, non ha mai negato la crisi. Non ha mai nascosto le difficoltà della fase, anche se non ha brillato per originalità delle soluzioni. Davanti all'attacco speculativo contro i debiti sovrani dell'eurozona, e di fronte al perdurare di una recessione ostinata, il ministro è stato coerente. Ha impostato una manovra "pesante", che riduce in due anni il deficit a colpi di taglio alla spesa pubblica. E l'ha affidata al premier, perché se ne assumesse la responsabilità di fronte al Paese. Ma è esattamente questo che il Cavaliere non può accettare. Che tocchi a lui l'ingrato compito di associare la sua immagine alla parola "sacrifici". Che tocchi a lui farsi "commissariare" non da Tremonti ma dalla verità, cioè dall'interpretazione che Tremonti dà della crisi. Che tocchi a lui, in definitiva, fare quello che fanno tutti i governanti normali nelle normali democrazie occidentali: spiegare ai cittadini cosa succede, e "rendere conto" delle scelte che si fanno. Tutto questo cozza contro l'ideologia berlusconiana, nutrita di suggestioni narrative e di moduli assertivi che rifiutano a priori il principio di realtà e dunque non contemplano, neanche a posteriori, l'etica della responsabilità.

L'iniquità sociale di questa manovra discende dalla sua stessa irresponsabilità ideologica. È giusto tagliare la spesa pubblica corrente e improduttiva, che soprattutto i governi di centrodestra hanno fatto crescere in questi anni a ritmi superiori al 2% l'anno. Ma è evidente a tutti che mai come stavolta la stangata è squilibrata e "di classe". Pesa quasi per intero sulle spalle del pubblico impiego. Nessuno nega le sacche di inefficienza e i relativi "privilegi" che si annidano in questo settore: dall'impossibilità di essere licenziati o cassintegrati ai rinnovi contrattuali spesso superiori al tasso di inflazione programmata. Ma nessuno può negare che i livelli retributivi, nel settore pubblico, siano in assoluto già bassi e spesso bassissimi. Come si fa a chiedere il tributo più doloroso a quei 3 milioni e 600 mila dipendenti pubblici che guadagnano in media 1.200 euro al mese, senza chiedere nulla a chi ha redditi infinitamente superiori nel privato, nelle professioni, nelle imprese? E come si fa a non vedere che Germania, Frangia e Gran Bretagna hanno varato manovre ancora più severe, imponendo lacrime e sangue prima di tutto ai ceti più abbienti e alle banche?

Ma anche qui, in fondo, c'è una spiegazione ideologica che giustifica la scelta. Si parte dall'assunto forzaleghista che vuole i dipendenti fannulloni per definizione. E dunque, implicitamente, il governo gli propone uno scambio immorale: io ti rinnovo la tua "sinecura", ma in cambio ti congelo gli stipendi per tre anni. E qui si annida l'estremo paradosso di questa manovra che si profila come una vera e propria controriforma. Con la batosta sul pubblico impiego e la scure sugli enti locali, Berlusconi azzera in un colpo solo le uniche due riforme di cui poteva fregiarsi in questo primo biennio di governo: la riforma del pubblico impiego di Brunetta e la riforma federalista di Bossi. Il decretone di ieri le distrugge entrambe, almeno fino alla fine della legislatura.

Di buono, alla fine, resta la quantità dei tagli, non certo la qualità. Speriamo che basti a convincere i mercati che noi non siamo tra i "maiali" di Eurolandia. Ma di certo non basta a dire che il Paese "è in mani sicure". E meno che mai a pensare che "siamo tutti sulla stessa barca", come ha detto ieri il Cavaliere. In troppi, a partire dagli evasori fiscali che hanno scudato i capitali, non rischiano la pelle in mezzo alla tempesta perfetta. Se ne stanno sul molo, a godersi lo spettacolo.

m.giannini@repubblica.it

(27 maggio 2010)

 

 

LA MANOVRA

Taglio delle province, è ancora giallo

Pedaggio sulla Salerno-Reggio

Via quelle sotto i 220 mila abitanti, ma il presidente dell'Upi: "Berlusconi mi ha detto che non c'è". Congelamento dei salari pubblici fino al 2013 e tetto del 3,2% anche sui contratti già in vigore. Niente retribuzioni aggiuntive per i doppi incarichi dei dirigenti

Taglio delle province, è ancora giallo Pedaggio sulla Salerno-Reggio

Il ministero dell'Economia

ROMA - Bisognerà attendere quattro mesi per la completa soppressione delle mini-province con meno di 220 mila abitanti e la delineazione delle aree delle nuove circoscrizioni. E' quanto emerge dal testo definitivo del decreto legge della manovra che, all'articolo 5 stabilisce che "sono soppresse le province la cui popolazione residente risulti, sulla base delle rilevazioni dell'Istat al 1 gennaio 2009, inferiore a 220 mila abitanti".

Le norme danno facoltà ai comuni, entro 60 giorni, di scegliere la nuova provincia tra quelle non soppresse della propria Regione e prevede 120 giorni prima che un decreto del presidente del Consiglio arrivi "alla nuova determinazione delle circoscrizioni provinciali". Ancora 2 mesi e saranno trasferiti i beni e le risorse delle province soppresse.

Ma il giallo che sembrava risolto ha invece una nuova puntata. "Nessuna norma nella manovra riguarda l'abolizione delle province", ha detto il presidente dell'Upi (l'associazione di categoria), Giuseppe Castiglione, durante la conferenza stampa seguita all'Ufficio di presidenza dell'associazione, riferendo di una telefonata avuta poco fa sia con il premier Silvio Berlusconi, sia con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico Letta.

I provvedimenti in 54 articoli. E' composto da 54 articoli e tre allegati, per un totale di 150 pagine, il testo finale del decreto legge messo a punto dal governo. Il provvedimento è suddiviso in tre diversi ''titoli'': il primo relativo alla stabilizzazione finanziaria (art. da 1 a 17), il secondo sul contrasto all'evasione fiscale e contributiva (art.17-39), il terzo su sviluppo e infrastrutture (art.40-54).

 

Salari pubblici congelati. Per il triennio 2011-2013 il trattamento economico complessivo dei dipendenti pubblici non potrà superare l'importo del 2010. Il ''congelamento'' dei trattamenti vale anche per ''il trattamento accessorio previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche''. Lo prevede uno degli articoli portanti del testo definitivo. Lo stesso articolo ''in considerazione della eccezionalità della situazione economica internazionale'' prevede nello stesso periodo un taglio del 5% per i redditi superiori ai 90.000 euro annui, e del 10% sopra i 150.000 euro.

La scure sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici, inoltre, non consentirà ai rinnovi contrattuali stabiliti nel 2008-2009 di superare la soglia del 3,2%. Si stabilisce espressamente che ''la disposizione si applica anche ai contratti ed accordi stipulati prima dell'entrata in vigore del presente decreto'' e che ''i trattamenti retributivi saranno conseguentemente adeguati'' dal mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto. Dal ''taglio'' sono salve le Forze di Polizia e i Vigili del Fuoco.

Gratis incarichi aggiuntivi dei dirigenti. Stop alla moltiplicazione dei salari per i doppi incarichi per i dirigenti pubblici. La manovra - è scritto nel testo finale del provvedimento - prevede la ''disapplicazione'' delle norme che autorizzano ''quote di salario'' legati ''all'espletamento di incarichi aggiuntivi''.

Taglio anche per i collaboratori dei ministri. I compensi ai collaborati dei ministri saranno tagliati del 10%. ''Le indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei ministri - è scritto nel provvedimento - sono ridotte del 10%. La riduzione si applica sull'intero importo dell'indennita''.

Pedaggio anche sulla Salerno-Reggio Calabria. Non solo i raccordi autostradali, ma anche autostrade in gestione diretta dell'Anas - come ad esempio la Salerno-Reggio Calabria - saranno sottoposti all'applicazione del pedaggio. ''Entro 45 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge sono stabiliti criteri e modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa, in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria oltre che quelli relativi alla gestione, nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio''.

Sulle autostrade collegate con raccordi autostradali gestiti dall'Anas ci sarà una maggiorazione di 1-2 euro, a seconda delle classi di pedaggio, e scatterà da luglio, cioè, come scritto in burocratese, ''a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto''. L'aumento, che non potrà superare del 25% l'attuale pedaggio, durerà fino a quando non saranno stabiliti i criteri per l'introduzione dei pedaggi sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta Anas. Servirà a investimenti e manutenzione straordinaria.

Sconti fiscali ai premi di produttività. Il fisco e la previdenza faranno lo sconto ai ''premi'' dati ai dipendenti che hanno contributo a far guadagnare la propria impresa o a renderla più competitiva. La novità scatterà dal 2011 e si applicherà su importi fino a 6.000 euro per redditi non superiori a 40.000 euro. Il testo, pur non indicando la percentuale di tassazione, introduce il concetto di premialità fiscale per la parte di salario collegato agli utili aziendali. Sono soggette a un'imposta sostitutiva dell'Irpef ''le somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato, in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegati ai risultati riferiti all'andamento economico o agli utili dell'impresa o ad ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale''.

Enti previdenziali nell'Inps. Gli istituti previdenziali Ipsema (Istituto di previdenza per il settore marittimo), Ispesl (Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro) sono soppressi e le relative funzioni sono attribuite all'Inail, e l'Ipost (Istituto postelegrafonici) è assorbito dall'Inps.

Sanatoria case "fantasma". Obbligo di denuncia al catasto, con sanzione ridotta a un terzo, per gli edifici rilevati con i rilievi aerei che non risultano iscritti. Eventuale attribuzione di rendita presunta con effetto retroattivo.

Evasione recuperata, un terzo ai Comuni. Il 33% delle maggiori entrate sarà attribuito ai Comuni che avranno partecipato all'accertamento e recupero.

Stretta sull'invalidità. Sale dal 74 all'80% la percentuale di invalidità per ottenere l'assegno. L'Inps effettuerà 100.000 controllo nel 2010 e 200.000 l'anno nel 2011 e 2012. Le Regioni dovranno concorrere alle spese per l'invalidità civile.

Corte Costituzionale: "Sacrifici anche noi". La Corte Costituzionale intende dare il proprio contributo ai sacrifici richiesti anche alle Istituzioni dalla manovra, impegnandosi ad aggiungere alla riduzione degli stipendi dei Giudici il taglio di altre spese della Consulta. "La Corte costituzionale - sottolinea la Consulta in una nota- intende proseguire nella linea di rigore e di contenimento della spesa per il proprio funzionamento, che ha già portato alla sua autonoma decisione di rinunciare, sin dal 2008, ad ogni incremento della dotazione che da quella data non è stata più rivalutata, con conseguente risparmio per le finanze pubbliche.

Inoltre, tenuto conto della manovra economica in via di elaborazione, ha già posto all'esame ulteriori misure di tagli alle proprie spese (per personale ed acquisto di beni e servizi) che, in aggiunta alla riduzione degli emolumenti dei Giudici della Corte, stabiliti per legge, possano ulteriormente contribuire alla riduzione della spesa pubblica".

(27 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-26

FINANZIARIA

Manovra, sì da un governo diviso

"Servono ulteriori aggiustamenti"

La conferenza stampa di presentazione della Finanziaria è stata rinviata a domani. Contrasti non appianati su tracciabilità, tagli a Palazzo Chigi, magistratura e manager pubblici, turn over in scuola e forze dell'ordine. Il no di Pd, Idv e Cgil di ROSARIA AMATO

Manovra, sì da un governo diviso "Servono ulteriori aggiustamenti"

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

ROMA - Via libera del Consiglio dei ministri alla manovra correttiva da 24 miliardi messa a punto dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Ma è un via libera con riserva, senza conferenza stampa finale, senza l'invio del documento finanziario alla Gazzetta Ufficiale per la pubblicazione, e con l'ammissione che "ulteriori aggiustamenti" vanno fatti su misure tutt'altro che laterali. E che la tensione fosse alle stelle si era capito nel burrascoso - dicono i testimoni - vertice tra il ministro del Tesoro, il sottosegretario Letta e un riluttante Berlusconi preoccupato dal calo di consensi per il governo e per lui stesso. Poi l'esame del provvedimento, concluso in un'ora e mezza. Ma che ha partorito un voto di approvazione "con riserva di ulteriori aggiustamenti"

Aggiustamenti, per così dire, che riguarderebbero capitoli come i tagli di spesa per la presidenza del Consiglio e per la magistratura, la tanto pubblicizzata stretta sui manager pubblici, il turn over nella scuola e tra le forze dell'Ordine, la discesa della soglia della tracciabilità delle transazioni in contante che il premier considererebbe una misura "alla Visco".

La manovra prevede sedici miliardi di tagli alla spesa e otto miliardi di nuove entrate. "Non è una Finanziaria qualsiasi", ha detto stamane Tremonti, prima di aprire il confronto con le parti sociali e gli enti locali. E su questo sono sicuramente tutti d'accordo. Per il resto, i giudizi non potrebbero essere più diversi. Il Pdl la difende: si tratta di una manovra "forte", ha ammesso il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto, ma "equilibrata socialmente e politicamente". Parlano invece di misure a carico dei più deboli, o se si preferisce dei "soliti noti", i lavoratori dipendenti, gli esponenti dell'opposizione, dal Pd all'Idv, e il segretario della Cgil Guglielmo Epifani. Nichi Vendola va oltre: per il governatore della Puglia si tratta di "macelleria sociale". Donadi (Idv) accusa apertamente il governo di aver mentito sullo stato dei conti pubblici, e ne chiede le dimissioni.

 

Gli enti locali sono sul piede di guerra non solo per i tagli sociali, o per i supposti squilibri delle misure: all'Anci e alla Conferenza delle Regioni non sta bene che il 50 per cento dei tagli pesino proprio su di loro, già penalizzati dai tagli dell'Ici e delle addizionali Irpef, che già nel 2009, come ha attestato la Corte dei Conti, hanno sottratto loro un quinto di autonomia impositiva.

Ci sono poi contestazioni legate a particolari misure della manovra. Protestano con forza i dipendenti pubblici, che si vedranno i salari congelati per i prossimi quattro anni. "Non un euro in più agli statali", ha detto Tremonti. Poco consola che ci sia anche l'annunciata riduzione degli stipendi e delle spese dei parlamentari. Protestano i dipendenti dei numerosi enti pubblici che verranno abrogati: la lista è lunghissima: si va dagli enti che da tempo sono finiti nel mirino di periodiche denunce per la palese "inutilità", a istituti di ricerca di rilievo, come l'Isae, l'Isfol e l'Ispels (Istituto Superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro).

L'obiettivo, ha spiegato il ministro dell'Economia, è la correzione dei conti pubblici dello 0,8 per cento del Pil nel 2011 e dello 0,8 per cento nel 2012. "L'obiettivo fondamentale è ridurre il debito pubblico", ha spiegato Tremonti. "La riduzione della spesa pubblica è un percorso obbligato - ha assicurato - primum vivere, deinde filosofare". E quindi con il pacchetto di misure approvate dal governo il disavanzo pubblico dovrebbe scendere dal 5% del Pil di quest'anno al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2012, così come previsto dagli impegni presi con Bruxelles.

Tuttavia non sono previsti solo tagli alle spese. Otto dei 24 miliardi della manovra dovrebbero arrivare da nuove entrate. In particolare dalla lotta all'evasione fiscale dovrebbero arrivare 6-7 miliardi per il primo anno. Altre consistenti entrate dovrebbero venire dal condono edilizio. Un terzo degli incassi dalla lotta all'evasione fiscale andrà ai Comuni, se questi contribuiranno agli accertamenti. Una misura tesa a colmare almeno in parte il forte scontento degli enti locali.

Il Pd: "Misure da correggere". No del Pd alla manovra. ''Leggendo le prime bozze che circolano non mi pare ci sia molto. Anzi. Questa è una manovra depressiva. E' solo un giro di specchi'', afferma il segretario del Pd Pierluigi Bersani, dalla Cina. Più particolareggiato il giudizio di Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd, per il quale "il ministro deve prendere atto degli errori commessi e correggere l'impostazione della manovra". "Ancora una volta - spiega Fassina - siamo di fronte all'ennesimo intervento senza alcuna riforma strutturale per la crescita, basato su tagli alla cieca, insostenibili per fondamentali diritti sociali e, al tempo stesso, insufficienti per gli effetti sugli sprechi. Soprattutto, un intervento pieno di propaganda sulle misure antievasione". "A pagare saranno ancora un volta i 'soliti noti': famiglie, lavoratori dipendenti, enti locali. Così non va", aggiunge la presidente del Pd Rosy Bindi.

Le accuse dell'Idv. "Dov'è l'equità chiesta da Napolitano?", chiedono i capigruppo Idv di Senato e Camera, Felice Belisario e Massimo Donadi. "Questa manovra -sottolineano- punisce come al solito i lavoratori dipendenti, soprattutto quelli pubblici, massacra le regioni e avrà una ricaduta terribile sulla domanda interna. Insomma, esattamente il contrario di quello che si sarebbe dovuto fare".

L'apertura dell'Udc. Diversa la posizione dell'Udc, che non esclude di votare la manovra, ma non "a scatola chiusa", spiega il leade del partito, Pier Ferdinando Casini. "Noi faremo tre cose - spiega Casini - esamineremo la manovra, avremo un contatto molto stretto con le parti sociali e in base al contenuto decideremo il nostro voto in Parlamento". Secondo il leader centrista "i sacrifici sono inevitabili ma non si deve partire dai soliti noti non bisogna penalizzare quelli che hanno già pagato tanto a causa della crisi del paese". I centristi chiedono "una lotta serrata contro l'evasione fiscale".

Il fronte del no degli enti locali. "E' una manovra insostenibile per le ricadute che avrà e per i servizi ai cittadini che le Regioni devono erogare": il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, boccia senza appello la manovra. "Serve chiarezza per fare una manovra che non sia recessiva", ha aggiunto Errani, governatore dell'Emilia Romagna. "Abbiamo posto tre condizioni: abbiamo bisogno di una boccata di ossigeno sul 2010 - ha detto il presidente dell'Anci, l'associazione dei Comuni italiani, Sergio Chiamparino - e abbiamo indicato già alcune modalità che sarebbero a saldi invariati. In secondo luogo abbiamo chiesto una rimodulazione del Patto di stabilità per il 2011 e il 2012; infine abbiamo chiesto di mantenere i tempi stabiliti per il decreto attuativo sul federalismo fiscale".

Stipendi della P.A. congelati per quattro anni. La manovra introduce un congelamento agli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici già a partire da quest'anno. Il congelamento vale quattro anni, fino al 2013. "Il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio", previsto dagli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche "non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell'anno 2009".

Sindacati divisi: no di Cgil, Cisl e Uil possibilisti. I sindacati, come ormai di consueto, si sono divisi sul giudizio sulla manovra. Al termine dell'incontro con il ministro Tremonti il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani ha tenuto da solo una conferenza stampa, ("non si è fermato con noi perché andava di fretta", ha ironizzato il segretario della Cisl Raffaele Bonanni) bocciando la manovra senza appello: "C'è un problema, c'è una parte del paese che può di più e a cui non viene chiesto niente, a differenza di quanto accade in Germania e Francia dove i sacrifici vengono chiesti a tutti". La Cgil potrebbe valutare anche lo sciopero generale, una volta verificato il contenuto definitivo della manovra. Mentre Bonanni e il segretario della Uil Luigi Angeletti si sono detti favorevoli alle misure, ma solo se ai tagli alla spesa pubblica corrisponderà un consistente taglio dei costi della politica.

(25 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

LA SCHEDA

Manovra, colpiti i dipendenti pubblici

le donne più tardi in pensione

Tagli anche sulla sicurezza sul lavoro. Via libera al condono

Manovra, colpiti i dipendenti pubblici le donne più tardi in pensione

Previsto il condono sugli abusi edilizi

Ecco i punti principali della bozza di manovra discussa dal Consiglio dei ministri. Il governo ha dato il via libera alla manovra, ma il testo non è stato illustrato ed è emerso che ci sarà bisogno di approfondimenti su alcune questioni prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Stop agli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici. Il congelamento parte già da quest'anno e durerà vale quattro anni, fino al 2013. "Il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio", previsto dagli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche "non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell'anno 2009". Il turn over nella Pubblica amministrazione è confermato per altri due anni. Sforbiciata del 5.10% agli stipendi dei manager pubblici oltre i 90.000 e oltre i 130.000 euro.

Donne in pensione più tardi. L'elevamento dell'età pensionabile delle lavoratrici del Pubblico impiego a 65 anni avverrà in anticipo, a gennaio del 2016, anziché nel 2018 come precedentemente ipotizzato. Il provvedimento prevede un'accelerazione dell'età pensionabile delle lavoratrici pubbliche con una diversa scansione dell'elevamento dell'età necessaria per andare in pensione fino ad arrivare alla soglia dei 65 anni. In particolare è previsto che dal primo gennaio 2010 il requisito anagrafico per andare in pensione sale di un anno, sarà di 62 anni al luglio 2011, di 63 a gennaio del 2013, di 64 anni a luglio 2014 e di 65 anni a gennaio del 2016.

Soglia di tracciabilità dei contanti. Sembra sia stato uno dei provvedimenti più controversi e non si capisce se il Consiglio dei ministri sia riuscito ma scioglierlo. La bozza prevede che la soglia per la tracciabilità del contante scenda dagli attuali 12.500 euro a 7.000 euro. Questo è uno dei punti controversi. Secondo alcune fonti ci si sarebbe attestati a 7.500 euro, secondo altre si sarebbe scesi a 5.000. Obbligo di fattura telematica oltre i 3.000 euro.

 

Enti locali. Alle Regioni vengono chiesti tagli per oltre dieci miliardi di euro in due anni (2011 e 2012). Ai Comuni e Province si chiede di ridurre le spese di un miliardo e 100 milioni nel 2011 e di due miliardi e 100 milioni nel 2012. I Comuni che collaboreranno riceveranno il 33% dei tributi statali incassati.

Tagli agli stipendi di ministri e parlamentari. A partire dal primo gennaio 2011 lo stipendio complessivo di ministri, sottosegretari e parlamentari è ridotto del 10% rispetto al trattamento del 2010. Nella bozza anche la riduzione delle spese del Quirinale, del Senato, della Camera e della Corte costituzionale. L'entità dei tagli sarà comunque decisa autonomamente dalle singole amministrazioni. I risparmi che si otterranno per gli anni 2011-2012 e 2013 andranno al fondo per le politiche sociali.

Tagli ai ministeri. Sforbiciata del 10%, ma su formazione o missioni si arriva a dimezzare la spesa. Giro di vite anche sulle auto blu. Dal testo approvato sarebbero saltati i tagli alla presidenza del Consiglio.

Tagli anche sulla sicurezza. Esenzione per la pubblica amministrazione da alcune norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. La misura prevede che non si applichino alle amministrazioni pubbliche gli articoli 28 e 29 del decreto legislativo 81 del 2008 che riguardano il capitolo della valutazione dei rischi.

Tagli ai partiti. Cala del 20% (e non del 50% come inizialmente ipotizzato) il rimborso per le spese elettorali: non più un euro, ma 80 centesimi per ogni elettore.

Tagli alle retribuzioni dei magistrati. Lo stipendio verrà decurtato del 10% nella parte eccedente gli 80.000 euro. Riduzione del 10% anche per i magistrati del Csm.

Manager e stock option. Aumentano le tasse sulle stock option ma anche sui bonus dei manager e dei banchieri che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

Fondo per Roma Capitale. Un fondo di 200 milioni per il "concorso al sostegno degli oneri derivanti dall'attuazione del piano di rientro" del debito di Roma. L'accesso al fondo è consentito a condizione che il Tesoro verifichi l'applicazione da parte del Comune di una serie di misure di contenimento della spesa che vanno dalla conformazione ai costi standard per i servizi a una razionalizzazione delle partecipazioni societarie oltre che a una riduzione dei costi per il funzionamento dei propri organi, "compresi i rimborsi dei permessi retribuiti riconosciuti per gli amministratori". Tra le possibilità date al Comune di Roma ci sono l'introduzione di un "contributo di soggiorno" fino a 10 euro per i turisti che alloggiano negli alberghi della capitale e l'imposizione di altri tributi come un aumento del 4 per mille dell'Ici o una tassa di 1 euro sugli imbarchi. Il sindaco Gianni Alemanno parla di "notizie imprecise".

Ecco il condono. La regolarizzazione degli immobili fantasma, che consentirà di dichiarare eventuali cambiamenti catastali che non sono stati precedentemente comunicati, dovrà avvenire entro il 31 dicembre di quest'anno. Chi non ha dichiarato l'aggiornamento catastale di un immobile dovrà farlo e si vedrà così ridotte le sanzioni di un terzo. I possessori dovranno presentare una dichiarazione di accatastamento che avrà effetto a partire dal gennaio 2009: si dovranno quindi pagare le imposte sugli ultimi due anni e le sanzioni saranno ridotte a un terzo. La sanatoria sarà possibile anche su interventi edilizi che abbiano determinato una variazione della cubatura. Dal gennaio 2011 scattano i controlli di Comuni e Agenzia del Territorio e le contestazioni comportano l'applicazione di una rendita presunta e la richiesta retroattiva dei tributi.

Pensioni. Rinvio delle finestre per il pensionamento e per il riordino degli enti.

Invalidità, via i nuovi tetti di reddito. Sono stati cancellati dall'articolo 9 sulla riduzione della spesa in materia di invalidità i nuovi tetti di reddito che erano stati ipotizzati come requisiti per l'indennità di accompagnamento. E' invece confermata l'elevazione dal 74% all'80% della percentuale di invalidità per la concessione dell'assegno, per le domande presentate dal primo gennaio 2011. E' anche previsto un concorso delle Regioni alle spese per l'invalidità civile con un accantonamento dei trasferimenti, per il 2011, "nella misura del 45%".

Scuola. Congelato l'organico degli insegnanti di sostegno. Non ci sarà il blocco del turn over per l'università.

Farmaci. Acquisti centralizzati per le Asl in modo da trattare meglio il rpezzo con i fornitori. Modifica delle quote di spettanza dei grossisti e dei farmacisti sul rpezzo di vendita al pubblico delle specialità medicinali di classe a.

Pedaggi su raccordi per le autostrade. Si introduce la possibilità di applicare un pedaggio su tratti di connessione con tratti autostradali.

Irap al Sud. Le regioni meridionali avranno la possibilità di istituire un tributo proprio sostitutivo dell'Irap per le imprese avviate dopo l'entrata in vigore del decreto, con l'opportunità di ridurre o azzerare l'Irap.

Soppresse alcune Province. Le Province con un numero di abitanti inferiori a 220.000, che non confinano con Stati esteri e che non sono nelle regioni a Statuto speciale, saranno soppresse a partire dalla prossima legislatura provinciale. Le competenze e gli uffici saranno trasferiti ad altre Province.

Società statali. A partire dal prossimo anno 500 milioni di dividendi che arrivano dalle società statali saranno utilizzati per la riduzione degli oneri sul debito pubblico.

Enti soppressi. Vengono eliminati Ipsema, Ispel e Ipost. Ma anche l'Isae e l'Ente italiano montagna. Non è chiaro se nell'elenco figuri anche l'Ice. Salta o viene ridotto il finanziamento a 72 enti. Spariranno anche il Comitato Sir (costituito per gli interventi nei settori di alta tecnologia) e la Rei (la finanziaria pubblica creata per sostenere il risanamento dell'industria elettronica).

Addio ai libretti al portatore. I libretti di deposito bancari o postali esistenti alla data di entrata in vigore del decreto dovranno essere eliminati entro il 30 giugno del 2011. Arriva la carta elettronica istituzionale per effettuare i pagamenti da parte della pubblica amministrazione.

(25 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Manovra, via libera del Consiglio dei ministri

Regioni: "Insostenibile". Cgil: "Va cambiata"

Il governo ha varato la manovra da 24 miliardi. Stamane a Palazzo Chigi il confronto tra governo ed enti locali, poi quello con le parti sociali. Tremonti: "Non è la classica finanziaria, gestiamola insieme". Errani (governatore dell'Emilia Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni): "Gravi ricadute sui servizi delle Regioni". Epifani: "E' iniqua". Bersani: "Solo tagli, nessuna riforma. La favola è finita"

22:19 Governo: rientreremo nei parametri di Maastricht nel 2012

Nota di Palazzo Chigi: "La manovra nel biennio avrà effetti finanziari strutturali per complessivi 24 miliardi di euro. Obiettivo degli interventi è ricondurre il rapporto tra indebitamento e PIL nel 2012 al di sotto del 3 per cento, come previsto dal Trattato di Maastricht"

21:59 Resta il placet del Tesoro per la Protezione civile

La stretta sulla Protezione civile resta tra le misure previste dalla manovra. Secondo quanto si apprende la norma non sarebbe saltata dal provvedimento e conferma quindi il suo impianto iniziale

21:56 Indiscrezioni: tracciabilità contanti a 5.000 euro

La soglia per la tracciabilità dei contanti sarà fissata a quota 5.000 euro. E' quanto prevede, secondo quanto si apprende, la versione del decreto legge sulla manovra approvata dal Consiglio dei ministri. Nella bozza che è entrata in Consiglio dei ministri la soglia era fissata a quota 7.000

21:48 I punti che richiedono approfondimento

Nessun taglio alle spese per la Presidenza del consiglio dei ministri e alla magistratura, ancora da definire la stretta agli stipendi dei manager pubblici, la soglia della tracciabilità del contante (dovrebbe attestarsi a 7.500 euro), il turn over per la scuola e le forze dell'ordine. Sono questi alcuni punti su cui sarebbe emersa nel corso del consiglio dei ministri l'esigenza di un ulteriore approfondimento. Dubbi che hanno portato a un'approvazione con riserva della manovra che dovrà essere ancora sottoposta a limature prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale

21:43 Tagli ai parlamentari, decidono le Camere

Saranno le camere a decidere sui tagli agli stipendi dei parlamentari. La decisione è stata presa come "atto di cortesia" verso l'istituzione parlamentare visto che è stata espressa la volontà di varare misure in tal senso. In assenza di provvedimenti, tuttavia, il governo si riserva di intervenire successivamente

21:32 Conferenza stampa domani alle 15

Domani alle 15 la manovra sarà illustrata da Berlusc oni e Tremonti in una conferenza. Dopo il Consiglio dei ministri, il premier è tornato a Palazzo Grazioli, dove lo attendevano Bossi, Calderoli e Cota, per la cena di lavoro alla quale è anunciato anche Tremonti

21:30 Via le Province con meno di 220.000 abitanti

Saranno soppresse le Province con meno di 220.000 abitanti, che non confinano con Stati esteri e che non sono nelle regioni a Statuto speciale. Il tutto - spiegano fonti - a partire dalla prossima legislatura provinciale. Le competenze e gli uffici saranno trasferiti ad altre Province

21:22 Niente norme sulla Protezione civile, resta l'Ice

Nessun provvedimento relativo alla riorganizzazione della Protezione Civile sarebbe stato discusso, e dunque approvato, nel corso del Consiglio dei Ministri che ha dato il via libera alla manovra finanziaria. Lo riferiscono fonti del dipartimento. Nella manovra non c'è neppure la soppressione dell'Ice, l'Istituto per il commercio con l'estero

21:15 Berlusconi: "Lo Stato deve costare meno"

La manovra dà un messaggio chiaro e cioè che lo Stato deve costare meno ai cittadini. Lo ha detto Berlusconi, al termine del Consiglio dei ministri, secondo quanto riferiscono alcuni presenti

21:10 Conferenza stampa probabilmente domani

Nessuna conferenza stampa stasera, a Palazzo Chigi, per l'illustrazione della manovra appena approvata dal Consiglio dei Ministri. E' probabile che la conferenza stampa si tenga domani

21:07 Contributo solidarietà su pensioni d'oro

La bozza entrata in Consiglio dei ministri (al momento non si hanno informazioni sul testo approvato) prevede un contributo di solidarietà del 10% sulle pensioni d'oro. Il contributo si applica per il triennio 2011-2013 sulle pensioni che eccedono 13 volte il minimo Inps

21:00 Letta (Pd): "Chiediamo impegno a non mettere la fiducia"

Il vice segretario Pd Enrico Letta: "Affrontiamo la discussione sulla manovra senza pregiudiziali, leggeremo le norme, perché per adesso siamo agli annunci, e affronteremo nel merito le questioni. Chiediamo al governo di non mettere la fiducia e di porsi in condizione di discuterne"

20:51 Via libera del Consiglio dei ministri

Via libera del Consiglio dei ministri, salvo successive intese per perfezionare il testo, al decreto legge sulla manovra finanziaria 2011-2013. La riunione è durata circa un'ora e mezza

20:42 Tensioni Berlusconi-Tremonti

Tensione fra Berlusconi e Tremonti nel corso della riunione che ha preceduto il Consiglio dei ministri. Al centro del botta e risposta ci sarebbe stata ancora una volta, secondo quanto si apprende da fonti di governo, la soglia della tracciabilità dei pagamenti. Tremonti avrebbe insistito sulla necessità di introdurre un limite più basso per i pagamenti in contanti ai liberi professionisti, mentre il premier è contrario a misure che considera "alla Visco".

20:34 Aumentano pedaggi autostradali

Nuovi pedaggi autostradali nelle tratte Anas e possibile pagamento anche sul Grande raccordo anulare di Roma. Sarà un apposito dpcm a stabilire i criteri e le modalità per l'applicazione del pedaggio su cui sarà sottoposta la maggiorazione tariffaria, che non potrà comunque comportare un incremento superiore al 25% del pedaggio dovuto

20:27 Tre nodi ancora da sciogliere

Sarebbero almeno tre i nodi ancora che il Consiglio dei ministri deve sciogliere. Lo riferiscono fonti governative secondo le quali si tratta della percentuale dei tagli ai ministeri (5 o 10%), della soglia relativa alla tracciabilità e della percentuale del taglio sugli stipendi dei dirigenti della Pubblica Amministrazione

20:26 Stipendi ministri e parlamentari -10%

A partire dal primo gennaio 2011 lo stipendio complessivo di ministri, sottosegretari e parlamentari è ridotto del 10% rispetto al trattamento del 2010. Nella bozza anche la riduzione delle spese del Quirinale, del Senato, della Camera e della Corte costituzionale. L'entità dei tagli sarà comunque decisa autonomamente dalle singole amministrazioni. I risparmi che si otterranno per gli anni 2011-2012 e 2013 andranno al fondo per le politiche sociali

20:04 Federalberghi: "Tassa Roma assurda"

"E' un'assurdità": è drastico il giudizio del presidente di Federalberghi Bernabò Bocca sulla proposta di applicare una tassa di 10 euro per i turisti che alloggiano negli alberghi di Roma, con lo scopo di favorire il rientro dai debiti della Capitale

20:00 Stop aumenti stipendi P.A. da quest'anno

Stop agli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici già a partire da quest'anno. Il congelamento vale quattro anni, fino al 2013. "Il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio", previsto dagli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche "non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell'anno 2009"

19:56 Fondo di 200 milioni per Roma capitale

Un fondo di 200 milioni per il "concorso al sostegno degli oneri derivanti dall'attuazione del piano di rientro" del debito di Roma. L'accesso al fondo è consentito a condizione che il Tesoro verifichi l'applicazione da parte del Comune di una serie di misure di contenimento della spesa che vanno dalla conformazione ai costi standard per i servizi a una razionalizzazione delle partecipazioni societarie oltre che a una riduzione dei costi per il funzionamento dei propri organi, "compresi i rimborsi dei permessi retribuiti riconosciuti per gli amministratori"

19:54 Esenzione P.A. da alcune norme sicurezza sul lavoro

Esenzione per la pubblica amministrazione da alcune norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro.La misura prevede che non si applichino alle amministrazioni pubbliche gli articoli 28 e 29 del decreto legislativo 81 del 2008 che riguardano il capitolo della valutazione dei rischi

19:53 Invalidità, via i tetti di reddito

Nell'ultima bozza sono stati cancellati, dall'articolo 9 sulla riduzione della spesa in materia di invalidità, i nuovi tetti di reddito che erano stati ipotizzati come requisiti per l'indennità di accompagnamento. E' invece confermata l'elevazione dal 74% all'80% della percentuale di invalidità per la concessione dell'assegn, per le domande presentate dal primo gennaio 2011. E' anche previsto un concorso delle Regioni alle spese per l'invalidità civile con un accantonamento dei trasferimenti, per il 2011, "nella misura del 45%"

19:37 Addio libretti al portatore, carta pago-P.A.

Nella bozza l'abolizione dei libretti di deposito bancari o postali al portatore: quelli esistenti alla data di entrata in vigore del decreto dovranno essere eliminati entro il 30 giugno del 2011. C'è il varo della carta elettronica istituzionale per effettuare i pagamenti da parte delle Pubbliche amministrazioni. L'obiettivo, si legge, è favorire ulteriore efficienza nei pagamenti e nei rimborsi dei tributi effettuati da parte di enti e pubbliche amministrazioni a cittadini e utenti. La promozione della realizzazione delle carte spetta al ministero dell'Economia

19:36 Cdm iniziato alle 19.30

Il Consiglio dei ministri per il varo della manovra è cominciato a Palazzo Chigi alle 19.30, con un'ora di ritardo.

19:28 Roma capitale, tassa per soggiorni in albergo

Un "contributo di soggiorno" fino a 10 euro per i turisti che alloggiano negli alberghi di Roma. E' una delle possibilità che la manovra dà al Comune di Roma per agevolare il rientro dai debiti della capitale. La manovra prevede anche la possibilità di introdurre altri tributi come un aumento del 4 per mille dell'Ici, a una tassa di 1 euro sugli imbarchi

19:27 Soglia tracciabilità contanti scende a 7.000 euro

La bozza prevede che la soglia per la tracciabilità del contante scenda dagli attuali 12.500 euro a 7000 euro

19:26 Fondi reperiti da enti inutili alle missioni di pace

I fondi che saranno reperiti dalla chiusura degli enti 'inutili' saranno "versati entro il 31 ottobre 2010 all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al fondo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace". Lo prevede la bozza di manovra

19:24 Accelera età pensionabile donne nella P.A.

La manovra La bozza accelera l'aumento dell'età pensionabile delle donne nel settore pubblico a 65 anni. Si prevede che si arrivi a regime entro il primo gennaio 2016, anziché nel 2018, come precedentemente ipotizzato, in attuazione della sentenza della corte di giustizia europea. Gli scatti di un anno sono previsti ora a partire dal primo gennaio 2010 e, poi, dal primo luglio 2011, ogni 18 mesi. La misura potrebbe garantire risparmi strutturali per 2,5 miliardi l'anno

19:22 Sanatoria immobili fantasma entro 2010

La bozza prevede che la regolarizzazione degli immobili fantasma identificati dal fisco attraverso la mappatura aerea del territorio debba avvenire entro il 31 dicembre 2010. I possessori dovranno presentare una dichiarazione di accatastamento che avrà effetto a partire dal gennaio 2009: si dovranno quindi pagare le imposte sugli ultimi due anni e le sanzioni saranno ridotte a un terzo. La sanatoria sarà possibile anche su interventi edilizi che abbiano determinato una variazione della cubatura. Dal gennaio 2011 scattano i controlli di Comuni e Agenzia del Territorio e le contestazioni comportano l'applicazione di una rendita presunta e la richiesta retroattiva dei tributi

19:20 Epifani: "I milionari non danno niente"

"La mia critica non è all'esigenza della manovra, ma a come viene fatta". Lo ha detto al Tg3 il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, portando un esempio a sostegno della sua tesi: "Se lei o io guadagnassimo un milione di euro l'anno, non daremmo neanche un centesimo per il risanamento della finanza pubblica. Se fossi un infermiere o un dipendente della Fiat darei il mio contributo. C'è un problema. C'è una parte del Paese che può di più e a cui non viene chiesto niente". Secondo il leader della Cgil, "in Francia e in Germania" i sacrifici vengono chiesti a tutti, mentre in Italia "si concentrano solo su alcune categorie"

19:04 Un centinaio di pagine, 22 articoli

Un centinaio di pagine per un totale di 22 articoli. E' la 'consistenza' dell'ultima bozza della manovra economica che dovrebbe arrivare sul tavolo del Consiglio dei Ministri

18:27 Berlusconi vede Tremonti e Letta prima del cdm

Berlusconi - a quanto si apprende - sta incontrando a palazzo Chigi Tremonti e Letta. All'incontro, che si sta svolgendo in attesa dell'inizio del Consiglio dei ministri che dovrà esaminare la manovra, non vi sarebbero altri ministri

18:11 Rateizzazione in 3 anni per il Tfr degli statali

Dovrebbe essere rateizzata in tre anni l'erogazione del trattamento di fine rapporto per gli statali. E' una delle misure illustrate oggi, a quanto si apprende, nel pre-consiglio dedicato alla manovra. Possibili modifiche anche sul criterio di calcolo della buona uscita

18:01 Casini: "Decideremo in Parlamento"

L'Udc analizzerà il contenuto della manovra e poi deciderà come comportarsi in Parlamento. Lo ha confermato Casini: "A scatola chiusa non si può votare nulla ma dietro l'angolo c'è la Grecia e quindi non si può scherzare. Noi faremo tre cose: esamineremo la manovra, avvieremo contatti molto stretti con le parti sociali e poi decideremo come votare in Parlamento"

17:55 Pdci: "Governo da prendere a calci"

"Dovrebbero essere presi a calci nel sedere per l'intero Stivale: per due anni questi signori del governo, con la maggior parte dei media dalla loro parte, ci hanno raccontato che andava tutto bene e che addirittura l'Italia aveva ricominciato la ripresa. Adesso, chiedono sacrifici a tutti, lavoratori, pensionati, donne e studenti. La verità è che i primi a dover sparire dalla faccia della terra sono proprio i componenti di questo governo, con in testa il loro presidente". E' quanto afferma Orazio Licandro, della segreteria nazionale del PdcI - Federazione della sinistra.

17:51 Bonelli (Verdi): "Manovra porterà disastro sociale"

"La manovra che il governo si accinge a varare è un vero e proprio disagio sociale che porterà alla povertà centinaia di migliaia di italiani". Lo dichiara il presidente dei Verdi Angelo Bonelli che aggiunge: "Il governo non si è minimamente posto il problema di tassare le grandi rendite finanziarie e della speculazione e ha deciso di scaricare tutta la crisi sulle fasce più deboli".

17:33 Zingaretti: "Rivedere patto di stabilità interno"

Nota sulla manovra del presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti. "La cosa che più mi inquieta - scrive Zingaretti - è che oggi si pensa ai tagli necessari per riallineare i conti pubblici, ma non si dice nulla sulla crescita e sulla produzione di ricchezza, unica condizione per uscire dal tunnel". Zingaretti ricorda come "da mesi noi rappresentanti delle Province insistiamo sulla necessità di salvaguardare con le nostre risorse le spese per edilizia scolastica, sicurezza stradale e assetto idrogeologico. Il ministro Tremonti ha parlato di un cambio di paradigma e di un coinvolgimento degli Enti locali. Lo prendiamo in parola e lo invitiamo a rivedere il Patto di Stabilità interno con nuovi criteri che premino i virtuosi e penalizzino gli sprechi e le amministrazioni in deficit".

17:21 Sacconi: "Per Cgil manovra iniqua? Grazie Cisl e Uil per disponibilità"

"La Cgil parla di manovra iniqua? Mi sarei stupito del contrario". Così il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, risponde alle critiche del sindacato sulla manovra. "Per fortuna, - ribatte il ministro - Cisl e Uil hanno dato ampia disponibilità a un consenso, nella misura in cui confermeremo l'equità e i contenuti e la capacità della stessa manovra di sostenere crescita con occupazione".

17:19 Cgil, Epifani convoca conferenza stampa per domani

Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha convocato una conferenza stampa sulla manovra economica per domani, alle ore 17,30. Otre a Epifani saranno presenti Rosanna Dettori, segretaria generale della Fp Cgil, e Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil.

17:16 Confagricoltura: "Tagli necessari, ma anche equità"

"Condividiamo la filosofia del provvedimento, che vara misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e la competitività economica. Gli sforzi sono incentrati sul contenimento del debito pubblico e sul taglio delle spese improduttive. Ma se sono necessari tagli e sacrifici, serve anche equità". Questo il commento di Confagricoltura sulla manovra economica. "Attenzione - chiede Confagricoltura - a non tagliare gli strumenti che permettono di competere, svilupparsi, dare occupazione e a non penalizzare ulteriormente l'agricoltura che già ha subito lo scorso anno un notevole contenimento dei trasferimenti pubblici".

16:52 Cia (Confederazione italiana agricoltori): "Per noi nessuna prospettiva"

"Una manovra fatta solo di tagli pesanti e indiscriminati, di nuove imposte e assolutamente priva di una strategia di rilancio dell'economia e del sistema imprenditoriale. Non troviamo traccia di validi provvedimenti strutturali che possono garantire una ripresa dello sviluppo. Per l'agricoltura, in grave emergenza, non ci sono prospettive. Il settore non può sostenere altri 'colpi di forbice'". Così il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori, Giuseppe Politi, in merito alla manovra correttiva del governo. "Siamo in presenza di misure confuse che di sicuro non risolveranno il problema della spesa pubblica, nè assicureranno alle imprese le leve per uscire dall'attuale difficile congiuntura".

16:47 Schifani: "Politica e istituzioni contribuiscano ai tagli"

"C'è la ferma volontà di contribuire a tagliare i costi della politica". Lo ha detto il presidente del Senato, Renato Schifani, intervenendo alla presentazione di un libro di Tiziano Treu e Mauro Ceruti. I costi della politica "non coincidono con i costi delle istituzioni", dice Schifani, ma "senza alcun dubbio sia la politica sia le istituzioni devono contribuire in modo serio e significativo. Servono immediate misure per eliminare servizi troppo costosi sia per i parlamentari sia per i dipendenti".

16:39 Finiani, giudizio sospeso: "Tremonti ci spieghi"

Prima di esprimere un giudizio politico, i finiani vogliono leggere con attenzione la manovra economica 2011-2012. Carmelo Briguglio, vicepresidente del Pdl alla Camera e tra gli uomini più vicini a Gianfranco Fini, invita il ministro Tremonti a spiegare "la manovra economica ai parlamentari i quali, in nome e per conto del governo, dovranno a loro volta metterci la faccia e spiegarla a famiglie e imprese". Categorico Donato Lamorte, memoria storica di An: "Cosa posso dire se prima non ho visto le carte?". Italo Bocchino, vicepresidente del gruppo del Pdl a Montecitorio e tra i promotori di 'Generazione Italia: "Intanto, leggiamo questa manovra e poi vediamo". A giugno, fanno sapere gli organizzatori, ci potrebbe essere un incontro con Fini promosso da 'Generazione Italia'.

16:30 Casini e Bonanni a colloquio

Venti minuti di colloquio tra Pier Ferdinando Casini, leader Udc, e Raffaele Bonanni, segretario della Cisl. I due sono stati visti intrattenersi a Piazza Montecitorio, subito dopo l'esame della manovra economica da parte dei sindacati a Palazzo Chigi. Per una valutazione approfondita è stato fissato, per giovedì 3 giugno, un incontro tra una delegazione della Cisl e gli esperti dell'Udc. Nei giorni scorsi i centristi si erano dichiarati disposti a valutare la manovra del governo a patto che il rigore fosse coniugato con l'equità.

16:27 Sincacato polizia: "Con tagli sicurezza a rischio"

I tagli previsti dalla manovra finanziaria al comparto sicurezza e difesa "mettono seriamente a rischio la sicurezza dei cittadini e il controllo del territorio". Lo afferma il segretario generale del Sindacato autonomo di polizia (Sap), Nicola Tanzi, sottolineando di aver chiesto al governo assieme alle altre organizzazioni sindacali di evitare tagli al comparto. Il rischio concreto, sostiene il segretario del Sap, è di non avere più un "adeguato controllo del territorio e un'efficace azione di prevenzione".

15:59 Cremaschi (Cgil): "Sciopero generale subito"

Giorgio Cremaschi, leader della sinistra interna della Cgil, invoca lo sciopero generale contro la manovra. "Pagano il mondo del lavoro, i pensionati, i deboli. - spiega il sindacalista -. L'attacco è prima di tutto nel salario dei lavoratori, che parte dai dipendenti pubblici e arriva a tutto il mondo del lavoro, pubblico e privato. Le regioni e i comuni dovranno imporre ulteriori tasse o ridurre i servizi. Le pensioni vengono colpite soprattutto per le donne. Una vera e propria grandinata di ingiustizie a cui chiediamo che si risponda subito con lo sciopero generale"

15:48 Faverin (Cisl-Fp): "Contrari a stipendi pubblici congelati"

"Non siamo affatto d'accordo con il blocco dei contratti per i dipendenti pubblici, ma purtroppo la cosa non ci sorprende". E' la posizione di Giovanni Faverin, segretario generale della Cisl Fp sulla manovra correttiva. "Una misura annunciata - dice il sindacalista -, ennesima spia di una situazione paradossale. Non è giusto che per incapacità dei politici, tocchi ai lavoratori andarci di mezzo: governi e amministrazioni locali si sono sempre dimostrati incapaci di accantonare le risorse per rinnovare i contratti, come avrebbe fatto ogni buon imprenditore. E invece continuano a comportarsi come pessimi datori di lavoro".

15:40 Marini (Regione Umbria): "Manovra irricevibile"

"La manovra finanziaria del governo per noi è assolutamente irricevibile". Lo afferma la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini. "E' vero che la Commissione europea impone a molti Paesi politiche di rigore e di rientro - sottolinea in una nota Marini - ma è anche vero che questa manovra cela una inefficace politica economica del governo italiano che tenta ora di scaricare i costi di una inefficiente gestione dell'economia nazionale soprattutto sulle Regioni".

15:38 Giovanardi: "No difesa interessi di parte"

"Deve esserci un senso della responsabilità, nessuno può permettersi di cavalcare la difesa di interessi corporativi, settoriali, sia pure importanti, sia pure comprensibili. Nel momento in cui vengono tagliati per l'ennesima volta i bilanci dell'amministrazione statale, vuol dire risorse in meno in tante direzioni utili per il Paese. Ognuno deve farsi carico di questa situazione". Così il sottosegretario Carlo Giovanardi sulla manovra del governo, a margine di un convegno sui bambini scomparsi

15:31 Bossi: "Taglio indennità parlamentari? Serve sacrificio"

Il leader della Lega Umberto Bossi non si scompone sul taglio delle indennità dei parlamentari. "Serve un sacrificio per tutto". Il leader del Carroccio, e ministro delle Riforme, dice di non aver preso visione della manovra ("la vedrò oggi ma so che è dura") e che oggi incontrerà Berlusconi e Tremonti per "gettare acqua sul fuoco" riferendosi al confronto dei giorni scorsi tra il premier e il ministro dell'Economia sui contenuti della manovra. In ogni caso, conclude Bossi, la manovra non incide sul federalismo in via di attuazione. "Il federalismo non costa niente".

15:23 Vendola: "E' macelleria sociale"

Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola: ''Non mettono, come dice Berlusconi, le mani nelle tasche degli italiani. Mettono le dita negli occhi degli italiani. Siamo ad un livello di dramma sociale che viene occultato e nascosto dalla propaganda: è quello che accadrà pensando di tagliare un numero impressionante di risorse agli Enti Locali, con le Regioni che vengono sostanzialmente dissanguate".

15:21 Rossi: "Chi era ottimista prendeva in giro gli italiani"

"Non avevano detto che era tutto risolto? Evidentemente non era così. Chi era pessimista era soltanto realista, chi era ottimista, invece, prendeva in giro gli italiani". Lo ha detto il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, in merito all'entità della manovra economica del governo.

14:58 Pd accoglie appello Napolitano, ma per ora sulla manovra è no

L'appello del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non cade nel silenzio perché il Pd discuterà punto per punto la manovra quando, dopo l'ok del consiglio dei ministri, approderà al Senato. Ma per ora il giudizio del segretario Pier Luigi Bersani, in questi giorni in Cina per una serie di incontri, è negativo e l'ordine di scuderia è di incalzare il governo sulle sue contraddizioni e attaccare su provvedimenti "inaccettabili" come la sanatoria per le case.

14:54 Anci: "Per comuni e province sacrifici dal 2011"

"I sacrifici imposti a comuni e province saranno pari a 1 miliardo e 100 nel 2010 e 2 miliardi e e 100 nel 2012 ma in compenso ci è stata data garanzia del rientro di alcuni fondi che i comuni hanno fermi: dai 200 milioni per il sociale ai 300 milioni di minori trasferimenti per il 2009, si tratta in complesso di 500 milioni che i comuni devono avere". Lo ha detto il vicepresidente dell'Anci, Osvaldo Napoli, commentando l'incontro a Palazzo Chigi sulla manovra tra governo ed Enti locali. "Diciamo che nel 2010 ci salviamo, nel 2011 e nel 2012 ci sacrificheremo", ha commentato Napoli.

14:52 Iorio: "Preoccupati, da Regioni contributo al 50%"

"La manovra finanziaria del governo che si sta preparando è molto difficile. Per ora conosciamo solo il suo ammontare complessivo, che è di 24 miliardi di euro, in due anni, e sappiamo che le Regioni saranno chiamate ad una partecipazione molto rilevante, valutata intorno al 50% della cifra complessiva". Lo ha detto il Presidente della Regione Molise, Michele Iorio.

14:45 Bonanni: "Epifani è andato via prima perchè aveva fretta"

'Non è una scusa, Epifani aveva fretta, è andato via". Così il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni ha risposto al cronista che gli domandava perchè i tre leader sindacali non abbiano fatto, come tradizionalmente avviene, una conferenza stampa congiunta, dopo l'incontro con il governo sulla manovra 2011-2012.

14:42 Bersani: "La favola è finita"

"La favola è finita, ci hanno raccontato che i conti erano in equilibrio, che era tutto a posto, invece non è vero niente. E la Grecia non c'entra nulla; è un problema nostro e non vedo riforme, non vedo niente". Così il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ai microfoni del Tg2 commenta l'imminente varo della della manovra finanziaria.

14:35 Protesta dei dipendenti di Palazzo Chigi

Protesta improvvisata da parte dei dipendenti pubblici di Palazzo Chigi per i tagli della manovra che oggi il governo è pronto a varare e sulla quale sono in corso da stamattina riunioni tra l'Esecutivo, gli Enti locali e le parti sociali. Riuniti nel cortile i dipendenti hanno riservato applausi ironici al ministro dell'Economia Giulio Tremonti e qualcuno ha anche urlato "Bravo, bravooo".

14:30 Verso proroga moratoria debiti Pmi con le banche

Si va verso una proroga della moratoria sui debiti delle Pmi verso le banche. E' quanto è emerso durante l'incontro tra governo e parti sociali sulla manovra - il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, portavoce di Rete Imprese Italia, ha avanzato la richesta di proroga. Attualmente il termine per presentare domanda scade il 30 giugno 2010.

14:06 Angeletti: "Sì a tagli ma chiarezza su costi della politica"

"E' necessario che siano definiti con chiarezza i tagli ai costi della politica e di funzionamento della pubblica amministrazione. Da ciò dipende il nostro giudizio". Così il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, rimanda il suo giudizio sulla manovra. Nel suo intervento all'incontro con il governo a Palazzo Chigi, Angeletti ha ammesso la necessità della manovra correttiva. "Piuttosto che aumentare le tasse - ha detto Angeletti - ci siamo dolorosamente convinti che non ci sono altre strade che tagliare la spesa pubblica".

13:59 Epifani: "Manovra iniqua, va cambiata in Parlamento"

"La manovra è iniqua e va cambiata in Parlamento", è il durissimo giudizio del leader Cgil Guglielmo Epifani, che durante l'incontro col governo non prende la parola e poi si presenta solo in conferenza stampa, non accompagnato dagli altri leader sindacali. "Il grosso dei sacrifici lo si chiede sempre ai lavoratori, pubblici e privati", dice Epifani, non c'e nessuna misura "di sostegno a occupazione e investimenti. Quindi è una manovra che non mantiene un profilo di equità".

13:56 Bonanni: "Con tagli sacrifici per chi ha di più"

"Ai tagli devono corrispondere sacrifici da parte di chi ha di più". Questa la posizione del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. "Solo così la manovra sarà accettata dai cittadini ed ecco perché la Cisl darà un giudizio sulla manovra solo alla fine dopo aver letto i testi". Secondo Bonanni, gli interventi devono essere mirati a "colpire evasioni e passaggi contanti, tracciabilità che sia indispensabile e niente vulnus sulla privacy". Importante inoltre "inserire primi elementi di costruzione della riforma fiscale, mentre sul pubblico impiego e la scuola si devono dare risposte ai precari perché i vuoti organici vanno coperti". Per Bonanni "è positivo rafforzare il premio di produttività e positivi e importanti sono i segnali sul ripristino della fiscalità di vantaggio e le zone franche, anche se adesso si devono sfoltire i livelli amministrativi".

13:54 Ue, Rehn: "Misure Italia pietra miliare per ripresa europea"

Manovra: rehn, misure italia e altri paesi "pietra miliare ripresa europea" "Stiamo aspettando annuncio provvedimenti italiani" Le misure che si stanno prendendo nei paesi europei e in Italia sono "la pietra miliare della ripresa economica in europa". Lo ha detto il commissario Ue agli affari economici Olli Rehn. "Stiamo aspettando che anche l'Italia, dopo altri paesi come Spagna e Portogallo, annunci le misure per il consolidamento del bilancio, che vedremo in dettaglio", ha aggiunto Rehn conversando con i giornalisti a Bruxelles.

13:33 Marcegaglia: "Manovra positiva se risponde anche su produttività"

"Se la manovra comincia a dare risposte sulla produttività, oltre che a tagliare la spesa pubblica, allora si tratta di un intervento positivo per il paese". E' quanto ha affermato il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, intervenendo all'incontro con il governo. Marcegaglia ha giudicato "giusta" la lotta all'evasione fiscale e ha auspicato che "i tagli alla politica siano veri. Se la manovra va in questa direzione - ha ribadito - allora sarà positiva".

13:25 Sacconi: "Cambierà detassazione salario produttività"

Il meccanismo fiscale per agevolare il salario di produttività verrà cambiato. Lo annuncia il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, all'incontro con le parti sociali sulla manovra 2011-2012. Attualmente il salario di produttività viene favorito con una detassazione al 10%.

13:10 Tremonti: "Pensioni, finestre di uscita non sono trappola"

Parlando alle parti sociali, il ministro Tremonti spiega che sulle pensioni il governo pensa di intervenire con una diversa modulazione delle finestre di uscita che non può diventare una trappola. Sullo stesso argomento si è espresso così anche il ministro Sacconi: "Sulle pensioni non è un intervento strutturale, ma solo uno spostamento dell'erogazione". Il leader Cgil, Gugliemo Epifani, aveva chiesto chiarezza su pensioni e buonuscita dei dipendenti pubblici

13:07 Bersani: "Manovra depressiva, tagli e nulla di strutturale"

"Leggendo le prime bozze che circolano, non mi pare ci sia molto. Anzi. Questa è una manovra depressiva. E' solo un giro di specchi". Così Pier Luigi Bersani commenta da Pechino, dove si trova per il forum politico Europa-Cina, le linee della manovra economica che il governo varerà questa sera. "Non si affronta nulla di strutturale, tagli indiscriminati e nessuna crescita".

13:04 Tremonti: "Taglio enti pubblici non è simbolico"

Il ministro Tremonti ha parlato alle parti sociali di un lungo elenco di società ed enti che, con i tagli previsti dalla manovra 2011-2012, saranno sciolti. Un taglio che "non sarà simbolico", avrebbe detto il ministro. Da Tremonti la conferma che ci saranno "parecchi tagli" e "significative riduzioni dei trasferimenti" agli enti locali. Inoltre, avrebbe detto ancora il ministro, "il federalismo fiscale farà risparmiare".

12:59 Tremonti: "Contratto statali, non un euro in più"

"Neanche un euro in più" per i dipendenti pubblici. Così si sarebbe espresso il ministro Tremonti, nell'incontro con le parti sociali, confermando il "congelamento dei contratti pubblici".

12:57 Tremonti, sgravi fiscali su salario legato a produttività

Nella manovra saranno confermati gli sgravi fiscali sul salario legato alla produttività. Lo avrebbe ribadito il ministro dell'economia, Giulio Tremonti, alle parti sociali. "Nella manovra - ha detto Tremonti - ci sarà anche un sostegno al cambiamento del modello produttivo basato sul nuovo contratto".

12:54 Tremonti: "Primo obiettivo ridurre debito"

"Obiettivo principale della manovra è ridurre il debito pubblico". Lo ha detto il ministro Tremonti nell'incontro con le parti sociali, appena iniziato a Palazzo Chigi. Tremonti ha poi aggiunto che "in manovra c'è un maxi contrasto all'evasione fiscale". Il ministro avrebbe confermato che la correzione dei conti è "pari allo 0,8% nel 2011 e un ulteriore 0,8% nel 2012".

12:52 Polverini: "Discussione in conferenza delle Regioni prima di giudizi"

"Non ci sono state date cifre chiare. Come regioni abbiamo detto che vogliamo fare la nostra parte, soprattutto per la lotta agli sprechi, ma anche per i costi della politica". Lo ha detto il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. "Vogliamo che la manovra sia equilibrata rispetto a tutti i livelli che debbono concorrere. Giovedì ci sarà una discussione alla conferenza delle regioni per poi esprimere un giudizio complessivo. Abbiamo chiesto un tavolo di confronto perché non vogliamo che le regioni, e quindi i servizi che queste offrono, ne escano penalizzate".

12:50 Alemanno: "Manovra pesantissima, rischi per Roma Capitale"

Per i 500 milioni di Roma Capitale "ci sono moltissimi rischi perché la manovra è pesantissima". Lo ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, di ritorno da Palazzo Chigi. "L'importante è che sia garantito un intervento strutturale - aggiunge Alemanno -. Qui non si parla di bilancio attuale ma l'intervento serve per mettere in sicurezza il piano di rientro per evitare che venga abbandonato a se stesso e vada in default".

12:48 Finocchiaro: "Manovra, vediamola poi giudizi"

Il Pd per ora non si esprime sulla manovra economica da 27 miliardi, che comincerà il suo iter parlamentare al Senato. "Prima vediamola - dice la Presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro - certo è che sul dl Grecia non abbiamo presentato neanche un emendamento. Abbiamo chiesto di discutere della manovra economica con Tremonti. Invece la maggioranza per tutta risposta ci impone il ddl intercettazioni, sul quale porranno la fiducia".

12:45 Palazzo Chigi, iniziato l'incontro con le parti sociali

E' iniziato l'incontro tra governo e parti sociali sui contenuti della manovra correttiva. Al tavolo oltre 60 sigle. L'esecutivo è al completo ad eccezione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Per Cgil, Cisl e Uil ci sono i segretari generali Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Per Confindustria c'è il presidente Emma Marcegaglia. Presiede il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta

12:36 Chiamparino: "Abbiamo posto tre condizioni"

"Valuteremo nel direttivo già convocato quanto è emerso dall'incontro di stamane ma vorremo avere le cifre complessive per avere un quadro definitivo. Per il comparto dei Comuni e delle Province, si tratta di 1 miliardo e 100 per il 2011 e 2 miliardi e 100 per il 2012". I numeri li ha forniti il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, uscendo da Palazzo Chigi al termine dell'incontro in cui si è discussa la manovra. "Abbiamo posto tre condizioni: abbiamo bisogno di una boccata di ossigeno sul 2010 - ha detto Chiamparino - e abbiamo indicato già alcune modalità che sarebbero a saldi invariati. In secondo luogo abbiamo chiesto una rimodulazione del Patto di stabilità per il 2011 e il 2012; infine abbiamo chiesto di mantenere i tempi stabiliti per il decreto attuativo sul federalismo fiscale". Secondo Chiamparino, "tutti si sono detti disponibili a fare la propria parte alle condizioni che abbiamo detto: noi dal 2004 al 2009 abbiamo portato un contributo di oltre 4 miliardi ai saldi di finanza pubblica".

12:34 Manovra, iter parlamentare comincia al Senato

L'iter parlamentare della manovra economica 2011/12 comincerà al Senato. Lo rendono noto i capigruppo di Pdl e Pd, Maurizio Gasparri e Anna Finocchiaro, al termine della Conferenza dei capigruppo

12:27 Scopelliti: "Per le Regioni è dura"

''Servono maggiori dettagli, ma la situazione che si profila per le Regioni è difficile". Così il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti. A Palazzo Chigi "si è parlato prevalentemente di tagli. Ora con senso di responsabilità, bisogna trovare un punto di confronto''. Scopelliti ha anche detto che Tremonti non ha parlato dell'ipotesi di introdurre ticket per la sanità.

12:25 Tremonti: "Taglia alla P.A., si comincia dai ministri"

"I tagli alla pubblica amministrazione ci saranno cominciando dai ministri". dice il ministro Tremonti, accennando agli interventi che toccheranno le retribuzioni dei ministri e spiegando che i tagli partiranno proprio dai titolari dei diversi dicasteri.

12:23 Sacconi alle Regioni: "Rinnovare patto su ammortizzatori"

"Ci rivedremo presto per rinnovare e ridefinire il patto sugli ammortizzatori sociali in deroga, che è stato un significativo risultato della leale collaborazione stato-regioni-parti sociali e per dare attuazione alla nuova formazione". Così il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, durante l'incontro a Palazzo Chigi sulla manovra. Sacconi ha voluto "richiamare l'attenzione su due ambiti che rappresentano il 90% delle attività delle regioni. Il primo è il fondo sanitario: dobbiamo proseguire lungo la strada intrapresa dalle regioni non virtuose di avvicinamento alle regioni virtuose". Il secondo è appunto quello della formazione ed ammortizzatori.

12:22 Tremonti: "Diversa fiscalità anticipa federalismo fiscale"

La fiscalità di vantaggio, con modalità diverse tra le regioni, non deve essere vista come "una forma di competizione ma come un anticipo del federalismo fiscale". Lo ha affermato il ministro Tremonti nel corso dell'incontro con le regioni e gli enti locali per presentare la manovra.

12:20 Chiamparino: "Non condono ma accertamento su case fantasma"

Non si è parlato di condono ma di accertamento fiscale sulle case fantasma, le cui mappe e i cui elenchi verranno consegnati ai comuni". Lo ha detto il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, al termine dell'incontro con il governo a Palazzo Chigi sulla manovra.

12:16 Vasco Errani: "Manovra insostenibile"

Netto e negativo il giudizio di Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, dopo l'incontro a Palazzo Chigi sui contenuti della manovra 2011/12. "E' insostenibile - dice Errani - per le ricadute che avrà e per i servizi ai cittadini che le Regioni devono erogare. Serve chiarezza per fare una manovra che non sia recessiva". ''Si profila un taglio di ben oltre 10 miliardi di euro - ha spiegato Errani - e anche su questo c'e' bisogno di chiarezza. Il Governo ora deve cercare un punto di sostenibilità dove ogni livello istituzionale fa la sua parte. E noi la vogliamo fare''. "Abbiamo dimostrato in questi anni - ha proseguito Errani - di essere pronti a fare la nostra parte. Occorrono politiche attive per dare risposte ai problemi del paese. La responsabilità che ciascun livello di governo sia equilibrata: oggi non mi pare sia così".

12:08 Fassino: "Manovra tesa ai tagli, non al rilancio. Valuteremo"

Al momento sembra che nella manovra predisposta dal governo prevalga una "logica di tagli", mentre bisognerebbe pensare anche a rilanciare la crescita. Così Piero Fassino, a margine di un convegno di italianieuropei. Quando gli viene ricordato il richiamo del capo dello Stato all'opposizione per un atteggiamento responsabile di fronte alla manovra, Fassino risponde: "Valuteremo con disponibilità e attenzione i provvedimenti. Ovviamente ci riserviamo di valutare nel merito: siamo disponibili a sostenere misure di lotta all'evasione fiscale ma diremo no a tagli che colpiscono i cittadini nella vita quotidiana o a nuove forme di condono".

12:02 Tremonti a Regioni: "Attenti ai conti o Ue taglia fondi"

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha ricordato alle regioni i rischi "europei" di una scarsa attenzione ai conti pubblici. Un aggiornamento del patto di Stabilità potrebbe impattare proprio sulle regioni che dei contributi Ue sono spesso beneficiari. "Il patto di stabilità - ha spiegato il ministro durante l'incontro - verrà modificato e reso più rigido. Si sta andando verso un processo di ridefinizione del calcolo dei contributi europei che possono essere ridotti a chi sarà in deficit eccessivo. Poichè siamo il terzo Paese a ricevere questi interventi dovremo essere molto attenti e intervenire in anticipo".

11:59 Tremonti: "Le tasse non aumenteranno"

Con la manovra che il governo si appresta a varare "non saranno aumentate le tasse". Il ministro dell'Economia lo ha ribadito più volte durante l'incontro a Palazzo Chigi con regioni, province, comuni e comunità montane.

11:55 Tremonti: "Discontinuità con la classica finanziaria"

La manovra "non è la classica legge finanziaria. E' un'intensa discontinuità di sistema che tutti dobbiamo comprendere". Lo afferma il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che poi sottolinea come gli interventi della manovra non prevedano "tagli lineari" ai ministeri e rispettino l'autonomia prevista per i diversi organi costituzionali, regioni comprese. Tremonti spiega che le riduzioni per i singoli ministeri saranno in maniera percentuale e la decisione su dove intervenire spetterà ai singoli ministeri. Il ministro ha poi fatto un riferimento esplicito all'articolo 121 della Costituzione, che indica gli organi dotati di autonomia costituzionale, tra cui le Regioni. Anche loro dovranno al loro interno individuare come intervenire nell'autonomia data.

11:53 Fazio: "Nessun taglio lineare nella Sanità"

Il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, spiega che, in sede di studio della manovra, "abbiamo lavorato su una serie di misure, e non su un taglio lineare, per limitare gli sprechi in Sanità. Per il resto, dovrete aspettare la serata di oggi". Il ministro ha risposto così ai giornalisti, a margine della conferenza stampa di presentanzione della 13esima edizione della Giornata nazionale per la donazione e trapianto di organi e tessuti

11:50 Tremonti: "Manovra, 12 miliardi per ciascun anno"

Confermando che la manovra per il 2011/12 è da 24 miliardi di euro, il ministro Tremonti spiega che la correzione strutturale sarà di 12 miliardi di euro per il primo anno, a cui si aggiungeranno altri 12 miliardi il secondo.

11:47 Di Pietro: "L'unica manovra è che Berlusconi se ne vada"

L'unica manovra per non finire come la Grecia è che Berlusconi se ne vada. Lo dice il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro. "Se la responsabilità politica ha un senso, chi fallisce e chi dice bugie deve andare a casa. Berlusconi ha detto che l'Italia non era in crisi e poi ha detto che la crisi l'aveva già superata, ma oggi siamo in piena anticamera della Grecia. A casa Berlusconi e il suo Governo, se vogliamo salvare il Paese".

11:45 Tremonti: "Manovra correttiva prescinde da ripresa"

Per il ministro Tremonti, la "correzione va fatta a prescindere dalla ripresa economica perché ne va della stabilità finanziaria". Nell'incontro con le regioni e le autonomie locali il ministro ha ribadito che la manovra complessiva è da 24 miliardi nel 2011-2012.

11:41 Chiti: "Mani in tasca agli italiani si mettono eccome"

"Finiamola con questa storia che non si mettono le mani nelle tasche degli italiani. Il momento è grave e ci vuole serietà". Così Vannino Chiti, vicepresidente del Senato, a Uno Mattina. "Se, come sembra, quasi la metà di questa manovra, 10 miliardi su 24, viene da tagli a comuni, province e regioni, come fanno a dare i servizi ai cittadini?". "I sacrifici ora sono necessari - commenta Chiti -, ma la manovra poteva essere minore: 11 o 14 miliardi, citando cifre fatte dal ministro Tremonti nei mesi scorsi. Siamo arrivati a 24 perché il governo ha aumentato la spesa corrente e sono diminuite le entrate fiscali". "Non si facciano condoni: se si regolarizzano case non registrate nel catasto, per cui non si sono pagate tasse, in cambio di una cifra minore del dovuto, mentre i contribuenti onesti hanno pagato tutto, non mi si dica che non è un condono".

11:38 Follini: "Manovra, per noi un rischio ma anche investimento"

"Votare la manovra economica del governo, per noi, è un rischio. Ma forse potrebbe essere anche un investimento, una scommessa sul futuro. A un'opposizione che sappia non lasciarsi intrappolare dai suoi riflessi condizionati si possono aprire scenari più promettenti". Lo scrive il senatore Pd Marco Follini nella sua rubrica sul 'Riformista'. "Ragionare sulla possibilità di un voto favorevole a me pare più un gesto di responsabilità verso il Paese che non un 'appeasement' verso il nostro principale avversario. La crisi è tale che impone a tutti un cambio di paradigma. Non sarebbe male se almeno ci provassimo".

11:20 Cicchitto: "Manovra forte ma socialmente quilibrata"

Il presidente dei deputati del Pdl sottolinea i punti fondanti del provvedimento. "L'impostazione di fondo della manovra economica è stata definita a livello europeo per mettere in sicurezza l'euro e i vari sistemi economici. Riguarda in primo luogo l'intervento sulla spesa pubblica e il governo l'ha impostata ricercando un vasto consenso sociale, dalle organizzazioni del lavoro autonomo ai sindacati, alla Confindustria, alle Regioni". Cicchitto poi riassume i contenuti della manovra: "C'è una fiscalità di vantaggio per il Sud, non esistono tagli dolorosi alla sanità. Si interviene a favore della produttività e delle reti d'impresa. Sul terreno della spesa si incide sugli aspetti clientelari delle pensioni di invalidità, per le pensioni viene mantenuta aperta solo una finestra, c'è un taglio lineare del 10% per ogni dicastero che però sarà gestito sul piano qualitativo da ogni ministro. Esistono interventi equitativi riguardanti il taglio dal 5 al 10% degli stipendi della dirigenza pubblica di fascia A, a quello riguardanti gli enti pubblici e le aziende e i consorzi municipali e vari altri costi della politica. L'altro aspetto decisivo è un'azione molto rigorosa sul terreno dell'evasione fiscale. Per parte nostra abbiamo raccomandato interventi riguardanti le forze dell'ordine e Roma capitale".

11:07 Tremonti: "Costi standard per la sanità"

Tremonti spiega che il governo sta lavorando con le Regioni a costi standard per la sanità. Nel corso dell'incontro con gli enti locali il ministro ha fatto riferimento al fatto che il continente produce più debito che ricchezza e che la manovra riduce il perimetro dell'area pubblica. Un accenno anche alle pensioni. Con la messa a regime il sistema previdenziale italiano è il più solido d'Europa.

11:05 Tremonti: "Non è finanziaria qualsiasi, gestiamola insieme"

"Questa non è una finanziaria qualsiasi. Dobbiamo gestirla tutti insieme". E' l'invito del ministro Tremonti agli Enti Locali e alle Regioni, che apre il confronto formale sulla manovra che proseguirà con quello con le parti sociali.

11:04 Tremonti: "Rigore sulle pensioni di invalidità"

Le pensioni di invalidità sono cresciute da 6 a 16 miliardi. Il governo con la manovra intende tornare ai criteri rigorosi del 1988, spiega il ministro Tremonti illustrando la manovra agli Enti Locali e alle Regioni a Palazzo Chigi.

11:00 Tremonti: "Blocco triennale per i dipendenti pubblici"

Tutti i dipendenti pubblici avranno il congelamento triennale generale delle retribuzioni. Lo ha detto - secondo quanto si apprende - il ministro dell'Economia Giulio Tremonti illustrando la manovra nel corso dell'incontro con gli enti locali e le Regioni a Palazzo Chigi.

10:58 Palazzo Chigi, al via l'incontro con le autonomie locali

Al via a palazzo Chigi l'incontro fra il Governo e le autonomie locali per illustrare la manovra, che, secondo le previsioni, dovrebbe essere approvata questa sera dal Consiglio dei Ministri. Sono presenti il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, quello della Semplificazione Roberto Calderoli, il ministro per gli Affari Regionali, Raffaele Fitto, insieme al ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi e al ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo. Le regioni sono rappresentate daVasco Errani, presidente della Conferenza, dal vice presidente Michele Iorio, dai governatori delle Marche e del Lazio, Spacca e Polverini. Presente anche il coordinatore degli assessori al bilancio Romano Colozzi. In rappresentanza dei comuni il sindaco di Torino e quello di Roma, Sergio Chiamparino e Gianni Alemanno, il vicepresidente vicario, Osvaldo Napoli e il sindaco di Livorno e presidente dell'Anci Toscana, Alessandro Cosimi. All'incontro anche una delegazione dell'Upi e dell'Uncem.

 

 

 

Vendola attacca la manovra

"Grande opera di macelleria sociale"

Il governatore pugliese e leader di Sinistra e libertà risponde alle domande dei navigatori. "Con il taglio agli Enti locali tolgono ai cittadini senza prendersi responsabilità". Polemico con Bersani: "Non si risolvono problemi con le parolacce"

di ANNALISA CUZZOCREA

Vendola attacca la manovra "Grande opera di macelleria sociale" Nichi Vendola

ROMA - Una manovra economica che fa macelleria sociale, e contro cui bisogna organizzare una grande rivolta popolare. Un centrosinistra che non sa più parlare al Paese, che cerca la modernità nelle parolacce, e che nonostante questo continua ad apparire antico. Un'alternativa alle destre da costruire facendo una rivoluzione culturale, abbandonando l'ottica spartitoria del potere, riconnettendosi con l'Italia vera e smarrita. Nel videoforum di Repubblica Tv 1 - 380 messaggi in tempo reale - il leader di Sinistra ecologia e libertà e governatore della Puglia Nichi Vendola non fa sconti a nessuno: né al governo, né ai suoi alleati. Non perdona a Bersani la parolaccia contro il ministro dell'Istruzione Gelmini. Non perdona a Tremonti una manovra che colpisce sempre gli stessi, i deboli, i non colpevoli.

Cosa pensa di questa manovra?

"Giungono rumori di guerra da Palazzo Chigi. Hanno giocato a nascondino per due anni, hanno avuto paura di confrontarsi con quello che accadeva nel resto del mondo: l'esplosione di una bolla speculativa che riassumeva la follia di un ventennio di ubriacatura liberista. Hanno giocato a nascondere la crisi, l'Europa si è occupata prevalentemente di risarcire quei soggetti che ne erano stati i protagonisti, coloro che hanno portato il mondo sull'orlo di un precipizio. E oggi questa decisione determina i propri effetti. I giovanotti delle agenzie di rating bocciano la Grecia, la Grecia comincia a tremare, dopo la Grecia è il turno del Portogallo, della Spagna, e ora appaiono nuvole nere anche sul cielo d'Italia. Ma cos'è questa crisi? E' qualcosa che ha a che fare con le viscere della terra e del creato, l'ha portata la cicogna? E' la crisi di un mondo che è stato imprigionato da gruppi sofisticati di rapinatori, da un ceto mondiale di rapinatori travestiti da procacciatori finanziari, da acrobati della finanza internazionale. Ma come si può immaginare di proporre a un lavoratore o a un pensionato il sacrificio - fosse pure di un euro - se prima non si spiega come si intende cambiare questa logica perversa? Se non si pone fine all'allegra finanza degli speculatori e degli squali che attraversano gli oceani dell'economia mondiale producendo questo disastri? Se non si chiede scusa al lavoro che è stato umiliato, offeso e marginalizzato e non si ricostruiscono le regole del gioco a livello planetario?"

Il governo ripete che non metterà le mani nelle tasche degli italiani.

"Mettono le dita negli occhi degli italiani. Siamo a un livello di dramma sociale che viene occultato e nascosto dalla propaganda. Bloccare per anni i contratti dei lavoratori del pubblico impiego, 1100-1200 euro al mese, significa produrre un effetto depressivo sull'economia nazionale, ridurre la platea dei consumi e dei consumatori, stare dentro l'onda della recessione. Pensare di poter bloccare l'andata in pensione di chi l'aveva programmata, pensare di togliere agli enti locali un numero impressionante di risorse, è assurdo. Loro non mettono le mani nelle tasche degli italiani, ma io non avrò più un euro per pagare i servizi sociali o per pagare la viabilità. Quello che fanno è un'operazione di trasferimento a qualcun altro della responsabilità della più grande opera di macelleria sociale della storia italiana."

Chiarissima l'analisi, questa crisi è costretto a pagarla chi non l'ha causata. Ma ora cosa bisogna fare? Napolitano ha auspicato che l'opposizione in Parlamento condivida la manovra.

"Se le misure fossero eque, ma per essere eque bisogna riesumare una parola che è stata maledetta e proibita in Italia: la parola tasse. Al primo punto bisognerebbe mettere la possibilità di colpire i grandi patrimoni, la rendita parassitaria, le transazioni finanziarie. Colpire quegli evasori che avevano portato milioni di euro all'estero. Ma si possono scaricare 24 miliardi di euro per intero sul lavoro dipendente, sui pensionati, sulla povertà, sulla fragilità? Si parla molto dello scandalo dei falsi invalidi, si parla poco dello scandalo dei veri invalidi che devono scalare le alpi della burocrazia per veder riconosciuto il loro diritto all'accompagnamento. Questo è diventato un paese feroce, e con questa manovra finanziaria la ferocia si fa stato. Tremonti ci chiama a condividere cosa? Il suicidio degli enti locali, il suicidio delle regioni, delle province, dei comuni? No io non mi assumo questa responsabilità."

Uno spettatore le chiede la sua opinione sulle ricette di " flexsecurity" del Pd sul lavoro, ricette su cui peraltro il Pd all'ultima assemblea non è riuscito a trovare un accordo.

"La flessibilità è un obiettivo straordinario in una società che realizza la piena occupazione. In un Paese in cui la disoccupazione in gran parte del territorio è a due cifre la flessibilità è un trucco semantico, è soltanto la mafia delle parole che consente di chiamare flessibilità ciò che è precarietà. E la precarietà oggi non è solo una condanna per chi ha contratti atipici, l'intero mondo del lavoro è turbato da questo sentimento di precarietà. Il lavoro è scomparso dalla scena pubblica. I media parlano del lavoro solo nelle rubriche di cronaca nera. Abbiamo di fronte a noi la prima giovane generazione che è compiutamente al di fuori dell'idea del lavoro come prospettiva, come futuro. Una generazione compiutamente precarizzata non solo nella sua proiezione produttiva, ma nella sua immagine di futuro. Questa è una tragedia. Qui c'è il vero problema della sinistra: per contestare questa roba qui bisogna rimettere il lavoro al centro della scena sociale. Ll'economia non c'è se non c'è il lavoro, se non c'è la produzione di beni e servizi c'è un'economia cartacea, quella delle agenzia di rating, dei piccoli gangster travestiti da manager esterofili. Questo è un punto culturale, sociologico e politico che chiama in causa il mestiere della sinistra. La sinistra da troppo tempo non ha un mestiere perché non si occupa più sul serio di questo tema."

Come risponde a chi le chiede di lanciare la sfida al centrodestra, al governo e alle vecchie classi dirigenti del centrosinistra?

"A sinistra non è possibile immaginare ricette taumaturgiche. A sinistra si è consumata una gravissima sconfitta che non è solo quella elettorale, ma è una crisi di cultura, di prospettiva, di narrazione, di egemonia. Berlusconi non ha vinto mica perché è stato un bravo amministratore, ma perché ha dato forza a un racconto strabiliante assolutamente manipolatorio nei confronti della psicologia di massa. La sinistra cosa gli ha contrapposto? Berlusconi è stato la proiezione in politica di quello che è avvenuto nei lunghi pomeriggi televisivi, quando la formazione culturale di un paese è stata surrogata dalle Isole dei famosi, dai Grandi fratelli, da un'ideologia e da un'idea della vita e della società miserabile, meschina, mercantile. Non può pensare la sinistra che basti una parolaccia per recuperare un codice di comunicazione con la realtà, per recuperare l'alfabeto perduto, il vocabolario perduto. La sinistra non sa più parlare alla gente e non sa più capire la gente. Oggi potremmo usare l'occasione drammatica della crisi economica e sociale per provare a recuperare un rapporto di verità con il paese, con le sue sofferenze e le sue aspettative. Lì c'è il cantiere dell'alternativa, l'alternativa non può nascere dalle alchimie di palazzo, sperando che un pezzettino dell'altra parte si possa staccare e venire in soccorso. Di lì non nasce niente. Dobbiamo soprattutto parlare alla società italiana e alle giovani generazioni, essere la sinistra che dà speranza perché organizza le lotte. Una sinistra che fa un mestiere antico ma nelle forme più moderne e più flessibili. Invece riusciamo a usare il peggio della modernità - la parolaccia - continuando a sembrare conservatori. C'è bisogno che tutte le forze del centrosinistra si accorgano della propria inadeguatezza e si lascino aiutare nel rapporto forte con la società civile, con i movimenti e con le associazioni. Provino a costruire un cantiere di autorigenerazione."

E da cosa si parte?

"Ad esempio, l'immigrazione. Noi non possiamo immaginare sull'immigrazione un discorso di contenimento dei danni delle leggi razziali e del razzismo che è insito in questa classe dominante. L'Italia dei roghi di Ponticelli, l'Italia di Rosarno, della mensa negata a un bambino, del bianco Natale cantato perché bisogna fare il Natale dei bianchi, l'Italia di una sommessa e ordinaria pulizia etnica è un'Italia schifosa, melmosa, putrescente. Contro di essa bisogna far vivere l'altra Italia, quella che ha memoria della sua storia, storia di migranti. Non si può essere sceriffi di sinistra, non si può essere un po' meno razzisti perché non vincano i razzisti. Su questo tema il centrosinistra ha bisogno di riscostruire una politica, un racconto di verità."

Lei la questione morale l'ha guardata in faccia cambiando la sua giunta quando sono arrivate le inchieste sulla gestione clientelare della sanità in Puglia. Pensa che il Pd non stia facendo abbastanza?

"Secondo me c'è un'idea così diffusa di politica come cinismo e affarismo e c'è una tale soggezione della politica al mercato che la realtà è questa. Perché la politica è corrotta, perché è debole. Ha ceduto il passo ad altri poteri che prendono decisioni sulla vita di tutti e non in sedi democratiche, non in modo trasparente. La politica - per combattere la corruzione - deve innanzi tutto riprendersi sovranità sulle scelte di un Paese. L'Italia sta uscendo dalla chimica di base: l'ha deciso il parlamento, l'ha deciso il governo, l'ha deciso qualcuno? E dov'è un tavolo su questo. Mentre poi sul versante del nucleare io non ho capito: ho l'impressione che abbiamo fatto due patti, uno con Sarkozy e uno con Putin. La partita la stiamo giocando in due casinò differenti, e questo potrebbe costarci caro anche in tema di relazioni internazionali."

Lei ha definito i partiti ossi di seppia, non è ingeneroso da chi viene da una lunga storia di partito? Cosa sono e cos'hanno le sue fabbriche in più di un partito?

"I partiti sono diventati molto simili a quella metafora che il presidente del Censis De Rita usa per definire l'Italia: mucillagine. Sono la rappresentazione di un'Italia frammentata per interessi di corporazioni, di caste, di lobby o di campanili. Il partito come luogo di costruzione dell'interesse generale, di protezione dei beni comuni, dov'è? Le fabbriche cui ho offerto il mio nome, le fabbriche di Nichi, sono luoghi in cui è abolita la cosa fondamentale che ci ha berlusconizzati tutti: la vita politica fondata sulla competizione. Lì c'è la cooperazione, non si viene eletti a niente. Sono un tentativo di connessione tra la rete e la piazza, e hanno assunto l'idea che si può coniugare la politica alla bellezza. Sono l'idea che la politica dev'essere un principio di ricostruzione della comunità. Per me sono state un osservatorio su quanto è grande la speranza di cambiamento. Nella mia testa il partito è stato sempre un mezzo, non un fine. Io mi sento innamorato dell'idea che si può ancora contribuire a cambiare la vita e a cambiare il mondo. Vediamo gli strumenti utili per il cambiamento."

La sua vittoria è stata percepita come una minaccia, ora si parla di Vendola come colui che sta dando la scalata al Pd, si agita il fantasma di un ticket con Veltroni. Hanno paura di lei?

"Tutto questo è vero ed è molto triste. Per me è triste sentirmi percepito come l'altro gallo che entra nel pollaio, come un uomo in carriera, mi dà molto fastidio. Io mi percepisco come una persona che si sente profondamente sconfitta rispetto alle cose che pensa e che ha sognato tutta la vita, e che si ritrova a gestire un laboratorio importante e controcorrente - come quello pugliese - ma in un Paese che ha smarrito i propri codici civili. Mi sento disperato per le cose che accadono nel mio Paese e vorrei fare qualcosa perché si determinasse non la carriera di qualcuno, o la sostituzione di ceti dirigenti ad altri ceti dirigenti, ma la riforma intellettuale e morale - per dirla alla Gramsci - di questo Paese. E' un paese smarrito, è possibile che la discussione sia su di me, su quello che voglio fare domani o dopodomani? Io voglio dare un contributo nel modo che so offrire, che è quello della mia comunicazione con la gente e della voglia di sparigliare i giochi degli alchimisti del centrosinistra, degli strateghi della tattica che dominano la scena del centrosinistra."

Ma l'alternativa la possono costruire insieme Pd, Sel, Italia dei Valori, magari anche l'Udc o comunque si chiami?

"E' sufficiente la buona volontà o c'è un problema politico? Siamo davanti a elezioni importanti come le comunali di Napoli. Il fatto che il candidato del centrosinistra sia subito diventato assessore nella giunta Caldoro ci dice qualcosa? Il fatto che la contesa non sia sul profilo di una città ma sulla spartizione di posti di potere ci dice qualcosa? Dov'è più la discussione sul governo del territorio, sul risanamento delle aree periferiche, sulla sfida energetica, sulle nuove povertà, sull'inclusione dei bambini, sulle politiche per i migranti? Nel campo nazionale l'alternativa può cominciare subito, a condizione che sappiamo leggere tra le carte di Tremonti, se ci liberiamo dall'illusione di un Tremonti che si presenta come un neutro risanatore delle finanze pubbliche. Tremonti è la copertura migliore di un mondo, di una classe, di una politica e di un'economia che hanno fallito e che hanno fatto male al Paese. Bisogna combatterlo frontalmente."

Il Pd quindi questa manovra non la deve votare?

"Il Pd - insieme al resto del centrosinistra, ai sindacati, al tribunale per i diritti del malato - deve organizzare una grande rivolta popolare contro la manovra economica della destra. Per potersi sedere a quel tavolo e poter dire: " Facciamo una manovra condivisa" le prime carte che bisogna vedere sono quelle che parlano di tasse ai ricchi, altrimenti a quel tavolo non ci si può sedere."

Ci doveva essere una convention a Firenze per lanciare la sua candidatura alle primarie per la guida del centrosinistra nel 2012, oggi non sappiamo neanche se ci saranno quelle primarie. Se ci fossero lei si candiderebbe?

"Io mi batterò fino allo stremo perché ci siano le primarie. La convention a Firenze è saltata perché invece che essere l'inizio di una ricerca sulle parole che ci mancano era diventata una danza della morte dei partiti su questo oggetto misterioso. Per quello che mi riguardava era meglio fermarsi lì, mentre fuori dai partiti ci sono domande, esperienze, un sapere che noi faremmo bene ad accogliere. Le primarie sono il minimo per sopravvivere. L'idea di mettere in discussione l'unica forma che è stata inventata di dissequestro delle scelte politiche fondamentali sequestrate in segreterie di partiti che sono diventati la roba di cui ho parlato è un'idea folle. La sinistra non può vincere se va in un laboratorio di chirurgia estetica a trovare una maschera di Berlusconi di sinistra da mettere in faccia a qualcuno. La sinistra vince se contro Berlusconi è capace di convocare un popolo che si appassiona a un'idea di futuro."

(25 maggio 2010)

 

 

 

2010-05-25

GOVERNO

Ecco la manovra, c'è anche il condono

Letta: "Sacrifici duri". Napolitano: "Siano equi"

Lunga la lista delle novità: tracciabilità del contante, per parlamentari e ministri -10%, ma solo sulla parte eccedente gli 80mila euro di stipendio. Tagli ai partiti. In arrivo il ticket e il pedaggio sui raccordi autostradali. "Salva" la scuola. Congelati gli stipendi dei dipendenti pubblici

Ecco la manovra, c'è anche il condono Letta: "Sacrifici duri". Napolitano: "Siano equi"

Il ministro Tremonti

ROMA - Tracciabilità dei pagamenti, stop agli stipendi degli statali. Mini taglio agli stipendi dei parlamentari. E, dopo gli scandali dei lavori del G8, una brusca ridimensionata all'autonomia della Protezione civile. Ma soprattutto, nonostante le smentite, la presenza, nella bozza, del condono edilizio (o meglio di una "sanatoria catastale"). Sono solo alcuni dei punti salienti di quella che sarà la manovra economica da 24 miliardi che domani sarà approvata dal Consiglio dei ministri e che questa sera ha ottenuto un sostanziale via libera della consulta economica del Pdl riunita nella sede del partito di via dell'Umiltà. Ora il ministro Tremonti è atteso a un incontro con i rappresentanti delle Regioni, a cui illustrerà nel dettaglio i termini della manovra in vista della riunione di domani mattina a Palazzo Chigi.

Che la manovra non sarà una cosa indolore lo dice chiaramente il sottosegretario alla Presidenza, Gianni Letta: "E' una manovra straordinaria che ci chiede l'Europa. Ci saranno sacrifici molto pesanti, molto duri che siamo costretti a prendere, spero in maniera provvisoria per salvare il nostro Paese dal rischio Grecia. Capiamolo così e ci capiamo tutti". Parole che lascino poco spazio all'immaginazione. Tanto che dal Quirinale arriva l'appello di Giorgio Napolitano che chiede "che i sacrifi siano ripartiti equamente". E si augura che "le decisioni siano prese responsabilmente dalla maggioranza e siano condivise dalle forze di opposizione in Parlamento, nel comune interesse".

Condono e sanatoria per ampliamenti. Nonostante la smentite il condono edilizio c'è. Anche e il governo parla di una "sanatoria catastale" che riguarderà l'obbligo per gli interessati di dichiarazione di aggiornamento catastale con sanzioni che saranno ridotte ad un terzo. Ai titolari degli immobili si concederà tempo fino al 31 dicembre di quest'anno per mettersi in regola. Chi non lo farà si vedrà attribuita una rendita presunta, "con la retroattività della rendita".

 

Tracciabilità del contante a 5 mila euro. Si rafforza la lotta all'evasione con l'introduzione di fatture telematiche per importi superiori a 3mila euro, la tracciabilità dei pagamenti con la soglia dei 5mila euro per l'uso dei contanti - invece dei 12.500 attuali - e infine con un intervento sulle compensazioni Iva. Un'altra novità riguarda l'obbligo di fattura elettronica per i pagamenti sopra i 3.000 euro.

Tetto sull'invalidità. Nella bozza viene fissato un tetto di reddito pari a 25mila euro per poter avere le indennità di accompagno per l'invalidità civile. Per gli invalidi coniugati c'è anche un limite di 'coppia' pari a 38mila euro. Per chi ha un reddito inferiore a 25mila euro l'indennità sarà corrisposta in misura tale da non superare il limite. Stop inoltre al meccanismo di rivalutazione automatica delle prestazioni per coloro che già ricevono le indennità ma superano i nuovi tetti al reddito. Inoltre sono in arrivo 100.000 verifiche straordinarie contro i falsi invalidi nel triennio 2010-2012. La manovra, infine, eleva la percentuale di invalidità per la concessione della pensione d'invalidità dal 74 all'80%.

Stipendi dei dipendenti pubblici. Tutti gli stipendi dei dipendenti pubblici resteranno fermi ai livelli dell'anno scorso fino al 2013, mentre sulle retribuzioni dei manager che guadagnano da 90.000 a 130.000 euro arriva un taglio del 5%, che sale al 10% per gli stipendi oltre i 130.000 euro.

Stipendio dei politici, solo un mini-taglio. Per i politici, invece, arriva un taglio degli stipendi del 10% per la parte eccedente gli 80 mila euro annui. Riduzione che potrà essere applicata da subito su ministri e sottosegretari non parlamentari. Per deputati e senatori, invece, saranno le stesse camere ad adottare i provvedimenti con propri regolamenti. La nuova ondata d'austerità colpisce anche composizione e compensi dei Cda di società pubbliche, consulenze e incarichi, spese per pubblicità e relazioni pubbliche, missioni internazionali, formazione, auto blu. Inoltre le risorse che si recupereranno dalle riduzioni di spesa di Quirinale, Senato, Camera e Corte Costituzionale saranno destinate alla cassa integrazione.

Partiti politici. Sarà dimezzato il contributo di un euro a cittadino iscritto nelle liste elettorali per le elezioni alla Camera. Verranno inoltre soppresse le quote annuali dei rimborsi in caso di scioglimento anticipato del Parlamento. Se un politico che è stato eletto ha incarichi nella pubblica amministrazione, per questi può percepire solo il rimborso delle spese e un gettone di presenza al massimo di 30 euro.

Stato di emergenza, servirà il placet del Tesoro. Sarà il Tesoro a dare il 'placet' alla richiesta della Protezione civile qualora sia necessario proclamare lo stato d'emergenza. Lo stato d'emergenza e quindi lo stanziamento dei necessari fondi dovrà essere proclamato ''di concerto con il Mef''.

Irap. La manovra prevede la possibilità di una fiscalità di vantaggio notevole per il Sud, dove viene "l'anticipazione della possibilità di istituire un tributo proprio sostitutivo dell'Irap con riferimento alle imprese avviate dopo il provvedimento, con possibilità di riduzione o azzeramento dell'Irap"

Scuola. Anche in considerazione dei tagli del passato la manovra economica che il Governo sta mettendo a punto 'risparmiera scuola e università. Per questo l'organico degli insegnanti di sostegno nel 2010-2011 dovrà rimanere invariato rispetto al 2009-2010. Nuovi finanziamenti anche alla scuola privata paritaria che potrà contare su 330 milioni per il biennio 2011-2012 (130 milioni il primo anno e 200 il secondo anno). Per la fornitura dei libri di testo gratuiti la manovra stanzia 103 milioni per il 2011 e altrettanti per il 2012.

Ticket. Nel capitolo della manovra dedicato al controllo della spesa sanitaria, si proroga l'esenzione del ticket. Secondo alcune bozze provvisorie potrebbe scattare dal primo luglio 2010 un ticket di 7,5 euro a ricetta, ridotto a 3 euro per i cittadini esentati dal pagamento delle prestazioni. Le cifre si dovrebbero poi ridurre rispettivamente a 6 euro e 2 euro a partire da gennaio 2011.

Pensioni di vecchiaia, nel 2011 slittano di 6 mesi. I lavoratori che nel 2011 avranno maturato un'anzianità contributiva inferiore ai 40 anni e vorranno accedere alla pensione d'anzianità, andranno a riposo il 1 luglio 2012.Chi, nel 2011, avrà maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia (65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne) potrà accedere al trattamento con uno slittamento di 6 mesi rispetto alla data in cui hanno maturato i requisiti (invece degli attuali tre). Per quanto le donne del pubblico impiego si va verso un'accelerazione dell'età pensionabile.

Pedaggio. Sarà possibile mettere un pedaggio sui tratti stradali che connettono con le autostrade. Una misura che servirebbe a reperire risorse per le infrastrutture.

Rifiuti. Niente rimborsi per l'Iva pagata sulla Tariffa di Igiene Ambientale, che in molti Comuni ha sostituito la Tarsu, la tassa sui rifiuti. Nella manovra ci sarà una norma interpretativa per evitare il rimborso a carico dei Comuni e delle società municipalizzate.

Stock option. Su stock option e bonus scatterà un'aliquota addizionale del 10%. La stretta fiscale sarà applicata su quelle remunerazioni che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

Soppressione di enti, tocca a Ice e Isae. La cura dimagrante sugli enti inutili contenuta nella manovra 2011-2012 toccherà anche l'Ice e l'Isae. I due istituti, il primo per il commercio con l'estero, e il secondo di studi e analisi economiche, verranno soppressi. Solo nell'Ice lavorano circa 800 persone e - dicono i dipendenti - la scelta è arrivata come una doccia gelata anche sui vertici dell'Istituto. Nel mirino finiscono anche altri istituti ed enti di ricerca pubblici facenti capo a ministeri come Isfol e Ingv. Il progetto prevede anche il riordino degli enti previdenziali pubblici con l'accorpamento di quelli minori in Inps e Inail, mentre l'Inpdap continuerebbe a mantenere l'assetto attuale.

Lotta all'evasione. Potenziata la partecipazione dei Comuni nella lotta all'evasione fiscale e contributiva: sarà incentivata con il riconoscimento di una quota del 33% delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo. È un'altra delle misure inserite nell'ultimo aggiornamento della Manovra 2011-2012. I Comuni sopra cinquemila abitanti dovranno istituire un Consiglio Tributario.

Regioni del Sud potranno rimodulare incentivi alle imprese. Le regioni del Sud potranno, con proprie leggi, rimodulare attuali forme di beneficio per prevedere agevolazioni, detrazioni e deduzioni a favore delle attività produttive.

Montezemolo: "Sottovalutata l'importanza della crisi". Un grande errore di valutazione, secondo Luca Cordero di Montezemolo, è stato fatto negli ultimi anni: "In questi due anni si è sottovalutata l'importanza della crisi e si è dato troppo per scontato che il Paese ne fosse immune"

Fmi: "L'Italia ancora vulnerabile". "L'Italia deve "mantenere la disciplina fiscale, ridurre il peso del debito pubblico e aumentare il tasso di crescita nel lungo periodo". Il Fondo monetario internazionale, nell'article IV, sottolinea che "concorda con l'obiettivo delle autorità di un consolidamento fiscale basato sulla spesa". Per il Fondo "il contenimento dei salari del settore pubblico dovrebbero essere un elemento chiave della strategia di consolidamento". Per l'Fmi la decisione del governo italiano di non adottare un'ampia politica di stimolo fiscale è stata "appropriata, alla luce dell'elevato livello del debito pubblico. Anche se i peggiori effetti della crisi sull'economia italiana sono per la maggior parte passati, restano delle vulnerabilità chiave". In particolare, il Fondo spiega che "l'elevato livello del debito pubblico e la deludente performance di crescita potrebbero rendere l'Italia vulnerabile a futuri shock esterni".

Per gli economisti di Washington le politiche per rinvigorire la crescita dovrebbero focalizzarsi "sulla rimozione dei colli di bottiglia strutturali, sul miglioramento della qualità dei servizi pubblici e sul rafforzamento del settore finanziario". Il Fondo, si legge ancora, "sottoscrive gli obiettivi fiscali delle autorità italiane di riportare il deficit sotto il 3% entro il 2012", tuttavia avverte "il consolidamento programmato non è abbastanza ambizioso". E spiega che l'aggiustamento di bilancio programmato è basato, tra l'altro su "un assunto ottimistico di una ripresa forte e duratura" oltre che su "misure addizionali che devono ancora essere annunciate". Il Fmi chiede anche che venga mantenuto un "monitoraggio delle finanze pubbliche a livello locale"

(24 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

2010-05-22

LA MANOVRA

Berlusconi smentisce i tagli

"Non tocco pensioni e sanità"

"Nessun provvedimento punitivo, la sinistra calunnia. Non alzerò le tasse". Bersani: "Pagheranno ancora i ceti medio bassi"

Berlusconi smentisce i tagli "Non tocco pensioni e sanità"

ROMA - Il presidente del Consiglio nega l'esistenza di provvedimenti "punitivi" per i cittadini nella manovra che sta per essere varata dal governo. "Sono solo menzogne dei soliti pessimisti", ha detto Berlusconi, aggiungendo che "non sarà fatta macelleria sociale, non saranno toccate la scuola, le pensioni e la sanità. Né si alzeranno le tasse. Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani, ma cercheremo con ogni mezzo di combattere le spese eccessive e naturalmente l'evasione fiscale".

Dal Cavaliere poi un durissimo attacco alle opposizioni. "E falso ciò che vanno dicendo le opposizioni", che secondo il premier "calunniano". Perché, promette il presidente del Consiglio, si metteranno a posto i conto grazie non a tagli ma con una politica "equa e prudente" che metterà mano agli sprechi.

"Di fronte allo tsunami che sta mettendo a dura prova tutti i Paesi europei - dice il premier -, il partito dei pessimisti, il solito partito dei pessimisti è tornato a farsi sentire e a diffondere le solite menzogne, i soliti veleni, attribuendo al nostro governo il proposito di varare a breve termine un insieme di provvedimenti economici punitivi che, per l'ennesima volta sono totalmente inventati".

Bersani all'attacco. Ma il leader del Pd torna ad attaccare il governo. Nella manovra non c'è niente di "strutturale", si va nella direzione di colpire come al solito "i ceti medio-bassi" e si ripropone un "mega-condono" mentre si promette lotta all'evasione fiscale. Per Bersani "non si vede nulla di nulla che metta mano a dei meccanismi e che ad esempio metta in condizioni questo paese di spostare il carico fiscale dal lavoro e dalle imprese alla rendita e alla ricchezza. Tutte le cose che si stanno dicendo di nuovo portano il carico sui ceti medi e bassi, a riduzione degli investimenti e una riduzione sugli enti locali.

 

Cgil: favorisce l'evasione. Quello che si sta delineando è una manovra "depressiva e iniqua che colpisce i deboli e favorisce evasione e illegalità". Lo sottolinea la segretaria confederale della Cgil, Susanna Camusso, commentando il menù delle misure della manovra 2011-2012 che lunedì prossimo dovrebbe essere presentata alle parti sociali. "Non c'è traccia di convocazione", spiega Camusso all'Agi precisando che "quelle che arrivano sono solo voci e non c'è ancora una proposta concreta: mi sembra che abbiano più problemi di quelli che vogliono raccontare".

La manovra, osserva la sindacalista, è "depressiva perchè è incentrata sui tagli e non c'è traccia di incentivi alla crescita nè di risposte ai problemi dell'occupazione. Più passano le ore - aggiunge - più è iniqua. Si parlava di combattere l'evasione e siamo arrivati al condono edilizio, una politica opposta che incentiva i comportamenti elusivi ed evasivi".

(22 maggio 2010)

 

 

 

 

IL DOSSIER

Statali e previdenza, due anni di una tantum

e spunta un condono edilizio da 6 miliardi

Stipendi pubblici, confermato il prelievo sulla parte che eccede gli 80mila euro annui. Stretta su sanità e enti locali. Le finestre per i pensionamenti dovrebbero scendere da 4 a 1. Pensioni d'oro: tassa del dieci% oltre i cinquemila euroDI ROBERTO PETRINI

Statali e previdenza, due anni di una tantum e spunta un condono edilizio da 6 miliardi

ROMA - Mail, tabelle, scambi concitati di telefonate, tecnici mobilitati: il lungo week end della "Finanziaria" 2011-2012 da 27,6 miliardi è cominciato ieri e, se la tabella di marcia imposta da Tremonti in modo ultimativo, sarà rispettata si concluderà nella notte di lunedì. Anche se, secondo voci circolate ieri, non è escluso che la data di martedì salti e si vada verso un mini rinvio. E nelle ultime ore è spuntata anche l'ipotesi di un condono edilizio ben più consistente di quello relativo alle cosiddette case fantasma: la sanatoria potrebbe essere allargata ad altre fattispecie e portare nelle casse dello Stato fino a 6 miliardi di euro.

"Sacrifici", aveva annunciato, per primo Calderoli, e per pensionati e statali sarà così. La parola chiave che emerge con maggiore nettezza nelle ultime ore è "una tantum", o meglio "due tantum", giacché il prelievo straordinario varrà per il 2011 e 2012. Le categorie interessate sono molte (sebbene alcuni avanzino questioni di costituzionalità): in primo luogo gli statali che guadagnano più di 80 mila euro lordi annui, si tratta di una platea di circa 20 mila individui tra i quali figurano dirigenti di prima fascia, magistrati, professori universitari, dirigenti di seconda fascia delle agenzie fiscali, diplomatici e prefetti. Per la parte eccedente gli 80 mila euro di queste buste-paga il prelievo una tantum sarà del 10 per cento. L'altra una tantum biennale riguarderà le pensioni d'oro: è possibile che il tetto oltre il quale si sarà sottoposti al prelievo del 10 per cento salga dai 3.500 ai circa 5.000 euro. Dalla "tassa" tuttavia resterebbe escluso il settore privato: un intervento sarebbe possibile sugli stipendi alti attraverso i sostituti di imposta, ma in questa fase viene categoricamente escluso ogni intervento patrimoniale.

 

Sta lievemente cambiando nelle ultime ore il profilo dell'intervento sulle finestre pensionistiche che frutterà 1,6 miliardi. Le finestre per l'uscita in "vecchiaia" (65 anni) dovrebbero scendere da 4 a 1 (e non essere solo dimezzate come si è detto fino ad oggi), mentre per quelle di anzianità si valuta un dimezzamento (da 2 a 1) oppure un mantenimento dell'attuale livello. Nell'ambito previdenziale, oltre alla riforma del sistema di erogazione delle indennità di accompagnamento per gli invalidi che saranno legate al reddito, si prepara una cancellazione degli enti previdenziali minori, come quelli dei marittimi, dei musicisti e dei dipendenti postali. Altri risparmi verranno dall'accorpamento degli enti di ricerca, come l'Isae e l'Isfol, da taglio alle consulenze, alle missioni e da un sforbiciata del 15 per cento alla spesa corrente. Oltre alla riforma del patto di stabilità per gli enti locali e tagli per 4 miliardi per Regioni e Comuni.

Resta confermato anche il congelamento del contratto di lavoro per gli statali, il blocco degli automatismi per il 2010, il raddoppio (da tre a sei mesi) dei tempi di attesa per ottenere la liquidazione e la conferma del blocco del turn over. Colpite anche le indennità di ministri e sottosegretari: il taglio sarà del 10 per cento, il doppio di quanto annunciato in un primo momento dal governo. Dalla manovra naturalmente non sarà esente la spesa sanitaria che dovrebbe subire un taglio di 2,5 miliardi con una stretta sui farmaci e l'istituzione dei centri di acquisto regionali. Resta in bilico l'ipotesi della reintroduzione di un ticket sulla specialistica da 7,5 euro.

Sulla lotta all'evasione si preannunciano misure "forti": oltre all'intensificazione degli strumenti di contrasto come il "redditometro", si parla di una reintroduzione della tracciabilità del denaro contante introdotta dal governo Prodi. Una misura che non sorprenderebbe perché nei giorni scorsi è stato reintrodotto l'obbligo di segnalare l'elenco dei clienti e dei fornitori.

© Riproduzione riservata (22 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

L'UNITA'

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2010-08-18

Cnr, dopo anni di lavoro e ricerca c'è solo il precariato. Per statuto

di Luciana Ciminotutti gli articoli dell'autore

Il capitale della conoscenza senza un futuro. Precari per tutta la vita. Succede al Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) dopo l’approvazione del nuovo statuto che riguarda il destino professionale di quasi 4mila ricercatori. Dopo anni di apprendistato e contributi di sapere dati al principale organismo di ricerca pubblico nazionale e al Paese, una moltitudine di figure professionali che ruota intorno alla scienza italiana si ritrova alla porta senza alcuna possibilità di un contratto a tempo indeterminato. Il contestatissimo articolo 4 del nuovo statuto prevede che i vari contratti non standard (leggi precari) non possano superare in nessun caso i 10 anni nelle loro svariate forme: assegno di ricerca, borsa di studio, co.co.co. "Dopo sei fuori dall’ente, anche se sei un ricercatore valido e non di rado eccellente", spiega Mariangela Spera, ricercatrice precaria all’Istc (Scienze e tecnologie della cognizione).

E dire che dopo le proteste delle settimane scorse di ricercatori e sindacati, la norma è stata modificata e gli anni di precariato sono passati da 6 a 10. Altro cambiamento ottenuto con la mobilitazione, il conteggio del precariato entrerà in vigore con lo statuto, dunque non sarà retroattivo. Per Marinella Vicaretti, 36 anni, tecnologa al ministero dell’Ambiente, non è una vittoria: "Mi occupo di inquinamento atmosferico e sono precaria dal 2002, ora so che avrò altri 10 anni di precariato davanti e senza uno sbocco, mi dite che logica ha stare parcheggiati 20 anni in un ente?". "Noi – continua Vicaretti – avevamo chiesto lo stralcio di queste norme. Dunque no, non siamo soddisfatti". "Una cosa - aggiunge Spera - sarebbe stata progettare un limite alla precarietà in virtù di concorsi per il tempo indeterminato da fare in futuro, e una cosa è limitare la vita delle persone e dello stesso Cnr che con il continuo turn over vedrà sicuramente diminuire la qualità della ricerca".

Molto discussa è anche la norma che mette un rigido e invalicabile tetto di spesa per il personale. "Vogliono ridurre la pianta organica - dice ancora Spera - ma c’è a monte un progetto di svilimento della ricerca. Noi campiamo soprattutto sui progetti europei, siamo noi ricercatori a procacciare risorse al Cnr. D’ora in poi avendo meno persone e meno formate si vinceranno meno progetti europei e quindi arriveranno meno soldi nelle casse del Consiglio. E vogliono vendere questo statuto come un risparmio di risorse… Ci domandiamo come mai sia stato votato quasi dall’unanimità, persino dal presidente, quando è evidente che queste norme mortificano lo spirito e la natura dell’ente".

"I cambiamenti sono stati solo di facciata". Rosa Ruscitti, di Flc-Cgil, è lapidaria. "Noi chiedevamo di regolamentare il precariato per aiutare i giovani che si avvicinano alla ricerca. Invece ora non c’è modo di essere assunto a tempo indeterminato". Per questo le proteste non si fermeranno. Ora la questione è in mano alla Gelmini, che ha 60 giorni per convalidare lo statuto. "Cgil, Cisl e Uil scriveranno al ministro per chiedere ulteriori modifiche", conclude Ruscitti dando appuntamento a settembre sotto al Miur. "Il problema -ammette Vicaretti– è costruire forme di protesta visibili, se sciopera la ricerca per 3 giorni a chi interessa?".

18 agosto 2010

 

 

 

2010-08-12

Tirrenia, dichiarato fallimento Presidio di lavoratori spontaneo

Per la "grave e irreversibile stato di crisi finanziaria", il tribunale di Roma ha dato il via libera alla dichiarazione dello stato di insolvenza per Tirrenia, avanzata dal commissario straordinario Giancarlo D'Andrea. Si apre quindi per la società la procedura di amministrazione straordinaria nel solco della legge Marzano. È stata pubblicata oggi la sentenza del collegio presieduto dal presidente della sezione fallimentare Ciro Monsurrò e dei delegati Francesco Taurisano e Fabrizio Di Marzio, che ieri pomeriggio si era riunito in camera di consiglio.

Il Tribunale fallimentare di Roma ha fissato al 21 gennaio 2011 l'inizio della fase di ammissione al passivo di Tirrenia, le cui esposizioni debitorie ammontano a 660 milioni di euro e la cui liquidità è azzerata. Tutti i creditori, banche, fornitori ed ex controllante avranno tempo fino al 20 gennaio per far pervenire al Tribunale domanda per essere ammessi al passivo.

Un presidio spontaneo dei lavoratori Tirrenia è in corso dal primo pomeriggio presso il terminal Traghetti del Porto di Genova. Domani, venerdì, si terranno assemblee a partire dalle 9 indette da Filt-Cgil e FIT-Cisl con i lavoratori amministrativi di Tirrenia che potranno eventualmente decidere ulteriori iniziative per il pomeriggio.

La Uil-trasporti aveva presentato un ricorso sostenendo che doveva avere la competenza il Tribunale di Napoli, sede legale della società. Il tribunale di Roma ha deciso che era competente, il sindacato si riserva di presentare ricorso o meno.

"Si apre una nuova fase che non può essere condotta in modo sciagurato e non trasparente come fino ad ora ha fatto il Governo", sostiene il segretario generale della Filt Cgil, Franco Nasso. "La legge non può essere considerata un alibi per disgregare la flotta in quanto fornisce tutti gli strumenti e i tempi necessari affinché sia assicurata la continuità e la salvaguardia del valore produttivo di Tirrenia".

Rispetto al fallimento, l'Adoc teme per le possibili ripercussioni chi doveva prendere traghetti Tirrenia o di società collegate e si dichiara pronta ad assistere i passeggeri, anche legalmente, qualora si presentassero problemi o inadempienze.

 

12 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-04

Cedolare secca sugli affitti Il governo la riduce ma non sa quanto

Il Governo abbassa l'aliquota della cedolare secca sugli affitti ma non ha ancora deciso quanto. Secondo quanto si apprende da fonti governative, il Consiglio dei Ministri ha deciso di abbassare l'aliquota rispetto all'iniziale 25%, ma il ministero dell'Economia sta facendo i conti per stabilire fino a che soglia l'aliquota potrà essere diminuita. Lo stesso ministro dell'Economia Giulio Tremonti, di fronte alle domande dei giornalisti, ha preferito rimandare ogni risposta: "Faremo un incontro con la stampa domani".

Non sono univoche le indicazioni dei ministri al termine del Consiglio dei ministri sull'entità della cedolare. Il ministro per le Politiche agricole Galan indica il 22%, il ministro della Difesa La Russa dichiara: "Io mi ricordo il 20%, ma non vorrei sbagliare". Calderoli aveva detto 20%.

"Affitti e cedolare secca: di male in peggio. Da un provvedimento sbagliato a uno che affossa completamente la possibilità di ridurre il livello degli affitti". Questo il commento di Franco Chiriaco, segretario generale del Sunia, alla notizia che il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto attuativo del federalismo fiscale "smentendo se stesso ed introducendo una aliquota unica al 20% sia per i contratti a canone libero che per quelli a canone contrattato. Se le notizie fossero confermate dalla lettura del testo approvato, si tratterebbe di una ulteriore prova della assoluta indifferenza di questo Governo di fronte al dramma di centinaia di migliaia di famiglie in difficoltà" dice Chiriaco.

"Una aliquota unica al 20%, oltre ad essere un regalo alla proprietà immobiliare, renderebbe infatti ancor più conveniente di quanto non sia oggi l'utilizzo del contatto a canone libero, mantenendo così inalterato il livello degli affitti, che certo non si abbasserà per la riduzione della pressione fiscale, riduzione che verrà semplicemente "incassata" come gentile dono dalla proprietà".

04 agosto 2010

 

 

 

 

Accordo sugli esuberi Telecom Saranno 3.900 tutti volontari

Accordo fatto sugli esuberi Telecom. Al termine di una maratona negoziale durata oltre venti ore, governo, azienda e sindacati (Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil e Ugl) hanno trovato la quadra e raggiunto un'intesa che prevede 3.900 uscite, tutte volontarie, contro gli oltre 6.800 esuberi previsti dal piano triennale. La vicenda, che era cominciata sotto i peggiori auspici a metà luglio con l'avvio delle procedure di licenziamento per 3.700 dipendenti, si conclude dunque in modo positivo e con la soddisfazione di tutte le parti in causa. Nessuno, infatti, verrà licenziato unilateralmente, così come sembrava all'inizio. I 3.900 che verranno invitati a lasciare l'azienda da qui alla fine del 2012 lo faranno solo su base volontaria: di questi, 3.700 sono 'nuovì esuberi, mentre 200 sono "rimanenze" del triennio 2008-2010.

L'accordo prevede poi una sorta di rete d'emergenza per i lavoratori meno tutelati, fatta di corsi di formazione per la ricollocazione professionale all'interno dell'azienda e di contratti di solidarietà: ne beneficeranno 1.100 lavoratori non coperti da ammortizzatori sociali, 450 dipendenti della controllata Ssc e 470 addetti del servizio di informazioni abbonati 1254, che si trovano già in queste condizioni e che usufruiranno di un rinnovo di due anni. È infine prevista la possibilità di riallocare i 40 lavoratori ex Tils nel gruppo. Nell'arco del triennio, inoltre, Telecom si impegna a non effettuare societarizzazioni o esternalizzazioni per le attività di Customer Operations, e nemmeno l'esternalizzazione di attività informatiche o di staff, comprese HR Services e SSC (cioè per il settore delle risorse umane e dell'informatica).

"L'accordo è un segnale di maturità da tutte le parti: sindacato, azienda e governo", ha commentato il viceministro alle Comunicazioni, Paolo Romani, che con Maurizio Sacconi era sceso in campo con la convocazione del tavolo all'indomani dell'invio delle prime lettere di licenziamento.

In una fase in cui non si contano gli accordi separati, quello su Telecom vede invece la firma di tutte le sigle. E proprio la forza dell'unità sembra essere stato l'elemento vincente: secondo la Cgil, infatti, "la forte tenuta unitaria del sindacato è stata fondamentale per il risultato raggiunto", mentre la Cisl parla di "grande conquista del sindacato". A giudizio della Uil l'intesa segna il ritorno a un "buon sistema di relazioni industriali" e l'Ugl parla di "accordo che rimette al centro il lavoratore". Per l'azienda, infine, l'ad Franco Bernabè ha dichiarato che "la firma di questo accordo, che realizza interamente i nostri obiettivi di efficienza previsti nel Piano, garantisce il rispetto e la tutela dei lavoratori".

04 agosto 2010

 

 

2010-07-30

Tremonti attacca Vendola: sulla sanità la Puglia non diventerà la Grecia

"Ieri abbiamo dato al presidente della Regione Puglia un messaggio di serietà molto chiaro. Prima vengono i numeri, poi se vuole fa politica, ma se vuole fare una politica che trasformi la Puglia nella nuova Grecia, questo non sarà consentito da questo governo". Giulio Tremonti sintetizza così il messaggio "forte e chiaro" indirizzato da Palazzo Chigi a Nichi Vendola. La Puglia, avverte il ministro dell'Economia, "è su una via pericolosa, di amministrazione non responsabile e non vogliamo - scandisce - che con quella legislazione che segue una logica non responsabile, la Puglia finisca come la Grecia". Una deriva, vista dal governo, le cui conseguenze "poi le pagano i pugliesi, e gli altri citadini". "Non credo - aggiunge Tremonti - che la Puglia sia il luogo per esperimenti rivoluzionari. Siamo convinti che in questa fase storica, per il bene dei cittadini, prima vengono i numeri e poi la politica e non la politica prima e a prescindere dai numeri".

30 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-29

La Camera approva definitivamente la manovra

Disco verde in Aula alla Camera alla manovra. Dopo la fiducia di ieri, il voto finale di oggi ha definitivamente licenziato la manovra con 321 sì, 270 no, 4 astenuti. "È una manovra iniqua ed illegale, il secondo atto di viltà politica dopo quello di aver nascosto ai cittadini la crisi. È un provvedimento che non serve ai cittadini né tanto meno al nostro Paese. Non rimette i conti dello Stato in ordine, taglia risorse essenziali, aumenta le tasse, farà crescere il debito pubblico e non sostiene in alcun modo lo sviluppo" Lo afferma in aula, Renato Cambursano, capogruppo IDV in Commissione Bilancio, durante le dichiarazioni di voto finali sulla manovra economica.

"Questo governo e questa maggioranza - continua Cambursano - hanno fallito su tutta la linea e a pagare come sempre saranno i cittadini onesti che, a causa dei tagli agli enti locali, si ritroveranno a dover pagare più tasse per i servizi essenziali".

"Ad avere benefici saranno, invece, i soliti furbi, coloro che le tasse non le ha mai pagate. La manovra, infatti, condanna le famiglie, i pensionati, i giovani e le fasce sociali più deboli e salva solo gli amici del premier e quelli della Lega: i furbetti del quartierino, per i quali il governo ha predisposto la vergognosa norma salva-manager che depenalizza i reati fallimentari, e uno sparuto numero di imprenditori agricoli che non sono in regola con l`Ue" conclude il capogruppo di IDV in Commissione bilancio della Camera.

29 luglio 2010

 

 

 

L'Aquila, la ricostruzione di nuovo nelle mani della Protezione civile

Un'assemblea cittadina straordinaria - per il punto della situazione e l'esame dell'opportunità di nuove iniziative di mobilitazione - è stata convocata del presidio permanente di piazza Duomo, all'Aquila, per questo pomeriggio. L'iniziativa segue l'annuncio del premier che il governo riprenderà in mano la gestione della ricostruzione dopo il terremoto del 6 aprile 2009. L'assemblea sarà un'occasione di confronto che segue centinaia di commenti e dichiarazioni sui social network diffusi nelle ultime ore dopo la diffusione dell'annuncio di Berlusconi. "Avremo così modo di fare il punto della situazione - ha spiegato Sara Vegni del comitato '3e32' - e riordinare le idee dopo questo annuncio". L'assemblea valuterà anche eventuali nuove iniziative di mobilitazione. "C'è bisogno di certezza sui fondi a disposizione della ricostruzione - ha commentato Patrizia Tocci - e non del mero ritorno della Protezione civile".

29 luglio 2010

 

 

 

Pedaggi, il Tar del Lazio blocca gli aumenti per autostrade e Gra

Il Tar del Lazio ha sospeso il decreto che ha disposto l'aumento dei pedaggi autostradali. I giudici hanno accolto le richieste della provincia di Roma, del Comune di Fiano Romano e della Provincia di Pescara. Il Tar del Lazio ha accolto i ricorsi contro l'aumento dei pedaggi sostenendo che al pagamento deve corrispondere un servizio, e dunque l'utilizzo di un'infrastruttura, e non può trattarsi di una mera tassa. "Il provvedimento impugnato - si legge nelle ordinanze - per essere coerente con la finalità enunciata deve assumere il carattere di corrispettivo per l'utilizzo di una infrastruttura; al contrario, tale carattere non appare sussistente in alcune delle ipotesi evidenziate, vale a dire in tutte quelle che prevedono il pagamento del pedaggio in relazione ad uno svincolo stradale non necessario e non interessato dalla fruizione dell'infrastruttura".

29 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-28

Bersani : "Governo alla fine Pronti per la transizione"

Siamo "alla Colonne d'Ercole della vicenda berlusconiana" e per uscire dalla situazione di impasse politica, occorre "una fase di transizione, alla quale il Pd è disponibile a impegnarsi. Lo ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, durante le dichiarazioni di voto alla Camera sulla manovra.

"Io credo che qualcosa sta succedendo sul piano politico - ha detto Bersani - che richiede una discussione politica. Il Parlamento discuta e si chieda: a che punto siamo? Per noi - ha spiegato - siamo alle Colonne d'ercole della vicenda berlusconiana, ora si procede con navigazione a vista mentre il Paese chiede altro: vuole riforme e invece è inchiodata sulle intercettazioni, che in 15 minuti si risolvevano se non c'erano seconde intenzioni. Non si parla mai di lavoro".

Bersani ha quindi affermato che l'opposizione ha "l'obbligo di mettere in campo un progetto alternativo per Paese", in cui "chi ha di più dà di più", e in cui si affrontano "riforme che disturbano qualcuno". "A maggioranza invece - ha proseguito - chiedo: prendete atto della situazione, fate un passo verso una diversa prospettiva. Noi siamo disposti a una fase di transizione - ha speigato Bersani - che consenta una corretta democrazia, a partire dalla legge elettorale" e da alcune riforme economiche. "A voi chiedo - ha insistito il segretario del Pd - di essere responsabili: scegliete se andare avanti così, magari con qualche atto di arroganza, o se prendervi le responsabilità. Chi vince non ha un diritto divino ma una maggiore responsabilità. Mi auguro - ha concluso - che voi mettiate in campo una maggiore responsabilità".

28 luglio 2010

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Manovra, oggi la fiducia Il bluff dei tagli ai deputati

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Il governo pone la fiducia alla Camera sulla manovra che taglia stipendi ai pubblici dipendenti e servizi ai cittadini (si voterà oggi alle 17), e contemporaneamente l’ufficio di presidenza di Montecitorio annuncia un’intesa con il Senato per la riduzione degli emolumenti ai parlamentari. Il comunicato diramato in mattinata parla dell’iniziativa come di "un doveroso senso di responsabilità, e non dipende dal fatto che le spese per l’attività parlamentare siano eccessive o improduttive, trattandosi di costi essenziali per la democrazia". Vero per i parlamentari, meno vero per gli amministratori locali, che si vedono falcidiati i gettoni di presenza. Evidentemente c’è democrazia e democrazia. Gli uffici di presidenza di Camera e Senato (che formalmente deciderà domani) hanno deciso di agire su due voci degli emolumenti parlamentari, ambedue variabili. Una riduzione di 500 euro si effettuerà sulla diaria di soggiorno (4003 euro mensili), "nella prospettiva - recita la nota - di definire una disciplina per la rilevazione delle presenze in Commissione". Si starebbe cercando, insomma, un meccanismo per l’adozioone di un gettone di presenza ai lavori. Altri 500 euro verrebbero tolti alla voce "rapporto con gli elettori", che vale oggi 4.190 euro e viene erogata attraverso il gruppo parlamentare di appartenenza.

Insieme alla riduzione dei trattamenti dei parlamentari, gli uffici di presidenza hanno stabilito anche l’applicazione al personale della camera degli stessi tagli previsti dalla manovra per la dirigenza pubblica. Ovvero, la riduzione del 5% delle retribuzioni sopra i 90mila euro annui e del 10% sopra i 150mila euro, per il triennio 2011, 2012 e 2013. Per il medesimo triennio è prevista la sospensione dei meccanismi di adeguamento automatico delle retribuzioni: nessuna progressione di carriera. Tutto congelato per 36 mesi.

Le decisioni hanno già scatenato l’ira dei portaborse e i collaboratori, lavoratori precari su cui evidentemente graveranno i tagli. Non si tocca, invece, l’indennità dei parlamentari, che in questo modo non intaccano i contributi pensionistici. la soluzione adottata è a metà strada tra le due ipotesi avanzate all’inizio, che partivano da 550 euro mensili (cioè il 10% dell’indennità netta), e i 2.127 euro lordi (pari al 10% relativo a tutte le voci che compongono lo stipendio).

A questo punto non resta che aspettare il voto di fiducia di oggi pomeriggio, sulla stangata da 25 miliardi. Ieri è interventuto anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che giudica "pesante, straordinaria e urgente" la manovra, anche se "non esaurisce l'importante compito della riduzione del debito pubblico". Un obiettivo che, per il presidente della Repubblica, "richiederà un impegno di ben più lunga lena, uno sforzo costante e coerente di revisione sia di indirizzi di governo sia di comportamenti collettivi". Il via libera finale del provvedimento, che scade il 30 luglio, è previsto per domani. Il testo è rimasto invariato rispetto al Senato. Tra le principali novità, il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, la riforma delle pensioni e i tagli per Regioni, Province e Comuni. Arriva inoltre la riduzione delle retribuzioni dei manager pubblici , la stretta sull'evasione fiscale e le assicurazioni, i tagli ai ministeri. Entrano anche le norme per la cosiddetta libertà d'impresa, che eliminano parecchi passaggi burocratici, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per oltre 2 milioni di"case-fantasma".

28 luglio 2010

 

 

 

 

Manovra, oggi la fiducia Il bluff dei tagli ai deputati

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Il governo pone la fiducia alla Camera sulla manovra che taglia stipendi ai pubblici dipendenti e servizi ai cittadini (si voterà oggi alle 17), e contemporaneamente l’ufficio di presidenza di Montecitorio annuncia un’intesa con il Senato per la riduzione degli emolumenti ai parlamentari. Il comunicato diramato in mattinata parla dell’iniziativa come di "un doveroso senso di responsabilità, e non dipende dal fatto che le spese per l’attività parlamentare siano eccessive o improduttive, trattandosi di costi essenziali per la democrazia". Vero per i parlamentari, meno vero per gli amministratori locali, che si vedono falcidiati i gettoni di presenza. Evidentemente c’è democrazia e democrazia. Gli uffici di presidenza di Camera e Senato (che formalmente deciderà domani) hanno deciso di agire su due voci degli emolumenti parlamentari, ambedue variabili. Una riduzione di 500 euro si effettuerà sulla diaria di soggiorno (4003 euro mensili), "nella prospettiva - recita la nota - di definire una disciplina per la rilevazione delle presenze in Commissione". Si starebbe cercando, insomma, un meccanismo per l’adozioone di un gettone di presenza ai lavori. Altri 500 euro verrebbero tolti alla voce "rapporto con gli elettori", che vale oggi 4.190 euro e viene erogata attraverso il gruppo parlamentare di appartenenza.

Insieme alla riduzione dei trattamenti dei parlamentari, gli uffici di presidenza hanno stabilito anche l’applicazione al personale della camera degli stessi tagli previsti dalla manovra per la dirigenza pubblica. Ovvero, la riduzione del 5% delle retribuzioni sopra i 90mila euro annui e del 10% sopra i 150mila euro, per il triennio 2011, 2012 e 2013. Per il medesimo triennio è prevista la sospensione dei meccanismi di adeguamento automatico delle retribuzioni: nessuna progressione di carriera. Tutto congelato per 36 mesi.

Le decisioni hanno già scatenato l’ira dei portaborse e i collaboratori, lavoratori precari su cui evidentemente graveranno i tagli. Non si tocca, invece, l’indennità dei parlamentari, che in questo modo non intaccano i contributi pensionistici. la soluzione adottata è a metà strada tra le due ipotesi avanzate all’inizio, che partivano da 550 euro mensili (cioè il 10% dell’indennità netta), e i 2.127 euro lordi (pari al 10% relativo a tutte le voci che compongono lo stipendio).

A questo punto non resta che aspettare il voto di fiducia di oggi pomeriggio, sulla stangata da 25 miliardi. Ieri è interventuto anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che giudica "pesante, straordinaria e urgente" la manovra, anche se "non esaurisce l'importante compito della riduzione del debito pubblico". Un obiettivo che, per il presidente della Repubblica, "richiederà un impegno di ben più lunga lena, uno sforzo costante e coerente di revisione sia di indirizzi di governo sia di comportamenti collettivi". Il via libera finale del provvedimento, che scade il 30 luglio, è previsto per domani. Il testo è rimasto invariato rispetto al Senato. Tra le principali novità, il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, la riforma delle pensioni e i tagli per Regioni, Province e Comuni. Arriva inoltre la riduzione delle retribuzioni dei manager pubblici , la stretta sull'evasione fiscale e le assicurazioni, i tagli ai ministeri. Entrano anche le norme per la cosiddetta libertà d'impresa, che eliminano parecchi passaggi burocratici, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per oltre 2 milioni di"case-fantasma".

28 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-26

Manovra, si discute alla Camera Il Pd: "Spenta la voce dell'Italia"

È in corso nell'Aula della Camera la discussione generale sulla manovra economica, il cui testo è stato già approvato dal Senato e scade il 30 luglio. Gli iscritti a parlare nel dibattito generale sono 200: tutti i deputati di opposizione più qualcuno di maggioranza. Trattandosi di un decreto legge, ciascuno ha a disposizione mezz'ora. È pertanto prevedibile per domani un voto per il "taglio" della discussione così da consentire al governo di presentare un proprio maxiemendamento su cui porre la questione di fiducia.

 

Il Pd

"Berlusconi e Tremonti vogliono spegnere la voce dell'Italia nel mondo. Come se non bastassero le improvvisazioni fin qui fatte dal governo ora dobbiamo incassare un ulteriore colpo alla nostra politica estera: il governo infatti ha deciso con la manovra economica di tagliare gli strumenti della diplomazia italiana", dice Sandro Gozi, responsabile Politiche europee del Pd. "Colpire in questo modo la carriera diplomatica incide in maniera ridicola sui conti pubblici ma in modo invece molto pesante -prosegue Gozi- su un corpo fatto di tante professionalità che lo Stato rischia di perdere a favore di multinazionali o grandi organizzazioni internazionali".

"La conseguenza immediata sarà quella di avere un'Italia sempre più debole in Europa e nel mondo, in un momento in cui con la crisi economica internazionale che persiste, servirebbe l'esatto contrario e cioè un intervento teso a rafforzare l'azione della diplomazia italiana ed a massimizzare l'efficacia del nostro impegno in politica estera. Per questo -conclude il deputato Pdl- sostengo la protesta di oggi dei nostri ambasciatori".

26 luglio 2010

 

 

 

Federalismo, Bossi insiste: "Voglio Irpef e Iva a Comuni"

"La Lega ha già portato a casa 15 miliardi per i Comuni, ma bisogna trovare l'accordo con Tremonti e vedrete che ce la farò. Potrebbero girare nelle casse dei nostri Comuni l'Irpef e anche l'Iva, anche se in questo caso la situazione è più difficile". Lo ha dichiarato Umberto Bossi ieri sera alla festa della Lega Nord di Soncino (Cremona). "Questo - ha aggiunto - è l'obiettivo di questa estate: il federalismo fiscale, non vado nemmeno in ferie se non chiudo la partita e sapete che io sono un uomo di parola: piano piano porteremo a casa quello che si può. Tranquilli fratelli padani: il federalismo è alle porte".

 

"Il clima nella maggioranza non era evidentemente abbastanza caldo per cui oggi si è aggiunto Bossi a scaldare la temperatura. Di fronte a questa sparata su Iva e Irpef viene da chiedersi, come fanno a Roma, 'Ma Bossi c'è o ci fa?'". Lo afferma Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd. "Non è possibile -aggiunge- che un leader politico come Bossi non sappia che la sua proposta è impraticabile e che le scelte del governo, di cui Bossi fa parte, vanno in tutt'altra direzione da quella da lui indicata. La provocazione bossiana dimostra ancora di più che l'esecutivo Berlusconi non esiste più". "Le affermazioni del capo della Lega sembrano già propaganda da campagna elettorale più che responsabili dichiarazioni di un ministro. E questa irresponsabilità -conclude- conferma che il nostro Paese è senza governo".

26 luglio 2010

 

 

 

2010-07-22

Missioni, governo sotto tre volte Vendetta Lega sulle quote latte

di Maria Zegarellitutti gli articoli dell'autore

Davvero una brutta giornata per il governo che ieri ha registrato alla Camera una sequela di sconfitte difficili da catalogare soltanto tra gli incidenti pre-agostani. Tre volte sotto in Aula sul decreto sulle missioni all’estero, poi in commissione Agricoltura con un parere sulla manovra che conteneva anche una critica per le proroghe delle multe alle quote latte, dove è scoppiata una vera e propria rissa tra Lega e Pdl. E per finire un ulteriore passo indietro sulla legge sulle intercettazioni con un subemendamento che ha fissato il termine di 45 giorni per l’udienza filtro e quindi la determinazioni degli atti di indagine di rilevanza. Se l’opposizione esulta la maggioranza ormai fatica a tenere sotto controllo la barca.

Una giornata iniziata male

Il governo è andato sotto tre volte (su due emendamenti del Pd e sulla richiesta di sospensiva del voto avanzata dal Pdl quanto ha visto che le cose si mettevano male) alla Camera dove sono stati approvato due emendamenti del Pd al decreto legge - poi licenziato con con voto bipartisan - sulla proroga delle missioni militari all’estero, per i quali l’esecutivo aveva espresso parere negativo. Il primo è passato con quattro voti di scarto: 258 sì e 254 no, più un astenuto. Tra i banchi dell’opposizione le presenze erano del 90%, mentre tra quelli del Pdl si sono contati 75 assenti (43 in missione e 32 assenti), mentre nella Lega erano 9 (6 deputati in missione e 3 assenti). Sul secondo emendamento ci sono stati 256 sì e 254 no, con tre astenuti. Entrambi gli emendamenti si riferiscono all'articolo 3 del decreto di proroga: il primo esclude la natura regolamentare dei decreti per il coordinamento delle missioni; il secondo specifica una competenza in capo a una direzione generale del ministero degli Esteri. Dario Franceschini, capogruppo Pd, quando si allontana dall’aula non nasconde la soddisfazione: "La maggioranza è stata battuta tre volte in aula grazie alla presenza massiccia del Pd e delle opposizioni. È sempre più evidente che riesce a stare insieme solo con i voti di fiducia. E la prossima settimana ci sono tre decreti legge prima delle intercettazioni". Cicchitto, Pdl, minimizza: "È una cosa assolutamente priva di significato, come si è visto dopo sono arrivati diversi ministri. Non c’è nessun segnale politico".

Diversi ministri sono arrivati, ma non Ignazio La Russa (al salone dell'aerospazio di Londra) e non il presidente della Commissione Difesa Cirielli. Federica Mogherini del Pd lo fa notare in Aula, definendo "inconcepibili" le due assenze di cui sopra, mentre in Transatlantico Stefano Stefani, leghista, è piuttosto nervoso: "Siamo stati battuti due volte, perché qui c’è gente che non ha voglia di lavorare e pensa di stare qui a giocare... In Aula non c’erano né il presidente della Commissione Difesa, né un sottosegretario". Il finiano Benedetto Della Vedova si scaglia contro "la cialtroneria di chi era assente senza giustificato motivo, una malattia da cui è difficile guarire, siamo andati sotto del tutto casualmente, senza una ragione politica il che è peggio secondo me".

La lite tra Lega e Pdl

]Non sono andati sotto casualmente (18 a 17), invece, in Commissione Agricoltura dove la Lega ha di fatto sfiduciato Galan sulle quote latte uscendo dall’Aula e mandando ko la maggioranza sul parere sulla manovra. La lite è esplosa sulla parte che conteneva le critiche sulle proroghe alle multe sulle quote latte e quando il Carroccio ha abbandonato i lavori. Viviana Beccalossi, capogruppo Pdl in commissione, che nei giorni scorsi aveva chiesto a Berlusconi "di non lasciarsi intimorire dalle sirene della Lega" e di intervenire per sbloccare la situazione, si è rivolta al leghista Ranieri urlandogli contro: "Ti sei fatto eleggere per proteggerti". Il ministro Franco Frattini, malgrado tutto, dice di "non essere preoccupato" per il voto del dl che ora passa al Senato.

22 luglio 2010

 

 

 

2010-07-20

L'Aquila, il sindaco: "Sono finiti i soldi. Ma Tremonti si fa negare"

"I soldi sono finiti". Lo ripete più volte il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente. Non è un mantra da "appestati", spiega ma "la realtà drammatica" nella quale si trovano gli Enti e le Istituzioni locali abruzzesi impegnati nella gestione e ricostruzione del post terremoto. "La questione non è che finché c'era la Protezione Civile funzionava tutto e ora che ci sono gli Enti locali a gestire i problemi tutto è fermo -sostiene Cialente, intervenendo nella polemica sollevata da un albergatore abruzzese che minacciava di sfrattare i terremotati a causa del mancato pagamento da parte della Regione- la realtà è che i soldi sono finiti".

"In questo momento ci troviamo con 70 milioni di buco con tutti gli albergatori -prosegue Cialente- gli ultimi acconti sono stati pagati ad agosto, settembre e ottobre, ma sempre dalla Regione, soldi sempre gestiti dal presidente Chiodi. Chiaramente, allora, i soldi arrivavano". E poi cosa è successo? "Dal mese di novembre non è arrivata più una lira. Dopo di che -prosegue- ci sono arrivati 122 milioni di euro, con i quali abbiamo dovuto pagare parecchie cose, e per gli alberghi sono rimasti solo 20mln, per cui gli albergatori avanzano in questo momento 70 milioni". Non si tratta solo dell'albergatore che ha chiesto agli sfollati di liberare le stanze del suo hotel, continua Cialente, "tutti gli altri vengono tutti i giorni da me a reclamare, minacciare, vanno da Chiodi. Dobbiamo finire di pagare ancora il 2009 e gennaio 2010, e poi dobbiamo pagare i mesi successivi".

"Il problema è che i soldi dell'emergenza non so dove si trovino -continua Cialente nel suo sfogo- proprio questa mattina parlavo con il ministero e sembra che da qualche parte i soldi ci siano, che sia rimasto qualcosa alla Protezione Civile, ma la Protezione Civile dice di non averli".

"La situazione è drammatica e nessuno sembra volerlo capire", lamenta ancora il sindaco dell'Aquila. Come se ne esce? "L'unica è che Tremonti accetti di incontrarsi con me e con Chiodi, almeno vorremmo spiegare. Io ormai Tremonti lo chiamo due volte a settimana, ma non ho mai avuto il piacere di poterci parlare. Sembriamo un pò degli appestati, non so, la situazione è tragica".

Una situazione, sostiene Cialente, che rischia di avere conseguenze drammatiche anche sul tessuto economico della regione: "Oggi ho incontrato un imprenditore, fortunatamente abbastanza grande, che ha realizzato le case per conto della Protezione Civile e avanza ancora milioni e milioni. Mi diceva che con lo scoperto in banca, lui può tirare avanti fino alla fine di agosto. Chi sta fallendo sono le piccole imprese, che stanno alla canna del gas, in questo momento stanno subendo i pignoramenti, perchè sono legate soprattutto al contributo diretto e i soldi non ci sono".

20 luglio 2010

 

 

 

Abruzzo, terremotati fuori dagli hotel. Gli albergatori: la Regione non paga

Gli albergatori della zona di Teramo, in Abruzzo, non sarebbero più in grado di ospitare i terremotati aquilani perchè la Regione non pagherebbe le spese per l'accoglienza. Centinaia di sfollati rischiano così di dover lasciare entro pochi giorni le strutture provvisorie sulla costa adriatica. La vicenda è raccontata oggi dal quotidiano il Centro.

"Siamo allo stremo delle forze", si lamenta il titolare di un hotel di Alba Adriatica che parla a nome di tutti i suoi colleghi che dal 6 aprile del 2009 hanno messo a disposizione le loro strutture per le vittime del terremoto. "Fino a quando c'è stata la Protezione civile a gestire l'emergenza abbiamo ricevuto pagamenti posticipati, ma con regolarità". Dal 1º gennaio la competenza dei rimborsi è passata alla Regione e i bonifici bancari inviati sono diventati rarissimi. "Ne abbiamo ricevuti un paio, mentre prima ne arrivava circa uno al mese - spiega ancora l'albergatore - a queste condizioni non posso più ospitare nessuno. Rischio il fallimento". Quello dell'albergatore di Alba Adriatica non è un caso isolato. "Tutti i proprietari di strutture ricettive della costa si trovano nelle nostre stesse condizioni - tiene a precisare al Centro - e non hanno altra scelta possibilità che cacciare gli aquilani per recuperare qualche soldo con i turisti".

20 luglio 2010

 

Federalismi d'Italia, al via l'inchiesta de l'Unità. Prima tappa, Genova

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Duecentocinquanta chilometri di coste sinuose, promontori lussureggianti, spiaggette assolate, da levante a ponente, fino giù giù, ai confini francesi. La Liguria è tutto questo. Presto tutta l’area costiera potrebbe passare dal demanio alla Regione, come dispone il primo decreto attuativo sul federalismo demaniale, che trasferisce il patrimonio statale alle amministrazioni locali. Iniziamo da qui il nostro giro d’Italia sulle tracce del federalismo, la riforma su cui il centrodestra ha scommesso, e che in autunno sarà al centro del ring politico. Quali effetti avrà sulle mille comunità locali della Penisola? Quali interessi si muovono dietro le norme allo studio del Parlamento?

Il primo tassello è il federalismo demaniale. Secondo il testo approvato a fine maggio, anche il demanio marittimo può essere oggetto di attribuzione alle Regioni. Così la giunta appena rieletta guidata da Claudio Burlando potrebbe trovarsi a gestire uno dei gioielli naturali più invidiati del Paese. "Non ho paura che mi si diano responsabilità" assicura il governatore. A nord tutto sembra andare a passo veloce verso la devolution. "Per me l’importante è che l’Italia scelga – continua Burlando – Per troppo tempo si è rimasti in mezzo al guado. Al mondo ci sono Paesi centralisti che funzionano bene, e Paesi federali che funzionano altrettanto bene. Quello che non può funzionare è restare a metà".

Per la sua Regione è una bel salto: gestire il patrimonio costiero vuol dire incassare anche i ricchi canoni demaniali. " Una parte di quelle risorse servirà a pagare la gente che ci lavora, perché avere nuove funzioni significa anche svolgere più compiti – ammette il governatore – Ma la gran parte andrà alle opere di difesa a mare, di cui la Liguria ha estremo bisogno. Finora la Regione ha incassato solo il 10% dei canoni, e spesso ha dovuto fronteggiare gravi emergenze, come mareggiate e alluvioni, da sola, perché lo Stato interviene spesso in ritardo. Negli ultimi cinque anni abbiamo speso 13 milioni per le opere di difesa a mare di una parte limitatissima della costa. Servirebbero centinaia di milioni. Sono opere importanti, perché le mareggiate provocano danni incalcolabili all’attività economica".

Alla giunta genovese sarà trasferito anche il ricco patrimonio immobiliare disponibile dello Stato. Il gettito derivante dalla valorizzazione degli immobili dovrà essere destinato per il 75% all’abbattimento del debito locale e per il resto al debito nazionale. Per ora comunque, il condizionale è d’obbligo: la lista dei trasferimenti non è ancora redatta in modo completo. Senza contare la fitta rete di "paletti" previsti: non è entrato nei trasferimenti, ad esempio, il sostanzioso demanio militare ligure. Ma nel testo c’è anche una dura esclusione per Genova e dintorni: i porti. Quelli di rilevanza nazionale restano allo Stato. Per la Liguria, che da tempo combatte per partecipare al gettito prodotto dagli scali, è un colpo duro. Anche se qualche passo avanti si è fatto. "Almeno le aree non di diretta pertinenza del porto potranno essere sdemanializzate – spiega il governatore – Nel caso di Genova non è poco. Nell’area portuale c’è un po’ di tutto: bar, ristoranti, club sportivi, campi di calcio, associazioni. E’ importante che queste realtà possano avere come referente la Regione".

Certo, un passo avanti c’è: ma il caso porti resta una ferita aperta per i liguri, che vedono con sempre maggiore preoccupazione la concorrenza di Amsterdam e Rotterdam, dove ogni anno aumentano le merci italiane trasportate. Con i suoi venti chilometri di lunghezza, le sue banchine, le sue aree di carenaggio, il porto sta a Genova come la Fiat a Torino e in generale le banchine di La Spezia, la Darsena di Savona Vado corrispondono ai capannoni brianzoli o alle manifatture venete. Nel solo 2009 al porto di Genova sono arrivati e partiti quasi tre milioni di traghetti con i passeggeri, e 670mila navi da crociera sono attraccate alla banchina. Il traffico merci è tra i più alti d’Italia. A La Spezia nel 2008 hanno transitato un milione e duecentomila container. A Savona Vado è in progettazione una importante piattaforma intermodale, per incrociar le rotte del commercio mondiale. Tutto questo vuol dire tasse d’imbarco, Iva e accise.

Ogni anno i tre porti liguri producono un gettito di 4 miliardi di euro, che finisce tutto a Roma. "L’ho spiegato anche a Formigoni: la mia industria è il porto – conclude Burlando – Io scarico e carico le merci anche per la Lombardia e il Piemonte. Non ho Irpef o Irap: ho le tasse portuali, e se solo il 5% di quella somma fosse gestita dalla Regione, si eviterebbe che il potente ministro di turno magari conceda una mancia ai porti che vuole. Molte imprese liguri non fanno manifattura, ma shipping. Anche questo va considerato".

20 luglio 2010

 

 

Governo contro autonomie

di Marco Causi - Walter Vitali*tutti gli articoli dell'autore

Dopo il demanio, il percorso della Commissione per il federalismo fiscale sta affrontando un nodo decisivo: il giudizio sulla relazione del Governo relativa ai "numeri". L’intera relazione è pervasa da tre tesi, false e strumentali: la spesa pubblica discrezionale sarebbe ormai prevalentemente gestita a livello locale; amministrazioni territoriali sarebbero fiscalmente irresponsabili; da ciò avrebbe origine la dinamica esponenziale del debito pubblico. In uno scontro istituzionale di inaudita durezza, come quello voluto dal Governo sulla manovra, è difficile che sul federalismo si possa andare avanti. Il Pd chiederà innanzitutto alla Commissione di ribadire che i risparmi dovuti al passaggio dalla spesa storica ai costi standard potranno essere utilizzati per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali.

Successivamente arriverà in Commissione il decreto sull’autonomia impositiva dei comuni. Secondo le poche notizie disponibili, in una prima fase cambierà poco. Solo in una seconda (quando?) le attuali imposte che gravano sugli immobili saranno unificate e trasferite ai comuni, i quali potranno anche autonomamente decidere una addizionale che avrà il carattere di una service tax . Il tutto è così nebuloso e pasticciato che risulta anche non giudicabile. Ad oggi abbiamo più domande che valutazioni. Ci sarà un riordino della fiscalità immobiliare? Come cambierà il carico fiscale sulle diverse categorie di contribuenti? Sarà garantita la perequazione verso i comuni meno dotati di basi imponibili? Sono gli interrogativi principali su cui il Pd avanzerà proposte, in coerenza con la legge che ha contribuito a elaborare.

* Parlamentari Pd in Commissione per il federalismo

20 luglio 2010

 

 

2010-07-18

Ignazio Marino: "Si colpisce il pubblico per favorire i privati"

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Tagli senza una visione strategica, senza riforme strutturali che portino a una modernizzazione del Paese". Parte da qui Ignazio Marino per spiegare la protesta dei camici bianchi contro l’ultima manovra di Giulio Tremonti. Parla di ospedali troppo vecchi, servizi ridotti al minimo, con gli interventi programmati spesso sospesi per far fronte alle emergenze. Parla di donne a cui non sarebbe più garantito il parto indolore, parla di malati gravi che dovranno magari rinviare l’intervento presso le strutture pubbliche. "Tutto questo mentre la Difesa può spendere 29 miliardi per cacciabombardieri, per elicotteri, per armamenti ad alta precisione", insiste il senatore Pd. Altrove hanno fatto diversamente: Angela Merkel ha rinunciato agli armamenti sofisticati per investire in ricerca, sanità e sviluppo. C’è modo e modo di tagliare: la politica sta in questo. Più lo si sente parlare, e più ci si accorge che una visione, in questi tagli indiscriminati, c’è eccome.

Senatore, verrebbe da dire che c’è molto di "strategico" nella manovra.

"Certo, la visione è quella di questo governo e questa maggioranza. Cioè distruggere i principali elementi di eguaglianza. La sanità pubblica, la scuola e la giustizia sono i pilastri che assicurano i diritti essenziali, in base alla Costituzione".

Che cosa si dovrebbe modernizzare?

"Faccio un esempio molto semplice. In Italia ci sono 1.066 ospedali, il 60% dei quali costruiti prima della seconda guerra mondiale. Non ci sono risorse per l’ammodernamento anche tecnologico. Questo indebolirà strutturalmente le nostre strutture. A quel punto sarà facile dire: adesso gli ospedali non sono più in grado di fornire servizi sanitari, passiamo al privato. Ma il privato, seppur legittimo, ha come obiettivo il profitto. Questo lo dobbiamo sapere".

A parte le riforme strutturali, cosa accade ai medici e ai cittadini con la manovra?

"Già oggi abbiamo 1.500 anestesisti in meno rispetto a quanti ne servirebbero per garantire i turni e le guardie mediche. In alcuni settori, come il parto indolore (500mila donne l’anno partoriscono), significa quasi l’azzeramento del servizio. Da gennaio per ogni 5 anestesisti che andranno in pensione, se ne assumerà uno. Cosa vuole che accada la servizio?".

Il ministro parla della necessità di tagliare gli sprechi.

"Ma di quali sprechi parla? Il governo non utilizza neanche le cifre che già abbiamo a disposizione. La commissione d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale ha già fatto emergere scenari inaccettabili. Per esempio sui tempi di attesa per le fratture: a Bolzano l’83% dei pazienti attende poche ore, a Catanzaro l’81% aspetta 72 ore. Altro esempio: l’utilizzo improprio dei posti letto pesa per il 28% in media. Ma si tratta del 17% in Emilia Romagna e il 45% in Campania. Queste sono le criticità: ma non mi pare che si stiano affrontando".

18 luglio 2010

 

 

 

Manovra, medici in sciopero contro i tagli: "Chiediamo scusa ma è in gioco la sanità pubblica"

Domani, a causa dello sciopero nazionale unitario proclamato da medici, veterinari e dirigenti della sanità pubblica per protestare contro la manovra economica del Governo, negli ospedali e nei presidi territoriali pubblici potranno saltare visite specialistiche, esami diagnostici ed operazioni chirurgiche. Saranno comunque garantite le urgenze.

Alle 12 si terrà un sit in a piazza Montecitorio a Roma. Lo sciopero è unitario ed è stato proclamato da Anaao Assomed, Cimo-Asmd, Aaroi-Emac, Fp Cgil medici, Fvm, Fassid, Fesmed, Anpo-Ascoti-Fials medici, Sds Snabi, Aupi, Sinafo, Fedir sanita`, Sidirss. "Chiediamo scusa ai cittadini per i disagi - spiega Massimo Cozza, segretario nazionale Fpcgil Medici - ma è in gioco il bene prezioso della sanità pubblica. Domani ci vogliamo far sentire, con il primo sciopero nazionale unitario da quando è in carica il Governo Berlusconi, andando anche in camice bianco davanti alla Camera dei Deputati, dove si avvia la discussione sulla manovra economica".

"Il governo e il Parlamento - denunciano i sindacati - hanno dimostrato di non avere alcun interesse per la salute dei cittadini di questo Paese e per i professionisti chiamati a tutelarla, perseguendo un progressivo impoverimento del servizio pubblico, destinato ad un ruolo residuale, povero per i poveri". In particolare sottolineano i sindacati, il testo finale del provvedimento non contiene alcuna risposta ai temi sollevati nell`ultimo mese, ovvero: "Nessuna risposta sul blocco del turnover che determinerà nei prossimi 4 anni una carenza di circa 30.000 medici e dirigenti sanitari necessari al funzionamento degli ospedali e dei servizi territoriali, anche a fronte del licenziamento della metà dei precari in settori fondamentali quali il pronto soccorso e i trapianti; "nessuna risposta sulla precarizzazione di tutti gli incarichi professionali, non rinnovabili a prescindere da merito e competenze, che spalanca le porte alla invadenza della politica"; "nessuna risposta sul congelamento della progressione economica prevista e finanziata dal Ccnl e non dalla spesa pubblica, e sulla mancata retribuzione dei turni notturni e festivi"; e "nessuna risposta alla richiesta di attenzione per i giovani medici esageratamente penalizzati nel trattamento economico e nelle prospettive di carriera".

Il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, "smetta di negare l'evidenza. I medici fanno bene a scioperare e io sarò con loro in piazza". Questo quanto afferma, in una nota, Ignazio Marino, senatore Pd e presidente della Commissione d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale in merito all'astensione dal lavoro, domani, con sit-in davanti a Montecitorio dei camici bianchi contro la manovra. "Trovo davvero superficiale - sottolinea Marino - la posizione del ministro della Salute che ha liquidato le conseguenze della manovra economica sull'efficienza del Sistema sanitario nazionale con un giro di parole. Non si tratta affatto

di lotta agli sprechi ma di veri e propri tagli che indeboliranno i nostri ospedali e i servizi vitali che essi rendono ai cittadini. Per questo domani mi unirò allo sciopero dei medici".

"Il ministro forse non ha letto con sufficiente attenzione il testo voluto da Tremonti - continua Marino - di fatto la prima conseguenza sarà il quasi totale blocco del turn over: per ogni cinque medici che andranno in pensione, infatti, sarà possibile

assumerne solo uno e questo produrrà un impatto molto negativo sulla qualità dei servizi e sull'assistenza ai nostri malati. I

sindacati hanno ragione, il Governo è rimasto del tutto indifferente al valore sociale di un mestiere che tutela un diritto costituzionale, il diritto alla salute".

18 luglio 2010

 

 

 

2010-07-17

Cgil: 660mila da inizio anno in cassintegrazione

Sono oltre 660mila i lavoratori coinvolti nei processi di cassa integrazione da inizio anno con pesanti riflessi in busta paga, pari a una decurtazione del reddito per una cifra di oltre 2,4 miliardi di euro. Sono questi alcuni dei numeri che emergono dalle elaborazioni delle rilevazioni Inps da parte dell'Osservatorio Cig del dipartimento Settori produttivi della Cgil Nazionale nel rapporto di giugno. Un'analisi, inoltre, che alla luce degli oltre 660mila lavoratori stabilmente in Cig ricalcola il tasso di disoccupazione, contemplando anche gli inattivi, che passa così dal 9,1% (certificato dall'Istat per il primo trimestre) al 12,1%.

Il rapporto, afferma il segretario confederale della Cgil, responsabile Industria, Vincenzo Scudiere, "dimostra come la crisi produttiva sia grave e la manovra economica non faccia altro che ampliare i rischi di peggioramento delle condizioni di reddito e sociale delle famiglie". Secondo il dirigente sindacale, "il quadro che ne deriva denota l'urgenza di interventi da parte del governo anche a fronte degli effetti determinati dalla manovra economica che riducono gli spazi e le possibilità di finanziamento da parte delle Regioni".

Dall'analisi della Cgil, il ricorso alle ore di Cassa integrazione conferma la tendenza al ribasso per quella ordinaria e per quella straordinaria ma vede un poderoso aumento di quella in deroga (Cigd), ovvero lo strumento che estende gli ammortizzatori sociali ai lavoratori che finora non erano tutelati. Le ore di Cigd a giugno, infatti, aumentano su maggio del 7,30%, attestandosi così al valore più alto degli ultimi 18 mesi, mentre per quanto riguarda il primo semestre 2010 l'aumento tendenziale è del 637,51%, per un totale di 155.497.686 ore di Cigd.

Quanto al tiraggio, il rapporto precisa che le ore effettive registrate nei primi quattro mesi (215.635.882) - pari a 336.931 lavoratori a zero ore - hanno già raggiunto il valore delle ore utilizzate nei primi sei mesi dello scorso anno segnando così un peggioramento di circa il 30% sul consumo effettivo di Cig sul 2009.

 

 

17 luglio 2010

 

 

 

2010-07-16

Primo sì alla stangata Tremonti Pagano i deboli, si salvano i forti

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

"Fiducia chiama fiducia". Così Giulio Tremonti commenta l’ennesimo voto forzoso ottenuto in Senato sulla manovra: 170 sì e 136 no alla fiducia. Risultato tondo: nessun astenuto sulla stangata di mezza estate. Il ministro incassa, confermando una procedura blindata anche alla Camera, e scappa all’assemblea dell’Abi, dove a porte chiuse parla dell’austerità necessaria. Peccato che le cure dimagranti si chiedano sempre agli altri. Lo dice chiaro e tondo Anna Finocchiaro in Aula.

"È una manovra profondamente ingiusta che grava sui giovani italiani, sulle donne, sui redditi medio-bassi e non tocca i grandi patrimoni e le rendite - dichiara la presidente dei senatori Pd - non ci può essere austerity per chi guadagna 1.200 euro al mese e ci fa campare la famiglia e zero centesimi di contributo al Paese per chi ha straordinari patrimoni". Iniquità, poca Europa, e soprattutto poco rigore, visto "il marcio che ogni giorno i giornali ci squadernano daventi", attacca la senatrice. regioni Il duello in Aula è feroce: ma il testo passa senza incidenti nei due fronti. Il giro di boa per la manovra da 25 miliardi è fatto: ora la parola passa alla Camera, che dovrà completare l’esame entro il 30 luglio pena la decadenza.

Oggi e domani è prevista la mobilitazione del Pd contro la manovra. La vera questione aperta resta quella delle Regioni, chiamate a contribuire per 10 miliardi complessivi: un’enormità. Il fronte dei governatori affievolisce i toni della protesta, decidendo di non riconsegnare le deleghe, ma di chiedere subito un tavolo di confronto. Per evitare sorprese Tremonti decide di siglare un patto con Umberto Bossi, già ribattezzato patto del Toscano: un incontro di quaranta minuti avvolto da una nuvola di fumo. I ministri offrono ai governatori l’anticipo a luglio del decreto sul federalismo fiscale. Certo non pare un grande affare: un’entrata futuribile a fronte di un taglio certo da ora. Nel frattempo alzano i toni i Comuni, che in un primo tempo sembravano più tranquilli. Il consiglio nazionale dell’Anci giudica "negativa e insostenibile" la manovra.

I sindaci chiedono che l’autonomia fiscale dei Comuni possa entrare in vigore già dal 2011, e non dal 2012 come promesso al rpesidente Sergio Chiamparino. In ogni caso secondo uno studio Pd l’incrocio tra le norme della manovra e quelle sul federalismo comporteranno in media una diminuzione delle entrate di circa il 20% per gli enti locali. Per Tremonti la conquista più grande è quella "riforma delle pensioni senza un giorno di sciopero". In sostanza il decreto alza di un anno (almeno) la vita lavorativa introducendo la finestra cosiddetta a scorrimento, e la collega alla speranza di vita. "Voglio ricordare al ministro che su questo tema, dal ‘68 in poi, si è sempre concertato", gli ha replicato a stretto giro Cesare Damiano, il quale considera il testo "un potente attacco alle pensioni".

L’altro comparto colpito pesantemente è il pubblico impiego, dove si dimezzano le risorse per collaborazioni e consulenze, e si congelano i rinnovi contrattuali. Sbloccati solo in parte gli scatti di anzianità degli insegnanti. Proteste dai dirigenti e dai medici aderenti alla Cida e alla Confedir, che sciopereranno lunedì 19 luglio. Marcia indietro del governo sulla libertà di costruire senza vincoli: tornano i paletti legati al paesaggio. Ma nessun dietrofront sulla mini-naja voluta dal ministro Ignazio La Russa: tre settimane di servizio militare per i giovani interessati alla divisa. . "Mentre si tagliano i fondi alla cultura alla sanità e alla cooperazione - osserva il presidente dei Verdi Bonelli - nel maxi emendamento alla Manovra c'è lo spazio per una norma vergognosa ed indecorosa che, di fatto, destina 21 milioni di euro all'istituzione del corpo dei "giovani balilla"". Resta anche la proroga per le multe sulle quote latte, norma che ha alzato la tensione tra le varie anime della maggioranza. L'obiettivo della manovra è ridurre il deficit dal 5 per cento del Pil del 2010 al 3,9 per cento nel 2011 e al 2,7 per cento nel 2012. Non tutti gli osservatori ritengono raggiungibili questi obiettivi, soprattutto per via di una sopravvalutazione delle risorse della lotta all’evasione. In ottobre qualcuno si aspetta già una manovra bis.

16 luglio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-07-15

Tremonti: "Fiducia dà fiducia"

"fiducia dà fiducia". Così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ai giornalisti che al Senato gli chiedono se anche alla Camera sarà posta la questione di fiducia.

Quanto alla possibilità che vi possano essere delle modifiche, Tremonti risponde negativamente scuotendo la testa.

15 luglio 2010

 

 

 

 

 

Manovra, sì alla fiducia. Finocchiaro: "È iniqua". Le Regioni: insostenibile

L'aula del Senato ha approvato la manovra con il voto di fiducia al Governo. I voti favorevoli sono stati 170, i contrari 136. Pdl, Lega e Mpa hanno votato a favore. Pd, Idv, Udc, Api e Svp hanno votato contro. I senatori a vita non hanno partecipato al voto.

Presente in Assemblea il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Ora il decreto passerà alla Camera per la seconda lettura. "Questa manovra è fortemente iniqua e recessiva destinata ad impoverire il Paese di ogni prospettiva di crescita e sviluppo", ha detto la Presidente dei senatori Pd, Anna Finocchiaro, nel suo intervento in aula al Senato sulla manovra. Per Finocchiaro la manovra non prevede nulla "per le giovani generazioni. Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è al 25,4% più del triplo del tasso nazionale e più alto di quello europeo che è del 19,8%". "Il riferimento all'Europa - dice Finocchiaro rivolgendosi a Tremonti - non può valere per il saldo contabile e non valere per il trattato di Lisbona, per l'istruzione, per il lavoro. Le parole austerità e rigore hanno un senso se insieme c'è un'altra parola: giustizia".

"Da qui a quando arriveranno le conseguenze di questa manovra ci sarà tempo di lavorare; noi non rinunciamo a cercare di cambiarla", si è espresso il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, arrivando alla sede della Conferenza per l'inizio dei lavori. "I tagli sono squilibrati", ha ripetuto Errani.

Un iter pieno di passi falsi

Con il sì del Senato alla fiducia sulla manovra si chiude il primo decisivo passaggio parlamentare per il decreto di correzione dei conti italiani. Un intervento da circa 25 miliardi di euro necessario per mantenere gli impegni con Bruxelles sul deficit. Una manovra pesante, riconosciuta da tutti come necessaria per mettere al riparo l'Italia da ulteriori turbolenze finanziarie, ma contestatissima fin dalla sua approvazione in Consiglio dei ministri il 25 maggio scorso.

In trincea, in primis, i governatori che hanno protestato duramente contro i pesanti tagli alle Regioni, arrivando a minacciare la restituzione allo Stato di deleghe importanti, dai trasporti all'ambiente. La partita, tuttavia, non è ancora chiusa. Oggi i governatori torneranno a riunirsi per valutare le mosse future, a maggior ragione adesso che non ci sono più spazi per intervenire in manovra.

Molte altre le altre categorie sul piede di guerra, a cui però è toccat